Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » gio lug 30, 2020 7:45 pm

Ghana in ginocchio per gli escrementi, defecare all'aperto è un problema nazionale
Daniele Magliuolo
17 Novembre 2017

https://www.investireoggi.it/news/ghana ... nazionale/

La situazione in Ghana si sta facendo sempre più drammatica, il debito è di circa 79 milioni di dollari l’anno, il turismo è ormai affossato e si stima che ci vorranno 90 anni per cancellare la profonda crisi economica che sta attanagliando il paese. Ma il motivo di tutto questo? Ebbene, la causa di tutto sono gli escrementi.
Ghana, defecare all’aperto è diventato un problema nazionale

I cittadini hanno un grosso problema con le feci, la popolazione è infatti costretta a defecare all’aperto. Le statistiche ci dicono che solo una casa su sette possiede un bagno. I servizi sanitari quindi sono in ginocchio, va da sé che a risentirne, in una situazione del genere, è anche il turismo, per non parlare inoltre delle condizioni igienico-sanitarie. Sempre le statistiche ci dicono che il Ghana è al settimo posto nella speciale classifica dei paesi più sporchi del mondo, viene da chiedersi cosa combinino quindi gli altri sei che lo precedono.

Ad ogni modo, la nazione sta prendendo finalmente coscienza del grosso problema che lo attanaglia, parte dunque finalmente la Campagna di Igiene Nazionale e con l’impegno del presidente del Ghana in prima persona, il paese è pronto ad affrontare nuovamente il problema. Lo specialista in acqua e servizi igienico-sanitari della World Bank, Yolande Coombes, ha recentemente dichiarato a tal proposito: “Conosciamo da tempo l’impatto delle scarse condizioni igienico-sanitarie sulla salute, ma questo è uno dei primi studi per quantificarne i costi annuali, il Ghana non sarà in grado di crescere in modo sostenibile senza affrontare questi costi”.

Costi che, come abbiamo visto, toccano gli 80 milioni di dollari annui. La situazione però necessita della massima urgenza, del resto i numeri legati anche ai casi di morte sono preoccupanti da tempo.

19.000 ghanesi l’anno muoiono a causa di complicazioni legate alla diarrea, di cui 5.100 sono bambini sotto i 5 anni, e che quasi il 90% di queste morti è direttamente attribuibile a acqua infetta e mancanza di igiene.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » gio lug 30, 2020 7:45 pm

La giornalista e romanziere nigeriana Adaobi Tricia Nwaubani racconta che uno dei suoi antenati vendeva schiavi, ma dice che non dovrebbe essere giudicato dagli standard o dai valori di oggi.
30 luglio 2020

