Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » sab nov 06, 2021 9:17 pm

Il fallimento del cop26 (e di Greta)
Riccardo Pelliccetti
6 novembre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1636183165

Ebbene sì, questa volta hanno ragione i giovani, almeno in parte. «Questa non è più una conferenza sul clima, è un festival del greenwashing per i Paesi ricchi», ha denunciato la pasionaria Greta Thunberg, usando un termine azzeccato, cioè lavarsi la coscienza col verde. Come darle torto. D'altronde, al Cop26 di Glasgow c'è stato un grande bla bla, ma pochi fatti concreti. Qualcosa si muove, inutile negarlo, ma appare poco rispetto all'emergenza che il pianeta si trova ad affrontare. Per uno degli obiettivi più qualificanti («consegnare il carbone alla storia») non è stato raggiunto un accordo globale. Al summit scozzese sul clima sono stati circa 40 i Paesi che hanno preso questo storico impegno ma, ahinoi, i principali utilizzatori di combustibili fossili, cioè Cina e Stati Uniti (ma anche India, Russia e Australia) si sono chiamati fuori. I toni entusiasti del ministro britannico per gli Affari e l'Energia, Kwasi Kwarteng, («la fine del carbone è in vista») non hanno un riscontro concreto, se non in piccola parte. L'obiettivo del tetto di 1,5 gradi di riscaldamento globale non è di fatto raggiungibile se i maggiori Paesi inquinatori non firmeranno l'accordo. Come pure le zero emissioni entro il 2050.

D'accordo, piccoli passi, come è stato anche per la deforestazione. Non si può pretendere che il mondo cambi da un giorno all'altro, ma almeno l'impegno a farlo in tempi ragionevoli sarebbe già qualcosa. Ma anche il vertice scozzese è stato un fallimento, inutile nascondersi. E, ieri, nella giornata dedicata ai giovani, sono stati proprio loro a urlare la propria insoddisfazione. A Glasgow sono infatti scesi in piazza, come fanno ogni venerdì in ogni parte del mondo, giorno dedicato al consueto sciopero del clima di Fridays for Future. L'invocata «giustizia climatica» e le accuse ai governi mondiali, però, non risolvono il problema. E, manifestare ogni settimana, se da un lato tiene desta l'attenzione sul tema, dall'altro non pare che produca effetti tangibili. D'altra parte, sono molti i Paesi che si sono dati una mossa, la consapevolezza dell'emergenza è concreta, ma non è pensabile azzerare le economie, con relative ricadute su occupazione e Pil, in tempi brevi. La transizione ecologica è ai primi passi e serve anche una svolta culturale. A Glasgow, il ministro Roberto Cingolani ha lanciato la proposta di cominciare dalla scuola. Non è una cattiva idea. Un programma pilota per educare e aggiornare gli insegnanti perché, ha detto, «non c'è una preparazione sufficiente ad affrontare le questioni legate alla transizione ecologica e ai cambiamenti climatici». Un altro piccolo passo.


Glasgow, accordo sul clima al ribasso
Orlando Sacchelli
14 novembre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/gl ... 1636836786

Dopo una lunga gestazione ha visto la luce l'accordo sul clima frutto della conferenza Cop26 sui cambiamenti climatici. Si chiama Glasgow Climate Pact e, viste le mirabolanti premesse, è un accordo al ribasso. Com'era auspicabile è stato sottoscritto da tutti i 197 paesi delle Nazioni Unite che hanno partecipato ai lavori, anche se, fino all'ultimo, ci sono state forti riserve da parte di alcuni e tentativi di ostacolare il risultato. Faticosa la mediazione per la stesura della bozza finale: alcuni paesi, con l'India capofila, hanno contestato l’impegno per l’abbandono graduale del carbone e dei combustibili fossili come fonte energetica.

Il delegato indiano alla Cop26 ha chiesto espressamente di modificare la formulazione della bozza di accordo sul clima. Voleva che si utilizzasse l'espressione "ridurre gradualmente" anziché "eliminare gradualmente" il ricorso all'energia derivante dallo sfruttamento del carbone.

Anche Cina e Sudafrica si sono schierate contro la graduale eliminazione dei sussidi ai combustibili fossili e dell'uso del carbone. Maggiore responsabile al mondo delle emissioni di CO2 nell'atmosfera, la Cina era arrivata alla conferenza sul clima con un obiettivo di zero emissioni per il 2060, più tardi rispetto agli auspici della maggior parte degli altri Paesi. Anche l’Iran si è unito a India, Cina e Sudafrica nel criticare la parte della bozza sul carbone: "Abbiamo bisogno di usare i combustibili fossili per lo sviluppo economico. Vi chiediamo di modificare questo paragrafo".

Il "testo è imperfetto" ma "c'è consenso e appoggio" sul suo contenuto, ha dichiarato il presidente della Cop26, il britannico Alok Sharma, concludendo il suo intervento. Sharma con le lacrime agli occhi ha chiesto "scusa per come si è sviluppato il processo". Ed ha aggiunto: "Abbiamo mantenuto vivo l'obiettivo di "1,5 gradi", ma "il polso è debole e sopravviverà solo se manteniamo le nostre promesse e traduciamo gli impegni in azioni rapide".

La Svizzera si è detta profondamente delusa per l’annacquamento del passaggio della bozza finale dell’accordo riguardante i combustibili fossili. Profonda delusione anche dal segretario generale dell'Onu: "Il risultato di Cop26 è un compromesso che riflette gli interessi, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo di oggi", osserva Antonio Guterres. "È un passo importante, ma non basta. È ora di entrare in modalità di emergenza. La battaglia per il clima - conclude - è la battaglia delle nostre vite e quella battaglia deve essere vinta".

L’Unione Europea ha ribadito che "avrebbe voluto andare oltre" negli idrocarburi, ma ha chiesto comunque l’approvazione del testo, sebbene le nuove modifiche fossero più deludenti rispetto alla formulazione originale.

Soddisfazione è stata espressa dal ministro dell'Ambiente tedesco Svenja Schulze, che ha definito "storico" l'esito della conferenza delle Nazioni Unite. I delegati hanno ottenuto "qualcosa di veramente stupefacente", ha affermato Schulze. "Ora è chiaro in tutto il mondo che ci sarà un'uscita dal carbone e che ci sarà la fine dei sussidi ai fossili".

Poco prima della firma la presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, aveva twittato: "Manteniamo intatta la nostra ambizione nelle ultime ore di Cop26. È la nostra opportunità di scrivere la storia. Ancora di più, è nostro dovere agire ora. Abbiamo bisogno di impegni coraggiosi per importanti tagli alle emissioni in questo decennio e verso la neutralità climatica nel 2050".

Con il suo solito sarcasmo l'attivista svedese Greta Thunberg commenta in questo modo la fine dei lavori di Glasgow: "Ecco un breve riassunto: Bla, bla, bla. Ma il vero lavoro continua fuori da queste sale. E non ci arrenderemo mai, mai".

John Kerry, inviato degli Stati Uniti per il Clima, parla di "un buon accordo per il mondo. Ha qualche problema, ma tutto sommato è un accordo molto buono".

"Abbiamo chiesto alle nazioni di unirsi per il nostro pianeta a Cop26 e hanno risposto a quella chiamata", scrive su twitter il premier inglese Boris Johnson. "Voglio ringraziare i leader, i negoziatori e gli attivisti che hanno reso possibile questo patto e il popolo di Glasgow che li ha accolti a braccia aperte. C'è ancora molto da fare nei prossimi anni. Ma l'accordo di oggi è un grande passo avanti e, cosa fondamentale, abbiamo il primo accordo internazionale in assoluto per ridurre gradualmente il carbone e una tabella di marcia per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi. Spero che guarderemo indietro alla Cop26 di Glasgow come all'inizio della fine del cambiamento climatico, e continuerò a lavorare instancabilmente verso questo obiettivo".

