Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 9:23 am

Gli arabi e la tratta degli schiavi africani

http://letturearabe.altervista.org/gli- ... i-africani

Per ragioni di diversa natura,[1] pur se in letteratura diversi sono gli studi che trattano del ruolo della schiavitù in nel mondo arabo musulmano,[2] la tratta degli schiavi in terra d’islām e il ruolo svolto dagli arabi nel commercio degli schiavi neri sono stati a tutt’oggi poco studiati.[3] Anche le pochissime indagini sull’argomento fanno riferimento più che a fonti e dati storici a testi di carattere letterario, alla fiorente letteratura odopoietica del periodo che va dall’VIII all’XII secolo e alla letteratura di a‘ğā’ib, del meraviglioso, che, per sua stessa definizione, poco si presta a essere considerata fonte attendibile. Solo per il periodo più recente, ma sempre con una certa difficoltà, possono basarsi su prove documentali di un certo peso.[4] Per desumere notizie sulla tratta degli schiavi neri nel mondo arabo musulmano, dunque, dobbiamo rivolgerci a fonti esterne, documenti non facenti direttamente riferimento a questo traffico, ma che ne testimoniano l’esistenza: manuali rivolti agli acquirenti, manuali di ḥisba e codici di diritto musulmano.

Possiamo collocare nel tempo la tratta araba tra il VII secolo – è del 651 la firma del trattato di baqt fra il wālī d’Egitto ‘Amr ibn al-‘Āṣ e i re della Nubia – e il 1841, anno in cui il sultano ottomano Maḥmūd inviò a Muḥammad ‘Alī un firmān nel quale veniva proibita la tratta dei neri a scopo di evirazione. In questo periodo, nel corso del tempo, e soprattutto in epoca medievale, vennero redatte alcune guide del perfetto acquirente di schiavi, manuali simili a quelli degli uomini d’affari italiani di Firenze e Venezia, che venivano fatti circolare per meglio istruire i compratori sulla qualità delle merci. Questi ultimi, infatti, non avevano interesse per le redazioni di viaggio sopracitate, spesso frutto della sola fantasia degli autori e dell’immagine del mondo che la cultura araba si era creata, ma erano maggiormente desiderosi di conoscere come non incorrere, a esempio, in un incauto acquisto. Questo tipo di testi, utilizzati come vere e proprie guide, combinava anche un aspetto pseudo letterario nell’evocare paesi stranieri e nel descrivere le diverse caratteristiche fisiche degli schiavi, catalogate secondo la zona di provenienza. Per poter offrire tutte le garanzie di serietà richieste a una pubblicazione di tal fatta, la redazione di questi libelli era affidata a uomini di scienza già noti per il loro impegno in una determinata disciplina. La guida senz’altro più nota è quella redatta da Ibn Buṭlān, originario di Baġdād e noto in occidente essenzialmente per i suoi studi medici, autore del Taqwīm aṣ-ṣiḥḥa (Tacuinum sanitatis).[5] Il testo di cui andiamo dicendo, dal titolo Risāla fi širā’ al-raqīq wa taqlīb al-‘abīd (Trattato generale sull’esame e l’acquisto degli schiavi), [6] è una vera e propria fonte di notizie per comprendere come gli Arabi considerassero i neri. Già il titolo del testo di Ibn Buṭlān ci permette di operare una prima distinzione: egli, infatti, stabilisce una differenza fra il raqīq e il ‘abīd. La traduzione citata del titolo in italiano non rende conto delle scelte lessicali dell’autore. Oltre a evidenti motivazioni estetiche, legate all’uso della prosa rimata in voga nel periodo in cui Ibn Buṭlān scrive, l’XI secolo, la scelta dei termini non è certamente casuale. Raqīq,[7] infatti, ha a che fare con il candore, la trasparenza, la tenerezza e in genere la debolezza; secondo Abū al-‘Abbās la radice viene utilizzata per indicare lo schiavo in quanto questi soggetto e sottomesso al padrone[8] e denota in genere schiavi di preferenza bianchi e utilizzati per il servizio domestico, mentre ‘abd è il termine in generale dedicato agli schiavi neri[9] anche nella variante ma‘būd.[10] Nel trattato viene consigliata a chi acquista un’opportuna suddivisione del lavoro per gli schiavi di sesso maschile e femminile, nonché un’ “utilizzo ottimale” a seconda della provenienza etnica: per la sorveglianza delle persone e delle proprietà Ibn Buṭlān raccomanda indiani e nubiani; come operai, servi ed eunuchi, gli zanğ, i neri, i tratti pertinenti dei quali si riferiscono a un contesto geografico che non supera le rive dell’Oceano Indiano, dell’Abissinia e del Sudan occidentale. Come soldati, i migliori schiavi sono ritenuti turchi e slavi. Il testo di Ibn Buṭlān è utile anche per comprendere il posto che, nell’immaginario arabo musulmano, occupano i neri. A proposito delle donne zanğ, l’autore afferma a esempio:
“I loro difetti sono molti e quanto più nere sono tanto più sono brutte di faccia e hanno i denti appuntiti. Servono poco, e possono nuocere e sono dominate dalla loro irascibilità e distruttività… La danza e il ritmo sono istintivi e innati in loro. Poiché si esprimono in modo sgraziato, compensano con il canto e le danze. Hanno i denti più bianchi di ogni altro, perché secernono molta saliva, e secernono molta saliva perché digerisono male. Possono sopportare dure fatiche, ma non si può ricavarne alcun piacere per il loro puzzo e la ruvidità della pelle.”[11]

Una seconda fonte privilegiata per desumere informazioni sono i manuli di ḥisba, ovverosia tutto ciò che aveva a che fare con il muḥāsib, il funzionario che controllava il regolare svolgimento delle operazioni nei mercati. Tali manuali, come a esempio quello di as-Sakati di Malaga,[12] del XII secolo, ci raccontano delle truffe perpetrate al mercato per ingannare i compratori, sulle quali il muḥāsib doveva vegliare, e dei metodi per prevenirle. Un altro tipo di documenti, che riveste assai più interesse per noi, sono i capitoli relativi al trattamento degli schiavi presenti nelle più importanti raccolte di diritto musulmano.[13] La preoccupazione principale, in tali manuali, è quella di regolare il mercato della tratta, fissare i prezzi, sanzionare le truffe, punire le eventuali fughe di schiavi, anticipare l’eredità e valutare l’affrancamento. A tale riguardo le sezioni che trattano della schiavitù sono quelle riguardanti le persone fisiche, nella disamina della struttura dell’istituto sciaraitico della schiavitù, che analizzano le cause della schiavitù, la posizione giuridica dello schiavo, i modi di estinzione di tale condizione. Utili per reperire informazini sono anche le i capitoli che trattano dell’istituzione della prigione: lo schiavo può essere imprigionato nell’intento di conservare i beni di terzi.[14] V’è da dire che l’argomento della schiavitù viene trattato in tutti i codici, essendo lo stato della schiavitù stessa considerato in opposizione a quella di essere umano libero, ḥurr. Dal punto di vista del diritto, infatti, lo schiavo è considerato una persona ma, essendo sottoposto al padrone, non viene ritenuto pienamente responsabile, ed è quindi al contempo una cosa. Per quanto riguarda il diritto pubblico quindi, egli non ha piena capacità giuridica, condizione necessaria per il godimento della quale è la condizione di uomo libero, e non può quindi assumere cariche pubbliche, come quella di imām (guida della preghiera) o di qāḍī, giudice. Per quanto attiene il diritto privato, invece, gli effetti della schavitù sono mitigati da limitazioni alla sua costituzione, dai diritti legali dello schiavo, dal fatto che l’affrancamento viene sia favorito che raccomandato, secondo una delle cinque categorie in cui si dividono le azioni proprie del diritto musulmano.[15]

Spesso si sostiene che l’Islām abbia favorito l’affrancamento dello schiavo; in realtà i numerosi riferimenti al Corano – la schiavitù viene citata in 25 versetti distribuiti su 17 sūra[16] – pur se in genere a favore di colui che è privo della libertà, lasciano l’affrancamento – tendenzialmente dello schiavo maschio[17] – esclusivamente all’iniziativa personale del padrone. Dunque, anche se con esempi eccellenti, come quello dello schiavo Bilāl affrancato dal Profeta Muḥammad,[18] se l’Islām non incoraggia la schiavitù, nemmeno la proibisce e questo è funzionale alla struttura della società arabo musulmana. Poiché l’Islām, infatti, non concepisce il concetto di casta né di aristocrazia, la schiavitù era necessaria e funzionale a marcare una differenza di classe. Ed ecco perché gli schiavi venivano soprattutto utilizzati in ambito domestico, a differenza della tratta atlantica, anche se con alcune differenze per quanto riguarda gli schiavi neri.[19] Quanto andiamo dicendo è confermato dall’aumento delle richieste di schiavi da parte delle classi superiori arabo berbere e di mercanti benestanti con il crescere del benessere nel mondo arabo in seguito alle conquiste.[20] Ultimo strumento utile per desumere indicazioni è la lingua araba. È certo, infatti, che, se qualcosa esite in una certa cultura, la lingua in cui questa si esprime sviluppa un linguaggio appropriato atto a descriverla. Possiamo allora far riferimento all’arabo, sempre ricca fonte di informazioni, per trarre qualche utile notizia e iniziare un nostro viaggio nel mondo della tratta. Dalla lingua e dalle fonti sopracitate sono partita per ricorstruire l’ipotetico percorso di una carovana.[21]

