Chi era Luca Attanasio, l'ambasciatore italiano ucciso in Congo: originario della Brianza, lascia tre figlie piccole23 febbraio 2021
https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/c ... 102k.shtmlDi origini milanesi, si era laureato alla Bocconi e nel 2003 aveva intrapreso la carriera diplomatica. Nell'ottobre 2019 era arrivata la nomina della Farnesina ad ambasciatore italiano nel Paese africano
Attanasio, 43 anni, era presidente onorario dell'associazione Mama Sofia, fondata a Kinshasa dalla moglie Zakia Seddiki per occuparsi di bambini e donne in difficoltà. A Limbiate, il sindaco Antonio Romeo ha disposto le bandiere a mezz'asta in segno di lutto. "Il Sindaco, l'Amministrazione comunale e tutta la città di Limbiate esprimono alla famiglia e ai cari di Luca il proprio profondo e sincero cordoglio. Un concittadino esempio per molti e soprattutto un giovane ragazzo che amava Limbiate", si legge sulla pagina Facebook del Comune.
La carriera diplomatica - Alla Farnesina viene assegnato alla Direzione per gli Affari Economici, Ufficio sostegno alle imprese, poi alla Segreteria della Direzione Generale per l’Africa. Nel 2004 viene nominato vice Capo Segreteria del Sottosegretario di Stato con delega per l’Africa e la Cooperazione Internazionale. All’estero è capo dell’Ufficio Economico e Commerciale presso l’Ambasciata d’Italia a Berna (2006-2010) e Console Generale reggente a Casablanca, in Marocco dal 2010 al 2013. Nel 2013 rientra alla Farnesina dove riceve l’incarico di Capo Segreteria della Direzione Generale per la Mondializzazione e gli Affari Globali. Ritorna poi in Africa quale Primo Consigliere presso l’Ambasciata d’Italia in Abuja, in Nigeria, nel 2015. Dal 5 settembre 2017 è capo Missione a Kinshasa, nella Repubblica Democratica del Congo. Dal 31 ottobre 2019 è stato confermato in sede in qualità di Ambasciatore Straordinario Plenipotenziario accreditato in Congo.
La moglie Zakia Seddiki, è fondatrice e presidente dell’associazione umanitaria “Mama Sofia”, opera in aree difficili in supporto di bambini e giovani madri, di cui lo stesso Attanasio era presidente onorario.
"L'ambasciatore Attanasio era musulmano"Giulio Meotti
24 febbraio 2021
https://meotti.substack.com/p/lambascia ... -musulmano A riportare la notizia è il sito islamico italiano La Luce:
“L’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo, Luca Attanasio, ucciso in un attacco contro un convoglio delle Nazioni Unite a Kanyamahoro, ad una ventina di km della città di Goma aveva fatto testimonianza di fede durante la sua permanenza in Marocco in qualità di Conosole Generale d’Italia a Casablanca ed era quindi musulmano, il diplomatico italiano aveva inoltre adottato il nome Amir. La notizia è stata confermata a La Luce da fonti affidabili vicine alla famiglia”.
Oggi nell’area in Congo dove è stato ucciso Attanasio, un carabiniere e l’autista c’è stato un altro attacco terroristico a opera degli islamisti di ADF: 13 morti. Non sappiamo come pare se ad assassinare il nostro ambasciatore, il primo nella nostra storia, sono stati gli stessi islamisti, ma i musulmani d’Italia si affrettano a dichiararlo già un loro “martire”.
Alberto PentoNon sappiamo con precisione perché si sia fatto maomettano: forse per sposare la moglie marocchina e mussulmana, forse per convinzione, forse per convenienza di carriera, forse perché trattasi di agente speciale dei servizi.
Certo la vicenda della sua morte andrebbe indagata anche alla luce di questa informativa, chisà cosa mai c'è sotto.Nessuna coversione all'Islam dell'ambasciatore Attanasio anche se ha sposato una marocchina che probabilmente si è convertita lei al cristianismo.