Dei cambiamenti climatici i Paesi continueranno a parlare. I colloqui del prossimo anno sono in programma a Sharm el-Sheik, in Egitto, mentre Dubai ospiterà il summit nel 2023.



Alberto Pento
Negli anni scorsi hanno utilizzato la gretina come zimbello per galvanizzare i giovani dell'Eurasia e farli votare alle elezioni americana ed europea contro la destra repubblicana di Trump e contro quella sovranista europea, a favore dell'utopismo dogmatico e sinistrato dei verdi social democratici e comunisti, del demenziale e razzista politicamente corretto e dell'invasione dei clandestini e della mostruosa e infernale alleanza con l'Islam.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » ven nov 12, 2021 7:27 am

Macron vuole costruire nuove centrali nucleari in Francia
Il Post
mercoledì 10 Novembre 2021

https://www.ilpost.it/2021/11/10/macron ... i-francia/

«Per garantire l'indipendenza energetica» del paese e arrivare alla neutralità carbonica entro il 2050, ha detto il presidente francese

Martedì, durante un discorso trasmesso in televisione, il presidente francese Emmanuel Macron ha ribadito di voler costruire nuove centrali nucleari nel paese, come previsto nel suo piano di investimenti per il rilancio dell’economia presentato il mese scorso:

Per garantire l’indipendenza energetica della Francia e raggiungere i nostri obiettivi, in particolare la neutralità carbonica nel 2050, rilanceremo per la prima volta da decenni la costruzione di reattori nucleari.

Attualmente la Francia ottiene circa il 40 per cento dell’energia dai suoi 56 reattori nucleari, che furono costruiti tra la metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta. Molti dovranno essere dismessi nei prossimi vent’anni perché troppo vecchi (ogni impianto nucleare viene costruito con una “data di scadenza” per questioni di sicurezza).

All’inizio della sua presidenza, Macron disse che avrebbe ridotto di molto la dipendenza della Francia dall’energia nucleare, smantellando parte degli impianti del paese. Al tempo, l’opinione pubblica francese era piuttosto diffidente nei confronti delle centrali anche a causa del disastro di Fukushima nel 2011. Le cose però sono cambiate negli ultimi tempi in particolare perché in questi mesi, grazie al nucleare, la Francia è stata praticamente immune dalla grave crisi energetica che sta colpendo il resto dell’Europa; e ora che manca poco alle elezioni presidenziali (saranno tra cinque mesi), Macron ha annunciato un cambio di intenzioni.

Macron non ha spiegato quante nuove centrali vorrebbe fossero costruite, né quando. Già dal 2019 il governo francese ipotizzava però la costruzione di sei reattori di tipo “EPR 2”, cioè reattori nucleari europei ad acqua pressurizzata di nuova generazione. Inoltre a maggio EDF, la principale azienda francese produttrice e distributrice di energia, ha presentato allo stato un rapporto sulle modalità della loro realizzazione.

Nel suo discorso, comunque, Macron ha detto che il rilancio del nucleare avverrà insieme a nuovi investimenti sulle fonti di energia rinnovabili.

La grande organizzazione ambientalista Greenpeace ha criticato l’annuncio di Macron, definendo il piano per la costruzione di nuovi reattori «disconnesso dalla realtà» e ricordando i grossi problemi con il progetto del terzo reattore di Flamanville: avrebbe dovuto essere costruito entro il 2014 e invece non si prevede che potrà essere utilizzato prima del 2022.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » lun nov 15, 2021 9:29 pm

Johnson: "Il combustibile fossile è morto". Sharma: "Delhi e Pechino dovranno spiegare"
Il carbone divide la Cop26 ma BoJo canta vittoria. India e Cina sotto accusa
Luigi Guelpa
15 Novembre 2021

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 89150.html

Questa volta non sarà necessario attendere a gennaio la Befana per ricevere il carbone. E non importa se saremo stati buoni o cattivi, ci penseranno India e Cina a non farcene mancare. Il colpo di scena della Cop26 è arrivato, com'era prevedibile, nelle fasi finali del summit. Nuova Delhi ha chiesto di sostituire al paragrafo 36 il termine «phase out» (uscita) dal carbone per la produzione energetica con il termine «phase down» (diminuzione), con il sostegno di Pechino. Questa misura, approvata a malincuore dalla maggior parte degli altri Paesi, ha indebolito il capitolo sulle emissioni derivate dal carbone. Molti hanno definito la revisione odiosa, ma inevitabile per arrivare ad una conclusione, aggrappandosi alla Cop27 del prossimo anno in Egitto.

Il premier britannico Boris Johnson vede il bicchiere mezzo pieno, assegna un 6+ alla conferenza e si affida al potere sociale delle persone che chiedono un cambiamento. Ieri in conferenza stampa ha sostenuto che «a Glasgow sono state suonate le campane a morto per l'energia a carbone. Vedrete che nel giro di pochi anni sarà inaccettabile avviare una nuova centrale elettrica in tutto il mondo. Mi reputo un fautore del green, oggi sono arrivato qui in bicicletta».

In riferimento al ribaltamento dell'ultimo minuto sulla risoluzione dei combustibili fossili, ammette: «Possiamo fare pressioni, ma non costringere le nazioni sovrane a fare ciò che non vogliono». Un assist per l'India, che si è difesa dalle critiche accusando a sua volta il mondo occidentale (sono le parole del ministro per l'Ambiente Bhupender Yadav) «di condurre stili di vita insostenibili e modelli di consumo dispendiosi. Sono loro a causare il riscaldamento globale, non certo il nostro carbone».

A Glasgow il mondo politico ha festeggiato l'obiettivo di contenerlo a +1,5°C dai livelli pre-industriali, ma questo significa, come sostengono parecchi analisti, ridurre le emissioni di gas serra di circa il 7% ogni anno. Ovvero più rapidamente di quanto non siano diminuite nel 2020, al culmine della pandemia. Anche se l'inquilino di Downing Street si è detto fiducioso, arrivando persino ad affermare che il summit di Glasgow «ha messo il mondo verso una rotta che assicurerà nel tempo il contenimento di +2°C». A fianco di Johnson c'era Alok Sharma, presidente della Cop26, convinto che «toccherà a India e Cina dare spiegazioni delle loro decisioni ai Paesi più poveri. Sono rincuorato da Nuova Delhi che si impegna a ottenere il 50% dell'energia da fonti rinnovabili entro il 2030».

In chiave internazionale, per il segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, i testi approvati sono un compromesso e non bastano ad evitare la catastrofe ambientale incombente. «Il documento firmato evidenzia gli interessi, le condizioni, le contraddizioni e lo stato della volontà politica nel mondo oggi. Sono stati presi impegni importanti, ma la volontà collettiva non è bastata a superare alcune profonde contraddizioni. Il nostro fragile pianeta è appeso a un filo».

Meno pessimista è sembrata la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha parlato di «progressi», ma ha invitato tutti gli attori a «non perdere tempo». Amareggiato invece David King, ex consigliere scientifico del governo britannico e attuale presidente del Climate Crisis Advisory Group. «I Paesi e la loro leadership, le lobby dell'industria e le aziende private devono essere ritenuti responsabili per la perdita di vite umane e i danni che deriveranno dalle loro azioni».
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Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mar nov 16, 2021 7:40 am

"Distruggi il patriarcato, non il pianeta"
Alla messa sul clima il giorno di Greta. "La liberazione trans è eco-giustizia". Intanto un terrorista si faceva saltare in aria. La civiltà sonnambula che blatera non vuole difendersi più dai nemici
Giulio Meotti
15 novembre 2021

https://meotti.substack.com/p/distruggi ... il-pianeta

Cori come “Cosa vogliamo? Giustizia di genere! Quando la vogliamo? Ora!". C’è chi indossa magliette decorate con slogan a prova di satira: “La liberazione trans non binaria è eco-giustizia!”. Siamo alla conferenza dell’Onu Cop26 sul clima di Glasgow. The Independent, il giornale della sinistra inglese, titola: “La mascolinità tossica è la ragione per cui ci sono così tanti uomini esitanti sul clima?”. La speaker della Camera americana, Nancy Pelosi, è andata a Glasgow per tenere un discorso su come la battaglia a favore del gender aiuterà il clima.

