Pensa prima alla tua gente che agli africani e all'Africa

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Messaggioda Berto » mer set 13, 2017 6:43 am

Non deprediamo e non uccidiamo la nostra gente con l'irresponsabile accoglienza indiscriminata e scriteriata a spese delle scarse risorse pubbliche, dei nostri figli e nipoti e dei nostri compaesani e concittadini
viewtopic.php?f=196&t=2605

Non deprediamo e non uccidiamo la nostra gente e i nostri figli, ricordiamoci che
in un paese come l'Italia, in crisi economica e sociale profonda, senza lavoro, con un'imposizione fiscale spaventosa e con un debito che è tra i più alti del mondo,
ogni clandestino, ogni finto profugo, ogni migrante irregolare senza risorse e senza lavoro, ogni vero profugo in eccesso che per irresponsabile umanitarismo favorite e per cui sostenete e giustificate l'accoglienza, l'assistenza e il mantenimento a spese delle risorse comuni, del bene di tutti i cittadini, magari aumentando ulteriormente e irresponsabilmente il debito pubblico e l'imposizione fiscale
è un rubare risorse e vita ad almeno due cittadini italiani ed europei o impedire la nascita di almeno due nostri figli che le nostre famiglie e i nostri giovani non possono generare per mancanza di lavoro, per povertà, perché non riescono a metter su casa e famiglia.
Poi ricordiamoci che tutta questa gente foresta assistita e mantenuta, che non lavora perché non c'è lavoro o perché trova più comodo farsi mantenere e/o che delinque rubando, rapinando, spacciando, sfruttando la prostituzione e che è inculturalmente diversa e senza rispetto per noi e per i nostri sacrosanti diritti umani in casa nostra e che ci disprezza perché cristiani e che magari per questo vorrebbe sterminarci, sono un grave pericolo per tutta la nostra società, per la nostra umanità e la nostra vita.



Tutto quello che viene dato a questi invasori
viene tolto a te,
alla tua famiglia,
ai tuoi figli,
ai tuoi vecchi,
alla tua gente,
ai tuoi concittadini,
ai tuoi ammalati,
ai tuoi disoccupati,
ai tuoi lavoratori,
alle tue imprese,
ai tuoi poveri,
ai tuoi nipoti,
alla tua terra,
alla tua cultura,
al tuo futuro
e alla tua vita;

senza contare
che nessuno di questi invasori ha un diritto assoluto ad essere accolto,
e che molti non hanno nemmeno alcun diritto relativo, all'accoglienza e all'ospitalità;
che buona parte sono criminali comuni e parassiti
e che tanti altri sono terroristi e nazisti maomettani che possono nuocere gravemente alla tua gente, al tuo paese, alla tua famiglia e alla tua vita;

che lo stato italiano è pieno di debiti che gravano sulle spalle dei cittadini per generazioni e che non ha risorse e lavoro nemmeno per le sue genti, per i suoi figli già nati e per farne nascere altri.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » sab set 16, 2017 7:24 pm

Amare e aiutare chi ti fa del male non è un bene ma un male
viewtopic.php?f=141&t=2542
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 7401811401


Quello che Dio il Creatore e l'ebreo Cristo non hanno mai detto agli uomini
viewtopic.php?f=194&t=2676
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Messaggioda Berto » mar set 26, 2017 7:25 am

Un realista di nome Donald
L'intraprendente
Giulio Terzi di Sant'Agata

http://www.lintraprendente.it/2017/09/u ... ome-donald

La continuità dell'amministrazione Trump con la linea di altre presidenze repubblicane è molto più profonda e sistematica di quanto (non) dica il commentatore medio. La chiave è il realismo politico (ricordate un certo Kissinger?) e la si ritrova sia in politica estera che nel nuovo rapporto con l'opposizione democratica...

Pubblichiamo l’intervento che l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata ha tenuto al festival politico di Atreju, organizzato da Fratelli d’Italia.

Ho trascorso le ultime due settimane in Israele per discutere di antiterrorismo nell’era cyber, a New York per l’avvio dell’Assemblea Generale dell’Onu, e per discutere soprattutto della minaccia nucleare e missilistica nord coreana e iraniana, e del sostegno dell’Iran alla destabilizzazione della sua regione attraverso il settarismo sciita e il terrorismo. Credo perciò sia utile per parte mia fare alcune riflessioni su dove sta andando l’America.

Il Presidente nel suo discorso all’Onu ha perfettamente colto l’occasione di affermare e descrivere una “Dottrina Trump” di leadership americana nel mondo, di sintetizzarne i principi- o meglio il principio- e l’impegno che la sua Amministrazione intende dedicare alle crisi in atto e alle sfide globali. Lo ha fatto in modo diretto e con linguaggio certamente nuovo, almeno da quella tribuna, rispetto a tutti i sui predecessori alla Casa Bianca. E questo era ampiamente scontato nonostante la sorpresa manifestata dai Soloni del “politically correct”. Il principio dell’interesse nazionale e della sovranità nelle relazioni internazionali non è certo nuovo né per l’America né per nessun altro dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite. Il principio della sovranità quale base dei rapporti tra gli Stati, risale al Tratto di Westfalia del 1648. Quello dell’interesse nazionale ha costituito il riferimento esplicitamente ribadito per decenni dai fautori della dottrina realista nella diplomazia americana, ma è stato volutamente tenuto in secondo piano da quanti hanno insistito nel secondo dopoguerra sul multilateralismo nella governance mondiale e sui valori etici che più di ogni altra cosa devono far progredire l’umanità e la pace. Queste due principali tendenze nella storia della diplomazia americana e in genere nelle democrazie liberali dell’Occidente, non sono mai state affermate in modo da escludersi reciprocamente. L’elemento valoriale è stato una presenza costante anche nella scuola realista, e viceversa. È tuttavia del tutto nuovo per un Presidente americano, dalla tribuna di quello che è stato definito “il Parlamento dell’uomo” – l’Assemblea Generale –, l’aver posto l’interesse nazionale vigorosamente al centro delle relazioni internazionali di questo secolo: spazzando via le ipocrite falsificazioni di quanti sostengono- quasi sempre senza crederci e mescolando la realtà con la speranza- che i governi siano guidati più dallo spirito di solidarietà, di dialogo, di umanità e di collaborazione, che non – prima di ogni altra cosa- dall’interesse nazionale dei loro popoli e purtroppo anche, diciamolo, dei propri scopi di potere o di arricchimento personale.

Sull’interesse nazionale e la sovranità degli Stati, Trump ha detto quanto segue: “Da Presidente degli Stati Uniti, io metterò sempre l’America al disopra di tutto – America First – semplicemente come voi tutti, quali leaders dei vostri Paesi, porrete e dovrete porre sempre i vostri paesi al disopra di tutto. Tutti i leaders responsabili hanno l’obbligo di servire i loro stessi cittadini, e lo Stato-Nazione rimane il miglior veicolo per elevare la condizione umana”. Non è quindi vero, secondo Trump, che la storia contemporanea ha prodotto nel corso dell’intero secondo dopoguerra e ancor più nei quasi trent’anni trascorsi dalla fine dell’Impero sovietico e dall’accelerarsi del processo di integrazione in Europa, un dissolvimento dello Stato Nazionale in aggregazioni più ampie, motivate da grandi idealità di impronta socialista come auspicavano ad esempio i autori del Manifesto di Ventotene. Anche in Europa, non abbiamo fatto che avvertire persino dopo il Trattato di Lisbona, una rinazionalizzazione delle politiche estere, di sicurezza di difesa; anche se prevale il convincimento in Europa che avremmo tutti tratto beneficio da un andamento diverso. L’assertività degli Stati-Nazione è un fenomeno in crescita, non in diminuzione. Dall’Asia, all’Africa, all’America Latina, sino al Continente Europeo la constatazione di Trump, dettata da realismo, appare poco contestabile.

