Agli africani non dobbiamo nulla, poiché hanno sterminato e cacciato quasi tutti i bianchi dal loro continente.Da decenni gli africani hanno cacciato quasi tutti gli invasori-colonizzatori bianchi europei e cristiani arrivati a partire dal secolo 18°;
li hanno in parte sterminati e in parte cacciati senza alcun risarcimento; i pochi rimasti come in Sudafrica vivono una specie di apartheid e gli africani di quel paese sanno che senza di loro starebbero molto peggio.Ma gli africani non hanno mai cacciato gli arabi islamici poiché costoro hanno sterminato tutti coloro che potevano ribellarsi e li altri sono stati costretti a convertirsi
Decołonixasion e cołonixasion viewtopic.php?f=194&t=1822 I bianchi discriminati in Sudafricahttps://it.wikipedia.org/wiki/Razzismo_contro_i_bianchi Il Sudafrica dopo Mandela: dove la minoranza bianca è discriminata e sotto la soglia della povertàGiulia Bonaudi - Ven, 04/12/2015
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/i-b ... 01485.htmlDalla fine delle politiche discriminatorie verso i neri in Sudafrica si è verificato una sorta di apartheid all'inverso: oggi ad essere discriminati sono bianchi, molti dei quali infatti sono senza lavoro e senza casa.
Se da un lato i neri hanno subito un processo di empowerment, termine che sta ad indicare la forza e il potere conquistati; dall'altro lato, quasi come se fosse il rovescio della stessa medaglia, i bianchi hanno visto diminuire la loro influenza nella società sudafricana.
Ann le Roux è una donna sudafricana bianca di sessant'anni. Nel 1994, quando Nelson Mandela divenne il primo presidente nero del Sudafrica, viveva in una casa a Melville, un quartiere della città di Johannesburg, con la sua famiglia. Dopo la morte del marito, Ann fu costretta a vendere la sua casa di Melville. A causa delle politiche governative mirate a promuovere l'assunzione dei neri alla fine dell'apartheid. Ad aggravare la situazione della donna è arrivato il licenziamento, avvenuto in seguito a una pausa che si era presa per via del lutto familiare. Sedici anni dopo, Ann è costretta a vivere tra una roulotte e una tenda che divide con altre sette persone, tra cui sua figlia e i suoi quattro nipoti, nel campo abusivo di Coronation Park, a Krugersdorp.
A quanto pare, quindi, vi sono minoranze etniche che hanno la precendeza nella lottta alla discriminazione raziale. E la minoranza bianca sudafricana non sembra rientrare tra queste. Sono i nuovi poveri del Sudafrica, migliaia di bianchi che un tempo appartenevano alla classe media, e che oggi come Ann si trovano costretti a chiedere l’elemosina o a vendere gadget improbabili, annidati nei parcheggi dei supermarket ad aiutare per una manovra, sperando nella generosità di qualcuno. Trovare lavoro poi è diventato impossibile: tanto più che moltissime compagnie hanno smesso da tempo di assumere impiegati bianchi. In molti moduli di accettazione online, una volta arrivati alla richiesta della razza, il processo si interrompe per chi barra la casella ‘white’. Nessuna assunzione per loro.
Si stima che i sudafricani bianchi che oggi vivono nei campi abusivi sono circa 450mila. "Al momento, il nostro colore non è il colore giusto in Sudafrica", ha detto Ann La Roux. Dunque, a conti fatti, sembrerebbe che il Sudafrica è ancora più ineguale di quello del 1994.
Non c’è futuro per bianchi in Sud Africasabato 6 settembre 2008
http://www.agoravox.it/Non-c-e-futuro-p ... n-Sud.htmlI criminali hanno già preso il potere in Sud Africa e non c’è più un futuro per gli Aficani Bianchi, nativi di questo Paese, oramai.
Questo è uno dei tanti messaggi fatto conoscere da Andries Ludik, Avvocato Sud Africano, molto conosciuto, la cui famiglia è stata attaccata in casa, da criminali,terrorizzata , sua moglie Margot, stuprata in fronte al loro giovane figlio la settimana scorsa.
