Marok

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Messaggioda Berto » lun giu 05, 2017 12:03 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Marok

Messaggioda Berto » lun giu 05, 2017 12:03 pm

Cristiani in Marocco
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Re: Marok

Messaggioda Berto » lun giu 05, 2017 12:04 pm

All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla più di quello che dobbiamo a tutti gli esseri umani della terra e in primo luogo a noi stessi e alla nostra gente
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Marocchinate
https://it.wikipedia.org/wiki/Marocchinate

Con il termine marocchinate vengono generalmente definiti tutti gli episodi di violenza sessuale e violenza fisica di massa, ai danni di svariate migliaia di individui di ambo i sessi e di tutte le età (ma soprattutto di donne) effettuati dai goumier francesi inquadrati nel Corpo di spedizione francese in Italia (Corps expéditionnaire français en Italie - CEF) durante la campagna d'Italia della seconda guerra mondiale.

Questi episodi di violenza sfociavano a volte anche in esecuzioni coatte degli abitanti delle zone sottoposte a razzia e violenza, e raggiunsero l'apice durante i giorni immediatamente successivi l'operazione Diadem e lo sfondamento della linea Gustav da parte degli alleati, giorni in cui presumibilmente le truppe marocchine ebbero una sorta di "via libera" da parte dei comandi, consentendo ai goumier di razziare, rastrellare e infierire sulla popolazione al di là della linea difensiva tedesca.

http://www.dalvolturnoacassino.it/DOC/marocchinate2.pdf


La verità nascosta delle “marocchinate”, saccheggi e stupri delle truppe francesi in mezza Italia
andrea cionci

http://www.lastampa.it/2017/03/16/cultu ... agina.html

Il fatto che un regista italiano di film porno abbia potuto girare una pellicola hard su una delle pagine più mostruose vissute dalla nostra popolazione civile durante la Seconda guerra mondiale, offre la caratura di quanto questi misfatti siano stati rimossi dalla coscienza morale collettiva. L’episodio del remake porno de La Ciociara di Vittorio De Sica, che ha suscitato un’interrogazione parlamentare e una lettera pubblica al premier Gentiloni, offre piuttosto l’occasione di raccontare, documenti alla mano, tutta la verità relegata per oltre settant’anni nei sotterranei della storia, indicando i numeri reali, i colpevoli e i personaggi di primissimo piano - tra cui lo stesso Charles De Gaulle - che ne furono i diretti responsabili.

Il film “La ciociara”

“Marocchinate”: con questo termine si sono tramandati gli stupri di gruppo, le uccisioni, i saccheggi e le violenze di ogni genere perpetrate dalle truppe coloniali francesi (Cef), aggregate agli Alleati, ai danni della popolazione italiana, dei prigionieri di guerra e perfino di alcuni partigiani comunisti. La storiografia tradizionale, le poche volte che ne ha trattato, ha circoscritto questi orrori a qualche centinaio di episodi verificatisi nell’arco di un paio giorni nella zona del frusinate. Le proporzioni, tra numeri e gravità dei fatti, furono di gran lunga superiori. E a breve – lo annunciamo in esclusiva - sarà aperto un procedimento penale internazionale, ai danni della Francia, per iniziativa di un avvocato romano.

Soldati nordafricani del Cef

1 Cos’era il CEF

Nel 1942, gli americani sbarcano ad Algeri e le truppe coloniali francesi del Nord Africa, fino ad allora agli ordini della repubblica filonazista di Vichy, si arrendono senza sparare un colpo. Il generale Charles De Gaulle, fuggito dalla Francia occupata dai tedeschi e capo del governo francese in esilio “Francia libera”, allora, attinge a questo personale militare per creare il Cef: Corp Expeditionnaire Français, costituito per il 60% da marocchini, algerini e senegalesi e per il restante da francesi europei, per un totale di 111.380 uomini ripartiti in quattro divisioni. Vi erano però dei reparti esclusivamente marocchini di goumiers (dall’arabo qaum) i cui soldati provenivano dalle montagne del Riff ed erano raggruppati in reparti detti “tabor” in cui sussistevano vincoli tribali o di parentela diretta. Erano in tutto 7.833, indossavano il caratteristico burnus arabo, vestivano una tunica di lana verde a bande verticali multicolori (djellaba) e sandali di corda. Erano equipaggiati non solo con le armi alleate (mitra Thompson cal. 45 mm e mitragliatrice Browning 12.7 mm) ma anche con il tipico pugnale ricurvo (koumia) con il quale, secondo una loro antica usanza, tagliavano le orecchie ai nemici uccisi per farne collane e ornamenti (in particolar modo i tedeschi ne fecero le spese). Il loro comandante era l’ambizioso generale Alphonse Juin, nato in Algeria che, da collaborazionista dei nazisti, era passato alle dipendenze di De Gaulle.

