All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » lun mag 01, 2017 8:12 pm

Un rifugiato mussulmano esemplare a cui dovrebbe essere revocato l'asilo politico ed espluso immediatamente

La rivolta dell’imputato musulmano «Non voglio una donna avvocato»
Rifugiato politico del Sudan in tribunale ha accettato il legale d’ufficio. Dandole le spalle. Arlhanna Selfaidin, 22 anni, era stato arrestato per aver rapinato due cinesi in via Tiburtina. E alla fine dell’udienza ha sputato in aula, quando il giudice è andato via
di Giulio De Santis
25 aprile 2017

http://roma.corriere.it/notizie/cronaca ... resh_ce-cp

Si rifiuta di farsi difendere da un avvocato d’ufficio donna, opponendo il (presunto) rispetto della sua fede musulmana. Poi, a fine udienza, davanti all’obbligo di trovarsi un difensore a sue spese, scende a più miti consigli e accetta di farsi assistere nel processo dal legale assegnatogli dallo Stato.

Protagonista della mutazione tra i propositi e le scelte, è stato Arlhama Selfaidin, 22 anni, incensurato, ieri finito davanti a un giudice perché arrestato il giorno prima dopo una rapina in via Tiburtina ai danni due cinesi, madre e figlia. Certo durante l’istruttoria, l’indagato - rifugiato politico in fuga dal Sudan afflitto dalla guerra e dalla carestia più dura degli ultimi trent’anni – ha mostrato di continuo la sua irritazione nel sentirsi costretto a stare fianco a un difensore in gonnella.

È rimasto tutto il tempo con le spalle rivolte verso il muro per evitare lo sguardo della donna, lamentandosi con il traduttore e sfoderando tutte le smorfie d’insofferenza del repertorio. Fino a sputare verso il tribunale, appena il giudice si è ritirato per decidere se convalidare l’arresto e disporre il carcere in attesa del processo, come chiesto dal pm Mauro Masnaghetti. Poi, forse capendo di aver oltrepassato i limiti, quando il magistrato, dopo la conferma delle valutazioni del pm, gli ha domandato se voleva revocare l’avvocato Giuseppina Matino per nominarne uno ma pagandolo, ha risposto di «no».
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » ven mag 05, 2017 7:30 am

Ecco come trattano i cristiani in Africa, laddove regna o impera l'Islam che il fanatico e irresponsabile Bergoglio santifica


Nigeria, mons. Bagobiri: "Il numero di cristiani uccisi aumenta ogni giorno e le fosse comuni sono disseminate attorno a noi"
giovedì, maggio 04, 2017
Il vescovo di Kafanchan lancia l'allarme per portare all’attenzione internazionale ciò che i fulani - terrorismo di matrice islamica - stanno compiendo. "Sono la terza più spietata organizzazione terroristica. Ed è ora che il mondo ne sia a conoscenza".
di Dario Cataldo

http://www.lplnews24.com/2017/05/nigeri ... ro-di.html

La denuncia che fa mons. Joseph Bagobiri, vescovo di Kafanchan in Nigeria, tramite "Aiuto alla Chiesa che soffre" fotografa la gravità di una situazione sfuggita di mano. La sua diocesi si trova nello Stato di Kaduna nell’area settentrionale del paese.

Da qui, le violenze perpetrate dagli islamisti di etnia fulani sono in crescente aumento in tutta la Nigeria

.

"Il numero di cristiani uccisi - dichiara il Presule - aumenta ogni giorno e le fosse comuni sono disseminate attorno a noi. Il governo nigeriano non soltanto fa poco o niente per fermare questa ondata di terrore, ma ritengo fornisca anche le armi agli estremisti".

Una vera carneficina ai danni dei cristiani, che - ricorda Bagobiri - a fronte di tante vite spezzate "non è stato effettuato alcun arresto, nonostante i colpevoli siano stati identificati.

Gli esponenti governativi, sia federali che statali, sembrano essere molto più in sintonia con gli assassini che con le vittime".

Ma chi sono i fondamentalisti islamici che si macchiano di tali crimini contro i seguiaci del Cristianesimo? Afferma il Vescovo: "Quest’organizzazione sorella della setta islamista Boko Haram ha mietuto mille vittime soltanto lo scorso anno".

Conclude il Religioso africano: "I fulani sono responsabili della dogana, dell’immigrazione e del ministero degli affari interni. Quindi è molto semplice per loro trafficare armi lungo le frontiere senza alcun impedimento. E data la natura sofisticata delle armi in loro possesso è facile sospettare che queste siano fornite ai terroristi dai loro amici al governo o nell’esercito".


Islam e persecuzione e sterminio dei cristiani (cristianofobia)
viewtopic.php?f=181&t=1356

La demenza irresponsabile di Bergoglio, dei suoi vescovi e dei falsi buoni che fanno del male e che non rispettano i nostri diritti umani
viewtopic.php?f=132&t=2591
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » ven mag 05, 2017 7:55 am

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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » sab mag 06, 2017 3:56 am

Sudafrica: "Via tutti i bianchi in 5 anni". Massacrati. A quando anche da noi? (Con un'aggiunta).

http://www.maurizioblondet.it/sudafrica ... rati-anche

Jacob Zuma, il corrotto presidente del Sud Africa, lo scorso marzo ha espresso il proposito di confiscare le terre dei coltivatori bianchi per redistribuirle ai neri. “Voglio un accertamento dell’uso ed occupazione pre-coloniale delle terre” per decidere quali terreni saranno presi, ha detto: quasi che esistesse un catasto pubblico “pre-coloniale” – mentre i coltivatori bianchi, quasi tutti olandesi (gli inglesi abitano nelle città) si stabilirono nel Seicento a dissodare un paesaggio primordiale di savane incolte, scarsamente popolate; gli Zulu e Xhosa arrivarono dopo, durante il sorgere del cosiddetto Impero Zulu nel 18mo secolo.

Ma il presidente Zuma, dell’ANC (il partito di Mandela), è in difficoltà per il crescere di un partito rivale, Economic Freedom Fighters, che ha come punto centrale del programma la confisca delle terre bianche; indebolito da accuse di corruzione, ha pensato bene di cavalcare questo tema, popolare fra i neri. “Dobbiamo accettare la realtà che quelli che sono in parlamento – ha detto – dove sono fatte le leggi, in particolare i partiti neri, devono unirsi perché ci occorre una maggioranza di due terzi per cambiare la costituzione”, nel rendere legali le confische.

I leader dei partiti di sinistra stanno minacciando di “sgozzare tutti i bianchi, di eliminarli tutti entro cinque anni”, ha raccontato Simon Roche, un sudafricano che ha costituito un gruppo di autodifesa. I rurali, quasi tutti afrikaneers (boeri) si aspettano l’imminente scoppio di una guerra razziale.

Da anni, nel silenzio complice dei media e dei politici occidentali, i coloni boeri sono oggetti di rapine, saccheggi assassini commessi da bande di neri. Almeno 3 mila bianchi, uomini, donne e bambini, sono stati massacrati nelle loro fattorie nell’ultimo decennio; la statistica è per difetto, perché lo ANC al poter ha vietato la pubblicazione di statistiche su questi omicidi – “dissuadono gli investimenti esteri” – e la polizia comunque tende a non riportare i fatti.

Secondo una inchiesta indipendente (Genocide Watch) è un vero e proprio genocidio per odio razziale: lo dicono le modalità delle stragi, spaventose. Donne e bambini violentati prima di essere uccisi; uomini torturati per ore; famiglie intere aperte coi machete, le loro interiora asse come festoni alle porte; altri legati ai loro stessi automezzi e trascinati per chilometri, fino alla morte.

Nel 2017 sono stati sterminati in questi orrendi modi settanta coltivatori, in 345 assalti alle fattorie (sempre più sofisticati, di stile militare) nel silenzio generale; del secondo massacro del 2017, avvenuto a febbraio, si sa perché la coppia era inglese e quindi ne hanno parlato i media britannici, anche la BBC. Sue Howart, 64 anni, e il marito Robert Lynn, 66, stavano dormendo nella loro fattoria a 150 chilometri da Pretoria quando, alle 3 di notte, sono stati sorpresi da tre assalitori; i quali hanno torturato il marito con un cannello ossidrico, lo hanno accoltellato selvaggiamente, per fargli confessare dove teneva il denaro (non ne aveva in casa); alla donna hanno bruciato la faccia col cannello. Poi hanno caricato i due, feriti, sul loro camioncino e li hanno portati nella savana. Il marito l’hanno abbandonato con un sacco nero legato alla testa, perché morisse soffocato; alla moglie hanno sparato alla testa (l’autopsia scoprirà che le avevano ficcato un sacco di plastica nella gola). La donna, portata all’ospedale, è morta dopo due giorni di agonia. Il marito, miracolosamente sopravvissuto, ha potuto raccontare com’è andata.

Molto meno descritto il primo fatto del 2017: una coltivatrice di 64 anni, Nicci Simpson, è stata trovata nella sua fattoria del Vaal, a due ore da Johannesburg, in un lago di sangue. I suoi violentatori ed assassini l’avevano torturata per ore con un trapano. Spesso i coloni sono disarmati: il regime ANC ha obbligato tutti a registrare le armi che avevano in casa, e vieta da anni ai bianchi di tenerle legalmente.

La complicità del regime e della sua polizia non sono nemmeno dissimulati: il presidente Zuma (suo nome tribale: Gedleyihlekisa, detto Msholozi) ha celebrato l’anniversario della nascita dell’ANC intonando l’inno “Dubula iBhunu”, ossia “Spara ai Boeri” violando la costituzione sudafricana, ovviamente anti-apartheid, che proibisce ogni “appello all’odio basato sulla razza e costituisca un incitamento alla violenza”.

E’ per questo che, dopo l’annuncio presidenziale di confisca delle terre, molti sudafricani si sono riuniti in un gruppo di autodifesa – Suidalender – che ha approntato un piano: “Raccogliere la nostra gente” dalle fattorie (tutte ovviamente isolate e sparse) e concentrarla in una zona sicura ; non prendere le armi, ma ritrarci dal pericolo”; ha detto Simon Roche, uno dei capi, intervistato da Infowars. E’ un progetto immane: riunire sotto attacco un 20 per cento dei 4,8 milioni di bianchi sudafricani. “Speriamo di salvare 800 mila persone; il nostro protocollo di evacuazione è basato su individui che si collegano con i vicini per radunarsi in luoghi sicuri provvisori…”.