L’Avvocato racconta: giusto guidando lungo i quarieri periferici, vedo come adesso è il Sud Africa, dappertutto, alti muri e reti elettrificate. Mi sono mosso da Morelatapark (zona vicino Pretoria), per andare in un complesso residenziate sicuro, a nord est di Pretoria, e scopriamo una persona dentro la nostra casa, armata, tutti i soldi spesi per proteggere le nostre vite, di mia moglie e dei miei figli, non è servito, perchè siamo stati attaccati lo stesso.
Essere attaccati e sottoposti ad una serie interminabile di violenze, torturati, e terrrorizzati, da criminali, entrati nelle nostre case, e rimasti impuniti, è semplicemene disgustoso.
Le persone di pelle chiara, i bianchi, sono forzati ad andarsene dal Sud Africa, perchè il regime del Governo, l’ANC, usa una barriere razzista per allontanare dal mercato del lavoro, i bianchi, preferendo solo coloro di pelle scura, e tagliando fuori, coloro che sono semplicemente, bianchi.
La legge sull’Eonomia Africana in Sud Africa, (BEE Law) era stata designata per proteggee la maggioranza della popolazione contro le minoranze. Simili leggi sono usate da altri stati, ma in maniera inversa, per dare alle minoranze, voce e diritti, non come qui che a questi ultimi vengono tolti, visto che i, bianchi sono le minoranze.
La legge sulle minoranze (BEE), assicura che i bianchi non possano mai trovare alcuna sorta di impiego. Basicalmente, questa legge proibisce ai bianchi di lavorare in qualsiasi posto, se vuoi un lavoro devi essere nero. Questo è ridicolo e vergognoso.
Non c’è futuro in Sud Africa per i Bianchi, questa è la realtà, si vive in una nazione, dove il governo non può dare alcuna forma di sicurezza e sopratutto possibilità di gestirsi la vita.
De Klerk: “Oggi il Sudafrica discrimina i bianchi”L’ex leader che mise fine all’apartheid: neri favoriti in tutto
Lorenzo Simoncelli
http://www.lastampa.it/2014/04/30/ester ... emium.htmlIl Sudafrica di oggi è ancora più ineguale di quello del 1994». A vent’anni dalle prime elezioni democratiche del Paese, questo il bilancio di F.W. De Klerk, l’uomo che, insieme a Nelson Mandela, ha messo la parola fine al regime dell’apartheid. L’ex presidente sudafricano, oggi 78enne, dagli uffici della Fondazione a lui intitolata, racconta com’è cambiata la «Nazione Arcobaleno». Cominciando dalle critiche al partito al governo, l’Anc (Africa National Congress), accusato di mettere in atto «aggressive politiche di discriminazione razziale». Un attacco che pesa come un macigno, in un Paese, che ha visto la sua storia martoriata dai conflitti etnici.
In che modo il governo sta discriminando la popolazione sudafricana?
«La decisione di favorire i neri nelle istituzioni pubbliche, così come nell’economia, ci sta portando ad una situazione in cui si viene scelti per il colore della pelle e non per le reali competenze dei singoli. Siamo vicini al punto in cui non ci potremmo più definire una democrazia non razzista. La strumentalizzazione delle cariche pubbliche per promuovere obiettivi di partito e gli attacchi retorici stanno indubbiamente portando ad un deterioramento delle relazioni tra le varie minoranze».
Qual è il bilancio a 20 anni dalle prime elezioni democratiche del Paese?
«L’economia è tre volte quella del ’94, sono state costruite case per il 25% della popolazione, e garantiti servizi base come elettricità e sanità per milioni di sudafricani. Tuttavia siamo una società ancora più ineguale del 1994. Innanzitutto per il fallimento della scuola che non fornisce un’educazione di livello all’85% dei nostri bambini. A questo si aggiunge l’inaccettabile tasso di disoccupazione. Solo il 43% dei sudafricani tra 15 e 64 anni ha un lavoro. Inoltre le tanto acclamate politiche d’uguaglianza hanno sì permesso al 20% della popolazione nera di entrare a far parte della classe media, ma per il 50% degli estremamente poveri è stato fatto poco o niente».
Conoscendo così bene Mandela crede che sarebbe soddisfatto di come il suo partito, l’Anc, sta governando il Paese?