Sullo stesso piano, Trump ha posto il principio della sovranità : “In America governa il popolo, decide il popolo, ed è sovrano il popolo”. È in questo senso che va interpretato un eccezionalismo americano che in realtà Trump si è sempre ben guardato dall’evocare direttamente nella sua campagna elettorale, e anche dopo, ma che riemerge in modo piuttosto esplicito nella sua riaffermazione dei valori della democrazia statunitense: “In America noi non cerchiamo di imporre il nostro modo di vita a nessun altro, ma piuttosto lasciamo che il nostro modo di vita brilli come un esempio al quale ciascuno possa ispirarsi”.

La linea pragmatica e realista nella quale si situa questa impostazione rivela una sua evidente continuità con gli assi portanti della politica estera delle Presidenze repubblicane. Interesse nazionale a garantire la sicurezza dell’America motiva le decisioni di Trump di come affrontare, anche retoricamente, la minaccia nucleare di Kim Jong Un all’intera regione del Pacifico, quella dell’Iran all’esistenza di Israele e alla stabilità dell’intero Medio Oriente, la violazione del diritto internazionale da parte della Russia con l’invasione dell’Ucraina orientale e l’annessione della Crimea, con la militarizzazione e il tentativo di annessione dell’Intero Mar della Cina da parte di Pechino. In una riedizione dell’ “Asse del Male- Axis of Evil” di regimi criminali verso i loro stessi popoli, molto duro è stato il passaggio nel discorso di Trump dedicato al Venezuela, oltre all’Iran e alla Corea del Nord, tutti Paesi per i quali il Presidente americano ha auspicato cambi di regime: “I regimi oppressivi- ha detto ancora Trump- non possono durare per sempre, e il giorno arriverà quando il popolo farà la sua scelta: continueranno giù verso la strada della povertà, dello spargimento di sangue e del terrore, o vorrà ritornare il popolo iraniano alle sue radici di centro di cultura, civiltà, ricchezza, dove la gente può essere felice e prospera di nuovo?” Senza voler “leggere troppo” nell’intervento a Palazzo di Vetro di martedì scorso, vale la pena di rilevare come quella continuità di questa Casa Bianca con la linea di altre Amministrazioni repubblicane, sia stata rilevata più volte da profondi conoscitori della politica estera statunitense, come ad esempio dall’Ambasciatore Elliot Abrams, uno dei diplomatici più influenti in diverse precedenti Amministrazioni. Il distillato di pensiero politico contenuto nel discorso di martedì, merita un breve riferimento a Hans Morgenthau che insieme a George Kennan e ad Henry Kissinger, e a pensatori liberali come Hannah Arendt viene considerato tra i principali ispiratori dell’impostazione realista. Si tende a sottovalutare, indubbiamente per la grande incertezza, le contraddizioni, le inchieste e le ansie per quanto potrebbe emergere dal “Russiagate” anche sulle attività cyber della Russia nella destabilizzazione delle principali democrazie liberali dell’Occidente, l’aspetto della continuità della visione di questa Casa Bianca con la politica estera e il pensiero politico americano. Pur nei suoi riferimenti essenziali, il discorso di Donald Trump alle Nazioni Unite si incardina nella tradizione realista di cui è stato massimo fautore Hans Morgentahu, e poi sostanzialmente vicina a George Kennan, Henry Kissinger e altri Segretari di Stato e Presidenti.

Il realismo politico crede che la politica, come la società in generale sia governata da leggi obiettive che hanno le loro radice nella natura umana. Per migliorare la società è prima di tutto necessario capire le leggi che la regolano. Siccome il modo in cui esse operano non risponde a ciò che noi preferiamo, contrastarle espone al rischio di fallire. Il realismo quindi, fondato come è sulla oggettività della legge e della politica, deve poter credere nella possibilità di sviluppare una teoria razionale che rifletta, per quanto imperfetta e parziale, l’oggettività delle leggi che regolano la società. Si deve anzitutto distinguere tra verità ed opinione, tra ciò che è oggettivamente vero e razionale, sostenuto dall’evidenza e illuminato dalla ragione, e ciò che è invece un giudizio soggettivo, staccato dai fatti quali essi sono, intriso di pregiudizio e di illusione. Morgenthau è diventato celebre per aver sintetizzato in sei fondamentali principi la sua “dottrina”:
1) La politica è governata da leggi oggettive 2) Il concetto di interesse, definito in termini di potere, permette una comprensione razionale della politica (sulla quale agiscono comunque anche elementi irrazionali) 3) L’interesse dipende dalle circostanze concrete di tempo e di luogo 4) I principi morali non possono essere applicati astrattamente alle relazioni fra gli Stati, ma devono essere filtrati dalle circostanze concrete di tempo e di luogo. Un governo non può concedersi di disapprovare o evitare la violazione di qualche principio morale astratto, se una simile concessione gli impedisce di compiere una scelta politica di successo, ispirata dal supremo principio morale della sopravvivenza nazionale 5) Le aspirazioni morali di uno Stato (ad esempio combattere una guerra giusta, ambire alla pace fra le nazioni) non possono essere identificate con il bene universale, ma solo con il perseguimento dell’interesse di quello stesso Stato, definito in termini di potere 6) Pur reputando l’uomo un “essere plurale” (che ad esempio agisce, anche contemporaneamente, nella sfera economica, sociale, psicologica, eccetera), il realismo politico considera la sfera politica come la principale tra le molteplici sfere di interesse umano. Nonostante le critiche spesso superficiali ad una Amministrazione che indubbiamente rivela considerevoli problemi di coordinamento e di coerenza al suo interno, interessante comunque rilevare come alcune affermazioni del Segretario di Stato Rex Tillerson, del Consigliere per la Sicurezza nazionale, Mac Master e del Segretario alla Difesa Mattis siano state in questi mesi in linea – più di quanto anticipato da molti commentatori- con le posizioni espresse il 19 settembre dal Presidente Trump dalla massima Tribuna dell’Onu: posizioni familiari per la scuola realista nelle relazioni internazionali.

