Amazzonia, arrestati 4 volontari Ong accusati di appiccare incendi
27 novembre 2019
https://tg24.sky.it/mondo/2019/11/27/am ... DYRP2i2B0M
Quattro volontari di una Ong che combatte gli incendi nella foresta dell’Amazzonia, in Brasile, sono stati arrestati. L’accusa: aver appiccato roghi ad Alter do Chao, nello Stato del Parà, per ottenere finanziamenti internazionali. A finire nel mirino degli inquirenti è stato il Progetto Salute ed Allegri (Psa), la cui sede è stata perquisita e dove sono stati sequestrati computer e documenti.
L'Ong e la donazione da DiCaprio
Tre dei quattro arrestati sono attivi nella brigata antincendio di Alter do Chao. Un portavoce della polizia ha poi spiegato che gli uomini fermati sono sospettati di aver appiccato i roghi lo scorso settembre (LE IMMAGINI DEGLI INCENDI DALL'ALTO). In base ad alcune intercettazioni telefoniche, la polizia ha inoltre scoperto che la Ong "aveva ottenuto un contratto con il Wwf, al quale hanno venduto 40 immagini per 70 mila reais (circa 15 mila euro)". Non solo: il Wwf ha anche ottenuto per loro donazioni, "come quella dell'attore Leonardo DiCaprio, per 500 mila dollari, per combattere i roghi in Amazzonia".
Direttore respinge le accuse: "Assurde"
Il direttore del Psa, Caetano Scannavino, ha però subito respinto le accuse, bollandole come assurde. "Sembra quasi uno scherzo, una situazione senza senso", ha detto in una conferenza stampa, aggiungendo che "ora manca solo che vadano ad arrestare i volontari che stanno pulendo le chiazze di greggio sulle spiagge".
La sinistra accusa Bolsonaro
Intanto, il caso ha attirato anche l’attenzione del deputato Edmilson Rodrigues, del Partito Socialismo e Libertà (Psol, sinistra) che ha ricordato che il presidente Jair Bolsonaro ha accusato proprio le Ong di essere responsabili degli incendi in Amazzonia. "Questa è chiaramente una montatura, una storia che stanno inventando per dare ragione a Bolsonaro", ha detto, sottolineando che "non si può permettere questa criminalizzazione dei movimenti sociali e delle Ong".
Gino Quarelo
Proprio come gli incendi in Sicilia appiccati dai vigili del fuoco volontari o dalle ditte che hanno interessi nei soccorsi
Incendi: dolosi i roghi alle porte di Palermo
3 agosto 2019
http://www.ansa.it/sicilia/notizie/2019 ... 9ef73.html
Sono dolosi gli incendi che hanno devastato decine di ettari di boschi intorno a Palermo. Quella trascorsa è stata una notte di inferno.
Molti sfollati sono stati accolti nella scuola Antonio Veneziano di Monreale e per fortuna non ci sono stati feriti nel rogo, visibile dal capoluogo siciliano, che ha interessato monte Caputo e contrada Buttafuoco, nel territorio di Monreale, dove ancora stamane i Canadair effettuano lanci per spegnere gli ultimi focolai.
A Palermo le fiamme sono arrivate a ridosso delle abitazioni in contrada Falsomiele e alle pendici delle colline nel quartiere Villagrazia.
In provincia, roghi ad Altofonte Altro incendio ad Altofonte, Cerda (in contrada Rina), Trappeto (contrada Badiellla) e Montelepre (contrada Cippi). Tra Termini Imerese e Trabia sono state evacuate 20 famiglie. Altro rogo a Petralia Sottana, in contrada Sant'Elia. La prefettura ha coordinato gli interventi.
"Gli incendi a Monreale e San Martino delle Scale sono certamente dolosi. Sono stati trovati quattro punti di fuoco distanti tra loro", ha dichiarato Filippo Principato, dirigente generale del Corpo forestale della Regione Sicilia che insieme all'assessore al Territorio Totò Cordaro ha trascorso la notte nei luoghi degli incendi. "E' quanto meno sospetto - aggiunge - che attorno a Palermo, nello stesso momento, siano divampati gli incendi. Alla luce di quanto stiamo accertando, pare possa esserci stata una regia".
"Sessanta ettari di terreno, due case e un numero ancora imprecisato di auto è il primo bilancio dei danni causati dagli incendi che questa notte hanno accerchiato Monreale e che hanno portato allo sgombero temporaneo di 70 persone, le quali, in parte, sono già rientrate nelle proprie abitazioni. Mentre sono ancora in corso di accertamento i danni riportati dal patrimonio boschivo, che ha colpito in modo rilevante la zona di Monte Caputo", afferma l'assessore regionale all'Ambiente, Salvatore Cordaro.
