Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Re: Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » mar dic 07, 2021 10:09 pm

Campagna elettorale francese: rapper convertito all’islam imbarazza candidata
Redazione Alma News
4 Gennaio 2022

https://almanews24.it/esteri/2022/01/04 ... candidata/

Campagna elettorale francese: curiosamente nella corsa all’Eliseo si inserisce un rapper. Si tratta di Gims (all’anagrafe Gandhi Djuna), 35 anni, nato nella capitale congolese Kinshasa. E’ musulmano dal 2004. Con l’hip hop (ha esordito nella band “Sexion d’Assault”) fa furore in Francia ed è noto anche in Italia.

Come mai sta facendo parlare di sé nell’ambito della campagna elettorale francese? Perché, spiega “ll Giornale”, è un supporter della candidata repubblicana Valérie Pécresse, presidente dell’Ile de France, e in suo video ha detto di non voler ricevere, soprattutto dai correligionari, gli auguri di buon anno, sostenendo che non appartengano ai valori islamici: “Per favore, lasciatemi in pace con i buon anno nuovo e così via – ha chiesto – Non ho mai risposto, eppure voi continuate a inviarmi gli auguri per tutto gennaio e pure febbraio”. “Sono i musulmani come me a farlo – ha spiegato – Ve lo ripeto, abbiamo le stesse convinzioni, fratelli, basta. Noi non festeggiamo queste cose, non fanno parte dei nostri valori”, ha sentenziato alla fine.

Il rapper convertito all’islam non accetta neppure che si facciano gli auguri di compleanno:”Ne soffro – dice – È un altro passo verso la morte. Non lo celebriamo. Non fa parte delle nostre convinzioni, concentriamoci sulle nostre cose. Noi. Restiamo forti sui nostri valori”.

Le uscite del cantante non avrebbero potuto non mettere in difficoltà Valérie Pécresse, perché è stata attaccata dagli avversari politici. Intervenuto su CNews, Julien Odoul, collaboratore della leader del Rassemblement National, ha dichiarato: “Non sappiamo se dovremmo ridere o piangere per questo. È del tutto delirante ma allo stesso tempo riflette un fondamentalismo religioso che viene trasmesso da alcuni sportivi, da alcuni attori e cantanti”. Fa anche presente che “Gims non si conforma alle sue convinzioni religiose nei suoi video: beve alcolici, le ragazze si esibiscono in costume da bagno, ci sono i soldi. Gims è un fondamentalista musulmano il 1° gennaio e tutto il resto dell’anno è un membro dello spettacolo”.

Critiche al capo della regione dell’Ile de France arrivano anche da Marlène Schiappa, ministra delegata responsabile della cittadinanza di “En Marche”, il partito di Emmanuel Macron. Ha sottolineato che Gims “è un artista. È ascoltato, è un opinion leader. Ha quindi una responsabilità per quello che dice. Non sono io che ho deciso di inserire” il rapper “nel dibattito politico. È stata Valérie Pécresse ad essere orgogliosa del suo sostegno e ha affermato che lo stava finanziando attraverso la regione dell’Ile-de-France. La stessa che si vanta di aver messo in atto la carta della laicità”. La questione può anche non finire qui.




Il candidato presidenziale francese chiede che i criminali siano privati della cittadinanza nel tentativo di "ripulire i quartieri"
10 gennaio 2022

https://www.islamnograzie.com/il-candid ... quartieri/

I candidati alle elezioni presidenziali francesi stanno intensificando la loro retorica a meno di cento giorni dal primo turno delle elezioni.

In primo luogo, il presidente francese Emmanuel Macron che la scorsa settimana ha dichiarato al quotidiano Le Parisien di voler “far incazzare” la popolazione francese non vaccinata; ora la sua rivale di destra, Valérie Pécresse, che durante una recente visita nel sud del paese, ha parlato della necessità di “ripulire alcuni quartieri”, minacciando i criminali con la perdita della cittadinanza.

Nella campagna elettorale, Pécresse manovra tra il centro politico rappresentato da Macron e l’estrema destra, dove si combattono altri due candidati di spicco, Marine Le Pen ed Éric Zemmour.

Secondo gli ultimi sondaggi d’opinione, Macron riceverebbe il 24 per cento dei voti, con gli altri tre candidati di spicco che si aggirano intorno al 16 per cento, dando a ciascuno di loro una simile possibilità di passare al ballottaggio del secondo turno.

“È giunto il momento di ripulire alcuni quartieri, di perseguitare i capibanda, i molestatori, i criminali, gli spacciatori. Sono quelli che hanno bisogno di essere inseguiti, puniti e privati della loro cittadinanza”, ha detto Pécresse giovedì scorso.

“C’è una connessione tra immigrazione e criminalità”, ha aggiunto in un incontro di fronte a circa 500 sostenitori nel sud della Francia, dove i problemi legati agli immigrati sono spesso più pronunciati che in altre parti del paese.

Pécresse ridicolizzato da Zemmour e Le Pen

Nel suo discorso, Pécresse ha fatto riferimento all’immaginario di una “idropulitrice” utilizzata dalla Francia per ripulire, un termine precedentemente usato dieci anni prima dall’allora ministro degli Interni Nicolas Sarkozy. È stata ridicolizzata sia da Zemmour che da Le Pen, che hanno ricordato la sua “pulizia di 12.000 posti di agenti di polizia”.

“Comprendiamo che ha flirtato con l’estrema destra per qualche tempo, ma questa volta è stata una proposta di matrimonio semplice”, ha commentato il ministro per lo Sviluppo urbano Nadia Hai del partito LREM di Macron.

Gaspard Gantzer, che ha preparato la campagna presidenziale di François Hollande nel 2017, ha anche sottolineato un cambiamento significativo nello stile di comunicazione di Pécresse.

La lotta si sta intensificando anche all’estrema destra, come dimostrano i cambiamenti nell’itinerario dei comizi elettorali di Zemmour e Le Pen. Questo giovedì e venerdì, il capo del Rally Nazionale (RN) doveva apparire sulla costa occidentale a Sables-d’Olonne. Tuttavia, la comunicazione del suo team con i giornalisti invitati all’incontro è trapelata al campo di Zemmour, spingendo il team della campagna di Zemmour a programmare una visita nell’area prima di Le Pen.
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Re: Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » mar dic 07, 2021 10:09 pm

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Re: Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » mer dic 08, 2021 7:33 pm

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Re: Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » mer dic 08, 2021 7:33 pm

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Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » mer dic 08, 2021 7:33 pm

6)
Le proposte politiche di Zemmour contro la piaga dell'invasione clandestina e nazi maomettana




Riportiamo le proposte avanzate in tema di immigrazione durante la presentazione della campagna elettorale di Zemmour che andrebbero riprese anche in l'Italia:

https://www.facebook.com/groups/1059950 ... 2324534941

- Espulsione sistematica di tutti i clandestini
- Espulsione di tutti i detenuti extracomunitari (con decadenza della nazionalità per i bi-nazionali)
- Stop al diritto di ricongiungimento familiare
- Revisione drastica del diritto d'asilo (le domande dovranno essere presentate direttamente ai consolati e ambasciate francesi nel mondo e valutate in loco)
- Espulsione degli immigrati regolari che dopo 6 mesi di ricerca non hanno trovato impiego
- Esclusione degli stranieri da tutti i benefici dell'assistenza sociale
- Lotta drastica a tutte le organizzazioni criminali e ONG che sostengono il traffico di essere umani
- Soppressione dello Ius soli
Tutte queste proposte sarebbero da sottoporre a referendum, così che siano inserite nella Costituzione, in modo che nessun giudice o nessuna manovra parlamentare possa sminuirne la portata.

Alberto Pento
Io aggiungerei l'eliminazione della doppia cittadinanza attiva, ossia quella con la sovranità politica.
Sì alla concessione della doppia (e tripla) cittadinanza ma passiva ossia senza diritto di voto e concessione della cittadinanza attiva con diritto di voto solo a chi rinuncia alla cittadinanza originaria attiva (ed eventualmente anche alla terza per chi ce l'ha).




Éric Zemmour è un antisemita?
Yves Mamou
8 dicembre 2021

https://it.gatestoneinstitute.org/18018 ... antisemita

Éric Zemmour (nella foto), un probabile candidato alle prossime elezioni presidenziali francesi, è davvero un razzista? La Francia è sul punto di cadere nel fascismo? Assolutamente no. Quello che sta realmente accadendo in Francia è una liberazione della libertà di parola. Per la prima volta in 40 anni, alla radio e alla televisione si parla apertamente di temi come l'immigrazione, l'Islam e la preferenza delle élite per un'immigrazione di massa incontrollata.

La voce secondo cui un ebreo che fa commenti razzisti e antisemiti potrebbe essere un candidato alle elezioni presidenziali francesi della primavera del 2022 ha varcato i confini del Paese. Peggio ancora, si dice che questo ebreo presumibilmente razzista e antisemita, Éric Zemmour, sarebbe sostenuto dai sondaggi che lo prevedono come un possibile candidato al secondo turno contro l'attuale presidente francese Emmanuel Macron.

Perbacco! Come può essere successa una cosa del genere? Zemmour è davvero un razzista? È trasportato da un'onda di estrema Destra, come suggeriscono molti a Sinistra? La Francia è sul punto di cadere nel fascismo?

Assolutamente no. Quello che sta realmente accadendo in Francia è una liberazione della libertà di parola. Per la prima volta in 40 anni, alla radio e alla televisione si parla apertamente di temi come l'immigrazione, l'Islam e la preferenza delle élite per un'immigrazione di massa incontrollata.

Il motivo per cui tutti questi argomenti sono finalmente sul tavolo è che Zemmour li ha portati lì, all'attenzione dei media. Prima di Zemmour, chi parlava con apprensione dei migranti, era considerato "razzista". Chiunque fosse preoccupato per il rapido cambiamento nell'identità della Francia veniva etichettato come membro dell'estrema Destra. Essere francese e difendere la cultura francese rendeva una persona nazista. Chiunque osasse criticare l'immigrazione musulmana e l'Islam veniva immediatamente bollato come razzista "simile a Jean-Marie Le Pen", diffamato dai media e persino citato in giudizio.

Il successo di Zemmour è quello di aver rotto il muro della vergogna, con l'aiuto di Jean-Marie Le Pen, fondatore del partito di estrema destra Front National. Le Pen è stato il primo a criticare l'immigrazione musulmana e a sollevare questioni sull'Islam, ma purtroppo lo ha fatto in un modo così caricaturale e razzista che non è stato difficile per i media e i leader del Partito Socialista demonizzarlo, e spesso anche i problemi molto reali che il Front National ha affrontato, come l'identità del Paese, il ruolo della laicità, la concorrenza nel mercato del lavoro, la condizione delle donne.

Quando lo storico Georges Bensoussan affrontò nel 2016 alla radio la questione dell'antisemitismo musulmano, venne immediatamente perseguito da associazioni "antirazziste" e portato in tribunale. Nonostante sia stato assolto tre volte, l'intimidazione ha avuto il suo effetto. Chi, dopo una simile maratona legale, avrebbe il coraggio di affrontare ancora una volta la complessa questione del posto dell'Islam in una società occidentale, in generale, e in Francia, in particolare?

L'accusa secondo la quale Zemmour è un razzista nasce non solo da temi legati all'immigrazione, ma anche dalle numerose azioni legali che organizzazioni islamiste, organizzazioni "antirazziste" e alcuni eletti della Sinistra hanno intentato contro di lui. Il più delle volte, i giudici hanno assolto Zemmour, ma talvolta lo hanno anche giudicato colpevole. Nel 2011, è stato condannato per aver affermato pubblicamente che i francesi di origine immigrata vengono fermati dalla polizia più di altri perché la maggior parte dei trafficanti sono neri e arabi. (...) Questo è un dato di fatto". Zemmour è stato condannato non perché mentiva, ma perché tale affermazione era impossibile da provare. Fin dalla Seconda guerra mondiale, la legge francese ha vietato qualsiasi menzione dell'etnia nelle statistiche ufficiali. Nel 2020, Zemmour è stato anche condannato per "provocazione all'odio razziale".

Le accuse di razzismo e antisemitismo mosse a Zemmour provengono altresì dall'establishment ebraico. Il rabbino capo di Francia ha di recente dichiarato che Zemmour è "antisemita indubbiamente, razzista ovviamente". Francis Kalifat, presidente del Consiglio di Rappresentanza delle Istituzioni ebraiche in Francia (CRIF) ha invitato gli ebrei a non votare per lui.