A otto mesi dal suo insediamento il Presidente Trump continua a essere negli Stati Uniti e in Europa al centro di polemiche: alimentate da giudizi settari e virulenti, mentre i suoi sostenitori -americani e stranieri- restano irremovibilmente convinti della sua visione e delle sua capacità di trasformare radicalmente il Paese, dando una sferzata alla crescita, e sul piano internazionale di “rifare grande ancora l’America” rimescolando molte delle carte sulle quali si sono fondati l’ordine e la sicurezza mondiale dalla fine della Guerra Fredda a oggi. I due campi, quello di coloro che vedono in Trump una sorta di pericolo per il genere umano, la democrazia liberale‎, e per lo stesso Stato di diritto, e il campo dei sostenitori che l’anno votato in patria, e ammirato all’estero sono rimasti sostanzialmente quelli delineatisi durante gli ultimi tempi della campagna presidenziale e dei primi mesi della nuova Amministrazione. Certo, il calo nei sondaggi c’è stato, ma non quanto i critici si aspettassero. L’unico leader importante che ha dovuto cambiare radicalmente i suoi giudizi sulla nuova Presidenza Americana ‎ è parso essere -allo stato delle cose- il Presidente della Federazione Russa che ha dovuto subire la sconfitta almeno temporanea di nuove sanzioni imposte dal Congresso che la Casa Bianca non è riuscita ad annacquare né ad evitare che diventassero esecutive. I consensi a Trump hanno sorprendentemente resistito all’impatto dei licenziamenti e alle dimissioni a catena di almeno una decina dei suoi più importanti collaboratori, alla caduta di fiducia dello stesso Trump verso altri Ministri chiave come il Segretario al Tesoro Steven Mnuchin, il Segretario alla Giustizia Jeff Session, il capo del Consiglio Economico del Presidente, Gary Cohn. Poco ha anche influito sul sostegno al Presidente lo stallo almeno per ora della legislazione per il “repeal” -il rigetto della Riforma sanitaria di Obama- l’Affordable Care Act,- stallo dovuto a profonde divergenze tra ampi settori dello stesso partito Repubblicano‎. Rapidamente riassorbito il plateale incidente di percorso addebitato a Steve Bannon, dei divieti di ingresso per i visitatori provenienti da alcuni paesi musulmani, non molto è sino ad ora accaduto per effetto del “Russiagate” e della sequenza quotidiana di rivelazioni fornite dalla stragrande maggioranza dei media americani. Facendo però attenzione al ruolo di un web che sappiamo influenzare assai più il pubblico, soprattutto quello dei “fans” di Trump, di quanto i media tradizionali siano riusciti sinora a fare.

trumpTrump sta sorprendendo non soltanto i propri detrattori più acerrimi, ma molti dei suoi più stretti collaboratori e dei suoi amici fidati nella capacità straordinaria che dimostra di saper “sopravvivere a sé stesso“, soprattutto al suo inarrestabile utilizzo di Twitter, sconsigliatogli ripetutamente ma invano dal precedente e dall’attuale Capo di Gabinetto‎, dai portavoce, e -sembra-dai famigliari come la figlia e il genero. A questo riguardo, preoccupa non soltanto gli ambienti della sicurezza nazionale americane, ma anche quelli degli Alleati Europei, il fatto che gli scollamenti tra le “bordate” del Presidente su Twitter, rafforzate talvolta con altri interventi pubblici, e solo in alcuni casi corretti, e le posizioni assunte dal suo “team per la sicurezza nazionale” siano diventati come una sorta di manuale di come le crisi non dovrebbero essere gestite. E non si tratta solo di annunci contraddittori ma anche di decisioni importanti annunciate e poi ribaltate nel giro di ore o di giorni. La lista è lunga: Corea del Nord, Cina, Russia, Alleanza Atlantica, Europa, clima e ambiente, Organizzazioni Multilaterali. Tuttavia si profila ora, secondo una tesi che condivido, una mutazione decisamente positiva nella “resilience” e nella straordinaria capacità di Donald Trump non solo di sopravvivere a se stesso ma anche di trovare sempre l’energia e l’inventiva per continui rilanci‎ politici, anche a costo di ridimensionare strategie annunciate in campagna elettorale e all’inizio della sua Presidenza. La mutazione più importante è avvenuta improvvisamente e proprio nei confronti degli interlocutori più difficili: il Congresso degli Stati Uniti e il Partito Democratico. Il cambiamento si è verificato nel giro di pochissimi giorni. Intendiamoci, si tratta di un “mutante” per eccellenza; di un’intelligenza estremamente pragmatica, avvezza al “deal” immediato, focalizzata sul successo; di una personalità, quella di Trump, che molti dicono poco propensa a strategie complesse che richiedano lunghe elaborazioni concettuali e ancor più faticosi percorsi di attuazione.

C’era una cosa che quasi nessuno si aspettava ‎in America e in Europa: che Donald Trump potesse rivedere il suo giudizio sulla “palude di Washington”, sulle sue acque infette, sui coccodrilli, serpenti e insetti malarici che la infestano. Il motto “drain the swamp”, “prosciughiamo la palude” era tra quelli che avevano suscitato più ovazioni entusiastiche nella campagna elettorale, e che probabilmente gli hanno assicurato molti voti lo scorso novembre. Ma quale era il centro della palude, per l’immaginario collettivo? Non era, e non continua a essere il Campidoglio, con un Parlamento inconcludente, incartato a ogni decisione, pullulante di orde incontrollabili di lobbisti, e trascinato da interessi e velleità socialisteggianti che non sono certo quelle, secondo Steve Bannon, che possono rifare l’America? In realtà, i primi mesi della Presidenza Trump hanno ancora una volta dimostrato la grande forza ‎della Democrazia liberale Americana : basata sull’equilibrio attento e maturo tra potere esecutivo e potere legislativo. I poteri della Casa Bianca sono accuratamente equilibrati da quelli del Congresso. Nessun Presidente ha mai potuto conseguire obiettivi importanti senza il sostegno politico della Camera dei Rappresentanti e del Senato. Nelle stesse decisioni che teoricamente dipendono in modo esclusivo dal Presidente, in particolare in politica estera, e nella sicurezza del Paese, l’atteggiamento del potere legislativo influisce enormemente anche quando non sono tecnicamente necessari voti congressuali. L’intesa raggiunta a metà settembre con i leaders del Partito democratico nei due rami del Parlamento, Nancy Pelosi e Chuck Schumer, per finanziare i soccorsi alle popolazioni compite dall’uragano Irma e per elevare il limite autorizzabile di spesa pubblica, è avvenuta sopra le teste dei leaders repubblicani Paul Ryan e Mitch McConnell. Il Presidente Trump si è affrettato a osservare :“penso che avremo una diversa relazione” con l’opposizione democratica. E’ ciò che gli americani vogliono vedere. Anche se molti sono scettici non c’è dubbio che le opportunità per “deals” su altri terreni critici abbondino. Sembra che Pelosi e Schumer abbiano avuto qualche incoraggiamento dalla Casa Bianca sulla questione dei “dreamers”, i figli di immigrati illegali che allo stato delle cose rischiano la deportazione in paesi di origine che spesso non hanno mai conosciuto. L’ingente programma di infrastrutture, per circa un trilione di dollari, potrebbe costituire un altro ambito di compromesso. Ugualmente importante la riforma fiscale e quella sanitaria dove si parte da posizioni molto distanti, radicate nel tempo e ideologizzate. Tuttavia, gli ottimisti rilevano come Trump abbia dimostrato notevole capacità di staccarsi, quando ritiene di farlo, da posizioni consolidate del suo Partito per cogliere opportunità di successo. L’esempio dei giorni scorsi con l’intesa sul bilancio e sui soccorsi alle popolazioni colpite dagli uragani potrebbe essere un nuovo inizio per questa Presidenza. Anche i paesi amici e alleati dell’America, come il nostro, e più in generale l’affermazione dei valori e degli interessi dell’Occidente ne trarrebbero evidente vantaggio.
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Messaggioda Berto » mer ott 11, 2017 9:52 pm