2 Primi impieghi, prime violenze

Gli stupri delle truppe marocchine cominciano già nel luglio ’43, con lo sbarco alleato in Sicilia. Gli 832 magrebini del 4° tabor aggregato agli americani che sbarcano a Licata, compiono saccheggi e violentano donne e bambini presso il paese di Capizzi, vicino Troina. Come riporta lo storico Michelangelo Ingrassia, i siciliani reagirono uccidendone alcuni con doppiette e forconi.

Il 16 maggio 1944, a Polleca, De Gaulle, con il generale Juin, quarto da sinistra. In secondo piano, in borghese, il Ministro della Guerra

3 I marocchini aggirano Cassino risalendo i monti

Come noto, gli Alleati, risalendo l’Italia senza troppe difficoltà, si impantanarono a Cassino, sulla Linea Gustav, dove i tedeschi opponevano una tenacissima resistenza. Fu il generale Juin, sin dall’inizio, a proporre ai colleghi statunitensi Clark e Alexander l’aggiramento del caposaldo nemico. Dopo tre battaglie sanguinosissime e prive di risultato gli Alleati avallarono la proposta di Juin il quale aveva scoperto che il monte Petrella, a est di Cassino, era stato lasciato parzialmente sguarnito dai tedeschi. In quelle zone, solo le sue truppe marocchine di montagna avrebbero potuto farcela. Infatti, con l’operazione “Diadem” (l’ultimo assalto collettivo degli Alleati) i goumiers riuscirono a sfondare la Linea Gustav e, attraversando l’altipiano di Polleca, si lanciarono verso Pontecorvo.

Kesselring, comandante tedesco in Italia, per tamponare lo falla, inviò i suoi Panzegrenadieren insieme a reparti italiani della Rsi, (Gnr di Frosinone) i quali, dopo accaniti combattimenti, dovettero soccombere. E’ accertato che gli ultimi soldati tedeschi rimasti a Esperia si suicidarono gettandosi da un burrone per non finire decapitati come altri loro commilitoni catturati. Questo avveniva mentre i marocchini cominciavano a violentare moltitudini di donne, uomini e bambini sull’altopiano di Polleca.

Il generale Alphonse Juin

4 La popolazione non comprende il pericolo

Sebbene siano conosciuti i manifesti della propaganda fascista (alcuni disegnati da Gino Boccasile) che mettevano generalmente in guardia la popolazione dalle truppe di colore alleate, il partigiano e storico ciociaro Bruno D’Epiro racconta che già prima della battaglia di Esperia un ricognitore tedesco aveva lanciato sui monti Aurunci volantini che incitavano la popolazione a fuggire dalle prevedibili violenze delle truppe nordafricane. Molti bambini furono evacuati dalla Guardia Nazionale Repubblicana e inviati nelle colonie di Rimini, ma la maggior parte della popolazione ciociara, stanca della guerra, si limitò ad aspettare, con rassegnato distacco, il passaggio dei liberatori. Scriveva Renzo De Felice che “l’8 settembre aveva fatto perdere agli italiani qualsiasi volontà di partecipare attivamente alle vicende belliche”. Alberto Moravia, all’epoca sfollato nel frusinate, ne “La Ciociara”, descrive bene questo sentimento di rassegnata apatia facendo dire alla protagonista: ”Per noi bisogna che qualcuno vinca sul serio, così la guerra finisce”.

