Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » gio nov 28, 2019 8:05 am

Amazzonia, arrestati 4 volontari Ong accusati di appiccare incendi
27 novembre 2019

https://tg24.sky.it/mondo/2019/11/27/am ... DYRP2i2B0M

Quattro volontari di una Ong che combatte gli incendi nella foresta dell’Amazzonia, in Brasile, sono stati arrestati. L’accusa: aver appiccato roghi ad Alter do Chao, nello Stato del Parà, per ottenere finanziamenti internazionali. A finire nel mirino degli inquirenti è stato il Progetto Salute ed Allegri (Psa), la cui sede è stata perquisita e dove sono stati sequestrati computer e documenti.

L'Ong e la donazione da DiCaprio

Tre dei quattro arrestati sono attivi nella brigata antincendio di Alter do Chao. Un portavoce della polizia ha poi spiegato che gli uomini fermati sono sospettati di aver appiccato i roghi lo scorso settembre (LE IMMAGINI DEGLI INCENDI DALL'ALTO). In base ad alcune intercettazioni telefoniche, la polizia ha inoltre scoperto che la Ong "aveva ottenuto un contratto con il Wwf, al quale hanno venduto 40 immagini per 70 mila reais (circa 15 mila euro)". Non solo: il Wwf ha anche ottenuto per loro donazioni, "come quella dell'attore Leonardo DiCaprio, per 500 mila dollari, per combattere i roghi in Amazzonia".

Direttore respinge le accuse: "Assurde"

Il direttore del Psa, Caetano Scannavino, ha però subito respinto le accuse, bollandole come assurde. "Sembra quasi uno scherzo, una situazione senza senso", ha detto in una conferenza stampa, aggiungendo che "ora manca solo che vadano ad arrestare i volontari che stanno pulendo le chiazze di greggio sulle spiagge".

La sinistra accusa Bolsonaro

Intanto, il caso ha attirato anche l’attenzione del deputato Edmilson Rodrigues, del Partito Socialismo e Libertà (Psol, sinistra) che ha ricordato che il presidente Jair Bolsonaro ha accusato proprio le Ong di essere responsabili degli incendi in Amazzonia. "Questa è chiaramente una montatura, una storia che stanno inventando per dare ragione a Bolsonaro", ha detto, sottolineando che "non si può permettere questa criminalizzazione dei movimenti sociali e delle Ong".


Gino Quarelo
Proprio come gli incendi in Sicilia appiccati dai vigili del fuoco volontari o dalle ditte che hanno interessi nei soccorsi


Incendi: dolosi i roghi alle porte di Palermo
3 agosto 2019

http://www.ansa.it/sicilia/notizie/2019 ... 9ef73.html


Sono dolosi gli incendi che hanno devastato decine di ettari di boschi intorno a Palermo. Quella trascorsa è stata una notte di inferno.

Molti sfollati sono stati accolti nella scuola Antonio Veneziano di Monreale e per fortuna non ci sono stati feriti nel rogo, visibile dal capoluogo siciliano, che ha interessato monte Caputo e contrada Buttafuoco, nel territorio di Monreale, dove ancora stamane i Canadair effettuano lanci per spegnere gli ultimi focolai.

A Palermo le fiamme sono arrivate a ridosso delle abitazioni in contrada Falsomiele e alle pendici delle colline nel quartiere Villagrazia.

In provincia, roghi ad Altofonte Altro incendio ad Altofonte, Cerda (in contrada Rina), Trappeto (contrada Badiellla) e Montelepre (contrada Cippi). Tra Termini Imerese e Trabia sono state evacuate 20 famiglie. Altro rogo a Petralia Sottana, in contrada Sant'Elia. La prefettura ha coordinato gli interventi.

"Gli incendi a Monreale e San Martino delle Scale sono certamente dolosi. Sono stati trovati quattro punti di fuoco distanti tra loro", ha dichiarato Filippo Principato, dirigente generale del Corpo forestale della Regione Sicilia che insieme all'assessore al Territorio Totò Cordaro ha trascorso la notte nei luoghi degli incendi. "E' quanto meno sospetto - aggiunge - che attorno a Palermo, nello stesso momento, siano divampati gli incendi. Alla luce di quanto stiamo accertando, pare possa esserci stata una regia".

"Sessanta ettari di terreno, due case e un numero ancora imprecisato di auto è il primo bilancio dei danni causati dagli incendi che questa notte hanno accerchiato Monreale e che hanno portato allo sgombero temporaneo di 70 persone, le quali, in parte, sono già rientrate nelle proprie abitazioni. Mentre sono ancora in corso di accertamento i danni riportati dal patrimonio boschivo, che ha colpito in modo rilevante la zona di Monte Caputo", afferma l'assessore regionale all'Ambiente, Salvatore Cordaro.



Identikit di chi dà fuoco e scappa incendiando l'Italia
I piromani sono tra noi ma è difficile scoprirli. Cosa li spinge a bruciare i boschi? Non le ragioni che immaginereste. Ogni estate rispuntano. E restano impuniti
di Raffaele Oriani
11 luglio 2017

https://www.repubblica.it/venerdi/artic ... 170512008/

Il comandante dei vigili urbani di Falciano del Massico è lapidario: «Lavoro qui da 39 anni, incendi ce ne sono sempre stati, indagini non ne ho mai viste». La prima affermazione ha il pregio delle verità lapalissiane, la seconda il limite dei giudizi esasperati. Perché proprio in questo paese collinare in provincia di Caserta nel 2015 un’indagine ha incastrato l’ennesimo incendiario: nel video del Corpo forestale dello Stato si nota un uomo massiccio accostare a bordo strada, scendere dalla 500, guardarsi attorno e gettare a terra una cartina in fiamme. È luglio, non piove da settimane, la temperatura sfiora i 40 gradi e al fuoco bastano pochi secondi per farsi largo tra le erbacce.

Nascono così gran parte delle migliaia di incendi che ogni anno devastano le aree verdi del nostro Paese. Prima di essere domato con l’aiuto di un elicottero e due Canadair, il rogo di Falciano riuscirà a divorare 25 ettari di bosco: due anni dopo il colpevole ha fatto in tempo a tornare dietro il bancone del suo bar e a farsi riarrestare dalla polizia. E sì che gli incendi boschivi sono tra i pochi crimini ambientali che non hanno atteso la storica legge sugli ecoreati del 2015 per generare indagini, processi, condanne. Ma le pene sono miti, e guardando i tanti filmati di piromani colti sul fatto sembra quasi impossibile il contrario: c’è la signora che appoggia goffamente una candela nell’erba, il braccio che sbuca dal finestrino lanciando una carta accesa, il vecchio che lavora di accendino e poi sgambetta veloce per non farsi raggiungere dalle fiamme. Sono piccoli gesti, povera gente, che nascondono grandi crimini e banditi impenitenti: secondo il Rapporto Ecomafie di Legambiente anche l’anno scorso in Italia sono andati in fumo 27 mila ettari di bosco, qualcosa come i comuni di Milano e Brescia spariti interamente tra le fiamme.

