L'auto elettrica - la più grande truffa che il mondo abbia mai visto? Qualcuno ci ha pensato?
Ludmil BerovДачия Клуб България
21 dicembre 2021
https://www.facebook.com/franco.leonard ... 4540209338L'auto elettrica - la più grande truffa che il mondo abbia mai visto?
Qualcuno ci ha pensato?
"Se tutte le auto fossero elettriche... e sarebbero rimasti bloccati in un ingorgo di tre ore.. Le batterie sono tutte scariche! E poi?
Senza contare che nell'auto elettrica praticamente non c'è riscaldamento.
Ed essere bloccato in strada tutta la notte, senza batteria, senza riscaldamento, senza tergicristalli, senza radio, senza GPS (batteria tutta scarica)!!!
Puoi provare a chiamare il 911 e proteggere le donne e i bambini!
Non possono venire ad aiutarti perché tutte le strade sono bloccate e probabilmente richiederanno che tutte le auto della polizia siano elettriche (se abbiamo ancora la polizia)!
E quando le strade sono bloccate, nessuno può muoversi! Le loro batterie si sono scaricate
Come vengono tassate migliaia di auto nel traffico? (Penso che questo sia un business che vorrei vedermi lavorare. Droni per consegnare batterie pesanti e qualcuno per togliere batterie vecchie e installarne di nuove. )
Lo stesso problema delle vacanze estive con blocchi chilometrici.
Non ci sarebbe praticamente l'aria condizionata in un'auto elettrica. Le tue batterie si scaricherebbero in un battito di ciglia. "
Naturalmente nessun politico o cronista ne parla!
Testo tradotto e ripreso da Marian Alaksin (Repubblica Ceca)
Il Ceo di Gruppo Volkswagen: “In Europa impossibile dire addio alle endotermiche”Omar Abu Eideh
19 gennaio 2022
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/0 ... 1642614983Nella stessa giornata in cui la stampa internazionale riporta le parole di Carlos Tavares, ad di Stellantis, sull’elettrificazione della mobilità, a suo dire “imposta” dalla politica, il numero uno del gruppo Volkswagen, Herbert Diess, lancia una serie di considerazioni inequivocabili alle Istituzioni: per il numero uno del colosso tedesco, infatti, immaginare di dire addio ai veicoli con motore termico “è semplicemente impossibile”. Parole che arrivano dal massimo rappresentante del gruppo automobilistico europeo più impegnato nell’elettrificazione.
In un’intervista concessa al podcast di Nilay Patel, direttore del sito di tecnologie The Verge, Diess ha affermato che “la transizione verso i veicoli elettrici ha alcuni vincoli” e che “il piano per arrivare al 50% di EV entro il 2030 è estremamente ambizioso. In Europa, abbiamo una quota di mercato di circa il 20%: affinché questa quota sostenga l’obiettivo del 50% di veicoli elettrici, abbiamo bisogno di sei “gigafactory” (ovvero, le maxi fabbriche di batterie, ndr.). Queste fabbriche dovrebbero essere operative entro il 2027 o il 2028 per consentire di raggiungere il nostro obiettivo per il 2030. È quasi impossibile farlo”.
L’ad ha poi sottolineato le difficoltà di allestimento di queste maxi fabbriche, ivi comprese l’assunzione del personale (e relativo addestramento) e l’approvvigionamento delle materie prime. “Noi siamo solo il 20% del mercato, quindi sei stabilimenti. L’Europa ha bisogno di 30 di questi impianti. Ogni impianto è di due chilometri per uno. Devono essere spostate enormi quantità di materie prime. Sarà impegnativo. Quindi, passare dal 50% al 100% sarà una sfida tremenda. Non si tratta solo di dire ‘spegniamo le auto endotermiche’. È semplicemente impossibile”.
Diess ha inoltre toccato un nodo importante, espresso anche da altri boss dell’automotive, in primis Akio Toyoda, Presidente della Toyota: “Le auto elettriche hanno senso solo se l’energia è rinnovabile. In nazioni che basano la produzione di energia elettrica sul carbone, non ha senso vendere veicoli elettrici. Si pensi alla Polonia. Prima di vendere auto elettriche, dobbiamo convertire il settore primario alle energie rinnovabili al 100%”.