«Sono sicuro sarebbe profondamente dispiaciuto dalla rampante corruzione all’interno dell’Anc e dall’apparente assenza di punizioni da parte del partito stesso nei confronti dei responsabili. Credo sarebbe infastidito anche dal crescente tono razzista dell’African National Congress e dall’effetto negativo che questo atteggiamento aggressivo sta avendo sulla riconciliazione nazionale. Fino al 2007 il partito ha governato abbastanza bene. Da quel momento in poi, a seguito di una svolta radicale, i risultati, ad eccezione della lotta contro l’Aids, sono venuti meno, soprattutto in campo economico e nelle politiche lavorative».
Il 7 maggio ci saranno le elezioni. Il presidente Jacob Zuma è stato più volte fischiato durante la sua campagna elettorale. Crede che il Paese sia pronto ad un cambio di leadership dopo 20 anni di governo dell’Anc?
«Credo che l’Anc perderà molti voti, ma i tempi non sono maturi per un cambio di leadership. Tuttavia non sarei sorpreso se, a breve, le divisioni e le incomprensioni tra le varie anime del partito portassero ad una scissione interna. Sarebbe un positivo passo avanti e aprirebbe le strade ad una coalizione centrista».
Recentemente Zuma è stato accusato di essersi appropriato indebitamente di denaro pubblico (18 milioni di euro circa, ndr) con la scusa di dover incrementare la sicurezza nella sua casa di campagna. Lei si sarebbe dimesso?
«Faccio ancora parte di quella classe politica secondo cui, se sei colpevole di un grosso scandalo, bisognerebbe dimettersi. Non mi sorprenderebbe se dopo le elezioni, Zuma, si accontentasse di una funzione cerimoniale e lasciasse il timone del Paese al suo vice, esattamente come fece Mandela per la gran parte del mandato».
Lei è stato l’ultimo Presidente bianco del Sudafrica, crede che un giorno il Paese tornerà ad averne uno?
«Attendo il giorno che il colore del Presidente del Paese non sarà più un elemento determinante. Se gli Stati Uniti sono riusciti a sviluppare una maturità politica che li ha portati ad eleggere un presidente nero, non vedo perché un giorno un sudafricano bianco non possa essere eletto di nuovo Presidente».
Con il termine assalti alle fattorie s'intendono una serie di ruberie svolte, a danno di proprietari di fattorie, in Sudafrica.https://it.wikipedia.org/wiki/Assalti_a ... _Sudafrica Il fenomeno, ancorché diffuso, viene anche strumentalizzato da ambienti di estrema destra (e siti neonazisti come Stormfront) che parlano di fenomeno che manifesta un genocidio boero[3]. A smentire tale visione sono i diversi studi che mostrano come il movente politico/razzista sia solo rinvenibile in un numero limitato di casi (circa il 2% dei casi) e che solo il 60% degli attacchi alle fattorie è rivolto contro bianchi.
L'11 novembre 2011 i parlamentari europei Philip Claeys (di Interesse Fiammingo), Andreas Mölzer (del Partito della Libertà Austriaco), Fiorello Provera (della Lega Nord) hanno presentato una dichiarazione scritta sugli omicidi di agricoltori in Sud Africa.
In Sudafrica uccidere un bianco non è reatoPiù di tremila assassinati in quindici anni nei modi più atroci, quasi tutti senza un colpevole. La strage dei boeri viaggia al ritmo di due delitti alla settimana con la compiacenza del governo. Che ha un obiettivo preciso: l’esproprio delle loro terre
Gian Micalessin - Lun, 29/03/2010
http://www.ilgiornale.it/news/sudafrica ... reato.htmlSe andate in Sudafrica per i mondiali di calcio fate un salto a Petersburg, nelle province settentrionali. Da quelle parti troverete una collinetta disseminata di croci bianche.
Contatele. Sono più di tremila. Una per ciascun agricoltore bianco ucciso dal 1994, da quando la «rivoluzione colorata» incominciò a cambiare il volto del Paese. Una rivoluzione che, 16 anni dopo, sembra pronta ad approfittare della «distrazione» del mondiale per metter le mani sulle fattorie dei boeri.
