Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Sixara » mar mar 17, 2015 11:16 am

Berto ha scritto: tuto justo, però ła dimanda ła jera: cosa gała en man sta "dona" (shamana o dea)?

Carote? :D
A ne lo sò miga mi, còsa ke la gà n man kela "dona" lì... mi a dixea ke no i è "torce" parké ... (varda sora).
No la xe na dea kela lì, la ga n atejamento da oferente : lè drio darghe a kelaltro lì col capèo e col baston ( caxomai el shaman lè cuelo lì) do robe : on volatile ( ma nò na colonba ke la sarìa pì picinina) e ...
2 fuxi?
2 torce?
Còsa dixela la scrita tuto tornovia ?
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Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Berto » mar mar 17, 2015 11:57 am

Kì a go sercà de capir se ła xe n'oca, n'arna o na cołonba e me par ke a conti fati ła sipia pì na cołonba:

puponei ego rakoi ekupetaris
viewtopic.php?f=89&t=891

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Sixara » mer mar 18, 2015 11:24 am

Berto ha scritto:Kì a go sercà de capir se ła xe n'oca, n'arna o na cołonba e me par ke a conti fati ła sipia pì na cołonba:

La pararia depì n ànara ke na colonba da la dimension, ke la pàre armonioxa nel complesso de le proporzhion de le figure de la dòna-òmo. Forse a ghè na corispondenzha fra drita-zhanca : la man de l oferente e cuela de l ricevente, o anca ke le s incroxa.
Berto ha scritto:puponei ego rakoi ekupetaris

ghe xeli i pontini so l iscrizhion e xeli tel posto ca vien riportà da la Fogolari?
pupone . i . e . Xorako/.i. e. kupetari . s
(kela - X - se lèzela - G - ? e la - T - de e.kupetari.s saria da lèzare - th -?)

puponeiegorakoiekupetaris

pu-po-nei-eg-orakoi-ekupetaris

pu-po-nei-ego-rakoi-eku-pe-ta-ris

puponei e rakoi iè 2 dativi, nò?
ekupetaris, còsa ca vòe dire? sacrificare, fare on sacrificio?
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Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Berto » mer mar 18, 2015 11:33 am

Sixara ha scritto:
Berto ha scritto:Kì a go sercà de capir se ła xe n'oca, n'arna o na cołonba e me par ke a conti fati ła sipia pì na cołonba:

La pararia depì n ànara ke na colonba da la dimension, ke la pàre armonioxa nel complesso de le proporzhion de le figure de la dòna-òmo. Forse a ghè na corispondenzha fra drita-zhanca : la man de l oferente e cuela de l ricevente, o anca ke le s incroxa.
Berto ha scritto:puponei ego rakoi ekupetaris

ghe xeli i pontini so l iscrizhion e xeli tel posto ca vien riportà da la Fogolari?
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(kela - X - se lèzela - G - ? e la - T - de e.kupetari.s saria da lèzare - th -?)

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La scritura venetega, prontuari e pountasion
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Ekupetaris (profondimenti)
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Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Berto » mer mar 18, 2015 9:28 pm

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Par mi lè pì n'oca par via de sagoma e par poxision de le sate.



La colomba e il mito

http://guide.supereva.it/miti_e_leggend ... -e-il-mito

Nella mitologia classica la colomba era uccello sacro ad Afrodite, e quindi protetta da prescrizioni e divieti.

La colomba nasce come originata dalla metamorfosi di una Ninfa che faceva parte del suo corteggio e che, per essersi intromessa in una contesa tra Eros e Afrodite, venne dal dio trasformata in colomba. Nell’iconografia la dea era rappresentata su un carro trascinato da colombe e da cigni.

La dea Fenicia Astarte era venerata a Erice come dea della colombe.

A Delo era considerata l’unico uccello al quale fosse permesso di vivere nei pressi del santuario di Apollo. Ma anche Zeus si serve di queste creature per esprimersi attraverso il suo oracolo a Dodona in Epiro. Colombe erano anche chiamate le sacerdotesse preposte all’oracolo. Per la religione cristiana è simbolo della pace e dello Spirito Santo.L’istinto che l’aiuta a ritrovare il nido fu sfruttato per portare messaggi fin dall’antichità, in Egitto e in Cina. La costellazione rappresenta la colomba dell’arca di Noè, oppure la colomba mandata innanzi dagli Argonauti per passare incolumi tra le Simplegadi, le rocce mobili alla porta del Mar Nero.