Giova sperare. Sarà da veder se questo esodo disperato, quando avverrà, susciterà l’interesse dei media progressisti. Magari della confisca delle terre e della loro distribuzione ai neri avremo qualche eco, per i rincari e la carestia che questo sicuramente provocherà (è accaduto lo stesso in Angola): il 95% dei generi alimentari in Sudafrica è prodotto dal 3% dei coltivatori, che sono ovviamente i bianchi; è per questo che i neri vogliono le loro fattorie-modello, che ridurranno alla sterilità.

È opinione del vostro modesto cronista, che ha conosciuto la realtà sudafricana (e la “cultura” dell’ANC) in diversi servizi sul campo, che con la nostra accoglienza senza limiti ai “migranti” africani, ci stiamo procurando da noi stessi un simile problema. Li vedo sempre più numerosi, agli angoli di certe strade di Milano, tutti giovani, atletici, palestrati, a fare nulla. Non gli ci vorrà molto a capire che possono entrare nel bilocale della pensionata vecchia, sola e indifesa, e sgozzarla e torturarla impunemente per portarle via la pensione. Mi direte che sono razzista? I razzisti sono loro. Li conosco. Conosco la loro crudeltà, la loro invidia, la loro assoluta mancanza di freni inibitori.

Del resto li conosce bene anche la Boldrini, che in Africa c’è stata. Ha annunciato che i migranti sono l’avanguardia del nostro futuro stile di vita. Non certo nel senso sudafricano, io spero.

Per le anime belle che leggono questo sito infestandolo con luoghi comuni:

Ho dimenticato di aggiungere come i negri sudafricani (povere vittime dell’uomo bianco) massacrano alla grande, molto volentieri, gli immigrati negri che vengono a a cercare lavoro dalla Nigeria, dal Malawi, dalla Somali. Gli omicidi sono quotidiani. Spesso con la «collana di fuoco », uno pneumatico incendiato e attorcigliato al collo della vittima.

Chissà perché Bergoglio, Boldrini e Soros, Medecins sans Frontières etceteranon fanno mai la lezione a questi eroi.

Forse perché “è la loro cultura”. Loro hanno diritto alla “loro cultura”. Noi no.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » mar mag 09, 2017 8:14 pm

Le menzogne di Obama


Obama: "La mancanza di cibo è una delle cause dell’immigrazione"
2017/05/09

http://tg24.sky.it/cronaca/2017/05/09/o ... ok_skytg24

"Il cambiamento climatico incide sull'alimentazione e complica la produzione di cibo. E la mancanza di cibo è una delle cause dell’immigrazione". Nella sua seconda giornata milanese Barack Obama ha parlato a Seeds&Chips, il summit mondiale dell'innovazione alimentare che si svolge alla fiera di Rho nell’ambito di Tuttofood. "I rifugiati non arrivano solo per le guerre ma anche per le carestie. Se non intraprendiamo le azioni necessarie la migrazione continuerà e diventerà peggiore", ha detto Obama che poi ha rivendicato quanto fatto per l'ambiente e per l'energia pulita negli otto anni del suo mandato. E ha ammonito che si tratta di una delle "priorità principali" per tutti. "Definirà i contorni del secolo più drammaticamente di ogni altra questione" ha aggiunto perché tutti i Paesi "grandi e piccoli" ne saranno colpiti.


Il discorso di Obama a Milano

Dopo le visite a Duomo e Pinacoteca di ieri e quella al Cenacolo di questa mattina, l’ex presidente ha fatto tappa in Fiera per tenere uno speech dedicato alla food innovation. "L’uomo ha causato danni al pianeta e ora deve risolverli. A Parigi, con Matteo Renzi, abbiamo aiutato a portare il mondo a un accordo molto significativo sul clima”, ha ricordato l'ex presidente degli Stati Uniti. Obama ha detto che il suo impegno dopo aver lasciato la Casa Bianca è quello di "formare la prossima generazione di leader" nel mondo spiegando che per questo ha discusso anche con Matteo Renzi per "creare una rete efficiente di attivisti globali".


Le politiche Usa sul clima

"Confido nel fatto che gli Stati Uniti continueranno a muoversi nella giusta direzione" nelle politiche sul clima, ha auspicato Obama osservando che ormai negli Usa le regole sulle emissioni inquinanti degli autoveicoli "sono già stabilite a livello locale". Secondo l'ex presidente, "non dovrebbe esistere alcuna azienda sulla terra che vuole sprecare energia, perché questo si rifletterebbe sui suoi utili”. Sui cambiamenti climatici "è importante che grandi Nazioni, come Usa o Cina, e anche l'Europa, indichino la strada”. L'accordo di Parigi prevedeva standard così alti da risolvere il problema tout court, ma è servito "a mettere insieme l'architettura" per ridurre le emissioni, andando avanti man mano che le tecnologie lo permetteranno. "Bisogna continuare con questa leadership - ha concluso - nessuno può sedersi a bordo campo”.


Mancanza di lavoro è parte del problema terrorismo

La tecnologia nel mondo "sta creando in molti settori dell'economia ad alta intensità di capitale e meno richiesta di mano d'opera, e tutto questo diventerà un problema nel mondo avanzato. Sono certo che in molti Paesi del Medio Oriente e del sud dell'Asia questo è parte del problema che fomenta la radicalizzazione e il terrorismo”, ha detto Obama. ”Se molti giovani sono disoccupati canalizzeranno in modo malsano le loro energie" ha aggiunto.


Il confronto con il suo chef

In apertura Obama ha detto che lui e la moglie Michelle torneranno spesso in Italia. Poi il 44esimo presidente americano dopo l'introduzione al suo discorso ha tenuto un botta e risposta con Sam Kass, il suo chef alla Casa Bianca, suo consigliere per la nutrizione e direttore del programma Let's Move della first lady. Durante il confronto ha ammesso: "rispetto i vegetariani ma non sono uno di loro".


"Ovunque vada sono bloccato dai selfie"

Poi Obama ha parlato anche della sua vita dopo la fine del mandato: "Quando le cose non vanno c'è la tendenza a dare la colpa ai politici, ma io dico che la gente ha i politici che si merita”, ha detto Obama che poi ha confessato: “Quando si è alla Casa Bianca, per motivi di sicurezza si vive nella bolla, una prigione, una bella prigione" da cui non si può evadere per "andare a fare una passeggiata o prendere un caffè. Questo non mi manca. Adesso posso andare dappertutto ma vengo bloccato dai selfie".


Posti in sala esauriti

Presenti in platea, in una sala da 3500 posti, anche il sindaco di Milano Beppe Sala, che gli ha consegnato le chiavi della città in un incontro privato, l'ex premier Mario Monti, i ministri Carlo Calenda, Valeria Fedeli e Maurizio Martina, che gli ha donato i semi degli orti sociali di Lampedusa. Ospite personale di Obama il segretario del Pd Matteo Renzi, già arrivato in mattinata in fiera. Tutti i presenti sono stati controllati con il metal detector all'ingresso per motivi di sicurezza. I biglietti per l'evento erano andati esauriti in tempi rapidi nonostante il costo di 850 euro.


Alberto Pento
Non è colpa nostra se in molti paesi africani come in Nigeria fanno 5 figli e più a coppia, che poi muoiono di fame o che vengono abbandonati e cacciati per le loro supertizioni religiose.
Non dobbiamo certo mantenerglieli noi che abbiamo difficoltà a fare figli perché la vita in Europa e nell'occidente è difficile e ci soffoca per il costo, le tasse, la complessità, le ingiustizie, la povertà.




https://it.wikipedia.org/wiki/Demografia_della_Nigeria

Il più popoloso paese dell'Africa, la Nigeria conta all'incirca un quarto degli abitanti dell'Africa occidentale, inoltre più di 24 città del Paese superano i 100.000 abitanti. La grande varietà di usi e costumi, lingue e tradizioni tra i 250 gruppi etnici della Nigeria danno al paese una ricca diversità.
Il gruppo etnico dominante i due terzi settentrionali del paese è quello Hausa-Fulani, la grande maggioranza dei quali è di fede islamica. Altri gruppi etnici maggiori del nord sono i Nupe, i Tiv, e i Kanuri.
La popolazione Yoruba è predominante nel sud-ovest. Più della metà degli Yoruba è Cristiana e circa un quarto è di fede islamica, mentre la rimanente parte segue religioni animiste tradizionali. Gli Igbo, in maggioranza Cristiani, sono il gruppo etnico maggioritario nel sud-est. Il cattolico è il culto più seguito, ma anche la Chiesa evangelica e pentecostale hanno un buon seguito. Gli Efik, gli Ibibio, e i Ijaw (il quarto gruppo etnico del paese per numero) assommano ad un buon numero degli abitanti dell'area. La lingua di comunicazione utilizzata tra persone di etnie diverse è l'inglese, prevalentemente in una versione semplificata detta comunemente broken english o pidgin english. Molti Nigeriani, oltre alla lingua della propria etnia, ne conoscono spesso almeno una seconda. Hausa, yoruba, e igbo sono le lingue nigeriane usate più largamente.

http://popolazione.population.city/nigeria
https://populationpyramid.net/it/nigeria/2016
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » ven mag 12, 2017 7:32 am

C'era una volta la favoletta di un'Africa distrutta dall'egoismo dell'Occidente, dei migranti in fuga dalla guerra e delle Ong pronte a tutto per salvarli
Se anche Minniti riscopre i respingimenti
Gian Micalessin - Gio, 11/05

http://www.ilgiornale.it/news/politica/ ... 95596.html

C'era una volta la favoletta di un'Africa distrutta dall'egoismo dell'Occidente, dei migranti in fuga dalla guerra e delle Ong pronte a tutto per salvarli.

Da ieri la leggenda tanto cara a umanitari e radical chic e a tanta parte del governo non esiste più. A cancellarla ci sta pensando Marco Minniti, un ministro dell'Interno assai più attento, nonostante il passato comunista, all'interesse nazionale che non all'ideologia. Ospite di un «forum» organizzato da Repubblica il ministro costringe il quotidiano più amato da governo e sinistra a mettere nero su bianco idee e tesi opposte a quelle smerciate da anni ai propri lettori. Arrivando a resuscitare l'indigesto concetto di «respingimento», seppur imbellettato con il marchio dell'Onu.