https://www.facebook.com/102notizie/pos ... 4555104633

Questa è la sua storia.
Il mio bisnonno, Nwaubani Ogogo Oriaku, è quello che preferisco chiamare un uomo d'affari del gruppo etnico igbo del sud-est della Nigeria.
Vendeva cose diverse, incluso tabacco e derivati dal palmo. Vendeva anche esseri umani.
′′ Avevo agenti che catturavano schiavi da luoghi diversi e li portavano via ", mi ha detto mio padre.
Gli schiavi di Nwaubani Ogogo si vendevano nei porti di Calabar e Bonny nel sud di quella che oggi è conosciuta come Nigeria.
Le persone di gruppi etnici della costa, come gli effik e ijaw, di solito si comportavano come scaricatori per i commercianti bianchi e come intermediari per i commercianti igbo come il mio bisnonno.
Caricando e scaricando navi e fornendo agli stranieri cibo e altre provviste. Negoziavano i prezzi per gli schiavi interni e poi raccoglievano i diritti di venditori e acquirenti.
Oltre 1,5 milioni di africani sono stati inviati nel Nuovo Mondo attraverso il porto di Calabar, nel Golfo di Bonny, uno dei più grandi porti di partenza all'epoca della schiavitù.
L ' unica vita che conoscevo
Nwaubani Ogogo visse in un'epoca in cui sopravviveva il più forte e il più coraggioso si distingueva.
Il concetto di ′′ tutti gli uomini sono stati creati uguali ′′ era completamente estraneo alla religione tradizionale e alle leggi della loro società.
Sarebbe ingiusto giudicare un uomo del XIX secolo secondo gli inizi del XXI secolo.
Valutare gli africani del passato con gli standard di oggi ci costringerebbe a qualificare la maggior parte dei nostri eroi di villani, negandoci il diritto di celebrare in modo completo chiunque non sia stato sotto l'influenza dell'ideologia occidentale.
I trafficanti di schiavi igbo come il mio bisnonno non hanno subito alcuna crisi di accettazione sociale o legalità. Non avevano bisogno di giustificazione religiosa o scientifica per le loro azioni.
Vivevano semplicemente la vita come li avevano cresciuti.
Era l'unica cosa che conoscevano.
Schiavi sepolti vivi
La storia più famosa che ho sentito sul mio bisnonno è stata su come ha affrontato con successo le autorità del governo coloniale britannico dopo aver sequestrato alcuni dei suoi schiavi.
Gli schiavi venivano trasferiti dall'intermediario con un carico di tabacco e prodotti di palma, dalla città di Nwaubani Ogogo, Umuahia, verso la costa.
Il mio bisnonno ha considerato che non era giusto catturare i suoi schiavi.
L ' acquisto e la vendita di esseri umani tra gli igbo è avvenuto da molto tempo prima che arrivassero gli europei.
Una persona diventava schiavo come punizione per un crimine, per pagare debiti o quando cadeva prigioniero di guerra.
La vendita di successo di adulti era considerata un'impresa. Era simile al successo che un uomo ha ottenuto in una lotta, in guerra o nella caccia agli animali come i leoni.
Gli schiavi igbo erano servi domestici o lavoratori. A volte venivano sacrificati in cerimonie religiose e sepolti vivi con i loro padroni per aiutarli nell'aldilà.
La schiavitù era talmente radicata nella cultura che diversi proverbi igbo fanno riferimento a lei:
Chiunque non abbia schiavi è il proprio schiavo
Uno schiavo che veda come un altro schiavo lo legano e gettano nella tomba con il suo padrone, dovrebbe rendersi conto che potrebbe succedere lo stesso a lui un giorno
È quando si dà consiglio a un figlio che lo schiavo impara
L ' arrivo dei commercianti europei che offrivano armi, specchi, gin e altri beni esotici in cambio di esseri umani ha aumentato massicciamente la domanda, facendo sì che alcune persone rapiscano gli altri e li vendessero.
I compratori europei tendevano a rimanere sulla costa
I venditori africani andavano a piedi all'interno per comprare schiavi
I viaggi potevano essere fino a 485 km
Di solito si legava a due schiavi tra loro con catene alle caviglie
Nelle colonne degli schiavi li univo tutti con una corda sul collo
Tra il 10 % e il 15 % dei prigionieri moriva durante il viaggio
Contro l'abolizione
Questo commercio in Africa è continuato fino al 1888, quando il Brasile è diventato l'ultimo paese nell'emisfero occidentale ad abolire la schiavitù.
Quando gli inglesi hanno esteso il loro dominio fino al sud-est della Nigeria alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX secolo, hanno iniziato a far rispettare l'abolizione attraverso l'azione militare.
Ma utilizzando la forza più della persuasione, molti locali come il mio bisnonno potrebbero non aver capito che l'abolizione aveva a che fare con la dignità dell'umanità e non con un mero cambiamento nella politica economica che influenzava l'approvvigionamento e la domanda.
′′ Crediamo che questo commercio debba continuare ", disse un re locale a Bonny nel XIX secolo.
Per quanto riguarda il mio bisnonno, aveva una licenza commerciale di buona fede della Royal Niger Company, una società britannica che gestiva il commercio nella regione negli ultimi 25 anni del XIX secolo.
Ecco perché quando la sua proprietà è stata catturata, Nwaubani Ogogo è andato a vedere furioso i funzionari coloniali responsabili e ha mostrato loro la licenza. Questi gli hanno restituito i loro beni e i loro schiavi.
′′ I bianchi gli hanno chiesto scusa ", dice mio padre.
′′ Questo è il verdetto del nostro oracolo e dei nostri sacerdoti. Dicono che il nostro paese, per quanto grande sia, non può mai abbandonare un commercio ordinato da Dio ".
Tratta di schiavi nel XX secolo
L ' acclamato storico igbo Adiele Afigbo descrive il commercio di schiavi nel sud-est della Nigeria - durato fino alla fine degli anni ' 1940 e all'inizio del 1950-come uno dei segreti più custoditi dell'amministrazione coloniale britannica.
Mentre questo commercio è terminato a livello internazionale, è continuato a livello locale.
′′ Il governo sapeva che i capi e i principali commercianti della costa avevano continuato a comprare schiavi interni ", ha scritto Afigbo in ′′ L ' abolizione del commercio di schiavi nel sud della Nigeria: dalle 1885 alle 1950 ".
E aggiunge che gli inglesi tolleravano ciò che accadeva per questioni politiche ed economiche.

https://www.instagram.com/102notizie/?hl=es

https://en.wikipedia.org/wiki/Adaobi_Tricia_Nwaubani
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » gio lug 30, 2020 8:03 pm

Schiavismo, la strana autoflagellazione dell'Occidente
Anna Bono
2 luglio 2020

https://lanuovabq.it/it/schiavismo-la-s ... loccidente

La tratta atlantica degli schiavi non è né il primo né il più grave dei fenomeni di schiavismo nella storia, anche per quel che riguarda l'Africa. Quasi mille anni prima è iniziata quella arabo-islamica, con una stima che va dai 14 ai 17 milioni di schiavi. E anche il tribalismo africano ha dato un enorme contributo.

Si dice che la storia la scrivono i vincitori. Se è vero, noi europei siamo dei perdenti oppure degli strani vincitori perché, invece di presentare le nostre imprese nella luce migliore, da decenni non facciamo che autoaccusarci di misfatti e torti chiedendone continuamente scusa e per contro onoriamo di virtù e valore il resto dell’umanità.

Il fenomeno della schiavitù è un esempio. Se negli atenei europei si studia lo schiavismo, se i mass media ne parlano, si può essere certi che il riferimento è alla tratta atlantica degli schiavi che ha portato milioni di africani nelle Americhe. «Il termine ‘schiavitù evoca immagini di catene, ceppi e navi transatlantiche»: così inizia un articolo peraltro interessante e ricco di dati scritto e pubblicato nel 2019 da Kate Hodal, corrispondente del The Guardian specializzata in condizione femminile e schiavitù. Gli studenti dell’ateneo di Torino imparano che cos’è la schiavitù nei corsi di Lorenzo Kamel, associato di Storia contemporanea e direttore delle collane editoriali dell’Istituto affari internazionali secondo cui la tratta atlantica rappresenta «la più grande emigrazione forzata della storia».