Identikit di chi dà fuoco e scappa incendiando l'Italia
I piromani sono tra noi ma è difficile scoprirli. Cosa li spinge a bruciare i boschi? Non le ragioni che immaginereste. Ogni estate rispuntano. E restano impuniti
di Raffaele Oriani
11 luglio 2017
https://www.repubblica.it/venerdi/artic ... 170512008/
Il comandante dei vigili urbani di Falciano del Massico è lapidario: «Lavoro qui da 39 anni, incendi ce ne sono sempre stati, indagini non ne ho mai viste». La prima affermazione ha il pregio delle verità lapalissiane, la seconda il limite dei giudizi esasperati. Perché proprio in questo paese collinare in provincia di Caserta nel 2015 un’indagine ha incastrato l’ennesimo incendiario: nel video del Corpo forestale dello Stato si nota un uomo massiccio accostare a bordo strada, scendere dalla 500, guardarsi attorno e gettare a terra una cartina in fiamme. È luglio, non piove da settimane, la temperatura sfiora i 40 gradi e al fuoco bastano pochi secondi per farsi largo tra le erbacce.
Nascono così gran parte delle migliaia di incendi che ogni anno devastano le aree verdi del nostro Paese. Prima di essere domato con l’aiuto di un elicottero e due Canadair, il rogo di Falciano riuscirà a divorare 25 ettari di bosco: due anni dopo il colpevole ha fatto in tempo a tornare dietro il bancone del suo bar e a farsi riarrestare dalla polizia. E sì che gli incendi boschivi sono tra i pochi crimini ambientali che non hanno atteso la storica legge sugli ecoreati del 2015 per generare indagini, processi, condanne. Ma le pene sono miti, e guardando i tanti filmati di piromani colti sul fatto sembra quasi impossibile il contrario: c’è la signora che appoggia goffamente una candela nell’erba, il braccio che sbuca dal finestrino lanciando una carta accesa, il vecchio che lavora di accendino e poi sgambetta veloce per non farsi raggiungere dalle fiamme. Sono piccoli gesti, povera gente, che nascondono grandi crimini e banditi impenitenti: secondo il Rapporto Ecomafie di Legambiente anche l’anno scorso in Italia sono andati in fumo 27 mila ettari di bosco, qualcosa come i comuni di Milano e Brescia spariti interamente tra le fiamme.
Per anni gli incendi boschivi sono stati attribuiti all’appetito della speculazione edilizia, che appiccando il fuoco si libererebbe di insormontabili ostacoli naturali. Da tempo non è più così: «La legge del 2000 che per quindici anni blocca la destinazione d’uso delle superfici bruciate, ha funzionato» assicura il colonnello Marco Di Fonzo, a capo del Nucleo investigativo antincendio del Corpo forestale, ora confluito nei Carabinieri. «Stando alle nostre indagini il movente della speculazione edilizia semplicemente non esiste». Anche Fabrizio Madeddu a capo dell’unità di vigilanza cagliaritana del Corpo forestale sardo esclude l’interesse dei palazzinari: «Chi specula sul territorio ha bisogno di buoni avvocati, non di incendi». Ma allora, chi sono i piromani? Il comune di Villapiana è uno dei tanti centri calabresi tormentati dalle fiamme: «Da noi vanno in fumo almeno cinque ettari di pineta all’anno» si lamenta il sindaco Paolo Montalti. Per capire chi riduce il verde in cenere, a Villapiana hanno preso un provvedimento drastico: con delibera del 5 agosto 2015 la giunta comunale ha promesso un “premio civico” di tremila euro (ebbene sì, una taglia) “a chi favorirà l’individuazione dei responsabili degli incendi dolosi su aree boschive di proprietà comunale”. Risultato: «Nulla, l’omertà civica ha avuto la meglio anche sul bisogno» ammette Montalti. Senza segnalazioni e senza prove, al sindaco non resta che tenere a freno la bile e sospettare di chiunque: «Sono convinto che tra i volontari più solerti nello spegnere i roghi si nasconda almeno un incendiario».
I piromani purtroppo hanno vita facile, non solo a Villapiana. Secondo Legambiente nel 2016 in tutta Italia ci sono stati 4.635 incendi, ma solo 322 persone denunciate e 14 arrestate per lo stesso reato. Come si spiega quest’incredibile sproporzione tra peccati e peccatori? «A differenza di una rapina in banca, nei boschi la scena del crimine è sempre immensa e difficilissima da analizzare» spiega il colonnello Di Fonzo. Bisogna lavorare di intelligence, raccogliere le rare voci che circolano nei paesi, monitorare le vie d’accesso ai boschi e sperare che tra gli undici milioni di ettari di foreste che ricoprono la penisola, l’incendiario scelga di dare fuoco proprio al cespuglio inquadrato dalla fototrappola del Corpo forestale. Eppure accade: «Ma sono indagini, non coincidenze» precisa Di Fonzo.