Per anni gli incendi boschivi sono stati attribuiti all’appetito della speculazione edilizia, che appiccando il fuoco si libererebbe di insormontabili ostacoli naturali. Da tempo non è più così: «La legge del 2000 che per quindici anni blocca la destinazione d’uso delle superfici bruciate, ha funzionato» assicura il colonnello Marco Di Fonzo, a capo del Nucleo investigativo antincendio del Corpo forestale, ora confluito nei Carabinieri. «Stando alle nostre indagini il movente della speculazione edilizia semplicemente non esiste». Anche Fabrizio Madeddu a capo dell’unità di vigilanza cagliaritana del Corpo forestale sardo esclude l’interesse dei palazzinari: «Chi specula sul territorio ha bisogno di buoni avvocati, non di incendi». Ma allora, chi sono i piromani? Il comune di Villapiana è uno dei tanti centri calabresi tormentati dalle fiamme: «Da noi vanno in fumo almeno cinque ettari di pineta all’anno» si lamenta il sindaco Paolo Montalti. Per capire chi riduce il verde in cenere, a Villapiana hanno preso un provvedimento drastico: con delibera del 5 agosto 2015 la giunta comunale ha promesso un “premio civico” di tremila euro (ebbene sì, una taglia) “a chi favorirà l’individuazione dei responsabili degli incendi dolosi su aree boschive di proprietà comunale”. Risultato: «Nulla, l’omertà civica ha avuto la meglio anche sul bisogno» ammette Montalti. Senza segnalazioni e senza prove, al sindaco non resta che tenere a freno la bile e sospettare di chiunque: «Sono convinto che tra i volontari più solerti nello spegnere i roghi si nasconda almeno un incendiario».

I piromani purtroppo hanno vita facile, non solo a Villapiana. Secondo Legambiente nel 2016 in tutta Italia ci sono stati 4.635 incendi, ma solo 322 persone denunciate e 14 arrestate per lo stesso reato. Come si spiega quest’incredibile sproporzione tra peccati e peccatori? «A differenza di una rapina in banca, nei boschi la scena del crimine è sempre immensa e difficilissima da analizzare» spiega il colonnello Di Fonzo. Bisogna lavorare di intelligence, raccogliere le rare voci che circolano nei paesi, monitorare le vie d’accesso ai boschi e sperare che tra gli undici milioni di ettari di foreste che ricoprono la penisola, l’incendiario scelga di dare fuoco proprio al cespuglio inquadrato dalla fototrappola del Corpo forestale. Eppure accade: «Ma sono indagini, non coincidenze» precisa Di Fonzo.

La metà degli arresti del 2016 sono stati effettuati dai forestali sardi: «Si è trattato perlopiù di incendiari seriali» spiega il commissario Madeddu. «Il che da un lato complica le indagini perché impedisce di lavorare su moventi puntuali, dall’altro le facilita perché chi persevera prima o poi fa un errore che lo incastra». Il 40 per cento degli incendi italiani sono colposi: c’è chi brucia sfalci e perde il controllo delle fiamme, chi griglia salsicce e finisce per arrostire alberi interi. Del restante 60 per cento una minima parte è ascrivibile a patologia psichica, il grosso a un incredibile mix di astio personale, liti di vicinato, puro teppismo o deliranti pratiche agricole o venatorie. A seconda delle regioni, prevale chi appicca il fuoco per stanare i cinghiali, chi si vendica del vicino bruciandogli il pascolo, chi incenerisce il campo per favorire la ricrescita degli asparagi selvatici (capita!), chi dà alle fiamme il mondo per poter correre a spegnerlo.

Quello degli incendiari è un universo parallelo, che perlopiù si carica di rancori, reazioni e obiettivi paurosamente anacronistici. In tempi di turbocapitalismo non c’è insomma ritorno economico che tenga: «Dopo due anni di indagini, lo scorso agosto a Uras, in provincia di Oristano, abbiamo arrestato un pensionato responsabile di almeno venticinque incendi per centinaia di ettari di vegetazione» racconta Madeddu. Il vecchio passava le giornate nei campi, ed è ricorso all’accendino anche solo per punire chi, a male parole, gli aveva impedito di rubacchiare angurie. Ma un delirio del genere può ancora chiamarsi movente? Eppure non è un caso isolato: qualche anno fa, sul lungomare di Quartu, una coppia provocò 125 incendi in tre giorni per puro vandalismo, mentre a Capoterra, sempre in provincia di Cagliari, padre e figlio nel 2015 hanno confessato almeno quindici incendi appiccati con ordigni rudimentali a base di sigarette, cerini e zampironi. Le ragioni? «Nessuna» ammette Madeddu. «Sappiamo solo che erano disoccupati, e che il padre frequentava un’associazione di volontari antincendio». Volontario appunto: bruciava e spegneva per il puro piacere di farlo.

A seconda delle annate, gli incendi sono un problema, una tragedia o una catastrofe. Il 2012 è stato pesantissimo, il 2015 difficile, il 2016 nella norma, quest’anno i segnali non sono incoraggianti. Estate dopo estate, e canicola dopo canicola, un Paese intero teme quindi l’innesco tra moventi minimi, azioni da nulla e danni colossali. Questo quasi ovunque. Perché poi c’è la Sicilia, dove lo scorso anno decine di operai forestali sono stati licenziati proprio perché pregiudicati per incendio doloso. E dove le cause dei roghi sono spesso brutalmente all’altezza delle distruzioni che provocano: «Nel 2016 abbiamo subito un vero e proprio attacco da parte della criminalità organizzata, che così reagisce alla nostra volontà di restituire la terra agli onesti» spiega Giuseppe Antoci, presidente del Parco dei Nebrodi che lo scorso 17 maggio è miracolosamente scampato a un attentato mafioso. A volerlo morto è la mafia dei campi e dei fondi europei, che dopo decenni di bengodi è stata messa all’angolo dal protocollo di legalità ideato dallo stesso Antoci e firmato da tutte le prefetture regionali: «Fino al 2015 gli affitti di terre demaniali prevedevano il certificato antimafia solo per canoni superiori ai 150 mila euro annui» spiega Antoci. «Ora la soglia è stata portata a zero, cacciando dal mercato tutti gli operatori in odore di mafia».