L'establishment ebraico ha accusato Zemmour di aver riabilitato il maresciallo Pétain e il regime di Vichy, entrambi i quali collaborarono con la Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Zemmour ha affermato che Pétain "ha protetto gli ebrei francesi mentre consegnava ai nazisti gli ebrei nati all'estero, in un necessario compromesso per l'occupazione". Secondo Zemmour, "le cifre parlano da sole: in Francia, il 40 per cento degli ebrei stranieri è stato sterminato e il 90 per cento degli ebrei francesi è sopravvissuto".

La tesi, però, è quella di Alain Michel, rabbino e storico ebreo di origine francese ora residente in Israele. Secondo Michel, Zemmour avrebbe dovuto dire che "tra il 90 e il 92 per cento" degli ebrei francesi era sopravvissuto. Inoltre, Michel afferma che:

"contrariamente a quanto asserisce Serge Klarsfeld [presidente dell'Organizzazione dei Figli e delle Figlie degli Ebrei deportati dalla Francia] (...) queste cifre non possono essere attribuite esclusivamente all'azione dei 'Giusti tra le nazioni'. Era la politica applicata dal governo di Vichy, che rallentò l'applicazione della 'Soluzione Finale" in Francia".

Michel e Zemmour concordano sul fatto che è estremamente difficile per gli storici in Francia mettere in discussione l'opinione popolare secondo cui il regime di Vichy non poteva essere altro che un clone del regime nazista.

Nessuno riesce a capire perché Zemmour stia tirando fuori Vichy e la Seconda guerra mondiale, ma la ferocia delle accuse contro di lui non gli impedisce di continuare ad essere molto popolare in seno alla comunità ebraica.

Zemmour non rinnega le sue origini ebraiche e frequenta regolarmente la sinagoga. Puntualizza di non essere un sionista, ma precisa anche che non è antisionista. Ciò che conta per lui è innanzitutto l'appartenenza alla cultura e alla civiltà francesi. Sembra un ebreo di tipo "napoleonico" che ritiene che la sua identità religiosa debba essere confinata nella sfera privata, in casa o in una sinagoga.

Durante la Rivoluzione francese del 1789 e poi sotto Napoleone, gli ebrei "si emanciparono". A loro furono concessi tutti i diritti personali accordati agli altri cittadini francesi, in cambio della loro rinuncia alle regole comunitarie, come il matrimonio obbligatorio tra ebrei e il primato delle leggi religiose sulle leggi della Repubblica. Zemmour è sconcertato dal fatto che queste regole, che sono riuscite ad assimilare gli ebrei nella società francese, siano state abbandonate per assimilare i musulmani.

Se la Francia vuole continuare ad essere la Francia, Zemmour afferma che essa deve tornare a una politica di assimilazione. Il giornalista vorrebbe che i musulmani fossero "assimilati" e soprattutto che fossero cittadini francesi di lunga data. "Dobbiamo incoraggiarli (tutti questi migranti musulmani che vengono in Francia) a diventare uguali," egli ha dichiarato, "ad appropriarsi della storia, dei costumi, del modo di vivere, dei gusti, della letteratura, ad assaporare le parole, la lingua, i paesaggi."

Zemmour attribuisce così tanta importanza al suo desiderio di salvare la Francia e di essere un cittadino francese che a volte rasenta l'indelicatezza. Nel suo ultimo libro, ha ferito indebitamente persone che erano state duramente colpite dal terrorismo islamista. Ha scritto che i familiari dei bambini uccisi nel 2012 in una scuola ebraica vicino a Tolosa si sono comportati come stranieri per aver seppellito i propri figli in Israele invece che in Francia: "gli antropologi ci hanno insegnato che veniamo dal Paese in cui siamo sepolti", ha rilevato Zemmour, applicando apparentemente gli stessi standard filo-francesi per gli ebrei e per i musulmani. Ma le famiglie ebree francesi che non vogliono rischiare che le tombe dei loro figli e delle loro figlie vengano profanate dagli antisemiti, potrebbero essersi sentite offese.

Zemmour, neo-candidato alle presidenziali francesi del 2022, potrà sopravvivere politicamente nei prossimi sei mesi solo se sarà considerato un candidato valido dai media, e ciò accadrà solo se riuscirà a creare "attenzione".

Ma l'attenzione può diventare spiacevole, per non dire crudele. Il filosofo Alain Finkielkraut, che ammette alcune divergenze con Zemmour, si rammarica degli "anatemi" lanciati contro di lui, e ha detto di Zemmour: "È oggetto di una vendetta ossessiva. È controproducente". Finkielkraut ha aggiunto:

"[Zemmour] ha il merito di mettere la questione della Francia al centro del dibattito, (...) Si fa carico dell'angoscia esistenziale di un numero crescente di francesi che si chiedono se la Francia resterà la Francia, se il loro diritto alla continuità storica sarà finalmente rispettato o se continuerà ad essere disprezzato".

Per i francesi, in realtà, la domanda più importante non è se Zemmour sia razzista o antisemita, ma se la Francia come si conosce... continuerà ad esistere.

Yves Mamou, vive in Francia, ha lavorato per vent'anni come giornalista per Le Monde.



Il nazionalismo travolge la Francia: il candidato presidenziale Eric Zemmour attira folle di persone
10 Dicembre 2021

https://www.islamnograzie.com/il-nazion ... one-video/

“La Francia chiede aiuto e il popolo francese ha risposto alla chiamata”.

Il candidato presidenziale francese Eric Zemmour ha tenuto il suo primo comizio elettorale a Villepinte, in Francia, durante il fine settimana. Zemmour ha tenuto un discorso ispiratore. La prevedibile violenza di sinistra e i pezzi diffamatori delle principali organizzazioni giornalistiche non hanno scoraggiato 15.000 cittadini francesi dal partecipare all’evento.

Eric Zemmour, un amato commentatore politico di lunga data, ha catturato i cuori e le menti della Francia in una “ascesa fulminea” dimostrando che il suo messaggio sulla conservazione della cultura francese e questioni come la sicurezza, l’Islam e l’immigrazione risuonano ancora con i cittadini.

“Se vincerò queste elezioni non sarà una versione alternativa del business as usual ma l’inizio della riconquista del paese più bello del mondo”, ha proclamato Eric Zemmour, lanciando il suo partito politico RECONQUÊTE!

Zemmour ha promesso di ripristinare il paese con l’aiuto dei patrioti francesi, pur riconoscendo “le minacce dell’estrema sinistra e l’odio dei media”.

Zemmour ha riaffermato ciò che i cittadini e i patrioti francesi di tutto il mondo capiscono: la sinistra sta distruggendo l’Occidente. E molti, purtroppo, si sono ribaltati e stanno permettendo che ciò accada. Ma la massiccia risposta alla candidatura di Zemmour fornisce la speranza che non tutto sia perduto.

Zemmour ha dichiarato durante il suo discorso:

I poteri forti l’avevano già deciso, i giornalisti lo desideravano e la destra lo aveva accettato: le prossime elezioni presidenziali dovevano essere una mera formalità per inaugurare altri cinque anni di macronismo.

La Francia ha dovuto continuare a partire tranquillamente, uscendo dalla storia, e i francesi sono dovuti scomparire in silenzio dalla terra dei loro antenati.

Ma un piccolo granello di sabbia è arrivato a inceppare il macchinario.

No, questo granello di sabbia non sono io! Questo granello di sabbia – siete voi!

Prevedibile violenza di sinistra

Prima del discorso, Zemmour è stato aggredito da un uomo di 27 anni di nome Valentin Abdelmajid B., che ha una storia criminale violenta.

L’incidente è stato in gran parte sminuito o ignorato dai media di sinistra:

Prima dell’evento, i servizi di sicurezza di Zemmour hanno trovato piedi di porco, blocchi di cemento e pietre posizionate intorno al luogo (una tattica antifa comune) secondo l’alleato di Zemmour Benjamin Cauchy:

I nostri servizi di sicurezza hanno trovato, prima che il pubblico entrasse, i piedi di porco all’interno della stanza, blocchi di cemento nascosti nei bagni e pietre sulle sedie. Quindi chi semina violenza e odio?

Eric Zemmour è in grave pericolo dalla sinistra, che usa la violenza e il terrorismo per sopprimere l’opposizione. il mese scorso le interviste “uomo della strada” hanno rivelato intenti omicidi nei confronti di Zemmour. “Uccideremo Eric Zemmour e gli taglieremo la testa”, ha promesso un uomo.

Ma la violenza non è finita qui. I membri del gruppo SOS Racisme, un fronte per il Partito Socialista di Francia si sono infiltrati nella manifestazione e hanno litigato con i partecipanti:

Com’era prevedibile, la copertura mediatica del discorso tenutosi nella periferia nord-orientale di Parigi è stata ampiamente negativa. I media mainstream fanno regolarmente riferimento alle “molteplici condanne per incitamento all’odio” di Eric Zemmour perché Zemmour osa chiamare fuori l’agenda delle frontiere aperte di sinistra. È triste vedere le agenzie di stampa in America riferire di “incitamento all’odio” come se fosse un’accusa valida.

Ma coloro che sognano di ripristinare la cultura francese sono chiaramente ispirati dal messaggio di Zemmour. Durante il suo discorso, ha onorato coloro che hanno avuto il “coraggio” di partecipare:

La tua presenza mi onora. Mi dà onore, perché venendo qui siete la prova vivente del coraggio, della verve, dell’audacia, e oserei dirlo, con il vostro impegno avete mostrato maggiore urgenza di impegno e di resistenza di quella di quasi totalità dei leader politici di questi ultimi trent’anni.

Il discorso (segue traduzione):

Trascrizione:

Ciao a tutti! Ciao amici miei!

Grazie, grazie per questo benvenuto! È incredibile! Che atmosfera.

Che piacere essere qui di fronte a voi a Villepinte.

Grazie, davvero. Grazie dal profondo del mio cuore.

[Canto…]

Ho sentito le parole di coloro che hanno parlato prima di me.

Li ringrazio. Grazie, amici miei.

Grazie per essere qui. Grazie per il vostro sostegno. Il grande raduno inizia finalmente oggi.

Oggi siete vicini a 15.000 persone.

15.000 francesi. 15.000 francesi che hanno sfidato la correttezza politica, le minacce dell’estrema sinistra e l’odio dei media.

15.000 francesi che non abbassano gli occhi e che sono determinati a cambiare il corso della storia.

Tuttavia, non soccombiamo alla falsa modestia. La posta in gioco è immensa.

Se vincerò queste elezioni non sarà una versione alternativa del business as usual ma l’inizio della riconquista del paese più bello del mondo.

[Canto…]

E sì, ha sofferto così tanto, questo paese, dimenticato dai nostri leader successivi su tutte le questioni chiave.

Sarà necessario riparare gli innumerevoli errori commessi negli ultimi quarant’anni:

L’economia, l’ecologia, il potere d’acquisto, i servizi pubblici, l’immigrazione e la sicurezza nazionale.

Nessuna delle principali aree dell’azione che dobbiamo portare avanti sfugge al progetto serio e completo che inizieremo oggi a rivelare ai francesi.

Quindi, dopo il tempo indispensabile delle osservazioni e di un campanello d’allarme, è giunto il momento di questo progetto.

Chi avrebbe potuto immaginarlo qualche mese fa?

I poteri forti l’avevano già deciso, i giornalisti lo desideravano e la destra lo aveva accettato: le prossime elezioni presidenziali dovevano essere una mera formalità per inaugurare altri cinque anni di macronismo.

La Francia dovette continuare a partire tranquillamente, uscendo dalla storia, e i francesi dovettero scomparire in silenzio dalla terra dei loro antenati.

Ma un piccolo granello di sabbia arrivò a inceppare la macchina.

No, questo granello di sabbia non sono io! Questo granello di sabbia – sei tu!

Vi racconterò, vi racconterò una bella storia.

Vi racconterò la storia di ciò che avete realizzato in questi ultimi mesi.

Lo scorso giugno, su tutte le piattaforme, a tutte le cene in città, in tutti gli istituti di sondaggio, quello che veniva ascoltato e conosciuto da tutti, era che al secondo turno solo Macron poteva vincere.

Queste elezioni presidenziali non sono state di alcun interesse e poi, e poi una voce ha iniziato a diffondersi.

Sì, sì, lo ammetto, ho esitato a lungo, ma tu ce l’hai fatta qui, ce l’abbiamo fatta qui. e abbiamo sconvolto i piani (?) che avevano stabilito per noi.

Abbiamo rotto il tacito patto tra tutti gli attori di questa farsa.

Fino a quando (?) i risultati delle prossime elezioni, peso le mie parole pronunciando questa frase:

La tua presenza mi onora. Mi dà onore, perché venendo qui siete la prova vivente del coraggio, della verve, dell’audacia, e oserei dirlo, con il vostro impegno avete mostrato maggiore urgenza di impegno e di resistenza di quella di quasi totalità dei leader politici di questi ultimi trent’anni.