La metà degli arresti del 2016 sono stati effettuati dai forestali sardi: «Si è trattato perlopiù di incendiari seriali» spiega il commissario Madeddu. «Il che da un lato complica le indagini perché impedisce di lavorare su moventi puntuali, dall’altro le facilita perché chi persevera prima o poi fa un errore che lo incastra». Il 40 per cento degli incendi italiani sono colposi: c’è chi brucia sfalci e perde il controllo delle fiamme, chi griglia salsicce e finisce per arrostire alberi interi. Del restante 60 per cento una minima parte è ascrivibile a patologia psichica, il grosso a un incredibile mix di astio personale, liti di vicinato, puro teppismo o deliranti pratiche agricole o venatorie. A seconda delle regioni, prevale chi appicca il fuoco per stanare i cinghiali, chi si vendica del vicino bruciandogli il pascolo, chi incenerisce il campo per favorire la ricrescita degli asparagi selvatici (capita!), chi dà alle fiamme il mondo per poter correre a spegnerlo.
Quello degli incendiari è un universo parallelo, che perlopiù si carica di rancori, reazioni e obiettivi paurosamente anacronistici. In tempi di turbocapitalismo non c’è insomma ritorno economico che tenga: «Dopo due anni di indagini, lo scorso agosto a Uras, in provincia di Oristano, abbiamo arrestato un pensionato responsabile di almeno venticinque incendi per centinaia di ettari di vegetazione» racconta Madeddu. Il vecchio passava le giornate nei campi, ed è ricorso all’accendino anche solo per punire chi, a male parole, gli aveva impedito di rubacchiare angurie. Ma un delirio del genere può ancora chiamarsi movente? Eppure non è un caso isolato: qualche anno fa, sul lungomare di Quartu, una coppia provocò 125 incendi in tre giorni per puro vandalismo, mentre a Capoterra, sempre in provincia di Cagliari, padre e figlio nel 2015 hanno confessato almeno quindici incendi appiccati con ordigni rudimentali a base di sigarette, cerini e zampironi. Le ragioni? «Nessuna» ammette Madeddu. «Sappiamo solo che erano disoccupati, e che il padre frequentava un’associazione di volontari antincendio». Volontario appunto: bruciava e spegneva per il puro piacere di farlo.
A seconda delle annate, gli incendi sono un problema, una tragedia o una catastrofe. Il 2012 è stato pesantissimo, il 2015 difficile, il 2016 nella norma, quest’anno i segnali non sono incoraggianti. Estate dopo estate, e canicola dopo canicola, un Paese intero teme quindi l’innesco tra moventi minimi, azioni da nulla e danni colossali. Questo quasi ovunque. Perché poi c’è la Sicilia, dove lo scorso anno decine di operai forestali sono stati licenziati proprio perché pregiudicati per incendio doloso. E dove le cause dei roghi sono spesso brutalmente all’altezza delle distruzioni che provocano: «Nel 2016 abbiamo subito un vero e proprio attacco da parte della criminalità organizzata, che così reagisce alla nostra volontà di restituire la terra agli onesti» spiega Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi che lo scorso 17 maggio è miracolosamente scampato a un attentato mafioso. A volerlo morto è la mafia dei campi e dei fondi europei, che dopo decenni di bengodi è stata messa all’angolo dal protocollo di legalità ideato dallo stesso Antoci e firmato da tutte le prefetture regionali: «Fino al 2015 gli affitti di terre demaniali prevedevano il certificato antimafia solo per canoni superiori ai 150 mila euro annui» spiega Antoci. «Ora la soglia è stata portata a zero, cacciando dal mercato tutti gli operatori in odore di mafia».
Al cronista stupito da tanto interesse malavitoso per qualche ettaro di terra, Antoci risponde con un dato: «Solo in Sicilia i contributi europei all’agricoltura valgono cinque miliardi di euro, spesso destinati a campi in cui non pascola e non cresce assolutamente nulla». Per questo lo vogliono morto, e per questo la Sicilia deve bruciare: «I boschi vanno a fuoco per ritorsione e intimidazione» continua Antoci. «Certo, c’è chi parla di autocombustione, ma il 16 giugno 2016 in tutta l’isola abbiamo avuto oltre 500 focolai d’incendio: le sembra possibile che fossero tutti dovuti allo scirocco?». E alla domanda (retorica) il presidente Antoci aggiunge una previsione inquietante: «Il nostro protocollo di legalità sta per diventare legge nazionale, questa battaglia andrà combattuta in tutta Italia». Il servizio antincendio nazionale dispone di sedici Canadair, venti elicotteri e seimila carabinieri forestali; i comandi regionali di altri 48 mezzi aerei e dei cinque corpi forestali delle regioni a statuto speciale. È un piccolo esercito: si è fatto le ossa con l’odio immotivato, saprà affrontare la rabbia dei mafiosi.