Per limitarsi all’Africa, la tratta atlantica tra il XVI e il XIX secolo ha portato tra 9 e 12 milioni di schiavi africani oltreoceano: catturati o acquistati da mercanti e mediatori africani, da questi venduti ai negrieri europei che a loro volta li rivendevano arrivati a destinazione. Ma la tratta atlantica è stata preceduta quasi mille anni prima da quella arabo-islamica, iniziata nel VII secolo e durata fino agli inizi del XX, simile nello svolgimento, superiore nei numeri: si calcola tra 14 e 17 milioni di schiavi. Entrambe sono state rese possibili dal tribalismo e dall’endemica conflittualità etnica.

La lotta contro la tratta di schiavi africani è iniziata a partire dal 1833 con la decisione della Gran Bretagna di proibire la schiavitù in tutto l’impero. Ha messo fine prima alla tratta atlantica e, molto dopo, a quella araba.

Questi in sintesi sono i fatti. Ecco come li racconta il professor Kamel dell’università di Torino. Prima di tutto riduce la tratta arabo-islamica a 9 milioni di schiavi. Inoltre, precisa che «l’espressione "mercanti arabi" di schiavi dovrebbe essere intesa in senso culturale, non etnico o "razziale"» non sussistendo - secondo lui - una distinzione netta tra mercanti arabi e africani. Il professore prosegue spiegando che oltre a essere stata «la più grande emigrazione forzata della storia» (il che è provatamente falso), la tratta atlantica «ha determinato una svolta senza precedenti nella storia dell’umanità in generale e del sistema della schiavitù in particolare. È infatti solo con l’avvio della tratta atlantica che l’essere schiavo divenne, per la prima volta nella storia, un tratto permanente. La qualifica di schiavo divenne infatti ereditaria nel contesto dello sviluppo delle colonie del Nuovo Mondo», mentre in Africa e in altre parti del mondo era previsto «“che il figlio di uno schiavo non acquisisse ipso facto il medesimo status. In altre parole, quanti venivano fatti schiavi nelle fasi storiche antecedenti all’avvio della tratta atlantica erano socialmente e politicamente "mobili", ovvero non soggetti ad alcun vincolo ereditario di matrice schiavista».

È falsa anche questa ricostruzione dei fatti. In Africa gli schiavi erano «socialmente e politicamente mobili» solo nel senso che era facoltà e arbitrio dei loro proprietari affrancare loro e ai loro figli nati schiavi un marchio che persisteva per generazioni e tuttora segna e discrimina i discendenti di schiavi, tanto più se, come spesso succede, estranei per etnia. D’altra parte la società africana tribale ammette ben poche forme di mobilità sociale e politica poiché vincola idealmente status e ruoli a fattori ascritti.

Almeno si riconosce che un’altra tratta di schiavi sia esistita, oltre a quella atlantica. Invece, quando si parla di colonizzazione, è ammessa solo quella europea, al punto che di solito non si ritiene neanche necessario aggiungere un aggettivo specificativo. Si dice: epoca coloniale – periodo, dominazione… – ed è scontato che sia quella europea. Invece due colonizzazioni di portata continentale hanno preceduto quella europea della fine del XIX secolo. La prima, forse la più cruenta, si è svolta nel primo millennio dopo Cristo ed è stata compiuta dal grande gruppo etno-linguistico dei Bantu. Si è trattato di una migrazione plurisecolare grazie alla quale la lavorazione del ferro e l'agricoltura sono state introdotte in gran parte delle regioni subsahariane. I Bantu però hanno respinto le etnie dedite alla pastorizia transumante nelle grandi savane semi aride e hanno decimato i cacciatori-raccoglitori costringendoli a ritirarsi nelle foreste e nei deserti, gli ambienti più inospitali dove tuttora sopravvivono, disprezzati ed emarginati.

Dal VII secolo è incominciata la seconda colonizzazione del continente, anch’essa devastante per violenza e impatto destabilizzante. È quella arabo-islamica che, partendo dall'Arabia Saudita pochi anni dopo la morte del profeta Maometto avvenuta nel 632 dopo Cristo, ha conquistato il nord Africa per poi proseguire più lentamente verso sud. Ha diffuso l’Islam al quale molte etnie si sono convertite, sistemi politici meglio organizzati, contatti economici più estesi e complessi. Quasi subito le merci più richieste del commercio a lunga distanza sono diventate alcuni prodotti animali – zanne di elefante, pelli… – e gli esseri umani.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » gio set 10, 2020 2:14 pm