A Bordeaux, Lione, Lille, Nizza, Ajaccio [Corsica], Nantes, Rouen, Biarritz e oggi a Parigi.

La Francia chiede aiuto e il popolo francese ha risposto alla chiamata.

Per mesi, i nostri incontri hanno disturbato i giornalisti, fatto arrabbiare i politici e reso la sinistra isterica.

In ognuno dei miei viaggi, sono infuriati nel vedere persone che non accetteranno mai di scomparire per sempre.

Perché dalle quattro estremità di questo paese hanno visto queste stanze piene, scoppianti e traboccanti di entusiasmo. Vedono le tue bandiere, sentono le tue canzoni,
e sono sbalorditi dai vostri applausi.



"È il momento di imporre all'Islam il rispetto della nostra identità"
Giulio Meotti
24 gennaio 2022

https://meotti.substack.com/p/e-il-mome ... e-allislam

Da Le Figaro di oggi traduco l’articolo di Éric Zemmour sul documentario-choc di cui ho reso conto stamani nella newsletter. In prima serata in tv si è vista una Francia davvero compromessa. Eppure, il fatto che ci sia un tale dibattito e che quotidiani di tiratura nazionale pubblichino ancora articoli simili, mi fa pensare che abbiano una classe politica e intellettuale molto più sana della nostra, che scambia la libertà con un modulo da firmare e che non sa che farsene dell’identità.

Ieri sera, in un reportage tanto affascinante quanto spaventoso sull'islamizzazione del nostro Paese, Zone Interdite ha portato alla luce una realtà che molti ancora si rifiutavano di vedere, ma che ora nessuno può negare. La situazione è molto più grave di quanto alcuni credessero e purtroppo del tutto coerente con le mie analisi.

Incontriamo Amine El Bahi, un avvocato di 25 anni molto coraggioso, che rivela fatti particolarmente inquietanti che stanno avvenendo proprio in questo momento a Roubaix. Amine El Bahi ci mostra la presenza, in 500 metri, tra gli altri negozi islamici, di sei macellerie halal, un hammam orientale, un panificio orientale e tre librerie specializzate - dove si vendono il velo integrale, il niqab - nella stessa strada, una delle più centrali della città. Se, passeggiando per Roubaix, non credi ancora nell'esistenza della Grande Sostituzione, è perché hai deciso di non vederla.

Ma non hai ancora visto niente. Perché, in alcuni di questi negozi, ai genitori viene offerto di regalare ai propri figli bambole senza volto: gli occhi, la bocca, il naso non vengono disegnati. Anche i libri per bambini, venduti negli stessi negozi, mostrano personaggi senza volto. Come mai? Perché l'Islam più rigoroso vieta rigorosamente la rappresentazione di sembianze umane - ecco perché lo Stato Islamico e i Talebani, quando prendono il potere in una città, distruggono le teste di tutte le statue. Così, gli usi e i costumi dell'Afghanistan totalitario si radicano qui, sotto lo sguardo benevolo delle autorità pubbliche.

Benevolo? Non solo. Complice anche, nel senso forte della parola. Perché Zone Interdite ci insegna che il sindaco di Roubaix, in tutta coscienza, finanzia un'associazione islamica estremamente militante, l'AAIR, con i soldi dei suoi contribuenti. ‘Un sindaco islamo-goscista o melenchonista?’, chiederai. Per niente. Un sindaco di destra. E questo non è un caso isolato per una certa destra gravemente compromessa con l'Islam.

Negli edifici pubblici, le giovani donne pregano nascondendosi sotto le scale. Gli indizi evidenti e da incubo della Grande Sostituzione si accumulano nel corso dei minuti. In una scuola della città, le ragazze, tutte velate fin dalla tenera età, sono rigorosamente separate dai ragazzi. Filmata con una telecamera nascosta, l'insegnante spiega che questa separazione insegna ai bambini a fuggire dal sesso opposto, sine qua non del buon comportamento in società. Anche qui è impossibile non pensare all'Afghanistan e alla sua ossessione per la segregazione delle donne fin dalla tenera età.

Nella tarda notte di ieri, la giovane Mila ha scritto su Twitter: ‘Sbalordita davanti a Zone Interdite, mi rendo conto che io stesso cerco di fuggire costantemente da questa realtà per proteggermi mentalmente. Poi è vedendo questo che ricordo che so benissimo come morirò un giorno in questo Paese. Paghiamo il prezzo della codardia’. Che Mila mi sostenga o meno, non è questo l'essenziale: la lucidità che ha acquisito sul pericolo islamico apre gli occhi a molti dei nostri connazionali, e per questo la ringrazio. Sto lottando perché non ci siano più Mila, perché le nostre figlie e i nostri figli possano vivere liberi e in pace in questo paese.

Grazie a lei, e a tanti altri, la verità sta avanzando a gran velocità e smascherando il negazionismo dei censori, dei media, degli ideologi e dei professionisti del politically correct, di tutti coloro che rifiutano di vedere. Anche tra i miei più accaniti avversari nessuno nega oggi che con la mia candidatura alle presidenziali una vasta corrente di ‘libertà di parola’ sul tema dell'islamizzazione del nostro Paese abbia ribaltato innumerevoli ostacoli, nei media, nei partiti, in tutti i campi del dibattito democratico. Non mi fermo qui.

La parte più difficile resta da fare ed è proprio per farlo che mi presento ai francesi. È tempo di rivendicare il nostro Paese. È tempo di porre fine all'indottrinamento islamico. Garantirò la chiusura permanente dei luoghi che promuovono la jihad. Bandirò la ‘Fratellanza Musulmana’ e tutte le organizzazioni a essa collegate. Espellerò sistematicamente gli stranieri che possono rappresentare una minaccia per l'ordine pubblico. Imporrò un controllo rigoroso sugli imam e il finanziamento straniero della fede musulmana. Vieterò l'uso del velo islamico negli spazi pubblici e la costruzione di imponenti minareti e moschee. È tempo di prevenire qualsiasi infiltrazione straniera.

È giunto il momento di imporre discrezione all'Islam e il massimo rispetto per la nostra identità!
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Re: Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » mer dic 08, 2021 7:47 pm

"Esfiltrati": insegnanti in fuga dal radicalismo islamico
Lorenza Formicola
28 gennaio 2022

https://lanuovabq.it/it/esfiltrati-inse ... o-islamico

La decapitazione di Samuel Paty, il professore assassinato perché accusato di aver mostrato in aula le vignette su Maometto, è solo l'evento più eclatante. In Francia sono sempre di più i casi di insegnanti (a tutti i livelli di istruzione) minacciati di morte ed "esfiltrati", cioè costretti a cambiare località o a rinunciare all'insegnamento.

In memoria di Samuel Paty

È il dicembre 2020 in una scuola primaria a Trappes, Yvelines, dipartimento francese dell’Île-de-France, una maestra di scienze tiene una lezione sulla teoria dell’evoluzionismo ai suoi bambini di terza elementare. E per rendere la lezione più interessante, dice, inserisce nel grafico alcune foto: per l’homo sapiens c’è il famoso rapper marsigliese Soprano. Ma alcuni bambini non la prendono bene e corrono a raccontare della lezione a mamma e papà. È in particolare un papà che non digerisce la storia. Prima un reclamo al preside e poi fa inoltrare una serie di minacce di morte alla maestra. La storia viene diffusa sui social e la maestra finisce in una tempesta perfetta. Il preside le consiglia di lasciare l’insegnamento per un po’, la polizia, per sicurezza, la fa trasferire in un’altra regione. Da qualche settimana, l’uomo che le aveva promesso l’avrebbe decapitata è stato condannato a 6 mesi di reclusione e a pagare 13mila euro di risarcimento danni.

A distanza di oltre un anno, la vicenda viene raccontata solo ora dalla cronaca francese. E ancora in questi giorni qualche quotidiano la butta tutta sulla questione razziale. In verità il razzismo non c’entra niente. Le accuse nascono esclusivamente contro la teoria dell’evoluzionismo non gradita all’islam e che i genitori non accettano venga insegnata ai loro bambini: ecco perché le minacce di morte. Siamo ancora, tra l’altro, negli Yvelines, dove esattamente solo due mesi prima che la maestra venisse minacciata, Samuel Paty veniva decapitato per una lezione sulle famose vignette di Charlie Hebdo. Secondo Le Parisien, il pubblico ministero aveva qualificato i fatti come una “fatwa digitale”. Quella che è sempre più diffusa in Francia, specie se si tratta di insegnanti. Si allunga la lista degli esfiltrati, così chiamano i francesi quanti, perché minacciati dall’islam, sono costretti a lasciare le loro vite, di punto in bianco, per mettersi al riparo.

“Ho pensato subito a Samuel Paty e mi sono detta: tocca a me” , ha detto la maestra a BFM TV. Oggi “non ho più fiducia nella scuola e nelle istituzioni, ho paura di affrontare altri argomenti delicati”. E intanto al suo posto c’è qualcun altro, la lezione è stata impartita e la maestra ancora non sa se tornerà mai ad insegnare a dei bambini. È l’ennesima testa di docente che cade, questa volta solo allegoricamente. La vicenda ci ricorda tutte insieme alcune cose che contraddistinguono la storia recente in Francia: l’islam, a torto o a ragione, decide di cosa si può parlare nelle scuole europee; i media non vogliono affrontare certi argomenti, e li nascondono a lungo; se la teoria dell’evoluzionismo è vera, solo l’uomo bianco viene dalla scimmia, quello nero no, altrimenti sarebbe razzismo.

E non dimentichiamo che siamo ancora una volta a Trappes - 25 km da Parigi, considerata una dei bastioni del jihadismo in Francia, ha visto partire oltre 80 giovani per il jihad in Siria - è la stessa città dalla quale è stato costretto a scappare un altro professore, Didier Lemaire. Insegnante di filosofia per 20 anni fino a quando, circa un anno fa, dopo aver pubblicato una lettera aperta agli insegnanti sul Nouvel Observateur in cui esortava i colleghi a resistere all'islamismo, è stato prima costretto a vivere sotto scorta per le minacce di morte ricevute, poi ha dovuto lasciare l’insegnamento e ora si è ritirato in un luogo segreto. È stato accusato anche di bugie e attivismo dal sindaco di Trappes, Ali Rabeh, per aver denunciato come la sua Trappes sia diventata la “Molenbeek di Francia”, covo anti repubblicano in mano agli islamisti, dove ebrei e cristiani non sono più benvenuti e le donne velate sono la maggioranza.

Le loro storie assomigliano a quella di Mila, la studentessa di diciotto anni perseguitata dagli islamisti per un video su Instagram, che dopo aver lasciato la scuola, conduce la sua esistenza in un luogo nascosto. Ma anche a quella di Jean-Christophe Peton, 54 anni e una vita ad insegnare Lettere ai ragazzi del liceo del Bois de Mouchard, nello Giura, dipartimento della Franca Contea. Ma dopo aver denunciato, ad ottobre scorso, il mancato sostegno dell’Education nationale a Samuel Paty, nei giorni che hanno preceduto la sua decapitazione, è stato sospeso dalla scuola. “Da un lato l’istituzione scolastica rende omaggio a Samuel Paty ‘morto per la libertà d’espressione’, secondo le parole del ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer, dall’altro mette a tacere e sanziona gli insegnanti che osano appunto esercitare la cosiddetta libertà d’espressione”, ha denunciato il professore in un’intervista all’Express.

Una storia, anch’essa, che assomiglia a quella di Caroline L, docente dell’Università di Aix-Marseille, che ha ricevuto minacce di morte, con l’accusa di islamofobia, per aver spiegato ai suoi studenti che “non c’è libertà di coscienza nell’islam”. O come un altro maestro di una scuola elementare a Battières, a Lione, costretto alle dimissioni, e sotto scorta dal 2020, in seguito alle minacce, protratte per mesi, di alcuni genitori islamici dopo una lezione, ad una quinta elementare, sulla laicità e il libero pensiero. Nello zaino di uno dei bambini venne trovato un coltello.

Un sondaggio Ipsos ha rivelato che ormai un insegnante su due si autocensura per avere pace nella propria classe. Nella convinzione che, nascondendo o spostando il problema, si guadagni in sicurezza. Ma tutti questi episodi fino all’ultima maestra esfiltrata, sono anche il riflesso dell’esito del sondaggio dell'Institut Montaigne pubblicato nel 2021: Un islam francese è possibile?, il 40% dei musulmani di Francia considera la shari’a superiore alla legge dello Stato, e si oppone a qualsiasi integrazione. È così che, uno dopo l’altro, gli insegnanti oltralpe vengono sospesi in difesa della libertà d’espressione. È la Francia rassegnata.