Se dunque l’apartheid era ignobile, il silenzio che circonda il clima di violenza e soprusi sofferto dagli agricoltori boeri non sembra migliore. Chiedetelo al 69enne Nigel Ralf. Lo scorso fine settimana Nigel, come ogni giorno da 50 anni, sta mungendo le vacche della sua fattoria di Doornkop nel mezzo del KwaZulu-Natal. Quando quei quattro ragazzotti neri gli si piantano davanti e gli chiedono del latte, Nigel manco alza la testa. «Non vendo al dettaglio» risponde. Un attimo dopo è a terra con un proiettile nel collo e uno nel braccio. Poi i quattro gli sono addosso, lo fanno rialzare, lo colpiscono con il calcio della pistola, lo spingono fuori dalle stalle. Stordito e confuso Nigel si ricorda di sua moglie. Mezz’ora prima l’ha lasciata dentro la fattoria con i tre nipotini. «Lynette, Lynette chiudi la porta, barricati dentro». Lei lo sente, ma non intuisce. S’affaccia, cerca di capire meglio. La risposta sono tre proiettili al petto. La poveretta s’accascia, cade sul letto, agonizza tra le braccia insanguinate di Nigel mentre i bambini urlano terrorizzati e i tre tagliagole fuggono portandosi dietro una vecchia pistola, un telefono e un paio di binocoli. Bazzecole, banalità quotidiane.
Sui giornali non fanno neanche notizia, ma sulla collinetta di Petersburg solo l’altr’anno sono state piantate altre 120 croci bianche. I plaasmoorde - gli assassini di fattoria come li chiamano i boeri - colpiscono ormai al ritmo di un paio di casi a settimana, ma per le autorità, per i capi dell’Anc e per i seguaci del presidente Jacob Zuma la campagna di violenza contro gli ultimi 40mila agricoltori bianchi non è certo un problema. Per capirlo basta seguire le ultime apparizioni pubbliche di Julius Malema, il 29enne leader dell’ala giovanile dell’African National Congress. Per questo «giovane leone» pupillo del presidente il modo migliore per riscaldare le folle accalcate intorno alle sue mercedes blindate è intonare «Dubula Ibhunu», la vecchia canzone dell’Anc il cui titolo significa emblematicamente «Spara al Boero». Un inno rispolverato ed eseguito con spavalda e incurante allegria negli stessi giorni in cui Lynette agonizzava tra le braccia del marito, mentre un altro farmer 46enne veniva freddato dalla salva di proiettili sparati contro la sua fattoria di Potchefstroom e una serie di fendenti massacrava un allevatore 61enne sorpreso nel sonno dagli assalitori penetrati in una tenuta di Limpopo.
Ovviamente chiunque osi collegare il fiume di sangue versato nelle fattorie e la canzonetta cantata a squarciagola da Julius e dalle sue allegre combriccole viene immediatamente tacciato di calunnia e diffamazione. «Quella canzone come molte altre intonate nei giorni della lotta fa parte della nostra storia e della nostra eredità e non può certo esser vietata» precisa con orgoglio un comunicato dell’African National Congress sottolineando lo struggente carattere «sentimentale» delle storiche note.
Peccato che quel rigurgito d’antichi sentimenti nei confronti degli agricoltori bianchi coincida, a livello politico, con il progetto di nazionalizzazione delle fattorie avanzato, negli ultimi tempi, dal dipartimento di sviluppo rurale. La proposta del dipartimento che intende dichiarare assetto d’interesse nazionale tutte le tenute coltivabili di ampie dimensioni potrebbe portare all’esproprio di tutte le terre possedute tradizionalmente dai boeri. E così mentre i tifosi si godranno i mondiali di calcio l’odiato color bianco scomparirà definitivamente dalle campagne del Paese «colorato».