Operaio si toglie la vita era in cassa integrazione.
Le difficoltà economiche avrebbero provocato il tragico gesto, anche la moglie aveva perso il lavoro. I compagni sconvolti: «Non pensavamo arrivasse a tanto» di Alessandro Abbadir
09 ottobre 2017

http://nuovavenezia.gelocal.it/venezia/ ... 1.15968941

MESTRE. Un operaio in cassa integrazione con una situazione economica famigliare difficile, si è tolto la vita ieri mattina in un centro della Riviera del Brenta nel garage di casa sua. L’uomo un cinquantenne residente da una quindicina di anni in paese, da tempo stava vivendo una situazione difficile soprattutto dal punto di vista occupazionale. Ieri mattina ha deciso di compiere il gesto estremo. Dopo essersi alzato è andato nel garage di casa e si è tolto la vita. A trovarlo esanime sono stati i famigliari che in preda alla disperazione hanno tentato di rianimarlo. Subito sul posto è stato fatta intervenire un’ambulanza, ma i sanitari non hanno potuto che constatarne il decesso.

Sul posto sono arrivati anche i carabinieri della Compagnia di Chioggia. I militari non hanno trovato nessun biglietto o motivazione dell’uomo che giustificasse il gesto estremo. Della notizia della sua morte, sono venuti subito a conoscenza nel pomeriggio di ieri anche i compagni di lavoro dell’azienda, che sono rimasti choccati dell’accaduto, ma hanno anche fatto capire che da tempo l’uomo lamentava anche con loro una situazione economica difficile.

«Ci raccontava che da mesi faceva fatica a trovare i soldi per la colazione o per comprarsi un pacchetto di sigarette e mantenere la famiglia», spiega un rappresentante delle Rsu, «lavorava da una quindicina di anni in quell’azienda e le difficoltà che stanno attraversando tutti con la cassa integrazione, era una situazione che lui non riusciva ad accettare, non riusciva a capacitarsi delle comportamento dell’azienda che riteneva molto scorretto nei confronti di chi come lui, per la ditta si era speso con enormi sacrifici per tanti anni». A complicare la situazione economica familiare anche il fatto che pure la moglie da mesi non lavorava più ed era in mobilità. «Non avremo mai creduto che arrivasse a tanto», spiegano sconsolati altri colleghi di lavoro, «questa storia deve far riflettere tutti».

Anche in paese la notizia si è sparsa in poco tempo. Qualcuno spiega che forse il cinquantenne era preoccupato per qualche problema di salute. Si tratta però solo di ipotesi. L’autorità giudiziaria ha già dato il via libera per i funerali, che si terranno nei prossimi giorni.



Parma: senza lavoro, sfrattato e senza luce. Si impicca in casa
2017/10/10

https://www.inews24.it/2017/10/10/parma ... ca-in-casa

A Parma, come ormai in moltissime città italiane, ci si toglie la vita perché le nostri istituzioni non garantiscono nulla, se non fame, disoccupazione, emergenza abitativa. A Parma, nel pre cena un uomo di 65 anni, ancora molto lontano dalla pensione, dopo aver perso il posto di lavoro e, dopo averlo cercato per molto tempo ma invano (chi darebbe lavoro ad un ultrasessantenne?), ha deciso di porre fine alla sua esistenza in un modo purtroppo tragico. Questo è avvenuto anche perché a disperazione si è aggiunta disperazione visto che, non riuscendo a pagare le bollette e quindi le varie utenze, i tecnici hanno provveduto a staccare la spina, prima della corrente e poi delle altre utenze. Se poi ci aggiungiamo che al Signore in questione pendeva ormai sul capo da settimane una ingiunzione di sfratto esecutivo, possiamo intuire il dramma che stava vivendo questo Signore. Nella ricca (una volta) Parma quindi si è assistito a questo tragico evento. Il corpo del 65 enne è stato rinvenuto dalla anziana madre, preoccupata perché non lo vedeva da ore. Nell’abitazione sono arrivati i poliziotti, il medico legale e la Polizia Scientifica, che non hanno altro che potuto constatare il decesso, avvenuto per suicidio. Il 65enne, oltre alla madre, lascia anche una figlia. Riusciremo a fermare questa escalation di auto-violenza prima o poi? I nostri governanti si rendono minimamente conto degli enormi sacrifici che fanno decine di migliaia di italiani ogni giorno per arrivare a fine mese? Lo speriamo con tutto il cuore, ma probabilmente quello di Parma non sarà un caso isolato. Almeno che in questi casi, come ammortizzatore, funzionassero i servizi sociali dei vari comuni, che dovrebbero avere un salvadanaio per pagare utenze e affitti a chi oggettivamente è in difficoltà economica e non può provvedere a se stesso e alla famiglia.


Tre mesi per dare un nome al suicida: è un disoccupato di Vittorio Veneto
Vittorio Veneto. Numero di matricola della pistola e test del Dna ne hanno confermato l’identità L’uomo viveva in un appartamento in centro, si era tolto la vita ai primi di giugno
di Francesca Gallo
04 ottobre 2017

http://tribunatreviso.gelocal.it/trevis ... 1.15941194

VITTORIO VENETO. Svelato il mistero del cadavere senza nome. È Mauro Zago, un disoccupato vittoriese di 46 anni, l'uomo trovato morto un mese fa sul Montebello sopra le Perdonanze. La conferma ufficiale è arrivata lunedì dopo i risultati degli esami su campioni di Dna. Risolto quindi il giallo sull'identità del misterioso cadavere, suicida con un colpo di pistola. I carabinieri sono arrivati alla sua identità tramite la comparazione del suo Dna con quello dei familiari. A portare gli uomini dell'Arma sulle tracce dei parenti dell'uomo è stata la pistola trovata accanto al cadavere.

L'arma, infatti, regolarmente detenuta, era intestata proprio a Zago. Per avere la conferma dell’identità c’è voluto però l'esame, perché il corpo ritrovato era irriconoscibile, ormai scarnificato e in avanzato stato di decomposizione. Si è così avuto la conferma che si trattava proprio del 46 enne vittoriese, come nei primi riscontri delle indagini era stato ipotizzato. Il corpo di Mauro Zago era stato ritrovato il 3 settembre. «Si tratta di un suicidio che sarebbe stato compiuto verosimilmente ai primi di giugno», spiega il comandante della compagnia dei carabinieri di Vittorio Veneto Alberto Giletti che ha condotto le indagini. A scoprirlo per puro caso, nel tardo pomeriggio di una domenica di fine estate, era stato un escursionista che si trovava in passeggiata insieme con il figlio, accompagnati dal loro cane.

L'animale si era all’improvviso bloccato e si era messo ad abbaiare davanti a una siepe sulla cima del Montebello. Il ragazzino ha raggiunto il cane, non comprendendo lo strano comportamento, e a quel punto si è imbattuto nel terribile ritrovamento. In mezzo alla boscaglia, seminascosto tra la vegetazione, era emerso quel che restava del misterioso corpo. Accanto vi era la pistola con la quale Mauro Zago aveva deciso di farla finita.