Aggressione antisemita al grande filosofo ebreo francese Alain Finkielkraut da parte della teppa col gilet giallo. “Palestina! La Francia è nostra (niente ebrei). Torna a Tel Aviv. Maiale sionista”. Quando gira il veleno antisemita e l’antisionismo becero, di solito ci si fa male. Tempi oscuri attendono dietro l’angolo questa Europa irriconoscibile.
Giulio Meotti
16 febbraio 2019
https://www.facebook.com/giulio.meotti/ ... 4258988118



"Viviamo nella menzogna come gli stati dell'Europa orientale nell'era comunista"
Giulio Meotti
6 febbraio 2022

https://meotti.substack.com/p/viviamo-n ... -gli-stati

Robert Redeker è nato nel 1954 a Tolosa. Filosofo e collaboratore della rivista Les Temps Modernes, fondata da Jean-Paul Sartre, Redeker è autore di numerosi libri e uno dei più stimati intellettuali francesi.

Redeker, lei è stato il primo a nascondersi a causa delle critiche all'Islam. Era il 2006. Michel Houellebecq in “Sottomissione” si è ispirato a lei per il protagonista, Robert Rediger.

Ero sotto la protezione della polizia. Ma non ne parlo da molto tempo. Non sono né eroe né vittima. Il culto della vittima è uno dei fenomeni più pericolosi della nostra epoca. Da quello che sapeva di me, Houellebecq ha creato questo professore di filosofia ambiguo. Robert Rediger diventa collaboratore dopo l'elezione di un presidente musulmano. Sono rimasto sorpreso dal fatto che Rediger non corrispondesse alle esperienze che ho avuto con l'Islam. Ma credo nella libertà del lavoro creativo e non sono una di quelle persone che si sentono insultate.

Lei è stato vittima di una fatwa.

Ogni volta che uscivo di casa, un poliziotto mi accompagnava. Avevo pubblicato un articolo su “Le Figaro” a difesa del mondo libero dall'islamismo. Non era né particolarmente originale né polemico. Claude Lévi-Strauss aveva già scritto tutto in “Tropici tristi”. Oggi non puoi più dirlo.

Dedica le prime pagine del suo libro “Les sentinelles d'humanite” ad Arnaud Beltrame. Apparteneva a un'unità speciale dell'esercito francese. In un attentato, ha preso il posto di un ostaggio con cui un terrorista ha cercato di scappare. Beltrame è morto per le coltellate inflitte.

Questo orribile assassinio è avvenuto a Trebes, vicino a dove vivo. È stata come una rivelazione. Ho avuto l'impressione che i fulmini avrebbero squarciato il cielo. Come se a noi contemporanei all'inizio del terzo millennio si ricordasse l'Ancien Regime. La Francia millenaria. Ero scioccato e non potevo crederci. La nostra epoca di postmodernismo era stata visitata da un'apparizione. Beltrame incarna i valori che sono stati sistematicamente distrutti per mezzo secolo e con successo. Beltrame è un eroe perché ha dato la vita. Ha agito al servizio di un assoluto che ha posto al di sopra della propria vita. Dà alle sue azioni una dimensione di trascendenza. Come martire di questo assoluto, è un santo. Il suo atto ha messo i media in uno stato di disperazione. I giornalisti non riuscivano né a capirli né a classificarli. Non era previsto nella loro visione del mondo. Il discorso di Macron è stato un insabbiamento. Come i media, Macron ha elogiato il coraggio e l'altruismo di Beltrame, la sua umanità. ‘Si è sacrificato per un'altra persona, per la Repubblica’. Ma Beltrame ha agito in nome di valori che la nostra società rifiuta. Beltrame credeva in Dio. Era un cattolico che in altre circostanze sarebbe stato ridicolizzato e disprezzato.

Come lei, Zemmour combatte la “decostruzione” della storia propagata da Macron.

La decostruzione era il programma del postmodernismo francese: Jacques Derrida, Michel Foucault, Gilles Deleuze, Roland Barthes. L'edificio morale e filosofico che era stato costruito nel corso dei secoli doveva essere distrutto. Il filosofo Jean-Frangois Lyotard, inventore del “postmodernismo”, propagò la distruzione di tutti i valori. Voleva spingere la decadenza sempre più lontano, fino alla morte di tutte le istituzioni. Nei suoi "Rudiments pafens", Lyotard elogia i terroristi della Raf. La decostruzione fece precipitare la nazione in una crisi di identità. Zemmour dice cose che erano date per scontate cinquant'anni fa. Oggi sono considerate spregevoli.

In ogni caso, non voterà per Macron?

Prima delle elezioni del 2017, ho creduto per un po' nelle sue promesse. Ma si sono rivelate comunicazioni prive di sostanza. Macron incarna il vuoto della nostra epoca. In Zemmour si può osservare il ritorno dell'ideologia. I francesi e i media non ci erano più abituati. Zemmour è un ideologo con le idee chiare. Sono spesso interessanti. I media lo combattono perché li mette a confronto con il ritorno della realtà, mentre viviamo nella virtualità. Viviamo come gli stati dell'Europa orientale durante l'era comunista: nella menzogna. Viviamo in una parodia della dittatura. Zemmour svela queste bugie. Rappresenta la consapevolezza che la storia è tragica, una cosa che il presente non vuole ammettere. Ma Zemmour è troppo ossessionato dal passato.

Ci sono stati degli eroi nella pandemia?

Sì. Conosco medici che sono morti. Hanno fatto il loro dovere, senza protezione. Gli è stato detto che le mascherine erano inutili, perché non ne avevamo. La pandemia non va confusa con una guerra, ma gli eroi anonimi, come i soldati mandati in trincea come carne da cannone nella Prima guerra mondiale, sono stati mandati a loro rischio e pericolo.

Hollande ha onorato le vittime dopo gli attacchi di Parigi.

Finora le medaglie erano riservate agli eroi. Diventi una vittima involontariamente. Non ha nulla a che fare con la libera scelta e le qualità morali. Niente di straordinario, tranne la loro sofferenza, il loro trauma. Nella loro banalità sono tutti come noi. Dopo gli attacchi, le persone hanno portato fiori nel luogo dell'orrore e acceso candele e scritto su carta : "Non combatteremo il vostro odio con il nostro odio." Questi rituali sono una specie di messa satanica, usata per fare un sacrificio per placare il diavolo, dimostrando che non siamo più in grado di essere una civiltà che si difende.
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Re: Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » mer dic 08, 2021 7:48 pm

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Re: Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » mer dic 08, 2021 7:48 pm

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Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » ven dic 10, 2021 8:27 pm

7)
Raccontare la storia della persecuzione degli ebrei in Francia



Francia: Macron contro Zemmour,'non si falsifichi la storia'
(ANSA) - PARIGI, 08 DIC 2021

https://www.ansa.it/sito/notizie/topnew ... a6268.html

"Stiamo attenti a non falsificare la storia": questo l'avvertimento inviato da Emmanuel Macron, questa mattina dai microfoni della radio France Bleu Pays d'Auvergne, al candidato di estrema destra Eric Zemmour, che aveva dichiarato che il regime collaborazionista francese di "Vichy ha protetto gli ebrei francesi".

Macron ha sottolineato, senza nominare Zemmour, che la storia "è scritta dagli storici ed è una buona cosa attenersi a questo".

"Stiamo attenti a non falsificare la storia - ha aggiunto - a confonderla, a fare revisioni. Abbiamo tutto da guadagnare a rispettare la storia".
Zemmour, a fine settembre, aveva detto che "Vichy ha protetto gli ebrei francesi e consegnato gli ebrei stranieri. È facile - aveva aggiunto - dire 50 anni dopo che è colpa della Francia. La Francia non è colpevole, la colpevole è la Germania". (ANSA).


GLI EBREI IN FRANCIA SOTTO IL REGIME DI VICHY
di Daniela Franceschi
2 gennaio 2021

http://www.storiain.net/storia/gli-ebre ... -di-vichy/

Con l’armistizio del giugno 1940 la Francia fu divisa in due zone: una, a nord e lungo la costa atlantica, occupata dai tedeschi, l’altra a sud, controllata dal governo di Vichy. Quest’ultimo mise in atto una politica apertamente collaborazionista, funzionale agli interessi nazisti. A cominciare dalla persecuzione antisemita.

Il est, dans la vie d’une nation, des moments qui blessent la mémoire et l’idée que l’on se fait de son pays. […] Il est difficile de les évoquer, aussi, parce que ces heures noires souillent à jamais notre histoire, et sont une injure à notre passé et à nos traditions.

Ci sono momenti nella vita di una nazione che feriscono la memoria e l’idea che abbiamo del nostro paese. […] È difficile evocarli anche perché queste ore buie infangano per sempre la nostra storia e sono un insulto al nostro passato e alle nostre tradizioni.

Jacques Chirac, discorso pronunciato alla commemorazione della retata del Vélodrome d’Hiver, 16 luglio 1995.

Durante la Seconda Guerra mondiale in Francia un regime fascista noto come governo di Vichy sostituì la Terza Repubblica francese. Nel 1995 il governo francese ammise pubblicamente che, poco dopo aver firmato l’armistizio con la Germania nazista nel 1940, il regime di Vichy fu responsabile dell’attuazione di politiche razziali e della morte di decine di migliaia di ebrei.
La collaborazione del governo di Vichy prese forma in tre modi: la legislazione antisemita, i campi di internamento in Francia e il rastrellamento al Vèlodrome d’Hiver. Il caso di studio del Vèlodrome d’Hiver, insieme agli altri aspetti della collaborazione, suggeriscono che il governo di Vichy fu un collaboratore “volontario” della Germania nazista più che un soggetto passivo.
Per quanto concerne la popolazione ebraica è possibile affermare che il regime di Vichy non protesse i suoi cittadini ebrei durante la Seconda guerra mondiale ma li separò dal resto della collettività francese, rendendoli dei paria dal punto di vista sociale e una facile preda per i nazisti. La Francia perse il 25% della sua popolazione ebraica nello sterminio mentre la perdita media nell’Europa occidentale fu del 40%.
I leader di Vichy, dopo la guerra, hanno esaltato il fatto di aver salvato il 75% degli ebrei in Francia; tuttavia, la storia vede questi numeri come un fallimento. Il problema non è quanti ebrei Vichy ha salvato, ma quanti non ne ha risparmiati. La maggior parte degli ebrei provenienti dalla Francia morti nello sterminio non era francese, bensì di nazionalità straniera residente in Francia.