Ma per comprendere la rivoluzione minnitiana non c'è di meglio che leggere le sue parole. «Il 90% dei flussi del Mediterraneo arriva dalla Libia. E questo consente di focalizzare ancora di più l'origine del problema». Il problema per Minniti non è quello di un'Africa alla deriva da 40 anni, ma quello di una Libia priva, dopo la caduta di Gheddafi, di frontiere meridionali, di controlli sui flussi interni e di una Guardia costiera in grado di pattugliare i 175 chilometri di costa da Al Gharabouli a Zwara, centro del traffico di uomini. Per contenere i migranti, fa capire, non serve rincorrere l'utopia, irrealizzabile, di guarire l'Africa dai suoi mali, ma più semplicemente cauterizzare la piaga libica, sfiato naturale di quei mali.

Il colpo più duro al Santo Graal buonista arriva quando il ministro smentisce, dati alla mano, la leggenda dei disperati in fuga dalla guerra. «Oggi, le prime tre etnie di migranti provengono da Nigeria, Bangladesh e Guinea. È evidente che chi, per 10mila dollari, parte dal Bangladesh, raggiunge in aereo il Cairo o Istanbul e di lì viene preso dai carovanieri per essere condotto prima nel Sud del Sahara e poi, a Sabrata e di lì sulle nostre coste con barconi, non sta sfuggendo da una guerra». Esattamente l'opposto di quanto sostenuto dal resto del Pd, dal premier Gentiloni e dal presidente Mattarella. E dall'iconoclastia minnitiana non si salvano neppure le Ong di mare e di terra vera icona del pensiero buonista e liberal chic. «L'Italia sbotta Minniti - è il Paese che fa servizio taxi sotto costa per i boat people. Il Paese in cui si arriva per poi sparire nel nulla. Dove chi deve essere rimpatriato non lo è e le mafie si arricchiscono e riciclano con il business dell'accoglienza». Il colpo in prospettiva più rivoluzionario lo sferra ricordando le 10 motovedette fornite a Tripoli dal nostro governo e lo stanziamento della Commissione europea di «90 milioni di euro per la costituzione di campi di accoglienza sul territorio libico sotto la responsabilità dell'Unhcr e dello Iom». L'iniziativa, aggiunge il ministro, «oltre a impedire la vergogna di campi di concentramento gestiti da scafisti, renderà più agevoli le procedure di rimpatrio volontario assistito. Questo per spiegare cosa intendo quando parlo di metodo».

Quel metodo basato sul fermo dei migranti nelle acque territoriali libiche grazie alle motovedette fornite dall'Italia e sul loro accompagnamento forzato nei centri organizzati dall'Onu ricorda, seppur in forma aggiornata, gli accordi firmati da Silvio Berlusconi e Muhammar Gheddafi. Allora si chiamavano respingimenti. Domani saranno riaccompagnamenti al Paese d'origine certificati dalle Nazioni Unite. Ma metodo e sostanza non cambiano. Sempre che l'eccesso di metodo non ci riservi, invece, un malaugurato cambio di ministro dell'Interno.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » dom mag 14, 2017 6:23 am

???

Somalia, Sudan, Nigeria tutte aree africane devastate dalle guerre civili tribali e da quella con l'Islam


Incubo Somalia, sempre peggio Yemen, Sud Sudan e Nigeria. Carestia per 20 milioni di persone
Nuovo appello dell’Onu: per evitare la catastrofe servono più fondi. E i conflitti in zone di crisi complicano soccorsi
La siccità fa fuggire migliaia di somali. In questa immagine, un gruppo di sfollati in un campo vicino a Mogadiscio
Pubblicato il 11/05/2017
tommaso carboni

http://www.lastampa.it/2017/05/11/ester ... agina.html


Stretta nella morsa di un’atroce siccità, la Somalia si avvicina rapidamente alla catastrofe. Con sempre meno acqua pulita a disposizione, il paese, oltre al rischio di carestia, deve affrontare un aumento esponenziale di casi di colera. Almeno 300 nuovi contagi al giorno, con decine di vittime, la cui assistenza è ostacolata dalle condizioni di sicurezza che impediscono di raggiungere molte delle aree colpite dalla malattia. Dall’inizio dell’anno, su circa 25.000 infezioni, ci sono stati 450 decessi, molti dei quali avvenuti nel sud del paese, in zone controllate dal gruppo terrorista al-Shabab e quasi inaccessibili agli operatori umanitari. Anche nel 2011, la carestia, innescata dalla siccità, provocò un’impennata di infezioni di colera.

Tra fame e malattie, morirono più di 250.000 persone. Quella in corso, tuttavia, rischia di essere una crisi peggiore, visto che la siccità si è dimostrata finora più estesa e persistente. Se le autorità non hanno ancora dichiarato l’inizio della carestia, i dati più recenti dicono che 6 milioni di persone - metà della popolazione somala - hanno bisogno di assistenza umanitaria, con 185mila bambini gravemente malnutriti e in pericolo di vita.

A complicare l’emergenza somala c’é la necessità di portare aiuti urgenti anche ad altri paesi. Secondo l’ultimo appello dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), il rischio di morti di massa per fame tra le popolazioni di Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Yemen è in rapida crescita.

In pericolo ci sono 20 milioni di persone, le cui vite sono minacciate da una combinazione di siccità e conflitti armati. Purtroppo le condizioni politiche nei teatri di crisi stanno rendendo i soccorsi difficilissimi. In Sud Sudan, dove dal 2013 infiamma una brutale guerra civile, governo e forze ribelli impediscono deliberatamente agli aiuti di raggiungere la popolazione. Il risultato è che 5 milioni di persone non si alimentano correttamente, mentre per 100mila abitanti è cominciata una vera e propria carestia. Lo Yemen versa in condizioni simili: le fazioni in lotta nella guerra civile impediscono l’accesso agli aiuti umanitari, bombardando regolarmente il porto principale, in un paese dove il 90% del cibo arriva dall’estero. Nel Nord della Nigeria è la presenza di Boko Haram, e l’offensiva lanciata contro di esso dall’esercito, ad aver causato migliaia di sfollati, oltre al collasso dell’agricoltura locale. Il rischio di carestia è elevatissimo, e anche in questo caso molte aree non possono essere raggiunte dalle operazioni di soccorso per motivi di sicurezza.

Dei quattro paesi, la Somalia è l’unico in cui la guerra non è il fattore scatenante della carestia. Nel nordest del paese, dove si vive perlopiù di pastorizia, la siccità ha decimato il bestiame e costretto gli abitanti a viaggiare centinaia di chilometri in cerca d’acqua e cibo. In altre zone sono gli agricoltori a patire, affamati da una sequela di raccolti disastrosi. Ma certamente il protrarsi del conflitto con i jihadisti di al-Shabab complica le cose. Durante la carestia del 2011, i territori più colpiti furono quelli controllati dal gruppo terroristico, che fece di tutto per bloccare gli aiuti delle organizzazioni umanitarie.

Per evitare la catastrofe l’ONU ha chiesto 4,4 miliardi di dollari entro la fine di aprile, ma finora ne ha ricevuti solo 984 milioni. Molte missioni di soccorso non sono quindi potute partire, col risultato che un “disastro prevenibile sta diventando rapidamente inevitabile”, ha spiegato Adrian Edwards, portavoce dell’UNHCR. Per quanto allarmate, le parole di Edwards conservano una certa fiducia nel ruolo di organismi internazionali come l’ONU. La convinzione che, se i finanziamenti arrivassero, sarebbe possibile arginare questo disastro. E’ certamente auspicabile che la raccolta fondi vada a buon fine. Ma i fatti parlano da soli: con il persistere di conflitti nelle zone di crisi, per ONU e altre organizzazioni umanitarie lo spazio di manovra è davvero ridotto.

Guerra civile in Somalia
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_in_Somalia
La guerra civile somala è un conflitto scoppiato nel 1991 e tuttora in corso.
Il conflitto nacque dalla resistenza nei confronti del regime di Siad Barre, portata avanti durante gli anni '80. Nel 1988-90 le forze armate somale ingaggiarono scontri con diversi gruppi ribelli, tra i quali il Congresso della Somalia Unita, il Movimento Nazionale Somalo (nel Somaliland) e il Fronte Democratico di Salvezza Somalo (nel Puntland).
Nel 1991, i clan ed i gruppi armati ribelli rovesciarono il regime di Barre; il successivo vuoto di potere portò ad una lotta tra le varie fazioni, specie tra quella di Ali Mahdi e quella guidata da Aidid. Il conflitto indusse le Nazioni Unite ad organizzare una missione di peace-keeping a metà anni '90. Il periodo di decentralizzazione del potere che ne seguì si caratterizzò, in molte aree, per un ritorno ai costumi e alle leggi religiose e dall'insediamento di governi locali nel nord dello Stato. Tale situazione portò ad un relativo affievolimento dell'intensità degli scontri, tanto che il SIPRI rimosse la Somalia dalla lista dei maggiori conflitti in corso nel 1997 e nel 1998.

L'Unione delle corti islamiche
https://it.wikipedia.org/wiki/Unione_de ... _islamiche
L'Unione delle corti islamiche (Somalo: Midowga Maxkamadaha Islaamiga Arabo: اتحاد المحاكم الإسلاميةIttihād al-mahākim al-islāmiyya) raggruppava le varie corti islamiche "di quartiere" che esistevano a Mogadiscio (in Somalia) che furono in contrapposizione con il Governo federale di transizione somalo.
Storia

Le varie Corti fino al 2006 avevano la funzione di dirimere le contese locali e di interessarsi all'aspetto sociale della zona. Esse si preoccupavano inoltre di mantenere l'ordine pubblico, utilizzando proprie milizie a causa della mancanza di un forte governo centrale.
Dopo l'attacco (all'inizio del 2006) subito da parte dei Signori della guerra, le corti islamiche locali si unirono nell'Unione delle corti islamiche, appoggiate dalla popolazione stanca dei signori della guerra (scacciati poi da Mogadiscio nella primavera del 2006 dalle stesse milizie dell'Unione).
In seguito, l'Unione prese il controllo di Mogadiscio (dopo ben 17 anni di vuoto istituzionale), con il sostegno della popolazione. La situazione della città migliorò notevolmente, al punto che fu possibile riaprire il porto e l'aeroporto (chiusi dal 1991). Si ebbe quindi un naturale ampliamento della loro area di influenza, fino a comprendere parte del sud del Paese (ma senza giungere a Baidoa, sede del governo centrale di transizione, e alla parte centrale del territorio somalo).
Le corti islamiche tentarono di introdurre la Sharia, ma la connotazione del paese, tipicamente tribale, ostacolava tale tentativo. L'Unione si accontentò quindi di mantenere il solo controllo politico, rinunciando a quello religioso. La creazione di uno stato islamico era inoltre resa difficoltosa a causa dell'appoggio dell'Igad al governo di transizione.
Nel dicembre 2006, il governo provvisorio, sostenuto militarmente dall'Etiopia, tentò di scacciare le corti islamiche da Mogadiscio. Nel giro di poche settimane di guerra, e con il successivo intervento militare degli Stati Uniti, il governo provvisorio è così riuscito a riprendere il controllo della capitale per un breve periodo. Successivamente, la guerriglia urbana scoppiata tra esercito di transizione (supportato dai militari etiopi) e corti islamiche ha provocato nella capitale numerose vittime ed un numero imprecisato di sfollati.