Ecco perché, per il manager tedesco, i costruttori che hanno calendarizzato l’addio definitivo alle endotermiche sbagliano: “È una decisione che una casa automobilistica non può prendere da sola” perché “il lancio dei veicoli elettrici dipenderà dalla legislazione e dall’aumento delle energie rinnovabili, e ciò deriverà dalle politiche statali e da una politica globale, non dalle decisioni individuali dei produttori di automobili”. In definitiva, quindi, “non ha senso elettrizzare il mondo della mobilità se prima non rendiamo neutrale dalla CO2 il settore primario. Il mondo non è lo stesso. In Francia hanno sette grammi di CO2 per kilowattora perché è tutto nucleare. In Polonia hanno 1.000 grammi perché è tutto a base di carbone. Lo stesso accade in Sud Africa. I lanci di elettriche devono essere scaglionati”.
C'è vita per il Diesel in Stellantis, a Pratola Serra nascerà un Euro 7https://www.auto.it/news/attualita/2022 ... _un_euro_7Carlos Tavares annuncia lo sviluppo del nuovo motore a gasolio per auto e mezzi commerciali
C’è vita per il Diesel in casa Stellantis. Il prossimo 1° marzo quando Carlos Tavares illustrerà il piano industriale del Gruppo nato da PSA e FCA se ne saprà di più del futuro della elettrificazione e di cosa resterà dei motori endotermici.
Tavares intanto non molla la presa. Dopo i dubbi espressi sulle decisioni dei legislatori di forzare il passaggio alle auto a batteria, il manager, in visita allo stabilimento di Pratola Serra, in provincia di Avellino, ha confermato che il sito produrrà un motore a gasolio.
Un Diesel per tutti
Atteso per la primavera del 2023, si tratterà di un diesel sovralimentato a iniziazione diretta. Un quattro cilindri omologato Euro 7, realizzato per auto e veicoli commerciali di tutti i Marchi di Stellantis.
Tavares, che ha visitato anche la fabbrica di Termoli, ha comunque confermato che tutti gli impianti di Stellantis produrranno auto elettrificate e ogni brand avrà almeno una full electric a breve termine.
In sostanza ha confermato un approccio differenziato, con proposte di motori di ogni tipo, anche se l’investimento principale non è min discussione. “Da oggi al 2035 saranno stanziati 30 miliardi di euro per lo sviluppo della gamma di auto elettrificate. Siamo il quarto gruppo mondiale, la nostra ambizione è quella di primeggiare nella classifica dei grandi costruttori di autoveicoli”. Non si torna più indietro, ma le strade potrebbero essere più di una.
Ora l'auto elettrica fa paura: in Italia 500 aziende a rischioPierluigi Bonora
30 gennaio 2022
https://www.ilgiornale.it/news/economia ... 1643525600Sono tra 450 e 500 le imprese italiane della componentistica (circa 70mila lavoratori) operanti nelle motorizzazioni tradizionali che la svolta verso l'auto elettrica potrebbe costringere alla resa. Tutte aziende che non possono riconvertirsi dall'oggi al domani, per di più in assenza di un piano nazionale predisposto da un governo che, solo a parole fino a ora, sostiene che la sostenibilità ambientale non debba pregiudicare quella sociale. «Nei prossimi mesi, senza interventi decisi e sostanziosi, lo scenario è solo destinato a peggiorare», puntualizza una fonte industriale.
Bosch e i 700 esuberi nella fabbrica di Modugno (Bari) e la pisana Vitesco (750 i lavoratori dichiarati in eccedenza) rappresentano solo la punta dell'iceberg di una situazione ormai incandescente. C'è poi Marelli (550 gli addetti in uscita) che alle difficoltà interne del momento (riorganizzazione in corso; debito pesante da ripagare dopo l'acquisizione che nel 2019 ha portato l'azienda da Fca a CK Holdings; asset in vendita, come quello che produce ammortizzatori e sospensioni) vede unirsi la «tempesta perfetta» tra crisi dei chip, transizione green improvvisata, caro energia e materie prime.