“Why we strike again” è il titolo dell’editoriale scritto da Greta Thunberg, paladina della marcia durante la Cop26, per spiegare perché è importante protestare. “Tale azione deve essere potente e di ampio respiro”, scrive l’ambientalista svedese. “Dopotutto, la crisi climatica non riguarda solo l’ambiente. I sistemi di oppressione coloniale, razzista e patriarcale l’hanno creata e alimentata. Dobbiamo smantellarli tutti”. Rileggiamola bene: la crisi climatica è frutto del razzismo, del colonialismo e del patriarcato occidentali, che vanno smantellati. Siamo nel cuore della vera faccia dell’estremismo ecologista, che non è tanto la premura per l’ambiente, ma quella di un Occidente sommerso di ridicolo e di odio di sé.

Ma nelle stesse ore della marcia per il clima, a soli 350 chilometri da Glasgow, un attentatore suicida, un maschio poco esitante e molto binario, si faceva saltare in aria davanti a un ospedale. Scene degne di Kabul. Un altro attentato terroristico a un mese esatto dall’accoltellamento a morte del deputato inglese David Amess da parte di un islamista somalo.

Brendan O’Neill, direttore di Spiked, ha scritto il saggio da incorniciare su come politica e media trattano ogni volta le morti del terrorismo islamico. Un doppio standard che nasconde la paura e rivela la volontà di proteggere a tutti i costi il fallimentare multiculturalismo:

“Stiamo assistendo all'attivazione dell'industria dell'amnesia islamista. Questo è il mezzo attraverso il quale, in modo sottile e talvolta impercettibile, viene scoraggiata la commemorazione delle vite perse a causa del terrorismo islamista. Dove la politica è prosciugata dall’oltraggio e siamo spinti a vederli meno come espressioni violente di una particolare ideologia e più come eventi tristi e spiacevoli. Come occasioni di dolore, non di rabbia; di una riflessione fugace, non di una presa di coscienza sociale. Questo accade dopo ogni attacco islamista. In tutto l'establishment, l'attacco di Amess è stato rimosso dalla sfera del 'terrorismo islamista' e collocato invece nella sfera degli 'attacchi online'. E in secondo luogo, c'è stato il depistamento del problema dell''islamofobia'. Questo accade dopo ogni atto di terrorismo islamista, immancabilmente. Ci viene detto che troppa rabbia o anche solo una franca discussione pubblica sul problema dell'Islam radicale potrebbe avere conseguenze destabilizzanti e persino violente. È una forma di ricatto emotivo. L'ossessione patologica delle élite di sminuire il flagello islamista - di sgonfiare continuamente il problema, distraendo e disinnescando il problema - è una strategia orwelliana progettata per illuminare il pubblico facendogli credere che siamo noi che siamo odiosi per preoccuparci dell'ideologia islamista. La codardia morale e il disprezzo per la democrazia sono alla base della loro coltivazione dell'industria dell'amnesia islamista. Al fondo, vogliono proteggere la loro ideologia del multiculturalismo da un serio dibattito democratico. E quindi devono reprimere, con distrazioni e terribili avvertimenti, qualsiasi tipo di scrutinio pubblico su quanto la Gran Bretagna sia diventata divisa e tesa sotto questo sistema di separatismo culturale ed etnico, a tal punto che la violenza religiosa è ormai un evento abbastanza regolare nella nostra società. Taci. Dimentica. Non guardare indietro con rabbia”.

Tutta la “rabbia” deve essere per la “giustizia climatica” e contro il maschio bianco. Il Guardian, il giornale capofila di questo movimento, nelle stesse ore dell’attentato di Liverpool pubblicava un editoriale dal titolo: “È tempo di passare dalla ‘guerra al terrore’ alla guerra al cambiamento climatico”. Perché la dialettica “decoloniale” di Greta e dei suoi emuli è la stessa dei movimenti "antirazzisti" e "indigenisti", la lotta dei “dominanti” e dei “dominati”. I più ardenti promotori del politicamente corretto verde hanno paralizzato i nostri riflessi vitali di fronte a un virus mortale. Non il coronavirus, ma l’islamismo. Ancorando la preoccupazione climatica al fiore all'occhiello delle “lotte intersezionali”, il sonnambulismo green, che ha conquistato leader e cittadini pronti a riciclare i bla bla bla di Glasgow, diventa il miglior alleato di questa ideologia mortale.

Anche i Talebani hanno detto di voler aiutare a combattere il cambiamento climatico. Cosa mai potrebbe andare storto?
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » dom nov 28, 2021 12:20 pm

Il dio verde ovvero ogni eccesso è di troppo
Pietro Di Muccio de Quattro
27 novembre 2021

https://www.opinione.it/editoriali/2021 ... -thunberg/

L’estremismo ecologico, l’ecologismo, può essere contestato in vari modi, il primo dei quali è appunto l’aforisma incastonato nel titolo: ogni eccesso è di troppo. L’ecologia estrema equivale a troppa ecologia. Un secondo modo consiste nel contrappore dati a dati. Infatti, l’ecologismo non è sempre documentato quanto dovrebbe. Le prove che adducono gli estremisti non sono tutte irrefutabili. Un terzo modo ha a che fare con i fondamenti “filosofici” dell’ecologismo ossia con il vaglio razionale delle premesse e delle conseguenze. Un quarto modo punta a sbeffeggiarne le aporie, i tic, le assurdità, i fanatismi, le dogmatiche certezze, l’albagia profetica, la presunzione divinatoria.

L’ecologismo come scienza, l’ecologismo come politica, l’ecologismo come ideologia, l’ecologismo come moda: tutti questi ecologismi prende di petto Giulio Meotti nel succulento pamphlet “Il dio verde. Ecolatria e ossessioni apocalittiche”, appena pubblicato da “Liberilibri”, una requisitoria di 77 pagine che esattamente il filosofo francese Robert Redeker definisce nella prefazione “una bussola per uscire dalla notte dello Spirito nella quale la religione ecologica ci fa smarrire”.

Posso soltanto aggiungere che l’ecologia è cosa troppo seria per lasciarla alle Greta Thunberg e alle conferenze dei grandi della Terra. A misura che essa denuncia un fenomeno reale, cioè un “verità effettuale” (Machiavelli), postula di per sé una soluzione che potrà venire soltanto o soprattutto dalla libera scienza e dalle innovazioni imprenditoriali della società aperta, non già dalla programmazione statalistica o dalle imposizioni governative o dal costruttivismo castale di sedicenti illuminati o dai ministeri della transizione ecologica.

L’estremismo ecologista è giunto ad inculcare in via subliminale, per bocca non solo di governanti a caccia di voti ma pure di accreditati scienziati, che una dose di “terrorismo catastrofistico” è indispensabile per svegliare le coscienze di masse intorpidite dal consumismo capitalistico, perciò marcianti ignare verso l’autodistruzione e l’abisso della fine del mondo, non per metafora. Ma la paura, con l’aggiunta della fretta indotta da un tale “terrorismo”, è cattiva consigliera. Porta a trascurare il punto essenziale. Il mondo così com’è non può essere rivoltato per le ubbie ecologiste. Questi neo-arcadi non posseggono alcuna bacchetta magica. La natura primigenia era un incubo, non un ideale da rinverdire adesso.

L’ambientalismo è diventato pure una sorta di religione. La religione prevalente, è da notare, proprio in quella parte di mondo che un tempo veniva definita semplicemente “la cristianità”. La Chiesa romana con atti ufficiali insegue l’ecologismo non perché questa dottrina abbia attinenza con la fede del Risorto ma nel tentativo di riportare all’ovile i proseliti della variante ecologista dell’ateismo diffuso specialmente dove il cristianesimo ha imperato per secoli.