ZIMBABWE, STRAGE DI BIANCHI PER UNA DISPUTA SUI PASCOLIdi PIETRO VERONESE
28 novembre 1987
http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... sputa.html È stato un massacro infame, senza precedenti per lo Zimbabwe, ex Rhodesia britannica, il paese africano di più recente indipendenza (1980). Sedici bianchi inermi sorpresi alle prime ombre della sera, legati con le mani dietro le spalle, trucidati uno per uno a colpi di machete come bestie da macello. Poi metà dei cadaveri sono stati bruciati. Solo quattro delle vittime erano uomini adulti, sette erano donne. Cinque erano ragazzini o bambini, uno nato da appena sei settimane, un altro di un anno e mezzo. Tutti hanno dovuto affrontare la stessa sorte bestiale. Lo spettacolo che si è presentato alle prime persone accorse nelle due fattorie confinanti dove è avvenuta la strage è stato agghiacciante. Solo in due sono riusciti a nascondersi e a sopravvivere: il piccolo Matthew Marais, di sei anni, i cui genitori e il cui fratellino Ethan di quattro anni non si sono invece salvati, e la giovane Laura Russel. La notizia della strage s' è diffusa in tutto il paese come un' onda d' urto, provocando uno choc collettivo nell' opinione pubblica e soprattutto nella numerosa comunità bianca dello Zimbabwe, quasi tutta residente in fattorie più o meno isolate, che torna a temere per la propria sicurezza. Il governo del primo ministro Robert Mugabe tenta di apparire padrone della situazione. Il ministro dell' Interno Enos Nkala ha ricostruito l' accaduto in una conferenza stampa, aggiungendo che speciali reparti delle forze di sicurezza stanno dando la caccia agli assassini. Ma lo sgomento e la preoccupazione restano. Stando alla ricostruzione del ministro Nkala, tutto ha avuto origine da una banale disputa per il diritto di pascolo sulle terre delle due fattorie rivendicato da alcuni squatters, allevatori di bestiame che la siccità aveva spinto a lasciare le proprie capanne e ad installarsi lì. Ma dietro il massacro sta la ferita aperta della recente storia dello Zimbabwe. La guerriglia nazionalista nera che attraverso gli anni Settanta combatté il regime bianco rhodesiano fino all' indipendenza non riuscì mai a superare la divisione etnica che caratterizza questo paese. A nord gli Shona; a sud, nella regione del Matabeleland, gli Ndebele. Giunti infine al potere nel 1980, i due movimenti nazionalisti che ricalcavano questa divisione entrarono presto in conflitto. Fu soprattutto grazie alla superiorità politica del loro leader, Robert Mugabe, che gli Shona ebbero la meglio. Da allora il Matabeleland ha sempre covato una rivolta larvata ed è rimasta la regione insicura del paese. Mentre i guerriglieri Shona sono stati inquadrati nel nuovo esercito regolare, gran parte degli Ndebele hanno, per varie ragioni, rifiutato tale possibilità. Molti di questi ex guerriglieri Ndebele hanno ripreso la via delle montagne trasformandosi in ribelli e sempre più, col passare dei mesi e degli anni, in puri e semplici banditi. Così il Matabeleland è stato testimone di attacchi, rapine, omicidi ai danni di farmers bianchi o di turisti (un bilancio di oltre 50 morti), ed anche di feroci spedizioni dell' esercito governativo, nel tentativo di pacificare la regione. La situazione è stata vieppiù aggravata negli ultimi tempi dalla siccità che infierisce nel sud dello Zimbabwe. Adams e Olive Tree, le due fattorie dov' è avvenuto il massacro, sorgono a una trentina di chilometri da Bulawayo, il capoluogo del Matabeleland, al centro di quattromila ettari di ottima terra. Sono molto diverse dalle centinaia di altre fattorie che punteggiano il paese e che, lasciate in proprietà ai bianchi dal regime di Mugabe, hanno finora garantito allo Zimbabwe indipendente l' autosufficienza alimentare. Adams e Olive Tree, infatti, erano abitate da una comunità religiosa protestante. Una ventina di persone tutte appartenenti alla Chiesa pentecostale della riconciliazione; non missionari nel senso tradizionale del termine, piuttosto agricoltori che vivevano in comunità. Gente innocente, che parlava della pace, come li ha descritti ieri il ministro Nkala. C' erano due americani, uno scozzese e tutti gli altri tra cui alcune giovani coppie con figli erano cittadini dello Zimbabwe. In conformità ai principi cristiani che ne regolavano la vita, i confini delle due fattorie non avevano né siepi né steccati. La siccità aveva portato gli squatters e il loro bestiame ischeletrito, ma la convivenza si era presto dimostrata impossibile. Ne erano nate dispute e liti. L' argomento era quello che tutti i bianchi dello Zimbabwe conoscono a memoria: Questa terra è nostra, voi bianchi ci avete tolto la terra migliore. La settimana scorsa il governatore della regione, Mark Dube, era venuto a parlamentare con gli abusivi, invitandoli ad andarsene e minacciando di farli trasferire con la forza. Uno dei capi degli squatters, Charles Masuku, si era alzato e aveva detto: Questi bianchi non mangeranno il loro prossimo pranzo. Adesso le autorità ipotizzano che Masuku se ne sia andato a trovare un certo Morgan, alias Gayigusu, noto capo di una banda di banditi-ribelli che da tempo si nasconde sui vicini monti Matopo e periodicamente scende a valle a fare razzie. Come siano andate realmente le cose non si sa; ma Gayigusu è ufficialmente accusato della strage ed è alla sua banda che le speciali forze antiguerriglia stanno dando la caccia, mentre Masuku viene interrogato in prigione. I massacratori hanno lasciato un messaggio scritto in rozzo inglese: via i bianchi dallo Zimbabwe, abbasso Margaret Thatcher, abbasso Mugabe. Hanno lasciato, soprattutto, una lunga scia di paura.