Ecco come Erodoto ci racconta di ciò che gli fu riferito dalle sacerdotesse stesse, chiamate chiamate peleiades (”colombe”), a Dodona:
« Due colombe nere vennero volando da Tebe in Egitto, una in Libia e una a Dodona; Quest’ultima si sistemò su una quercia e da lassù, parlando il linguaggio umano, dichiarò che il luogo di divinazione per Zeus dovesse essere lì; il popolo di Dodona capì che il messaggio era di natura divina, e stabilì quindi l’oracolo. La colomba che andò in Libia disse ai libici di dedicarsi all’oracolo di Amon; anch’esso infatti è sacro a Zeus. Questa è la storia raccontata dalle sacerdotesse di Dodona, la più anziana delle quali era Promeneia, poi veniva Timarete e la più giovane era Nicandra; il resto dei servi al tempio di Dodona ritenevano questa storia vera. »
(Erodoto, Storie, libro II, 54-57)


I Miti di Erice - Erice
http://www.trapaniwelcome.it/per-il-tur ... ce-it.html

Il mito di Venere - Ad Erice, il culto di questa divinità femminile assunse, con il passare dei secoli e dei popoli, nomi diversi. Il culto fenicio della dea Astante, poi trasformato dai Romani in quello di Venere, aveva una natura per molti versi oscura che comprendeva l’allevamento delle colombe e la prostituzione sacra all’interno del tempio.
Migliaia di pellegrini ogni anno raggiungevano il santuario in occasione della partenza delle colombe sacre alla dea che si dirigevano verso l’Africa, a Kef, dove si trovava un santuario gemello per poi far ritorno ad Erice dopo nove giorni. Durante questo periodo ad Erice si svolgevano grandi feste.
Il mito di Venere era poi alimentato dalla prostituzione sacra delle Ierodule.
Da tutto il mediterraneo, commercianti e naviganti arrivavano qui per godere della compagnia delle belle sacerdotesse di Venere che, dietro cospicue offerte, assicuravano la protezione della dea.

Dodona
http://it.wikipedia.org/wiki/Dodona
Quando nel V secolo a.C. Erodoto giunse per i suoi studi a Tebe (in Egitto), alcuni sacerdoti della città gli raccontarono che due grandi sacerdotesse erano state rapite dai Fenici molto tempo addietro, e che una fu venduta come schiava in Libia, l'altra in Ellade; costoro furono le fondatrici dei due più importanti santuari dedicati al dio supremo: Dodona (nel quale era adorato Zeus) e Siwa (ove si venerava Amon, divinità egizia che i greci identificarono con il padre degli dei olimpici). L'Egitto, per i Greci e per gli Egiziani stessi, era la culla di ogni cultura e conoscenza umana, ma infinitamente antico. Secondo tradizioni mitologiche, l'oracolo di Amon nell'oasi di Siwa in Libia e quello epirota di Dodona sarebbero stati ugualmente antichi, similmente trasmessi dalla cultura fenicia, e fondati da vatesse (Erodoto non usa mai il termine sibille).

Posizione di Dodona nell'Epiro.

Ecco come Erodoto ci racconta di ciò che gli fu riferito dalle sacerdotesse stesse, chiamate peleiades ("colombe"), a Dodona:
« Due colombe nere vennero volando da Tebe in Egitto, una in Libia e una a Dodona; Quest'ultima si sistemò su una quercia e da lassù, parlando il linguaggio umano, dichiarò che il luogo di divinazione per Zeus dovesse essere lì; il popolo di Dodona capì che il messaggio era di natura divina, e stabilì quindi l'oracolo. La colomba che andò in Libia disse ai libici di dedicarsi all'oracolo di Amon; anch'esso infatti è sacro a Zeus. Questa è la storia raccontata dalle sacerdotesse di Dodona, la più anziana delle quali era Promeneia, poi veniva Timarete e la più giovane era Nicandra; il resto dei servi al tempio di Dodona ritenevano questa storia vera. »
(Erodoto, Storie, libro II, 54-57)

Nell'analisi più semplice, questa era una conferma della tradizione egiziana. L'elemento della colomba potrebbe essere comparato all'etimologia popolare del nome arcaico con cui si indicavano le donne sacre, che non aveva perso di significato. L'elemento pel- di peleiadi potrebbe essere collegato con l'omografa radice (traducibile con "nero", "fangoso") nei nomi parole "Peleo" o "Pelope"? È per questo motivo che nella tradizione greca le colombe sarebbero state nere?
Erodoto aggiunge:
« La mia opinione riguardo a ciò, tuttavia, è questa. Se per davvero i Fenici portarono via le sacerdotesse e ne vendettero una in Libia e una in Ellade, per me il luogo dove quest'ultima fu venduta, che oggi è conosciuto come Grecia, ma allora era chiamato Pelasgia, era la Tesprozia; e poi, rimanendo là come schiava, stabilì un santuario di Zeus sotto una quercia che ivi cresceva; per questo era ragionevole che, siccome era stata un ministro del culto nel tempio di Zeus a Tebe, avrebbe dovuto ricordarsi quello presente nella regione dalla quale proveniva. Dopo ciò, non appena riuscì a padroneggiare la lingua greca, cominciò ad insegnare le pratiche della divinazione, e diffuse la notizia che sua sorella era stata venduta in Libia dai medesimi Fenici che l'avevano portata lì. (...) Io ritengo che queste donne siano state chiamate "colombe" dai Selli perché parlavano una strana lingua, e tutti pensarono ad essa come al pianto di un uccello; poi la sacerdotessa cominciò a comunicare in un linguaggio a loro comprensibile, e questa è la ragione che spiegherebbe il significato mitico della colomba che utilizzava un linguaggio umano; quando la donna cominciò a parlare quella lingua a lei sconosciuta (il greco, n.d.r.), tutti probabilmente pensarono che la sua voce fosse come quella di un uccello. Come potrebbe, infatti, una colomba parlare il linguaggio umano? Il fatto che quest'ultima sarebbe stata nera, infine, avvalora l'ipotesi che la sacerdotessa era di origine africana, probabilmente egiziana. »
(Erodoto, Storie, libro II, 54-57)