Scegliamo dunque una delle cinque[22] vie principali attraverso le quali si svolgeva la tratta dei neri, e partiamo dall’isola di Zanzibar, fino a oltre la metà dell’Ottocento sede privilegiata per lo smistamento degli schiavi neri della costa orientale dell’Africa e porto dal quale partivano le navi verso i mercati del Nord del contienente, dell’India e della Cina. Del resto, una delle etimologie proposte per il termine zanğ, nero, suggerisce proprio una contrazione della parola Zanzibār, nome dell’isola in arabo.[23] Sulla nave che ci conduce verso Socotra, viaggia con noi il sulṭān al-ġazwa, il capo negriero – come attesta il nome padrone assoluto di uomini e cose per il periodo della “caccia” – che in terra d’Africa ha raccolto la sua merce: uomini, donne e giovani.[24] Per poterli catturare ha dovuto piegarsi a regole perfettamente definitie che implicavano accordi costanti tra il potere, i notabili e i mercanti. Il capo di una razzia, in effetti, doveva innanzitutto ottenere la ṣalāḥiyya, ossia l’autorizzazione del capo locale a razziare in un territorio circoscritto secondo quanto dettato dal baqt, trattato firmato nel 651 e in vigore per oltre 600 anni tra i governatori dell’Egitto e i re della Nubia.[25] Questi definiva rigidamente il territorio di caccia e in qualche modo prendeva sotto la sua protezione i cacciatori e i negrieri. Forniva una scorta armata e proibiva ad altri di cacciare schiavi nello stesso territorio. Giunti a Socotra la carovana si suddivide: una parte si dirigerà a Zabīd, in Yemen, l’altra risalirà la costa occidentale della penisola Arabica per dirigersi al grande mercato di schiavi del Cairo. Zabīd, nella piana di Tihama, non lontano da Tà’iz, l’antica Regina Sabea, si impone sin dai tempi medievali come tappa obbligata e per il commercio degli schiavi e per la presenza di una nota accademia di scienze religiose.[26] A Zabīd gli schiavi vengono presentati dal ğallāb al mercato,[27] costituito da una serie di costruzioni con un patio sul quale vengono esposti gli schiavi in vendita. Il ğallāb, che altri non è che il negriero, il mercante che decanterà la merce – egli è colui che, come attesta l’etimologia del vocabolo,[28] ha la capacità di affascinare con la parola il compratore – enumererà le qualità dei suoi schiavi, così come enumererebbe quelle di ogni altra sil‘a, merce o bene, termine proprio del diritto musulmano nell’indicare lo schiavo, ma anche le merci e gli strumenti di lavoro.[29] Da notare che il termine viene utilizzato anche per colui che vende animali da lavoro, buoi per l’esattezza, ed è specificamente utilizzato per chi commercia in schiavi neri, mentre il mercante di schiavi bianchi viene chiamato con un termine di origine turca, yasirji. Una volta convinto dal ğallāb, il compratore acquisterà a suon di mitqāl d’oro la merce che ha scelto. In seguito, una parte degli schiavi verrà ulteriormente smistata per essere traferita ai mercati dell’India. Di questo percorso troviamo traccia, a esempio, nel termine habachi, dall’arabo per abissino, a indicare lo schiavo nero e ghulam, lo schiavo soldato, in lingua hindi. Torniamo a Socotra e seguiamo ora il carico diretto al Cairo. Qui, sin dal VII secolo, ogni anno venivano inviati dalla Nubia dai 360 ai 400 schiavi, che venivano ripartiti tra il Tesoro pubblico, il governatore del Cairo, il suo assistente ad Asswan, il magistrato della città e i dodici notabili.[30] Ed è al Cairo, vero e proprio cervello del sistema schiavitù, che si svolge un grande mercato, un ma‘raḍ, in un cortile chiuso, dove gli schiavi, nella stragrande maggioranza neri, venivano assiepati. Il cuore della tratta era collocato nel cuore della città, nel hān Manẓūr, proprio accanto al più noto hān ḫalīl, a noi noto come Cancalli, dove era possibile trovare ogni genere di mercanzia. Il hān era suddiviso in due parti, una dedicata agli schiavi bianchi e l’altra a quelli neri, tra le quali correva la via dei mamlūk, i posseduti, altro termine utilizzato in Egitto per indicare gli schiavi. [31] Le donne, quelle giovani e belle, ğārīya,[32] venivano vendute in case private collocate in quartieri dedicati come Dawlat ‘Ābad, il quartiere degli schiavi che si dedicavano a musica e poesia e dove le trattative potevano svolgersi in tutta tranquillità. Su tutti vegliava la Maẓlahat ar-raqīq bi-wakalat al-giallabīn, ovverosia l’Ufficio degli schiavi presso la corporazione dei negrieri, che aveva il compito di supervisionare la “moralità” del commercio, sorvegliare le transazioni economiche e gli ingenti introiti a esso collegati.[33] Una volta conclusa la trattativa gli schiavi e le schiave venivano portati a palazzo dove vigeva una rigida gerarchia, determinata dalla diversa provenienza e cultura degli schiavi e anche dal ruolo a essi affidato. Qui troveremo, a esempio, il Ğulām, giovane schiavo avvenente, la colta ğārīya e la nera waẓīfa,[34]. Allo schiavo nero, soprattutto originario del Sudan e della Nubia, veniva in genere riservato anche il ruolo di eunuco; questi, chiamato in arabo, con un eufemismo, maslūḥ, “riparato, restaurato”, maṣnū‘, “manipolato”, o, più esplicitamente, muḫṣī, “evirato”, veniva utilizzato, oltre che come guardia del ḥarīm e del diwān, anche come custode dei luoghi santi. Ogni gruppo di schiavi aveva un proprio capo; così il qa’iḍ al-wasfān, capo degli schiavi neri, sorvegliava che i suoi sottoposti non tentassero la fuga e, nel caso, li cercava per renderli al loro padrone o per indurlo a venderli, nel caso lo schiavo avesse di che lamentarsi…

La schiavitù nel mondo arabo ha sempre fatto parte della struttura sociale senza che alcuno pensasse di intraprendere una battaglia per la sua abolizione, se non in tempi molto recenti. Il noto Faḫr as-sūdān ‘alà al-bīḍān (Lode dei neri in rapporto ai bianchi) di Ğāḥiẓ[35] non può essere preso a esempio, poiché l’autore, per la difesa della sua tesi, peraltro inserita in un preciso canone letterario, gioca sulla nozione di nero, accostando agli africani genti infinitamente meglio considerate dalla tradizione come gli hindu e i cinesi. Al nero si accenna, per tutto il testo, in modo superficiale e la dimostrazione dell’eccellenza nera spesso evita di parlare proprio delle popolazioni nere o presunte tali cioè a dire zanğ, genti del Sudan e di Abissinia. La schiavitù nel mondo arabo, dunque, aspetta ancora uno studio serio. “Per tentarlo” ci ricorda Sī Maḥmūd, “non bisognerebbe avere pregiudizi né di destra né di sinistra, fare la storia naturale e quella sociale. Bisognerebbe, lo sento, essere guariti dal pregiudizio delle razze superiori e dalle superstizioni delle razze inferiori”. Sī Maḥmūd, al secolo Isabelle Eberhardt, scrive queste parole negli anni Venti, in occasione del suo soggiorno presso la zawiyya di Qnadsa, in Algeria, centro di smistamento degli schiavi provenienti da Mali e Niger.[36] Oggi, nella stessa località, i discendenti di quegli schiavi attendono ancora che si scriva la loro storia.[37]