Sudafrica: "Via tutti i bianchi in 5 anni". Massacrati. A quando anche da noi? (Con un'aggiunta).5 maggio 2017
Mauruizio Blondet
http://www.maurizioblondet.it/sudafrica ... rati-ancheJacob Zuma, il corrotto presidente del Sud Africa, lo scorso marzo ha espresso il proposito di confiscare le terre dei coltivatori bianchi per redistribuirle ai neri. “Voglio un accertamento dell’uso ed occupazione pre-coloniale delle terre” per decidere quali terreni saranno presi, ha detto: quasi che esistesse un catasto pubblico “pre-coloniale” – mentre i coltivatori bianchi, quasi tutti olandesi (gli inglesi abitano nelle città) si stabilirono nel Seicento a dissodare un paesaggio primordiale di savane incolte, scarsamente popolate; gli Zulu e Xhosa arrivarono dopo, durante il sorgere del cosiddetto Impero Zulu nel 18mo secolo.
Ma il presidente Zuma, dell’ANC (il partito di Mandela), è in difficoltà per il crescere di un partito rivale, Economic Freedom Fighters, che ha come punto centrale del programma la confisca delle terre bianche; indebolito da accuse di corruzione, ha pensato bene di cavalcare questo tema, popolare fra i neri. “Dobbiamo accettare la realtà che quelli che sono in parlamento – ha detto – dove sono fatte le leggi, in particolare i partiti neri, devono unirsi perché ci occorre una maggioranza di due terzi per cambiare la costituzione”, nel rendere legali le confische.
I leader dei partiti di sinistra stanno minacciando di “sgozzare tutti i bianchi, di eliminarli tutti entro cinque anni”, ha raccontato Simon Roche, un sudafricano che ha costituito un gruppo di autodifesa. I rurali, quasi tutti afrikaneers (boeri) si aspettano l’imminente scoppio di una guerra razziale
Da anni, nel silenzio complice dei media e dei politici occidentali, i coloni boeri sono oggetti di rapine, saccheggi assassini commessi da bande di neri. Almeno 3 mila bianchi, uomini, donne e bambini, sono stati massacrati nelle loro fattorie nell’ultimo decennio; la statistica è per difetto, perché lo ANC al poter ha vietato la pubblicazione di statistiche su questi omicidi – “dissuadono gli investimenti esteri” – e la polizia comunque tende a non riportare i fatti.
Secondo una inchiesta indipendente (Genocide Watch) è un vero e proprio genocidio per odio razziale: lo dicono le modalità delle stragi, spaventose. Donne e bambini violentati prima di essere uccisi; uomini torturati per ore; famiglie intere aperte coi machete, le loro interiora asse come festoni alle porte; altri legati ai loro stessi automezzi e trascinati per chilometri, fino alla morte.
Nel 2017 sono stati sterminati in questi orrendi modi settanta coltivatori, in 345 assalti alle fattorie (sempre più sofisticati, di stile militare) nel silenzio generale; del secondo massacro del 2017, avvenuto a febbraio, si sa perché la coppia era inglese e quindi ne hanno parlato i media britannici, anche la BBC. Sue Howart, 64 anni, e il marito Robert Lynn, 66, stavano dormendo nella loro fattoria a 150 chilometri da Pretoria quando, alle 3 di notte, sono stati sorpresi da tre assalitori; i quali hanno torturato il marito con un cannello ossidrico, lo hanno accoltellato selvaggiamente, per fargli confessare dove teneva il denaro (non ne aveva in casa); alla donna hanno bruciato la faccia col cannello. Poi hanno caricato i due, feriti, sul loro camioncino e li hanno portati nella savana. Il marito l’hanno abbandonato con un sacco nero legato alla testa, perché morisse soffocato; alla moglie hanno sparato alla testa (l’autopsia scoprirà che le avevano ficcato un sacco di plastica nella gola). La donna, portata all’ospedale, è morta dopo due giorni di agonia. Il marito, miracolosamente sopravvissuto, ha potuto raccontare com’è andata.