La nascita e il ruolo del regime di Vichy

La Francia dichiarò guerra alla Germania il 3 settembre 1939 dopo l’invasione tedesca della Polonia. Per nove mesi, la Francia combatté una drôle de guerre (“strana guerra”); i primi mesi del conflitto, in cui non ci furono combattimenti, videro una nazione disunita che non credeva alla guerra. Il 10 maggio 1940 i tedeschi invasero la Francia, rendendo palese quanto le tattiche militari francesi fossero inefficienti e obsolete. La mancanza di un’adeguata capacità militare, unita a un esercito demoralizzato, provocò una débâcle militare di notevoli proporzioni. Questo incredibile capovolgimento di fortuna per una delle nazioni vittoriose della Prima guerra mondiale fu definito dallo storico Marc Bloch l’étrange défaite (“la strana disfatta”).
Dopo aver dichiarato guerra alla Germania, la Francia trascorse nove mesi impegnata in una drôle de guerre senza combattere attivamente fino all’invasione tedesca del 10 maggio 1940. Paul Reynaud, un conservatore divenuto primo ministro il 19 marzo 1940, riteneva che la Repubblica francese avrebbe potuto resistere all’invasione. Reynaud nominò l’eroe della Prima guerra mondiale, il maresciallo Philippe Pétain, vicepresidente del consiglio dei Ministri nel tentativo di rafforzare il morale nazionale.
Pétain era il simbolo vivente del successo militare della Francia. Il suo ruolo nella battaglia di Verdun, quando il popolo francese aveva combattuto unito per proteggere la patria, non era stato dimenticato. Infatti, Verdun incarnava l’unità nazionale che era scomparsa dalla Francia dopo la Grande guerra.
A differenza di Reynaud, tuttavia, Pétain credeva che la guerra fosse persa già nel maggio del 1940. Il suo obiettivo consisteva nel non cercare di vincere la guerra, ma piuttosto di ottenere una pace accettabile. Pétain riteneva che il popolo francese sarebbe stato perduto se il governo avesse lasciato la Francia metropolitana. A suo parere, il governo doveva concentrarsi sugli interessi francesi, non su quelli internazionali. Inoltre, temeva la dura natura dell’invasione tedesca, ricordando gli eventi della Prima guerra mondiale. Quindi, un armistizio avrebbe fornito una certa protezione al popolo francese dall’esercito tedesco. Non vedeva l’armistizio come qualcosa che avrebbe potuto danneggiare la Francia o ridurne il potere come nazione, piuttosto, come dichiarò il 13 giugno 1940 al consiglio di Cangé, uno dei tanti luoghi in cui il consiglio dei Ministri si spostò durante l’invasione tedesca prima dell’armistizio, una condizione necessaria per la «perpetuazione dell’eterna Francia».
Reynaud si dimise da capo del governo a Bordeaux la sera del 16 giugno 1940 e propose Pétain come suo successore. Questo nuovo governo, l’ultimo della Terza Repubblica, fu costituito con l’unico scopo di chiedere quale fosse la proposta di pace tedesca.
Per Pétain, un armistizio non costituiva una sconfitta; piuttosto, continuando una guerra che la popolazione non voleva combattere, la Francia avrebbe perso tutto causando soltanto ulteriore disperazione. Inoltre, questa decisione non era un atto di codardia, ma una saggia decisione tattica che avrebbe consentito al Paese di sopravvivere.
Mentre alcuni ministri si opposero, Pétain procedette con la trattativa e l’armistizio fu firmato il 22 giugno del 1940. L’accordo divideva la Francia in due zone: i tedeschi controllavano la zona settentrionale, compresa l’intera costa atlantica, mentre Vichy controllava la zona meridionale, circa due quinti della Francia. Il controllo nominale del governo di Vichy durò fino al 1942, quando gli sbarchi alleati nel Nord Africa portarono i tedeschi a occupare tutta la Francia. L’armistizio entrò in vigore tre giorni dopo la firma.
Sebbene la maggior parte dei francesi non credesse nella guerra, rimase una minoranza che pensava che l’armistizio fosse una sconfitta inaccettabile, tra questi il più importante fu Charles de Gaulle il futuro leader della Resistenza francese, in disaccordo con le cupe prospettive di Pétain. De Gaulle non vedeva l’armistizio come l’unica possibilità, né credeva che fosse nel migliore interesse della Francia. De Gaulle era pienamente consapevole che la guerra non era limitata alla Francia, ma diffusa in tutto il mondo. Inoltre, riteneva che la Francia fosse abbastanza forte per difendersi dai tedeschi e che gli alleati sarebbero venuti in suo aiuto, a condizione che i francesi avessero continuato a combattere. Le sue convinzioni lo portarono a fondare il movimento della France Libre.
Dato il potere e l’influenza limitati di coloro che si opponevano all’armistizio, Pétain portò avanti i suoi piani per la zona non occupata. Il centro del governo fu spostato a Vichy, una città termale nel sud della Francia. Il 9 luglio 1940, il governo di Vichy non era ancora completo.
Con 624 favorevoli contro 4 contrari l’Assemblea Nazionale accettò di sospendere la Costituzione della Terza Repubblica del 1875 e di rivederla in modo sostanziale. Il nuovo governo approvò anche un disegno di legge che nominava Pétain capo dello stato francese.
Questa nuova posizione concesse a Pétain pieni poteri governativi, con il controllo completo delle forze armate e il diritto di negoziare e ratificare i trattati. I poteri esecutivi e legislativi precedentemente separati erano ora fusi in un’unica funzione.
Il 10 luglio Pétain procedette a formare l’esecutivo. A differenza del regime repubblicano, il governo di Vichy era molto diverso dal suo predecessore, in particolare nel rendere meno netta la linea di separazione tra governo e amministrazione e nel cambiare i simboli e gli ideali della Repubblica francese.
La nuova costituzione si concentrava sui principi di lavoro, famiglia e patria, che sostituirono il motto repubblicano di libertà, uguaglianza e fraternità. Alcuni membri del nuovo esecutivo, tra cui Pierre Laval, volevano porre fine al regime repubblicano; Pétain era altrettanto ostile alla Terza Repubblica. Credevano che la Terza Repubblica fosse colpevole della sconfitta militare. Quindi, il Parlamento fu sciolto e il governo repubblicano francese cessò di esistere.

La rivoluzione nazionale

Il crollo della Terza Repubblica fornì l’ambiente che consentì ai conservatori di usare il regime di Vichy per rompere gli schemi della Terza Repubblica. Così, la Francia sperimentò una “rivoluzione nazionale” in cui i significati di cittadinanza, nazionalità e società cambiarono.
La rivoluzione nazionale combatté i principi dell’economia del laissez-faire, della società di massa e dei governi parlamentari, tutte pietre miliari del regime repubblicano. I conservatori volevano creare una società elitaria retta da un sistema gerarchico autoritario.
La Chiesa cattolica iniziò a ricevere sostegno politico da Vichy, dato che era in atto un evidente spostamento dal modello laico repubblicano.
Il motto del regime, Travail, Famille, Patrie, era direttamente collegato agli insegnamenti della Chiesa cattolica. Nel sistema educativo, spogliato dei suoi legami religiosi durante la Terzo Repubblica, fu ripristinata l’istruzione religiosa.
Vichy lavorò anche per ripristinare l’importanza della famiglia nella società. Per combattere il declino della popolazione dei decenni precedenti, il governo postulava l’idea che il nucleo familiare fosse il punto focale della società, piuttosto che concentrarsi sui diritti individuali, segno distintivo del regime repubblicano. Mentre l’idea di fornire benefici alle famiglie numerose fu effettivamente fatta propria del Governo repubblicano, Vichy concentrò molta più attenzione sul nucleo familiare. Le politiche del regime verso l’aumento dell’importanza delle famiglie erano in contrasto con la legge sul divorzio del 1884, redatta da Alfred Naquet, un repubblicano ebreo. Vichy non abrogò mai la legge, tuttavia approvò una legislazione che riduceva le cause per divorziare e il periodo di tempo nel quale si poteva chiedere lo scioglimento del matrimonio. Il ruolo della donna nella società fu limitato alla sfera domestica, ribaltando i progressi compiuti durante la belle époque e la Grande guerra nei luoghi di lavoro, quando le donne sostituirono gli uomini chiamati al fronte.
La rivoluzione nazionale si concentrò anche sull’idea della “Francia per i francesi”, un principio che scaturiva dagli elevati livelli di xenofobia presenti in Francia durante gli anni Venti e Trenta. Quando la Francia fu inondata da un flusso imponente di profughi dall’Europa orientale e dalla Spagna, nel 1927 la Terza Repubblica allentò le leggi sulla naturalizzazione. Vari esponenti di Vichy, come Raphaël Alibert, sostenevano che durante la guerra a causa di questa legislazione repubblicana era stato troppo facile per gli stranieri, in particolare per gli ebrei, diventare francesi.
La legislazione di Vichy limitava i diritti degli stranieri, e gli ebrei erano considerati stranieri per antonomasia. L’impianto legislativo xenofobico e antisemita era parte integrante della identità e del programma di governo. La nuova legislazione spogliava dei loro diritti gli stranieri e gli ebrei, sia francesi che stranieri, acconsentendo persino alla loro deportazione.

L’antisemitismo di Vichy

Alla vigilia della Seconda guerra mondiale in Francia vivevano 330.000 ebrei, di cui 195.000 francesi e 135.000 stranieri. Gli ebrei francesi non erano un gruppo omogeneo. Circa 90.000 erano “israeliti” francesi le cui famiglie erano saldamente radicate nel suolo francese e avevano un alto livello di integrazione e assimilazione nella società; facevano parte della borghesia e vivevano soprattutto a Parigi. Gli altri 105.000 erano stati naturalizzati come cittadini francesi e, sebbene avessero legami con l’ebraismo, anche loro erano potevano considerarsi integrati nella comunità nazionale.
La maggior parte degli ebrei stranieri arrivò in Francia in cerca di lavoro negli anni Venti e come rifugiata negli anni Trenta e Quaranta. Non esisteva alcuna connessione reale tra le comunità ebraiche francesi e straniere, perché gli ebrei francesi si consideravano prima francesi e poi ebrei. Gli ebrei francesi avevano assimilato la cultura francese. Inoltre, credevano che l’ascesa dell’antisemitismo dopo l’unità nazionale e ancora esistente durante la Prima guerra mondiale fosse dovuto, in parte, agli ebrei stranieri che non erano in grado di assimilarsi nella società.
Pertanto, la legislazione di Vichy, sulla scia del crescente antisemitismo degli anni Trenta, prese di mira la comunità ebraica nella sua interezza senza differenze tra ebrei stranieri e francesi, rappresentando un facile capro espiatorio per la perdita della guerra. Nello specifico, esponenti di Vichy affermavano che il fallito governo del Fronte Popolare aveva perpetuato le idee della Repubblica sotto la leadership di Léon Blum, un socialista, ebreo ed ex dreyfusardo, e che queste idee erano responsabili della sconfitta della Francia. Vichy vide la presenza degli ebrei nella società, in particolare in importanti posizioni di governo durante la Terza Repubblica, come una minaccia per la sicurezza della nazione.
I rappresentanti del regime continuarono a diffondere le idee antisemite di Edouard Drumont e di altri antisemiti dell’Affare Dreyfus. L’antisemitismo di Vichy differiva da quello nazista in quanto si concentrava sugli aspetti culturali piuttosto che su quelli razziali.
Mentre i nazisti credevano che gli ebrei fossero una razza inferiore nociva che doveva essere eliminata dalla terra, i leader di Vichy credevano che gli ebrei non si adattassero alla cultura francese perché non avrebbero mai potuto assimilarsi nella società francese. L’antisemitismo francese non cercò di espellere gli ebrei francesi dal suolo francese. La deportazione era una soluzione solo per gli ebrei stranieri. Tuttavia, Vichy privò gli ebrei francesi e stranieri dei loro diritti, rendendoli cittadini di seconda classe. Un ebreo, secondo il regime di Vichy, non avrebbe mai potuto essere fedele alla nazione francese come un cittadino i cui antenati erano nati sul suolo francese, dimenticando volutamente che molte famiglie ebree francesi vivevano in Francia da diverse generazioni.