Mi è già molto più simpatico, altro che martire maomettano, caso mai è un martire cristiano ucciso dai maomettani del Congo.Luca Attanasio, a Limbiate i funerali celebrati dall’Arcivescovo24 febbraio 2021
https://www.chiesadimilano.it/news/chie ... 41365.htmlIl rito funebre alle 10 al centro sportivo, venerdì 26 la camera ardente in Comune. Il cordoglio di monsignor Delpini: «Nella sua educazione cristiana le radici del suo impegno»
Sarà l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini a celebrare, sabato 27 febbraio alle 10, al centro sportivo di Limbiate (via Tolstoj), i funerali di Luca Attanasio, l’Ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, ucciso lunedì scorso. Venerdì 26 la camera ardente in Comune.
Pubblichiamo il messaggio di cordoglio dell’Arcivescovo per l’uccisione dell’ambasciatore Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista, Mustapha Milambo.
È stato ucciso un uomo buono, un diplomatico competente, un giovane intraprendente e, insieme con lui, sono stati uccisi un carabiniere e il loro autista: sono vittime di una violenza incontrollabile e devastante.
Mentre mi preparavo a far visita ai nostri missionari in Kinshasa l’ambasciatore Luca Attanasio mi ha fatto visita a Milano, perché non sarebbe stato possibile incontrarci in Congo. Era il 7 luglio del 2019.
Ricordava il suo passato in oratorio, la sua educazione nella comunità cristiana, le radici della sua scelta professionale in una considerazione della fraternità universale che nella sua stessa famiglia si è realizzata.
Quando sono stato a Kinshasa, a proposito dell’Ambasciatore Attanasio ho raccolto parole di stima, di gratitudine, di apprezzamento per il suo modo di vivere la missione, per la moglie e il suo impegno per opere di solidarietà, per il personale dell’ambasciata che rappresenta il governo italiano in Congo. Sono stato a far visita all’Ambasciata e quindi ho incontrato i carabinieri che vi prestavano servizio, presumo quindi anche il carabiniere Iacovacci.
Anche per questo è più profondo e personale il dolore per la morte di persone dedicate al loro dovere, che hanno interpretato il servizio diplomatico come una forma di solidarietà tra i popoli, hanno mostrato la disponibilità a farsi carico della povertà desolante di un Paese ricco di risorse, la rabbia incontenibile di una popolazione troppo tribolata.
Nella mia visita a Kinshasa i nostri missionari mi hanno descritto una situazione così difficile, confusa e percorsa dalla violenza spietata che insinuava in ogni cosa inquietudine, in ogni iniziativa un senso di precarietà, in ogni evento un pericolo.
L’evento tragico che oggi commuove il nostro Paese scuote l’indifferenza che talora ci paralizza, invita alla preghiera che ci apre orizzonti, costringe a pensare e a sentire la responsabilità di mettere mano all’impresa di aggiustare il mondo.
Mario Delpini
Arcivescovo di Milano
Il cattolico convertito all’Islam che guida i jihadisti fra i sospettati dell’uccisione dell'ambasciatoreGiulio Meotti
24 febbraio 2021
https://meotti.substack.com/p/il-cattol ... o-allislam Fra i sospettati dell’uccisione del nostro ambasciatore Luca Attanasio, del carabiniere e dell’autista ci sono le Adf (Allied Democratic Forces), una formazione jihadista nata in Uganda e radicata nelle zone orientali della Repubblica democratica del Congo.