Al cronista stupito da tanto interesse malavitoso per qualche ettaro di terra, Antoci risponde con un dato: «Solo in Sicilia i contributi europei all’agricoltura valgono cinque miliardi di euro, spesso destinati a campi in cui non pascola e non cresce assolutamente nulla». Per questo lo vogliono morto, e per questo la Sicilia deve bruciare: «I boschi vanno a fuoco per ritorsione e intimidazione» continua Antoci. «Certo, c’è chi parla di autocombustione, ma il 16 giugno 2016 in tutta l’isola abbiamo avuto oltre 500 focolai d’incendio: le sembra possibile che fossero tutti dovuti allo scirocco?». E alla domanda (retorica) il presidente Antoci aggiunge una previsione inquietante: «Il nostro protocollo di legalità sta per diventare legge nazionale, questa battaglia andrà combattuta in tutta Italia». Il servizio antincendio nazionale dispone di sedici Canadair, venti elicotteri e seimila carabinieri forestali; i comandi regionali di altri 48 mezzi aerei e dei cinque corpi forestali delle regioni a statuto speciale. È un piccolo esercito: si è fatto le ossa con l’odio immotivato, saprà affrontare la rabbia dei mafiosi.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » lun dic 16, 2019 4:16 am

Criminale ipocrisia dalla COP25, fallimento senza precedenti
Angelo Bonelli
14 dicembre 2019

https://www.europaverde.it/2019/12/14/c ... d8O0u2zi8E


È con profonda delusione e immensa rabbia che siamo costretti a commentare le notizie che giungono dalla COP25 di Madrid. A dir poco inaccettabile, se non scandalosa, la bozza del documento finale proposta dai Governi dopo oltre due settimane di trattative. Quella che doveva rappresentare la Conferenza più ambiziosa di sempre, come l’emergenza richiedeva, si sta trasformando nell’ennesima drammatica lezione di criminale ipocrisia

I ragazzi, le comunità più vulnerabili e la totalità della società civile avevano chiesto a gran voce un impegno serio ma le promesse sono state ancora una volta tradite. La lotta al cambiamento climatico per molti governi è diventata una pratica di Greenwashing o di marketing politico. Un modus operandi che, ahinoi, ha fatto scuola anche nel nostro Paese, che infatti si è dotato di un Piano Clima, approvato da Conte e Costa, bocciato da Bruxelles e che non rispetta gli accordi su riduzione di CO2 e sugli obiettivi di aumento di energie rinnovabili. Nessuno dei grandi Paesi emettitori (Usa, Cina, Brasile, Canada) è stato in grado di garantire piani aggiornati per rimanere entro i +1,5 °C di riscaldamento. In questo modo gli accordi Parigi non verranno mai rispettati.

La distanza tra l’urgenza dettata dagli scienziati e ciò che è emerso da questa COP25 sancisce un fallimento senza precedenti che mette a rischio il futuro del nostro Pianeta.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » dom gen 05, 2020 2:11 pm

L'Australia è in ginocchio: almeno 23 morti in roghi
Francesca Bernasconi - Dom, 05/01/2020

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/lau ... yD-r-2X2j0

Per fronteggiare l'emergenza, le autorità hanno richiamato in servizio oltre 3mila militari riservisti. Migliaia le persone evacuate e numerose le spiecie a richio

L'Australia continua a bruciare. E, per cercare di contrastare l'emergenza incendi, che prosegue ininterrottamente da inizio settembre, le autorità hanno richiamato in servizio i 3mila militari riservisti.

Da settembre, i roghi hanno già causato 23 morti, la distruzione di 1.500 case e l'annientamento di un territorio grande due volte il Belgio. Solamente considerando il lasso di tempo dal 20 dicembre ad oggi, le fiamme hanno distrutto 100mila ettari di foresta, la maggior parte della quale rientra nel parco nazionale Flinders Chase, che ospita 60mila canguri, 50mila koala e diversi esemplari di altre specie in via di estinzione.

Nei mesi scorsi, avevano fatto il giro del mondo il video del koala, salvato dalle fiamme da una donna, che lo aveva coperto con la sua maglietta. Sono numerosi i koala morti nei roghi e oltre 100 quelli feriti, che sono stati sottoposti alle cure dei veterinari, come alcuni piccoli esemplari, rimasti orfani e salvati nella zona di Adelaide Hills, le cui immagini stanno facendo il giro del web (guarda il video).

La situazione non sembra accennare a un miglioramento, dato che le temperature dell'estate australiana sono sempre più torride e continuano a superare i 40 gradi, con punte di 48,9 gradi alla periferia di Sydney. Inoltre, i forti venti non fanno altro che alimentare il fuoco, rendendo ancora più difficile il lavoro dei vigili del fuoco. Le fiamme sono così intense da aver colorato il cielo di arancione intenso o di giallo, in alcune parti del Paese.

Le persone costrette ad evacuare sono oltre 100mila, in tre Stati, e il governo ha disposto che la nave da guerra Adelaide collabori alle operazioni e che le basi militari ospitino gli sfollati. Le autorità, inoltre, hanno richiamato in servizio oltre 3mila riservisti. Ad annunciare la più grande mobilitazione del dopoguerra è stato il primo ministro Scott Morrison, che ha spiegato: "Stiamo pagando un alto prezzo". Inoltre, il governo ha stanziato 20 milioni di dollari australiani (12,4 milioni di euro) per comprare 4 aerei per lo spegnimento degli incendi.

Il premier è sotto accusa per il ritardo nella risposta agli incendi e per il poco impegno nel contrastare i cambiamenti climarici. Intanto, le temperature non sembrano accennare a diminuire e anche nei prossimi giorni è previsto caldo torrido e vento forte. Agi riferisce che nello Stato di Victoria sono stati segnalati 73 nuovi incendi, che si sommano a quelli dei giorni scorsi. La parte più colpita è quella al confine con il New South Wales, dove 3mila pompieri sono alle prese con 150 roghi. Le immagini della devastazione disegnano uno scenario quasi apocalittico.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mer gen 29, 2020 4:36 pm

Riscaldamento climatico, il geologo Uberto Crescenti: "L'Onu manipola i dati, ma è vietato dirlo"
28 Gennaio 2020
di Pietro Senaldi

https://www.liberoquotidiano.it/news/pe ... FpIZUUmzgw

L' anno scorso 15 professori universitari italiani hanno sottoscritto una petizione che invitava a non cadere nella trappola dei deliri ambientalisti, in base ai quali il surriscaldamento del pianeta dipenderebbe soprattutto dall' inquinamento creato dall' uomo. In pochi mesi la petizione ha raccolto oltre ottocento adesioni di scienziati di 18 Paesi. Essa è stata inviata al Quirinale, al governo e al Vaticano, ma nessuno ha voluto ricevere i suoi autori. La politica preferisce parlare di ambiente con Greta, che non va più neppure a scuola e si atteggia da santona, piuttosto che con chi da decenni studia il clima. E poi magari a Roma c' è chi ha il coraggio di dire che investiamo poco nell' Istruzione.

Abbiamo parlato con tre professori firmatari della petizione. Il geologo Uberto Crescenti, già magnifico rettore a Chieti e Pescara, il climatologo Nicola Scafetta, dell' Università di Napoli, e Francesco Battaglia, chimico dell' Università di Modena.
Sono da anni impegnati a riportare il dibattito sull' ambiente su un piano scientifico, libero dalle isterie di massa sollecitate da alta finanza e multinazionali, che cavalcano il tema del surriscaldamento del pianeta per monetizzarlo.

Lo schema è chiaro: diffondere il panico sul cambiamento climatico, legarlo all' azione umana con studi finanziati allo scopo, far delegittimare dai media gli scienziati che la pensano diversamente e poi cavalcare i timori del popolo bue, facendoci affari sopra e mettendogli le mani in tasca.