Giulio Meotti nella conclusione del pamphlet è assalito dal più nero pessimismo: “Dio è diventato verde e in sacrificio chiede la morte dell’Occidente”. Ma proprio il suo libriccino, così espressivo e incisivo, dimostra che l’Occidente, rectius, la società plasmata dal liberalismo, ha dalla sua parte la ragione e la forza per reagire all’ondata del nuovo fanatismo verde (dopo il fanatismo rosso e nero del ’900) e volgere in positivo le pulsioni distruttive che l’estremismo ecologista ha fatto emergere dai bassifondi delle coscienze e delle società.

Sarà la libertà a liberarci dai guasti della libertà. Desidero sottolinearlo con forza agli illiberali mascherati da Elfi. “Il dio verde” non ha niente di divino. È la strega del terzo millennio. Semina terrore come le streghe che erano inquietanti per come venivano descritte. Ma la società libera non deve aver paura di entità soprannaturali che non esistono, bensì impegnarsi a riparare, come solo essa sa e può, le storture reali e i mali connaturati che immancabilmente incontriamo, ci affliggono o ci procuriamo da noi stessi mentre avanziamo a tentoni sull’accidentato cammino dell’evoluzione umana.



Alberto Pento

Interessante e condivisibile analisi ma con il limite dell'idolatria cristiana propria di Meotti che confonde Dio, che non appartiene ad alcuna religione, con l'interpretazione di Dio che ne dà il cristianismo, confusione idolatra che scambia Dio con l'idolo cristiano.
Il dio verde (o meglio "idolo verde") non ha nulla di divino come non ce l'hanno gli idoli di tutte le religioni, nemmeno l'idolo cristiano denominato Gesù Cristo con la sua fanatica aspettativa millennaristica della Fine del della vita sulla terra e de mondo imperfetto e mortale e della rinascita/redenzione/resurrezione di una terra- mondo perfetto eternizzato immortale.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mar nov 30, 2021 10:14 pm

La Groenlandia era una terra verde e poi si ghiacciò: spiegatelo a Greta
Paolo Guzzanti
28 novembre 2021

https://www.ilriformista.it/la-groenlan ... ta-263597/

Questo è un primo articolo sulla cattiveria umana osservata dal punto di vista politico. Gli economisti si sono finalmente trovati abbastanza d’accordo sul fatto che far scomparire la povertà dalla Terra è, fra l’altro, un ottimo affare. Una di quelle cose che gli americani chiamano “Win-Win”, vinci tu che vinco anche io, vincono tutti. Per molto tempo la soluzione tentata era stata quella di far sparire materialmente i poveri, ma non ha mai funzionato per quanti forni e camini fumassero e fosse comuni si riempissero come le astanterie e le camere mortuarie. Ciò è promettente.

Anche il fulminante presidente del Consiglio Draghi l’ha detto recentemente, da economista: «Far sparire la povertà è un eccellente affare perché stabilizza le società e attiva non solo le coscienze, ma anche i mercati». Ho citato più volte in passato il giovanissimo e tisico (morì a vent’anni) filosofo illuminista napoletano Gaetano Filangieri il quale premette su Benjamin Franklin affinché il nuovo grande Stato rivoluzionario – gli Stati Uniti d’America – adottassero fra i loro principi irrinunciabili il diritto a cercare ciascuno la propria dedicata dose di felicità, “The Pursuit of Happiness”, che non vuol dire il diritto alla felicità. Che non significa nulla, ma il diritto a cercare col proprio lanternino la propria piccola personale felicità. Sembra nulla, ma è tutto. Gli esseri umani come noi – Sapiens, non più clava ma bancomat – sono in giro da pochi minuti geologici: centomila anni. In questi centomila anni hanno prevalso gli impulsi e il tentativo di organizzarli in collettività oppure di predare i risultati degli impulsi altrui. Da pochi secondi appena, siamo su una strada nuova e si comincia a chiedere seriamente che cosa siano la cattiveria e la bontà, lasciando da parte Francesco che è sicuro che circoli Satanasso in persona che abbiamo sempre sognato di intervistare. Prima osservazione.

La cattiveria e la bontà umane vanno d’accordo con la meteorologia. La politica anche: ieri notte si è diffusa la catastrofica notizia di una nuova variante – che merita il nome di mutazione del maledetto Covid – ed è un’altra bestiaccia. Per cui di colpo è crollato il prezzo del petrolio grezzo nella previsione di un arresto planetario della produzione industriale e una serie di studi di mosse e contromosse per arginare popolazioni affamate, popolazioni terrorizzate e sempre alla ricerca di un capro espiatorio. Questa la parola chiave: capro espiatorio. Se qualcosa di male accade, di qualcun altro deve esserci una colpa. Idea: uccidiamolo fra atroci torture. morti viventi e i viventi che potrebbero morire, come accadde con la prima grande peste del XIV Secolo descritta da Giovanni Boccaccio che cambiò lo stato del mondo, del bene e del male, dell’economia, della poesia, della politica, della letteratura, del commercio, della grandezza dei fiumi.

Che cosa era successo? Una sciocchezza: era finito il mezzo millennio di surriscaldamento del pianeta che aveva liquefatto tutti i ghiacci e ghiacciai e iceberg, era tornato il freddo, anzi il gelo, il grano moriva, le bestie morivano e un terzo dell’umanità morì di fame e di peste che derivava dal non smaltibile accumulo di cadaveri e carogne in tutto il mondo. Avvenne quasi di colpo: con Dante, andava ancora bene. Con Boccaccio, arrivo del morbo, fine della già dimenticata felicità, la fine del paradiso terrestre del mondo caldo, caldissimo, molto più caldo di oggi, quando si coltivavano uve rarissime vicino al Polo Nord e le popolazioni dei ghiacci, come nel Trono di Spade, non trovandosi più davanti al naso muri di ghiaccio e orsi affamati, poterono finalmente scendere a vele spiegate sull’Islanda, la Groenlandia, e poi sulle isole inglesi in cui – come racconta drammaticamente Winston Churchill nel primo volume della sua Storia dei Popoli di Lingua Inglese, non rimase traccia di una sola parola di latino, fu spazzato via tutto ciò che era appartenuto all’antica preda del console Britannicus quando ancora “Britannia” non comandava sulle onde e sui popoli.

Era un mondo che moriva, e non c’erano i dinosauri. C’erano i cristiani, c’erano i musulmani, gli ebrei, i pagani e forme di società tribali sanguinarie. Cambiò la cattiveria, la distruttività, la capacità di progettare anche se i nuovi venuti dal nord furono chiamati Normanni e fecero castelli bellissimi e Federico II talmente s’appassionò al gioco di creare una lingua italiana artificiale e per poco non ci riuscì con un gruppo di poeti pazzi come Ciullo d’Alcamo.

Rischio: quello che i lettori, specialmente quelli con uno zainetto politico omologato da portare come una seconda parte di sé, potrebbero obiettare che qui si raccontano favole, per favore parliamo di cose serie. Basta partire da due date facili: dall’incoronazione di Carlo Magno nella notte di Natale dell’800, alla morte di Dante, visto che siamo di settecentenario, 1321. Mezzo migliaio di anni. Che accadde? Un caldo da far paura, altro che l’ultima estate. Dove correvano tutti quei pinguini? Come mai i vichinghi si erano piazzati nella lussureggiante Terra Verde, la Green Land o Groenlandia e facevano legna per le flotte con cui traversavano un braccio di mare abbastanza corto e si insediavano in Canada?