Sono state fondata da Jamil Mukulu nel 1989, oggi detenuto in Uganda. Mukulu è un cattolico convertito all’Islam più intransigente, che si ritiene abbia trascorso i primi anni '90 a Khartoum, in Sudan, dove sarebbe diventato vicino al fondatore di al Qaeda Osama bin Laden, all’imam Hassan al Turabi e a molti altri islamisti che si erano rifugiati lì. Mukulu era un religioso cristiano prima di convertirsi all'Islam. Con un importante background di teologia islamica maturato in Arabia Saudita, Pakistan e Sudan, Mukulu si è consolidato come una figura radicale nella comunità musulmana nel 1991, dice Hussein Lutwaama, un amico e disertore dell'Adf. “È tornato dall'Arabia Saudita come un musulmano più devoto e pronto a morire per l'Islam. Ha sempre parlato di difendere l'Islam”. Mukulu ha creato una organizzazione portando a sè molti convertiti all’Islam. Come Benjamin Kisokeranio, capo dell’intelligence del gruppo terroristico. Racconta il Washington Post che “Mukulu ha supervisionato un sistema di schiavitù mediante il quale l'Adf ha rapito donne e bambini congolesi, li ha costretti a convertirsi all'Islam e ha richiesto alle donne di sposarsi”.
Fra le stragi di cui si è intestato Mukulu quelle dei pastori cristiani che rifiutano la conversione all’Islam. L’Adf negli ultimi anni si è avvicinato molto all’ideologia dello Stato Islamico, modificando il nome del gruppo in Madinat al Tawhid wal Muwahedeen, “La città del monoteismo e dei guerrieri sacri”. Da ottobre 2017 ad ottobre 2019, questi terroristi hanno realizzato 174 attacchi, causando 704 morti. Numerosi gli assalti alle comunità cristiane. Solo a dicembre, 30 morti. Uno dei sopravvissuti, Tony Longi, ha detto che mentre uccidevano i cristiani i ribelli dell’Ad dicevano di farlo perché si erano rifiutati di convertirsi all'Islam.
La morte dell’Ambasciatore, le ipotetiche verità nascosteFabio Marco Fabbri
24 febbraio 2021
https://opinione.it/esteri/2021/02/24/f ... nazionali/Che la morte dell’Ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere Vittorio Iacovacci, probabilmente “vittima collaterale”, fosse poco chiara, è emerso subito, soprattutto grazie ad una serie di notizie date sui principali media che descrivono, senza fornire le fonti, una vicenda forse lontana dalla realtà.
La verità sulla dinamica dell’attentato è abbondantemente documentata da foto e testimonianze dirette date, senza alcuna reticenza, da chi era presente e contattabile, ma perché l’Ambasciatore italiano in Congo si trovasse su quella rotta, per le autorità congolesi, è sicuramente meno chiaro. Premettendo che per conoscere la realtà dei fatti sarebbe necessario “stanziare” per un po’ di tempo in loco, se leggiamo le precoci analisi degli addetti all’indagine congolesi, ci potremmo avvicinare a comprendere, quantomeno, una realtà poco nota ai più e mal percepibile in generale.
Tanto per iniziare va detto che l’ambasciatore è andato ad est della Repubblica democratica del Congo raggiungendo Goma, dove il governatore del Nord Kivu non era minimamente a conoscenza del suo arrivo e non risulta fosse stato formalmente informato della missione di Attanasio; inoltre, il commissario di polizia della città di Goma ed il Maggiore di Stato dell’esercito del Nord Kivu, non erano nemmeno informati della missione legata al Programma alimentare mondiale (Pam). Lo scopo dell’Ambasciatore era quello di patrocinare, anche fisicamente, il Programma alimentare mondiale o World food programme (Wfp), al fine di consegnare cibo ed altro materiale necessario, nell’area del monte vulcanico Nyiragongo situato a circa 25 chilometri a nord del Lago Kivu e della città di Goma e a poca distanza dal critico confine con il Ruanda.
Le autorità locali, anche governative, che in queste ore sono sotto pressione della politica e delle critiche internazionali a causa dell’apparente pressapochismo manifestato nel non dare protezione al diplomatico italiano ed al suo entourage, stanno valutando alcuni fattori e si stanno ponendo alcune domande che di seguito riporto: “Che tipo di paternità intercorreva tra l’ambasciatore e il Pam? Perché l’ambasciatore ha nascosto la sua missione di lavoro ai funzionari provinciali? Perché non eravamo a conoscenza della sua visita o dell’arrivo del Pam? Perché l’ambasciatore ha scelto di andare da solo nella zona della morte dove le Forze armate della Repubblica democratica del Congo (Fardc) non hanno ancora pacificato la regione?”. Secondo le autorità locali, le risposte a queste domande provano a sufficienza che c’era una missione sospetta, una missione clandestina che l’ambasciatore stava per compiere nell’Est, con la motivazione di “accompagnare” gli operatori del Pam.