Violenza islamica in Nigeria
https://it.wikipedia.org/wiki/Violenza_ ... in_Nigeria
La violenza interreligiosa in Nigeria è un fenomeno sociale sviluppatosi a partire al 1953 che vede contrapposti milizie di fanatici islamici e cristiani: i primi lottano per l'inserimento della Shari'a in tutti gli stati nigeriani a maggioranza islamica mentre i secondi lottano per opporsi all'avanzare prepotente delle violenze anticristiane.
In accordo con alcuni resoconti, dall'inizio delle violenze sarebbero rimaste uccise più di diecimila persone, e diverse altre migliaia sfollate a causa delle devastazioni nelle città oggetto di scontri e rivolte.


Nigeria: nuova strage Boko Haram, bambini bruciati vivi - Decine di corpi per le strade dopo un attacco sabato sera
31 gennaio 2016

http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2 ... f9f02.html

Nuova strage di Boko Haram in un villaggio a cinque chilometri di Maiduguri, in Nigeria. Testimoni parlano di decine di corpi bruciati e crivellati di proiettili per le strade di Dalori dopo un attacco avvenuto sabato sera. Un uomo, che è riuscito a sfuggire nascondendosi su un albero, ha raccontato che poteva sentire le urla dei bambini tra le fiamme. Sono almeno 86 i civili massacrati, un centinaio i feriti. Lo affermano i media online dell'area. "Molte persone sono state uccise, numerose sono state ferite", ha dichiarato in un comunicato il portavoce dell'esercito nigeriano Mustapha Anka.
E gli integralisti islamici Boko Haram hanno colpito anche in Ciad, in due villaggi sulle rive dell'omonimo lago, nella regione di Hadjer Lamis. Il bilancio di due attentati suicidi è di almeno nove morti e 52 feriti.
Il primo kamikaze è arrivato a bordo di una motocicletta e si è fatto saltare in aria tra la gente nella località di Guitté. L'altro villaggio colpito è Mittériné, dove due donne si sono fatte esplodere in contemporanea dopo essere state individuate da alcuni abitanti appartenenti alle milizie di autodifesa, costituite proprio per fronteggiare le incursione dei Boko Haram. In quel momento le due kamikaze si trovavano vicino a un campetto di calcio e tra le vittime vi sono anche cinque bambini.

Nigeria, undici milioni di persone alla fame per colpa di Boko Haram
febbraio 10, 2017
http://www.tempi.it/nigeria-undici-mili ... J8Qd39-YlB



Colonialismo, guerre civili e islamiche in Sudan

https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_g ... e_in_Sudan
La seconda guerra civile in Sudan ha avuto luogo dal 1983 al 2005, configurandosi come una prosecuzione della prima guerra civile sudanese che era durata dal 1955 al 1972. Iniziò nel Sud Sudan ma si diffuse nelle regioni delle montagne di Nuba e del Nilo Azzurro sul finire degli anni ottanta. Con 1,9 milioni di morti e 4 milioni di profughi fu una delle più sanguinose guerre dalla fine della seconda guerra mondiale[1]. Il conflitto ebbe ufficialmente fine con l'accordo di Naivasha, un trattato di pace firmato nel gennaio del 2005.

Darfur
https://it.wikipedia.org/wiki/Conflitto_del_Darfur
Il conflitto del Darfur (talvolta chiamato genocidio del Darfur) è un conflitto armato attualmente in corso (sebbene viga una tregua) nella regione del Darfur situata nell'ovest del Sudan, Stato dell'Africa subsahariana delimitato da Ciad, Egitto, Etiopia, Libia, Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Repubblica Centrafricana e Kenya.
Il conflitto, iniziato nel febbraio del 2003, vede contrapposti i Janjawid (letteralmente "demoni a cavallo"), un gruppo di miliziani arabi reclutati fra i membri delle locali tribù nomadi dei Baggara, e la popolazione non Baggara della regione (principalmente composta da tribù dedite all'agricoltura). Il governo sudanese, pur negando ufficialmente di sostenere i Janjawid, ha fornito loro armi e assistenza e ha partecipato ad attacchi congiunti rivolti sistematicamente contro i gruppi etnici Fur, Zaghawa e Masalit.

http://www.storiain.net/storia/la-guerr ... -dinamiche




Non è colpa nostra se in molti paesi africani come in Nigeria fanno 5 figli e più a coppia, che poi muoiono di fame o che vengono abbandonati e cacciati per le loro supertizioni religiose.
Non dobbiamo certo mantenerglieli noi che abbiamo difficoltà a fare figli perché la vita in Europa e nell'occidente è difficile e ci soffoca per il costo, le tasse, la complessità, le ingiustizie, la povertà.


https://it.wikipedia.org/wiki/Demografia_della_Nigeria

Il più popoloso paese dell'Africa, la Nigeria conta all'incirca un quarto degli abitanti dell'Africa occidentale, inoltre più di 24 città del Paese superano i 100.000 abitanti. La grande varietà di usi e costumi, lingue e tradizioni tra i 250 gruppi etnici della Nigeria danno al paese una ricca diversità.
Il gruppo etnico dominante i due terzi settentrionali del paese è quello Hausa-Fulani, la grande maggioranza dei quali è di fede islamica. Altri gruppi etnici maggiori del nord sono i Nupe, i Tiv, e i Kanuri.
La popolazione Yoruba è predominante nel sud-ovest. Più della metà degli Yoruba è Cristiana e circa un quarto è di fede islamica, mentre la rimanente parte segue religioni animiste tradizionali. Gli Igbo, in maggioranza Cristiani, sono il gruppo etnico maggioritario nel sud-est. Il cattolico è il culto più seguito, ma anche la Chiesa evangelica e pentecostale hanno un buon seguito. Gli Efik, gli Ibibio, e i Ijaw (il quarto gruppo etnico del paese per numero) assommano ad un buon numero degli abitanti dell'area. La lingua di comunicazione utilizzata tra persone di etnie diverse è l'inglese, prevalentemente in una versione semplificata detta comunemente broken english o pidgin english. Molti Nigeriani, oltre alla lingua della propria etnia, ne conoscono spesso almeno una seconda. Hausa, yoruba, e igbo sono le lingue nigeriane usate più largamente.

http://popolazione.population.city/nigeria

https://populationpyramid.net/it/nigeria/2016


Accoglienza o ospitalità imposta o forzata è un crimine contro l'umanità
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1975576686
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » dom mag 14, 2017 6:59 am

Non deprediamo e non uccidiamo la nostra gente con l'irresponsabile accoglienza indiscriminata e scriteriata a spese delle scarse risorse pubbliche, dei nostri figli e nipoti e dei nostri compaesani e concittadini
viewtopic.php?f=196&t=2605


Noi non dobbiamo proprio nulla agli africani,
se cercano di andarsene dallAfrica sono affari loro e non è assolutamente vero che è colpa e responsabilità economica e politica nostra di noi europei e occidentali;
non è assolutamente vero che in Africa vi sono carestie dovute a nostre responsabilità sul clima alterato come mondo industrializzato; carestie che produrrebbero decine di milioni di migranti economici, da miseria e da fame.
La verità è che in Africa fanno figli come le cavallette, irresponsabilmente e poi non hanno le risorse per sfamarli, mantenerli e dargli un futuro; fanno anche più di 5 figli a coppia enoi mediamente per le enormi difficoltà che abbiamo a vivere ne facciamo meno di 1 per coppia.
Non siamo noi che dobbiamo preoccuparci di questi figli dell'Africa; non sono nostri e dobbiamo loro nulla, ma proprio nulla. Che si arranginio.
Anche in questo caso se vi fosse una qualche costrizione ad accogliere questa gente che l'Africa genera e che poi rigetta, sarebbe un'altra forma mostruosa e disumana di riduzione in schiavitù.

A questa gente che l'Africa non sfama, vi si aggiungono anche africani criminali, farabutti, approfittatori e parassiti di ogni risma.

Noi europei, a tutta questa gente africana non dobbiamo assolutamente nulla, ma niente di niente.


Tassi di natalità nel mondo
https://it.wikipedia.org/wiki/Stati_per ... alit%C3%A0

Diritti Umani Universali che non esistono
viewtopic.php?f=25&t=2584



Tutto quello che viene dato a questi invasori
viene tolto a te,
alla tua famiglia,
ai tuoi figli,
ai tuoi vecchi,
alla tua gente,
ai tuoi concittadini,
ai tuoi ammalati,
ai tuoi disoccupati,
ai tuoi lavoratori,
alle tue imprese,
ai tuoi poveri,
ai tuoi nipoti,
alla tua terra,
alla tua cultura,
al tuo futuro
e alla tua vita;

senza contare
che nessuno di questi invasori ha un diritto assoluto ad essere accolto,
e che molti non hanno nemmeno alcun diritto relativo, all'accoglienza e all'ospitalità;
che buona parte sono criminali comuni e parassiti
e che tanti altri sono terroristi e nazisti maomettani che possono nuocere gravemente alla tua gente, al tuo paese, alla tua famiglia e alla tua vita;

che lo stato italiano è pieno di debiti che gravano sulle spalle dei cittadini per generazioni e che non ha risorse e lavoro nemmeno per le sue genti, per i suoi figli già nati e per farne nascere altri.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » mar mag 23, 2017 6:39 am

Noi all'Africa non dobbiamo nulla, ma proprio nulla e non abbiamno alcuna responsabilità.