Molto meno descritto il primo fatto del 2017: una coltivatrice di 64 anni, Nicci Simpson, è stata trovata nella sua fattoria del Vaal, a due ore da Johannesburg, in un lago di sangue. I suoi violentatori ed assassini l’avevano torturata per ore con un trapano. Spesso i coloni sono disarmati: il regime ANC ha obbligato tutti a registrare le armi che avevano in casa, e vieta da anni ai bianchi di tenerle legalmente.
La complicità del regime e della sua polizia non sono nemmeno dissimulati: il presidente Zuma (suo nome tribale: Gedleyihlekisa, detto Msholozi) ha celebrato l’anniversario della nascita dell’ANC intonando l’inno “Dubula iBhunu”, ossia “Spara ai Boeri” violando la costituzione sudafricana, ovviamente anti-apartheid, che proibisce ogni “appello all’odio basato sulla razza e costituisca un incitamento alla violenza”.
E’ per questo che, dopo l’annuncio presidenziale di confisca delle terre, molti sudafricani si sono riuniti in un gruppo di autodifesa – Suidalender – che ha approntato un piano: “Raccogliere la nostra gente” dalle fattorie (tutte ovviamente isolate e sparse) e concentrarla in una zona sicura ; non prendere le armi, ma ritrarci dal pericolo”; ha detto Simon Roche, uno dei capi, intervistato da Infowars. E’ un progetto immane: riunire sotto attacco un 20 per cento dei 4,8 milioni di bianchi sudafricani. “Speriamo di salvare 800 mila persone; il nostro protocollo di evacuazione è basato su individui che si collegano con i vicini per radunarsi in luoghi sicuri provvisori…”.
Giova sperare. Sarà da veder se questo esodo disperato, quando avverrà, susciterà l’interesse dei media progressisti. Magari della confisca delle terre e della loro distribuzione ai neri avremo qualche eco, per i rincari e la carestia che questo sicuramente provocherà (è accaduto lo stesso in Angola): il 95% dei generi alimentari in Sudafrica è prodotto dal 3% dei coltivatori, che sono ovviamente i bianchi; è per questo che i neri vogliono le loro fattorie-modello, che ridurranno alla sterilità.
E’ opinione del vostro modesto cronista, che ha conosciuto la realtà sudafricana (e la “cultura” dell’ANC) in diversi servizi sul campo, che con la nostra accoglienza senza limiti ai “migranti” africani, ci stiamo procurando da noi stessi un simile problema. Li vedo sempre più numerosi, agli angoli di certe strade di Milano, tutti giovani, atletici, palestrati, a fare nulla. Non gli ci vorrà molto a capire che possono entrare nel bilocale della pensionata vecchia, sola e indifesa, e sgozzarla e torturarla impunemente per portarle via la pensione. Mi direte che sono razzista? I razzisti sono loro. Li conosco. Conosco la loro crudeltà, la loro invidia, la loro assoluta mancanza di freni inibitori.
Del resto li conosce bene anche la Boldrini, che in Africa c’è stata. Ha annunciato che i migranti sono l’avanguardia del nostro futuro stile di vita. Non certo nel senso sudafricano, io spero.
Per le anime belle che leggono questo sito infestandolo con luoghi comuni:
Ho dimenticato di aggiungere come i negri sudafricani (povere vittime dell’uomo bianco) massacrano alla grande, molto volentieri, gli immigrati negri che vengono a a cercare lavoro dalla Nigeria, dal Malawi, dalla Somali. Gli omicidi sono quotidiani. Spesso con la «collana di fuoco », uno pneumatico incendiato e attorcigliato al collo della vittima.
Chissà perché Bergoglio, Boldrini e Soros, Medecins sans Frontières etceteranon fanno mai la lezione a questi eroi.
Forse perché “è la loro cultura”. Loro hanno diritto alla “loro cultura”. Noi no.
Un immigrato non gradito a Johannesburg.
UN somalo di 25 anni massacrato per rubargli il telefonino.
http://pulse.ng/books/southafrica-xenop ... 95006.html Il re zulu Goodwill-Zwelithini, lieto incitatore dello sterminio degli immigrati (2015).