Inoltre, la domanda che si pongono i congolesi è: “perché gli addetti al Pam e accompagnatori vari, non volevano essere scortati dalle Fardc fino a destinazione?”. Aggiungendo la perplessità sulla motivazione del “perché questi ambasciatori non vanno in altre province del Paese e solo all’est della Repubblica democratica del Congo, perché non visitare e sostenere le province del Bandundu, Équateur, Kasaï dove c’è una devastante carestia?”. Va aggiunto che le riflessioni delle autorità locali congolesi si avventurano nel sostenere che “l’80 per cento degli ambasciatori accreditati presso la Repubblica democratica del Congo contrabbandano minerali nell’est del Paese, ed hanno, conseguentemente, rapporti con i ribelli”.
Le considerazioni terminano con una sorta di avvertimento: “Cari diplomatici, smettete di contrabbandare minerali ad est perché è molto pericoloso e rafforza l’insicurezza nel nostro suolo”. Tali dichiarazioni e perplessità, che riporto per dovere di cronaca, espresse da gruppi di critici ma seguiti congolesi, oltre ad essere preoccupanti per quanto chiaramente palesano sulla manifestazione della poca empatia esistente tra gli “autoctoni” e i non autoctoni, soprattutto nell’emergenza attuale, tendono a generare dubbi anche sull’applicazione e sulla gestione dei ricchi programmi firmati Nazioni Unite. Perplessità e dubbi che aggravano, essenzialmente, le condizioni delle popolazioni di queste province africane, che sicuramente necessitano di aiuti e non di drammi o querelle internazionali.
Attanasio, il parroco: «Luca era un cattolico praticante, non si era convertito all’Islam» AL MAGHREBIYA NEWS 24
24 febbraio 2021
https://almaghrebiya.it/2021/02/24/atta ... -allislam/Don Angelo Gornati, parroco di Lambiate smonta, prove alla mano, l’illazione circolata che l’ambasciatore Luca Attanasio si fosse convertito all’Islam, sposando Zakia Seddiki, la moglie marocchina, di fede musulmana, come sostengono invece l’Ucoi nel quotidiano on line Luce e Hamza Piccardo, ex portavoce dell’Ucoii. Secondo i musulmani italiani il diplomatico ucciso in Congo avrebbe fatto prova di fede e quindi sarebbe da considerarsi un tutti gli effetti un martire secondo la definizione islamica, poichè ucciso da innocente e nell’ambito del suo impegno umanitario. «Era un cattolico praticante Luca. Lo conoscevo bene – dice il parroco al Messaggero – Ho celebrato personalmente il suo matrimonio, con il rito previsto per la mista religione. In pratica si permette ad una persona di altra religione di assistere alla promessa e all’impegno sacramentale. La stessa cosa Luca ha fatto in Marocco, con una cerimonia simile per la moglie. Dovevo andare anche io in Marocco ma non sono riuscito. Posso però dire che Luca era praticante cattolico. Aveva mantenuto i legami con l’oratorio. Era una persona molto aperta e positiva e magari può essere che abbia accompagnato la moglie a qualche rito islamico, ma non saprei. Forse questa sua apertura è stata presa come una dichiarazione. In ogni caso a noi non risulta, nè a noi in parrocchia, nè alla famiglia Attanasio». ilmessaggero
L'ambasciatore Attanasio, la moglie Zakia Seddiki: «Luca tradito da chi gli era vicino»Flaminia Savelli
25 febbraio 2021
https://www.ilmessaggero.it/italia/luca ... 91230.html «Luca è stato tradito da qualcuno vicino a noi, alla nostra famiglia. Quella mattina la sua era un’operazione che non implicava direttamente il suo lavoro di ambasciatore». È ancora stravolta dal dolore Zakia Seddiki, moglie dell’ambasciatore italiano Attanasio ucciso lunedì mattina in un agguato nella foresta di Virunga in Congo.