5 Comincia l’inferno

Alla ritirata dei nazifascisti, vari paesi della Ciociaria vennero occupati dai franco-coloniali del Cef. Questo fu l’inizio di un assurdo calvario. Ad Ausonia decine di donne furono violentate e uccise, e lo stesso capitò agli uomini che tentavano di difenderle. Dai verbali dell’Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra risulta che anche “due bambini di sei e nove anni subirono violenza”. A S. Andrea, i marocchini stuprarono 30 donne e due uomini; a Vallemaio due sorelle dovettero soddisfare un plotone di 200 goumiers; 300 di questi invece, abusarono di una sessantenne. A Esperia furono 700 le donne violate su una popolazione di 2.500 abitanti. Anche il parroco, don Alberto Terrilli, nel tentativo di difendere due ragazze, venne legato a un albero e stuprato per una notte intera. Morirà due anni dopo per le lacerazioni interne riportate. A Pico, una ragazza venne crocifissa con la sorella. Dopo la violenza di gruppo, verrà ammazzata. A Polleca si erano rifugiati circa diecimila sfollati, per lo più donne, vecchi e bambini in un campo provvisorio. Qui si toccò l’apice della bestialità. Luciano Garibaldi scrive che dai reparti marocchini del gen. Guillaume furono stuprate bambine e anziane; gli uomini che reagirono furono sodomizzati, uccisi a raffiche di mitra, evirati o impalati vivi. Una testimonianza, da un verbale dell’epoca, descrive la loro modalità tipica: “I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa, colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre, da altri militari, veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza e al genitore in quanto un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi”. Riportiamo solo alcune di queste atrocità per fornire un’idea di massima.

Civili in Ciociaria

6 Malattie veneree, orfani e suicidi

I comuni coinvolti nel Lazio furono anche Pontecorvo, Campodimele, S. Oliva, Castro dei Volsci, Frosinone, Grottaferrata, Giuliano di Roma e Sabaudia. Migliaia furono le donne contagiate da sifilide, blenorragia e altre malattie veneree, e spesso contagiarono i loro legittimi mariti. Così come migliaia furono quelle ingravidate: il solo orfanotrofio di Veroli, accoglieva, dopo la guerra, circa 400 bambini nati da quelle unioni forzose. Molte delle donne “marocchinate” furono poi scansate dalla comunità, a causa dei pregiudizi di allora, ripudiate dalle famiglie e, a centinaia, finirono suicide o relegate ai margini della società. Una scia di sofferenze fisiche e psicologiche, quindi, che si trascinò per decenni.

7 Colpevoli anche i soldati francesi bianchi

Non solo truppe di colore. Da documenti dell’Archivio Centrale dello Stato, risulta che anche i francesi bianchi parteciparono alle violenze: a Pico furono, infatti, violentate 51 donne (di cui nove minorenni) da 181 franco-africani e da 45 francesi bianchi. Dato questo episodio e considerando che francesi europei costituivano il 40% di tutto il Cef, risulta limitativo addossare la responsabilità delle violenze ai soli goumiers marocchini. Anche gli americani sapevano di questi fatti: solo in un paio di casi tentarono debolmente di frenare i goumiers. Scrive Eric Morris in “La guerra inutile” che, ancora vicino a Pico, gli uomini di un battaglione del 351° fanteria americana provarono a fermare gli stupri, ma il loro comandante di compagnia intervenne e dichiarò che “erano lì per combattere i tedeschi, non i goumiers”.

8 I comandanti non intervengono, fino in Toscana

Massimo Lucioli, co-autore, insieme a Davide Sabatini, del primo completo studio sulle marocchinate “La ciociara e le altre” (1998), spiega: “Dato il coinvolgimento dei bianchi, non presenti nei reparti goumier, si può affermare che i violentatori si annidavano in tutte e quattro le divisioni del Cef. Forse anche per questo, gli ufficiali francesi non risposero ad alcuna sollecitazione da parte delle vittime e assistettero impassibili all’operato dei loro uomini. Come riportano le testimonianze, quando i civili si presentavano a denunciare le violenze, gli ufficiali si stringevano nelle spalle e li liquidavano con un sorrisetto”. Questo atteggiamento perdurò fino all’arrivo in Toscana del Cef. Qui ricominciarono le violenze a Siena, ad Abbadia S. Salvatore, Radicofani, Murlo, Strove, Poggibonsi, Elsa, S. Quirico d’Orcia, Colle Val d’Elsa. Perfino membri della Resistenza dovettero subire gli abusi. Come testimonia il partigiano rosso Enzo Nizza: ”Ad Abbadia contammo ben sessanta vittime di truci violenze, avvenute sotto gli occhi dei loro familiari. Una delle vittime fu la compagna Lidia, la nostra staffetta. Anche il compagno Paolo, avvicinato con una scusa, fu poi violentato da sette marocchini. I comandi francesi, alle nostre proteste, risposero che era tradizione delle loro truppe coloniali ricevere un simile premio dopo una difficile battaglia”.