Subito dopo il ritrovamento la Procura di Treviso aveva aperto anche un'inchiesta ipotizzando il reato di omicidio, per cercare di risolvere il mistero ma anche per fugare ogni dubbio. A mano a mano i riscontri hanno portato a confermare il suicidio, escludendo così la pista del delitto. I carabinieri avevano iniziato intanto a passare al setaccio le banche dati delle persone scomparse. L'uomo viveva da solo in un condominio di viale della Vittoria, in centro città. Nessun familiare aveva però denunciato la sua scomparsa perché Zago da tempo aveva interrotto ogni rapporto con i parenti. Da tempo soffriva di sindrome depressiva.

Questo stato lo aveva sempre più
isolato dal mondo portandolo a troncare ogni rapporto con chiunque lo conoscesse.L'uomo aveva cambiato più residenze, per un periodo aveva abitato anche a Conegliano, dove vive il padre. Già firmato il nulla osta del magistrato per poter dare a Mauro Zago una degna sepoltura.
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Messaggioda Berto » lun nov 06, 2017 7:42 am

Antonio Socci, il Papa e gli immigrati: il durissimo attacco che ha "convertito" Bergoglio
12 Settembre 2017

http://www.liberoquotidiano.it/news/opi ... deli-.html

La continua, insistente, ossessiva predicazione di papa Bergoglio a favore dell' emigrazione che esige dall' Italia e dall' Europa di spalancare le frontiere a milioni di migranti, gli ha fatto perdere le simpatie di una grossa fetta di opinione pubblica. Non solo quella più popolare che soffre maggiormente l' irrompere di tante comunità straniere.
Già da tempo sono intervenuti alcuni studiosi laici come Paul Collier, docente di Economia e Politiche pubbliche a Oxford e autore di «Exodus», lo studio fondamentale sul fenomeno migratorio.

Collier, su Catholic Herald, scrive, con riferimento a Bergoglio, che «le reazioni cristiane di fronte ai rifugiati e alle migrazioni sono caratterizzate da una certa confusione morale, e tutto ciò mentre non riescono ad affrontare le necessità reali».
Insieme al "cuore" occorre "la ragionevolezza", altrimenti si fanno danni. Infatti lo studioso ha mostrato che la politica delle porte aperte ha danneggiato proprio i Paesi di provenienza dei migranti, perché li ha privati delle energie migliori per la ricostruzione.
Inoltre danneggia i poveri e i lavoratori dei paesi europei perché lo "Stato sociale" non può provvedere a loro e a milioni di stranieri bisognosi che arrivano. Non ci sono le risorse. E Collier afferma che non si ha diritto di definire "razzismo" le preoccupazioni dei nostri poveri.
Le frontiere degli Stati nazionali - ha aggiunto Collier in polemica con certi strali bergogliani - «non sono abomini morali». Sono, come i muri di ogni abitazione per le nostre famiglie, la protezione della vita pacifica di una comunità. E il diritto di emigrare dal proprio Paese non significa che si ha automaticamente diritto di immigrare dove si vuole.

Più sbrigativo e drastico è stato l' economista e scrittore Geminello Alvi secondo cui Bergoglio promuove una immigrazione «scriteriata» per l' abitudine dei gesuiti di fare i «filantropi coi soldi altrui». Alvi aggiunge che la predicazione bergogliana è una «disgrazia quotidiana» che ha messo «il cattolicesimo ormai in liquidazione».
Ma ormai sempre più spesso sono i cattolici a contestare la fissazione politico-teologica di Bergoglio sull' emigrazione.
L' altroieri è stata pubblicata da uno scrittore cattolico francese, Henri de Saint-Bon, esperto di Islam e di Chiese orientali, autore di vari libri, una Lettera aperta a papa Francesco che merita di essere considerata attentamente.
Saint-Bon, con un tono molto rispettoso, esprime il suo «smarrimento» di fronte alle «recenti dichiarazioni» del papa «sull' immigrazione e l' Europa». Perché hanno «urtato» la sua sensibilità di cattolico e hanno «ferito molto profondamente i francesi fieri della loro nazione» che essi sentono il dovere di «difendere e proteggere».
L' autore afferma che le dichiarazioni bergogliane «ignorano il concetto di nazione costitutivo naturale di ogni società». Inoltre «mostrano un certo disprezzo dell' Europa, che in duemila anni di storia ha donato tanti santi» e «incoraggiano le popolazioni africane e altre ancora a sradicarsi, con tutti i drammi umani che ne derivano», per «inserirsi con forza nel midollo dei paesi da loro scelti».

Saint-Bon riconosce, come ogni buon cattolico, che i credenti hanno il dovere della carità: «Essa è dovuta, mi pare, allo straniero di passaggio o temporaneo. Ma non sapevo che consistesse nel dar da mangiare e da bere in modo duraturo a colui che irrompe a casa vostra e che vi impone le sue leggi. Che cosa farà Vostra Santità quando dei migranti verranno ad installarsi, contro il Suo volere, anche all' interno del Vaticano, o all' interno di Casa Santa Marta, e Le imporranno la costruzione di una moschea e l' osservanza del Ramadan? Certo, non tutti i migranti sono musulmani, ma molti lo sono, con la volontà, alla lunga, di imporre l' islam in Europa».
Lo scrittore fa presente che in nessun passo delle Sacre Scritture si incoraggia una cosa simile: «Giova forse ricordare che l' enciclica Rerum Novarum qualificava come nocivi i trasferimenti di popolazioni?

Infine il Catechismo della Chiesa Cattolica, precisa nel suo paragrafo 2241, che: "L' immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del Paese che lo accoglie, a obbedire alle sue leggi, e a contribuire ai suoi oneri". Dispiace che Vostra Santità non l' abbia ricordato».
Peraltro sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno sempre affermato che il primo valore da difendere è «il diritto di non emigrare» perché dover lasciare la propria terra è un' ingiustizia, non è un bene come fa credere Bergoglio.
Nei giorni scorsi c' è stata anche una gaffe del papa argentino che ha evidenziato la sua rottura rispetto al magistero di Benedetto XVI che è quello di sempre della Chiesa.
Egli infatti - nel suo recente Messaggio per la giornata mondiale del migrante e del rifugiato 2018, che è passato sui media come una sponsorizzazione dello «Ius soli» - ha cercato di legittimarsi con l' autorità di Benedetto XVI, sostenendo che il suo predecessore, nell' enciclica Caritas in Veritate, avrebbe detto che «la sicurezza personale» è da «anteporre sempre» alla «sicurezza nazionale».
Ecco le sue parole: «Il principio della centralità della persona umana, fermamente affermato dal mio amato predecessore Benedetto XVI, ci obbliga ad anteporre sempre la sicurezza personale a quella nazionale». È stato un cattolico ortodosso come Luigi Amicone a eccepire che l' enciclica di Benedetto XVI non afferma questo.
Anzi, Ratzinger, nel passo evocato da Bergoglio, dice una cosa del tutto diversa: «Possiamo dire che siamo di fronte a un fenomeno sociale di natura epocale, che richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Tale politica va sviluppata a partire da una stretta collaborazione tra i Paesi da cui partono i migranti e i Paesi in cui arrivano; va accompagnata da adeguate normative internazionali in grado di armonizzare i diversi assetti legislativi, nella prospettiva di salvaguardare le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate e, al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati».
Amicone commenta: «Si capisce chiaramente che in Benedetto XVI non vi è alcuna contrapposizione tra persone migranti e "società di approdo degli stessi emigrati".
Al contrario. Egli richiama la aprospettiva di salvaguardare sia le esigenze e i diritti delle persone e delle famiglie emigrate", sia "al tempo stesso, quelli delle società di approdo degli stessi emigrati"».