La legislazione antisemita

Dopo l’approvazione della legislazione antiebraica, gli ebrei furono esclusi da vari ambiti professionali, come quello medico e legale. Una varietà di professioni erano aperte solo a coloro che erano francesi da tre o più generazioni. Inoltre, tutte le naturalizzazioni dal 1927 in poi furono riesaminate da un comitato creato il 22 luglio 1940. Nei quattro anni della sua esistenza, questo comitato privò 15.000 persone della loro cittadinanza e identità nazionale. Mentre questo atto non era di natura intrinsecamente antisemita, dal momento che gli ebrei costituivano meno del cinque per cento dei naturalizzati tra il 1927 e il 1940, circa 6.000 di quelli denaturalizzati erano ebrei. Questo tipo di legislazione facilitò il passaggio da leggi anti-stranieri a leggi antisemite.
La violazione del regime di Vichy dei diritti dei cittadini naturalizzati e degli stranieri nasceva dal desiderio di fare della Francia una nazione “pura”. Attaccare la comunità ebraica e rendere i suoi membri cittadini di seconda classe faceva raggiungere questo obiettivo.
Dal luglio 1940 al novembre 1942, quando lo sbarco alleato in Nord Africa portò la Germania ad occupare tutta la Francia per ragioni tattiche, Vichy aveva il controllo completo sulla sua legislazione, comprese le leggi antisemite in vigore nella zona non occupata. La legislazione antisemita approvata in questo periodo era una scelta consapevole dei vertici del regime. Secondo i leader di Vichy, l’afflusso di immigrati ebrei degli anni Trenta aveva indebolito la nazione francese. La comunità ebraica era vista sia come guerrafondaia, perché voleva che la Francia combattesse una guerra già vinta dai tedeschi, sia troppo debole per combattere e proteggere la patria come “veri” patrioti.
Dopo la guerra, i leader di Vichy hanno affermato che l’obiettivo non era quello di uccidere gli ebrei ma semplicemente di spostarli dal suolo francese; tuttavia, resta il fatto che Vichy aiutò i tedeschi a separare, internare e deportare nei campi tedeschi gli ebrei stranieri.
L’obiettivo della legislazione era rimuovere gli ebrei non francesi dalla Francia e fare degli ebrei francesi dei cittadini di seconda classe.
Queste leggi erano, nel complesso, più severe di quelle tedesche in vigore nella zona occupata. Nella zona occupata il 27 settembre del 1940 fu emanata un’ordinanza che definiva ebreo una persona di religione ebraica o con più di due nonni ebrei. Gli ebrei dovevano mettere un cartello nelle vetrine per identificare il loro negozi come ebraici ed era vietato tornare nella zona non occupata.
Nell’ottobre 1940 gli ebrei di tutta la zona occupata dovettero registrarsi, indipendentemente dalla cittadinanza, attraverso un censimento e furono rilasciate carte d’identità contrassegnate dalla parola “ebreo”.
A partire dall’ottobre 1940 i nazisti ordinarono che tutti gli ebrei stranieri e francesi si registrassero presso la polizia francese e, poco dopo, quegli elenchi furono consegnati volontariamente alla Gestapo e alle SS. Gli ebrei furono quindi costretti a identificarsi con il timbro di Juif sulle loro carte d’identità e ad indossare bracciali con la stella di David. Con l’eccezione della registrazione degli ebrei, nessuna di queste azioni fu imposta dai nazisti; anzi, le autorità tedesche notarono la rapidità e la portata della legislazione francese con stupore, gioia opportunistica e persino occasionale fastidio. Il governo di Vichy era infatti desideroso di legiferare e orgoglioso di seguire il proprio corso sulle questioni razziali.
A Vichy il 3 ottobre 1940 fu ratificato lo Statuto ebraico. In base a questa nuova legislazione gli ebrei non potevano ricoprire cariche pubbliche presso il Consiglio di Stato e le Corti di Cassazione. Ancora più importante, era considerato ebreo chiunque avesse tre nonni di “razza ebraica” o “due nonni e un coniuge di razza ebraica”. La definizione di ebreo in base a questo nuovo statuto ampliava la definizione tedesca del 27 settembre, dato che includeva chiunque avesse origini ebraiche, non solo coloro le cui famiglie praticavano la religione ebraica. Il giorno successivo Vichy approvò una legge che consentiva l’internamento dei cittadini stranieri di “razza ebraica” in campi speciali su decisione del prefetto del dipartimento di residenza. I cittadini stranieri di “razza ebraica” potevano in qualsiasi momento essere “assegnati” in una residenza forzata dal prefetto del dipartimento in cui risiedevano.
Questa legge, insieme allo statuto approvato il giorno prima, trasformò l’identità di molti ebrei naturalizzati, dato che li privava della cittadinanza francese e li rendeva stranieri nel proprio paese. In base a questo articolo, gli stranieri potevano quindi essere legalmente internati nei campi. Ulteriori articoli furono aggiunti fino al 1942, aumentando le limitazioni alle professioni accessibili, come la professione medica e quella legale. Inoltre, agli ebrei fu vietato insegnare e dedicarsi alle arti; il 9 maggio 1942 fu vietata la pubblicazione di opere di autori ebrei francesi e stranieri. Inoltre, nessun ebreo poteva lavorare per la stampa o la radio.
Il regime di Vichy approvò un’altra legge il 2 giugno 1941. Il nuovo statuto mirava a eliminare eventuali scappatoie esistenti nella precedente normativa, dato che la definizione di ebreo era legata alla religione. I figli di matrimoni misti poterono ora essere classificati come ebrei, così come persone convertite al cristianesimo ma con nonni ebrei.
Il trattamento degli ebrei francesi peggiorò con questo nuovo statuto, dato che ora potevano essere internati come ebrei stranieri perché lo statuto definiva come ebree persone con nonni ebrei. Pertanto, anche gli ebrei nati in Francia potevano essere internati se i loro nonni fossero stati ebrei praticanti.
Il regime di Vichy era più scrupoloso delle autorità tedesche nella zona occupata. Le leggi della zona non occupata inquadravano la comunità ebraica in un modo molto più ampio di qualsiasi legislazione tedesca precedente. Dal punto di vista del linguaggio, la legislazione di Vichy sembrava essere di tipo religioso mentre quella tedesca razziale. Tuttavia, il termine “razza” in Francia aveva una connotazione diversa rispetto alla Germania. La “razza ebraica” comprendeva persone che appartenevano a una comunità separata che non poteva diventare francese. Nonostante l’uso della parola “razza”, i membri di Vichy non sposavano l’antisemitismo razziale promulgato dai nazisti. I francesi usavano la parola razza in un modo più ampio e vago – una razza francese, una razza cattolica, una razza ebraica – piuttosto che in modo pseudo-scientifico. Tuttavia, la legislazione era più ampia rispetto alla legislazione tedesca iniziale. La definizione di Vichy di ebreo privava alcuni cittadini francesi della loro identità. Questi ebrei pensavano loro stessi come esclusivamente francesi, ma le nuove leggi li rendevano esclusivamente ebrei.
Mentre Vichy trattava tutti gli ebrei peggio dei cittadini francesi non ebrei, gli ebrei stranieri ricevettero un trattamento ancora più duro nei due anni in cui Vichy ebbe il controllo della zona non occupata. La differenza di trattamento è evidente nella creazione della commissione generale per gli affari ebraici (CGQJ) il 29 marzo 1941. La CGQJ fu creata in risposta alla spinta tedesca per un ufficio ebraico nella zona non occupata ed era diretta da Xavier Vallat, un noto antisemita. Eppure, nonostante le tendenze antisemite di Vallat, furono fatte alcune eccezioni per i veterani di guerra o per coloro che si erano dimostrati “fedeli” alla nazione francese.
Gli ebrei naturalizzati esentati sfuggivano alla deportazione, ma venivano comunque trattati come cittadini di seconda classe. Queste eccezioni indussero eminenti leader ebrei a credere che la commissione avrebbe svolto una funzione di cuscinetto tra i tedeschi e gli ebrei di Francia; ciò spiega in parte il fatto che gli ebrei francesi, in particolare, non protestarono contro le leggi discriminatorie ma si limitarono a seguire gli ordini, anche registrandosi nella zona non occupata. Non potevano immaginare che il governo francese li avrebbe lasciati in balia dei tedeschi. Ciò che queste persone non sapevano era che l’autorità di Vichy stava lentamente diminuendo sotto il comando tedesco.

La collaborazione con la Germania

Laval e Pétain

Durante i due anni di governo, Vichy promulgò svariate leggi in collaborazione con le autorità tedesche. Alcune erano legate all’armistizio del 22 giugno del 1940 e concedevano l’autorità ai tedeschi di arrestare e deportare qualsiasi persona, ebrea o meno, che avesse infranto la legge tedesca e cercato asilo in Francia.
Vichy aizzò una propaganda antisemita che ebbe l’effetto di separare gli ebrei dal resto della società francese e li isolò prima che fossero arrestati e deportati. Anche se Vichy non sterminò gli ebrei sul suolo francese, il regime si conformò alle richieste tedesche relative al trattamento degli ebrei e permise che fossero condotti alla morte.
La polizia francese condusse gli arresti già prima del 1943. L’internamento e il trasferimento di ebrei dalla zona non occupata fu facilitata dall’amministrazione francese. Il primo rastrellamento di massa si verificò a Parigi il 14 maggio 1941 con 3.747 uomini ebrei stranieri arrestati e radunati in cinque punti di raccolta, fatti salire su un treno e trasportati nei campi di Pithiviers e Beaune. L’unica eccezione registrata a questa pratica furono gli arresti del 12 dicembre 1941, quando la polizia militare tedesca arrestò 750 ebrei francesi della classe media a Parigi, tra cui René Blum, fratello di Léon Blum. Furono inviati a Compiègne, per essere poi deportati Auschwitz. Questi ebrei francesi erano intellettuali e uomini d’affari. I tedeschi non avevano fatto alcuna distinzione tra ebrei stranieri o francesi nei loro arresti, mentre gli arresti guidati da Vichy erano concentrati sugli ebrei stranieri. Tuttavia, Vichy non protestò contro la deportazione di questi ebrei francesi, mostrando come la presunta sovranità di Vichy, che le avrebbe permesso di “proteggere” gli ebrei francesi dalla deportazione, dipendeva dalla clemenza tedesca.
Inoltre, Vichy aveva molti campi di internamento che venivano usati come campi intermedi prima della deportazione nei campi tedeschi. I campi di internamento furono costruiti e completamente gestiti dalle forze di polizia francesi e dal governo di Vichy.
Ad esempio, Poitiers, che era nella zona occupata, era controllato dall’amministrazione francese e rendeva manifesta la collaborazione tra l’amministrazione francese e l’occupante tedesco, soprattutto per quanto riguardava la complicità dei francesi nella soluzione finale tedesca.
Drancy, gestito dai francesi fino al 2 luglio del 1943, quando i tedeschi ne presero il controllo sotto la direzione di Aloïs Brunner, era uno dei più famigerati campi di internamento, con condizioni di vita al limite della sopravvivenza. Gli ebrei lì internati furono poi condotti in Germania.
Circa 67.000 ebrei furono internati e deportati. Meno del 3% tornò dopo la guerra.

La perdita di consenso del regime

Durante le prime fasi del regime di Vichy, la maggioranza della popolazione francese era soddisfatta della legislazione contro gli stranieri e gli ebrei. La propaganda diffusa dal regime era riuscita a connettersi con la tradizione antisemita e xenofoba profondamente radicata nella società francese. Vichy riuscì a mantenere il sostegno della comunità nazionale nonostante avesse internato centinaia di persone. Tuttavia, con il crescente numero di ebrei arrestati e deportati, soprattutto donne e bambini, il sostegno al regime diminuì.
Un punto di svolta fu rappresentato dal rastrellamento del Vélodrome d’Hiver, il 16 e 17 luglio del 1942, durante il quale 13.152 ebrei, tra cui 4.051 bambini, furono arrestati e infine deportati. Soltanto 800 persone sopravvissero; nessuno dei bambini tornò.