9 50 ore? Il proclama di Juin

Infatti, un comunicato attribuito al generale Juin ai suoi uomini, recita: ““Soldati! Questa volta non è solo la libertà delle vostre terre che vi offro se vincerete questa battaglia. Alle spalle del nemico vi sono donne, case, c’è un vino tra i migliori del mondo, c’è dell’oro. Tutto ciò sarà vostro se vincerete. Dovrete uccidere i tedeschi fino all’ultimo uomo e passare ad ogni costo. Quello che vi ho detto è promesso e mantengo. Per cinquanta ore sarete i padroni assoluti di ciò che troverete al di là del nemico. Nessuno vi punirà per ciò che farete, nessuno vi chiederà conto di ciò che prenderete”. L’autenticità di questo proclama è stata spesso messa in dubbio, ma Juin, come si legge nei trattati giurisprudenziali dell’epoca, poteva riferirsi legittimamente a una antica norma del diritto internazionale di guerra che prevedeva il “diritto di preda bellica”, tra cui lo stupro. Tant’è che le vittime furono, in fretta e furia, dopo la guerra, risarcite con minimi compensi economici solo attraverso un procedimento amministrativo, invece che dopo un regolare processo penale. Gli indennizzi furono erogati prima dai francesi e poi dallo Stato italiano. Con ottime probabilità, il proclama di Juin è, quindi, da ritenersi autentico.

Secondo Lucioli, questo discorso fu poi diffuso ad arte per limitare nello spazio-tempo le violenze che, de facto, durarono ben più di 50 ore: dal luglio ’43 all’ottobre ’44 quando i franco-coloniali lasciarono l’Italia e si imbarcarono per la Provenza ancora occupata dai nazisti. Solo nell’imminenza del ritorno in Francia, alcuni dei violentatori furono puniti. Un partigiano della brigata rossa “Spartaco Lavagnini” ricorda: “Sei marocchini vennero fucilati sul posto perché avevano violentato una donna. Il capitano (francese n.d.r.) ebbe a dirmi: “Questa gente sa combattere benissimo, però meno ne riportiamo in Francia, meglio è”. Poco prima che i marocchini toccassero il suolo provenzale, i loro comandanti, quindi, avevano deciso di riportarli severamente all’ordine tanto che non si registrarono mai violenze ai danni di donne francesi. Una volta in Germania meridionale, invece, potranno dare nuovamente sfogo ai loro istinti sulle donne tedesche, come riportano alcuni recenti studi. Segno, quindi, che le efferatezze di queste truppe avrebbero potuto essere certamente controllate e disciplinate.

Un reparto di Goumiers marocchini

10 Le responsabilità di De Gaulle

Un fenomeno di queste dimensioni che si è protratto per dodici mesi, in mezza Italia, che ha interessato un numero elevatissimo di persone, non poteva essere sottaciuto o nascosto ai comandanti. “E’ evidente – continua Lucioli - che vi sono responsabilità a livello gerarchico-militare e politico mai indagate. Innanzitutto, i generali di divisione del CEF : Guillaume, Savez, de Monsabert, Brosset e Dody i quali, non solo non hanno impedito le violenze, ma le hanno incentivate: prima dell’attacco in Ciociaria, infatti, le truppe coloniali erano state tenute consegnate in recinti di filo spinato, lontano dai loro bordelli, evidentemente, per aumentarne l’aggressività. Ma il principale responsabile della barbarie è da ricercarsi, per un principio di responsabilità gerarchica, nel comandante in capo di Francia libera, Charles De Gaulle, che – è provato – durante il culmine delle violenze, si trovava, insieme al suo Ministro della Guerra André Diethelm, proprio a Polleca presso il casolare del barone Rosselli, eletto a quartier generale avanzato del Cef. Vi sono fotografie inoppugnabili e anche un suo discorso che tenne, in loco, in quei giorni. Le violenze accadevano, quindi, sotto ai suoi occhi”.

Va anche ricordato che, quando alcuni marocchini a Roma violarono due donne e le gettarono poi da un treno in corsa, uccidendole, l’”Osservatore romano” e “Il Popolo” aprirono una accesa polemica, denunciando chiaramente le violenze che si verificavano ovunque i marocchini si fossero accampati. A questi rispose il giornale delle truppe francesi in Italia “La Patrie”, minimizzando l’accaduto. Ancora una volta, quindi, De Gaulle non poteva non sapere. Impossibile pensare, anche, che i comandanti alleati ignorassero quegli eventi.