Astarte
http://it.wikipedia.org/wiki/Astarte
Astarte (dal greco Αστάρτη [Astártē]) fu una dea venerata nell'area semitica nord-occidentale. Un'altra translitterazione è ‘Ashtart; nella lingua ebraica biblica il nome è עשתרת (traslitterato Ashtoreth), in ugaritico ‘ṯtrt (anche ‘Aṯtart o ‘Athtart, traslitterato Atirat), e in accadico As-tar-tu.
Astarte era la Grande Madre fenicia e cananea, sposa di Adone, legata alla fertilità, alla fecondità ed alla guerra e connessa con l'Ishtar babilonese. I maggiori centri di culto furono Sidone, Tiro e Biblo. Era venerata anche a Malta, a Tharros in Sardegna, ed Erice in Sicilia, dove venne identificata con Venere Ericina. Sempre in Sicilia, il nome Mistretta, un paese sui Nebrodi, deriva dal fenicio AM-ASHTART, ossia città di Astarte.
Astarte entrò a far parte dalla XVIII dinastia egizia anche del pantheon egizio, dove venne identificata con Iside, Sekhmet ed Hathor. In epoca ellenistica fu accomunata alla dea greca Afrodite (Venere per i Romani), come Urania e Cipride (da Cipro, uno dei maggiori centri di culto di Astarte) e alla dea siriaca Atargartis (Syria per i Romani).
Suoi simboli erano il leone, il cavallo, la sfinge e la colomba. Nelle raffigurazioni compare spesso nuda ed in quelle egiziane con ampie corna ricurve, sull'esempio di Hathor. Il nome Astarte o Ashtoret compare spesso nell'Antico Testamento. La differenza di pronuncia nell'ebraico biblico (‘Aštōret invece di ‘Ašteret) deriverebbe dalla sostituzione delle vocali del nome della divinità fenicia con quelle del termine bōshet ("vergogna"). A volte, come in Giudici 10, 6, si incontra la forma plurale ‘Aštērōt, termine indicante probabilmente divinità femminili di origine straniera, come i "Ba‘alim" per Baal.

Cfr. co:
viewtopic.php?f=164&t=854

Inanna ištar, Ištart-re-a-at o rèat nīšī, Eštar, Astarte, Hathor, Anahita, Rea, Reitia, Artume/Artemide, Venere, Ixide/Axet, Hesat, Ecate ...

Inanna
http://it.wikipedia.org/wiki/Inanna

Ištar
http://it.wikipedia.org/wiki/I%C5%A1tar

Anāhitā
http://it.wikipedia.org/wiki/Anahita

Hathor
http://it.wikipedia.org/wiki/Hathor

Hesat
http://it.wikipedia.org/wiki/Hesat
Hesat è una dea egizia. Era una delle forme della dea Hathor.

Ixide Axet (Iside-Aset)
http://it.wikipedia.org/wiki/Iside
Iside in lingua egizia Aset

Asteria
http://it.wikipedia.org/wiki/Asteria

Ecate o Hecat
http://it.wikipedia.org/wiki/Ecate

Rea
http://it.wikipedia.org/wiki/Rea_%28mitologia%29

Artume e Artemide
http://it.wikipedia.org/wiki/Artume

http://www.angolohermes.com/Approfondim ... madre.html
Inanna per i Sumeri,
Ishtar per gli Accadi,
Astarthe per i Fenici,
Anahita per i Persiani,
Anat presso Ugarit,
Ninhursag in Mesopotamia (V millennio a.C.),
Atargatis in Siria,
Iside in Egitto,
Artemide/Diana ad Efeso,
Baubo a Priene,
Afrodite/Venere a Cipro,
Rea o Dictinna a Creta,
Demetra ad Eleusi,
Orthia a Sparta,
Bendis in Tracia,
Cibele a Pessinunte,
Ma in Cappadocia,
Gea/Gaia e Atena per i Greci,
Brigit per l'Irlanda,
Dana/Anu per i Celti,
Bellona o Bona Dea per i Romani,
Mater Matuta presso gli Etruschi,
Vacuna per i Sabini,
Tanit per i Cartaginesi,
Quan-Yin o Guan Yin in Cina,
Kannon o Kanzeon in Giappone,
Gwan-eum o Gwan-se-eum in Corea,
Avalokitesvara in Tibet,
Durga (Kali/Parvati/Sarasvati/Lakshmi) in India,
Lada in Russia.