Intanto, si fa sempre più concreta la profezia che Alberto Bombassei, ora presidente onorario di Brembo, ha fatto nel 2019: «Con l'auto elettrica sono a rischio un milione di occupati in Europa». Tutte persone soprattutto impegnate nell'indotto, «visto che i costruttori, tra la realizzazione di Gigafactory (per la produzione di batterie per le auto elettriche) e portando all'interno alcune produzioni, riuscirebbero a gestire meglio il problema», spiega la stessa fonte.
È comunque singolare come l'attenzione sia delle istituzioni sia di Acea, l'associazione europea dei costruttori, sia per lo più focalizzata sulla necessità di accelerare la capillarizzazione delle infrastrutture di ricarica, mentre il tema industriale comincia a prendere corpo solo quando un'azienda dichiara esuberi e fa trasparire licenziamenti.
Massimiliano Salini, eurodeputato di Forza Italia (Ppe), afferma che «la messa al bando dei motori endotermici dal 2035 consegnerà, di fatto, la filiera europea dell'automotive alla dipendenza dalla Cina, che produce l'80% delle batterie mondiali». E precisa: «Anche dando il massimo sostegno ai progetti delle nuove Gigafactory europee, secondo stime della Commissione arriveremmo nel 2035 a coprire in modo autonomo solo il 7% del fabbisogno Ue di batterie. Chiediamo pertanto di procedere con la neutralità tecnologica, includendo nel pacchetto climatico anche gli investimenti nei combustibili alternativi». «È scoppiata alla Bosch di Bari la prima crisi aziendale in Italia causata dal passaggio all'auto elettrica», ha tagliato corto nei giorni scorsi il presidente di Confindustria Puglia, Sergio Fontana.
Stando così le cose aumentano le probabilità che la Fiom-Cgil proclami una manifestazione nazionale di protesta del settore affinché Palazzo Chigi intervenga prima che la situazione degeneri. «È il momento di affrontare le criticità di tutto quanto sta accadendo in un settore tradizionalmente molto forte in Italia, ma che rischia di essere spazzato via da una trasformazione che allo stato attuale non è governata», rincara la dose Roberto Benaglia (Fim-Cisl).
«I rischi a breve termine di una transizione mal gestita o, peggio, non gestita, non possono essere ignorati - interviene Marco Piccitto, senior partner di McKinsey -; raggiungere l'obiettivo delle zero emissioni nette dipenderà dall'impegno di imprese, governi e singoli individui in tutto il mondo. E richiederà un cambio di mentalità a 360°, che comprenda anche il modo in cui ci si prepara ad affrontare le incertezze e i rischi a breve, ad agire in maniera più decisa, facendo fronte comune e utilizzando l'ingegno, oltre ad ampliare gli orizzonti di pianificazione e di investimento». La transizione verso un futuro a emissioni zero, secondo uno studio di McKinsey, se ben gestita potrebbe portare a un saldo positivo di 15 milioni di nuovi occupati entro il 2050. È l'altra faccia della medaglia, ma bisogna creare fin da ora le condizioni.
Nuovo diesel Euro 7 Stellantis: come e dove potrebbe essere utilizzato Quattroruote.it
Andrea Stassano
28 gennaio 2022
https://www.quattroruote.it/news/indust ... 2860632549 In un’epoca in cui si parla prevalentemente di lanci d’inediti modelli a corrente, fa notizia l’annuncio di un nuovo motore diesel omologato Euro 7, italiano, da realizzare nello stabilimento di Pratola Serra (Avellino). A svelarlo è stato il gran capo di Stellantis in persona, Carlos Tavares, in occasione di una visita presso l’impianto campano. Un progetto tecnico che vedrà la luce nel giro di 14-15 mesi e potrebbe aprire tutta una serie di prospettive commerciali inaspettate in quest’era di programmi quasi interamente incentrati sulla propulsione elettrica. Siamo nel campo delle ipotesi, perché non è ancora trapelato nulla di ufficiale da parte di Stellantis circa le opportunità d’impiego di questo Euro 7 sulle auto del gruppo. Ma resta il fatto che il tanto (da alcuni) vituperato diesel, in versione rinnovata e ancora più pulita, può tornare sotto i riflettori e dare il suo contributo alla riduzione delle emissioni nocive, “allungando” così la vita dell’intero comparto “tradizionale”. La notizia qui implica un cambio di strategia non tanto nella pianificazione prodotto, perché questo propulsore è stato evidentemente deliberato tempo fa, quanto nella comunicazione: il diesel può uscire dal limbo, può tornare ad avere un ruolo nell’agenda dei grandi gruppi, senza vergogna e senza censura. Il resto lo dirà il mercato.