Sud Sudan, tra i profughi in fuga dai massacri etnici: “Sono nostri fratelli, ma ci ammazzano”
A sei anni dall’indipendenza il Paese più giovane del mondo è devastato dal conflitto. A Juba l’unica salvezza è andare nel campo dell’Onu: «Se usciamo rischiamo la vita»


http://www.lastampa.it/2017/05/22/ester ... agina.html

Una volta dentro il campo di sfollati della capitale del Sud Sudan, sorvegliato a vista dai caschi blu delle Nazioni Unite, le possibilità di sopravvivenza per Peter, un giovane di 21 anni, aumentano all’istante. Vita o morte sono divise da un lungo perimetro di filo spinato. Da una parte l’impunità delle strade polverose della capitale Juba. Dall’altra un fazzoletto di terra dove vivono 40 mila persone scappate da una guerra civile che dal 2013 a oggi ha causato 100 mila vittime e 3,5 milioni di sfollati (stime Onu). I più fortunati, circa 1,5 milioni, hanno trovato rifugio in Uganda, Etiopia e Kenya; mentre oltre 2 milioni sono ancora prigionieri del proprio Paese, il più giovane del mondo, nato nel 2011 e già in frantumi.

L’incubo della guerra

Peter, scappato nel cuore della notte dalla sua casa di Yei, 150 chilometri dalla capitale, da due anni vive barricato in quello che le Nazioni Unite hanno ribattezzato Campo di protezione per i civili. Il primo nella storia delle operazioni di pace Onu, che mai aveva dato mandato ai caschi blu di trasformare un campo di sfollati interni in base militare. Torri di avvistamento, sacchi di sabbia e check point ogni chilometro. A presidiarli si alternano militari nepalesi e cinesi, uomini e donne, parte dei 17 mila soldati di Unmiss, la missione di pace dell’Onu in Sud Sudan.

Uomoni armati con kalashnikov e divise militari lungo la strada nello Stato di Eastern Equatoria nel Sudan del Sud. Foto: Lorenzo Simoncelli

Peter è uno dei pochi coraggiosi che a volte esce dal campo, per respirare l’illusione di una vita normale. Ma dura poco, il tempo di una passeggiata senza inciampare nei picchetti delle tende ammassate all’interno di quella che molti ormai definiscono casa. I soldati governativi del Spla (Sudan People Liberation Army), in mimetica e basco rosso pattugliano le strade al di fuori della base Onu. Fedeli al presidente del Paese Salva Kiir, la maggior parte di loro condivide con il capo di Stato l’etnia d’origine, quella Dinka, maggioritaria in Sud Sudan. E per Peter, di etnia Nuer, la principale tra le minoranze, i rischi aumentano. «Non capisco perché devo vivere rinchiuso qui dentro solo per non essere Dinka, siamo tutti sud-sudanesi» si interroga Peter all’ingresso del campo.

Civili nel mirino

Sia le Nazioni Unite che il Center for civilians in conflict hanno pubblicato documenti in cui denunciano le violenze subite dai civili appena fuori dalla struttura: donne stuprate, uomini uccisi. Lo scorso luglio, negli scontri che hanno sancito la fine del fragile accordo di pace del 2015 tra il presidente Kiir e il vicepresidente Machar, di etnia Nuer e ora confinato in Sudafrica, neanche i campi dei civili sotto protezione Onu sono stati risparmiati dai colpi di artiglieria.

Terminati i rigidi controlli di sicurezza per evitare che entrino armi all’interno del campo, Peter si dirige verso la sua tenda, fino a pochi mesi fa condivisa con la sorella 18enne, l’unico famigliare superstite e che adesso si è sposata con un ragazzo conosciuto nella capitale. «Quella notte ho ricevuto una telefonata che mi avvisava: l’esercito stava cercando casa per casa gli uomini di etnia Nuer – ricorda l’inizio del suo incubo – sono scappato nella savana, ma era buio totale, non vedevo niente, sentivo solo il fischio dei proiettili sopra la mia testa». «Nella fuga due membri dell’esercito mi hanno fermato. Ho detto che ero un civile, ma avevo paura che riconoscessero il mio accento e che per me fosse finita – spiega Peter – uno era Dinka, l’altro Kakwa (minoranza etnica musulmana, ndr). Quest’ultimo mi ha salvato la vita convincendo l’altro a lasciarmi andare».

Bambino controlla il bestiame nella contea di Ikotos in Sud Sudan. Foto: Lorenzo Simoncelli

Da allora è iniziato un calvario che l’ha portato prima nel Nord dell’Uganda, dove il numero di rifugiati sud-sudanesi ha toccato quota un milione e, poi, nel campo Onu a Juba, dove i 40 mila sfollati vivono grazie alle razioni di cibo distribuite dal World Food Programme.

La tenda dove vive Peter è circondata da altre famiglie scappate dal Nord del Paese, l’area più contesa per la presenza del petrolio, la cui gestione significa il controllo del Paese, dato che il 97% degli introiti nazionali derivano dal greggio. In questa regione, già duramente segnata da oltre 40 anni di guerra con il Sudan, gli scontri tra ribelli e governativi sono ancora più intensi. Un’area paludosa che ha reso più difficile la fuga dei civili. Alcuni si sono nascosti per giorni negli acquitrini mangiando radici e provando a pescare pesci con le mani. Acque infestate da coccodrilli e ippopotami. Un rischio da prendere pur di evitare di cadere in mani nemiche.

La carestia

Una guerra che, oltre a vittime e sfollati, sta affamando 5 milioni di persone, metà della popolazione, con almeno 100 mila civili prossimi alla morte per fame (stime Onu). Un conflitto politico che rischia di trasformarsi sempre più in scontro etnico, dove non esiste una linea di demarcazione netta data le decine di etnie che popolano il Sud Sudan. Dove la base si trova a subire il vertice, ma non a comprenderlo e il presente sembra cancellare tradizioni secolari. «Per noi Nuer incidere sei linee orizzontali (gaar) sulla nostra fronte era un simbolo di distinzione – spiega Nhial, un quarantenne vicino di tenda di Peter – ma adesso si è trasformato in una condanna perché siamo facilmente riconoscibili».

Cartello di benvenuto all’ingresso della base Protection of Civilians Onu a Juba. Foto: Lorenzo Simoncelli

A rendere ancora più pesante l’aria all’interno del campo di sfollati di Juba, il caldo torrido provocato dai riflessi del sole sui pezzi di lamiera usati per coprire gli squarci delle tende. La stagione delle piogge è in ritardo, decine di bambini aspettano in coda il loro turno per riempire una tanica d’acqua. L’olezzo proveniente dalle latrine a cielo aperto è nauseabondo. «Il sovraffollamento rischia di far esplodere un’epidemia di colera come nel 2016» spiega la dottoressa Sadia Azam, a capo dell’ospedale realizzato dall’organizzazione umanitaria statunitense International Medical Corps all’interno del campo.

A pochi isolati di distanza, l’esercito ha ripreso a pattugliare le strade della capitale. Per gli stranieri rimasti, quasi tutti membri di ong e organizzazioni umanitarie, il coprifuoco è fissato per le 20,30. Le vie di Juba, antitesi delle capitali africane, sono sempre più deserte. Oltre ai boda boda (moto taxi) si vedono le jeep bianche con la scritta delle Nazioni Unite che fanno la spola tra l’aeroporto e i compound blindati. Il carburante è razionato: massimo 20 litri a macchina e l’economia è al collasso. Il pound locale è scambiato 120 a un dollaro e le banche sono quasi prive di valuta straniera.

Madre e figlio scappati dalla guerra in attesa della distribuzione di cibo alla frontiera con l’Uganda. Foto: Lorenzo Simoncelli

Ong sotto attacco

Appena fuori della capitale, nelle strade impervie che attraversano la savana verdeggiante, si intravedono giovani armati di kalashnikov a difesa del proprio bestiame, preso di mira dalle diverse fazioni in conflitto. Le imboscate di milizie più o meno connesse al contesto politico nazionale sono sempre più frequenti. Servono soldi per armarsi e per mangiare. Spesso a pagare il prezzo più alto sono le ong. Dal 2013 ad oggi 83 cooperanti sono stati uccisi.

Dietro ai disperati tentativi per resuscitare i negoziati di pace non mancano le interferenze degli Stati africani e delle grandi potenze straniere interessate al petrolio, Stati Uniti e Cina in primis. Con l’amministrazione Trump pronta a staccare il supporto al presidente Kiir, aumentando così il rischio di una regionalizzazione del conflitto e di una deriva multietnica da cui sarebbe difficile uscire.



La prima guerra civile in Sudan
https://it.wikipedia.org/wiki/Prima_gue ... e_in_Sudan
La prima guerra civile in Sudan ha avuto luogo dal 1955 al 1972 tra il governo centrale del Sudan e i separatisti del sud, che rivendicavano una maggiore autonomia regionale. È noto anche come "la ribellione di Anyanya" o "Anyanya I" dal nome dell'armata separatista sudanese meridionale formatasi durante il conflitto (in lingua Madi, parlata in Sudan del Sud e Uganda, Anyanya significa "veleno di serpente"). Si calcola che mezzo milione di persone (in massima parte civili) perì nel corso dei 17 anni di guerra.
L'accordo che pose fine ai combattimenti nel 1972 non è riuscito a fugare completamente le tensioni che avevano portato all'inizio della guerra civile, causando una riaccensione del conflitto nord-sud sfociata nella seconda guerra civile sudanese (o Anyanya II) (1983-2005).

La seconda guerra civile in Sudan
https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_g ... e_in_Sudan
La seconda guerra civile in Sudan ha avuto luogo dal 1983 al 2005, configurandosi come una prosecuzione della prima guerra civile sudanese che era durata dal 1955 al 1972. Iniziò nel Sud Sudan ma si diffuse nelle regioni delle montagne di Nuba e del Nilo Azzurro sul finire degli anni ottanta. Con 1,9 milioni di morti e 4 milioni di profughi fu una delle più sanguinose guerre dalla fine della seconda guerra mondiale. Il conflitto ebbe ufficialmente fine con l'accordo di Naivasha, un trattato di pace firmato nel gennaio del 2005.
La guerra fu combattuta tra le popolazioni arabe del nord e quelle di altra religione del sud. I regni delle sponde del fiume Nilo, hanno combattuto contro gli indigeni dell'entroterra del Sudan per secoli. Fin dal XVII secolo, il governo arabo tentò di sfruttare la popolazione cattolica dell'entroterra meridionale del Sudan.