Professor Crescenti, perché ha firmato la petizione contro il catastrofismo ambientale?
«Negli ultimi decenni i mass media in tema di clima hanno dato ampio risalto alle opinioni dei catastrofisti, secondo i quali il mondo è destinato alla distruzione se non si attueranno politiche per limitare l' aumento della temperatura terrestre.
Nel 1999 la Repubblica titolava che a causa del surriscaldamento il nostro pianeta aveva dieci anni di vita. Ebbene, siamo ancora qui».

Eppure il catastrofismo ha molti seguaci. Perché?
«Lo ha spiegato l' economista Enzo Gerelli: è freudiano, la gente crede al catastrofismo perché l' idea cementa e produce solidarietà».

A lei invece agita?
«I catastrofisti sostengono che l' aumento della temperatura vada limitato al massimo a due gradi, per evitare l' immane catastrofe, ma in passato ci sono state fasi più calde dell' attuale senza che si sia verificata la fine del mondo. Centomila anni fa in Inghilterra vivevano ippopotami, elefanti, leoni e scimmie. Nel Medioevo la temperatura era superiore di almeno 2-3 gradi rispetto a oggi. Questi dati storici sono sistematicamente ignorati dai catastrofisti».

Da cosa è causato il riscaldamento del pianeta?
«Non si hanno dati certi. Il sole è la causa principale mentre non lo è la anidride carbonica. Non c' è correlazione tra l' aumento di questo gas nell' atmosfera causato dall' uomo e la variazione di temperatura».

Il catastrofismo però ha tra i suoi adepti anche molti scienziati. Perché?
«L' economia verde è un business mondiale. L' alta finanza ci ha scommesso e se sei un ricercatore allineato ottieni finanziamenti, altrimenti è difficile anche diffondere le tue opinioni. Gli ambientalisti cercano di impedire i nostri congressi. A volte ci è voluta perfino la polizia per allontanarli».


Sono accuse pesanti...
«Legga il libro di Mario Giaccio "Climatismo, una nuova ideologia", è essenziale per capire gli enormi interessi che ruotano attorno al cambiamento climatico».

Come è stata accolta la vostra petizione?
«Nel mondo ci sono ottocento scienziati che l' hanno sottoscritta ed è diventata la Petizione dell' Europa sul Clima dal titolo: "Non c' è emergenza climatica". L' abbiamo indirizzata pure al Quirinale e a vari ministri».

Avete avuto risposta?
«Solo il Colle ha risposto, dicendo che per i troppi impegni non poteva riceverci. Non ho potuto fare a meno di replicare che il presidente aveva avuto il tempo per incontrare Greta, non esperta di clima, mentre non trovava il tempo di ricevere professori universitari».

Che morale ne trae?
«Non si tiene conto della scienza ma di iniziative legate a ideologie senza fondamenti scientifici. Suggestioni e politica pesano più di dati e statistiche. Si vuol far credere che il 99% degli scienziati attribuiscono all' uomo la responsabilità del cambiamento climatico, ma in realtà non sono più del 40%».

Davvero?
«È stato provato che ricercatori collegati all' Onu taroccavano i dati per renderli utili alle loro idee. Il Climagate è stato lo scandalo scientifico più grave del secolo».
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » lun feb 17, 2020 10:19 am

Dall'auto elettrica all'eolico, tutte le fisse ambientaliste che non sono poi così eco-friendly ma costosissime
Atlantico Quotidiano
17 Feb 2020
http://www.atlanticoquotidiano.it/quoti ... 6N5sUxS8r0


Nell’ultimo libro di Nicola Porro, “Le tasse invisibili”, c’è un capitolo intitolato “L’ipocrisia delle tasse sull’ambiente”. Spiega come si è arrivati a imporre, facendole persino approvare come buone e lodevoli, le “tasse ambientali”, quelle introdotte per ridurre le emissioni di gas serra, CO2 e CH4. Con i suoi dissennati comportamenti, l’uomo sta trasformando la Terra in un pianeta rovente, dicono i movimenti ambientalisti. È tempo che rimedi anche a costo di sacrifici e rinunce, avviando una transizione ecologica, verso fonti di energia “green”. L’Europa ha un piano di investimenti da adesso al 2030 per circa mille miliardi di euro, un Green New Deal a scapito di altri progetti che graverà sulle tasche dei contribuenti. La riduzione del CO2, spiega Nicola Porro, costerà agli italiani non meno di 240 miliardi.

Invano migliaia di scienziati avvertono che il global warming di origine antropica è una congettura, non ha fondamento scientifico, e quindi è da irresponsabili impostare su di essa le politiche economiche e sociali nazionali ed europee. Tutto deve diventare “green”, ecosostenibile, rinnovabile e su che cosa lo è o non lo è non si ammettono dubbi.

Ad esempio, la Tesla Model 3, del tutto elettrica, è universalmente ritenuta un’auto davvero “green”, amica dell’ambiente perché produce poco CO2. Invece il suo impatto ambientale, della sua batteria e della ricarica, soprattutto dove questa viene fatta usando lignite come in Germania, forse non è poi così “amichevole”. Leggendo il libro di Nicola Porro si scopre che nel 2019 il centro studi tedesco CEsifo ha messo a confronto le sue emissioni con quelle di un Mercedes diesel di ultima generazione arrivando alla conclusione che, mentre la Tesla immette nell’ambiente tra 155 e 180 grammi di CO2 per chilometro, il Mercedes ne immette solo 141. Tuttavia, il diesel ormai è condannato, chi ancora usa macchine diesel è bollato come una specie di “monatto” che attenta alla salute del pianeta.

Quanto alle energie rinnovabili, guai a mettere in discussione che siano il futuro e la salvezza del pianeta: sostenibili, inesauribili, pulite. È dovere di ogni cittadino contribuire a realizzare la transizione abbandonando le altre: individualmente, ciascuno a casa propria, e premendo sui rispettivi governi affinché le adottino. Molti Paesi si sono impegnati a usare solo energia pulita entro il 2050. L’Ipcc (Intergovermental Panel on Climate Change) ha classificato le fonti di energia in base alla loro emissione di CO2. Risulta che le peggiori sono il carbone e il gas. L’energia migliore è quella prodotta dalle turbine eoliche, con zero emissioni dirette e 11 grammi per quelle a terra e 12 per quelle in mare per quel che riguarda le emissioni nel ciclo di vita. Il suo utilizzo sembrerebbe quindi presentare solo indiscutibili vantaggi. Ma non è così. Ovviamente per funzionare le turbine eoliche hanno bisogno del vento, che non sempre spira, ed è stato criticato da tempo il loro elevato impatto paesaggistico, ad esempio, e il danno che rappresentano per l’avifauna. Adesso emerge anche il problema di come smaltirle al termine del loro ciclo di vita che al massimo è di 20-25 anni. Gli Stati Uniti prevedono di doverne rinnovare circa 8.000 all’anno nei prossimi quattro anni, l’Europa circa 3.800 all’anno e, dopo il 2022, molte di più. In tutto il mondo si tratta di smaltirne decine di migliaia e il problema non può che aumentare.