E poi, con Dante, come sanno gli scolari, vennero Petrarca e Boccaccio. Boccaccio ci interessa, per la peste. Lasciando da parte il Decamerone – un Netflix animato in una lontana cascina per proteggersi in quarantena contro la peste, e godersi gioie proibite – Boccaccio fu anche un eccellente cronista. Mi è capitato di leggere in inglese la relazione di Boccaccio sull’arrivo a Messina di navi provenienti dall’Oriente e che portavano con i topi e le pulci la peste nera che si abbatté rapidamente sull’umanità eliminandone un terzo e cambiandone per sempre tutti gli aspetti civili, religiosi, politici, letterari. La peste arrivò in seguito – non scriviamo “a causa” – di un evento climatico: la Terra, il nostro grazioso pianetino blu passato alla svelta dal caldo al freddo. Arrivò una piccola micidiale glaciazione. Le meravigliose terre ai confini del polo che davano i vini più dolci e la Groenlandia che era piena di paesini di pietra, chiese di pietra e grandi montoni che rifornivano di pelle tutta Europa, si congelò nell’orrore universale. Un papa finanziò una spedizione per andare a indagare perché i cari fratelli di Groenlandia non dessero più notizie: «Sono tutti morti congelati nelle loro case e chiese, con le bestie senza trovare la forza di saltare su una barca e tentare la fuga». «Preghiamo rispose il papa, affinché il maledetto ghiaccio liberi le nostre terre amate e i cristiani che le abitavano». Poi passano i secoli e compaiono titoli brutali: «Si sta fondendo il ghiaccio della Groenlandia e di tutte le terre che fanno da ponte fra America ed Europa: è un disastro». Alla piccola Greta, sempre più pop, cercando finché possono di tenerle nascosto l’evento.

Secondo punto. Compratevi se già non l’avete letto Il Capro espiatorio di René Girard, in Italia presso Adelphi, sul telefonino a sette euro, che è un testo sconvolgente in cui si radunano tutte le notizie, vere o fantastiche ma di numerosi autori fra loro ignoti che narrano come l’umanità fosse traumatizzata dalle epidemie che provocarono quarantene e lockdown talvolta ispirati alla segregazione razziale anche perché – come ti sbagli – a fare le spese della peste e del vaiolo, erano sempre gli ebrei accusati di avvelenare pozzi e fiumi con miscele torbide e putride e venefiche loro fornite da gruppi di cristiani loro complici. Molte delle notizie che oggi circolano sul grande complotto dietro il Covid sono del tutto simili, anche se oggi la parola “Ebrei” è stata parzialmente sostituita da “Multinazionali” che ne sono in parte l’up-grade. Ma non perdiamo di vista il filo conduttore: la temperatura. Secondo filo: la fragile e mostruosa capacità umana di dedicarsi alla distruzione dei suoi simili.

Detto di passaggio ma mica tanto, quando andai in Africa alle radici della nascita del mercato che trasferì in America milioni di africani venduti ai mercanti francesi, inglesi, spagnoli e olandesi, appresi che c’erano dei trafficanti portoghesi che acquistavano nell’Africa lusitana popoli interi di tribù prigioniere di re africani, i cui componenti sarebbero stati messi a morte secondo una cerimonia rituale. Lo stesso facevano i romani quando trascinavano intere popolazioni sotto di loro. Archi di trionfo per poi rifornire i denti del parco belve del Colosseo o risolvere il problema dell’illuminazione notturna delle strade consolari con torce umane impiastrate di grasso e dunque di lunga durata. L’uso del fuoco per uccidere con lentezza da bagnacauda, era estremamente popolare ed ammirato: il cronista che descrisse l’agonia di Giordano Bruno tra le fascine di Campo de’ Fiori scrisse che “il corpo era grasso ed ardeva allegramente”. Quando Thomas More, il celebrato Tommaso Moro amico di Erasmo da Rotterdam che per lui scrisse l’Encomion Moriai, maltradotto come “Elogio della pazzia” mentre si trattava di gioco di parole per alludere all’elogio di Moro (“Moriae”), bene: lo stesso Thomas, ancora al solerte servizio del suo re Enrico VIII prima che quello si incaponisse con Anna Bolena, provvedeva personalmente a caricare di legna i cestoni di ferro in cui venivano cotti gli eretici i quali si vedevano negare o favorire una morte più veloce implorando: “Più legna, sir Thomas, più legna, in nome di Dio, stiamo soffrendo troppo”.

Tornando in America, il cerino in mano di nazione schiavista è rimasto agli Stati Uniti che, in quanto nazione libera, non acquistò più schiavi ai mercati arabi e africani (salvo alcune imprese di pirateria di sottocosta) mentre le nazioni che introdussero e alimentarono fino alla fine lo schiavismo in America furono prima di tutto i portoghesi, poi gli spagnoli, poi a pari merito francesi e inglesi. Le tredici colonie americane avevano una dotazione di personale servile (schiavi) per usi agricoli che i land-owner di Dixieland (i futuri Stati Confederati della guerra civile americana) erano convinti di trattare con eccellente welfare. visto che davano loro tetto, lavoro, cibo, medicine e – negli Stati più avanzati – l’accesso ad alcune chiese cristiane – ancora oggi a prevalenza nera come gli Episcopali – con tutela delle unità familiari e la protezione delle donne dal diritto padronale di stupro.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » ven dic 03, 2021 10:20 pm

???
Il Sahara diventa un giardino ogni 20.000 anni
Luigi Bignami
5 gennaio 2019

https://www.focus.it/scienza/scienze/il ... 20000-anni

Come ha fatto l'uomo a lasciare l'Africa centrale per le regioni più a nord del continente per poi a migrare verso l'Eurasia? Certamente non avrebbe potuto se si fosse trovato davanti all'immensa distesa del deserto del Sahara così come la conosciamo oggi. Quel mondo, però, non è sempre stato così: una ricerca (pubblicata su Science Advances) suggerisce che le condizioni del deserto mutano profondamente a cicli di 20.000 anni, almeno da 240.000 anni a questa parte. E poiché i nostri lontani consimili hanno iniziato a lasciare l'Africa circa 170.000 anni fa... be', sono stati fortunati: nella lenta e ripetuta migrazione verso nord hanno potuto sfruttare i periodi che trasformavano il deserto in una regione verde e ricca d'acqua.

La polvere alzata dai venti sopra il deserto può attraversare l'intero Oceano Atlantico. © MIT

La polvere del deserto. La studio è ha preso avvio dal mare prospicente le coste occidentali dell'Africa settentrionale, dove, nel corso del tempo, i sedimenti, hanno raccolto e conservato la polvere che periodicamente (anche ai nostri giorni) i venti trasportano dal Sahara verso l'Oceano Atlantico - raggiungendo a volte anche gli Stati Uniti.

Neri sedimenti, oltre a polvere e fossili, si trova una certa quantità di torio, sostanza che si forma dal decadimento dell'uranio radioattivo presente in modo naturale negli oceani. Quando il Sahara è più secco e arido la quantità di polvere che arriva in mare è maggiore e il torio presente nei sedimenti è più concentrato. Il contrario avviene quando il Sahara diventa più umido: meno polvere, e quindi minore concentrazione di torio. L'analisi della percentuale di torio nei sedimenti ha permesso di capire che il Sahara diventa più verde per poi ritornare desertico con un ritmo di circa 20.000 anni.

L'asse di rotazione della Terra può oscillare tra i 22,5° e i 24,5°, in cicli di 40.000 anni circa: oggi inclinato di 23,27° rispetto alla perpendicolare al piano dell'orbita.

Tutto è connesso. La causa del "pendolo", secondo David McGee (del MIT), uno degli autori della ricerca, è la variazione dell'inclinazione dell'asse terrestre, che oscilla tra i 22,5° e i 24,5° (l'attuale inclinazione sul piano dell'orbita è di 23,27°) in periodi di 40.000 anni circa. La variazione influenza anche i monsoni, che non sono un'esclusiva dell'Asia, ma si verificano anche in alcune zone dell'Africa: in particolare, il "monsone africano occidentale" interessa la fascia a sud del Sahara.