[1] Principalmente le motivazioni che hanno portato alla mancanza di documenti storici in relazione alla tratta nel mondo arabo-musulmano possono essere identificate con l’estrema antichità della pratica, che in Africa risale al tempo degli antichi egizi, il fatto che gli schiavi fossero nella stragrande maggioranza donne utilizzate come domestiche o concubine, lo statuto differente dello schiavo in terra d’Islām, la cui esistenza era strettamente regolata nei suoi rapporti con il padrone. Si veda a tal proposito, M. Gordon, Slavery in the Arab World, New Amsterdam, New York 1989, p. 56 e segg. Si veda anche comunque R. Brunschwig, “‘Abd” in Encyclopedia of Islam, edizione cd-rom, Brill, Leiden 2001 e segg. Per il rapporto schiavo padrone si faccia riferimento a P. G. Forand, “The Relation of the Slave and the Client to the Master or Patron in Medieval Islam, in International Journal of Middle East Studies, Vol. 2, No. 1 (Jan. 1971), pp. 59-66.
[2] Si veda a esempio G. M. La Rue, “The Capture of a Slave Caravan: The Incident at Asyut (Egypt) in 1880”, in African Economic History, No. 30. (2002), pp. 81-106; L. O. Sanneh, “Slavery, Islam and the Jakhanke People of West Africa”, in Africa: Journal of the International African Institute, Vol. 46, No. 1. (1976), pp. 80-97; J. R. Willis, “Islamic Africa: Reflections on the Servile Estate, in Studia Islamica, No. 52, (1980), pp. 183-197. Come si può notare dai titoli, vengono trattati gli aspetti più disparati ma non la tratta in relazione al mondo arabo.
[3] Oltre all’orami classico testo di M. Gordon si vedano il recente M. Chebel, L’esclavage en terre d’islam, Fayard, Paris 2007 e J. Heers, Les négriers en terre d’Islam, Perrin, Paris 2003 che, pur presentandosi come testi scientifici, si basano, per la maggior parte, su fonti di seconda mano. Recentemente, tuttavia, il fenomeno è stato ed è oggetto di interesse da parte di studiosi arabi, come a esempio in Marocco, storicamente uno dei pesi che ha usufruito di più del sistema schiavista. Sul Marocco è possibile consultare M. Abitbol, “Le Maroc et le commerce transsaharien du XVIIe au début du XXe siècle” in Revue de l’Occident musulman et de la Méditerranée, XXX, 1980, pp. 5-19; ‘A. Ibn Malīḥ, Al-riqq fī bilād al-maġrib wa al-andalus, Arab Diffusion, Bayrūt 2004. Un testo interessante è anche M. Diakho, L’esclavage en Islam: entre les traditions arabes et les principes de l’Islam, AlBouraq, Paris 2004.
[4] Si veda T. Lewicki, “External Arabic Sources for the History of Africa to the South of the Sahara” in T. O. Ranger, Emerging Themes of African History, Proceedings of the International Congress of African Historians, Nairobi 1968, pp. 14-21.
[5] Su Ibn Buṭlān si veda J. Schacht, “Ibn Buṭlān” in Encyclopedia of Islam, op. cit.
[6] Ibn Buṭlān, “Risāla fi širā’ al-raqīq wa taqlīb al-‘abīd”, edizione a cura di ‘A. Ḥarūn, in Nawādir al-maḫṭūṭāt, IV-6, 1954, pp. 333-389. Un’edizione italiana è il Trattato generale sull’esame e l’acquisto degli schiavi, a cura di A. Ghersetti, Abramo editore, Catanzaro 2001.
[7] Ibn Manẓūr, Lisān al-‘arab, Dār iḥyā’ at-tirāṯ al-‘arabī, edizione a cura di ‘A. Šayrī, Bayrūt 1988, vol. 5, pp. 288-289.
[8] E. W. Lane, An Arabic-English Lexicon, 8 voll., Librairie du Liban, Beirut 1968 , vol. III, radice rqq. Secondo Ṭabarī il raqīq, essendo utilizzato come domestico, non è destinato a essere rivenduto.
[9] Ibi, vol. V, voce ‘bd. Resta da discutere cosa intendessero con tale aggettivo gli arabi.
[10] M. Chebel, op. cit., pp. 33-35.
[11] Ibn Buṭlān, op. cit., pp. 374-375.
[12] G. S. Colin-E. Lévi Provençal, Un manuel hispanique de Hisba. Traité d’Abu ‘Abd Allah Muhammad B. Abi Muhammad As-Sakati de Malaga sur la surveillance des corporations et la répression des fraudes en Espagne musulmane, E. Leroux, Paris 1931. H. Yanagihashi, “The Judicial Functions of the Sultan in Civil Cases According to the Malikis up to the Sixth/Twelfth Century” in Islamic Law and Society, Vol. 3, No. 1 (1996), pp. 41-74.
[13] Si veda, a esempio, Bousquet G. H., a cura di, “La Mudawwana” in Révue algérienne, tunisienne et marocaine de législation et de Jurisprudence, 1959 e, dello stesso, autore, “La Mudawwana Index” in Arabica, XVII, 2, giugno 1979, pp. 113-150. Cfr. anche J. Schacht, Introduzione al diritto musulmano, Franco Angeli, Torino 1995, diversi luoghi nel testo e in particolare pp. 135-139; Khalīl ibn Iṣḥāq, Abregé de la loi musulmane selon le rite de l’imâm Mâlek. 1. Le rituel, Traduction G. H. Bousquet, Publications de I’Institut d’Etudes Orientales de la Faculté des Lettres d’Alger, Alger 1956.
[14] Nejmeddine Hentati, “La prison en occident musulman médiéval”, in Arabica, Tome LIV, Fascicule 2, Avril 2007, pp. 149-188. In arabo si cfr. Ṣaḥnūn ibn Sa‘īd, Al-mudawwanat al-kubrà, Dār al-našr, Al-qāhira 2002, 11 voll. + 1 vol. di indice.
[15] Cfr. F. Castro, “Diritto musulmano” in Digesto, UTET, Torino 1990, pp. 1-66 e idem, Corso elementare di diritto musulmano, Ca’ Foscarina, Venezia 1978, pp. 6-13.
[16] Alcuni riferimenti al Corano sono IV, 92; XVI, 71, 73, 75; XXIV, 33; XXX, 27-28; XC, 8-13.
[17] Si veda A. A. Sikainga, “Shari’a Courts and the Manumission of Female Slaves in the Sudan, 1898-1939”, in The International Journal of African Historical Studies, Vol. 28, No. 1. (1995), pp. 1-24; in relazione alle schiave domestiche un’utile lettura è E. A. McDougall, “A Sense of Self: The Life of Fatma Barka” in Canadian Journal of African Studies / Revue Canadienne des Études Africaines, Vol. 32, No. 2, (1998), pp. 285-315.
[18] L’importanza di Bilāl in relazione alla tratta africana resta da indagare (dal punto di vista degli studi di islamistica). Egli, infatti, è il personaggio di riferimento di una ṭarīqa legata all’islām popolare, quella degli Gnawi che di Bilāl si ritengono discendenti spirituali. Su Bilāl si veda W. ‘Arafat, “Bilāl” in Encyclopedia of Islam, op. cit. Sugli Gnawi cfr. J. Guardi, La medicina sufi, Xenia, Milano 1997, pp. 119-126; V. Pâques, La religion des esclaves, Moretti & Vitali, Bergamo 1991.
[19] Facciamo riferimento all’utilizzo degli Zanğ nella desalinizzazione del terreno circostante Baġdād nell’VIII secolo e a quello di schiavi neri nelle piantagioni di cotone in Egitto sotto il governatorato di Muḥammad ‘Alī. Cfr. G. Baer, “Slavery in Nineteenth Century Egypt” in Journal of African Studies, vol. 8, n. 3. 1967, pp. 417-441.
[20] M. Chebel, op. cit.
[21] Per l’utilizzo dei termini ho fatto riferimento oltre a W. Lane, op. cit. e a Ibn Manẓūr, op. cit., all’uso che ne viene fatto in letteratura. Cfr. inoltre B. Lewis, Razza e colore nell’Islam, Longanesi & C., Milano 1975 e A. Miquel, La géographie humaine du monde musulman jusqu’au milieu du 11e siècle. Géographie arabe et répresentation du monde, Mouton, La Hague 1975.
[22] La prima via risaliva lungo la costa africana da Zanzibar fino a Gibuti per andare ad alimentare i mercati di Egitto e Mesopotamia. A volte, una parte degli schiavi veniva spedita verso ‘Ammān, la Palestina, la Siria e, da lì, l’Anatolia. Il secondo percorso sfruttava l’entroterra libico, in particolare Ciad e Fezzan e alimentava i porti della costa mediterranea. La terza via si appoggiava sulla riserva dell’Africa centrale, essenzialmente il bacino del Sudan occidentale, del Mali e del Niger. Una quarta via collegava la Turchia ottomana ai paesi fornitori di schiavi bianchi. Da ultimo esisteva una via esclusivamente marittima, sulla costa mediterranea.
[23] Cfr. W. Lane, op. cit.
[24] J. Heers, op. cit., pp. 34-45.
[25] J. Spaulding, “Medieval Christian Nubia and the Islamic world: A Reconsideration of the Baqt Treaty” in The Journal of African Historical Studies, vol. 28, 3, 1995, pp. 577-594. A contrastare l’idea dell’autore che il trattato baqt fosse per l’epoca un buon sistema per mantenere rapporti pacifici, e critico soprattutto in relazione alla parte che concerne l’invio di schiavi, è A. A. James, “The Sudan distorted” in African Affairs, 90, 1991, pp. 299-304. Si veda anche Gordon, op. cit., p. 108.
[26] A. G. B. Fisher.- H. J.Fisher, Slavery and Muslim Society in Africa, C. Hurst & Co., London 1970, pp. 51-53.
[27] La descrizione che segue fa riferimento all’illustrazione riportata nel folio 105 del manoscritto delle Maqāmāt di al-Ḥarīrī conservato presso la Biblithèque nationale de France, Ms. Arabe 5847.
[28] Cfr. W. Lane, op. cit.
[29] Si veda F. Castro, “Diritto musulmano”, op. cit.
[30] J. Spaulding, “Medieval Christian Nubia and the Islamic world: A Reconsideration of the Baqt Treaty” in The Journal of African Historical Studies, vol. 28, 3, 1995, pp. 577-594. A contrastare l’idea dell’autore che il trattato baqt fosse per l’epoca un buon sistema per mantenere rapporti pacifici, e critico soprattutto in relazione alla parte che concerne l’invio di schiavi è A. A. James, “The Sudan distorted” in African Affairs, 90, 1991, pp. 299-304. Si veda anche Gordon, op. cit., p. 108.
[31] J. Heers, op. cit., p. 147.
[32] Ibn Manẓūr, op. cit., vol. 6, p. 264.
[33] M. Chebel, op. cit.
[34] Ibn Manẓūr, op. cit., vol. 15, p. 316.
[35] Al-Ğāḥiẓ, “Al-risāla al-rābi‘a. Kitāb faḫr al-sūdān ‘alà al-bīḍān” in Al-rasā’il, edizione on-line alwaraq.
[36] Sul ruolo dell’Algeria nella tratta degli schiavi si consulti S. Rang-F. Denis, Fondation de la régence d’Alger. Histoire des Barberousse, tome I et II, Editions Bouslama, Tunis 1983, Réimpression de J. Ange Editeur 1837.
[37] La presente considerazione è frutto del mio soggiorno presso la zawiyya di Qnadsa e nella regione di Béchar svoltosi nel giugno 2007.



Gli schiavi dei mussulmani, degli arabi, dei turchi
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 9:23 am

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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 9:25 am

Razzismo dei maomettani africani contro i cristiani


"Quei 16 mila cristiani uccisi in Nigeria di cui l’occidente non vuole sentir parlare"
Glulio Meotti.
21/03/2018

http://www.informazionecorretta.com/mai ... c.facebook


Mentre continua l'eccidio dei cristiani nel mondo islamico, il Vaticano continua a tacere sulla "religione di pace" e sui suoi crimini, ormai sotto gli occhi di tutti.

Roma. 3.850 cristiani della Nigeria sono stati assassinati dai jihadisti di Boko Haram e dai pastori islamici Fulani negli ultimi tre anni. Solo nei mesi di dicembre 2017 e gennaio 2018 sono stati registrati oltre 350 cristiani uccisi nel paese più ricco di petrolio di tutta l’Africa. In due giorni, cinquanta cristiani sono stati uccisi dalle orde islamiste negli stati di Kogi e Plateau. Due giorni prima c’era stato un funerale di massa per i cristiani assassinati in una sola giornata di attacchi. Il vescovo Joseph Bagobiri, della diocesi di Kafanchan, morto poche settimane fa, aveva fornito la contabilità degli attacchi islamici solo nella sua area: “53 villaggi bruciati, 808 persone uccise, 1.422 case e 16 chiese distrutte”. Si chiama pulizia etnica. A fine febbraio, almeno dodici cristiani erano stati uccisi nel nord della Nigeria come rappresaglia per i tentativi dei fedeli di salvare alcune ragazze dalle conversioni islamiche forzate. Diviso fra un nord musulmano e un sud cristiano che controlla la maggior parte delle risorse petrolifere, il gigante africano deve affrontare da dieci anni attentati e rapimenti drammatici perpetrati dal movimento islamico Boko Haram. Su un conflitto che ha origini economiche e tribali si è innestato il tumore del fondamentalismo islamico di cui fanno le spese i cristiani. Lo scrittore algerino Boualem Sansal nel suo recente libro “In nome di Allah” (Neri Pozza) parla di una “ guerra totale” che “abbiamo visto all’opera in Somalia, in Afghanistan, in Algeria, nel Mali settentrionale e nelle province musulmane della Nigeria dominate dal gruppo jihadista Boko Haram”. E lo scrittore nigeriano premio Nobel per la Letteratura, Wole Soyinka, paragona la situazione del suo paese a quella “degli algerini che combatterono con i fondamentalisti assassini per dieci anni”. Impiegano armi da fuoco, bombe a mano, kamikaze, machete, gridando “Allah Akbar” (Dio è grande) quando attaccano di sorpresa un gruppo di contadini e fedeli cristiani. L’opinione pubblica occidentale, sempre poco recettiva sulla persecuzione dei cristiani, di questi nigeriani non vuole sentir parlare.