Le pale delle turbine eoliche di media taglia sono lunghe da 20 a 50 metri e superano i 50 metri nel caso di quelle più grandi. La turbina MHI Vestas V164 ha tre pale lunghe 80 metri, ciascuna del peso di 33 tonnellate, è alta 220 metri (oltre due terzi della Torre Eiffel) e pesa 5.900 tonnellate (più di 10 Airbus 380 a pieno carico). La off shore Adwen AD-180 pesa 86 tonnellate e le sue pale sono lunghe 88,4 metri.

Il primo problema, per smaltirle, è portarle via. Vanno tagliate almeno in tre pezzi e non è semplice perché sono fatte di materiali che devono resistere al continuo impatto delle particelle trasportate dal vento a velocità elevate, a temperature molto alte o molto basse, a grandi quantità di polvere, all’intensa esposizione ai raggi ultravioletti e a fenomeni meteorologici estremi come gli uragani. Il non facile lavoro di segarle va fatto all’aperto usando speciali seghe diamantate e libera una quantità di microfibre di vetro, resine epossidiche derivate dal petrolio e altri materiali inquinanti.

Non è facile farle a pezzi, ma neanche riciclarle e riutilizzarle. Per il momento vengono quasi sempre portate in discariche create apposta dove sono interrate per evitare che inquinino l’ambiente. Ma vuol dire accumulare quantità enormi di rifiuti non biodegradabili. Alcune pale in Europa vengono bruciate nelle fornaci che producono cemento o nelle centrali elettrice, ma l’energia che se ne ricava è poca e irregolare e bruciare fibre di vetro inquina. Il gruppo Veolia ha avviato un progetto pilota per frantumarle riducendole in polvere e cercando di estrarne delle sostanze chimiche. La Global Fiberglass Solutions ha sviluppato un metodo per ridurle in granuli e trucioli che possono essere impiegati nella costruzione di pavimenti e muri.

“L’ultima cosa che vogliamo è creare problemi ambientali ancora più seri” spiegano i dirigenti di Veolia illustrando i loro progetti. Tutti vogliono evitare di creare problemi ambientali. Ma la volontà non basta se la scienza si inchina alla ideologia ambientalista, se si decide di dare credito e ragione a una adolescente che marina la scuola, se seri e competenti scienziati “dissidenti” vengono tacitati e screditati chiamandoli “negazionisti”.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » gio lug 09, 2020 7:37 pm

Sorpresa: l'inquinamento aumenta anche senza auto
Stefano Magni
25 marzo 2020

https://www.lanuovabq.it/it/sorpresa-li ... M.facebook

Meno uomini in giro, aria più pulita da respirare (per i pochi che lo possono ancora fare). Ma, con buona pace degli ecologisti come Gunter Pauli, consulente di Giuseppe Conte, questa correlazione è stata appena smentita dalle centraline Arpa. Che registrano un aumento di inquinamento nei giorni del blocco totale

Milano senza traffico

“La Terra torna a respirare. Decenni di super-consumo e super-produzione hanno mostrato il conto. All’improvviso un virus ci ha fermati. Ho deciso di digiunare per 3 giorni. Dare al corpo l’opportunità di recuperare da tutti gli eccessi. Dato che l’aria è pulita, abbiamo una vacanza per reni e fegato, e non solo”. Con queste parole intrise di mistica ecologista, Gunter Pauli, il consulente assunto da Giuseppe Conte, descriveva in un tweet (poi rimosso) quel che i Verdi hanno sempre avuto in mente: che il male dell’uomo è il bene del pianeta. Meno uomini in giro, aria più pulita da respirare (per i pochi che lo possono ancora fare). Ma, con buona pace di Pauli, questa correlazione è stata appena smentita dalle centraline Arpa, che, pur nell'assenza totale del traffico, registrano aumenti di polveri sottili in tutte le città italiane. Stiamo parlando di quelle stesse centraline i cui dati, negli ultimi decenni hanno indotto molte giunte comunali a sospendere in tutto o in parte il traffico di automobili nelle loro città, con aree pedonali, Zone a traffico limitato (Ztl) e tante domeniche a piedi.

In senso lato, l’inquinamento è sempre sotto controllo, come è ovvio che sia in una condizione in cui nessun veicolo circola. La soglia di allarme non è mai stata superata. Tuttavia è la tendenza ad essere pressoché inspiegabile: si registra un notevole incremento, fino a toccare una soglia di allarme, in giorni in cui le centraline avrebbero dovuto registrare il minimo storico. Lo scenario non cambia in nessuna grande città italiana, da Torino a Napoli, da Milano a Roma, la tendenza è sempre la stessa: tutte le sostanze inquinanti monitorate dall’Arpa non sono affatto diminuite. A Roma, il PM10 era a 31 il giorno 12 è a 41 il giorno 20, con un picco di ben 49 il 18. Stessa sorte per il PM2,5: 24 il 12, 35 il 20. A Milano dopo una settimana di traffico praticamente inesistente, le polveri sottili hanno avuto un netto incremento, passando dai valori minimi registrati il 12 marzo a valori addirittura triplicati il 18 e il 20 marzo. Il PM10 era a 31 il giorno 12, per passare a 48 il giorno 20, con un picco di 50 il 18 marzo. Stessa tendenza per il PM2,5: era a 20 il giorno 12, per poi passare a 37 il giorno 20, con un picco di 38 il giorno 18. Da notare che il 18 marzo non c’è stata alcuna riapertura al traffico. Prima del 12 marzo, dunque prima che tutta Italia venisse chiusa, troviamo valori inferiori a 31.

A dare una spiegazione di questo mistero, nei giorni scorsi, è stata Arpa Veneto. “Il motivo principale – spiegava il 17 marzo Luca Marchesi, direttore generale dell’Arpa della regione del Nordest – è la stretta correlazione fra polveri e meteo. Quest'ultimo è comunque e sempre nel breve termine il fattore determinante e prevale rispetto agli altri fattori emissivi. In questo periodo ad una settimana, a fine febbraio, di vento e pioggia che ha abbassato i livelli, ne è seguita una di grande stabilità atmosferica. Inoltre più persone a casa significa più riscaldamento acceso. La notizia positiva è che in primavera le condizioni meteo sono favorevoli alla dispersione degli inquinanti e quindi nel prossimo periodo (questo periodo, per chi legge, ndr) l'aria dovrebbe migliorare”.