Salvini aggredito in Toscana a Pontassieve: ragazza 20enne del Congo gli strappa camicia e rosario. Il leader della Lega: «Si vergogni, mi ha detto ti maledico»
9 settembre 2020

https://www.ilmessaggero.it/politica/sa ... 52270.html

Matteo Salvini è stato aggredito a Pontassieve, in Toscana, durante la campagna elettorale per le elezioni regionali 2020. Il leader della Lega è stato strattonato da una giovane che gli ha strappato la camicia e anche la catenina che aveva al collo. «Tutto bene tranquilli, nessun problema fisico. La camicia strappata la posso ricomprare, il Rosario strappato con violenza dal collo che mi aveva donato un Parroco purtroppo no», chiarisce poi Salvini. «Sto bene, ho incontrato una persona che avendo idee che valgono poco ha usato le mani, addirittura mi ha detto “ti maledico”.
Immediato l'intervento delle forze dell'ordine che hanno identificato la giovane in una ventenne originaria del Congo. Accertamenti sono in corso sulla ragazza da parte della questura che parla di una persona «in evidente stato di alterazione psico-fisica». La giovane, da quanto spiegato, era tra il pubblico che si era radunato per l'arrivo del leader della Lega. «Ognuno può avere idee politiche, calcistiche, religiose diverse, ma la violenza no: la camicia me la ricompro, ma strappare dal collo un rosario che mi ha regalato un parroco è una cosa che non sta né in cielo né in terra, e quella persona si dovrebbe vergognare». Lo ha detto Salvini stesso. «La cosa bella che mi porto via da Pontassieve - ha aggiunto - non è quella poveretta là, ma è una signora che mi ha detto “Matteo, io non la penso come te, ma ti chiedo scusa a nome di quella deficiente, se vuoi ti offro un caffè».

Solidarietà. «Il Paese ha bisogno di una campagna elettorale serena, basata su un confronto leale e rispettoso di tutte le posizioni politiche, lontana dalle estremizzazioni dei toni e dei comportamenti. Per questo, ogni forma di violenza e di intolleranza, anche solo verbale, deve essere condannata ed isolata per garantire a tutti i protagonisti delle competizioni elettorali la piena libertà di manifestare il proprio pensiero». È quanto ha dichiarato il ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, esprimendo la sua solidarietà a Salvini.
«Esprimo la mia vicinanza democratica al senatore Salvini per l'episodio di aggressione che ha dovuto subire a Pontassieve. L'esercizio della libertà nel nostro Paese è stato conquistato con la lotta di Liberazione e la Resistenza a cui hanno partecipato migliaia di quelli che Salvini definisce 'rossì, addirittura qualificandoli come fascisti. Non condivido pressoché nessuna delle idee di Salvini ma sono davvero pronto a battermi perché possa esprimerle». Lo dichiara in una nota Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana.

«La vittoria della Lega in Toscana? Sarà un voto dei toscani per i toscani, che vogliono il cambiamento», ha aggiunto Salvini. Mattarella bis? «Le elezioni sono tra un anno e mezzo, il problema è il lavoro. Quello che accadrà lo vedremo, se fossi in Conte sarei nella sede dell'Inps a preoccuparmi della sorte di tanti italiani».
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » gio set 10, 2020 2:15 pm

Razzismo africano contro i bianchi - Sudafrica: una croce bianca per ogni agricoltore ucciso:
https://www.facebook.com/102notizie/vid ... 529907578/
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » dom gen 03, 2021 10:56 am

Uccise passanti a picconate: "Kabobo era lucido, agì per rancore"
Antonio Piccirilli
Febbraio 2015

https://www.today.it/cronaca/kabobo-mot ... tenza.html

Adam Kabobo era lucido e uccise le sue vittime accecato dal rancore. Non furono dunque i suoi disturbi psichici a spingerlo ad uccidere, ma la frustrazione "per le sue esperienze di quotidiana lotta per la sopravvivenza". Lo scrivono i giudici della seconda Corte d'Assise d'Appello di Milano nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 20 gennaio avevano confermato la condanna a 20 anni di carcere in primo grado.

IL MOVENTE FU IL RANCORE - Quello di 'Mada' Kabobo, il ghanese che nel maggio 2013 uccise tre passanti a colpi di piccone, a Milano, fu dunque un progetto "lucido", maturato nel tempo e determinato dalla rabbia "verso un mondo che non lo accoglieva e non gli prestava aiuto".

LA PROVA NEI FILMATI - Secondo i giudici al momento dei fatti, Kabobo presentava "una grandemente scemata, ma non totalmente assente, capacità d’intendere". Lo dimostrerebbe la condotta tenuta dall'imputato e registrata dai filmati dei circuiti di videosorveglianza. Kabobo "non appare in preda ad agitazione psicomotoria; non cerca di nascondersi; non sposta le vittime dal luogo delle aggressioni; si libera della spranga di ferro adoperata all'inizio e impugna un piccone; mette le mani sui fianchi, quasi divertito, quando vede che il Morisco riesce a scamparla riparando dietro al portone e poi riprende la sua strada".

SCEMPIO DEI CADAVERI - Nelle motivazioni viene inoltre rilevato che il killer "non fa scempio dei cadaveri, come molto spesso avviene negli omicidi commessi dagli schizofrenici". Una condotta omicida che al contrario "evidenzia il suo carattere predatorio e di lucidità omicida; fugge alla vista delle Forze dell’ordine perché, come egli afferma, temeva di venire ucciso".

LA RICHIESTA DI SCARCERAZIONE - La sentenza dei giudici contraddice la perizia con cui Tribunale del Riesame, il 20 gennaio scorso, chiedeva la scarcerazione del condannato in quanto semi infermo mentalmente e incompatibile con il carcere. Nessuno sconto di pena, questa volta. Come disposto dalla sentenza di primo grado (poi confermata in appello) Kabobo dovrà scontare venti anni di carcere.