Diesel, strada aperta. Detto ciò, cerchiamo di capire qualcosa in più di questo motore a gasolio Euro 7 in arrivo nel corso del 2023. Lo ripetiamo: non è stato ancora confermato ufficialmente il possibile utilizzo di questa unità nel comparto automobilistico del gruppo franco-italiano. Dunque, possiamo solo fare dei ragionamenti, che andranno poi sottoposti alla prova dei fatti. Intanto, però, il progetto c’è, e potrebbe far ben sperare chi, nel frattempo, continua a macinare tanta strada ogni giorno, senza aver trovato sul mercato nessuna alternativa al caro, “vecchio” diesel.
Minori emissioni. Il nuovo “Euro 7” avrà, di base, alcuni punti di convergenza con l’attuale, doppia produzione di Pratola Serra: ci riferiamo ai recentissimi 2.2 a gasolio omologati Euro 6d-Final destinati ai veicoli commerciali e a quelli di analoga cilindrata, ma diversi per struttura e alcuni particolari, in dotazione alle Alfa Romeo Giulia e Stelvio. In comune con tutti questi propulsori, la nuova unità avrebbe alcune caratteristiche di fondo, come il tipo di frazionamento a quattro cilindri, la cubatura di 2.2 litri (anche se leggermente più elevata da quella di oggi: cioè, 2.184 cm3 contro 2.143), mentre le parti in movimento e gli accessori dovrebbero essere nuovi o profondamente evoluti. Una serie di modifiche e un aggiornamento così corposo, da far parlare, sì, di discendenza, come pure di un’unità completamente nuova.
Dal Ducato in avanti. Il motore con cui l’inedito Euro 7 condividerebbe più cose, comunque, dovrebbe essere il recentissimo propulsore a gasolio che equipaggia l’ultima evoluzione del Fiat Ducato: il 2.2 Multijet3, di 2.184 cm3 appunto, che si presenta come un bel passo avanti rispetto al precedente 2.3, continuamente evoluto, ma ormai di origine lontana (Sofim/Fpt). Il 2.2 commerciale viene offerto con diversi livelli di potenza (120, 140, 160 e 180 CV) e alcune soluzioni interessanti, come la doppia iniezione di AdBlue, la valvola Low pressure Egr e il Wcac (Water charge air cooler). Ricordiamolo, questa nuova famiglia di motori a gasolio è dotata di basamento di ghisa, mentre i 2.2 che equipaggiano le Alfa Romeo Giulia e Stelvio presentano quello di alluminio. Insomma, nello stabilimento di Pratola Serra sono già presenti tutti gli “elementi” e il know-how per realizzare, se così sarà deciso, un’unità rinnovata Euro 7 che potrebbe essere destinata anche alle vetture. Forte di misure simili, nel campo delle dimensioni e dell’interasse cilindri, che lo renderebbero “compatibile” alla produzione sulle stesse linee in cui ora vengono assemblati i propulsori del furgone Fiat Ducato e delle vetture Alfa Romeo.
Soluzione ancora valida. Dicevamo del diesel pulito. Lo è già oggi, come non mai, anche perché l’evoluzione di questo tipo di motore non si è mai fermata e il livello di efficienza raggiunto (oltre che di prestazioni) è davvero elevato (sul tema, vi consigliamo il seguente articolo Q Premium). Le Case lo sanno bene e infatti alcune di esse hanno continuato a investire molti denari sui motori a gasolio (nonostante la campagna denigratoria di cui è oggetto e le iniziative di bando alla circolazione di alcune metropoli europee). Senza fare, però, pubblicità alla cosa. Insomma, se fino a oggi le Case hanno sottolineato il loro impegno sul fronte dell’elettrificazione, adesso i riscontri tiepidi del mercato e i prolungati effetti della pandemia sommati a quelli della crisi dei microchip hanno indotto i quartieri generali dell’automotive a rivedere le proprie strategie di comunicazione, troppo incentrate su un’unica strada: il full electric. In un mercato che vedrà, con ogni probabilità, uno slittamento dei piani di diffusione di massa delle vetture a corrente – perché quello delle Bev resta comunque l’obiettivo finale, unico per tutti – non si possono più escludere dal tavolo quelle alimentazioni endotermiche, ulteriormente rinnovate, che il mercato ancora chiede.