Quando la Terra è più inclinata, il Sahara ricevere più luce solare estiva e si ha un'intensificazione dell'attività monsonica della regione, che a sua volta rende il Sahara più umido e di conseguenza anche più verde. Quando invece l'asse del pianeta oscilla verso un angolo che riduce la quantità di luce solare per unità di superficie, l'attività dei monsoni si indebolisce portando a un clima più secco, simile a quello che vediamo oggi.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » ven dic 03, 2021 10:21 pm

No, il Madagascar non soffre per il cambiamento climatico
Anna Bono
03-12-2021


https://lanuovabq.it/it/no-il-madagasca ... -climatico

L'anno scorso l'Onu aveva lanciato l'allarme carestia per il Madagascar, attribuendone la causa al riscaldamento globale antropico (AGW). Ma una ricerca condotta da un vasto network di università in tutto il mondo, ha smentito questa tesi. La carestia non è causata dall'AGW. Povertà e mancanza di tecnologie sono fra le cause principali.

Carestia in Madagascar

Lo scorso agosto le Nazioni Unite avevano dichiarato che nel sud del Madagascar, la grande isola africana, stava per iniziare la prima “carestia da cambiamento climatico” del mondo. Dopo quattro anni senza pioggia, la siccità – la peggiore in 40 anni – le famiglie del sud del Paese ormai si adattavano a mangiare insetti pur di sopravvivere, spiegava Shelley Thakral, un alto funzionario del Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu.

Si calcolava che almeno 30mila persone soffrissero già di carenze alimentari di quinto livello, il più grave secondo la classificazione internazionale degli stadi di insicurezza alimentare, e il loro numero è andato crescendo con l’avanzare della stagione di penuria alimentare che tradizionalmente precede il nuovo raccolto. “Ci sono zone in cui è già carestia – aveva detto la Thakral – e la causa è il clima, non una guerra. È un fatto senza precedenti. Queste persone non hanno fatto niente per contribuire al cambiamento climatico. Non usano combustibili fossili e tuttavia stanno patendo il peso maggiore del cambiamento climatico”.

Si dà per scontato, stando a queste dichiarazioni, che responsabile della siccità e della carestia sia il cambiamento climatico di origine antropica: quel riscaldamento globale originato da stili di vita e modi di produzione per i quali da anni si accusa la civiltà occidentale che – questa la colpa che le si attribuisce – li ha ideati, li pratica e li esporta/impone al mondo. Gli esperti a sostegno della teoria del riscaldamento globale di origine antropica, che tuttavia per tanti scienziati resta una congettura, sono numerosi. Chris Funk, direttore del Climate Hazards Center dell’Università di Santa Barbara, California, ha commentato le dichiarazioni del Pam confermando il rapporto tra il riscaldamento dell’atmosfera e l’attuale siccità in Madagascar. La dottoressa malgascia Rondro Barimalala, una oceanografa che insegna alla Università di Cape Town, Sudafrica, ha detto che la crisi del suo paese è un potente argomento per indurre la gente a cambiare stile di vita: “in Madagascar si osserva una siccità crescente e si prevede che aumenterà ancora se il cambiamento climatico continua”.

L’isola, qualcuno lo ammette, in realtà è da sempre soggetta a frequenti siccità e ad andamenti climatici variabili causati da El Nino, il fenomeno climatico annuale del riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico centro-meridionale e orientale che assume maggiore intensità in media ogni cinque anni, con variazioni tra tre e sette anni, determinando forti piogge e siccità prolungate e arrivando a invertire il flusso dei venti Alisei. L’esperienza di secoli insegna che in Africa, non solo in Madagascar, a un periodo di siccità ne segue uno di piogge intense, altrettanto dannose per i raccolti e per l’economia. È quel che sta succedendo ad esempio nel Sudan del Sud dove, dopo la siccità causata da El Nino tra il 2015 e il 2018, forti piogge da tre anni provocano estese, rovinose inondazioni. Ma anche per il Sudan del Sud come per il Madagascar si dà la colpa al cambiamento climatico.

Senonché adesso una ricerca condotta per accertare in che misura il cambiamento climatico antropico può aver alterato la probabilità e l’intensità con cui nel sud del Madagascar si verificano periodi di siccità smentisce le affermazioni delle Nazioni Unite. L’indagine è stata svolta da una ventina di scienziati di diverse università di Sudafrica, Madagascar, Nuova Zelanda, India, Olanda, Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna e il 1° dicembre la rivista World Weather Attribution ne ha pubblicato i risultati in un articolo intitolato “Fattori diversi dal cambiamento climatico sono all’origine della recente insicurezza alimentare nel Madagascar meridionale”.

In sintesi i ricercatori sostengono che la scarsità delle piogge cadute dal luglio del 2019 al giugno del 2021 nel Madagascar meridionale “non è aumentata in maniera significativa a causa del cambiamento climatico di origine antropica”. Durante le stagioni delle piogge 2019-2020 e 2020-2021 nella regione le precipitazioni sono state il 60% rispetto alle stagioni normali, un fatto superato solo durante la devastante siccità del 1990-1992. Benché le osservazioni e i modelli utilizzati – scrivono i ricercatori – indichino una lieve tendenza all’aumento del verificarsi di simili periodi di siccità, questa tendenza si deve essenzialmente alla normale variabilità del clima. Questo risultato – precisano i ricercatori – è coerente con quelli di precedenti ricerche, incluso lo stesso Sesto Rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblicato nel 2021, nel quale si dice che un cambiamento percettibile nella siccità nella regione malgascia si verificherebbe soltanto se la media mondiale delle temperature superasse di 2 gradi centigradi quella dei livelli preindustriali.

Piuttosto, spiegano ancora gli autori della ricerca, vanno evidenziate le cause della carestia che minaccia le popolazioni malgascie, che sono la povertà, la mancanza di tecnologie e di infrastrutture. “Il Madagascar – scrivono – è uno dei Paesi più poveri del mondo, con una percentuale particolarmente elevata di persone che vivono sotto la soglia di povertà nel sud del paese. Questo rende difficile per le comunità locali far fronte a periodi prolungati di siccità, in particolare dal momento che l’agricoltura e la pastorizia di sussistenza nella regione dipendono interamente dalle precipitazioni atmosferiche”.

In pratica, è la situazione in cui si trovano gli africani che praticano economie di sussistenza, adesso come in passato, secoli prima che si parlasse di global warming di origine antropica.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » gio dic 30, 2021 8:47 pm

Gli chiedono 20mila euro per cambiare le batterie, fa esplodere la sua Tesla con la dinamite
29 dicembre 2021

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/1 ... 1640770390

Dopo che l’officina a cui si era rivolto gli aveva chiesto 20mila euro per sostituire le batterie della sua Tesla Model S, l’aveva detto: “La farò esplodere“. E così ha fatto, accordandosi con un gruppo di YouTuber che hanno caricato la sua auto di dinamite e poi le hanno dato poi fuoco. Sta facendo il giro del mondo la notizia dell’insolita forma di protesta attuata da Tuomas Katainen, un finlandese che si è trovato a fare i conti con un pessimo acquisto. I fatti sono successi in Finlandia, a una manciata di chilometri da Helsinki, come riferisce Sky News.

L’uomo ha spiegato di aver acquistato la sua Tesla Model S del 2013 usata: per i primi 1500 chilometri non ha avuto nessun problema, anzi, era soddisfatto dell’acquisto. Poi però, un bel giorno, è apparso un codice di errore. Ha quindi portato l’auto in un officina Tesla e dopo oltre un mese di attesa gli è arrivato il verdetto: se voleva salvare l’auto, doveva cambiare l’intero pacco di batterie, alla “modica” cifra di 20mila euro (notare che comprare quel modello di auto nuova costa 40mila euro circa). L’auto non era infatti più coperta da garanzia perché il meccanico ha scoperto che il precedente proprietario aveva già cambiato le batterie, modificandole da 60 kWh a 90 kWh, con – oltretutto – alcune riparazioni effettuate anche da parte di officine non autorizzate. Non solo. Ciliegina sulla torta: probabilmente l’auto non era neanche europea ma era stata importata dagli States. Per questo aveva subito sentenziato: “La farò esplodere”.