Tanit (come on budha en poxision yoga) co en man na cołonba
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Ishtar e Kore co cołonba
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A Afrodite e a Venere se ofriva e se sagrefava cołonbe
http://www.colombebianche.it/Simbolismo.pdf
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Cołonba e San Colonban
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Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Berto » gio mar 19, 2015 10:39 am

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Kisà se sti baketełi o fuxi o torçe, no łi xe fuminanti (de na volta e speçałi) par enpisar on fogo ritual de on sagrefar (sagrefiço):

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fomes, itis, m.,
alimento, esca per il fuoco: rapuit in fomite flammam, suscitò la fiamma nel mucchietto dell'esca, VERG. Aen. 1, 176; ramoscelli, P. FEST.; focolare, fuoco: intepuit fomite fumeo, si riscaldò al fumoso fuoco, PRUD.; fig. stimolo, eccitamento, nutrimento: f. peccati, stimolo al peccato, PRUD.; f. salutis, elemento di salvezza, BOETH.
[cf. foveo].

fomentum, i, n., generalm. pl.,
fomento: habes qui adsideat, fomenta paret, medicum roget, hai chi t'assista, prepari i fomenti, chiami il dottore, HOR. Sat. 1, 1, 82; quia calida fomenta non proderant, frigidis curari coactus, poiché i fomenti caldi non avevano effetto, fu costretto a curarsi con quelli freddi, SUET.; benda per ferite: fomenta vulneribus nulla, nessuna benda per ferite, TAC. Ann. 15, 55; alimento per il fuoco: fomenta ignium, AMM.; nutrimento (poet.), HOR.; fig. conforto, sollievo, rimedio: haec sunt solacia, haec fomenta summorum malorum, queste sono le consolazioni, questi sono i conforti dei più grandi dolori, CIC. Tusc. 2, 59; aliquod fomentum (conforto per) procellae, VAL. MAX.; fomenta fidei, conforto della fede, TERT.; stimolo: quidquid non licet fomentum desiderii accipit, tutto quello che non è permesso eccita lo stimolo del desiderio, HIER.
[foveo + -mentum].

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El fogo e łi anxołi
http://corsodireligione.it/religioni/zo ... astr_4.htm
Consultando il dizionario etimologico di Manfred Mayrhofer (KEWA I, 21; EWA I, 49) si nota alla parola angirah – nome di una classe di sapienti indiani al cui vertice stava il dio del fuoco Agni – una comparazione con il greco anghelos ” “messaggero” e con l’iranico angaros.
Il motivo eschileo del “fuoco annunziatore” (angaron pyr) non ci riporta soltanto alla scienza tecnica della comunicazione mediante il fuoco (pyrsetica) in uso nell’impero persiano degli Achemenidi (Mazzarino, 1966, p. 79) ma, più profondamente e in senso traslato, alla tipologia di “annunziatore” e di “messaggero” che il fuoco rappresenta nella cultura iranica.
Si può inoltre affermare che il paragone con il sanscrito angirah e il legame di questo termine con il dio del fuoco Agni chiarisce meglio, grazie alla comparazione indo- iranica, la natura “angelica” del fuoco nella religione zoroastriana.
Il fuoco ha quindi un ruolo di mediazione tra gli uomini e il mondo divino tale da renderlo di fatto un messaggero e quindi, si potrebbe dire, un “Angelo” sui generis: lo stesso vocabolo con cui viene designato nell’Avesta, ovvero duta, denota infatti il “messaggero”: è da notare inoltre che tale vocabolo designa nell’India vedica il dio del fuoco Agni, ambasciatore tra la terra e il cielo e responsabile della comunicazione tra il basso e l’alto che si genera nello scambio sacrificale delle offerte.
Nel passo avestico in cui compare (Yasna 34.12) il “messaggero” (duta-) viene identificato da alcuni commentatori (Kellens e Pirart, 1991, pp. 79-80) con il fuoco e con la sua funzione mediatrice; oppure, in una prospettiva di collettività religiosa, con la comunità che si riunisce intorno o di fronte al fuoco (Humbach, 1991, II, p. 87).
La preminenza del fuoco all’interno del pensiero religioso zoroastriano è del resto un fatto comprovato non soltanto da una ricca speculazione teologica ma anche dagli osservatori esterni che nelle loro testimonianze hanno lasciato fondamentali conferme di quanto si trova nella letteratura zoroastriana, sia in avestico sia nel pahlavi dei libri, lingua medio- iranica degli scritti più speculativi e dottrinali.
Grazie quindi a etnografi ante litteram come Erodoto (I, 131) ci viene data notizia che i Persiani sacrificano sulle cime delle montagne per rendere il culto al fuoco, alla terra, all’acqua, al sole e al vento: un particolare che rivela la sacralità di ogni elemento e la cura devota che ognuno di essi riceve nelle prescrizioni religiose e nelle osservanze che fanno obbligo ai fedeli di non contaminarli.
E sicuramente le fonti classiche sono preziose per constatare il rispetto tributato in primis al fuoco e all’acqua, due degli elementi centrali nella pratica rituale zoroastriana, e anche nelle moderne credenze degli zoroastriani dell’India e dell’Iran.
Vista la riverenza concessa al fuoco, che è tale da costringere i Magi a indossare dei bavagli per non contaminarlo con il respiro, e la sua forte rilevanza simbolica anche all’interno dell’ideologia regale iranica – che prevedeva per l’intronizzazione di ogni sovrano l’accensione di un fuoco personale – non vi è da stupirsi se agli occhi di osservatori stranieri il fuoco potesse denotare gli stessi zoroastriani per antonomasia: tale è quanto appare dalle fonti cinesi che per designare la religione zoroastriana usavano appunto il termine “fuoco” (hsien).
Questa breve disamina storica sulle fonti esterne ci permette di comprendere la centralità del fuoco e la sua vicinanza al dio supremo Ahura Mazda, al punto tale che è chiamato “simile a te” e anche “figlio”: i poteri elargiti da questa icona vivente e crepitante di Ahura Mazda riguardano molteplici benefici di energia vitale, di calore e di luce che ha il potere di istruire (Yasna 34.4) e che concede un potere di visione duplice, benefico per i giusti e malefico per gli empi, in una prospettiva dualistica che è una costante della cultura zoroastriana e che si riflette in una sorta di partita doppia di azioni che vengono giudicate buone o cattive secondo l’appartenenza del fedele ad Ahura Mazda o all’Avversario Ahriman.
Il fuoco concede quindi doni e ‘soddisfazioni’ al pari del pensiero (mainyu-) di Ahura Mazda e anzi vi è un’identità tra il fuoco e il pensiero (Yasna 36.3) che lo avvicina a una dimensione noetica e meditativa e ne fa una sorta di frammento di energia celeste che può essere contemplata al pari di quel cielo luminoso di cui è detto
“noi ti riconosciamo, o Ahura Mazda, per la forma più bella tra le forme: questo cielo luminoso” (Yasna 36.6).
Una tale dimensione mentale e meditativa del fuoco chiarisce anche il suo ruolo mediatore in alcune speculazioni teologiche e sacrificali su di esso e la sua importanza come supporto di particolari tecniche di concentrazione (Gnoli, 1980, p. 192) non dissimili, probabilmente, da alcune pratiche meditative indiane dello yoga che portavano l’asceta a concentrarsi sui carboni ardenti, per realizzare una serie di acquisizioni psico-animiche sull’essenza della combustione (M.Eliade, 1975, p. 84).
Si capisce bene come le qualità trasfiguranti, e di illuminazione intellettiva, potessero fare del fuoco un supporto meditativo in grado di generare particolari esperienze di allucinazione cosciente, motivata dall’esigenza di realizzare una visione fuori dall’ordinario, favorita dalla concretezza di un elemento partecipe della natura divina e in grado di essere messaggero di molteplici doni spirituali che potevano fluire nella comunicazione tra dei e uomini innescata dalla pratica rituale; e da determinate tecniche di estasi che, per usare una felice espressione di Kuiper, dovevano fare parte di un “Aryan mysticism” indo- iranico fondato su una simbolica della luce e su una dottrina della vista interiore (Piras, 1998).
Tolto da: http://www.fralenuvol.it
http://it.wikipedia.org/wiki/Angerona