"Ghigliottina a Kabobo" non è odio razziale
Milano, 18 gennaio 2020

https://www.ilgiorno.it/milano/cronaca/ ... -1.4984804

«Non basta per configurare il reato di propaganda di idee fondate sull’odio razziale un sentimento di generica antipatia, insofferenza o rifiuto per ragioni attinenti alla razza, alla nazionalità", ma ci deve essere "una condotta discriminatoria che si fonda proprio sulla qualità personalè del soggetto, e non, invece, sui suoi comportamenti".

Lo si legge nelle motivazioni della sentenza con cui la Cassazione ha annullato, con rinvio ad un nuovo giudizio d’appello, la condanna a 6 mesi per due commercianti che nel 2013, dopo il "caso Kabobo" a Milano, misero su un loro camion pubblicitario un manifesto con scritto "clandestino uccide tre italiani a picconate-pena di morte subito". Sul manifesto pure la "riproduzione di una ghigliottina la cui lama gronda sangue e accanto alla stessa l’immagine della testa di un uomo di colore decapitato".

La Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’avvocato Carlo Sergio Oldani, legale di Mirko Rosa, ex noto titolare di negozi compro oro. Il 15 novembre 2017 la Corte d’Appello di Milano aveva confermato le condanne inflitte ai due commercianti dal Tribunale di Busto Arsizio, dichiarati "responsabili in concorso tra loro di avere propagandato idee fondate sull’odio razziale". Tra l’altro, "in primo piano" sul manifesto "simmetricamente rispetto alla ghigliottina campeggiava un’immagine di Mirko Rosa con un fazzoletto annodato in testa alla moda dei pirati e la scritta pubblicitaria del negozio".

Per la Suprema Corte, però, "il percorso logico giuridico compiuto dai giudici di merito è errato perché muove dal presupposto, rimasto indimostrato, secondo il quale le violente espressioni, che invocano in modo cruento e plateale l’applicazione della pena capitale, riportate nei manifesti" costituiscono attività "discriminatoria perché tale inammissibile sanzione sarebbe applicabile solo in ragione dello stato di clandestinità dell’uomo di colore accusato del triplice omicidio".

Manca, per la Cassazione, "un’adeguata ricostruzione della vicenda evocata dal manifesto che costituisce l’antecedente storico e logico", ossia gli omicidi a picconate commessi dal ghanese che l’11 maggio 2013 seminò il terrore nel quartiere Niguarda.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » dom gen 03, 2021 10:56 am

Questa è l'Africa civile o meglio incivile che in buona parte importiamo demenzialmente tollerando e promuovendo l'invasione clandestina.

Africa sub-sahariana - Amnesty International Italia
Rapporto annuale 2019-2020

https://www.amnesty.it/rapporti-annuali ... sahariana/

In tutta l’Africa Subsahariana, le persone hanno difeso i propri diritti sfidando proiettili e pestaggi, conflitti e repressione di stato.

L’organizzazione ha messo in evidenza il coraggio e l’audacia di chi è sceso in strada per chiedere un cambiamento ma ha anche denunciato la risposta dei governi, che continuano a violare i diritti umani in tutta la regione. Il rapporto esamina i maggiori progressi compiuti dallo scorso anno, tra i quali la deposizione del presidente sudanese Omar al-Bashir, la risposta del governo dello Zimbabwe alle proteste di massa e i crescenti attacchi sui civili in Mozambico e Mali.

“Nel 2019 abbiamo visto l’incredibile forza del popolo nelle proteste di massa nell’Africa Subsahariana. Dal Sudan allo Zimbabwe, dalla Repubblica Democratica del Congo alla Guinea, le persone hanno affrontato repressioni brutali per difendere i propri diritti“, ha dichiarato Deprose Muchena, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale.

“In alcuni casi, queste proteste hanno portato a grandi cambiamenti: dopo il rovesciamento del leader sudanese Omar al-Bashir a lungo alla guida del paese, le nuove autorità hanno promesso riforme attente ai diritti umani; in seguito alle proteste, il governo dell’Etiopia ha presentato un corposo pacchetto di riforme attente ai diritti umani. Sfortunatamente, ulteriori necessari cambiamenti sono stati bloccati da governi repressivi che proseguono impuniti sulla strada delle violazioni“, ha aggiunto Deprose Muchena.
Conflitto e crisi

I civili sono colpiti da conflitti mortali e violente crisi. Nella regione sudanese del Darfur, le forze governative hanno continuato a commettere possibili crimini di guerra e altre gravi violazioni di diritti umani, tra cui uccisioni illegali, violenze sessuali, saccheggi sistematici e sfollamenti forzati.

Nella Repubblica Democratica del Congo, decine di gruppi armati locali e stranieri, insieme alle forze di sicurezza, hanno continuato a violare i diritti umani provocando la morte di 2000 civili e lo sfollamento forzato di almeno un milione di persone durante il 2019.

In Somalia, i civili hanno continuato a convivere con gli attacchi del gruppo armato di al-Shabaab, mentre le forze governative e quelle internazionali alleate non sono riuscite a prendere precauzioni sufficienti per non coinvolgere i civili nei loro attacchi contro al-Shabaab.