Ma come ha detto il vescovo cattolico di Nomadi, Hyacinth Egbebo, “se la Nigeria cade in mani islamiste, tutta l’Africa sarà a rischio”.
E poi toccherà all’Europa. Secondo Philip Jenkins, uno dei massimi esperti di cristianesimo, è in Nigeria che verrà deciso l’equilibrio tra l’islam e il cristianesimo in Africa. Il “destino religioso della Nigeria potrebbe essere un fattore politico di immensa importanza nel nuovo secolo”, ha scritto Jenkins. Questo è il motivo per cui gli islamisti massacrano i cristiani. Si vuole spostare la linea di faglia religiosa e demografica. Lo scorso febbraio, mentre il presidente degli Stati Uniti Donald Trump era a colloquio con il suo omologo nigeriano, Muhammadu Buhari, emergeva un rapporto che parla di 16 mila cristiani assassinati in Nigeria dal giugno 2015. Un rapporto della Società internazionale per le libertà civili e lo stato di diritto ha rivelato: “Si stima che 16 mila morti siano specificamente composti da 2.050 vittime di violenza diretta da parte dello stato, 7.950 vittime della custodia della polizia o uccisioni di prigionia, 2.050 vittime dell’insurrezione di Boko Haram e 3.750 vittime delle uccisioni di mandriani Fulani”.

I musulmani estremisti non solo macellano i cristiani; distruggono anche i loro luoghi di culto. Cinquecento chiese sono state rase al suolo nello stato nigeriano di Benue, uno dei più martoriati nella guerra fratricida lanciata dai fondamentalisti islamici. E almeno duemila chiese cristiane sono state rase al suolo da Boko Haram nella sua campagna per cacciare tutti i cristiani dalla Nigeria settentrionale.




Cristiani nel mirino: un incontro per difenderli
Gian Micalessin - Lun, 09/10/

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 50124.html

L'evento si terrà venerdì 13 ottobre alle ore 17 presso la sede de "il Giornale". L’incontro è libero ed è aperto fino ad esaurimento posti.
Per info scrivere a info@gliocchidellaguerra.it o telefonare allo 02 8566445

Lui si chiama Ibrahim Isaac Sidrak. Il suo nome probabilmente non vi dice niente.
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E già questo dovrebbe suggerirvi qualcosa. Il fatto che qui in Italia il nome del Patriarca dei copti cattolici d’Egitto sia praticamente sconosciuto è la misura di quanto la sensibilità di noi cristiani europei sia lontana dalle sofferenze e dalle pene di una delle comunità cristiane più perseguitate e colpite del Medio Oriente.

Sofferenze reali, sofferenze intrise del sangue di centinaia di martiri di un Egitto dove, come ricorda sempre il Patriarca “la Passione di Cristo continua oggi nel suo popolo”. Una passione drammaticamente presente come ci ricordano in cadaveri dei 28 pellegrini cristiani massacrati lo scorso maggio mentre attraversavano in pullman la regione di Minya e i 45 fedeli dilaniati dalle bombe esplose la Domenica delle Palme nelle chiese di Tanta e di Alessandria

Ma non è solo l’orrore di quelle – e tante altre - stragi a doverci turbarci. Non è solo la loro crudeltà a dover farci indignare. Quel che più ci deve far sussultare e aprire gli occhi è il disegno complessivo. Dietro quegli eccidi, dietro quelle carneficine, si nasconde il tentativo di espellere dall’Egitto e dal Medioriente i Cristiani Copti. Ma attenzione, quei cristiani a noi così sconosciuti, non sono una curiosità etnografica. Non sono soltanto il dieci per cento su 92 milioni egiziani. Quei cristiani, presenti in Egitto sei secoli prima dell’arrivo dell’Islam, sono i nostri fratelli nella fede, sono un pezzo della nostra storia e della nostra tradizione. Se colpiscono loro non possiamo voltar la testa dall’altra parte perché l’obbiettivo, alla fine, siamo sempre noi. Costringendo alla fuga i Cristiani d’Oriente il terrore islamista non dà solo libero sfogo al proprio odio, ma persegue l’obbiettivo di spingere verso un’omogeneità religiosa e culturale un Egitto e un Medio Oriente piegati alla violenza e all’odio delle Bandiere Nere.

A subirne le conseguenze, però, saremo sempre noi. Perché se non sapremo difendere i nostri fratelli d’Egitto, di Siria e Iraq non sapremo neppure difendere noi stessi. E allor gli assassini che in Medioriente attaccano le chiese e in Europa seminano il terrore si sentiranno autorizzati al passo successivo. E noi dovremo lottare per non veder cancellata la nostra civiltà. Per questo venerdì 13 ottobre vi aspettiamo all’appuntamento con il Patriarca Ibrahim Isaac Sidrak organizzato nella sede de “Il Giornale” a Milano. Solo ascoltando le sue parole, solo prestando attenzione alla sua testimonianza capiremo che chi odia lui e i suoi fedeli minaccia anche noi.

Venerdì 13 ottobre ore 17
Via Gaetano Negri
L’incontro è libero ed è aperto fino ad esaurimento posti.
Per info scrivere a info@gliocchidellaguerra.it o telefonare allo 02 8566445.



Eritrea. Ruth e la fede vissuta di nascosto
ottobre 11, 2017 Leone Grotti

http://www.tempi.it/eritrea-storia-di-r ... d5cajBx2jI

In Eritrea non esiste libertà religiosa e i cristiani non riconosciuti vivono nel terrore. Come Ruth: «La nostra vita di tutti i giorni è un incubo»

Ruth è cristiana ma non può dirlo a nessuno. Abitando in Eritrea e non appartenendo a nessuna delle quattro religioni riconosciute dal regime africano, verrebbe subito arrestata. Suo marito, pastore di una chiesa protestante, è stato arrestato da oltre 15 anni e mai più rilasciato, e lei fatica ad educare i suoi tre figli alla fede cristiana di nascosto.

COREA DEL NORD AFRICANA. Non è un caso se l’Eritrea, retto da oltre 20 anni dal dittatore Isaias Afewerki, è definita la Corea del Nord africana. Nel paese non esiste alcuna libertà piena, né religiosa, né di culto, né di espressione o stampa. Nel 2002 il governo ha riconosciuto ufficialmente quattro confessioni religiose: ortodossi, cattolici, evangelici luterani e musulmani sunniti. I fedeli di queste religioni hanno una limitatissima libertà di culto, tutti gli altri neppure quella. Teoricamente, qualunque confessione può registrarsi per essere riconosciuta ma nei fatti le richieste vengono sempre respinte e usate per reprimere chi fa domanda. La persecuzione è tale che secondo un rapporto dell’Onu «il regime percepisce la religione come una minaccia alla sua stessa esistenza».

PREGARE DI NASCOSTO. Solo tra maggio e giugno sono stati arrestati più di 120 cristiani e Ruth, nome di fantasia utilizzato da Open Door Usa per proteggerla, cerca in ogni modo di scampare a questo destino senza però rinunciare alla sua fede. «Sono nata in una famiglia cristiana», racconta la donna sulla trentina, «ma solo nel 1994 sono entrata in una relazione personale con Cristo e ho cominciato davvero a seguirlo. A quel tempo, la chiesa in Eritrea godeva ancora di grande libertà, poi nel 2002 è cambiato tutto e abbiamo cominciato a pregare Dio in segreto». Suo marito è stato arrestato nel 2003 e «da allora la vita per noi è diventata molto difficile»: «Adesso ho sempre paura e sono preoccupata per mio marito, mi chiedo dove sia e se stia bene. Mi spezza il cuore vedere quanto manca ai miei figli, che piangono sempre chiedendomi dov’è». La difficoltà più grande per Ruth è tirare avanti senza essere scoperta: «Quando un bambino nasce in Eritrea, il documento più importante, oltre al certificato di nascita, è quello di battesimo in una delle chiese riconosciute. Chi non ce l’ha può iscrivere i figli a scuola ma non può ricevere una tessera annonaria, importantissima per ricevere cibo a prezzi calmierati e per accedere agli altri servizi pubblici. Il sistema è fatto perché chi milita in una chiesa non riconosciuta venga più facilmente scoperto».

«CANTARE I GOSPEL SOTTOVOCE». I cristiani indipendenti in Eritrea sono considerati come «agenti degli imperialisti occidentali e nemici della madrepatria». E così, continua Ruth, «subiamo una doppia repressione: siamo sotto la costante pressione del governo e della società. Non solo molte case subiscono spesso irruzioni della polizia per scoprire se qualcuno prega di nascosto ma anche la vita di ogni giorno diventa impossibile. Siamo esclusi da qualunque servizio pubblico e anche trovare lavoro è più difficile. Bisogna sempre stare attenti a quello che si dice». Inoltre, poiché nel paese «molte persone hanno cominciato a indossare braccialetti e collanine per rendere evidente la propria appartenenza religiosa, i miei figli che non portano niente vengono guardati con sospetto». Ruth insegna ai suoi bambini a casa il Vangelo e i gospel, «il problema è che sono troppo giovani per capire qual è la situazione. Vorrebbero sempre cantare a squarciagola invece che sottovoce e parlare con i loro compagni di classe di quello che io insegno loro. Un giorno, la polizia è entrata in casa nostra e loro hanno cominciato a cantare le prime parole di un anno. Sono corsa a tappargli la bocca. Ci siamo salvati ma loro non capiscono perché non possono dire niente a nessuno. Vorrei dare loro un futuro e una fede, ma cosa accadrebbe se venissi arrestata?».

MIGLIAIA DI PERSEGUITATI IN CARCERE. Ruth non è l’unica donna che vive nell’angoscia. Secondo la testimonianza a Tempi di un sacerdote che ha visitato di recente l’Eritrea, e che non può rivelare il suo nome per ragioni di sicurezza, ancora oggi, nelle oltre 300 carceri, ufficiali e non, sparse per il paese languono più di 10 mila prigionieri politici e di coscienza in condizioni spaventose. I cristiani incarcerati per la loro fede sono «migliaia», il dato più credibile si aggira intorno alle tremila unità e si può essere arrestati anche solo per il possesso di una Bibbia. «La situazione è molto delicata», spiega: «I cattolici, che godono del riconoscimento statale, sono comunque confinati dentro le mura delle chiese, dove possono praticare le loro attività. Fuori non possono fare nulla. Il proselitismo è vietato e anche per stampare libri religiosi ci vuole un’autorizzazione dello Stato. A malapena c’è la Bibbia, che comunque è molto costosa e difficile da reperire».