http://www.ruditoffetti.it/articoli/fuocoriti2.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Tempio_del_Fuoco
http://it.wikipedia.org/wiki/Yaj%C3%B1a


Sagro fogo (fovo?, foco, focus)
http://it.wikipedia.org/wiki/Sacro_fuoco
Il culto del fuoco nelle culture indoeuropee in epoca storica viene fatto risalire ad un'antica concezione religiosa naturalista degli Indoeuropei, della quale sarebbero un'attestazione il dio vedico Agnis ed il culto del fuoco greco e romano.
Cultura greca
L'importanza del fuoco nei culti greci è attestata nella tradizione, ripresa da Virgilio nell'Eneide che dice che Enea aveva portato via da Troia il fuoco sacro. Tale uso sarebbe perdurato anche in epoca storica con il fuoco sacro portato dalla città madre dai coloni nel nuovo loro insediamento.
La divinità che impersonava tale fuoco oggetto di culto era Estia.
Culto delle vestali
Il Sacro Fuoco era la fiamma perpetua che ardeva nel tempio di Vesta e che le Vestali, vergini consacrate alla dea, mantenevano sempre accesa. lo spegnimento del fuoco, così come la perdita della verginità, veniva punito con la condanna a morte. Poiché le vestali erano inviolabili la morte non era data da mano umana, ma mediante segregazione in un luogo sotterraneo.
Esso venne spento nel 391 d.C., quando l'imperatore romano Teodosio, dopo l'editto di Tessalonica del 390 d.C., impedì la pratica di riti pagani ed impose il cristianesimo come unica religione dell'impero.