Ma il magistero di Benedetto XVI è stato anche più chiaro.
Nel discorso ai Sindaci dell' Anci, all' udienza del 12 marzo 2011, disse: «Oggi la cittadinanza si colloca, appunto, nel contesto della globalizzazione, che si caratterizza, tra l' altro, per i grandi flussi migratori. Di fronte a questa realtà bisogna saper coniugare solidarietà e rispetto delle leggi, affinché non venga stravolta la convivenza sociale e si tenga conto dei principi di diritto e della tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana».
Questa necessità di difendere «la tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana» è centrale nell' insegnamento di Benedetto XVI. Ed è pressoché inesistente nei continui interventi di Bergoglio sull' emigrazione.
Infine è inesistente, in Bergoglio, il riconoscimento della laicità dello Stato che ha compiti e doveri (di difesa del territorio, della sicurezza e del benessere popolo italiano), diversi rispetto alla Chiesa che deve insegnare l' amore al singolo cristiano.
La Chiesa fa il suo mestiere annunciando il Vangelo a ogni persona, ma - diceva il cardinal Giacomo Biffi - lo Stato deve fare lo Stato, cioè provvedere al bene collettivo dei suoi cittadini, all' ordine civile e alla prosperità.
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Messaggioda Berto » dom nov 19, 2017 7:06 pm

Bologna, la rivolta dei preti: niente pranzo con i migranti
Sergio Rame - Dom, 19/11/2017

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 64870.html

L'arcivescovo Zuppi lancia l'iniziativa "Ospita a pranzo uno straniero". Ma aderiscono solo 20 preti su 90: "Che senso ha accogliere un islamico in chiesa?"

Tutto nasce da un'iniziativa di papa Francesco. Oggi, infatti, si celebra la "Giornata mondiale dei poveri".

È stata istituita proprio quest'anno dal Santo Padre e a Bologna è stata il pretesto per creare una forte divisione all'interno della Curia. La rivolta della stragrande maggioranza dei parroci, però, non è contro Bergoglio ma contro l'arcivescovo Mattia Zuppi che, come racconta il Corriere della Sera, ha chiesto ai preti della città di ospitare a pranzo i migranti dell’hub di via Mattei. Il risultato è stato imbonente. Appena venti parrocchie su novanta hanno, infatti, aderito all'iniziativa.

Come fa notare Renato Farina su Libero, "tanti vescovi italiani, credendo forse di farsi belli con il Papa argentino, identificano i poveri con i migranti e privilegiano tra loro i musulmani". E così succede a Bologna dove la "Giornata mondiale dei poveri" è stata affidata a don Matteo Prodi. A fine settembre il nipote dell'ex premier Romano si era dimesso dall’incarico di parroco di una frazione di Zola Predosa dopo le polemiche che aveva scatenato per aver accolto in parrocchia i profughi. "Non sono una persona che coltiva rancori o cerca vendette - aveva scritto in una lettera ai fedeli riportata da Qn - mi chiedo solo perché e a che cosa è servito...". Adesso è di nuovo nell'occhio de ciclone per colpa di una iniziativa fortemente voluta dall'arcivescovo Zuppi. Iniziativa, quella di offrire un pasto caldo ai migranti del centro di accoglienza di via Mattei, che non è piaciuta ai più.

I dubbi dei parroci sono molti. "Può essere una bella iniziativa, ma bisogna chiedersi quale sia il senso dell'accoglienza di un musulmano in chiesa - spiega al Corriere della Sera don Antonio Rota del Sacro Cuore - non è facile mettere insieme due mondi religiosi". D'altra parte anche per il vicario Giovanni Silvagni è "sbagliata e indebita l'equazione 'poveri uguale, migranti uguale musulmani'". Le stragrande maggioranza delle parrocchie si è infatti messa in gioco invitando a pranzo persone e famiglie con problemi economici. "Non per forza migranti", mette in chiaro il vicario. "Non sono bocche da sfamare - puntualizza - ma vite e storie da accogliere".
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Messaggioda Berto » mar nov 21, 2017 7:58 am

Caos a Conetta: pronti a scappare altri 871 profughi
Serenella Bettin - Dom, 19/11/2017

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 64757.html

I profughi non si arrendono. Continuano. La Chiesa si piega e lo Stato anche. E ora da quell'ex base militare di Conetta, nel veneziano che fino a pochi giorni fa ospitava 1119 richiedenti asilo, ce ne sono altri 871 che se ne vogliono andare.

Vogliono seguire quei 248 migranti che da venerdì sono stati ricollocati in altre strutture regionali del Veneto, dopo che hanno deciso di protestare e scappare dal centro di accoglienza. Martedì hanno iniziato la loro marcia verso Venezia e alla fine hanno vinto loro. Il Viminale subito li ha ricollocati. Absolutely today - assolutamente oggi - ci dice un richiedente asilo rimasto all'interno della base - we want to come out today, vogliamo uscire oggi. Qui siamo ancora novecento persone ci dice un contatto che vuole rimanere anonimo ma circa trecento vogliono uscire e andare verso Venezia, abbiamo bisogno di un autobus. Lì dentro tutti se ne vogliono andare dice Federico Fornasari dei sindacati Usb (Unione sindacale di base) ci stiamo organizzando. Un'assemblea è indetta per domani tra i richiedenti asilo e i sindacati per decidere il da farsi. Ma a quanto pare ancora non basta. Perché alcuni che erano stati ricollocati nel Trevigiano e a Jesolo, non hanno gradito la soluzione trovata e vogliono tornare a Conetta. Non sarà che lo Stato concede un po' troppo? Anzi tutto. Ieri a Cona il primo matrimonio misto. Un richiedente asilo del Mali ha sposato una ragazza italiana, cittadina di Cona, che lavorava all'interno del centro accoglienza. Entrambi del 1994, hanno anche una figlia, di appena un anno.



Proteste e fughe in tutto il Veneto: profughi, la bomba a orologeria
15 novembre 2017
A.Mat.

https://www.vvox.it/2017/11/15/proteste ... orologeria

Qualche giorno fa una sessantina di migranti hanno protestato davanti alla prefettura di Vicenza con cartelloni e striscioni: «non siamo venuti in Italia per i soldi, ma per avere dei documenti ed essere liberi e indipendenti». Un paio di giorni fa, invece, 8 profughi sono fuggiti dal centro accoglienza di Erbezzo, in provincia di Verona, e si presuppone che abbiano già passato il confine nazionale. Anche la situazione a Conetta, in provincia di Venezia, non è delle più tranquille e ha raggiunto il culmine ieri quando circa duecento richiedenti asilo hanno preso i propri bagagli e si sono incamminati verso la Romea e Venezia decisi a lasciare il campo in cui si sentono abbandonati da mesi.