Il Vélodrome d’Hiver, 16 e 17 luglio 1942

Il 16 luglio 1942 in Francia segna uno degli eventi più sconvolgenti della Seconda guerra mondiale: l’arresto e la deportazione di 13.152 uomini, donne e bambini ebrei di Parigi. L’incremento delle retate di ebrei stranieri non era insolito: in quanto stranieri gli ebrei potevano essere internati secondo lo statuto ebraico di Vichy. Tuttavia, questo evento fu diverso.
I tedeschi chiesero che 30.000 ebrei fossero deportati dalla Francia. I leader di Vichy accettarono di deportare 10.000 ebrei dalla zona non occupata e 20.000 dalla zona occupata. Le liste includevano cittadini naturalizzati e bambini nati in Francia. Il primo gruppo doveva provenire dai campi di internamento dove erano detenuti ebrei stranieri della zona meridionale. Quest’ultimo gruppo doveva essere arrestato dalla polizia francese a Parigi. Réné Bousquet, segretario generale della polizia di Vichy, era felice di conformarsi alle richieste perché avrebbe diretto le forze di polizia francesi in entrambe le zone. Non solo i funzionari di Vichy erano disposti ad arrestare tutti gli ebrei che la Germania richiedeva, ma volevano includere anche i bambini che i tedeschi non avevano richiesto. I tedeschi esitarono, poiché le deportazioni precedenti erano avvenute sotto il pretesto di mandare gli arrestati nei campi di lavoro e radunare i bambini avrebbe scoperto questa finzione.
La richiesta di arrestare i bambini arrivò da Pierre Laval, ministro di Pétain. Le forze di polizia francesi si conformarono alle richieste di Laval, nonostante i tedeschi non avessero risposto affermativamente sulla questione dei bambini.
La mattina presto del 16 luglio 1942 fu l’inizio di un incubo per molti ebrei a Parigi. Alle 4 del mattino, 4.500 poliziotti francesi si sparsero per Parigi, armati di schede dettagliate con i nomi e gli indirizzi degli ebrei da arrestare. Gli arrestati ricevettero specifiche istruzioni: portare la carta d’identità, cibo per due giorni, un paio di scarpe, due paia di calzini, due camicie, un maglione, lenzuola, coperte, un piatto, utensili e articoli da toeletta. Il rastrellamento non andò liscio per la polizia. Le voci del rastrellamento si erano diffuse in tutta Parigi. Hélène Berr, una donna ebrea la cui famiglia viveva in Francia da diverse generazioni, ha documentato in un diario la sua vita a Parigi durante l’occupazione. Scrivendo il 15 luglio 1942, la sera prima del rastrellamento, osservava: «Qualcosa sta ribollendo, qualcosa che sarà una tragedia, forse la tragedia. M. Simon è venuto questa sera alle 10:00 per avvertirci che gli era stato detto di un rastrellamento per dopodomani, ventimila persone».
La polizia, per evitare ulteriore caos, iniziò a spostare le persone arrestate presso le destinazioni designate. Gli ebrei senza figli furono messi sugli autobus e portati a Drancy prima di essere deportati ad Auschwitz. Le famiglie con bambini furono collocate nel Vélodrome d’Hiver, dove vissero per una settimana in condizioni orrende. Oltre 8.000 persone furono tenute in un misero stadio, buio, non aerato, senza cibo e acqua sufficienti. Gli arrestati rimasero in queste condizioni orribili prima di essere trasportati in autobus alla Gare d’Austerlitz, dove i treni li avrebbero poi condotti in due campi di internamento gestiti dai gendarmi francesi, Pithiviers e Beaune-la-Rolande.
Le condizioni nei campi non erano migliori che nel Vélodrome, ma la situazione divenne più disumana, se mai fosse possibile, il 31 luglio. I tedeschi non avevano ancora acconsentito alla deportazione dei bambini, ma le autorità francesi avevano deciso di iniziare il processo di deportazione. Tutti gli individui oltre i quattordici anni dovevano essere trasportati ad Auschwitz. Annette Muller-Bessmann aveva nove anni quando fu arrestata con i suoi fratelli e la madre nella retata del 16 luglio. Lei fu una dei pochi a sopravvivere perché suo padre, che era sfuggito all’arresto, riuscì a convincere una suora a far trasferire Annette e i suoi fratelli in una casa per bambini malati in attesa di deportazione. La stessa suora aiutò poi Annette e i suoi fratelli a fuggire in un orfanotrofio, salvando le loro vite. I ricordi dei campi rimasero nella mente di Annette che in seguito ricordò la separazione a Beaune: «I bambini si aggrappavano alle loro madri, ai loro vestiti. Dovevano separarci con il calcio dei fucili, con i manganelli, con secchi d’acqua gelata. Era una corsa selvaggia, con grida, lacrime, urla di dolore. I gendarmi hanno strappato gli abiti delle donne, ancora alla ricerca di gioielli o denaro. Poi, all’improvviso, un grande silenzio. Da una parte centinaia di bambini piccoli, dall’altra le madri e i bambini più grandi. Al centro i gendarmi che impartiscono ordini bruschi».
La deportazione degli adulti fu completata il 7 agosto, lasciando solo 3.500 detenuti nei campi in Francia, tutti bambini. I tedeschi acconsentirono alla deportazione dei bambini ad Auschwitz all’inizio di agosto. I bambini furono trasferiti per la prima volta a Drancy. Poco dopo essere arrivati a Drancy, i bambini del Vélodrome salirono di nuovo a bordo di un treno, ma questa volta la loro destinazione finale era Auschwitz. Entro il 31 agosto, tutti i bambini del Vel d’Hiv che avevano lasciato il suolo francese erano morti nelle camere a gas di Auschwitz.
I rastrellamenti massicci colpirono anche il resto della popolazione francese, dove le reazioni furono varie. Alcuni continuarono a mostrare indifferenza, altri acclamarono i poliziotti, ma molti condannarono le retate e aiutarono gli ebrei a sfuggire all’arresto. Gli eventi del 16 luglio, nonostante gli sforzi del Governo per nascondere le atrocità del Vélodrome, allontanarono l’opinione pubblica dal regime, alimentando un maggiore sostegno alla Resistenza. Questi eventi scossero anche la comunità ebraica, infrangendo quello stato di compiacenza che l’aveva portata a credere che il governo francese sarebbe in stato grado di proteggerla dalle richieste tedesche.
La questione del coinvolgimento di Vichy nella soluzione finale era in grado di minacciare qualsiasi tipo di unità nazionale dopo la guerra e fu risolto dal generale Charles de Gaulle, che guidò il paese nel dopoguerra. Dopo il conflitto, Charles De Gaulle e altri leader francesi crearono il mito della massiccia adesione del popolo francese al movimento di resistenza.
Il piano di De Gaulle su come interpretare il ruolo del governo francese e del suo popolo durante la guerra ha creato un mito in cui i francesi potevano essere assolti da ogni colpa per le loro azioni. La popolazione francese ha scelto di credere che quanto accaduto durante la guerra fosse opera dei tedeschi e di alcuni francesi rinnegati. L’obiettivo di De Gaulle, cioè la ricostituzione di uno Stato unitario, ha permesso ai francesi di credere semplicemente che il regime di Vichy fosse costituito da pochi individui fuorviati che agirono in base a convinzioni personali, non rappresentando quindi la Francia nella sua interezza. Anche gli ebrei che tornavano dai campi di concentramento erano ansiosi di dimenticare le drammatiche esperienze che gli avevano distinti e separati dai concittadini.
Lo storico Henry Rousso ha coniato il termine di “Résistancialisme”, nel suo libro Le Syndrome de Vichy : De 1944 à nos jours, per descrivere la costruzione della memoria francese dopo la Seconda guerra mondiale; un termine mutuato dalla psicoanalisi per affrontare il trauma dell’occupazione. L’obiettivo del “Résistancialisme” era quello di minimizzare il ruolo di Vichy durante la guerra collegando invece la Francia alla Resistenza. Questo paradigma emerse nel dopoguerra, quando si diffuse l’errata impressione di una resistenza unanime e ampia durante il Secondo conflitto. Nella sua recensione del libro di Douglas Porch sulla resistenza francese, Bernard Kaplan scrive che in realtà solo il 5% circa dei francesi era membro della Resistenza. Il Governo francese ha ufficialmente riconosciuto solo 220.000 resistenti, tra uomini e donne, in pratica meno dell’1% per cento della popolazione in tempo di guerra.
È importante ricordare che sia la resistenza sia la sconfitta della Francia da parte delle potenze dell’Asse hanno sempre avuto un grande peso nell’immaginario e nella memoria collettiva. Nella memoria collettiva francese “il mito della resistenza”, perpetuato da De Gaulle, definì i ruoli e le posizioni che i governi, gli studiosi e il pubblico francesi adottarono dopo la Seconda guerra mondiale. Risulta interessante osservare come anche il leader socialista Francois Mitterrand ritenesse, come De Gaulle, che il regime di Vichy (a cui peraltro aveva aderito in gioventù) non fosse un governo legittimato. Per questa ragione rifiutava risolutamente di accettare la complicità francese negli eventi del rastrellamento del Vélodrome d’Hiver e nella soluzione finale nel suo complesso.
Solo nel 1995 il Governo francese, sotto la guida di Jacques Chirac, ha ufficialmente riconosciuto la responsabilità dello Stato francese nella deportazione degli ebrei e il suo coinvolgimento durante gli anni della guerra. Sebbene l’idea originale del rastrellamento fosse stata concepita dai nazisti, il governo di Vichy e la polizia francese si mostrarono ansiosi di partecipare in modo indipendente alla retata, per questo ampliarono la fascia di età degli ebrei arrestati, inclusi donne e bambini, e furono responsabili delle condizioni disumane e criminali del Vélodrome.
Ancora oggi è difficile che il grande pubblico conosca questo drammatico evento della storia della Shoah; negli ultimi anni, vi sono state delle opere cinematografiche, come La chiave di Sarah e Vento di primavera, che, sebbene non soddisfacenti da un punto di vista storiografico, hanno cercato di colmare questo vuoto. Segnalo, inoltre, il romanzo neogotico La memoria delle ceneri scritto da me e dal mio collega e amico Simone Valtorta, pubblicato nel giugno del 2020 dalla casa editrice La Torre dei Venti; il romanzo ha come nucleo principale proprio l’arresto degli ebrei parigini da parte della gendarmeria francese nel luglio del 1942.
Le azioni del governo di Vichy, interpretate da studiosi come John Merriman, Michael Marrus e Richard Weisberger quali atti di collaborazionismo, furono in gran parte eseguite in modo autonomo dalle forze di occupazione tedesche. Il governo di Vichy aveva leggi e statuti propri in materia di razza e cittadinanza che impose alla popolazione ebraica e straniera e che si intensificarono e progredirono parallelamente al legame con la Germania nazista e allo sforzo di mantenere l’indipendenza.
In conclusione, è possibile affermare che il regime di Vichy non seguì passivamente gli ordini della Germania, bensì partecipò intenzionalmente al genocidio ebraico.



Per saperne di più

Aron, Robert. The Vichy Regime: 1940-1944. New York: The MacMillan Company, 1958.
Benbassa, Esther. The Jews of France: A History From Antiquity to the Present. Princeton: Princeton University Press, 1999.
Birnbaum, Pierre. L’affaire Dreyfus: La République en Péril. Gallimard, 1994.
Curtis, Michael. Verdict on Vichy: Power and Prejudice in the Vichy France Regime. New York: Arcade Publishing, 2002.
Cohen, Erik H. The Jews of France Today: Identity and Values. Boston: Brill Publishers, 2011.
Gordan, Bertram M. Historical Dictionary of World War II France: The Occupation, Vichy, and the Resistance, 1938-1946. Westport: Greenwood Press, 1998.
Halls, W. D. Politics, Society and Christianity in Vichy France. Oxford: Berg, 1995.
Hyman, Paula. From Dreyfus to Vichy: The Remaking of French Jewry, 1906–1939. New York: Columbia University Press, 1979.
Hyman, Paula. The Jews of Modern France. Berkeley: University of California Press, 1998.
Jackson, Julian. France: The Dark Years, 1940–1944. Oxford: Oxford University Press, 2001.
Paxton, Robert O. Vichy France: Old Guard and New Order, 1940–1944. New York: Alfred A. Knopf, 1972.
Paxton, Robert O. and Marrus, Michael. Vichy France and the Jews. New York: Basic Books, Inc, 1981.
Pierrard, Pierre. Juifs et Catholiques Français: de Drumont à Jules Isaac (1886-1945). Paris, 1970.
Poznanski, Renée. Jews in France During World War II. Hanover: Brandeis University Press, 2001.
Rodrigue, Aron. “Rearticulations of French Jewish Identities After the Dreyus Affair.” Jewish Social Studies, New Series. 2. No. 1 (1996).
Rousso, Henry. The Vichy Syndrome: History and Memory in France Since 1944. Cambridge: Harvard University Press, 1986.
Suleiman, Susan R. Crises of Memory and the Second World War. Cambridge: Harvard University Press, 2006.
Weber, Eugen. The Hollow Years: France In the 1930s. New York: W.W. Norton, 1996.
Weisberg, Richard H. Vichy Law and the Holocaust in France. New York: New York University Press, 1996.
Wieviorka, Annette. “La Rafle, Drame Pédagogique et Hymne à la France.” La Tribune, March 15, 2012.
Zuccotti, Susan. The Holocaust, The French, And the Jews. New York: Basic Books, 1993.




Éric Zemmour è un antisemita?
Yves Mamou
8 dicembre 2021

https://it.gatestoneinstitute.org/18018 ... antisemita

Éric Zemmour (nella foto), un probabile candidato alle prossime elezioni presidenziali francesi, è davvero un razzista? La Francia è sul punto di cadere nel fascismo? Assolutamente no. Quello che sta realmente accadendo in Francia è una liberazione della libertà di parola. Per la prima volta in 40 anni, alla radio e alla televisione si parla apertamente di temi come l'immigrazione, l'Islam e la preferenza delle élite per un'immigrazione di massa incontrollata.

La voce secondo cui un ebreo che fa commenti razzisti e antisemiti potrebbe essere un candidato alle elezioni presidenziali francesi della primavera del 2022 ha varcato i confini del Paese. Peggio ancora, si dice che questo ebreo presumibilmente razzista e antisemita, Éric Zemmour, sarebbe sostenuto dai sondaggi che lo prevedono come un possibile candidato al secondo turno contro l'attuale presidente francese Emmanuel Macron.

Perbacco! Come può essere successa una cosa del genere? Zemmour è davvero un razzista? È trasportato da un'onda di estrema Destra, come suggeriscono molti a Sinistra? La Francia è sul punto di cadere nel fascismo?

Assolutamente no. Quello che sta realmente accadendo in Francia è una liberazione della libertà di parola. Per la prima volta in 40 anni, alla radio e alla televisione si parla apertamente di temi come l'immigrazione, l'Islam e la preferenza delle élite per un'immigrazione di massa incontrollata.

Il motivo per cui tutti questi argomenti sono finalmente sul tavolo è che Zemmour li ha portati lì, all'attenzione dei media. Prima di Zemmour, chi parlava con apprensione dei migranti, era considerato "razzista". Chiunque fosse preoccupato per il rapido cambiamento nell'identità della Francia veniva etichettato come membro dell'estrema Destra. Essere francese e difendere la cultura francese rendeva una persona nazista. Chiunque osasse criticare l'immigrazione musulmana e l'Islam veniva immediatamente bollato come razzista "simile a Jean-Marie Le Pen", diffamato dai media e persino citato in giudizio.