11 I numeri delle vittime

Emiliano Ciotti, presidente dell’Associazione Vittime delle Marocchinate, fornisce i numeri di questo massacro: “Nella seduta notturna della Camera del 7 aprile 1952 la deputata del PCI Maria Maddalena Rossi denunció che solo nella provincia di Frosinone vi erano state 60.000 violenze da parte delle truppe del generale Juin. Dalle numerose documentazioni raccolte oggi possiamo affermare che ci furono 20.000 casi accertati di violenze, numero del tutto sottostimato; diversi referti medici dell’epoca riferirono che un terzo delle donne violentate, che si erano fatte medicare, sia per vergogna o per pudore, preferì non denunciare. Facendo una valutazione complessiva delle violenze commesse dal Cef, iniziate in Sicilia e terminate alle porte di Firenze, possiamo quindi affermare con certezza che ci fu un minimo di 60.000 donne stuprate, ognuna, quasi sempre da più uomini. I soldati magrebini, ad esempio, mediamente violentavano in gruppi da due o tre, ma abbiamo raccolto testimonianze di donne violentate anche da 100, 200 e 300 uomini. Oltre alle violenze carnali , vi furono decine di migliaia di richieste per risarcimenti a danni materiali: furti, incendi, saccheggi e distruzioni”.

Mezzi tedeschi distrutti sulla strada di Esperia

12 La rimozione storica

Nonostante le pubblicazioni del professor Bruno D’Epiro, cittadino di Esperia che fu il primo, a livello locale, a interessarsi in maniera organica a questi misfatti, a parte qualche articolo successivo e qualche raro documentario, la storiografia nazionale ha lasciato pressoché unicamente al film di Vittorio De Sica “La Ciociara”, il difficile ruolo di trasferire al grande pubblico qualcosa sulle marocchinate. Fino agli anni ’90, poi, come scriveva al sindaco di Esperia lo storico belga Pierre Moreau, nulla del genere era mai apparso sulla letteratura storica in lingua inglese, francese e olandese. La memoria di queste aberrazioni è, tuttavia, ancora una ferita aperta nei luoghi che furono colpiti. Nel 1985, a Esperia, fu organizzata una manifestazione di riconciliazione tra tutti i reduci della guerra. Solo i francesi non furono invitati, in quanto espressamente “non graditi”. Il cimitero di guerra di Venafro, che ospita i caduti del Cef, sovente, ancor oggi, vede la propria insegna marmorea imbrattata di vernice da mani ignote.

13 Il prossimo procedimento legale ai danni della Francia

L’avvocato romano Luciano Randazzo, già noto per aver fatto riaprire casi riguardanti le Foibe e l’esecuzione di Mussolini, dichiara: “Anni fa assistetti una povera signora che, durante la guerra, era stata “marocchinata” ed ebbi modo di conoscere da vicino quei drammi: era tutta povera gente. Nel 2003, una tv francese mi intervistò, valutando se si potesse intraprendere un’azione legale verso l’Associazione d’arma dei goumiers “Koumia”. Fino ad oggi, cosa ha fatto lo Stato italiano per chiedere i giusti risarcimenti ai francesi? Nulla. Ecco perché, a breve presenterò un ricorso presso il Tribunale Militare di Roma e presso la Corte internazionale, ai danni della Francia”.

La storia delle marocchinate non è ancora chiusa.
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Re: Marok

Messaggioda Berto » lun giu 05, 2017 12:04 pm

Marocco: autorità reprimono protesta femminile ad al Hoceima
Rabat, 04 giu 16:39 - (Agenzia Nova)

https://www.agenzianova.com/a/59342136d ... ima/linked

Le autorità marocchine sono intervenute ieri sera per reprimere manifestazioni organizzate dalle donne nella città di al Hoceima, nel nord del paese, dove da mesi sono in corso proteste contro il governo. La protesta ad al Hoceima è stata organizzata dal movimento Hirak, che si batte per il lavoro, progetti infrastrutturali e altre rivendicazioni per la regione del Rif, e da alcuni giorni è sceso in piazza per chiedere la scarcerazione del suo leader, Nasser Zefzafi, arrestato lo scorso 29 maggio. La polizia ha circondato centinaia di manifestanti in un parco pubblico di Al Hoceima ieri sera, impedendo agli altri di entrare, mentre le donne scandivano slogan come "libertà, dignità e giustizia sociale". Ufficiali e agenti di polizia hanno allontanato la leader della protesta, Nawal Ben Aissa, membro prominente di Hirak, dal gruppo. Ben Aissa era accompagnata dalla madre di Zefzafi.