Più indizi... Insomma, quello del diesel Euro 7 di Pratola Serra potrebbe essere un segnale forte che si somma ad altri – come quello, per esempio, che viene della Volkswagen sull’utilizzo di carburanti sintetici sui motori TDI di ultima generazione –, indicando una cosa: c’è ancora vita per le motorizzazioni tradizionali, in tante forme. Staremo a vedere. Senza dimenticare una cosa: se si deciderà, per esempio, di destinare questo diesel Euro 7 anche alle vetture del gruppo Stellantis, si confermerà una risposta adeguata a un’esigenza di mercato ancora consistente in Italia e in alcuni Paesi del Vecchio Continente, seppur in forte calo rispetto agli anni d’oro.
Svolta europea: gas e nucleare diventano green. Ma per l'Italia cambierà pocoGian Maria De Francesco
3 gennaio 2022
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1643871122 Gas e nucleare da ieri fanno parte delle fonti energetiche finanziabili dalla Commissione europea nell'ottica della transizione green. L'esecutivo comunitario guidato da Ursula von der Leyen ha, infatti, approvato le modifiche all'atto delegato sulla «sostenibilità» del finanziamento di progetti nel settore energia.
L'inclusione delle due fonti, che sono profondamente avversate dagli ambientalisti, ha scatenato polemiche anche a Bruxelles. Tant'è vero che il passaggio in Commissione non è stato indolore. Nel collegio dei commissari europei un vicepresidente e due commissari hanno votato contro. Si tratta dell'Alto rappresentante e vicepresidente Josep Borrell, spagnolo (S&D), e dei commissari agli Affari regionali Elisa Ferreira (Portogallo, S&D) e al Bilancio, Johannes Hahn (Austria, Ppe). Il Lussemburgo e l'Austria hanno preannunciato nuovi ricorsi alla Corte di Giustizia Ue. Il commissario agli Affari economici, Paolo Gentiloni, ha invece contestato il metodo adottato che, a suo dire, rischierebbe di presentare gas e nucleare come «fonti sostenibili».
In ogni caso, il testo normativo non è più emendabile e l'ultimo scoglio da superare è quello del Parlamento europeo. L'ampia maggioranza che sostiene von der Leyen potrebbe sfaldarsi: gli eurodeputati Pd hanno annunciato voto contrario coerentemente con l'orientamento del gruppo S&D. Il via libera è atteso entro la prossima estate: l'iter legislativo di un atto delegato, infatti, dura quattro mesi che possono essere estesi a un semestre. La Germania, tramite il portavoce del cancelliere Scholz, ha ribadito la propria contrarietà allo schema della tassonomia ma non ha opposto nessun veto in Consiglio (sarebbe stata necessaria la maggioranza di 20 Paesi e del 65% della popolazione). È chiaro che nel medio termine la questione potrebbe creare problemi di consenso a esecutivi di sinistra come quelli di Berlino, Madrid e Lisbona. Per ora, si può dire che abbia vinto la Francia che produce con il nucleare la maggior parte della propria elettricità, mentre l'Italia può far «pesare» sia a Bruxelles che a Parigi l'aver affrontato la materia con senso di responsabilità.
La tassonomia green, purtroppo, è destinata a cambiare poco o nulla per l'Italia. I criteri adottati dalla Commissione per l'ammissibilità del co-finanziamento Ue sono stringenti. In primo luogo, è previsto che il gas naturale rappresenterà il 22% del consumo interno lordo di energia nel 2030 e il 9% nel 2050. Qualsiasi gas naturale nel 2050 dovrà essere ridotto, mentre a quella data rimarrà una quota di nucleare (attualmente al 25%). In secondo luogo, la legge delegata prevede che un progetto di centrale elettrica a metano deve sostituire una centrale elettrica a carbone, emettendo meno di 270 grammi di CO2 per chilowattora (oppure 550 chili di CO2 l'anno per chilowatt installato), ma dal 2030 le emissioni dovranno scendere sotto i 100 grammi per chilowattora prodotto. «La tassonomia verde europea adottata oggi rischia di penalizzare pesantemente il nostro sistema energetico nazionale perché rischia di escludere gli impianti attivi nonché gli investimenti previsti in futuro», ha commentato Utilitalia (che riunisce le aziende energetiche). Idem per il nucleare: ammesso che l'Italia si facesse «illuminare dalla razionalità» sulla via di Damasco, sarebbe necessario avere già il Deposito nazionale per le scorie il cui sito è lungi dall'essere individuato per non scatenare le solite proteste.