Nella stessa imboscata è stato ucciso anche il carabiniere, Vittorio Iacovacci.
Funerali Attanasio e Iacovacci, fuori dalla Chiesa una piccola folla con tricolore
Ieri, dopo i funerali di stato che si sono svolti nella basilica di Santa Maria degli Angeli a piazza della Repubblica a Roma, Zakia si è diretta a Limbiate dove sabato verranno celebrate le esequie. Al telefono, la sua voce è strozzata dal pianto. Ma è un dolore lucido.
Attanasio, la moglie Zakia: «Era un angelo, non un eroe» Giallo sulla conversione di Luca all'Islam
Quella mattina, quando ha parlato l’ultima volta con suo marito?
«Ci siamo scritti via WhatsApp. Lui lo faceva sempre, mi ha mandato due foto nel giro di pochissimi minuti. Venti minuti dopo mi ha ripetuto la stessa frase che mi diceva quando non eravamo insieme: “Ti amo amore mio e mi mancate”. Era tranquillo, sorridente. Non avevo nessuna percezione del pericolo e come me, lui. Anche nell’ultima foto, quella con il carabiniere Iacovacci rimasto vittima insieme a Luca nell’agguato. Nello scatto, sorridono e salutano. L’appuntamento di quella mattina poi era in programma da tempo per un progetto del World Food Programme. E invece...».
Dal numero di suo marito, l’ultimo accesso è registrato alle 8.49: pochi minuti dopo averle scritto quindi e, da quanto ricostruito dagli investigatori, appena un’ora prima dell’agguato...
«Esatto. Anche se, cosa sia davvero accaduto ancora non è stato chiarito. Così come, cosa ci sia dietro la sua uccisione».
L’ambasciatore però, pochi giorni prima dell’agguato, aveva fatto richiesta di una nuova auto blindata: temeva forse per la vostra incolumità?
«No. Non ne avevamo motivo. Anzi, la nostra vita fino a quella mattina è andata avanti senza nessuna avvisaglia. Però è vero: Luca aveva fatto richiesta per una nuova macchina. Perché quella che era a disposizione in ambasciata, aveva avuto alcuni problemi meccanici. Quindi non c’è nessuna relazione con ciò che è accaduto quella terribile mattina».
Lei ha qualche sospetto?
«No, saranno le indagini ad accertare cosa è accaduto nella foresta. In queste ultime ore sono stata travolta dagli eventi, dal dolore per me, per la mia famiglia distrutta. L’unica risposta che mi sono data, e che posso dare, è che qualcuno che conosceva i suoi spostamenti ha parlato, lo ha venduto e lo ha tradito. Mentre io ho perso l’amore della mia vita».
Come vi siete conosciuti?
«La prima volta che ci siamo incontrati Luca era console in Marocco. Un amico comune ci ha presentati, il giorno di San Valentino. Per tutti è due è stato un colpo di fulmine. Abbiamo iniziato a frequentarci, ci siamo innamorati. E non ci siamo mai più separati. Non so dire se è stato destino, di certo ci siamo scelti. Ma scegliere Luca è stato facile. Un uomo davvero speciale».
Quindi vi siete sposati...
«Sì, nel 2015 con il rito delle religioni miste. Perché sono di origine marocchine e di fede islamica. Ma tra di noi non c’era alcuna divisione, non è stato neanche necessario affrontare la questione. Dividevamo e condividevamo tutto perciò anche le rispettive religioni: frequentavo la chiesa, con i riti cattolici. E lui faceva lo stesso, partecipando ai riti islamici. Non c’è stato mai alcun problema anche sull’educazione delle nostre figlie a cui abbiamo sempre letto sia la bibbia che il corano».