Ques'ultimo risultava latitante fino a lunedì scorso. Un commando speciale è riuscito a individuarlo a casa di un amico. La svolta nelle ricerche è avvenuta con la cattura di quattro "compagni" del movimento tra i 22 fermati per le violenze avvenute il 26 maggio non solo nella città del nord del Marocco, ma anche in altre zone del Rif come Imzouren e Beni Bouayach. Dopo l'arresto, Zefzafi è stato immediatamente trasferito a Casablanca dove è stato consegnato alla Brigata nazionale della polizia giudiziaria (Bnpj), prima di essere portato dal pubblico ministero.

Venerdì 26 maggio, la sera dell’inizio della latitanza del leader della rivolta, i manifestanti erano riusciti a dare alle fiamme alcuni veicoli delle forze di polizia. Per questo Zefzafi è stato accusato di aver messo in pericolo la sicurezza interna dello Stato. Il giornale marocchino "Assabah" scrive che le famiglie delle persone fermate si sono riunite davanti al tribunale per conoscere la loro sorte. Tra queste persone vi sarebbero anche due presunti criminali da poco scarcerati dopo cinque anni di prigione per le violenze avvenute nel 2012. Al momento sono in carcere altre quaranta persone accusate di aver commesso atti contrari alla legge puniti dal codice penale marocchino. Tutti perseguiti dalla procura per reati relativi alle violenze contro la polizia avvenute nei giorni scorsi ad al Hoceima. Il passato fine settimana la polizia marocchina è intervenuta diverse volte per disperdere alcune manifestazioni sorte in diversi quartieri della città di al Hoceima, nel nord del Marocco, subito dopo la preghiera del Tarawih.

Dopo la manifestazione di massa di domenica 28 maggio, le proteste sono diventate giornaliere. Il governo di Rabat, nel frattempo, è stato costretto a inviare rapidamente una delegazione nella città per annunciare l’avvio di nuovi progetti di sviluppo per la regione del Rif. La recente visita della delegazione ministeriale a Al Hoceima "ha permesso di ascoltare e interagire con la popolazione locale per individuare e soddisfare le loro esigenze", ha detto il primo ministro marocchino, Saad Eddine El Othmani. In una dichiarazione alla stampa dopo la riunione del Consiglio dei ministri, El Othmani ha detto che la visita della delegazione ministeriale ad Al Hoceima ha contribuito a informare lo Stato "dell’avanzamento dei progetti programmati nella provincia". Si tratta di "una metodologia che il governo continuerà in tutte le regioni del Regno", ha dichiarato El Othmani, sostenendo che l'ascolto e il dialogo con i cittadini continueranno. "Il governo attribuisce grande importanza a questo processo nel pieno rispetto dei cittadini", ha detto.

Il governo marocchino ha riservato per la città di al Hoceima e la sua area un bilancio di un miliardo di euro per terminare entro cinque anni una serie di progetti socio-economici. In una sala gremita con i rappresentanti della società civile, i giovani e funzionari eletti, la delegazione ministeriale che si è unita al governatore della regione, Mohamed Yacoubi, ha ricordato che tra il 2005 e il 2012 la città di al Hoceima e la sua regione hanno accolto un totale di 2 miliardi di euro di investimenti. Il ministro dell'Istruzione ha presentato progetti per il valore di 4 milioni di euro, mentre Aziz Akhennouch, ministro dell'Agricoltura e della Pesca, ha parlato dell'estensione delle aree di piantagione di ulivi e mandorle (24 milioni di euro sono previste per questo scopo). La salute è una priorità con uno stanziamento di 54 milioni di euro, tra cui 34 milioni per la costruzione di un ospedale universitario di 250 posti letto. La questione della fornitura di acqua potabile sarà risolta in seguito alla costruzione della diga Oued Gray e attraverso la creazione di un impianto di desalinizzazione dell'acqua di mare e rinnovamento totale del sistema di acqua potabile della città, ha detto Charafat Afailal, segretario di Stato per le risorse idriche.
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Re: Marok