I gruppi armati hanno condotto attacchi diretti contro i civili in Camerun, nella Repubblica Centrafricana e in Burkina Faso, dove i governi non sono riusciti a proteggere i civili.

Un netto peggioramento della sicurezza si è registrato anche nel Mali centrale con l’uccisione diffusa di civili ad opera di gruppi armati e di autoproclamati “gruppi di auto-difesa”. In risposta, le forze di sicurezza maliane hanno commesso esecuzioni extragiudiziali e torture.

In Mozambico, gruppi armati hanno continuato a condurre attacchi contro la popolazione a Cabo Delgado e sono state diffuse informazioni secondo le quali le forze di sicurezza avrebbero commesso gravi violazioni dei diritti umani in risposta alla violenza.

In Etiopia, la risposta da parte delle forze di sicurezza agli scontri etnici tra le comunità è stata sproporzionata.

Nelle regioni anglofone del Camerun, i gruppi separatisti armati hanno continuato a commettere abusi come omicidi, mutilazioni e sequestri. Inoltre, sono state numerose le strutture sanitarie ad essere distrutte dai separatisti. Le forze militari hanno risposto con esecuzioni extragiudiziali e abitazioni date alle fiamme.

“L’accesso alle cure mediche resta una grande preoccupazione per le persone in tutta la regione, in considerazione degli scarsi fondi destinati alla sanità che hanno portato a una carenza di posti letto e farmaci negli ospedali. I governi dei paesi dall’Angola allo Zimbabwe, dal Burundi al Camerun non sono riusciti a rispettare il diritto alla salute e i conflitti hanno peggiorato la situazione“, ha dichiarato Samira Daoud, direttrice di Amnesty International per l’Africa occidentale e centrale.

“Con l’incombente pandemia da Covid-19, non c’è tempo da perdere: dobbiamo affrontare le disuguaglianze e le violazioni dei diritti umani che rendono la sanità inaccessibile a così tante persone“, ha proseguito Samira Daoud.
Violenta repressione di stato

In tutta la regione, i difensori dei diritti umani sono stati perseguitati e hanno subito aggressioni per aver preso posizione e aver preso la parola contro i governi. Burundi, Malawi, Mozambico, Swaziland, Zambia e Guinea Equatoriale hanno tutti assistito a un giro di vite sull’attivismo.

Ad esempio, in Malawi gli attivisti che hanno organizzato e guidato dimostrazioni contro presunti brogli elettorali nelle elezioni di maggio sono stati attaccati e hanno subito intimidazioni da parte di squadre giovanili del partito al potere e sono stati oggetto di un’azione legale da parte delle autorità. Il voto è stato successivamente annullato dal tribunale e il paese si prepara a una nuova tornata elettorale nei prossimi mesi di quest’anno.

In Zimbabwe, almeno 22 tra difensori dei diritti umani, attivisti e rappresentanti della società civile e dell’opposizione sono stati incriminati per il loro presunto ruolo nell’organizzazione di proteste contro l’aumento dei prezzi del carburante nel gennaio 2019. Le forze di sicurezza hanno scatenato un violento giro di vite che ha causato la morte di almeno 15 persone e il ferimento di altre decine.

In Guinea, dove le autorità hanno vietato oltre 20 dimostrazioni sulla scorta di motivazioni vaghe e oltremodo generiche, le forze di sicurezza hanno continuato ad alimentare la violenza durante le manifestazioni e lo scorso anno sono rimaste uccise almeno 17 persone.

In 17 paesi nella regione dell’Africa subsahariana, alcuni giornalisti sono stati arbitrariamente arrestati e fermati nel 2019. In Nigeria ad esempio, sono stati registrati 19 casi di aggressione, arresto arbitrario e fermo di giornalisti, molti dei quali hanno dovuto affrontare accuse costruite.

In Burundi, le autorità hanno continuato a reprimere l’attività dei difensori dei diritti umani e delle organizzazioni della società civile, rendendole anche oggetto di procedimenti penali e passibili di lunghi periodi di detenzione.

Continue violazioni dei diritti umani hanno costretto centinaia di migliaia di persone nella regione ad abbandonare le proprie abitazioni in cerca di protezione. Gli sfollati interni sono stati 600.000 nella Repubblica Centrafricana, oltre 222.000 in Ciad e oltre mezzo milione in Burkina Faso.

In Sudafrica, è proseguita una terribile sistematica violenza xenofobica nei confronti di rifugiati, richiedenti asilo e migranti, in parte dovuta ad anni di impunità per passati attacchi e ai fallimenti della giustizia penale. Dodici persone, tra sudafricani e stranieri, sono morte in seguito alla violenza esplosa tra agosto e settembre.

Nonostante il quadro nero, lo scorso anno sono anche state registrate alcune importanti vittorie relative diritti umani.

Proteste di massa in Sudan hanno messo fine al regime repressivo di Omar al-Bashir ad aprile del 2019 e le nuove autorità hanno promesso ampie riforme per migliorare il godimento dei diritti umani; il governo etiope ha revocato la normativa della società civile che aveva limitato il diritto di libertà di associazione ed espressione e presentato una nuova legge al parlamento in sostituzione della draconiana legislazione anti-terrorismo. Nella Repubblica Democratica del Congo, le autorità hanno annunciato il rilascio di 700 detenuti, tra i quali molti prigionieri di coscienza.