Dopo i funerali che si celebreranno a Limbiate cosa farà?
«Non lo so. Negli ultimi quattro giorni la mia vita, quella delle mie figlie e della mia famiglia è stata stravolta: è un dolore che non so ancora come affrontare».
Attanasio, il rapporto degli 007: «Uccisi mentre stavano pagando il loro pedaggio»Cristiana Mangani
26 febbraio 2021
https://www.ilmessaggero.it/mondo/luca_ ... 91234.htmlC’è una sorta di “pedaggio” che le auto delle missioni sono solite pagare in quella zona del Congo, a nord di Goma, dove dominano milizie e guerriglieri. Un lasciapassare di qualche centinaia di dollari che garantisca, almeno in parte, la tranquillità del viaggio.
Il convoglio del World food programme con l'ambasciatore Luca Attanasio si sarebbe imbattuto proprio in questa specie di posto di blocco. Ed è per questo che lunedì mattina uno degli addetti alla sicurezza del gruppo Onu avrebbe cercato di intavolare una trattativa con i sei uomini armati di Kalashnikov Ak47. Probabilmente perché pensava di convincerli a trovare il solito accordo.
L'ambasciatore Attanasio, la moglie Zakia Seddiki: «Luca tradito da chi gli era vicino»
IL REPORT
In base a un report degli 007: «Le dinamiche dell’evento sembrano evidenziare che gli assalitori fossero a conoscenza del passaggio del convoglio lungo la viaria RN2. Il personale e i mezzi della missione Monusco4 sono un target generalmente pagante».
Ma quella mattina il destino aveva già preso una strada diversa. Gli spari in aria per convincere le jeep a fermarsi, hanno richiamato l’attenzione dei rangers che presidiano il parco di Virunga e dell’unità dell’esercito congolese che si trovavano a poche centinaia di metri.
In un attimo la situazione è precipitata. Il commando ha sparato e ucciso l’autista dell’auto che trasportava l’ambasciatore Luca Attanasio e il carabiniere Vittorio Iacovacci, probabilmente per far capire che dovevano eseguire gli ordini: scendere subito dalla jeep e seguirli.
È avvenuto tutto molto in fretta, tanto che il militare italiano di scorta al diplomatico non ha avuto il tempo di prendere l’arma che è rimasta nell’auto e che è stata recuperata dai carabinieri del Ros durante la missione in Congo. È stato accertato, poi, che la pistola di ordinanza non ha sparato, a conferma di questa ricostruzione.
Il gruppo viene trascinato nella foresta. L’altro italiano, Rocco Leone, vice direttore del Wfp del Congo, comincia a zoppicare, forse finge per tentare di salvarsi. Viene lasciato lì, e ancora oggi la sua versione dei fatti non c’è stata, perché sconvolto da quanto accaduto. Ros e procura potranno sentirlo quando tornerà in Italia, ma solo dopo aver avviato una rogatoria, in quanto dipendente Onu.
Criminali e ostaggi non fanno in tempo a entrare nella giungla che piombano rangers e militari. Scoppia un conflitto a fuoco e, ancora oggi, dai risultati dell’autopsia effettuata al policlinico Gemelli sui corpi delle vittime, non si esclude che Attanasio e Iacovacci siano stati uccisi dal “fuoco amico”: quattro colpi - due ciascuno -, con una traiettoria da sinistra a destra.
PIANO DI VIAGGIO
Le indagini, intanto, stanno puntando a definire meglio la dinamica. Agli atti c’è anche il tablet dell’ambasciatore, trovato a bordo della jeep. Potrebbe fornire elementi importanti, soprattutto per quanto riguarda il piano di viaggio e l’organizzazione degli spostamenti. L’obiettivo di chi indaga è capire quante persone fossero a conoscenza della missione e raccogliere elementi sul perché non fosse stata prevista una scorta armata. I due connazionali si trovavano nell’area nord est del Paese da almeno due giorni. Una presenza che, probabilmente, non è passata inosservata a chi era pronto a «vendere» a bande di rapitori i due cittadini occidentali.