Messaggioda Berto » lun giu 05, 2017 12:05 pm

Marocco, nuova notte di proteste contro l'arresto del leader del dissenso
Migliaia in piazza per chiedere il rilascio dell'attivista Nasser Zefzafi a capo del movimento per avere giustizia sulla morte del pescatore Mouhcine Fikri.
3 giugno 2017

http://www.globalist.it/world/articolo/ ... senso.html

Diverse migliaia le persone scese in piazza nella notte in varie città del Marocco per chiedere il rilascio dell'attivista Nasser Zefzafi, che da mesi ha guidato manifestazioni di protesta contro la corruzione e gli abusi. La nuova manifestazione di ieri è partita dalla città di Al-Hoceima, dove la tensione è altissima dall'arresto di Zefzafi con l'accusa di minacce alla sicurezza nazionale.

È da ottobre che Zefzafi guida un movimento per chiedere giustizia della morte di un pescatore, Mouhcine Fikri, schiacciato da un camion dei rifiuti mentre protestava per il sequestro, da parte della polizia, di pescespada pescato fuori stagione. ''Il popolo vuole il rilascio dei detenuti'' e ''siamo tutti Zefzafi" sono stati alcuni slogan intonati dalla folla in piazza Sidi Abed ad al-Hoceima. Alcuni manifestanti avevano dello scotch sulle labbra e le mani legate. "Nasser ha difeso i suoi diritti, ha difeso i nostri diritti, è il nostro eroe. Non ha fatto nulla per essere arrestato'', ha detto una manifestante Zahya Al-Hassani, madre ci quattro figli.

Molti manifestanti hanno sventolato le bandiere della regione del Rif, che ha una lunga storia di dissenso rispetto al governo centrale e negli anni Venti, durante la guerra coloniale con la Spagna, aveva dichiarato una breve indipendenza guidata da un leader berbero. In questi giorni le autorità hanno dispiegato una notevole presenza della polizia per evitare che si formino grandi assembramenti. Nella vicina Imzouren la polizia ha anche sparato con cannoni ad acqua per disperdere centinaia di manifestanti che si sono scontrati con le forze di sicurezza.

La morte di Fikri è diventata il simbolo delle frustrazioni rispetto agli abusi commessi dalle autorità e ha dato nuova linfa al movimento del 20 Febbraio che ha nel 2011 ha guidato manifestazioni in favore di una maggiore democrazia portando re King Mohammed VI a cedere alcuni dei suoi poteri.



NON SI FERMA NEL RIF LA RIVOLTA AMAZIGH
04/06/17

http://www.radiondadurto.org/2017/06/04 ... ini-liberi

Non si ferma, anzi si allarga, la protesta in corso da maggio in Marocco e in particolare nella regione settentrionale del Rif, una delle più povere (le uniche attività con cui la popolazione a stento si sostiene sono la pesca e la coltivazione di marijuana) e volutamente dimenticate dal regno guidato ora da Mohamed VI, culla della cultura berbera (nell’idioma locale, “amazigh”, che sta per “uomo libero”).

Con l’arresto del volto popolare della protesta, Nasser Zefzafi, la polizia marocchina – legata al ministero dell’Interno – pensava di avere sedato la protesta (sull’arresto di Zefzafi leggi il nostro articolo qui).

In realtà, manifestazioni solidali con il Rif ribelle si sono susseguite in diverse città del Marocco, compresa la capitale amministrativa, Rabat (vedi foto).

La delegazione governativa spedita nel Rif per “cercare un dialogo” con i manifestanti è stata respinta al mittente: impossibile, per chi è in piazza, confrontarsi con quelle forze politiche e clientelari ritenute responsabili dello stato di vassallaggio in qui la regione è mantenuta da decenni, senza prospettive lavorative, senza un’università, senza una sanità pubblica vagamente degna di questo nome.

L’unica trattativa possibile, hanno ribadito dalla piazza di Al Hoceima, città simbolo del Rif, è con chi detiene davvero il potere in Marocco: vale a dire, l’entourage del monarca, Mohamed VI.




Marocco, Primavera berbera

http://www.africarivista.it/marocco-pri ... era/114154

Il Rif è in rivolta. La regione settentrionale, di cultura berbera, è scesa in strada per protestare contro il Governo centrale considerato oppressivo, corrotto e incapace di portare sviluppo e crescita.