In ogni caso, per il centrodestra di governo e di opposizione è stata una buona giornata. «Sosteniamo l'inserimento di gas e nucleare nella tassonomia europea perché può rendere più stabili i Paesi europei, a partire dal nostro che tanto soffre per il caro energia, e anche più autonomi», ha commentato Erica Mazzetti, deputata di Forza Italia in commissione Ambiente. «Avanti con la ricerca. Il progresso e la scienza sono i migliori alleati dell'ambiente», ha sottolineato il sottosegretario alla Transizione ecologica, Vannia Gava (Lega). Soddisfatto anche l'eurodeputato Fdi, Nicola Procaccini, che però ha criticato «l'assenza del governo italiano, in balia delle sinistre, sulla rimozione dei gravi limiti all'estrazione di gas naturale dai nostri giacimenti». M5s «contrasterà questa decisione in tutte le sedi», ha promesso il leader pentastellato Giuseppe Conte. La battaglia, quindi, è appena iniziata.
Auto a benzina, dopo lo stop arriva l’allarme dei produttori: «Impossibile in 13 anni». E il governo studia incentiviGiorgio Ursicino
11 giugno 2022
https://www.ilmessaggero.it/economia/ne ... 45701.htmlPotrebbe sembrare semplice, ma non lo è affatto. Una data o una percentuale, che diventeranno attuali alla metà del prossimo decennio, possono scaldare così tanto gli animi? In fondo, c’è tempo per agire, di prepararsi al meglio. Mancano 13 anni. Gli esperti, però, dicono: niente affatto. Per certe complesse tecnologie e per processi tanto ingarbugliati il lungo “countdown” è insufficiente. Abbiamo chiesto il loro punto di vista a due autentiche autorità del settore. Paolo Scudieri, presidente dell’Anfia e regista di Adler Group, una delle aziende di riferimento nel settore della componentistica, non solo italiana. E Michele Crisci, stesso ruolo nell’Unrae e numero uno di Volvo Italia. Fra i due c’è grande stima reciproca ed una collaborazione costante.
PUNTI DI VISTA DIVERSI
Le posizioni, però, non sono perfettamente allineate, ognuna rappresenta una certa fetta dell’automotive con esigenze diverse. Scudieri rappresenta la filiera dei componenti, anche quelli più raffinati e sofisticati, Crisci i costruttori che le parti base le comprano e sono già un pezzo avanti. Scudieri parla chiaro: «Così come è andata è un mezzo disastro, ma la nostra politica è disposta a lottare fino in fondo. È dalla nostra parte. I tempi sono troppo stretti, la percentuale del 100% nel 2035 una follia. Rischiamo veramente di perdere decine di migliaia di posti di lavoro e di mettere in crisi un comparto determinante per il nostro Pil». Ma 13 anni è tempo adeguato. «No. Non è solo l’Italia in ritardo, è tutta l’Europa che deve recuperare. Certi business li abbiamo lasciati in mano ad alcune zone del pianeta e non è affatto facile risalire la china. Non parlo solo dei motori elettrici e delle Gigafactory, quelle si fanno. Parlo di tutto il processo produttivo, partendo dalla materie prime anche rare. Molti di questi passaggi sono in mano ai cinesi e, accelerando sull’elettrico, gli daremo un bell’assist».