Libia. Ritrovati i resti dei 21 martiri cristiani
ottobre 9, 2017

http://www.tempi.it/libia-ritrovati-i-r ... dxG1jBx2jI

Il ritrovamento delle spoglie mortali conferma che sono stati tutti decapitati dai jihadisti con le mani legate dietro la schiena

Sono state ritrovate in Libia le spoglie mortali dei 21 martiri copti uccisi dallo Stato islamico nel 2015 dopo che avevano rifiutato di convertirsi all’islam. I resti sono stati rinvenuti in una fossa comune situata nei pressi della città di Sirte, ex roccaforte dei jihadisti, e inviati a Misurata per ulteriori esami.

TUTTI DECAPITATI. La fossa comune è stata scoperta il 6 ottobre e, come riporta un comunicato del governo di unità nazionale libico, contiene i corpi di «20 uomini di nazionalità egiziana e un uomo che potrebbe essere di nazionalità africana. Sono stati ritrovati grazie alle confessioni dei jihadisti e dei membri dell’Isis fatti prigionieri durante la cattura di Sirte». I resti confermano le prime versioni dell’eccidio, documentato in un filmato diffuso dall’Isis nel 2015: i 21 uomini proclamati martiri dalla Chiesa ortodossa copta sono stati tutti decapitati con le mani legate dietro la schiena.

«PIÙ GRANDE CASO DI MARTIRIO». Come dichiarato a tempi.it dal vescovo copto-ortodosso di Minya Anba Macarius, «è il più grande caso di martirio cristiano del nostro tempo». Nel villaggio di Al Awar, vicino a Minya, i fedeli con fondi devoluti dal governo di Al-Sisi stanno costruendo una chiesa intitolata ai “Martiri di Libia”. Alla cerimonia di posatura della prima pietra hanno partecipato anche esponenti di tutte le comunità islamiche locali.


SUDAN: PICCOLI PROFUGHI CRISTIANI COSTRETTI A RECITARE LE PREGHIERE ISLAMICHE PER POTER MANGIARE
8 Set 2017

http://www.lindipendenzanuova.com/sudan ... r-mangiare

«I bambini cristiani nei campi profughi sudanesi sono costretti a recitare le preghiere islamiche per ricevere il cibo». È quanto denuncia ad Aiuto alla Chiesa che Soffre una fonte in loco che per motivi di sicurezza preferisce rimanere anonima.

Attualmente si stima che vi siano 700mila cristiani sudsudanesi rifugiati in Sudan, la maggior parte dei quali alloggia nei campi profughi. «Sono confinati in quei luoghi – continua la fonte – perché il governo non permette loro di andare più a nord e raggiungere le città». All’interno dei campi le condizioni sono invivibili e il cibo offerto dal governo insufficiente. La quantità fornita mensilmente alle famiglie dura a malapena per due settimane, perché, secondo la fonte di ACS, gli aiuti delle Nazioni Unite vengono in larga parte trafugati e poi venduti al mercato, spesso con ancora ben visibile il logo dell’agenzia Onu che li ha donati.

Il governo impedisce alle organizzazioni umanitarie di vigilare sulla distribuzione degli aiuti e non permette alle associazioni legate alla Chiesa di offrire alcun sostegno ai rifugiati.

All’interno dei campi i rifugiati cristiani, bambini inclusi, si trovano ad affrontare non soltanto la miseria, ma anche la discriminazione e la persecuzione. «Una piaga purtroppo diffusa in tutto il Paese – afferma il direttore di ACS-Italia Alessandro Monteduro – Nel Sudan guidato dal regime islamista di Omar al Bashir, in cui vige la sharia islamica, la persecuzione anticristiana ha raggiunto livelli gravissimi». Oltre a doversi conformare ai costumi islamici – continuano i casi di donne cristiane arrestate per “abbigliamento indecente” – negli ultimi mesi i cristiani hanno dovuto sopportare anche la demolizione di alcune chiese. «E molte altre rischiano di essere abbattute – continua Monteduro – La motivazione addotta da Khartoum è violazione dei piani regolatori, ma è ben noto l’intento di al-Bashir di eliminare la presenza cristiana dal Paese».



Islam e persecuzione e sterminio dei cristiani (cristianofobia)
viewtopic.php?f=181&t=1356
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 9:26 am

Razzismo dei maomettani africani contro gli ebrei


Ebrei in Africa
https://it.wikipedia.org/wiki/Ebraismo_in_Africa

Esodo degli ebrei dai paesi afromaomettani
https://it.wikipedia.org/wiki/Esodo_ebr ... aesi_arabi

L’esodo dimenticato degli ebrei libici ed egiziani approda alla Camera dei Deputati
http://www.mosaico-cem.it/attualita-e-n ... i-deputati

Gli ebrei falasha
http://questionebraica.altervista.org/f ... ei-dafrica
http://win.storiain.net/arret/num109/artic7.asp

Ebrei in Marocco
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_de ... in_Marocco
Gli ebrei marocchini sono una comunità molto antica. Si calcola che prima della fondazione dello Stato di Israele in Marocco ci fossero più di 300.000 ebrei. Oggi in Marocco rimangono circa 8.000 ebrei.

Ebrei in Algeria
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_de ... in_Algeria


Cronologia delle principali persecuzioni subite dagli ebrei nei paesi arabi
https://ideadiversa.blogspot.it/2011/04 ... li_20.html

700 - intere comunità ebraiche vengono massacrate dal re Idris I del Marocco.
1004 - Il Cairo: gli ebrei sono costretti a portare legato al collo un piccolo vitello di legno e in seguito palle di legno del peso di tre chili.
1033 - Fez, Marocco: proclamata la caccia all'ebreo. 6000 ebrei massacrati.
1147-1212 - persecuzioni e massacri in tutto il nord Africa.
1293 - Egitto e Siria: distruzione delle sinagoghe.
1400 - Pogrom in Marocco in seguito al quale si contano a Fez solo undici ebrei sopravvissuti.
1428 - vengono creati i ghetti (mellaha) in Marocco.
1535 - Gli ebrei della Tunisia vengono espulsi o massacrati.
1650 - Anche in Tunisia vengono creati i ghetti, qui si chiamano hara (in arabo significa “merda”)
1785 - massacri di ebrei in Libia.
1790-92 - distruzione delle comunità ebraiche in Marocco.
1805-15-30 - Sterminio degli ebrei di Algeri.
1864-1880 - continui pogrom a Marrakesh
1869 - massacri di ebrei a Tunisi.
1897 - massacri di ebrei a Mostganem, Algeria.
1912 - pogrom a Fez.
1941 - in concomitanza con la festa di Shavuot pogrom a Bagdad. E poi pogrom a Tripoli, ad Aleppo, ad Aden, al Cairo, ad Alessandria, a Damasco ecc. ecc.



IL CONSIGLIO DEI DIRITTI UMANI DELL'ONU: ISRAELE È PEGGIORE DI COREA DEL NORD, SIRIA E IRAN.
https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 6929041662

Le statuizioni deliranti del Consiglio dei Diritti Umani ONU si susseguono a un ritmo inquietante. Negli ultimi giorni, l'organo in questione ha approvato ben 5 risoluzioni contro Israele. Le stesse prese contro Siria (2), Iran (1), Corea del Sud (1) e Myanmar (1) messi insieme.

Insomma, l'applicazione della legge senza distinzione di etnia o religione che c'è in Israele merita più critiche delle centinaia di migliaia di persone torturate e uccise negli altri paesi.

Un'ossessione verso Israele che l'UNHRC ha manifestato in modo continuativo fin dalla sua istituzione. Questo, ovviamente, a causa della ridicola composizione dell'organo: 13 membri all'Africa, 13 all'Asia, 8 al Sud America, 6 all'Est Europa e solo 7 tra Europa occidentale e USA. In pratica, i membri del Consiglio che provengono da paesi non democratici o in cui si applica la sharia hanno, da sempre, una maggioranza schiacciante.


Alberto Pento
UNHRC una mostruosità razzista al massimo grado, da chiudere.




ONU - UNESCO e altri FAO - UNICEF (no grazie!) - e Facebook ?
Mito e organizzazioni parassitarie e criminali che non promuovono affatto i diritti umani, le libertà, il rispetto e la fraternità tra gli uomini, le genti, i popoli, le etnie, le nazioni, gli stati.
viewtopic.php?f=205&t=2404
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 9:28 am

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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 9:43 am

Ecco come si comportano taluni africani neri e maomettani in Europa e nell'occidente


Violenza e stupri africano asiatico maomettani
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2679

Crimini e delitti dei clandestini, degli irregolari e di altri stranieri più o meno regolari o in attesa di regolarizzazione o di respingimento
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=1814

È bene ricordare che gli invasori clandestini e i migranti irregolari tra cui veri e finti profughi, delinquono 30 volte di più dei nativi e 8 volte più degli stranieri migranti regolari
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674


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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » lun mar 26, 2018 12:50 pm

Non è vero che la terra è di tutti! Ognuno ha la sua terra!


Immagine
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https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... isorse.png





All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla, ma proprio nulla, niente di niente, tanto meno agli asiatici e ai nazisti maomettani d'Asia e d'Africa. Ci dispiace per i cristiani ma non possiamo accogliere tutti perché non vi è spazio, non vi sono risorse e non c'è lavoro, in Italia vi sono già milioni di poveri, di disoccupati e di giovani costretti a migrare; e un debito pubblico tra i più alti del mondo occidentale che soffoca lo sviluppo e alimenta i parassiti e la corruzione. Gli africani si arrangino e restino in Africa a risolvere i loro problemi.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2494


Pensa prima alla tua gente e al tuo paese che ne hanno bisogno, invece che agli africani e all'Africa
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2681


Non portarti la morte in casa, non hai colpe né responsabilità
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 194&t=2624
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » mer mar 28, 2018 12:09 pm

Il terrorismo nazi-maomettano in Europa è prevalentemente di origine africana

L'ultimo della serie:

Francia, terrorismo islamico a Trebes: 2 morti in un supermercato, il killer marocchino ucciso nel blitz
23 Marzo 2018

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... taggi.html

La Francia ancora vittima del terrorismo islamico. Un marocchino di 26 anni, Redouane Lakdim, ha prima ucciso una persona e ferito un'altra rubando la loro auto a Carcassonne. A bordo di quel veicolo ha sparato contro agenti di polizia, ferendone uno, poi è andato a Trebes, a dieci chilometri di distanza, e ha preso ostaggi in un supermercato, sequestrando delle persone e uccidendone due (un cliente e un dipendente, responsabile della macelleria) al grido di "Allah akbar". Sono seguite ore di trattativa, con il giovane jihadista che chiedeva la scarcerazione di Salah Abdeslam, uno dei terroristi colpevoli delle stragi di Parigi del 2015.
Un tenente colonnello si è volontariamente sostituito a un ostaggio, il militare ha poi lasciato il telefono accesso su un tavolo, quindi le forze di sicurezza all'esterno hanno potuto ascoltare quanto accadeva all'interno e sentire gli spari, dopo i quali sono intervenuti. Il militare, che si è comportato in modo "eroico", è ora gravemente ferito. Nel corso del blitz delle teste di cuoio, Lakdim è stato ucciso. Il marocchino, secondo quanto riferito dagli inquirenti, "era un piccolo delinquente comune, noto per spaccio di stupefacenti e seguito dai servizi segreti per la sua radicalizzazione islamica".