Oggi è toccato ad Enego, sull’Altopiano di Asiago, dove alcuni migranti hanno spiegato al Giornale di Vicenza: «mangiamo e dormiamo e basta. Almeno ci facessero dei corsi di italiano. Qui non facciamo nulla e, si sa, l’ozio è anticamera del diavolo. Vorremmo maggiore libertà e la possibilità di formazione». Infine la notizia riportata dall’Arena di una cinquantina di profughi che nella tarda mattinata di oggi hanno manifestato davanti al municipio di Sanguinetto, in provincia di Verona, chiedendo l’emissione della carta d’identità.

L’impressione è che la situazione, già difficile da tempo, negli ultimi giorni si stia facendo sempre più tesa. Abbandono e diritti sono le parole più usate. Una cosa è certa: l’insofferenza continua a crescere. In molti puntano il dito contro l’organizzazione e lo smistamento dei richiedenti asilo che vengono mandati, con logiche difficili da seguire, in piccoli paesi sperduti con troppo pochi abitanti, come nel caso di Erbezzo, oppure in centri d’accoglienza pieni ben oltre la capienza, come nel caso di Conetta. E di soluzioni concrete e immediate all’orizzonte, almeno al momento, non se ne vedono.


Alberto Pento
Andate via, mandiamoli via!
Noi non vi dobbiamo proprio nulla e poi non abbiamo assolutamente bisogno di voi che venite a casa nostra e nella nostra terra senza chiederci il permesso come se fosse vostra e a pretendere quello che è nostro come se fosse vostro: e ci rubate, rapinate, spacciate, stuprate, maltrattate, sfruttate, disprezzate e uccidete.

Qui non c'è posto per voi, ci manca anche il lavoro, qui da noi scarseggiano le risorse per farsi una casa, una famiglia e mettere la mondo dei figli; abbiamo già tanti problemi, tanti poveri, ammalati, vecchi, bisognosi, disoccupati, ladri e parassiti che non ce ne servono altri. Inoltre non vogliamo assolutamente i nazisti maomettani questa brutta gente razzista, violenta, demenziale, criminale, senza rispetto per i diritti umani universali e senza amore per noi. Andate via, tornatevene da dove siete venuti che per noi non siete affatto un bene ma un male, un grande male.
Checché ne dicano gli irresponsabili parassiti e criminali che vi istruiscono e vi sostengono e che violano i nostri diritti umani e che ci depredano dei nostri beni essenziali come il futuro, i figli, la cittadinanza, le risorse pubbliche, lo spazio fisico della nostra terra, della nostra cultura e tradizioni e della nostra sovranità politica con le scuse, i pretesti e le giustificazioni più disparate e assurde come la fraternità universale imposta, la cittadinanza mondiale che non esiste, vostri presunti diritti che non esistono, i nostri presunti doveri e obblighi internazionali, il colonialismo e lo schiavismo di un tempo (dimenticando, il vostro schiavismo e il vostro colonialismo africano e maomettano), le presunte responsabilità sulle variazioni climatiche (dimenticando che l'Europa, l'occidente e le fascie temperate debbono riscaldare il loro ambiente se vogliono continuare ad esistere ed essere i motori del progresso e dello sviluppo di tutta la terra e anche vostri), il presunto imperialismo economico e con demenziali e assurdi doveri e obblighi religiosi idolatri.
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Re: Pensa prima alla tua gente che agli africani e all'Afric

Messaggioda Berto » dom nov 26, 2017 8:08 pm

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Re: Pensa prima alla tua gente che agli africani e all'Afric

Messaggioda Berto » dom nov 26, 2017 8:09 pm

Perché non copiare Israele per l’emergenza clandestini?
26 novembre 2017
di Lorenzo Mottola

http://www.italiaisraeletoday.it/perche ... landestini

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu sta per fare quello che chiunque in Italia, ascoltando un politico o leggendo un quotidiano, riterrebbe assolutamente impossibile: imbarcare quarantamila africani entrati illegalmente nel suo Paese e rispedirli nel loro continente. Ai profughi verrà data una sola scelta: accettare o finire in galera per un periodo non definito. La decisione è maturata per una ragione precisa: la presenza dei migranti ha fatto impennare i tassi di criminalità.

Benjamin Netanyahu

Così Tel Aviv ha avviato trattative con alcuni governi per trasferire gli uomini e i problemi. E Uganda e Ruanda hanno risposto sì. Il tutto in cambio di qualche migliaio di dollari a persona. Nota bene: i richiedenti asilo presenti in Israele non vengono affatto dalle due nazioni selezionate. Semplicemente Netanyahu ha cercato qualcuno disposto ad accollarsi il carico. A caso, si potrebbe dire.

Fregandosene delle polemiche che ne sono derivate. Resta da interrogarsi, a questo punto, sulle tante chiacchiere fatte dalle nostre parti sui trattati internazionali che ci impongono di garantire vitto e alloggio ai clandestini e di soccorrere qualsiasi barcone passi a qualche ora di navigazione dalle nostre coste.

Dando un’occhiata per il mondo ci si rende conto che questi sacri accordi praticamente non li rispetta nessuno. Si può partire dal basso, ovvero dall’Australia. I sudditi della regina residenti agli antipodi hanno trovato da tempo un modo curioso per risolvere la questione. Chi arriva viene accompagnato in battello su un’isola, l’atollo di Nauru. Scappare da lì è impossibile: ci sono centinaia di chilometri di mare aperto e una quantità indefinita di squali tra i migranti e la terra più vicina.

Qualcuno si chiederà: ma chi glielo fa fare all’immigrato di scappare dal paradiso tropicale? E invece i profughi si lamentano eccome della loro prigionia dorata. E intervenuta la solita Onu, si è parlato di violazione dei diritti umani. I politici di Canberra hanno quindi avuto un’altra idea: stringere un accordo con la Cambogia e spostare tutti lì.

La scelta degli australiani, tuttavia, si è rivelata poco felice. I cambogiani sono infatti poverissimi, ma sono ossessionati dall’immigrazione: respingono i montanari che arrivano dal Vietnam e aprono il fuoco sui laotiani che si azzardano a passare il confine. Sono sospettosi perfino con gli europei, per quanto difficilmente un italiano potrebbe ridursi a cercar fortuna in un’area del mondo dove la carta igienica è considerata un bene di lusso.

Il risultato è che Phnom Penh, dopo aver fumato l’intesa, ha deciso di accogliere pochi rifugiati: quattro in tutto. Tre iraniani ed un rohingya. E per gli asiatici era già troppo così. Dettaglio di non poco conto: l’Australia aveva già pagato per i trasferimenti ben 40 milioni di dollari più altri 15 milioni e mezzo per spese varie. Non hanno più visto un centesimo. I profughi, invece, ora vivono in una villa.

Rimanendo in Asia, ormai è nota la storia del premio Nobel Aung San Suu Kyi, premier del Myanmar che spara sui migranti islamici definendoli terroristi. Un fatto che – tra i tanti – ha provocato anche l’intervento del Papa, il quale tra pochi giorni si recherà sul posto. Difficile, però, che Bergoglio faccia cambiare idea a qualcuno.
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Messaggioda Berto » gio nov 30, 2017 7:05 pm

NAZISKIN, IRRUZIONE DURANTE UNA RIUNIONE SUI MIGRANTI A COMO

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... tif_t=like

Como, naziskin e i migranti. Nella città lombarda è andata in scena in una vera e propria irruzione di una quindicina di militanti del Veneto Fronte Skinheaddurante una riunione di Como Senza Frontiere, una rete che unisce decine di associazioni a sostegno dei migranti.