La soluzione? «Serve più tempo e la possibilità di usare altri schemi che rispettino la neutralità tecnologica. Dobbiamo almeno recuperare il tempo perso con la pandemia ed ora con la guerra». Il presidente dei costruttori in Italia è più ottimista: «Mi sembra di lottare contro i mulini a vento. Il dado è tratto. Scudieri ha ragione che ci sono dei rischi per i fornitori di componenti, ma se il nostro paese non fa tutto quello che è necessario. La transizione deve essere accompagnata con impegno e determinazione. Per quello che dicono i costruttori operanti in Europa, temo che nel 2035 non ci saranno più molti acquirenti di componenti per auto termiche. I nostri piani prevedono fra due anni la produzione dell’ultimo diesel, la stessa fine farà dopo poco il benzina. Entro fine decennio anche i plug in che, ora vanno per la maggiore, verranno pensionati. Forse stiamo dando troppa importanza al voto europeo».
Benzina sale ancora, al self a 2,018 euro al litro. Gasolio fino a 1,953 al litro. Possibile proroga taglio accise per tutta l'estate
SVILUPPI FUTURI
Il governo sarebbe già all’opera per individuare incentivi alle imprese che favoriscano la transizione. Cosa servirebbe? «Un piano articolato e a lunga scadenza, abbiamo visto come certi processi vadano guidati in anticipo - ribadisce Crisci - Deve essere aiutata l’industria, non c’è dubbio, ma anche interventi sul mercato potrebbero portare benefici ai protagonisti che non sono solo i costruttori. La nuova mobilità sostenibile va oltre le “zero emission”, porta anche altri risvolti. La commercializzazione cambierà profondamente. Abbiamo un rapporto continuo con l’esecutivo, ci sono ampi margine di intervento. Gli ecobonus possono essere tarati meglio, bisogna allargarli anche alle aziende e non solo alle persone fisiche. Poi c’è la tassazione delle vetture delle società, una detrazione più consona, almeno per quelle che emettono pochi grammi di CO2, potrebbe essere un’ulteriore spinta». Intanto ieri i sindacati hanno chiesto la convocazione di un tavolo urgente al Mise per trattare l’argomento.
Bando delle endotermiche - Scudieri (Anfia): "Colpiti da un macigno, vogliono devastare l'Europa"Industria e Finanza
9 giugno 2022
https://www.quattroruote.it/news/indust ... ropa_.htmlPaolo Scudieri è il proprietario di uno dei principali produttori italiani di componentistica per l'auto (Adler) e ricopre la carica di presidente dell'Anfia, l'associazione che riunisce la filiera automobilistica italiana. Dalla sua posizione ha più volte lanciato allarmi sulle conseguenze del bando delle endotermiche dal 2035 e oggi, all'indomani del via libera del Parlamento europeo, non esita a definire lo stop alla vendita dei motori a combustione "un macigno capace di devastare l'Europa", foriero di pesanti "tensioni sociali". Lo fa in un'intervista a Quattroruote, che riportiamo integralmente.
Innanzitutto, un commento a freddo sul voto dell'Europarlamento.
È un commento a freddo, ma sempre caldo: è qualcosa che ci ha colpito come un macigno. Speravamo di evitarlo, non tanto nella sua importanza, quanto per una questione di tempistiche: dare alle imprese più tempo doveva essere un imperativo assolutamente irrinunciabile; dare una visione più ampia della transizione, quindi comprendendo anche altre tecnologie, era un fattore essenziale sia per la competitività dell'Europa, sia per la democrazia industriale. Tutti questi fattori ci hanno lasciato esterrefatti. Di fatto, si evince una visione estremamente ideologica, demagogica di un qualcosa che è gestito da chi, evidentemente, non conosce nulla di pianificazione e politica industriale. Io sono anche preoccupato del fatto che non si è compresa quanto l'Europa non sia preparata per gestire le fasi a monte delle gigafactory, ossia la capacità estrattiva e mineraria e quella di trasformazione industriale, cioè la chimica usata, dopo l'estrazione, per preparare i minerali e le materie prime per gli accumulatori. Dunque, c'è una visione che tende palesemente a colpire elettori che spero abbiano la saggezza per poter comprendere cosa sia l'utopia e cosa sia la realtà.
Ora partono le trattative tra gli Stati membri. Si aspetta ci siano margini di manovra per un ripensamento? Oppure tutto è ormai deciso?