Sudan meridionale.

Quando i britannici gestivano il Sudan come una loro colonia, gestivano separatamente le aree meridionale e settentrionale scoraggiando il commercio fra un'area e l'altra. Dopo il 1946 i britannici, sotto la pressione delle forze arabe settentrionali, fecero integrare le due aree con la lingua araba scelta come lingua nazionale, e tutto il potere decentrato ai politici residenti a Khartoum, creando molta agitazione nei popoli del meridione.
Nel 1955 il rancore verso i musulmani del nord raggiunse un punto di rottura tra le truppe della regione equatoriale, quando il governo non mantenne la promessa fatta ai britannici di istituire il federalismo. Per i seguenti 17 anni seguì un lungo periodo di conflitto con i leader del Sudan meridionale. Altre cause molto importanti della guerra furono i giacimenti petroliferi nel sud, così come la presenza di acqua in abbondanza a confronto con il nord sahariano. Una guerra parallela fu combattuta dai Dinca contro i Nuer nel Sudan meridionale.


Alberto Pento
Le cause sono il tribalismo africano e l'islam : inculture razziste che non hanno alcun rispetto per la vita, per l'uomo in generale, petr gi altri e i diversi.
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Re: All'Africa e agli africani non dobbiamo nulla

Messaggioda Berto » dom giu 04, 2017 6:29 pm

???

Attentato Londra, ricostruire il legame con il sud del Mediterraneo è l'unica salvezza
Shady Hamadi
Scrittore

http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/06 ... za/3635010


Non dovremo stupirci quando scopriranno che gli attentatori di Londra avevano precedenti penali; erano finiti in carcere e lì, in detenzione, hanno riscoperto di “essere musulmani”. Una volta usciti, il fallimento delle loro vite l’hanno imputato al sistema. Poi all’Occidente che – hanno pensato – non ha voluto accettarli perché figli di musulmani: l’occidente odia l’Islam, odia loro.

E allora loro, che di Islam non hanno mai saputo nulla, né hanno mantenuto un legame stretto con i loro paesi di origine, hanno riempito un vuoto – quello della loro identità – indossando i vestiti della loro appartenenza: quella religiosa, messa sotto attacco dallo sguardo dell’altro.

È un copione che si ripete quello del fenomeno della radicalizzazione. I terroristi, da Charlie Hebdo fino a quelli di Manchester, hanno affrontato lo stesso percorso psicologico e umano. Questo vuoto, quello del fallimento, che accomuna tutte queste persone, è stato riempito con la violenza scatenata contro lo Stato, ieri contro la città di Londra – governata da un sindaco musulmano, Sadiq Khan, a cui tutto è imputato.

Noi, comuni cittadini, dobbiamo fare i conti con un’Europa che comincia ad assomigliare al Medio Oriente, dove da decenni i cittadini di quel posto – che è parso esotico e lontano anni luce da noi – fanno i conti con le uccisioni sommarie dei regimi arabi e del fondamentalismo religioso. Ma non ci è mai davvero interessato, mentre eravamo stesi a prendere il sole a Sharm el Sheikh. Forse oggi, in un’epoca di stragi, è il momento di capire che ricostruire il legame con la sponda sud del Mediterraneo è l’unica maniera che abbiamo per salvarci.



Lt_Col_Kurtz • 12 minuti fa
L'unica maniera che abbiamo per salvarci è smetterla di farli arrivare e rimandare indietro quelli già qui.

Emilio M. • 18 minuti fa
Le indagini sono ancora in corso,ma già si ipotizza che sono i soliti dissociati,emarginati,ex detenuti,radicalizzati per colpa delle carceri,dell'occidente,bla bla bla.Magari poi verrà fuori che erano benestanti o coccolati dal welfare.Ma prendiamo per buono che sono i soliti pregiudicati.Una domanda sorge spontanea.Perchè ex detenuti buddisti,scintoisti,testimoni di Geova,pastafariani,cinesi,polacchi,russi, ecc. quando escono dal carcere al massimo tornano a delinquere,ma non si fanno saltare in aria in metro,né vanno in giro a investire la gente e prenderla a coltellate? Poi si dice che la colpa è dell'occidente cattivo che emargina questi poveri musulmani che reagiscono con il terrorismo.Prendiamo per buono che è così.Perchè fanno gli attentati nelle Filippine non sono nemmeno un paese occidentale?Chi hanno bombardato?Colonizzato?Sfruttato?Poi che il motivo è che questi musulmani si sentono esclusi dalla società occidentale e allora reagiscono con il terrorismo.Ok facciamo che è così.E allora perchè fanno gli attentati nei paesi musulmani?Chi li esclude?Chi li odia?Li non sono tutti musulmani?

Marco Scapinelli • 23 minuti fa
Il punto è che hanno rotto i c....ni. Islam o non islam ne abbiamo le p.. le piene. E io personalmente sono anche stanco di ascoltare sermoni e studi psicopedagogici.


Zunal • 27 minuti fa
Una parola per chi esegue il lavaggio del cervello su basi pseudo-religiose, no?
Una parola per chi finanzia e da il sostegno ai gruppi jihadisti operanti in UK o nel resto d'Europa, no?
Eppure sono paesi arabi per i quali, evidentemente, una società secolarizzata e laica come quella occidentale è "harām", una contestualità vietata dalla fede.
Paesi che investono per l'islamizzazione wahabita del continente attraverso preselitismo, costruzione di moschee, madrasse e, appunto, lavaggi del cervello, indottrimenti e condizionamenti!
A volte i governi cercano pure di avviare indagini per arrivare alle fonti del sostegno alla jihad europea, ma poi si fermano ed insabbiano quando arrivano al segreto di Pulcinella: troppi interessi economici dietro, oltre alla condivisione nell'utilizzarli poi come foreign fighters per il lavoro sporco nelle "proxy wars" mediorientali, e in questo l'Europa è corresponsabile.
https://www.theguardian.com...
La salvezza sarebbe recidere questi legami dal (munifico) mondo dei petrodollari wahabiti, evitare le destabilizzazioni in Medio Oriente ed in Nordafrica ed evitare la strumentalizzazione a nostra volta dello jihadismo come strumento geopolitco.
E prendere soprattutto atto che se tolleranza diventa sinonimo di dhimmitudine siamo spacciati.


Sasha73 • 41 minuti fa
La sua interpretazione del fenomeno è giusta fino a un certo punto. Certamente il fanatismo, l'estremismo islamico recluta in Europa nel mondo borderline, o comunque socialmente ai margini, di origine nord africana-medio orientale. Queste persone intrattengono rapporti a distanza o addirittura si recano di persona nel Califfato. E' chiaro che la grande maggioranza di questi non colpisce a caso. sì, qualche cane sciolto ci può essere, ma i più sono stati istruiti e indirizzati. La vera questione che non ci si pone è perchè queste persone colpiscono sempre o quasi negli stessi Stati europei: forse che solo lì ci sono gli emarginati della medesima origine?Domanda ovviamente retorica. Di conseguenza sarebbe sufficiente leggere la cronistoria degli Interventi militare contro l'Isis per farsi un'idea più chiara di quello che sta accadendo. La verità è che l'Isis colpisce chi la colpisce, Gli attentati sono il boomerang che Francia e UK in Europa devono subire a causa dei loro bombardamenti iniziati nel 2014. Se vuoi evitare i bombardamenti fai come l'Italia, ti defili. Gli europei farebbero bene a mettersi dentro la zucca che la lotta all'Isis è faccenda medio-orientale. Poi ognuno è libero di fare ciò che vuole, però almeno lo dicano chiaro e tondo ai loro concittadini. Internet ha cambiato il mondo, ma qualcuno non se ne è accorto o fa finta di non accorgersene.

LV • un'ora fa
Ricostruire il legame, vuol dire due cose, primo che in passato vi fosse un legame o una storia comune a cui fare appiglio, ma non c'è! (quindi al limite non ricostruire ma costruire; un po' diverso) secondo costruire un legame è ciò che stiamo facendo ed è il problema; perchè noi europei abbiamo deciso di aggregare popoli e razze uniti dall'unico grande valore che ci accomuna tutti; il denaro! Ma non viene bene! Quindi costruire il legame è la causa e non la cura e dire che bisognerebbe costruire un legame basato su altro è una sciocchezza, perchè siamo ciò che siamo! Certo magari tra 1000 anni ne riparleremo! Dato per scontato che il terrorismo non farà cambiare idea ad i governanti perchè ormai hanno deciso cosa potrebbe veramente porre un freno al terroriosmo? Accidenti non mi viene in mente nulla, ora come ora direi che non c'è nulla che possiamo fare...

lansdale • un'ora fa
temo che,a prescindere dei rapporti dell'EU con i paesi del mediterraneo dobbiamo abituarci a convivere con il terrorismo di matrice islamica...si possono ridurre le libertà civili nella speranza di limitare gli atti terroristici,per il consenso popolare che nasce dalla paura,ma i i diritti persi sono persi,la sicurezza guadagnata è opinabile

Ferruccio Vio • un'ora fa
Gentile signor Hamadi, condivido i primi tre paragrafi. Mi sfugge pero' la logica delle frasi all'ultimo paragrafo e il nesso logico con le questioni presentate.
"Ma non ci è mai davvero interessato, mentre eravamo stesi a prendere il sole a Sharm el Sheikh". A parte che non tutti i lettori sono mai andati a prendere il sole sul mar Rosso e a parte che prendere il sole al mare puo' non essere attivita' molto intelligente, ma non e' nemmeno censurabile, visto che comunque porta lavoro con l'industria del turismo, non tutti sono tenuti a interessarsi di tutti i mali del mondo.
"Forse oggi, ..., è il momento di capire che ricostruire il legame con la sponda sud del Mediterraneo è l’unica maniera che abbiamo per salvarci". In che senso? Mandare l'esercito per spezzare i traffici dei mercanti di uomini? Per ricostruire un regime decente in Libia? Impossibile: non abbiamo forze armate in grado di farlo e non ce lo lascerebbero fare, visto che siamo ancora trattati come una delle 3 nazioni sconfitte nell'ultima guerra.
Andando a prendere i migranti sulle coste della Libia? Mi sembra che gia' lo facciamo.
Con un piano Marshall per l'Africa? Ma quando mai, e da un paese alla frutta come il nostro ...

eustachio1 • un'ora fa
Andra a finire che ci saranno due soluzioni in Europa, che nasce una dittatura della destra che distrugge l'islam, o che la dittatura islamica invade l'Europa e la distrugge con guerre civili. Da quando c'è un sindaco musulmano a Londra , gli attentati sono in aumento

aretusa • un'ora fa
Cosa significa"ricostruire il legame con la sponda sud del Mediterraneo" come può influire sul pensiero di chi infarcisce la testa di questi giovani di idee omicide? Quando a fare quest'operazione è chi agisce allo stesso modo nella sponda sud. Forse sarebbe meglio lavorare contro il comunitarismo

veniamo_in_pace_sempre • un'ora fa
Piuttosto è l'islam che deve creare (non avendolo mai avuto) un legame con la ragione e con il rispetto per la vita umana, fino ad allora l'estremismo religioso sarà una minaccia mortale per le democrazie europee.