Gli attentati terroristici in Europa dal 2014 a oggi 2017/09/16

https://www.tpi.it/2017/09/16/attentati ... 014-a-oggi


Dal 2014, anno in cui l’Isis ha proclamato il Califfato islamico, si è registrato un intensificarsi dell’attività del terrorismo islamico sia dove il sedicente Stato Islamico controlla parte del territorio sia negli altri paesi, tra cui quelli europei. TPI ha elencato gli attentati che fino a oggi sono stati compiuti in Europa.


BRUXELLES, 24 MAGGIO 2014

Circa un mese prima della proclamazione del califfato, l’Isis colpisce a Bruxelles, dove un uomo, ritenuto dalle autorità il francese di origine algerina Mehdi Nemmouche, apre il fuoco di fronte al Museo Ebraico uccidendo quattro persone. Il presunto attentatore viene a Marsiglia, in Francia, nei giorni successivi all’attentato.
Divertiti a personalizzare il tuo guardaroba!


JOUE-LES-TOURS, 20 DICEMBRE 2014

Il 20 dicembre del 2014 Bertrand Nzohabonayo, un cittadino francese nativo del Burundi convertito all’Islam e simpatizzante di gruppi terroristi radicali, entra in una stazione di polizia a Joue-les-Tours, in Francia, gridando “Allahu Akbar” armato di coltello. Dopo aver ferito tre agenti, l’uomo viene ucciso. Secondo le autorità si tratta di un lupo solitario.


PARIGI, 7-9 GENNAIO 2015

Il 7 gennaio 2015 i fratelli Cherif e Said Kouachi, due cittadini francesi di origini algerine affiliati ad Al Qaeda nello Yemen, fanno irruzione armati nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo. Il giornale, noto per la sua ironia verso le religioni, era stato preso di mira dagli estremisti per alcune vignette satiriche contro l’Islam.
Nell’attacco rimangono uccise 12 persone, la maggior parte delle quali membri della redazione del settimanale.
Lo stesso giorno Amedy Coulibaly, un cittadino francese affiliato all’Isis, ferisce con un colpo di pistola un uomo in un parco di Fontenay-aux-Roses, nei pressi di Parigi. Il giorno successivo, l’uomo uccide a colpi d’arma da fuoco un’agente di polizia nel sobborgo parigino di Montrouge.
Tutti e tre gli attentatori si danno alla fuga, fino al 9 gennaio, quando i fratelli Kouachi asserragliati in uno stabilimento industriale a Dammartin-en-Goele, in Piccardia, a nordest di Parigi, vengono uccisi dalla polizia.
Contemporaneamente, Amedy Coulibaly fa irruzione nel negozio di alimentari kosher Hypercacher a Port de Vincennes, nella zona est di Parigi, uccidendo quattro persone e prendendo gli altri clienti in ostaggio. Dopo un assedio, le forze dell’ordine fanno irruzione nel negozio e uccidono l’attentatore.


NIZZA, 3 FEBBRAIO 2015

Il 3 febbraio del 2015 un uomo ferisce a coltellate tre soldati francesi di guardia a un centro culturale ebraico a Nizza.
Africano del Mali
http://www.repubblica.it/esteri/2015/02 ... -106448609



COPENAGHEN, 14 FEBBRAIO 2015

Il 14 febbraio del 2015 Omar Abdel Hamid El-Hussein, un cittadino danese di origini palestinesi, fa irruzione armato nel locale Krudttonden, a Copenaghen, durante una conferenza che vede tra i relatori il vignettista svedese Lars Vilks, nel mirino per alcune illustrazioni satiriche sull’Islam. Nell’attacco, l’attentatore uccide tre persone e si dette alla fuga.
Poco dopo la mezzanotte, l’uomo apre nuovamente il fuoco di fronte alla Grande Sinagoga di Copenaghen, uccidendo una persona. Inseguito dalla polizia, l’attentatore viene ucciso dalle forze dell’ordine in uno scontro a fuoco in un quartiere nord ovest della capitale danese.


SAINT-QUENTIN-FALLAVIER, 26 GIUGNO 2015

Il 26 giugno del 2015, mentre l’Isis lancia una serie di attentati in diversi paesi del mondo, tra cui due in Siria a Kobane e Hasaka, uno contro un albergo nella località tunisina di Sousse e un altro contro una moschea sciita a Kuwait City, il cittadino francese di origini nordafricane Yassin Salhi decapita il capo dell’azienda presso cui lavora in una fabbrica a Saint-Quentin-Fallavier, nei pressi di Lione.
Successivamente, Salhi lascia alcune bandiere jihadiste nella fabbrica eprovoca alcune esplosioni attraverso la fuoriuscita di gas chimici dello stabilimento, che causano il ferimento di due persone. Dopo essere stato arrestato, Salhi si suicida in carcere alcuni mesi dopo.


TRENO THALYS AMSTERDAM-PARIGI, 21 AGOSTO 2015

Il 21 agosto del 2015 Ayoub El Khazzani, un marocchino conosciuto alle autorità francesi, fa irruzione armato di mitra sul treno Thalys tra Amsterdam e Parigi. L’uomo viene fermato da alcuni passeggeri e consegnato all’autorità senza fare vittime ma ferendo quattro persone. El Khazzani sostiene di aver compiuto l’irruzione a scopi di rapina e di aver trovato le armi per caso, ma secondo le autorità francesi questa versione non plausibile e considerano il gesto collegato al terrorismo islamico.


PARIGI, 13 NOVEMBRE 2015

Il 13 novembre del 2015 Parigi viene sconvolta da una serie di attentati compiuti dall’Isis che portano all’uccisione di 130 persone. Alcuni terroristi si fanno esplodere nei pressi dello Stade de France di Saint Denis, durante una partita di calcio amichevole tra la nazionale francese e quella tedesca alla presenza del presidente Francois Hollande.
Contemporaneamente, diversi commando aprono il fuoco su alcuni ristoranti nella zona ovest del centro di Parigi. Un altro gruppo armato, invece, fa irruzione nel teatro Bataclan, durante un concerto della band Eagles of Death Metal. Solo in questo luogo perdono la vita 89 persone.
Nei giorni successivi, le forze dell’ordine di Francia e Belgio realizzano diverse retate alla ricerca di persone collegate con gli attacchi di Parigi. Il 18 novembre la polizia francese assedia un covo jihadista nel sobborgo parigino di Saint-Denis, in cui rimane ucciso Abdelhamid Abaaoud, considerato la mente degli attentati di Parigi. L’attentato viene rivendicato dal sedicente stato islamico.
Marocchino
https://it.wikipedia.org/wiki/Abdelhamid_Abaaoud
https://it.wikipedia.org/wiki/Attentati ... embre_2015



LONDRA, 5 DICEMBRE 2015

Il 5 dicembre 2015 un uomo accoltella tre persone nella fermata della metropolitana di Londra di Leytonstone, dopo aver gridato “questo è per la Siria”. Due persone restano ferite.
???


PARIGI, 7 GENNAIO 2016

Il 7 gennaio del 2016 un uomo armato di coltello si lancia contro una stazione di polizia a Parigi armato di coltello gridando “Allahu Akbar”, nel giorno dell’anniversario dell’attentato contro la redazione di Charlie Hebdo. L’uomo viene ucciso dalla polizia, che non trova addosso altre armi oltre al coltello.
Tunisino
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/20 ... d=ACs8af5B



BRUXELLES, 22 MARZO 2016

Il 22 marzo del 2016, quattro giorni dopo l’arresto avvenuto a Bruxelles di Salah Abdeslam, unico sopravvissuto degli autori dell’attentato di Parigi del 13 novembre, l’Isis colpisce nella capitale belga con un duplice attentato.
Durante la mattina, due uomini si fanno esplodere presso l’aeroporto di Zaventem, mentre un altro si fa saltare in aria presso la stazione della metropolitana di Maelbeek, a poche centinaia di metri dalle sedi dell’Unione europea. Nell’attentato muoiono 35 persone.
Marocchino
https://it.wikipedia.org/wiki/Salah_Abdeslam



MAGNANVILLE, 13 GIUGNO 2016

Il 13 giugno del 2016 Larossi Aballa, un cittadino francese di origini marocchine, uccide con un coltello un poliziotto francese e la propria moglie nel sobborgo parigino di Magnanville. L’uomo, rimasto asserragliato sul luogo del delitto,viene poi ucciso dalle forze dell’ordine in un raid.


NIZZA, 14 LUGLIO 2016

Il 14 luglio del 2016 un uomo, Mohamed Lahouaiej Bouhalel, cittadino francese nato in Tunisia, attraversa il lungomare di Nizza a bordo di un camion alla velocità di 80 chilometri orari durante le celebrazione della festa nazionale francese in cui si ricorda la presa della Bastiglia, episodio culmine della Rivoluzione Francese.
L’uomo viene stato ucciso dalla polizia dopo aver ucciso oltre 80 persone. L’attentato viene rivendicato dal sedicente stato Islamico.


WURZBURG, 18 LUGLIO 2016

Un 17enne afghano armato di ascia sale a bordo di un treno nella città tedesca di Wurzburg, colpendo diversi passeggeri al grido di “Allahu Akbar”. L’uomo dopo aver ferito cinque persone viene ucciso dalla polizia. L’attentato viene rivendicato dal sedicente stato Islamico.


ANSBACH, 24 LUGLIO 2016

Mohammed Daleel, un rifugiato siriano di 27 anni che aveva giurato fedeltà all’Isis, fa esplodere un ordigno artigianale fuori dall’ingresso di un festival musicale ad Ansbach, in Baviera. L’attacco ferisce 15 persone e causa la morte dell’attentatore.