Sono state molte le vittorie relative a singoli individui. In Mauritania, il blogger e prigioniero di coscienza Mohamed Mkhaïtir è stato rilasciato dopo oltre cinque anni trascorsi in detenzione arbitraria.

Sebbene l’impunità per molte violazioni dei diritti umani sia proseguita, nel corso dell’anno sono stati registrati piccoli progressi.

Il Comando delle forze armate Usa per l’Africa (Africom) nell’aprile del 2019 ha ammesso per la prima volta di aver ucciso dei civili nei suoi attacchi aerei diretti contro al-Shabaab, aprendo la strada alla riparazione per le vittime.

Sono stati anche fatti dei progressi nei tribunali ordinari della Repubblica Centrafricana che hanno esaminato alcuni casi di violazioni da parte di gruppi armati. La Corte penale speciale ha ricevuto 27 ricorsi e lo scorso anno ha dato avvio alle indagini.

“Nel 2019 attivisti e giovani hanno contestato il sistema. Nel 2020, i leader devono ascoltare le loro richieste e lavorare per riforme assolutamente necessarie che rispettino i diritti di ciascuno“, ha concluso Samira Daoud.
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » dom gen 03, 2021 10:57 am

L'africana etiope della Capra Felice un caso infelice
viewtopic.php?f=196&t=2934
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0343187165
L'africana etiope della Capra felice è stata uccisa da un africano ghanese nero più nero di lei.
Forse era lei una razzista che non rispettava i nostri diritti umani, civili e politici!
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » mar set 21, 2021 6:22 am

Le demenziali menzogne sull'Africa del vittimismo africano
Le demenziali menzogne sull'Africa per colpevolizzare l'Occidente euro americano, la sua economia e cultura, e per demonizzare i bianchi e i cristiani, per giustificare l'invasione dei clandestini dall'Africa e sminuirne la gravità criminale, per giustificare e sminuire la criminalità razzista dei neri in Europa e negli USA e quella terroristica e nazista dei nazi maomettani africani in Africa e in Occidente.
Queste menzogne sono portate avanti dai nazi maomettani, dai suprematisti neri inter nazi comunisti, dai social comunisti atei e cristiani come Bergoglio e dalle organizzazioni internazionali come l'ONU egemonizzata dai nazi maomettani e dai social comunisti.
viewtopic.php?f=175&t=2953
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts/877868459456592
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Re: Il continente nero è tra i più razzisti della terra

Messaggioda Berto » mar set 21, 2021 6:26 am

L'eroe di Hotel Rwanda è stato condannato per terrorismo
Autore Daniele Bellocchio
20 Settembre 2021

https://it.insideover.com/societa/terro ... wanda.html

A un anno dal suo arresto, Paul Rusesabagina, l’eroe del film Hotel Rwanda, è stato condannato per ”terrorismo” e ora rischia il carcere a vita. Questa mattina la Corte Suprema ruandese si è pronunciata in questo modo nei confronti dell’uomo conosciuto in tutto il mondo come l’Oscar Schindler africano, per aver salvato, durante il genocidio ruandese del 1994, oltre 1200 cittadini tutsi dalle milizie genocidarie hutu.

Per comprendere come si è arrivati a questa sentenza storica che fa di uno degli eroi di fine ‘900 un terrorista, e che, nel giro di poche ore dal suo pronunciamento, ha già sollevato polemiche a livello internazionale, occorre riavvolgere il rocchetto degli eventi sino al 1994 quando nel Paese delle Mille Colline si consumava uno dei crimini e delle tragedie più efferate della nostra contemporaneità.

Da aprile a luglio del 1994 nel Paese dei Grandi Laghi si registrò un massacrò che vide oltre 800’000 cittadini di etnia tutsi morire sotto i colpi di machete delle milizie suprematiste hutu. In quei mesi di follia e ferocia, che sarebbero stati poi consegnati alla storia come i giorni del genocidio ruandese, Paul Rusesabagina era il manager del lussuoso Hotel delle Mille Colline a Kigali e l’uomo, di origine hutu, sfruttò la sua carica e i mezzi a sua disposizione per mettere al riparo 1.268 tutsi e hutu moderati, dalle esecuzioni sommarie e dalle barbarie che travolgevano le strade della capitale e i villaggi del Paese africano.
La fine della guerra in Ruanda coincise con la presa del potere da parte del leader del Fronte Patriottico Ruandese Paul Kagame e Rusesabagina si trovò subito in contrasto con il nuovo esecutivo che accusò di metodi autoritari. Nel 1996, l’ex gestore dell’ albergo delle ”Mille Colline” si trasferì prima in Belgio, dove chiese asilo politico, e poi negli USA. Nel 2004, con l’uscita nelle sale del film candidato all’Oscar “Hotel Rwanda” la storia di Rusesabagina raggiunse una notorietà di livello planetario e l’uomo ottenne nel 2005, dal presidente George W. Bush, la Presidential Medal of Freedom, la massima onorificenza civile degli Stati Uniti.