L'attacco in Congo “Raddoppiate la mia scorta”: l’appello di Luca Attanasio, inascoltato dalla Farnesina Il Riformista
Vito Califano
26 Febbraio 2021
https://www.ilriformista.it/raddoppiate ... na-199275/ Luca Attanasio sarebbe stato tradito. L’ambasciatore morto in un agguato, insieme con il carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista Mustapha Milambo, nella Repubblica Democratica del Congo non solo, secondo le parole della moglie, è stato tradito da qualcuno di molto vicino alla famiglia ma aveva anche chiesto una scorta rafforzata alla Farnesina. Che però non venne accordata. L’attacco di lunedì mattina, secondo quanto ricostruito in questi giorni, avrebbe avuto come obiettivo il sequestro.
A far emergere i dettagli sul caso un’intervista alla moglie dell’ambasciatore Zakia Seddiki e un retroscena della Stampa. Secondo quest’ultimo, un articolo a firma Grazia Longo, Attanasio aveva chiesto al ministero degli Esteri di rafforzare la propria scorta. Un allarme inascoltato. L’ambasciata, prima dell’arrivo del diplomatico originario del varesotto del 2017, contava quattro persone di scorta. Poi ridotte a due. Un anno dopo il suo arrivo l’ambasciatore formulava la sua richiesta alla Farnesina che aveva mandato un ispettore sul posto senza apportare infine nessun rinforzo.
Ancora troppi dubbi dunque sul caso. Si cerca di chiarire il ruolo dell’Onu del World Food Programme nella missione Monusco. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha chiesto chiarimenti urgenti. Rocco Leone, vicedirettore del Programme in Congo, ha raccontato che gli assalitori erano sei, cinque armati di kalashnikov Ak47 e uno di machete. Dapprima hanno ucciso l’autista e poi hanno spinto i passeggeri a scendere e a seguirli nella foresta. I due italiani sarebbero stati uccisi in un conflitto a fuoco e non in un’esecuzione. Leone sarà ascoltato dai pm Sergio Colaiocco e Alberto Pioletti.
“Luca è stato tradito da qualcuno vicino a noi, alla nostra famiglia. Quella mattina la sua era un’operazione che non implicava direttamente il suo lavoro di ambasciatore”, ha detto in un’intervista a Il Messaggero la moglie dell’ambasciatore Zakia Seddiki. Che ha confermato altri dubbi sui dispositivi di sicurezza in forza all’ambasciata di Kinshasa: “Luca aveva fatto richiesta per una nuova macchina. Perché quella che era a disposizione in ambasciata, aveva avuto alcuni problemi meccanici. Quindi non c’è nessuna relazione con ciò che è accaduto quella terribile mattina”.
Gino QuareloPoteva anche limitare le sue uscite ma aveva la fregola del salvatore dei poveri neri.Congo-Ruanda-Onu, una complessità spesso sconosciutaFabio Marco Fabbri
26 febbraio 2021
https://opinione.it/esteri/2021/02/26/f ... ama-sofia/ Continuano a crescere gli interrogativi sulla morte dell’ambasciatore Luca Attanasio e del maresciallo Vittorio Iacovacci avvenuta nella Repubblica democratica del Congo (Rdc). Le domande sono: se l’ambasciatore italiano nella RDC sia stato vittima della “faccenda dei rapimenti” e perché era in viaggio nel Nord Kivu?
Secondo fonti provenienti da “notabili locali” Luca Attanasio, avendo preso confidenza con il Congo orientale, è stato talvolta considerato più umanitario che diplomatico; a Kinshasa aveva creato con la moglie un’associazione che si occupa anche di ex bambini-soldato, denominata “Mama Sofia”, ed era un visitatore abituale dell’ospedale Panzi di Bukavu. Invitato dal Programma alimentare mondiale nel Nord Kivu, ha visitato i progetti delle Nazioni Unite e, lunedì mattina, si era recato in una scuola. Arrivato venerdì a bordo di un volo Monusco, non si è presentato alle autorità locali e non ha informato la polizia del suo viaggio, contrariamente alla prassi diplomatica.