ROUEN, 26 LUGLIO 2016

Due uomini armati di coltello fanno irruzione durante la messa in una chiesa nella zona di Saint-Etienne-de-Rouvray, a Rouen, uccidendo il parroco e prendendo in ostaggio le persone presenti. I due uomini sono stati uccisi in un blitz delle teste di cuoio francesi. Secondo il governo francese, gli attentatori erano legati all’Isis.
Uno era di origine algerina
https://www.giornalettismo.com/archives ... -khermiche
https://www.panorama.it/news/esteri/fra ... iesa-rouen
https://it.wikipedia.org/wiki/Attentato ... du-Rouvray



BERLINO, 19 DICEMBRE 2016

La sera di lunedì 19 dicembre, un camion si lancia sulla folla del mercatino di Natale di Berlino provocando 12 morti e 56 feriti. L’attacco è avvenuto intorno alle 20.15 a Breitscheidplatz, nei pressi della Kurfuerstendamm, vicino alla chiesa intitolata al Kaiser Guglielmo, nella zona più commerciale della parte occidentale della città.
Tunisino
https://it.wikipedia.org/wiki/Attentato ... embre_2016



ISTANBUL, 1 GENNAIO 2017

La notte di Capodanno 2017, un aggressore entra nella discoteca Reina sparando contro la folla. Il bilancio è di 39 morti e di 69 feriti. L’attentatore viene ucciso dalla polizia. Il 2 gennaio il sedicente stato Islamico rivendica l’attentato.
???


LONDRA, 22 MARZO 2017

Un Suv travolge alcune persone davanti a Westminster, sul ponte che dal parlamento attraversa il Tamigi davanti al Big Ben. L’uomo alla guida del veicolo poi a piedi si dirige verso il parlamento. Lì aggredisce a morte con un coltello un poliziotto di guardia prima di essere ucciso a colpi di pistola da due agenti in borghese.
Nell’attentato muoiono quattro persone e altre 40 restano ferite. L’attentatore è Khalid Masood, 52 anni nato in Inghilterra e abitante a Birmingham. Sposato con tre figli, era un insegnante con precedenti penali ma mai colpevole di atti di terrorismo.
Africano
https://www.huffingtonpost.it/2017/03/2 ... 76846.html



SAN PIETROBURGO, 3 APRILE 2017

Un kamikaze, identificato come il cittadino russo Akbarzhon Jalilov nato in Kirghizistan, si fa esplodere nella metro di San Pietroburgo, la seconda città più grande della Russia. Il bilancio è di 14 morti. Domenica 16 aprile Abror Azimov ammette di essere l’organizzatore dell’attentato nella metropolitana e di aver addestrato il giovane kamikaze.


STOCCOLMA, 7 APRILE 2017

Un camion si lancia contro la folla nel pieno centro di Stoccolma, uccidendo quattro persone e ferendone altre quindici. Il camion poi si schianta contro un grande magazzino della via commerciale di Drottninggatan.
Il furgone apparteneva a una azienda di birre ed è stato rubato al suo conducente durante un giro di consegne.
Usbeko
https://it.wikipedia.org/wiki/Attentato ... a_del_2017



MANCHESTER, 22 MAGGIO 2017

Un kamikaze si fa esplodere a Manchester al termine del concerto della cantante statunitense Ariana Grande nella Manchester Arena, causando la morte di 22 persone e il ferimento di altre 59. L’attentatore suicida si chiama Salman Abedi, 23 anni, britannico di origini libiche. Un altro attentatore viene arrestato il 23 maggio.


LONDRA, 3 GIUGNO 2017

Alle 22, ora locale, un furgone bianco investe i pedoni a London Bridge, poi tre uomini escono fuori dal veicolo e accoltellano i passanti nei pressi di Borough Market, in Borough High Street. A quel punto i tre assalgono a colpi di armi da taglio i clienti di diversi ristoranti e locali della zona. Dopodiché vengono neutralizzati dalla polizia.
Il bilancio è di otto morti e 48 feriti. Il sedicente stato Islamico rivendica l’attentato.
Marocchini
http://www.repubblica.it/esteri/2017/06 ... -167708412



PARIGI, 6 GIUGNO 2017

Intorno alle 16:20 di martedì 6 giugno, un poliziotto viene colpito a martellate da un aggressore davanti alla basilica parigina di Notre Dame. L’attentatore viene ferito da colpi di arma da fuoco della polizia, rimanendo ferito al suolo. L’aggressore, Farid Ikken, un algerino di 40 anni, e il poliziotto colpito riportano solo delle ferite.


PARIGI, 19 GIUGNO 2017

Alle 15:40, sugli Champs-Élysées, un’auto Renault Megane si lancia a forte velocità contro un furgone della Polizia che trasportava una decina di gendarmi.
L’auto investitrice prende fuoco nello scontro, senza però causare ferite ai militari del furgone. L’autista della Renault viene estratto dalla vettura ma muore poco dopo “per arresto cardiorespiratorio”.
L’uomo, 31 anni nato in Francia ma di origini tunisine, si chiamava Adan Lofti Djaziri. Aveva prestato giuramento all’Isis. Nella sua auto vengono trovate armi e migliaia di munizioni.


BRUXELLES, 20 GIUGNO 2017

Poco prima delle 21:00, un trolley esplode all’interno della stazione centrale di Bruxelles, innescato da un attentatore che viene poi ucciso dalla polizia. La piccola esplosione non causa né vittime né feriti. L’autore del fallito attentato è un cittadino marocchino di 37 anni residente nel comune belga di Molenbeek.


MILANO, 17 LUGLIO 2017

Un poliziotto delle volanti viene ferito lievemente con una coltellata poco prima delle 13 in piazza Luigi di Savoia, davanti all’ingresso della stazione Centrale di Milano. L’attentatore è un uomo di 31 anni, che lo colpisce con una pugnalata alla schiena. Il giubbotto antiproiettile, fortunatamente, ha protetto l’agente che è rimasto ferito a una spalla in modo lieve. Il capopattuglia della volante, invece, un 49enne, rimane illeso.
L’attentatore si chiama Saidou Mamoud Diallo è un 31enne della Guinea. Ha precedenti per lesioni e resistenza ed era già stato colpito da un ordine di espulsione emesso il 4 luglio dal questore di Sondrio. Mentre viene accompagnato in Questura, Diallo urla agli agenti: “Voglio morire per Allah”.


AMBURGO, 28 LUGLIO 2017

Una persona viene uccisa e diverse altre vengono ferite dopo che un uomo armato di coltello aggredisce i clienti di un supermercato ad Amburgo, in Germania. Il 26enne reposabile del gesto è nato negli Emirati Arabi Uniti ed è un richiedente asilo che aveva già fatto domanda come rifugiato in Norvegia, in Svezia e in Spagna.
L’asilo gli era stato rifiutato in tutti e tre questi paesi, esattamente come in Germania, paese da cui non era stato rimpatriato in quanto sprovvisto di documenti.


BARCELLONA 17 AGOSTO 2017

Intorno alle ore 17 di giovedì 17 agosto, un furgone bianco di marca Fiat travolge la folla sulla Rambla di Barcellona provocando 14 morti e 130 feriti. Il guidatore, attualmente ancora ricercato, è stato descritto come un uomo armato, di almeno un metro e settanta, con una maglietta a strisce blu. Il sedicente stato Islamico rivendica l’attacco.
Marocchini
https://www.ilmessaggero.it/primopiano/ ... 21766.html



CAMBRILS, 18 AGOSTO 2017

Verso l’una di notte del 18 agosto, la polizia catalana ferma un attacco a Cambrils, città catalana che si trova a 120 chilometri a sud di Barcelona. Cinque persone e un agente sono rimasti feriti, una donna è morta e cinque attentatori sono stati uccisi durante uno scontro a fuoco con la polizia che ha sventato il secondo attentato. I terroristi hanno cercato di fuggire a piedi dopo essere usciti dal veicolo. Ne è seguito un confitto a fuoco durante il quale gli agenti hanno sparato uccidendo i quattro presunti attentatori e ferendone un quinto, morto successivamente.
Marocchini
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/spa ... 31595.html


TURKU, 18 AGOSTO 2017

Due uomini di nazionalità marocchina hanno iniziato ad accoltellare i passanti nel centro della città finlandese di Turku, uccidendo due persone e ferendone otto prima di venire fermati dalle autorità. Le indagini sul movente sono ancora in corso, ma sono forti i sospetti che il gesto sia maturato nell’ambito radicalismo islamico, dal momento che il profilo dei due assalitori combacia sotto molti aspetti con quello di numerosi soggetti monitorati dalle forze di sicurezza locali.


LONDRA, 15 SETTEMBRE 2017

Intorno alle 9 di mattina un ordigno rudimentale è esploso in un vagone della District Line alla fermata Parsons Green, nell’ovest della capitale britannica. L’attacco è stato rivendicato dall’Isis, mentre le autorità sono ancora alla ricerca degli autori dell’attacco.
???


Marocchino -Terrorista dell’Isis in manette a Torino: “Ecco come preparare un camion bomba”
federico callegaro
2018/03/28

http://www.lastampa.it/2018/03/28/crona ... agina.html

«Sono fiero di andare in carcere per Allah». Sono le prime parole di Elmahdi Halili entrando in questura a Torino in manette tra gli uomini della Digos incappucciati.

È lui il nuovo profeta dell’Isis via web secondo un’operazione antiterrorismo della Digos di Torino, scattata nei confronti di appartenenti agli ambienti dell’estremismo islamico stanziati nel nord Italia. Gli investigatori hanno arrestato con l’accusa di partecipazione all’associazione terroristica dello Stato Islamico Elmahdi Halili 23enne marocchino naturalizzato italiano, residente a Ciriè, già finito nel 2015 nel mirino di un’inchiesta della procura di Brescia per la diffusione di materiale di propaganda a favore dell’Isis. Con lui, sono finiti nella rete degli investigatori altri stranieri ed italiani convertiti all´islamismo attivamente impegnati in una campagna di radicalizzazione e proselitismo condotta soprattutto sul web. Nel materiale sequestrato a casa del presunto terrorista anche le istruzioni per usare le armi bianche e soprattutto preparare camion bomba, cosa , quest’ultima , che ha fatto innalzare il livello di attenzione degli inquirenti.