Le Canard Enchainé • un'ora fa
"Enough is enough".
Vale anche per Hamadi.

Claudicante • 2 ore fa
L'integrazione è la madre di tutte le stupidaggini.
Un individuo che condivide i valori fondamentali di una società non ha bisogno di nessuna integrazione, si amalgama nella società stessa senza problemi.
Per chi invece fugge da regimi teocratici ed ignoranti e vuole subito riprodurre tale stupidità nel paese ospite, l'unica soluzione è un biglietto di solo ritorno.

Martino C. • 2 ore fa
Ma la faccia finita con ste fesserie!! Lóccidente odia i terroristi, poi che i terroristi siano solo ed esclusivamente musulmani, non e colpa dell occidente……

sebastian • 2 ore fa
hamadi il periodo della tolleranza e del "porgi l'altra guancia" è finito.

frarom51 • 2 ore fa
Temo che non ci saranno più legami da ricostruire; se l'occidente continua a bombardare ,si andrà,per forza di cose, verso una nuova Lepanto( questa volta molto più grande e dal risultato ancora incerto)

iBmas • 2 ore fa
Ahahahahah.....prima devi smettere di commerciare petrolio in dollari e concordare l'uscita dagli accordi di Parigi dopo un viaggio in Arabia ed Israele ( diverso sarebbe stato in Israele e poi in Arabia).
Poi le corporation israeliane devono smettere di vendere armi all'Arabia tramite gli US.
Poi o sposti la Palestina o Israele.
Ti rimane infine l'Iran che non vuole essere schiacciato dalle pressioni che gli Arabi fanno agli US....e via così.
Alla fine tutto sto casino per vendere del fossile che non varrebbe niente se non fosse per il fatto che è compra venduto in dollari!....cosa emetterebbe la FD se nessuno più volesse dollari?
....il resto sono balle che non fregano a nessuno o meglio solo filosofia!

Von Karajan iBmas • 39 minuti fa
Guardi che la filosofia è una cosa serissima. è la sua mancanza in questo mondo la ragione per cui si discute nel modo che lei ha descritto

Unfantasmaobeso • 2 ore fa
A part che se tutti coloro- in ualuqnue parte del mondo- che hanno un vuoto dentro facessero cosi sarebbe la fine....basta giustificazioni. basta con questa manfrina de "è tutta colpa dell'occidente cattivo contro gli islamici buoni". Basta!

giandemi • 2 ore fa
Forse più che "ricostruire legami" dovremmo prendere atto che, negli ultimi trent'anni, con la scusa di debellare inesistenti armi di distruzione di massa (ma piuttosto per garantirci il predominio sulle risorse petrolifere in primis) abbiamo ammazzato a casa Loro un milione di persone con guerre del golfo e assimilate (fonte, un'università USA, se non altro...).
Temo quindi un'ondata di reazione che non si esaurira' nemmeno se, come pure vladimir follemente ipotizza, sganceremo un'atomica su Raqqua (possa il cielo dimostrare la sua esistenza impedendoglielo).
Quindi più che "ricostruire i rapporti" ci tocca ricostruire le terre ed i Popoli che abbiamo distrutto (volevo dire massacrato).
E imparare a vivere con le nostre risorse.

juangomez • 2 ore fa
Mi chiedo perché mai nessuno si ponga il problema di chi siano i mandanti di questo terrorismo e quale sia il loro scopo ultimo, perché dei mandanti devono pur esserci. Di gente disposta a farsi saltare in aria per fanatismo è pieno il mondo ma i burattinai, quelli che tirano i fili, non ragionano per passioni ma in base a precisi calcoli e interessi di potere. Questo almeno è quello che ha sempre insegnato la storia.

KenilGuerriero • 2 ore fa
Caro Hamadi, è vero che non tutti i mussulmani sono terroristi. Ma è pure vero che tutti quelli che si fanno esplodere, invece, lo sono. Anzi, sono mussulmani sunniti, di fede salafita. Non ho ancora visto sciiti o ibaniti farsi esplodere, né sufi investire passanti inermi con camion o furgoni. Facciamo così, i rapporti per ora li allacciamo con questi, mentre gli altri li rispediamo tutti a casa loro, finché non hanno imparato la convivenza civile.

Stemax • 2 ore fa
Ma che vuol dire in concreto: ricostruire il legame con la sponda sud del Mediterraneo?

Cassandra testarda Stemax • un'ora fa
E' quello che volevo chiedere anch'io. Siamo noi che dobbiamo "adeguarci" alla loro "cultura" (o retro-cultura, se si può dire...), o sono loro, gli islamici, che devono accettare la nostra, senza odiarci o spararci addosso, rinunciando a sharie e jihad, per convivere in pace?

Buonista57 • 2 ore fa

Quando, fino al midollo non ti senti accettato, cerchi rifugio in una ideologia, nazionalismo o religione. Chi sono accettati non lo capiscono questo stato d'animo.

Nefaristo • 2 ore fa
Scommetto che "di Islam non hanno mai saputo nulla" non solo questi ultimi jihadisti ma al Baghdadi, Bin Laden, Maajid Nawaz, Faisal Al Mutar, Ayaan Hirsi Ali, Maryam Namazie... ecc ecc ecc.. secolaristi, jihadisti di ogni tipo e provenienza, ricchi, poveri, istruiti e non, fratelli musulmani, paramusulmani non (più) violenti, attivisti ex musulmani, imam che predicano di uccidere i gay per compassione o di picchiare le mogli per dovere, legioni di musulmani che da statistiche serie risultano incompatibili con i valori moderni, lo stesso Maometto... cioè praticamente tutti quelli che vedono la teologia islamica associata alla violenza per Hamadi non ne sanno niente?

Cioè, o tutti costoro si devono inchinare a un inedito neoprofeta musulmano (un laureato in scienze politiche italiano - per carità, la divinità ndo coje coje) oppure l'islam ha un problema con la violenza, come implicano tutte queste fonti così diverse e qualificate per motivi molto diversi, e allora forse per questo una piaga che tanta sofferenza ha causato in medio oriente in senso stretto, ma pure in Africa, in India ecc. si sta espandendo nuovamente in Europa. Nel caso, il legame con la sponda sud del Mediterraneo semmai è meglio tenerlo bene d'occhio: un po' per salvare vite e riportarle alla riva più vicina; un po' per non importare ulteriori virus religiosi - che da tempo ci siamo fatti bastare e avanzare de lungo quelli endogeni.

Rogerio • 2 ore fa
Porgere l'altra guancia quindi. Vi sbagliate, tragicamente, e volete portarci con voi. Le guerre (di questo si tratta) si combattono manu militari.

peer2peer • 2 ore fa
Finchè noi occidentali ci ostineremo a nasconderci dietro la facciata di "paesi civili" non ci sarà modo di combattere il terrorismo.
A un fondamentalista che non ha niente da perdere cosa credete che importi del nostro perdonare, dialogare, convivere..?! Per loro siamo delle zecche. E uno che vuole eliminare le zecche se ne frega se queste vogliono dialogare.
Per poter comunicare efficacemente due "media" devono essere sulla stessa lunghezza d'onda.
Quindi o andiamo avanti così finchè non vinceranno loro oppure iniziamo a combatterli con la stessa moneta, terrorizzandoli.
Prendi dei terroristi? Esecuzione in TV.
Arresti degli attentatori o dei radicalizzati? Gli spari in diretta.
Prendi le loro famiglie e le sbatti fuori dall'europa. O in galera a vita.

Bisogna fargli terra bruciata, devono capire che se attaccano l'occidente le ripercussioni per loro e le loro famiglie sarebbero talmente elevate da costituire un deterrente. Devono capire che la loro morte non sarebbe una glorificazione ma una condanna per tutti quelli che gli stanno intorno.

Si vis pacem para bellum...

alvise bojago • 3 ore fa
Ciò che Shadi Hamadi non prende in considerazione è il fatto che lo stesso fenomeno di disadattamento lo provano tutti gli immigrati.
Ma solo quelli musulmani vanno in giro ad ammazzare a caso.....sempre però nel nome del suo Dio.
Lo fanno in Europa, ma anche nel Sinai; in Bangladesh, Nigeria, Pakistan, Turchia..... come lo fecero in Algeria, e ogni tanto in India, Cina, Filippine, Sudan, Kenia....

Non c'entra niente il nostro rapporto con la sponda sud, ma con l'islam, e con un Corano che NON si può rileggere in chiave moderna. Pena la morte !