Io credo che bisogna continuare - e noi lo faremo- a esporre le tesi per cui la strada intrapresa è estremamente pericolosa perché azzera tutta la nostra cultura: è come se chiedessero a noi italiani di cancellare il Rinascimento dalla nostra storia. Non c'è un motivo perchè la transizione sia solo elettrica, è questo quello che contestiamo. Mi sembra un'affezione a lobby che sostengono la tesi dell'elettrico più che a fattori scientifici e industriali.
Ritiene che le conseguenze economiche della guerra in Ucraina possano spingere a più miti consigli durante le trattative?
Noi continueremo a sostenere le nostre posizioni: la guerra ha palesato le dipendenze e le connessioni di un mondo globale che ha bisogno di una pace riconosciuta per poter approvvigionarsi e per consentire alle aziende di collocarsi dove è più opportuno produrre. Cè bisogno anche di recuperare i fattori tecnologici, di cui oggi non disponiamo, per la trasformazione delle materie prime in componenti per le batterie. Ragion per cui la scelta delle istituzioni europee è una corsa in avanti dove non abbiamo capacità industriali e che non tiene neanche conto dell'infrastrutturazione necessaria per far funzionare, con adeguata potenza, le vetture elettriche.
Ieri, tra le altre cose, non è stato approvato il Cbam (Carbon border adjustment mechanism), il meccanismo di dazi volto a proteggere l'industria europea da prodotti non soggetti agli standard comunitari. Secondo lei, la Cina ne approfitterà?
Quando parlo di lobby che spingono, in modo forte e veemente, su alcune posizioni, mi riferisco a componenti della società che tengono in considerazione solo le potenzialità di una parte del mondo e ignora la storia e l'attualità dei mezzi di trasporto, tra cui l'automobile. Quindi, è tutto incanalato verso una dipendenza sproporzionata. Per questo parlo di democrazia industriale. Se si va avanti così, qualcuno deciderà se noi possiamo continuare a produrre auto o se queste debbano essere prodotte esclusivamente in altri luoghi del mondo.
Ci ricorda le vostre stime sulle perdite di posti di lavoro?
Abbiamo dichiarato più volte che il 40% della parte industriale della nostra filiera è direttamente legata alla tecnologia dell'endotermico. Quindi, si tratta di circa 70 mila posti di lavoro. Evidentemente, questi ultimi verranno rimpiazzati dalle nuove tecnologie, ma solo per 6 mila posizioni. Dunque, la perdita è enorme. Non solo. Si determineranno condizioni di precarietà nella società civile, che a sua volta alimenteranno odi sociali, instabilità. Evidentemente, anche questo è un pezzo della strategia: devastare l'Europa nel settore più importante per la sua economia e scatenare tensioni sociali. Ai sindacati, che dovrebbero essere quelli più attenti alle forze del lavoro (e noi lo siamo allo stesso, modo, perché per noi il capitale umano è indispensabile), ricorderò per chi votare e chi è - evidentemente - l'autore di questo disastro.
Il commissario al mercato interno, Thierry Breton, pensa che l'Europa possa mantenere una produzione di motori per esportarli in aree geografiche in ritardo sull'elettrificazione. Si può fare qualcosa del genere? La filiera dovrà convertirsi integralmente all'elettrico o manterrà una piccola produzione tradizionale?
Guardi, si produrranno motori endotermici laddove converrà costruirli. L'Italia è ben posizionata, ma sicuramente le aree del mondo dove l'endotermico continuerà a essere utilizzato saranno quelle che produrranno anche le componenti per l'endotermico. Quindi non vedo assolutamente possibilità per l'Europa di continuare a produrre motori a scoppio. Anzi, i prodotti europei non potranno trovare collocazione sui mercati internazionali. Quindi, noi produrremo solamente per l'Europa e tutte le aziende oggi presenti nel Vecchio continente, a partire dai carmaker, sono evidentemente sovrabbondanti perchè non potranno esportare i propri prodotti e dovranno guardare solo a una lotta interna.
Quindi, la filiera si dovrà per forza convertire? Non ci sono margini di manovra?
Per carità, non c'è proprio nulla. Io inviterò i lavoratori a recarsi per pranzo a casa di Frans Timmermans, il vicepresidente della Commissione europea: li dovrà adottare e dar loro un pasto e un ricovero.