Di fatto, anche se la componente emissiva secondaria (traffico urbano) è pressoché sparita, è invece rimasta sostanzialmente inalterata la componente emissiva primaria: il riscaldamento civile. Il meteo fa il resto. Ed è questa la lezione che molte giunte comunali potrebbero e dovrebbero imparare da questa tragica esperienza: il traffico incide solo in parte sull’inquinamento e non è neppure la parte più rilevante. Inutile pensare, in un sistema molto più complesso di quanto si creda, di poter alzare o abbassare il livello di inquinamento, manovrando solo il telecomando del traffico, con regole e divieti da imporre ai cittadini. Non si giustificano le costose Ztl e le scomode domeniche a piedi, i permessi per la circolazione dati col contagocce a categorie protette e i progetti di estensione delle Ztl a intere città. Si devono semmai cambiare i metodi di riscaldamento, prima di obbligare tutti a usare mezzi collettivi.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » gio lug 09, 2020 7:37 pm

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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » gio lug 09, 2020 7:38 pm

Michael Shellenberger: “A nome degli ambientalisti, chiedo scusa per l’allarmismo sul clima: i cambiamenti climatici non sono la fine del mondo”
da Beatrice Raso
6 luglio 2020

http://www.meteoweb.eu/2020/07/michael- ... o/1452294/


Michael Shellenberger è un ambientalista e attivista del clima, fondatore e presidente di Environmental Progress, organizzazione di ricerca e politiche che combatte per l’energia pulita e la giustizia energetica. Nel 2008, è stato anche nominato “Eroe dell’Ambiente” dalla rivista Time. Shellenberger ha voluto scusarsi, a nome di tutti gli ambientalisti, per l’allarmismo climatico creato negli ultimi 30 anni e lo ha fatto con un lungo articolo pubblicato su Environmental Progress.

“I cambiamenti climatici stanno avvenendo. Non è la fine del mondo. Non è neanche il nostro problema ambientale più grave”, scrive Shellenberger. “Sono un attivista del clima da 20 anni e un ambientalista da 30, ma come esperto di energia a cui è stato chiesto dal Congresso di fornire una testimonianza esperta obiettiva e invitato dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) per fare da esperto revisore del suo prossimo rapporto di valutazione, sento l’obbligo di scusarmi per come noi ambientalisti abbiamo fuorviato il pubblico”, continua Shellenberger, che elenca “alcuni fatti che pochi sanno”:

cambiamenti climatici“L’uomo non sta causando una sesta estinzione di massa
L’Amazzonia non è il polmone del mondo
I cambiamenti climatici non stanno rendendo i disastri naturali peggiori
Gli incendi si sono ridotti del 25% nel mondo dal 2003
La quantità di terra che usiamo per la carne, il più grande uso di terra dell’umanità, si è ridotta di un’area grande quasi quanto l’Alaska
L’accumulo di combustibili legnosi e più case vicino alle foreste, non i cambiamenti climatici, spiegano perché ci sono incendi sempre più pericolosi in Australia e California
Le emissioni di anidride carbonica sono in calo nella maggior parte delle nazioni ricche e sono diminuite in Regno Unito, Germania e Francia da metà degli anni ‘70
I Paesi Bassi sono diventati ricchi, non poveri, adattandosi alla vita al di sotto del livello del mare
Produciamo il 25% di cibo in più di quello di cui abbiamo bisogno e le eccedenze alimentari continueranno ad aumentare mentre il mondo si riscalda
La perdita di habitat e la diretta uccisione di animali selvaggi sono minacce alle specie più grandi dei cambiamenti climatici
I combustibili legnosi sono ben peggiori per le persone e gli animali rispetto ai combustibili fossili
Prevenire le future pandemie richiede più agricoltura industriale, non meno”.

“So che questi fatti suonano come “negazionismo climatico” per molti, ma mostrano solo il potere dell’allarmismo sul clima. In realtà, questi fatti provengono dai migliori studi scientifici disponibili, inclusi quelli condotti o accettati da IPCC, FAO, IUCN e altri principali organismi scientifici”, afferma Shellenberger.

“Fino allo scorso anno, ho principalmente evitato di parlare contro l’allarmismo climatico. In parte perché ero imbarazzato. Dopo tutto, sono colpevole di allarmismo come qualsiasi altro ambientalista. Per anni, mi sono riferito ai cambiamenti climatici come ad una minaccia “esistenziale” per la civiltà umana e l’ho definita “crisi”. Ma soprattutto avevo paura. Sono rimasto in silenzio sulla campagna di disinformazione sul clima perché avevo paura di perdere amici e finanziamenti. Le poche volte che ho trovato il coraggio di difendere la climatologia da coloro che la distorcono, ho subito dure conseguenze. Quindi ho aspettato e non ho fatto quasi nulla mentre i colleghi ambientalisti terrorizzavano il pubblico”, scrive l’ambientalista.

“Lo scorso anno, le cose sono andate fuori controllo. Alexandria Ocasio-Cortez ha dichiarato che “il mondo finirà in 12 anni se non affrontiamo i cambiamenti climatici. Il gruppo ambientalista di più alto profilo in Gran Bretagna ha sostenuto che “i cambiamenti climatici uccidono i bambini”. Bill McKibben, il giornalista ecologista più influente del mondo, ha definito i cambiamenti climatici come “la più grande sfida che l’uomo abbia mai affrontato” e ha detto che “distruggeranno le civiltà”. I giornalisti delle principali testate hanno riportato ripetutamente che l’Amazzonia è “il polmone del mondo” e che la deforestazione è come una bomba nucleare pronta ad esplodere. Di conseguenza, metà delle persone intervistate nel mondo lo scorso anno ha detto che i cambiamenti climatici faranno estinguere l’umanità. E a gennaio, un bambino britannico su 5 ha detto agli intervistatori di avere incubi sui cambiamenti climatici”, denuncia Shellenberger, che ha scritto un libro, Apocalypse Never: Why Environmental Alarmism Hurts Us All (Mai l’Apocalisse: perché l’allarmismo ambientale fa male a tutti) in cui presenta le sue scuse formali per l’allarmismo climatico.

Tra i punti salienti del libro, basato su 20 anni di ricerca e 30 anni di attivismo ambientale, ci sono:

“cambiamenti climatici
Le industrie e l’agricoltura moderna sono le chiavi per la liberazione umana e il progresso ambientale
La cosa più importante per salvare l’ambiente è produrre più cibo, soprattutto carne, su meno terra
La cosa più importante per ridurre l’inquinamento dell’aria e le emissioni di carbonio è passare dal legno al carbone al gas naturale all’uranio
Il 100% delle energie rinnovabili richiederebbe l’aumento della terra utilizzata per l’energia dall’odierno 0,5% al 50%
Dovremmo volere che città, allevamenti e centrali elettriche abbiano maggiori densità di potenza, non minori
Il vegetarianismo riduce le emissioni di una persona di meno del 4%
La carne bovina ruspante richiederebbe 20 volte più terra e produrrebbe il 300% di emissioni in più
Il dogmatismo di Greenpeace ha peggiorato la frammentazione delle foreste dell’Amazzonia
L’approccio colonialista alla conservazione dei gorilla nel Congo ha prodotto un contraccolpo che potrebbe aver determinato l’uccisione di 250 elefanti”.