Estia
http://it.wikipedia.org/wiki/Estia
Suo simbolo era il cerchio e la sua presenza era avvertita nella fiamma viva posta nel focolare rotondo al centro della casa e nel braciere circolare nel tempio di ogni divinità. Talvolta viene raffigurata assieme ad Ermes, ma mentre quest'ultimo aveva il compito di proteggere dal male e di propiziare una buona sorte, Estia santificava la casa.
La sua prima raffigurazione è stata una pietra, denominata erma, dalla forma di una colonna.
Culto
Ogni città, nell'edificio principale, aveva un braciere comune, il pritaneo, dove ardeva il fuoco sacro di Estia, che non doveva spegnersi mai. Poiché le città erano considerate un allargamento del nucleo familiare, era adorata anche come protettrice di tutte le città greche.
Nelle famiglie, il fuoco di Estia provvedeva a riscaldare la casa e a cuocere i cibi.
Il neonato diventava membro della famiglia cinque giorni dopo la nascita, con un rito (anfidromie) in cui il padre lo portava in braccio girando attorno al focolare.
La novella sposa portava il fuoco preso dal braciere della famiglia di origine nella sua nuova casa, che solo così veniva consacrata.
I coloni che lasciavano la Grecia, portavano con sé una torcia accesa al pritaneo della loro città natale, il cui fuoco sarebbe servito a consacrare ogni nuovo tempio ed edificio.
Un rito che sopravvive anche nelle Olimpiadi moderne.
Estia provvedeva il luogo dove sia la famiglia che la comunità si riunivano insieme: il luogo dove si ricevevano gli ospiti, il luogo dove fare ritorno a casa, un rifugio per i supplici. La dea e il fuoco erano una cosa sola e formavano il punto di congiunzione e il sentimento della comunità, sia familiare che civile.
« Per lungo tempo credetti stoltamente che ci fossero statue di Vesta, ma poi appresi che sotto la curva cupola non ci sono affatto statue. Un fuoco sempre vivo si cela in quel tempio e Vesta non ha nessun'effigie, come non ne ha neppure il fuoco. »
(Ovidio, Fasti, VI, 255-258)


http://it.wikipedia.org/wiki/Fiamma_olimpica



Le foglie di acero dell’Uomo venuto dal giaccio
http://www.iceman.it/it/foglie
In cammino sulle Alpi, l’Uomo venuto dal ghiaccio portava con sé un recipiente di corteccia di betulla in cui conservava resti di braci per accendere il fuoco. Per evitare che il recipiente si bruciasse e mantenere le braci accese, egli le aveva avvolte in foglie di acero riccio appena colte, che servivano dunque come materiale isolante. Queste foglie ci forniscono importanti informazioni per determinare il periodo dell’anno in cui è morto Ötzi. Il fatto che contengano ancora clorofilla ci testimonia, che sono state raccolte fresche, in un periodo compreso fra giugno e settembre.
L’importanza vitale del fuoco
Il fuoco era ed è un compagno costante dell’uomo. Non è un caso che l’Uomo venuto dal ghiaccio portasse con sé braci accese in un recipiente in corteccia di betulla. Per l'uomo preistorico il fuoco non era solo fonte di calore, ma serviva anche per cuocere il cibo, che diventava così più digeribile, allontanare gli animali, vedere al buio e molto altro. Anche la produzione della ceramica e la lavorazione dei metalli sono state possibili solo con l’ausilio del calore del fuoco. Il fuoco era di importanza vitale! Per migliaia di anni gli abitanti della preistoria hanno usato un “set per accendere il fuoco” composto da pietra focaia, pirite e una miccia. L’Uomo venuto dal ghiaccio, per esempio, portava con sé pezzi di un fungo d’esca (Fomes fomentarius) come miccia per accendere il fuoco. Chiare tracce di pirite trovate sul fungo dimostrano che anche Ötzi usava questo materiale per generare le scintille. La pirite è, infatti, un minerale che produce scintille se battuto contro la selce. Quando le scintille cadono su una miccia, questa comincia ad ardere. La miccia prende fuoco aggiungendovi materiale facilmente infiammabile e soffiandovi sopra con cautela. Con questa tecnica si può accendere un fuoco in un minuto circa. Bisogna arrivare al medioevo perché l'acciarino sostituisca la pirite per generare le scintille.

http://it.wikipedia.org/wiki/Fomes_fomentarius
Latino fomes = esca, alimento del fuoco, per l'uso che se ne faceva una volta.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Berto » lun mar 23, 2015 5:57 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Berto » dom apr 19, 2015 7:53 am

Sa xeło sto angagno dito “ciave de Reitia”?
viewtopic.php?f=171&t=911

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... Copia1.jpg

Ekate
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ecate5.jpg

Angoane/anguane, salbanei e strie
viewtopic.php?f=44&t=49


Heks, Hexe

http://xref.w3dictionary.org/index.php?fl=it&id=58147

afrikaans heks
danexe heks
todesco Hexe
olandexe heks
norvejexe heks
xvedexe häxa