Il Rif non è una regione qualsiasi. Da sempre è inquieta, insofferente e aspira alla propria autonomia. Già nel 1921 il territorio si è dichiarato indipendente e repubblicano e si è ribellato agli spagnoli. Solo un’azione militare congiunta di Francia e Spagna è poi riuscita a riportare la zona sotto il controllo coloniale. Anche l’indipendenza nel 1958 non ha soddisfatto appieno i riffani perché imponeva loro un potere nazionale francofono, arabofono e centralista, che nulla aveva a che vedere con la gente del posto montanara, di etnia berbera e ispanofona di seconda lingua.

Ancora nel 1984, la gente è scesa in strada nelle cosiddette «rivolte del pane», in cui si protestava contro le politiche neoliberiste e gli aggiustamenti strutturali di Hassan II. Sul terreno sono rimaste 14 vittime, ma probabilmente sono state molte di più.

E oggi la gente del Rif è tornata a protestare. Il pretesto è stata l’uccisione di Mohcine Fikri, un pescatore eliminato brutalmente dalla polizia mentre cercava di recuperare il pesce spada che gli era appena stato sequestrato. Il re in persona si è affrettato a chiedere all’allora ministro degli Interni, Mohamed Hassad, di aprire un’indagine. L’inchiesta ha portato il 1° novembre all’accusa di omicidio colposo per undici persone.

Ma non è bastato. Manifestazioni di protesta hanno accompagnato i funerali di Mohcine Fikri. Le bandiere amazigh (berbere) hanno sostituito quelle marocchine. Complici i social, Facebook e Twitter soprattutto, è iniziato a circolare il video di quello che è accaduto a Fikri, facendo diventare la storia, un ennesimo episodio di ordinaria ingiustizia. Sette degli undici accusati sono stati condannati il 24 maggio con pene che vanno dai cinque mesi agli otto anni di prigione. Gli altri sono stati rilasciati.

Le proteste non si sono fermate. I manifestanti chiedono giustizia per il povero pescatore, ma anche riforme economiche e sociali, la fine della marginalizzazione economica della regione come strumento di repressione politica, la creazione di posti di lavoro attraverso la valorizzazione e strutturazione del settore della pesca, la costruzione di infrastrutture stradali, ospedaliere e scolastiche nella regione, il rilascio dei prigionieri politici, la fine della militarizzazione dell’area.

Emerge la figura di Nasser Zefzafi. Ha 39 anni, aggiustava telefonini prima di perdere il negozio al gioco e tornare a vivere in famiglia. Chiede il rispetto dell’identità del Rif, della fede islamica e maggiori diritti sociali. Viene arrestato per aver fatto irruzione alla preghiera del venerdì accusando l’imam di essere un venduto. Riesce a fuggire alla cattura lunedì 29, la polizia lo arresta insieme ad altri amici. L’accusa è «attentato alla sicurezza».

Il rischio è che la protesta non si fermi e si trasformi in una rivolta come quella scoppiata in Tunisia nel 2011. Una nuova Primavera araba. In questo caso, berbera.



Berberi
https://it.wikipedia.org/wiki/Berberi
I Berberi o, nella loro stessa lingua, Imazighen (al singolare Amazigh), che significherebbe in origine "uomini liberi", sono, propriamente, le popolazioni autoctone di quei territori nord-africani conosciuti con la denominazione di Tamazgha, corrispondente agli odierni stati di Marocco, Algeria, Tunisia e Libia.
Per una serie di motivi storico-ideologici, oggi, nei sopracitati paesi, si è soliti designare con tale nome solamente coloro che siano di lingua madre berbera (tamazight).
Il nome berbero deriva dal termine francese berbère, a sua volta derivato dal vocabolo arabo barbar, il quale, probabilmente, non fa che riprodurre la parola greco-romana barbaro (che designava chi non parlava il latino o il greco).
Si veda per esempio Sallustio, nel suo Bellum Iugurthinum in cui la lingua dei Libi è definita "barbara lingua" (cap. 18).
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Marok

Messaggioda Berto » lun giu 05, 2017 12:05 pm

Re Marocco non va a Vertice Africa perché tra presenti cʼè Netanyahu
4 giugno 20172

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/re ... 702a.shtml

Il re del Marocco non parteciperà al vertice dei leader dell'Africa Occidentale, l'Ecowas, a causa della presenza al summit del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Il Marocco è tra i Paesi della Lega Araba a non avere rapporti diplomatici con Israele. Entrambe le nazioni inoltre si contendono investimenti e commerci con i Paesi dell'Africa Occidentale.
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