Lo spiacevole episodio è accaduto in una sala del Chiostrino di Santa Eufemia, dove un gruppetto di neofascisti in perfetto stile squadrista ha letto un volantino contro l’immigrazione davanti ai volontari increduli e impauriti.

Capelli rasati, bomber neri e una postura ferma, la cui sicurezza è data solo dalla presenza di un gruppo e non dal reale valore di un discorso delirante, in cui si è parlato di “sostituzione” del popolo europeo con dei “non popoli”.


Alberto Pento
Io non amo i nazisti siano essi neri, rossi o maomettani. Io questi però non li condanno anche se sono di destra o di estrema destra. Non condanno chi difende la propria terra, la propria patria nel senso di Heimat, la propria gente, la propria famiglia e i beni pubblici come il territorio dello stato o nazione o comunità, la cittadinanza, le risorse economiche del proprio paese che certuni prodighi irresponsabili e dementi dilapidano a danno della propria gente nativa o indigena e cittadina. Se avessero usato la violenza li condannerei come pure se avessero manifestato comportamenti antisemiti e antisraeliani. Hanno solo manifestato contro questi falsi buoni che sostengono l'invasione di clandestini e di nazisti maomettani e che non hanno alcun amore per la propria gente.


COMO SENZA FRONTIERE.
di Fabrizio Baggi.
13 settembre 2016

http://www.rifondazionelombardia.it/acc ... izio-baggi

La città di Como è investita da circa due mesi dagli effetti dell’emergenza umanitaria prodotta dalle migrazioni in fuga dalle guerre.

Centinaia di persone, nuclei familiari, donne, minori non accompagnati, per sfuggire a guerre, violenza sono costretti a dimorare nel piazzale e nel parco antistante la Stazione Ferroviaria (San Giovanni) in condizioni sanitarie e materiali indegne di una condizione civile.

La mobilitazione di tantissime persone che con la loro solidarietà attiva hanno espresso il meglio della coscienza civica della nostra città ha dato vita alla Rete “Como Senza Frontiere”, alla quale la Federazione Provinciale del Prc/SE ha aderito da subito. Il bell’esempio di unità che si è venuto a creare vede operare insieme organizzazioni di volontariato, organizzazioni sindacali dei lavoratori e studentesche, Partiti, singole e singoli volontari.

La mobilitazione ha permesso anche di dare vita ad un tavolo di carattere istituzionale con il Comune, al quale partecipa una rappresentanza della rete stessa.

Ciò che è successo nella nostra città ha dell’incredibile, la sinergia di forze che sta lavorando senza sosta da due mesi a questa parte nella direzione di rendere dignità e diritti umani ai migranti è stata senza ombra di dubbio una fortissima risposta di solidarietà che la “bella Como” ha dimostrato di avere nel proprio dna.

Le compagne ed i compagni del Prc, impegnate/i in prima linea in questo processo, si sono spese/i senza indugi per la buona riuscita del lavoro politico e sociale unitario all’interno della rete e del progetto di accoglienza in città.

La sede della nostra Federazione provinciale si è trasformata in un punto di raccolta di generi di prima necessità, che giorno dopo giorno venivano smistati da compagne e compagni del Prc e della Rete e portati poi in stazione, nelle mense, e nei luoghi dove alcune/i migranti appartenenti alle cosiddette “categorie più deboli” (donne e minori) stazionano. Il coinvolgimento dell’Onorevole Eleonora Forenza, (Euro Parlamentare Altra Europa GUE/NGL) ha prodotto una sua lettera indirizzata al Prefetto di Como con la quale si richiama la necessità di alzare il livello dell’attenzione sul problema che sta attraversando la città.

Infatti la mancanza di volontà politica da parte della maggior parte delle istituzioni cittadine ha fatto sì che tutta l’accoglienza e la solidarietà fossero, almeno per tutto il primo periodo, totalmente sulle spalle dell’azione volontaria, con tutte le difficoltà che la cosa ha comportato.

Per i primi 20 giorni, ogni sera, decine di volontarie e volontari distribuivano insieme alla CRI sacchetti con razioni di cibo da campo, vestiti e coperte per cercare di aiutare il più possibile le persone che dimoravano in stazione, soddisfacendo quantomeno i loro bisogni primari.

Con il passare delle settimane, e grazie alle continue richieste fatte dalle volontarie e dai volontari organizzate/i alle istituzioni, sono state aperte delle mense, montato un tendone (circa 32 posti su 500/600 migranti), installati dei servizi chimici in prossimità della stazione ed una scuola cittadina ha messo a disposizione delle docce situate in una loro palestra.

Inoltre, dal 15 di Settembre (data indicativa) partirà l’attività del “centro di transito provvisorio” composto da moduli abitativi di cui è stata già pubblicata una bozza di regolamento in cui, con grande soddisfazione, abbiamo visto comparire punti che sono stati i cardini delle richieste avanzate da Como senza Frontiere.

Si tratta di piccoli miglioramenti che vanno a tamponare una situazione che però non può reggere a lungo. Da tempo sosteniamo infatti che la reale soluzione è sempre e soltanto quella dell’apertura di corridoi umanitari e delle frontiere stesse per permettere a chi scappa da situazioni di pericolo per la propria vita di raggiungere i Paesi dove intendono andare.

Como è di fatto una città di frontiera, ed in quanto tale deve attrezzarsi per rendere dignità a tutte e tutti coloro le/i quali vi transiteranno per cercare di raggiungere i propri cari nel nord dell’Europa oppure, semplicemente, per cercare una vita migliore fuggendo da fame, guerre e miseria.

Si oppongono alla realizzazione delle loro speranze accordi internazionali che permettono la libera circolazione del denaro e non quella di esseri umani e costringono i migranti a “richiedere asilo” nel primo Paese utile dove sbarcano, impedendo loro di richiederlo poi dove vorrebbero realmente andare.

In ogni caso, il centro di transito provvisorio, garantirà un tetto al riparo dal freddo, la tutela dei migranti dal rischio di finire nelle mani della criminalità organizzata che non aspetta altro se non di avere bassa manovalanza a costo zero fatta da persone che per lo Stato non esistono.

Inoltre, con le clausole che a quanto sembra verranno inserite nel regolamento, le associazioni che hanno esercitato volontariamente la cosiddetta accoglienza presso la stazione S.Giovanni in questi due mesi avranno, previo la presentazione di un progetto, la possibilità di operare all’interno ed all’esterno del campo, che sarà aperto, di natura non detentiva, e all’interno del quale le famiglie non verranno separate ma inserite come nuclei familiari quali sono.

Il lavoro da fare è tantissimo, siamo certi però che ci siano tutti i presupposti per provare, con il lavoro politico capillare che la Rete sta facendo e continuerà a fare, a trasformare la nostra città in un reale laboratorio all’avanguardia dell’accoglienza e della gestione della situazione umanitaria.

La parte più difficile arriva ora, ma non ci faremo sconfortare. Continueremo a lavorare nella direzione di dare la dignità ed i diritti ora negati a tutte e tutti coloro hanno coraggiosamente attraversato il mondo per lasciare paesi dove la loro vita e quella dei loro familiari erano messe a rischio ogni giorno.


Europa e i diritti negati e calpestati dei cittadini nativi europei
viewtopic.php?f=92&t=2682
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