Così si è accordato con i Pommijätkät, un gruppo di youtuber popolari proprio per le loro esplosioni creative: hanno portato la Tesla in una cava abbandonata a Jaala, l‘hanno imbottita con 30 chili di dinamite e hanno acceso la miccia. La scena è stata ovviamente tutta ripresa dalle telecamere e poi pubblicata sul web, con l’iconica auto ideata da Elon Musk che salta in aria in milioni di frammenti tra la neve e il ghiacci del Nord, mentre il proprietario e i ragazzi esultano improvvisando quasi un festino. Da notare, però, che nell’esplosione si sono salvate – ironia della sorte – proprio le batterie incriminate: a causa delle sostanze di cui sono composte, sarebbe stato infatti troppo pericoloso e tossico farle saltare in aria, quindi sono state rimosse assieme al motore e ad alcuni componenti rivendibili prima del grande “boom”.





CARI AMICI, QUESTO E' L'ARTICOLO PIU' INTELLIGENTE E COMPLETO SULLA "TRUFFA" DELLE AUTO ELETTRICHE...RINGRAZIO L'AMICO Ernesto Cacace PER AVER CON GRANDE PUNTUALITA' PRECISATO TUTTI GLI ASPETTI DEL "DISASTRO" DELLE AUTO ELETTRICHE ! ! ! ..... MAMMA MIA CHE DISASTRO...LEGGETE LEGGETE ! ! !
Franco Marta
30 dicembre 2021

https://www.facebook.com/franco.marta.5 ... 6353048019

Perché l'auto elettrica rischia di essere un muro contro il quale andremo a sbattere? Per dirla in modo sintetico: perché stanno incentivando il consumo green senza curarsi troppo della produzione green.
Mi spiego.
Guardavo ieri una pubblicità della nuova ID4 della Volkswagen (https://www.volkswagen.it/it/modelli/id4.html ), un'auto che "apre la strada ad un nuovo modo di viaggiare ancora più sostenibile e digitale.". Bellissimo: sostenibile e connessa, in linea con la svolta green che tutti desideriamo.
Poi vai a vedere che quest'auto ha una batteria di 77Kwh, che, dicono, puoi comodamente ricaricare da casa o da un impianto superveloce da 125 Kw.
E allora facciamo due conti. Immaginiamo di avere a casa un normalissimo impianto da 3 Kw. Superiamo di slancio fastidiosi dettagli del tipo "ma se abito al quarto piano e non ho garage, come l'alimento la macchina parcheggiata in strada?" e facciamo una divisione: 77/3= 25 ore circa. Attaccando l'automobile alla presa di casa, spegnendo tutto, dal frigo alla lavastoviglie, potrete ricaricare l'auto in comode 25 ore.
Troppe. Però, vi dicono, potete accedere ad una colonnina di ricarica ultraveloce da 125 Kw. Qui, facendo la divisione, vediamo che in una mezz'oretta ce la caviamo. A patto di tralasciare qualche fastidioso dettaglio, del tipo che fintanto che l'auto elettrica ce l'hanno uno su mille, quell'uno troverà sempre la colonnina libera e perderà mezz'ora. Ma se l'auto elettrica ce l'hanno venti su cento, è assai dubbio che siano così libere, e se il tempo di ricarica è di mezz'ora, il tempo di attesa può diventare piuttosto lunghetto. Meglio, se programmate un viaggetto che richiede un paio di ricariche, informarvi non solo su dove siano le colonnine lungo il tragitto, ma quante di queste abbiano annesso un servizio di motel.
Vabbé, limiteremo i viaggi lunghi e ne approfitteremo finalmente per leggere La Ricerca del tempo peduto che terremo in macchina, per poterla tirar fuori ad ogni ricarica. Tutto risolto?
Mica tanto. Immaginiamo un autogrill sull'autostrada, uno qualunque, uno di quelli che oggi ha una decina di pompe di benzina, gasolio, gpl o metano. E immaginiamo questo autogrill con una decina di impianti di ricarica a 125 Kw. Per alimentarli è necessaria una centrale da 1Mw (cioè 1.000 Kw) almeno, che eroghi tutta la sua potenza nel momento in cui 10 auto elettriche scariche chiedono la ricarica. Ma, come abbiamo detto, in genere un impianto domestico di città è di 3Kw, il che vuol dire che la centrale elettrica da 1Mw, sufficiente (e manco...) ad alimentare uno e un solo autogrill, sarebbe altrimenti sufficiente a provvedere al fabbisogno elettrico di (1000/3) oltre 300 famiglie. Un villaggetto. Quindi: 10colonnine ultraveloci = un villaggetto.
Bene, da dove peschiamo quest'energia per alimentare le 10 colonnine? Ma da fonti rinnovabili, è ovvio. Siamo o non siamo green?
Per esempio dal fotovoltaico. Correggetemi se sbaglio, ma per avere una potenza da 1 Mw è necessario un ettaro (cioè un campo di calcio) di pannelli (http://www.rinnovabilandia.it/quanta-su ... occupa.../ ). I quali pannelli, peraltro, produrranno quel Mw se il sole splende nel cielo a mezzogiorno. Se è nuvoloso, molto meno, se è notte, niente. Allora con le pale eoliche. Ottimo, uno di quei bestioni alti mezza torre Eiffel è in effetti da 2 o 3 Mw. A patto che tiri vento, e pure sostenuto. Se non c'è un alito di vento, nulla. Se il vento è una brezza, quasi niente.
Il tutto per alimentare 10 colonnine che, in 24 ore, a mezz'ora di ricarica ciascuna, possono rifornire meno di 500 auto.
E allora? Oltre a viaggiare con la lista dei motel devo pure consultare un'app con le condizioni meteo lungo il tragitto? Ovviamente no, si provvederà in altro modo, vale a dire consumando fonti fossili (dal gas al carbone) per produrre quell'energia elettrica che fa del possessore di un'auto elettrica un vero Green.
In Italia, attualmente, circolano 37milioni di automobili (https://www.latuaauto.com/quante-auto-c ... n-italia...). Ecco, fate il conto mentale di quante colonnine, quante mezze torri Eiffel, quanti campi di calcio a pannelli solari, sarebbero necessari per ricaricare un 10% (cioè circa 4 milioni) di automobili che percorrono una trentina di Km al giorno. Una traccia: immaginiamo che ogni auto abbia un'autonomia reale di 300Km a carica, se fa 30Km al giorno vuol dire che ogni giorno, se le auto sono 4 milioni, bisognerà ricaricarne 400mila. Se un autogrill da 10 colonnine ricarica (vedi sopra) 500 auto al giorno (ma a pieno regime nelle 24 ore), saranno necessari 800 autogrill, ciascuno da 10 colonnine da 125 Kw l'una. Per solo il 10% di auto elettriche, circa 8mila colonnine (ultraveloci: se sono le normali da 20Kw non ne parliamo) che funzionino 24 ore su 24. Hai voglia a mezze torri Eiffel e campi di calcio.
A questo punto del discorso generalmente salta fuori la parola "nucleare". Fonte che, come sappiamo, ha impatto zero sulla Co2. Se ne può discutere e non sono affatto contrario, ma sarebbe il caso di non usare quella parola come Mago Merlino usava abracadabra. Perché costruire una centrale nuclere non è cosa semplice, e solo chi vive sulla luna non lo vede. Quanti anni passano, realisticamente, perché la si possa costruire e connettere alla rete? Dieci? Quindici (come più o meno ne ha impiegati l'appena inaugurata centrale finlandese https://www.huffingtonpost.it/.../dodic ... -ritardo... )? Ecco, ma noi abbiamo un orientamento dell'Unione Europea che vorrebbe che siano vendute solo auto elettriche dal 2035. Il che farebbe sì che i possessori di auto elettriche non siano l'1 per mille di oggi, ma corpose decine di punti percentuali.
E, noterete, non ho nemmeno sfiorato altri fastidiosi dettagli. Del tipo: passati un po' di anni, come succede nei telefonini, le batterie perdono capacità, e si scaricano prima. A quel punto il costo di ricambiare una batteria potrebbe essere maggiore del costo dell'auto sul mercato dell'usato. Insomma: dovete buttarla in qualche sfascia carrozze o, se siete un po' più estroversi, farla esplodere con la dinamite (https://www.motorionline.com/tesla-model-s-fatta.../... ). Inoltre non ho nemmeno sfiorato il discorso di cosa succederebbe a tutte quelle fabbriche che costruiscono componenti per auto. Questo perché l'auto elettrica è enormemente meno bisognosa di "pezzi" rispetto ad una endotermica e una marea di imprese specializzate, semplicemente, falliranno. Con conseguente, inevitabile, disoccupazione.
Torniamo all'inizio. Spingere sull'auto elettrica significa spingere sul consumo green. Ma se poi non riesco a produrre green, il rischio è che noi abbiamo un'auto elettrica che marcia, di fatto, a carbone (https://formiche.net/2021/12/energia-europa-carbone-ue/). Come le locomotive del vecchio West che dribblavano gli Apaches.
Ottimo risultato. Però green....
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » lun gen 03, 2022 7:49 am