“Gruppi motivati da convinzioni anti-umaniste hanno costretto la Banca Mondiale a smettere di porre fine alla povertà e a rendere invece la povertà “sostenibile”. E il clima d’ansia, depressione e ostilità alla civiltà moderna sono alla base di gran parte dell’allarmismo. I media fanno annunci apocalittici sui cambiamenti climatici dalla fine degli anni ’80 e non sembrano disposti a fermarsi. L’ideologia alla base dell’allarmismo sull’ambiente, il maltusianismo, è stata ripetutamente sfatata per 200 anni ma è ancora più potente che mai. Ma ci sono anche motivi per credere che l’allarmismo ambientalista, se non finirà, avrà una potenza culturale ridotta. La pandemia di coronavirus è una crisi reale che mette la “crisi” climatica in prospettiva. Anche se credete che abbiamo reagito in modo eccessivo, il Covid-19 ha ucciso 500.000 persone e distrutto le economie del mondo. Le nazioni stanno tornando apertamente al proprio interesse e si stanno allontanando dal maltusianismo e dal neoliberalismo, che è un bene per il nucleare e un male per le rinnovabili. È schiacciante l’evidenza che la nostra civiltà ad alta energia è migliore per le persone e la natura rispetto alla civiltà a bassa energia a cui gli allarmisti del clima vorrebbero farci ritornare”, conclude Shellenberger.


https://en.wikipedia.org/wiki/Michael_Shellenberger
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » mar ott 20, 2020 8:41 pm

Clima, il deserto del Sahara tornerà verde come un tempo: ecco perché
17 Ottobre 2020

https://www.meteolive.it/news/Climatolo ... ch-/87475/

Il deserto del Sahara non è sempre stato come lo vediamo ora, ovvero una vasta distesa di sabbia arida con temperature estremamente alte. Anzi, andando indietro di qualche migliaio di anni scopriamo che il Sahara era una distesa verde ricca di vegetazione, fiumi e laghi.

Questa improvvisa esplosione del verde è stata possibile tra 11.000 e 5.000 anni fa: in questo lasso temporale le dune sabbiose si trasformavano in foreste ed il continuo incremento delle piogge dava vita a laghi e fiumi. Ben 9 milioni di chilometri quadrati di deserto si trasformarono in una vasta distesa verde in poche migliaia di anni, dopodichè quasi improvvisamente caldo, aridità e sabbia si riappropriarono del Sahara fino ai giorni nostri. Ma come è stato possibile un cambiamento così radicale?

Quel rigoglioso periodo è noto come "periodo umido africano" e fu la diretta conseguenza della variazione dell'inclinazione dell'asse terrestre, un ciclo che si compie periodicamente ogni 25.800 anni: la precessione degli equinozi. Attorno ai 10.000 anni fa le estati subentravano nell'emisfero boreale quando la Terra arrivava al perielio (punto più vicino al Sole), praticamente l'esatto opposto di quel che avviene ora (l'estate infatti arriva quando la Terra si trova al punto più distante dal Sole). Questo fenomeno ha causato un aumento dell'8% dell'insolazione su tutto l'emisfero boreale, con effetti marcati su tutti i Continenti.

Per quel che riguarda l'Africa, questo fattore astronomico ha prodotto uno spostamento verso nord del "monsone africano", favorendo quindi l'arrivo delle piogge anche sul deserto del Sahara.
Quindi l'esplosione del verde e della vita nel Sahara non è frutto del caso, bensì è dovuto a precisi movimenti della Terra che in futuro si compieranno nuovamente.

Quel che più ha sbalordito gli scienziati è proprio la velocità con cui il Sahara è passato da essere una distesa verde ad un deserto. Nonostante parliamo di un movimento assiale estremamente lento e quindi con effetti molto diluiti nel tempo, il "Sahara verde" è scomparso in soli 200 anni. È un esempio di cambiamento climatico improvviso su una scala che gli esseri umani noterebbero.
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Re: Clima, politica energetica US e Greta con i suoi gretini

Messaggioda Berto » sab nov 14, 2020 3:52 am

La grande eresia: la rivoluzione verde è un'enorme fake news?
Econopoly
11 novembre 2020

https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2 ... fake-news/


L’autore del post è Enrico Mariutti, ricercatore e analista in ambito economico ed energetico. Founder della piattaforma di microconsulenza Getconsulting e presidente dell’Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) –

Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building.

A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale.

Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva.

Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali.

Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema.

Tutto giusto, no?

No, tutto sbagliato.

Pannelli solari, pale eoliche, batterie e auto elettriche sono dispositivi tecnologici fatti di cemento, plastica, acciaio, titanio, rame, argento, cobalto, litio e decine di altri minerali.

Un commentary uscito su Nature Geoscience pochi anni fa stima che, solo per convertire un settimo della produzione di energia primaria mondiale (25.000 TWh), potrebbe essere necessario triplicare la produzione di calcestruzzo (da poco più di 10 miliardi di tonnellate l’anno a quasi 35), quintuplicare quella di acciaio (da poco meno di due miliardi di tonnellate a poco più di 10) e moltiplicare di varie volte quella di vetro, alluminio e rame. E stiamo parlando di convertire alle energie rinnovabili neanche il 15% del fabbisogno energetico mondiale.

Non solo, va considerato anche un aspetto tecnico: il “filone d’oro” esiste solo nei fumetti. Per fare un esempio, mediamente in un giacimento di rame il rame è presente con una concentrazione di circa lo 0,6%. Questo vuol dire che per estrarre una tonnellata di metallo bisogna sbriciolare più di 150 tonnellate di roccia. Le grandi miniere d’oro sudafricane macinano 5/6.000 tonnellate di roccia al giorno per estrarre meno di 20 tonnellate di metallo prezioso l’anno.

Ma non basta. Come si produce l’alluminio? Beh, con un procedimento che consuma moltissima energia: per produrre una tonnellata di alluminio, infatti, sono necessari circa 30.000 kwh (tra energia termica ed elettrica). E anche la siderurgia è un’attività energivora: la produzione di una tonnellata di acciaio richiede tra gli 800 e i 5.000 kwh equivalenti.

Quindi, solo per produrre l’acciaio necessario a costruire pannelli e turbine eoliche sufficienti a generare 25.000 TWh l’anno di energia rinnovabile, potremmo avere bisogno di 7.000/40.000 TWh l’anno di energia fossile in più.

E non è finita qui. Di circa una decina di materiali alla base della “rivoluzione verde”, infatti, le riserve conosciute basterebbero a coprire solo pochi di anni di consumo in uno scenario 100% rinnovabili. L’Unione Europea, per esempio, prevede che, per centrare gli ambiziosi target del Green Deal, avrà bisogno di molte più terre rare di quante ne vengano estratte attualmente in tutto il mondo.

Gli scenari ipotizzati dall’Unione Europea

schermata-2020-11-09-alle-10-31-32

Il fabbisogno di materiali dell’industria fotovoltaica vs attuale produzione 
2030-2050

(la linea nera indica l’attuale disponibilità a livello mondiale)




schermata-2020-11-09-alle-10-33-15

Dy: Disprosio; Nd: Neodimio; Pr: Praseodimio; Tb: Terbio.
Fonte: Commissione Europea

È bene sottolineare che queste stime non sono le maldicenze di un mercante di dubbi pagato da Big Oil. L’ONU, la Commissione Europea, la Banca Mondiale hanno prodotto ampi rapporti in cui arrivano a conclusioni analoghe: serviranno moltissime risorse naturali in più. Gli studi che approfondiscono l’argomento d’altro canto sono numerosi, e pubblicati sulle riviste scientifiche più autorevoli del mondo: PNAS, Science, Nature.