Ecco dove Hamadi fallisce : non l'ha mai sentito dire che del sacro Libro si possa, anzi se debba poter fare un'esegesi.
Lui si offre o preferirà dare sempre la colpa agli occidentali ?


ivo lami • 3 ore fa
prima di tutto si tratterebbe di costruire non di ricostruire perchè i pirati saraceni che venivano dall'altra parte del mediterraneo hanno continuato a fare danni uccidere rapire ecc. ecc. sino agli inizi dell'800 quindi ben oltre le crociate che secondo certi ottusoni sarebbero una delle spiegazioni del comportamento di certi musulmani oggi; e poi diciamocelo francamente noi occidentali ed europei in particolare ci abbiamo messo centinaia di anni e milioni di morti per smettere di picchiarci tra di noi tanto che un periodo come quello alla II guerra mondiale in poi senza guerre non lo si era mai visto; inoltre abbiamo dato una bella regolata anche a una religione che era un po' troppo entrante nella vita egli uomini; facciano altrettanto e poi si ripresentino, al momento non vedo perchè dovremmo essere noi a togliere loro le castagne dal fuoco; se qui non si sentono accettati è perchè non lo vogliono loro per primi e vadano pure a farsi accettare a altre parti; troppo facile scaricarli quando fanno danni dicendo che non sono buoni musulmani è probabilmente l'ora che i "buoni" musulmani si sporchino un po' le mani anche loro sennò poi ci debbono davvero spiegare quale sia la differenza tra buoni e cattivi che è sempre più difficile da cogliere

rob • 3 ore fa
Nei paesi arabi, dove non si può dire che vengano discriminati in quanto musulmani, i terroristi colpiscono con ancora più ferocia. I terroristi non chiedono la libertà di vivere la propria vita come desiderano, vogliono il diritto di cambiare la vita degli altri.

bazinga91 • 3 ore fa
Perchè l'Islam ama l'Occidente, a dimostrazione parla la storia... Non si riesce a capire cosa dovevamo fare quando gli attentati avvenivano nel Medio Oriente, se la loro cultura è indietro di millenni e ci si ammazza ancora tra tribù e minoranze musulmane di certo non è colpa dell'Occidente. Adesso che dal Medio Oriente ce li siamo tirati in casa in massa è normale che si siano portati dietro i loro problemi e conseguenti violenze che nei loro paesi sono la normalità. E' ora di finirla con la storiella che è sempre colpa nostra, che dobbiamo integrarli, ecc. hanno voluto venire qua che si integrino loro ai nostri valori e non viceversa.

ubu • 3 ore fa
"..l'occidente odia l'islam, odia loro.." FALSO.
Signor Amadi,
all'inizio la prendevo in giro per l'assurdità e l'ipocrisia delle sue posizioni.
Ora non fa più ridere.
Ora provo indignazione e rabbia per il modo in cui ci prende in giro.
Lei mente sapendo di mentire. Lei ci offende.
A Lei che tiene il piede in due staffe dedico parte del Canto XXIII (58-72 ) gli ipocriti:

"...Là giù trovammo una gente dipinta
che giva intorno assai con lenti passi,
piangendo e nel sembiante stanca e vinta.

Elli avean cappe con cappucci bassi
dinanzi a li occhi, fatte de la taglia
che in Clugnì per li monaci fassi.

Di fuor dorate son, sì ch’elli abbaglia;
ma dentro tutte piombo, e gravi tanto,
che Federigo le mettea di paglia.

Oh in etterno faticoso manto!
Noi ci volgemmo ancor pur a man manca
con loro insieme, intenti al tristo pianto;

ma per lo peso quella gente stanca
venìa sì pian, che noi eravam nuovi
di compagnia ad ogne mover d’anca..."

frarom51 • 3 ore fa
Credo che, fintanto che l'occidente continuerà a sganciare bombe, l'unico futuro sarà un'altra Lepanto.

Rucolo • 3 ore fa
E voi invece, non vi interessa nulla di noi, siamo solo soldi che camminano. Pregate cinque volte al giorno un testo nella quale non c'è che odio nei nostri confronti ed intanto qui avete trovato opportunità e libertà. E dobbiamo pure leggere su una testata nazionale, oggi, giorno di lutto, che è colpa nostra se ci piazzate le bombe sotto il.

aquasimplex • 3 ore fa
"Noi, comuni cittadini, dobbiamo fare i conti con un’Europa che comincia ad assomigliare al Medio Oriente". Molti (purtroppo) sentono già aria di casa. Vero, sig, Hamadi?

Emilio2 • 3 ore fa
mi sembra una logica inattaccabile. in quei Paesi "...fanno i conti con le uccisioni sommarie dei regimi arabi e del fondamentalismo religioso..." e quindi fanno attentati in occidente.
bravo. cioè io vengo malmenato da uno e me la prendo non con quello che mi ha malmenato ma con un altro. bravo. un genio. complimenti. a te Platone faceva un baffo.

Tommaso • 3 ore fa
L'unica salvezza sarà quella di non fare arrivare più clandestini e rimpatriare quelli che sono arrivati. Si può fare, non è difficile, l'Australia ci può insegnare come si fa, ma anche la Spagna. Per il resto, bisognerebbe fare esattamente come fa Israele nella gestione della sicurezza.

massimov • 3 ore fa
Ricostruire il rapporto con il mondo arabo,dopo che gli anglo-americani hanno presentato al mondo intero falsi dossier e false prove, per poter invadere la seconda riserva petrolifera al mondo, provocando 700.000 morti di cui piu' della metà donne e bambini. Francamente la vedo abbastanza dura. Quella guerra ed i suoi immensi crimini hanno rappresentaTo e rappresenteranno ancora, un punto di rottura insuperabile.

fulgida • 3 ore fa
No Hamadi. L'unica salvezza per noi è quella di chiudere le frontiere e mettere fuori legge l'islam (per quei musulmani già in casa nostra) quale ideologia incompatibile con i nostri valori non negoziabili e con il rispetto della sacralità della vita. Mi spiace ma è l'islam che, nelle moschee di tutta Europa, ispira tanto chi pratica quanto chi subisce il lavaggio del cervello che trasforma le persone in robot della morte. Continuare ad assolvere questa ideologia a prescindere dai suoi contenuti violenti fingendo d'ignorare che i terroristi islamici sono precisamente coloro che, più di tutti quelli che noi ci ostiniamo a chiamiare "musulmani moderati", si fregiano del titolo di veri musulmani in quanto ottemperano alla lettera a ciò che Allah prescrive nel Corano e a ciò che ha detto e ha fatto Maometto, è semplicemente da folli. E tali, purtroppo, ci stiam dimostrando d'essere noi occidentali.

Alexander DeLarge • 3 ore fa
avrei una soluzione più pratica: inviare i condannati a scontare la pena nel paese di origine e inserire i loro dati in un database di chi non potrà più mettere piede in europa...

John Wick • 3 ore fa
Chiudere le frontiere, affondare chi li va a prendere, espulsione di tutti gli irregolari ci vorrà del tempo, ma non c'è altra via!!! poi si può parlare di riallacciare i legami!!!

Gregorio Willy • 3 ore fa
Possiamo elaborare una strategia diversa. Ogni mussulmano che commette un reato non lo arrestiamo più, gli dimostriamo il nostro amore dandogli 1500 euro mensili e una casa. Invece agli italiani come me che vivono in condizioni di semi povertà, se fanno un reato li facciamo andare in galera, in cui loro stranamente non peggiorano, anzi qualcuno si redime pure. Seconda idea magari più realizzabile smettiamo di far venire immigrati, badate bene immigrati non rifugiati visto che solo uno su mille è realmente un potenziale rifugiato, dopo di che l'incubo terrorismo svanira'. E per chi delinque? Ha ragione il giornalista niente carcere in Europa, meglio il carcere nei progrediti paesi arabi, in cui i mussulmani sono trattati benissimo dai loro carcerieri di stessa religione e in cui vige l'amore per il prossimo. Anzi desiderei tanto che questo giornalista si facesse qualche giorno di carcere in questi progrediti paesi quali Quatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi in maniera tale da apprezzare meglio il loro sistema carcerario e la loro democrazia.

Salvoblu • 3 ore fa
Sig. Hamadi faccia un bel piacere a noi occidentali: cominci col segnalare alle autorità competenti quei musulmani estremisti che con la scusa e la copertura religiosa, prima si divertono ad inventarsi dei nemici occidentali e poi li scannano; poi... se ha tempo e volontà, vada in quei luoghi dove impera la cultura dell'isis e, armi in pugno, li combatta.
Sono certo che facendo ciò renderà un gran servigio alla cultura politico-religiosa degli islamici "moderati"..
Grazie

Valentino Zacca • 3 ore fa
e invece ognuno a casa proprio no? musulmani a casa loro occidentali a casa propria! Ci si incontra al mercato... medio orientali a vendere petrolio noi occidentali a comprarlo... ma poi basta finita li! E piantiamola una buona volta di pensare al concetto di inclusione come unico sistema per vivere in pace....c'è anche un altro sistema...tu a casa tua io a casa mia... punto!

Samkova • 3 ore fa
Articolo semplicemente ridicolo, ennesimo penoso tentative di cercare di negare il nesso tra questa religione di morte e il terrorismo. Qualsiasi legame con il mondo islamico deve essere tagliato, a cominciare dalla Libia e tutti gli altri paesi dai quali questa gente arriva in Europa. Blocco dei flussi migratori da tutti i paesi islamici ed espulsione degli integralisti islamici dall'Europa. O cosi' o finiremo tutti in guerra.

frattale • 3 ore fa
Ah, l'islamo-gauchistes Hamadi che fa leva sulle contraddizioni dell'occidente per spiegare che il terrorismo esprime una forma di disagio/dissidenza sociale violenta. E perchè non metterci anche il conflitto generazionale tra prima e seconde generazioni di emigrati?
La realtà è che esiste un problema all'interno del credo mussulmano, cioè l'Islam si è radicalizzato.
Basta guardare quello che succede nel mondo e non a Sharm el Sheikh.

MangustaCBT . • 4 ore fa
Ma basta ...

legionario • 4 ore fa
La Francia e la Gran Bretagna, per mano di Sarkozy e Cameron, pagano la loro cecità nel non avere capito che destabilizzare quel mondo, avrebbe avuto conseguenze terribili per i loro paesi, che negli anni hanno aperto le porte, senza preoccuparsi di una reale integrazione. Oggi pagano il prezzo più alto. L'America, che di colpe ne ha di peggiori, ha saputo correre ai ripari con l'elezione di Trump. La sua elezione è stato un messaggio chiaro a tutto il mondo estremista arabo, "non vogliamo immischiarci nei vostri affari, e voi ci lasciate in pace". In mezzo ci troviamo noi, incapaci in tutto, ed è per questo che ci lasciamo sopravvivere. Se continueremo a professarci neutrali, ma sopratutto incapaci, godremo di tranquillità, diversamente piangeremo più e più degli inglesi o francesi.

diermineas legionario • 3 ore fa
Il messaggio di Trump forte e chiaro è "continuiamo ad appoggiare e a vendere armi al principale paese esportatore di terrorismo e islam radicale, i cui cittadini potranno continuare a muoversi liberamente, nonostante gli atti terroristici commessi". Se non se n'è accorto parlo dell'Arabia Saudita.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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