http://de.wikipedia.org/wiki/Hexe
Wort „Hexe“
Albrecht Dürer ca. 1500: Die Hexe
Luis Ricardo Falero 1880: Die Hexe auf dem Sabbath
Die Wurzeln des deutschen Wortes Hexe finden sich nur im westgermanischen Sprachraum: mittelhochdeutsch hecse, hesse, althochdeutsch hagzissa, hagazussa, mittelniederländisch haghetisse, altenglisch haegtesse: („gespenstisches Wesen“) – im modernen Englisch verkürzt zu hag. Die genaue Wortbedeutung ist ungeklärt; der erste Bestandteil von hagazussa ist wahrscheinlich althochdeutsch hag („Zaun, Hecke, Gehege“), der zweite ist möglicherweise mit germanisch/norwegisch tysja („Elfe, böser/guter Geist“) und litauisch dvasia „Geist, Seele“ verwandt, also vermutlich ein auf Hecken oder Grenzen befindlicher Geist. Eine andere Herleitung versteht zussa als „sitzen“, so dass eine hagazussa eine auf oder in der Hecke sitzende Person bezeichnen könnte.
Aus dieser Sicht steht kein Zweifel an der Zugehörigkeit des Begriffs zur Religion. Allerdings ist nicht nachgewiesen, dass der Begriff Hexe (bzw. dessen Vorgänger) vor der Christianisierung eine Bezeichnung für kultisch tätige Personen war. Es sind auch Menschen mit besonderem Wissen (siehe: Esoterik), niedere mythische Wesen oder Göttinnen vor- bzw. nichtchristlicher Religionen in Betracht zu ziehen.


Cfr. co:

Cfr. co Ekate:
http://it.wikipedia.org/wiki/Ecate
Ecate è una dea della religione greca e romana (Latino Hecata o Hecate, Greco Antico Ἑκάτη, Hekátē), ma di origine pre-indoeuropea (priendouropea ???).
Ecate era una divinità psicopompa, in grado di viaggiare liberamente tra il mondo degli uomini, quello degli dei ed il regno dei Morti. Spesso è raffigurata con delle torce in mano, proprio per questa sua capacità di accompagnare anche i vivi nel regno dei morti (la Sibilla Cumana, a lei consacrata, traeva da Ecate la capacità di dare responsi provenienti, appunto, dagli spiriti o dagli Dei).
Dea degli incantesimi e degli spettri, Ecate è raffigurata come triplice (giovane, adulta/madre e vecchia), ed il numero Tre la rappresenta; le sue statue venivano poste negli incroci (trivi), a protezione dei viandanti (Ecate Enodia o Ecate Trioditis).

Le sue figlie erano chiamate Empuse.
La natura di Ecate è bi-sessuata, in quanto possiede in sé entrambi i principi della generazione, il maschile e il femminile. Per questo motivo viene definita la fonte della vita e le viene attribuito il potere vitale su tutti gli elementi.
Hecate, Hekate (Hekátē), o Hekat fu in origine una dea delle terre selvagge e del parto proveniente dalla Tracia, o dai cariani dell'Anatolia. I culti popolari che la veneravano come una dea madre inserirono la sua persona nella cultura greca come Ἑκάτη. Nell'Alessandria tolemaica essa in ultima analisi ottenne le sue connotazioni di dea della stregoneria e il suo ruolo di 'Regina degli Spettri', in queste vesti fu poi trasmessa alla cultura post-rinascimentale. Oggi è vista spesso come una dea delle arti magiche e della Stregoneria. È inoltre l'equivalente della Trivia romana. Il più noto santuario dedicato ad Ecate si trova a Lagina, in Turchia sudoccidentale.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ecate5.jpg

Cfr. co l'ejisia Heket
http://it.wikipedia.org/wiki/Heket


Cosa gała ente ła man sanca sta dona? (torçe e cołonba?)
viewtopic.php?f=171&t=909

(Pa 1, pria o steła foneraria ?)
-pupon.e.i eχorako/.i e.kupeϑar.i.s
puponei ego rakoi ekupetaris

viewtopic.php?f=89&t=891

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... veneta.jpg

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ta-oca.jpg

Ke robi xełi sti kì ke ła ga ente ła man sanca?


Cfr. co Ecate

Ecate spesso è raffigurata con delle torce in mano, proprio per questa sua capacità di accompagnare anche i vivi nel regno dei morti

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... C3%A7e.jpg

http://it.wikipedia.org/wiki/Ecate

Spesso è raffigurata con delle torce in mano, proprio per questa sua capacità di accompagnare anche i vivi nel regno dei morti (la Sibilla Cumana, a lei consacrata, traeva da Ecate la capacità di dare responsi provenienti, appunto, dagli spiriti o dagli Dei).
Altri animali simbolo di Ecate sono i cavalli e i gatti neri.
La civetta è sua messaggera. I suo carro è tirato da dragoni.