Dal suo esilio Rusesabagina ha sempre lanciato duri attacchi nei confronti di Kagame e del suo cerchio magico accusando l’esecutivo ruandese di aver preso una deriva autoritaria e di non rispettare la popolazione hutu. Negli anni però, alle accuse mosse da Rusesabagina, hanno fatto seguito numerosi racconti che hanno macchiato la figura di colui che era considerato uno dei massimi esponenti della difesa dei diritti umani a livello planetario. Testimonianze raccolte dalla stampa internazionale hanno ridisegnato la figura dell’ex manager dell’Hotel di Kigali dipingendolo come uno speculatore che si è arricchito chiedendo soldi e beni alle migliaia di civili che ha messo in salvo nel suo albergo. Ciò che però non è stato mai appurato è se queste fossero accuse comprovate o costruzioni fatte a tavolino dal governo di Kagame per infangare e discreditare la figura di uno dei suoi più conosciuti e autorevoli oppositori. Certo è che Rusesabagina ha proseguito la sua attività di oppositore dando vita nel 2017 al Movimento ruandese per il cambiamento democratico (Mrcd), e questa sigla si sospetta che abbia avuto anche un’ala armata, il Fronte di liberazione nazionale (Fln), resosi responsabile di alcuni attentati nel sud del Ruanda, tra il 2018 e il 2019, che hanno provocato la morte di 9 persone.

Lo scontro tra Rusesabagina e Paul Kagame è proseguito con attacchi e accuse reciproche ma nessuno avrebbe mai immaginato che l’esito di questa controversia sarebbe stato quello di una condanna per terrorismo arrivata al termine di un iter giudiziario caratterizzato più da ombre che da luci e che in molti, tra editorialisti, attivisti dei diritti umani e legali, ritengono avere i connotati di una resa dei conti personale tra il governo ruandese e il suo nemico pubblico numero uno.
Alla sentenza di poche ore fa si è arrivati infatti dopo un anno di accuse, incongruenze e denunce di violazioni dei diritti dell’accusato a partire dall’arresto avvenuto lo scorso agosto quando l’aereo su cui viaggiava l’ex gestore dell’albergo ruandese è atterrato in Ruanda anziché in Burundi dov’era diretto. Le dinamiche e le circostanze dell’arresto ad oggi rimangono molto caliginose così come tutto l’iter giudiziario che ha portato questa mattina l’eroe di Hotel Rwanda ad essere accusato di terrorismo.

Durante questi tredici mesi di detenzione molti sono stati gli appelli fatti dalle organizzazioni umanitarie, tra cui Human Rights Watch, affinché venisse fatta chiarezza su quanto stava avvenendo nel carcere di Kigali. A Rusesabagina infatti é stato impedito di essere scarcerato sotto cauzione per motivi di salute, Vincent Lurquin, l’avvocato belga dell’imputato é stato espulso dal Paese in quanto persona non grata, é stato provato che materiale riservato, appartenente a Rusesabagina, é stato intercettato e sequestrato dalle autorità del penitenziario e inoltre ci sono stati casi di testimoni che hanno ritrattato più volte le loro deposizioni.
Ma, nonostante la richiesta del parlamento europeo che venissero garantiti a Rusesabagina i diritti di un cittadino europeo, avendo lui cittadinanza belga, nonostante la mobilitazione internazionale e le richieste dei famigliari e degli attivisti dei diritti umani di fare chiarezza sui numerosi quesiti irrisolti; l’iter giudiziario é comunque proseguito e questa mattina é arrivato al suo epilogo.

Rusesabagina si é presentato davanti al giudice indossando la divisa rosa dei detenuti e con le manette ai polsi e si è ritrovato alla sbarra a dover rispondere di nove capi d’accusa tra cui terrorismo, formazione di un gruppo armato illegale, rapimento, incendio doloso e omicidio. Dopo ore di attesa, il giudice Beatrice Mukamurenzi ha emesso la sentenza esprimendosi in questi termini nei riguardi dell’accusato: ”Ha fondato un’organizzazione terroristica che ha attaccato il Ruanda. Ha contribuito finanziariamente alle attività terroristiche. Ha approvato disposizioni mensili di fondi per queste attività. Ha inventato un codice per nascondere queste attività”.

Alla fine Rusesabagina è stato condannato per i suoi legami con il Fronte di Liberazione Nazionale ma gli avvocati della difesa hanno dichiarato che non esistono prove inconfutabili riguardo al fatto che l’organizzazione agisse come braccio armato del Movimento ruandese per il cambiamento democratico, di cui Rusesabagina era uno dei fondatori. La figlia di Rusesabagina, che ha assistito al processo in remoto da Bruxelles, sulle colonne del New York Times, ha gridato allo scandalo e alla messinscena, molti opinionisti e giornalisti hanno parlato di processo politico e una delle analisi più efficaci, sempre per il quotidiano statunitense ,è stata fatta da Timothy P. Longman, professore di scienze politiche e affari internazionali alla Boston University e autore di due libri sul Ruanda. “Questo processo si inserisce all’interno di una lunga storia di repressione di qualsiasi voce di dissenso da parte del governo ruandese”. E poi il professore Longman ha proseguito dicendo: ”Il verdetto nel caso Rusesabagina a questo punto è quasi irrilevante. Ciò che è stato fatto attraverso questo processo è qualcosa di molto più grande, è stato mandato un chiaro messaggio ad ogni cittadino ruandese in patria e all’estero: nessuno potrà mai sentirsi al sicuro nel momento in cui dirà qualcosa contro il presidente Kagame e il Fronte patriottico ruandese”.

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