Eppure, nonostante il vasto panorama di riviste divulgative che seguono da vicino la “rivoluzione verde”, da Le Scienze alle tante testate digitali, curiosamente in lingua italiana non esiste un singolo approfondimento su questo aspetto, così enorme e così contraddittorio.

La percezione, piuttosto diffusa a dire il vero, è che chi fa divulgazione scientifica da un po’ di tempo si sia arrogato il diritto di scegliere cosa divulgare e cosa no. Abbia deciso di fare politica invece che informazione, insomma.

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Non si spiega, altrimenti, come sia possibile scagliarsi quasi quotidianamente contro il paradigma della crescita e, nello stesso tempo, appoggiare una “rivoluzione verde” che immagina di raddoppiare – quantomeno – il prelievo di risorse naturali in pochi decenni. Oppure come sia possibile che, mentre ci si indigna per i disastri ambientali in Amazzonia o in Australia, si progetti di scavare fosse profonde 170 km per cercare i metalli necessari a soddisfare il fabbisogno dell’industria eolica e solare (una prospettiva che per il momento, tra l’altro, è fantascienza pura, dato che si parla di operare a temperature e pressioni ingestibili con la tecnologia attuale).

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La miniera d’oro di TauTona, in Sud Africa, è la miniera a cielo aperto più profonda del mondo e arriva a 3,9 km di profondità. Immaginatela 40 volte più grande.

Su Econopoly ci eravamo già occupati di questo aspetto e lo avevamo fatto ben prima che la pandemia di Covid-19 mettesse in luce che la Scienza non è affatto monolitica come la dipingono alcuni media (Sul clima impazzito ascoltate gli scienziati. Ok, ma quali?).

In definitiva, dietro a quella che chiamiamo “rivoluzione verde” si nasconde in realtà un programma per accrescere rapidamente e drasticamente il prelievo di risorse naturali. Con tutto quello che consegue per la salute degli ecosistemi e anche degli esseri umani: per estrarre miliardi tonnellate di ghiaia, argilla, ferro, bauxite e rame in più, distruggeremo altre foreste incontaminate, inquineremo ulteriormente aria e acqua, spingeremo verso l’estinzione decine di migliaia di specie animali.

Quindi, in buona sostanza, uno scenario molto diverso da quello che viene venduto all’opinione pubblica.

Non si tratta di una distopia, di un futuro lontano avvolto nelle nebbie del probabilmente e del forse: la Commissione Europea ha appena annunciato un programma di finanziamenti per l’industria mineraria europea e il prezzo del rame vola (+40% da marzo a oggi), trainato proprio dalla domanda legata alle auto elettriche cinesi e al Green Deal europeo. Ci siamo già dentro, stiamo già devastando centinaia di ecosistemi alla ricerca di litio e cobalto per le batterie o terre rare per i magneti delle turbine eoliche.

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Sospinti dall’emotività, alimentiamo una bolla epocale.

Ci sono altre soluzioni? La temperatura continua ad aumentare, non possiamo fare finta di niente.

Certo che ci sono altre soluzioni.

E, di nuovo, ci si scontra con il muro di gomma della divulgazione: l’opinione pubblica è stata convinta che non ci siano altre strade ma in realtà non è così.

Prendiamo un caso esemplare: la Cattura Diretta in Atmosfera (DAC).

La cattura diretta è una tecnologia dall’apparenza pionieristica, ma in realtà molto semplice, che permette di separare l’anidride carbonica dall’aria. Niente di fantascientifico, esistono decine di impianti pilota perfettamente funzionanti in tutto il mondo.

Genericamente questa tecnologia viene ridicolizzata in quanto molto costosa: i risultati certificati a livello scientifico si attestano su un costo minimo di 94 dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica catturata dall’atmosfera. Oggettivamente, un costo non indifferente dato che ne emettiamo quasi 37 miliardi di tonnellate l’anno.

Chiunque faccia notare che stiamo parlando dei dati relativi a un impianto pilota, molto piccolo, e che in un impianto di grandi dimensioni i costi potrebbero essere già ora molto più bassi, viene accusato di pensiero magico, nonostante il potenziale delle economie di scala sia noto e facilmente misurabile.

Oltretutto, si pretende che la cattura diretta competa con le rinnovabili senza beneficiare di incentivi pubblici, mentre le rinnovabili vengono generosamente sussidiate.

Beh, la cosa curiosa è che le stime attuali sui costi della “rivoluzione verde” si aggirano intorno ai 5.000/6.000 miliardi l’anno, mentre catturare l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera a 94 dollari la tonnellata (ripetiamolo: un costo irragionevolmente gonfiato immaginando un impiego su larga scala) costerebbe “solo” 3.000 miliardi l’anno! È veramente difficile capire come si possa definire la cattura diretta costosa, appoggiando contemporaneamente una soluzione che costa il doppio.

Da non dimenticare, poi, come sottolinea proprio Nature, che la cattura diretta ha un vantaggio fondamentale rispetto a tutte le altre soluzioni: minimizza l’incertezza, aggredisce il nocciolo del problema. Da una parte parliamo di ridurre l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera attraverso complessi meccanismi culturali e sociali, dall’altra di toglierla direttamente con una tecnologia.

Ancora più curioso è il caso della riforestazione e dell’agricoltura rigenerativa (da non confondere con l’agricoltura biologica o biodinamica: parliamo di agricoltura intensiva con rese superiori a quella chimica tradizionale), due opzioni perfettamente ecosostenibili che ci permetterebbero di tamponare rapidamente il problema del cambiamento climatico, con un dispendio di risorse limitato e ricadute socioeconomiche allettanti. Eppure, le iniziative in questa direzione sono continuamente sotto il fuoco degli scienziati, dei divulgatori e degli attivisti green. Un paradosso. L’accusa è spiazzante: l’adozione di queste soluzioni potrebbe rallentare la transizione verso le energie rinnovabili.

Ma l’obiettivo finale di questo gigantesco sforzo è mettere al sicuro il pianeta dall’incertezza climatica oppure far fare un mucchio di soldi alla lobby delle energie rinnovabili? Oramai è diventato molto difficile capirlo.

Elon Musk è indubbiamente un imprenditore brillante, un genio del nostro tempo, ma non per questo ci dobbiamo sentire obbligati a versargli 1.000/2.000 miliardi di dollari l’anno, generosamente irrorati da fondi pubblici che togliamo alla sanità o all’educazione, solo per fare due esempi.

Sarebbe bello poter chiosare, come d’altronde va molto di moda in questi tempi, dicendo che è sempre più importante studiare, informarsi, approfondire, perché ne va del nostro futuro. Ma se a monte c’è un filtro che seleziona quali informazioni devono arrivare ai media e quali no, questo diventa solo l’ennesimo esercizio di stile altezzoso e inconcludente.

“Va notato che l’IPCC nel suo quinto rapporto, coerentemente con tutte le precedenti relazioni di valutazione, non affronta esplicitamente la questione delle implicazioni materiali degli scenari di sviluppo climatico” (World Bank).
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