https://bibliotecalesca.files.wordpress ... /ecate.pdf
Ecate è anche dea-strega e si accompagna a cani ululanti: questi demoni-cani sono paragonabili, quindi, ai fantasmi notturni che si credeva accompagnassero la dea durante le sue apparizioni e potevano portare l’uomo alla pazzia.
La loro funzione era quella di esaudire le invocazioni e le maledizioni pronunciate dal mago n
el corso delle cerimonie negromantiche, in cui non si mancava mai di pronunciare il nome di Ecate.
Per chiedere l’aiuto di Ecate si ricorreva all’utilizzo di simboli, emblemi o mezzi magici, come la cosiddetta “trottola di Ecate”, una sfera dorata costruita attorno a uno zaffiro e fatta girare tramite una cinghia di cuoio, con sopra dei caratteri incisi.
Facendola girare l’operatore magico era solito operare delle invocazioni. Girandolo, produceva dei
suoni particolari, imitando il verso di una bestia, ridendo o facendo piangere l’aria.
In una grotta, Ericto tenta di rianimare un cadavere con l’invocazione di Ecate, che le permette
di entrare in contatto col morto. La seguono i cani ctonii, divoratori di anime e malvagi, il lato più
oscuro della Dea (Lucano, Bellum civile).
Orazio descrive l'evocazione negromantica delle due streghe Sagana e Canidia, col sacrificio di un’agnella nera, e i cani infernali che ululano in lontananza (Satire, VIII). Anche Virgilio nomina i cani ululanti che accompagnano la Dea, e Apollonio di Rodi li descrive raucamente abbaianti, quando Ecate, con la chioma di orribili serpenti, emerge dalla terra. La loro funzione era esaudire invocazioni e maledizioni pronunciate durante le cerimonie, dedicate ad Ecate.
Per i neoplatonici Ecate è una divinità oracolare, che si attiva attraverso simboli, emblemi o
strumenti, come lo iugx, la “trottola di Ecate”, descritta da Psello come “sfera dorata costruita attorno a
uno zaffiro e fatta girare tramite una cinghia di cuoio, con sopra dei caratteri incisi." Questo strumento
sferico, triangolare, o di altra forma, girando, produceva suoni particolari, come il verso di una bestia,
ridendo o facendo piangere l’aria, ed era in grado di ispirare visioni profetiche. Ecate era dea lunare, oracolare e soprattutto maga.
http://www.gianpaolofiorentini.com/styled-6/index.html
Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ecate5.jpg


Cfr. co:Lilith
http://it.wikipedia.org/wiki/Lilith
Lilith è una figura presente nelle antiche religioni mesopotamiche e nella prima religione ebraica, che potrebbe averla appresa dai babilonesi assieme ad altri culti e miti (come il Diluvio universale) durante la prigionia di Babilonia.
Nella religione mesopotamica Lilith è il demone femminile associato alla tempesta, ritenuto portatore di disgrazia, malattia e morte. La figura di Lilith appare inizialmente in un insieme di demoni e spiriti legati al vento e alla tempesta, come è il caso nella religiosità sumerica di Lilitu, circa nel 3000 a.C.
Per gli antichi ebrei Lilith era la prima moglie di Adamo (quindi precedente ad Eva), che fu ripudiata e cacciata via perché si rifiutò di obbedire al marito. Sebbene alcuni studiosi datassero l'origine verso il VIII secolo a.C., le trascrizioni mesopotamiche accennano a questa figura già dal III millennio a.C.
Lilith compare nell'insieme di credenze dell'Ebraismo come un demone notturno, ovvero come una civetta che lancia il suo urlo nella versione della cosiddetta Bibbia di re Giacomo. Secondo la tradizione della cabala ebraica, invece, è il nome della prima donna creata, prima compagna di Adamo e precedente a Eva. La sua figura, delineata nel Medioevo, risale a miti e leggende antiche della Mesopotamia. Nell'immaginario popolare ebraico è temuta come demone notturno capace di portare danno ai bambini di sesso maschile e caratterizzata dagli aspetti negativi della femminilità: adulterio, stregoneria e lussuria.
Alla fine dell'Ottocento, in parallelo alla crescente emancipazione femminile nel mondo occidentale, la figura di Lilith diventa il simbolo del femminile che non si assoggetta al maschile e, rivalutata nelle religioni neopagane, viene posta a fianco di simboli come quello della Grande Madre.

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... illith.jpg

Atena
http://it.wikipedia.org/wiki/Athene_noctua

La civetta, come molti altri animali notturni, è considerato dalla tradizione popolare un animale che porta sfortuna, e molti si augurano che non si metta a cantare sopra il proprio tetto. Nell'antica Grecia, invece, la civetta era considerata sacra per la dea Atena (da qui il nome del genere: Athene; quello della specie riporta il nome latino dell'uccello: A. noctua, cioè «notturna»), dea della sapienza ed ancora oggi è raffigurata in molti portafortuna.
Con il termine civetta si intende anche una donna vanitosa, leggera, che ama farsi corteggiare attraendo ammiratori con atti e vezzi per lo più leziosi e poco naturali. Questa usanza è data dal fatto che questo rapace, quando veniva usato dai cacciatori come richiamo per ingannare i piccoli passeriformi, li attraeva con un particolare modo di battere le ali, con inchini, ammiccamenti e altri atteggiamenti simili che costituisce un irresistibile spettacolo per le potenziali prede.


http://de.wikipedia.org/wiki/Steinkauz

Immagine
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... uzflug.jpg

Immagine
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/c ... ldbahn.jpg
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Re: Cosa gała ente ła man sanca sta dona?

Messaggioda Berto » mer mag 27, 2015 4:00 pm

Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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