"Gli ecologisti sono dei pericolosi imbecilli"
Giulio Meotti
31 dicembre 2021

https://meotti.substack.com/p/gli-ecolo ... pericolosi

"Il presidente aveva scelto di chiudere una decina di centrali nucleari nella speranza di accaparrarsi qualche voto ambientalista. Bruno non era ostile agli ecologisti, aveva per esempio, aumentato le detrazioni fiscali per i risparmi energetici realizzati dai privati, ma li considerava comunque nel complesso dei pericolosi imbecilli, soprattutto riteneva assurdo fare a meno dell'energia nucleare”.

Così scrive Michel Houellebecq in Annientare, il suo romanzo che uscirà il 7 gennaio.

“Ci si potrebbe aspettare che un paese che soffre di una crisi energetica stia facendo tutto il possibile per espandere l'offerta. Invece la Germania sta procedendo alla chiusura di tre centrali nucleari, la metà della produzione nucleare del paese”. Così invece scrive il Wall Street Journal e non è letteratura, ma il commento alla decisione del nuovo governo tedesco di cui fanno parte i Verdi. Rimangono sei reattori: tre chiuderanno questo mese, i restanti tre cesseranno le operazioni l'anno prossimo. “È difficile pensare a una politica più controproducente per motivi economici, climatici e geopolitici”.

Cosa fare in attesa di Eolo? “Il carbone (la fonte di energia più inquinante al mondo) è stata la principale fonte di energia del paese nella prima metà del 2021, generando più di un quarto dell'elettricità tedesca. La Francia, che fa molto affidamento all'energia nucleare, emette la metà dell'anidride carbonica pro capite della Germania. Berlino, alla mercé del sole e del vento, sta ora intensificando la dipendenza dal gas russo per mantenere le luci accese”. Conclude il Journal: “È già abbastanza grave che i tedeschi abbiano minato la propria sicurezza energetica, ma non dovrebbero imporre la sua politica autodistruttiva al resto del continente”. Che invece è quello che sta accadendo. Berlino sta facendo pressioni a Bruxelles perché l’energia nucleare non rientri fra quelli verdi e quindi che saranno incentivate.

L’ex premier polacco Jerzy Buzek ha detto: “Non siamo ipocriti, i tedeschi stanno costruendo ulteriori centrali a carbone”. Un reportage del Washington Post racconta che “la Germania si presenta come leader del clima, ma sta radendo al suolo i villaggi per le miniere di carbone”. La Germania ha aperto una nuova mega centrale a carbone, la Datteln 4, e non a caso è il paese più inquinante d’Europa.

Soltanto l’ideologia può spiegare una simile scelta. Non soltanto l’energia nucleare non emette emissioni. “Secondo uno studio pubblicato quest'anno, l'inquinamento atmosferico da combustibili fossili ha ucciso ben 8,7 milioni di persone nel 2018” scrive il New York Times. Al contrario, in 60 anni di energia nucleare, solo tre incidenti hanno sollevato l'allarme pubblico e solo uno — Chernobyl — ha causato direttamente dei morti”. Il 90 per cento del combustibile nucleare può essere riciclato e la parte restante stoccata agilmente sotto terra come sta facendo la Finlandia. Dati che hanno spinto il capo dell’agenzia atomica dell’Onu a dichiarare poche settimane fa che “l’energia nucleare è verde”.

Scrive allora il giornalista tedesco Jochen Bittner sul New York Times: “I tedeschi sono irrazionali? Steven Pinker sembra pensarla così. Pinker, uno psicologo di Harvard, ha dichiarato alla rivista tedesca Der Spiegel che se l'umanità vuole fermare il cambiamento climatico senza fermare anche la crescita economica, il mondo ha bisogno di più energia nucleare, non di meno. La decisione della Germania di uscire dal nucleare è ‘paranoica’. Secondo i calcoli ufficiali, sono necessarie quasi 3.700 chilometri di nuove linee elettriche per far funzionare la ‘Energiewende’ o rivoluzione energetica. Sono stati costruiti solo 93 chilometri”.

Henrik Böhme della Deutsche Welle spiega che “la Germania non è mai stata davvero ‘pioniere’ del clima, per quanto alle persone piace pensare che sia. Ciò che i funzionari dei Verdi stanno attualmente declamando è sufficiente per far sudare freddo chiunque, ovvero divieto dei voli a corto raggio e divieto dei motori a combustione entro il 2030: evviva il socialismo ecologico!”.

Per mutuare allora dalla celebre formula di August Babel, l’ecologismo sembra essere diventato il socialismo degli imbecilli.


Eccone l'esempio:

Ricapitoliamo. Se vogliamo vivere meglio dobbiamo sapere che:

https://www.facebook.com/aurelio.sangui ... 2359129474

- Il 90% del nostro paese ha una esposizione solare conveniente in ogni mese dell'anno, che ci permetterebbe di divenire leader del settore in Europa;
- Esistono pale eoliche verticali da 800 euro (per 1kW) fino ad arrivare a 2000 euro (per 3-4 kW) che renderebbero autosufficienti la maggioranza della seconde case, delle ville, delle stalle, dei bifamiliari e delle villette d'Italia, che permetterebbero di infondere energia extra nel sistema elettrico nazionale;
- Impianti fotovoltaici ed eolici hanno costi di montaggio che non superano i 9000 euro e si attestano in media ai 5000;
- Costruire una centrale nucleare a fissione costa 7 miliardi di euro, escludendo i costi di gestione dei rifiuti radioattivi e di manutenzione, che sono variabili;
- La longevità di tali impianti eolici e solari va da 25 ai 30 anni e in futuro supereranno i 50;
- Tali impianti sono progettati anche per ridurre l'impatto antropico della fauna, riducendo il rischio che uccelli e pipistrelli vadano a scontrarsi con pali e pannelli;
- L'Italia ha 83 miliardi da spendere per gli impianti sostenibili entro il 2030 e inserire un impianto eolico in ogni casa non condominiale ne costerebbe 75;
- Si creerebbero migliaia di posti di lavoro, soprattutto al sud e nelle isole, dopo un secolo di dominazione imprenditoriale padana, che vede le industrie automobilistiche governare su ogni indotto...
E il Ministro della Transizione sostenibile, Roberto Cingolani, asserisce, nel 28 DICEMBRE 2021 che il Suo LAVORO, dopo neanche 10 mesi di insediamento, SI È CONCLUSO??? DOPO AVER FLIRTATO PER MESI CON L'INDUSTRIA NUCLEARE FRANCESE E AVER IGNORATO MOLTISSIME RICHIESTE DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE?
Lo volete capire che se continuiamo così MORIREMO TUTTI?
AS
Scusatemi per la citazione finale di Don't Look Up, ma la situazione è così paradossale che il buon vecchio Leo, noto ambientalista, era utile allo scopo di ribadire quanto folli siano i nostri tempi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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