L’operazione della polizia è stata coordinata dalla Procura di Torino, con il supporto degli uffici di polizia di Milano, Napoli, Modena, Bergamo e Reggio Emilia. È stata data esecuzione ad un´ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip che ha compreso 13 perquisizioni domiciliari e personali nei confronti di appartenenti agli ambienti dell´estremismo islamico stanziati nel nord Italia. L’indagine della Digos ha avuto il supporto del Servizio per il Contrasto dell´Estremismo e del Terrorismo Esterno dell´Ucigos. «In sostanza questo soggetto - spiega il questore di Torino, Francesco Messina - ha continuato a svolgere con diversa intensità, con una strategia precisa, forme di proselitismo, passando da una fase di autoidottrinamento traendo materiale dal web, arrivando poi ad un livello più preoccupante facendo traduzioni in italiano di brani e documenti di proselitismo, prende contatto con altri soggetti, cerca nuovi adepti per lo Stato Islamico. Questa sua attività ci ha indotti ad intervenire con sollecitudine».

L´indagine della Polizia di Stato nasce a fine 2015, quando il giovane era stato già oggetto di una sentenza di patteggiamento , emessa dal Tribunale di Torino alla pena di due anni di reclusione con sospensione condizionale della stessa per istigazione a delinquere con finalità di terrorismo, avendo redatto e pubblicato sul web alcuni documenti di esaltazione dello Stato Islamico. Le successive attività di indagine avviate dai poliziotti della Digos hanno evidenziato un crescente percorso di radicalizzazione dell´Halili che, nonostante la citata sentenza, aveva addirittura intensificato la sua attività di proselitismo ed indottrinamento mediante il reperimento, la consultazione su diverse piattaforme multimediali e l´archiviazione di vario materiale di propaganda ed inneggiante al Jihad prodotto dallo Stato Islamico.

Tra il materiale confluito negli atti d´indagine vi sono diversi filmati riproducenti le gesta dei mujaheddin in Siria ed Iraq, le cruente esecuzioni operate nei confronti di civili e militari, le rivendicazioni e/o celebrazioni degli attentati di Parigi e Bruxelles nonché gli infervorati sermoni di “predicatori dell´odio” del calibro di Anwar Al-Awlaki, conosciuto anche come “il Bin Laden di Internet”, considerati da Halili come dei veri e propri padri spirituali al pari del portavoce del Califfato Mohamed Al Adnani. Proprio in occasione della diffusione della notizia della morte di AL Adnani, l´arrestato aveva creato e pubblicato su una piattaforma social ad accesso pubblico tre playlist con i messaggi più famosi del defunto portavoce dello Stato Islamico tra cui quello diffuso nel settembre 2014 che veicolava l´ordine dello Stato Islamico di scatenare la campagna del terrore in Europa che ha portato alle stragi compiute a partire dal gennaio 2015.


Marocchino il terrorista - Francia, legione d'onore al poliziotto eroe morto nell'attentato di Trebes
2018/03/28
https://www.tpi.it/2018/03/28/francia-l ... ato-trebes
Il 28 marzo 2018 a Parigi è stata organizzata una cerimonia in memoria di Arnaud Beltrame, il poliziotto morto per le ferite riportate in seguito all’attentato rivendicato dall’Isis del 23 marzo a Trebes, nel sud della Francia.
Il colonnello, 45 anni, si era offerto come ostaggio al posto di una donna nel corso di una situazione con ostaggi in un supermercato francese.
Con il suo gesto, il gendarme aveva portato alla fine dell’attacco che ha causato la morte di 4 persone, compreso l’attentatore, il marocchino Redouane Lakdim, poi ucciso dalle forze di sicurezza francesi.
A Beltrame è stato concesso il più alto riconoscimento francese, la legione d’onore. La cerimonia commemorativa si tiene in piazza Les Invalides, alla presenza del presidente della Repubblica, Emmanuel Macron.
La salma dell’uomo sarà poi nuovamente trasferita nella sua città, Carcassone, a pochi chilometri da Trebes, per il funerale.
Macron ha detto che il poliziotto “è caduto come un eroe” dopo aver mostrato “coraggio eccezionale e altruismo”. “Ha combattuto fino alla fine e non ha mai mollato”, meritando “il rispetto e l’ammirazione dell’intera nazione”, ha aggiunto il presidente.
Anche il ministro dell’Interno francese Gérard Collomb ha elogiato Beltrame, dichiarando che la Francia non dimenticherà mai il suo atto d’eroismo.
Il 23 marzo 2018, Redouane Lakdim, 26 anni, marocchino, si è barricato in un supermercato di Trebes, nel sud della Francia, prendendo in ostaggio diverse persone.
L’uomo, che ha rivendicato la propria appartenenza all’Isis, è stato ucciso dopo circa quattro ore dalle forze speciali intervenute sul posto.
Il bilancio finale dell’attentato è di quattro vittime, compreso il terrorista, e tre feriti.



Nazismo maomettano = Islam = dhimmitudine = apartheid = razzismo = sterminio
viewtopic.php?f=188&t=2526

Il razzismo anti Nativi e Indigeni europei
viewtopic.php?f=25&t=2372
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » gio mar 29, 2018 9:31 am

Africa razzista, il continente nero è tra i più razzisti della terra - il terrorismo nazi-maomettano in Europa è al 95% di origine africana, di cui l'90% marocchina (e in minima parte tunisina e algerina).
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2750

Razzismo africano:
interetnico e tribale, dei neri contro i bianchi, dei maomettani contro i cristiani, gli ebrei e gli animisti

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... lema-2.jpg


Jihadisti tałiani
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 188&t=1887


Algerino si lancia con un’auto verso il Santuario di Pompei: «L’ho fatto nel nome di Allah»
Titti Beneduce
29 marzo 2018

http://corrieredelmezzogiorno.corriere. ... resh_ce-cp

L’INCHIESTA E IL PROCESSO

Indagato per terrorismo, si è schiantato contro le barriere poste a difesa della chiesa. All’udienza ha recitato una litania in arabo. L’uomo ha 22 anni: espulso da Francia e dal questore di Cagliari, ma era ancora nel nostro Paese

Ha percorso contromano via Bartolo Longo affollata di pedoni, poi si è schiantato contro le fioriere di cemento sistemate per proteggere la basilica di Pompei da attacchi terroristici. Othman Jridi, algerino di 22 anni, approdato in Italia dopo essere stato espulso dalla Francia, espulso di nuovo dal questore di Cagliari ma sempre rimasto nel nostro Paese, è stato bloccato dai vigili urbani dopo una breve fuga. Il giudice monocratico di Torre Annunziata Fernanda Iannone — esperta di terrorismo internazionale ed autrice di una monografia sui foreign terrorist fighters — non solo ha convalidato il fermo, ma, accogliendo la richiesta del pm, ha anche disposto la custodia cautelare in carcere. Per i reati che gli venivano contestati (furto di un’auto e false dichiarazioni a pubblico ufficiale) l’algerino è stato processato con rito direttissimo: l’avvocato che lo assiste, Enrica Visconti, ha chiesto l’abbreviato e dunque, a fronte di una richiesta di quattro anni e un mese da parte del pm, Jridi è stato condannato a due anni e mezzo; una pena comunque molto severa rispetto alla lieve contestazione dell’accusa. Gli atti sono stati inviati al pool antiterrorismo della Procura di Napoli per i necessari approfondimenti.

«Estrema pericolosità»

L’imputato avrebbe potuto ottenere i domiciliari (la legge lo prevede per le condanne inferiori ai tre anni), ma il giudice ha deciso diversamente: troppi elementi depongono a suo sfavore. Innanzitutto, argomenta il magistrato, bisogna tener presente «l’estrema pericolosità della condotta tenuta dall’arrestato, che per le modalità (invasione di zona pedonale, piazza normalmente frequentata da centinaia di persone nonché da migliaia di pellegrini in giornate festive), il luogo (piazza antistante al santuario della Madonna di Pompei), la personalità (soggetto di nazionalità algerina, irregolare sul territorio italiano, espulso dal territorio francese), le condizioni psico fisiche della persona (che aveva assunto, per sua ammissione sostanze stupefacenti e psicotrope), che evocano episodi di attentati terroristici». Non solo: il giovane algerino, nel corso dell’udienza di convalida, ha asserito «di non essere in condizione di sapere perché avesse compiuto quel gesto se non per sentirsi più vicino ad Allah, il che gli sarebbe stato reso più facile dall’assunzione di un farmaco».

L’obiettivo

Inoltre «l’arrestato nel corso dell’udienza ha continuamente emesso suoni labiali e recitato una litania araba in nome di Allah»: «vi è il concreto ed attuale pericolo che l’imputato commetta altri delitti della specie di quello per cui si procede» e pertanto «è necessario applicare, non potendosi allo stato presumere che egli si asterrà dal delinquere in futuro, la misura della custodia cautelare in carcere, poiché, allo stato, unica misura idonea a fronteggiare le esigenze cautelari; tale misura appare anche proporzionata alla gravità dei fatti commessi ed alle sanzioni applicabili al caso di specie». Il giudice, dunque, sottolinea la presenza di elementi indicativi del profilo del lone wolf (drogato, in preghiera, esaltato, in zona religiosa, durante periodo di feste religiose) che ha percorso vari chilometri per raggiungere un obiettivo inequivocabile. Ma a farlo propendere per la detenzione in carcere è stato anche il fatto che, dopo avere mentito sulla sua identità ai carabinieri, subentrati nelle indagini ai vigili urbani, Jridi ha continuato a mentire sul suo indirizzo: ha fornito quello di un connazionale e, quando è arrivato sul posto accompagnato dai militari, gli ha sussurrato in arabo: «Dici che vivo qui, se no mi arrestano». Di elementi da approfondire, dunque, il pool antiterrorismo della Procura di Napoli ne ha in abbondanza.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » gio mar 29, 2018 9:27 pm

Rifiutano un bicchiere di vino al cliente ubriaco: pestati a sangue
di Fulvio Fioretti
Giovedì 29 Marzo 2018

https://ilgazzettino.it/nordest/treviso ... 37020.html

VITTORIO VENETO - Aggrediti e presi a pugni. Con calci e bottigliate da un marocchino ubriaco perché i due titolari avevano rifiutato di versargli ancora un bicchiere di vino. Hanno passato brutti momenti lunedì verso mezzanotte Dino Michelon, 55 anni, e la moglie Monica Guccino, rispettivamente titolare e collaboratrice del River Pub, conosciutissimo locale di via Mezzavilla a San Giacomo di Veglia. Entrambi sono stati costretti a ricorrere alle cure del pronto soccorso.
Ad avere la peggio per l'aggressione la Guccino, a cui il nordafricano 34enne, vecchia conoscenza delle forze dell'ordine, senza più controllo e con estrema violenza, dopo averla colpita più volte con una bottiglia alla fronte e con pugni al corpo, ha strappato pure letteralmente dal cuoio capelluto una ciocca di capelli lasciandole una vistosa cicatrice in testa...


Alberto Pento
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