L’assenza di una scorta armata ha sorpreso l’opinione pubblica, ma le diverse Ong locali, tra cui Médecins Sans Frontières (Msf) e Médecins du Monde, preferiscono operare in questo modo ritenendo che le guide armate, che rischiano di essere i primi ad aprire il fuoco, possano rappresentare un ulteriore pericolo. Inoltre, la regione in cui è avvenuto l’attacco è stata definita “zona gialla”, dove la protezione armata non è obbligatoria. Ma chi poteva avere interesse ad attaccare il diplomatico? Risulta che nell’area Nord Kivu operino circa 120 gruppi armati, alcuni praticano regolarmente il sequestro di ostaggi. Molti notabili congolesi confermano questa “faccenda del rapimento”; la dinamica è che dopo il sequestro da parte di uomini armati, viene inviata alle famiglie una richiesta di riscatto, i canali di pagamento risultano ben consolidati e le somme richieste possono raggiungere alcune decine di migliaia di dollari.
Il pagamento del riscatto viene canalizzato tramite intermediari e consente la liberazione dell’ostaggio. Identificato da “gruppi noti” operanti nell’area come una “cattura” interessante, il diplomatico italiano sarebbe stato “seguito” a Goma dai rapitori e dai loro complici. Verosimilmente questo è il motivo per cui gli aggressori hanno prima tentato di trascinarlo a piedi nella vicina boscaglia, poi lo scambio di colpi di arma da fuoco è stato innescato dall’irruzione delle guardie del parco nazionale dei Virunga. Il carabiniere Iacovacci e l’autista congolese sono stati uccisi sul colpo mentre l’ambasciatore è stato colpito a morte. Un primo sospetto è che i ribelli Utu possano essere stati convolti, ma le Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (Fdlr), che spesso praticano la presa di ostaggi, hanno negato con forza il loro possibile coinvolgimento nell’attacco. Tale ipotesi è credibile, perché non sono molto presenti in questa regione che è situata a meno di 5 chilometri dal confine ruandese dove operano le forze congolesi con al loro fianco elementi dell’esercito ruandese. Questi ultimi stanno ora lavorando a stretto contatto con i loro vicini in virtù di un accordo tra i due Paesi, rinnovato pochi giorni fa dal generale ruandese Jean Bosco Kazura e François Beya, consigliere del capo di Stato in materia di sicurezza.
Due settimane fa, le operazioni congiunte sono riprese nella regione, specificatamente nei territori del Rutshuru, Masisi e Walikale, interrompendo le attività umanitarie. Gli operatori economici del Nord Kivu denunciano regolarmente le operazioni di destabilizzazione della loro regione alla vigilia dell’inaugurazione di grandi progetti turistici, a Goma o nel parco dei Virunga. Inoltre, le foto pubblicate sui social network mostrano che durante il suo ultimo fine settimana nel Nord Kivu, il diplomatico ha visitato siti minerari non ufficiali dove lavorano giovani minatori, il che avrebbe potuto portarlo a tornare, per trarre forse conclusioni inquietanti. Secondo le stesse fonti, l’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo avrebbe avuto un’agenda per cercare e localizzare le fosse comuni disseminate nella provincia del Nord Kivu, dove sono ammucchiati i corpi delle vittime dei massacri perpetrati, in vari periodi, da svariati “raggruppamenti, congressi, movimenti di ribellione ed alleanze varie” tutti legati ad un’unica sigla che, sostengono “i locali”, potrebbero avere deciso l’operazione del 22 febbraio.
Intanto, da Kinshasa, Valentin Mubake, ex consigliere politico di Etienne Tshisekedi e leader dissidente dell’Unione per la democrazia e il progresso sociale (Udps), si è chiesto perché i 1.800 uomini della Guardia repubblicana fossero stati inviati nel Katanga e non nel “calderone” del Nord Kivu.