Il successo di Zemmour è quello di aver rotto il muro della vergogna, con l'aiuto di Jean-Marie Le Pen, fondatore del partito di estrema destra Front National. Le Pen è stato il primo a criticare l'immigrazione musulmana e a sollevare questioni sull'Islam, ma purtroppo lo ha fatto in un modo così caricaturale e razzista che non è stato difficile per i media e i leader del Partito Socialista demonizzarlo, e spesso anche i problemi molto reali che il Front National ha affrontato, come l'identità del Paese, il ruolo della laicità, la concorrenza nel mercato del lavoro, la condizione delle donne.

Quando lo storico Georges Bensoussan affrontò nel 2016 alla radio la questione dell'antisemitismo musulmano, venne immediatamente perseguito da associazioni "antirazziste" e portato in tribunale. Nonostante sia stato assolto tre volte, l'intimidazione ha avuto il suo effetto. Chi, dopo una simile maratona legale, avrebbe il coraggio di affrontare ancora una volta la complessa questione del posto dell'Islam in una società occidentale, in generale, e in Francia, in particolare?

L'accusa secondo la quale Zemmour è un razzista nasce non solo da temi legati all'immigrazione, ma anche dalle numerose azioni legali che organizzazioni islamiste, organizzazioni "antirazziste" e alcuni eletti della Sinistra hanno intentato contro di lui. Il più delle volte, i giudici hanno assolto Zemmour, ma talvolta lo hanno anche giudicato colpevole. Nel 2011, è stato condannato per aver affermato pubblicamente che i francesi di origine immigrata vengono fermati dalla polizia più di altri perché la maggior parte dei trafficanti sono neri e arabi. (...) Questo è un dato di fatto". Zemmour è stato condannato non perché mentiva, ma perché tale affermazione era impossibile da provare. Fin dalla Seconda guerra mondiale, la legge francese ha vietato qualsiasi menzione dell'etnia nelle statistiche ufficiali. Nel 2020, Zemmour è stato anche condannato per "provocazione all'odio razziale".

Le accuse di razzismo e antisemitismo mosse a Zemmour provengono altresì dall'establishment ebraico. Il rabbino capo di Francia ha di recente dichiarato che Zemmour è "antisemita indubbiamente, razzista ovviamente". Francis Kalifat, presidente del Consiglio di Rappresentanza delle Istituzioni ebraiche in Francia (CRIF) ha invitato gli ebrei a non votare per lui.

L'establishment ebraico ha accusato Zemmour di aver riabilitato il maresciallo Pétain e il regime di Vichy, entrambi i quali collaborarono con la Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale. Zemmour ha affermato che Pétain "ha protetto gli ebrei francesi mentre consegnava ai nazisti gli ebrei nati all'estero, in un necessario compromesso per l'occupazione". Secondo Zemmour, "le cifre parlano da sole: in Francia, il 40 per cento degli ebrei stranieri è stato sterminato e il 90 per cento degli ebrei francesi è sopravvissuto".

La tesi, però, è quella di Alain Michel, rabbino e storico ebreo di origine francese ora residente in Israele. Secondo Michel, Zemmour avrebbe dovuto dire che "tra il 90 e il 92 per cento" degli ebrei francesi era sopravvissuto. Inoltre, Michel afferma che:

"contrariamente a quanto asserisce Serge Klarsfeld [presidente dell'Organizzazione dei Figli e delle Figlie degli Ebrei deportati dalla Francia] (...) queste cifre non possono essere attribuite esclusivamente all'azione dei 'Giusti tra le nazioni'. Era la politica applicata dal governo di Vichy, che rallentò l'applicazione della 'Soluzione Finale" in Francia".

Michel e Zemmour concordano sul fatto che è estremamente difficile per gli storici in Francia mettere in discussione l'opinione popolare secondo cui il regime di Vichy non poteva essere altro che un clone del regime nazista.

Nessuno riesce a capire perché Zemmour stia tirando fuori Vichy e la Seconda guerra mondiale, ma la ferocia delle accuse contro di lui non gli impedisce di continuare ad essere molto popolare in seno alla comunità ebraica.

Zemmour non rinnega le sue origini ebraiche e frequenta regolarmente la sinagoga. Puntualizza di non essere un sionista, ma precisa anche che non è antisionista. Ciò che conta per lui è innanzitutto l'appartenenza alla cultura e alla civiltà francesi. Sembra un ebreo di tipo "napoleonico" che ritiene che la sua identità religiosa debba essere confinata nella sfera privata, in casa o in una sinagoga.

Durante la Rivoluzione francese del 1789 e poi sotto Napoleone, gli ebrei "si emanciparono". A loro furono concessi tutti i diritti personali accordati agli altri cittadini francesi, in cambio della loro rinuncia alle regole comunitarie, come il matrimonio obbligatorio tra ebrei e il primato delle leggi religiose sulle leggi della Repubblica. Zemmour è sconcertato dal fatto che queste regole, che sono riuscite ad assimilare gli ebrei nella società francese, siano state abbandonate per assimilare i musulmani.

Se la Francia vuole continuare ad essere la Francia, Zemmour afferma che essa deve tornare a una politica di assimilazione. Il giornalista vorrebbe che i musulmani fossero "assimilati" e soprattutto che fossero cittadini francesi di lunga data. "Dobbiamo incoraggiarli (tutti questi migranti musulmani che vengono in Francia) a diventare uguali," egli ha dichiarato, "ad appropriarsi della storia, dei costumi, del modo di vivere, dei gusti, della letteratura, ad assaporare le parole, la lingua, i paesaggi."

Zemmour attribuisce così tanta importanza al suo desiderio di salvare la Francia e di essere un cittadino francese che a volte rasenta l'indelicatezza. Nel suo ultimo libro, ha ferito indebitamente persone che erano state duramente colpite dal terrorismo islamista. Ha scritto che i familiari dei bambini uccisi nel 2012 in una scuola ebraica vicino a Tolosa si sono comportati come stranieri per aver seppellito i propri figli in Israele invece che in Francia: "gli antropologi ci hanno insegnato che veniamo dal Paese in cui siamo sepolti", ha rilevato Zemmour, applicando apparentemente gli stessi standard filo-francesi per gli ebrei e per i musulmani. Ma le famiglie ebree francesi che non vogliono rischiare che le tombe dei loro figli e delle loro figlie vengano profanate dagli antisemiti, potrebbero essersi sentite offese.

Zemmour, neo-candidato alle presidenziali francesi del 2022, potrà sopravvivere politicamente nei prossimi sei mesi solo se sarà considerato un candidato valido dai media, e ciò accadrà solo se riuscirà a creare "attenzione".

Ma l'attenzione può diventare spiacevole, per non dire crudele. Il filosofo Alain Finkielkraut, che ammette alcune divergenze con Zemmour, si rammarica degli "anatemi" lanciati contro di lui, e ha detto di Zemmour: "È oggetto di una vendetta ossessiva. È controproducente". Finkielkraut ha aggiunto:

"[Zemmour] ha il merito di mettere la questione della Francia al centro del dibattito, (...) Si fa carico dell'angoscia esistenziale di un numero crescente di francesi che si chiedono se la Francia resterà la Francia, se il loro diritto alla continuità storica sarà finalmente rispettato o se continuerà ad essere disprezzato".

Per i francesi, in realtà, la domanda più importante non è se Zemmour sia razzista o antisemita, ma se la Francia come si conosce... continuerà ad esistere.

Yves Mamou, vive in Francia, ha lavorato per vent'anni come giornalista per Le Monde.



Eric Zemmour dénonce le vote de la France contre Israël
Schlomo
8 dicembre 2021

https://www.jforum.fr/eric-zemmour-deno ... srael.html

Le candidat à la présidentielle a relayé sur Twitter une article de G-W. Goldnadel condamnant le texte

Le candidat à l’élection présidentielle Eric Zemmour a condamné mercredi la décision de la France de voter en faveur d’une résolution de l’ONU adoptée la semaine dernière niant tout lien entre le Mont du Temple (ou esplanade des Mosquées) à Jérusalem, le judaïsme et le christianisme, le désignant comme un lieu exclusivement islamique.

Sur Twitter, Eric Zemmour a relayé une chronique de Gilles-William Goldnadel publié sur le site de Valeurs Actuelles, dans lequel l’avocat condamne le texte présenté par le délégué de Palestine aux Nations-Unies.

« Les Nations Unies ne respectent décidément ni les Nations, ni leur histoire. C’est pourtant l’esprit de la Charte de 1945. Je regrette que la France d’Emmanuel Macron ait voté pour cette résolution », a déploré le candidat.

Le texte qui présente le site sous son seul nom musulman « Haram al-Sharif », fait partie d’une campagne diplomatique de l’Autorité palestinienne et de certains pays arabes visant à insinuer que le lieu le plus saint du judaïsme serait un site exclusivement islamique.

La résolution qui appelle « à maintenir sans changement le statu-quo historique » sur le lieu saint « Haram al-Sharif », a été adoptée avec le soutien de 129 pays ayant voté « pour », dont la France (contre 11 contre et 31 abstentions).

Le représentant de l’Autorité palestinienne à l’ONU, Riyad Mansour a qualifié la résolution d' »appropriée et nécessaire », et a appelé les Nations-Unies à « accepter la Palestine comme Etat membre à part entière ».

De son côté, l’ambassadeur israélien, Gilad Erdan, a condamné l’initiative palestinienne, affirmant qu’« une résolution sur Jérusalem qui ne fait aucune mention des racines juives antiques, n’est pas une simple preuve d’ignorance, mais une tentative de falsifier et de réécrire l’Histoire ».


3/4 degli ebrei francesi hanno subito atti antisemiti
Un ampio sondaggio condotto dall’American Jewish Committee sulle esperienze degli ebrei francesi ha rilevato che quasi tre quarti della comunità ha subito atti antisemiti.
4 febbraio 2022

https://www.islamnograzie.com/3-4-degli ... ntisemiti/


Il sondaggio ha studiato le popolazioni ebraiche, musulmane e generali della Francia, rivelando “l’estensione dell’antisemitismo senza sosta che minaccia la popolazione ebraica del paese”, che è la più grande in Europa.

Lo studio ha rilevato che l’85% degli ebrei francesi ritiene che l’antisemitismo sia un problema diffuso in Francia, con il 73% che afferma che è aumentato nell’ultimo decennio.

Ma solo il 64% della popolazione generale francese pensa che l’antisemitismo sia diffuso e in aumento.

Quasi tre quarti (74%) degli ebrei francesi hanno dichiarato di essere stati vittime di atti antisemiti. Gli attacchi includono commenti dispregiativi (68%), minacce sui social media (28%), minacce verbali (24%) e violenza fisica (20%).

Quasi il 40% ha dichiarato di sentirsi minacciato per essere ebreo, con il 35% che afferma di evitare di indossare abiti identificabili come ebrei. Oltre il 40% ha anche evitato di mettere mezuzah o altri simboli ebraici fuori dalle loro case.

“Temere per la propria sicurezza e per la sicurezza dei bambini è tragicamente diventata la nuova normalità per la maggior parte degli ebrei francesi, portando molti di loro a scegliere di nascondere la propria identità ebraica e di dire ai propri figli di farlo. Questo è semplicemente inaccettabile in qualsiasi democrazia che dovrebbe proteggere tutti i suoi cittadini”, ha detto simone Rodan-Benzaquen, direttrice di AJC Europe.

Lo studio ha anche scoperto che oltre la metà dei genitori ebrei ha detto ai propri figli di non indossare kippah o stelle di Davide, e poco meno della metà ha detto ai propri figli di non far sapere a nessuno che sono ebrei.

Lo studio ha osservato che “le scuole sono l’ambiente in cui c’è poca differenza tra gli ebrei che indossano oggetti distintivi – il 59% – e quelli che non lo fanno – il 57% – che sono stati abusati verbalmente o minacciati”.

“Nei luoghi pubblici – la strada, il posto di lavoro, i trasporti pubblici, i social media – gli individui che sono più visibilmente ebrei vengono aggrediti a un tasso più alto rispetto a quegli ebrei che non indossano o portano oggetti che trasmettono la loro identità ebraica. Ad esempio, il 68% delle vittime di atti antisemiti in strada indossava segni distintivi e il 36% no, mentre il 57% delle vittime nei trasporti pubblici lo ha fatto e il 16% no”, ha detto l’AJC. “Con la persistenza dell’antisemitismo per molti anni, c’è un’apparente mancanza di fiducia tra gli ebrei nel portare i responsabili davanti alla giustizia. L’80% di coloro che hanno subito un atto di antisemitismo non ha presentato una denuncia alle autorità francesi e il 76% non l’ha segnalata a un’associazione comunitaria, come il Jewish Community Protection Service.
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Elezioni francesi per salvare la Francia e l'Europa

Messaggioda Berto » ven dic 10, 2021 8:27 pm

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