Il processo di Giordano Bruno, dopo l'arresto del filosofo avvenuto a Venezia il 23 maggio 1592 e il suo trasferimento nelle carceri romane dell'Inquisizione il 27 febbraio 1593, si concluse il 17 febbraio 1600 con la condanna al rogo per eresia eseguita in piazza Campo dei Fiori.https://it.wikipedia.org/wiki/Processo_ ... dano_BrunoPerché mai nell'autunno del 1591 Giordano Bruno, ricevuto a Francoforte l'invito del nobile Giovanni Mocenigo di venire a Venezia, abbia accettato di tornare in Italia, dalla quale si era allontanato nel 1578 per sfuggire a un processo di eresia aperto a Napoli nel 1576, e dopo aver abiurato il cattolicesimo aderendo al calvinismo, è questione dibattuta che non troverà soluzione. Esclusa dai più l'ipotesi del Bartholmèss di un ritorno nostalgico nella terra che gli diede i natali, ha maggior credito quella dello Spampanato che individua nella relativa liberalità della Repubblica veneta l'illusione coltivata dal filosofo di poter vivere e insegnare in terra veneziana senza subire persecuzioni. Un'altra ipotesi ancora pretende che il Bruno si proponesse di diffondere una religione, intellettualistica, deistica, priva di dogmi, che mantenesse solo la funzione politico-sociale del cristianesimo e che fosse in grado di superare i fossati religiosi e politici che dividevano l'Europa, in nome di un platonismo erasmiano che formasse la base comune di una concordia universale. A parte il relativo disinteresse del Bruno verso i problemi strettamente religiosi, resta da capire come Bruno potesse realmente credere che una tale operazione messianica avrebbe potuto essere diffusa senza subire una repressione da parte dell'Inquisizione. Bruno, forse credeva di poter conquistare la gerarchia ecclesiastica romana anche attraverso le tecniche magiche descritte, ad esempio, nel De vinculis.
È certo che il Bruno affermò all'inquisitore veneto di essere stato, prima dell'arresto, in procinto di ripartire per Francoforte per farsi stampare delle opere da presentare, insieme con altre, «alli piedi de Sua Beatitudine, la qual ho inteso che ama li virtuosi, et esporli il caso mio, et veder de ottener l'absolutione di excessi et gratia di poter viver in habito clericale fuori della religione»: una scelta di tranquilla vita, dopo tante temperie, da dedicare agli studi e all'insegnamento, dunque, fu la spiegazione data, non si sa con quanta sincerità, dallo stesso Bruno.
A Venezia si ferma pochi giorni e parte per Padova, dove risiede il suo allievo Girolamo Besler, tedesco di Norimberga, con il quale avrebbe continuato studi di natura cabalistica, e dove spera di occupare la cattedra, resasi vacante, di matematica; intanto, insegna agli studenti tedeschi dell'Università. Alla fine del marzo 1592 torna a Venezia, ospite del Mocenigo, al quale avrebbe promesso di metterlo a parte delle sue conoscenze sull'arte della memoria, la mnemotecnica, di gran moda in quello scorcio del Cinquecento, dopo gli antichi, anticipatori studi del Lullo.
Il Mocenigo non era soddisfatto del profitto che ricavava dagli insegnamenti di Bruno, forse perché pensava che questi non volesse metterlo a parte delle sue conoscenze, come si dovrebbe dedurre dall'insistenza con la quale cercò di trattenerlo, quando il filosofo gli comunicò la sua intenzione di partire per Francoforte e dalla violenza che usò, la notte del 22 maggio 1592, facendolo rinchiudere dai suoi servitori in un solaio.
Il giorno dopo Mocenigo mise per iscritto una denuncia contro il Bruno che consegnò subito alla Santa Inquisizione in Venezia nella persona di Giovan Gabriele di Saluzzo; vi riportò accuse gravissime: Bruno avrebbe sostenuto: «che è biastemia grande quella de' cattolici il dire che il pane si transustantii in carne;
che lui è nemico della messa;
che niuna religione gli piace;
che Christo fu un tristo et che, se faceva opere triste di sedur popoli, poteva molto ben predire di dover esser impicato;
che non vi è distintione in Dio di persone, et che questo sarebbe imperfetion in Dio;
che il mondo è eterno, et che sono infiniti mondi, et che Dio ne fa infiniti continuamente, perché dice che vuole quanto che può;
che Christo faceva miracoli apparenti et che era un mago, et così gl'appostoli, et che a lui daria l'animo di far tanto, et più di loro;
che Christo mostrò di morir mal volentieri, et che la fuggì quanto che puoté;
che non vi è punitione de' peccati, et che le anime create per opera della natura passano d'un animal in un altro;
et che come nascono gli animali brutti di corrutione, così nascono anco gli huomini, quando doppo i diluvi ritornano a nasser.
Ha mostrato dissegnar di voler farsi autore di nuova setta sotto nome di nuova filosofia;
che la Vergine non può haver parturito, et
che la nostra fede catholica è tutta di bestemie contro la maestà di Dio;
che bisognarebbe levar la disputa e le entrate alli frati, perché imbratano il mondo, che sono tutti asini, et che le nostre openioni sono dotrine d'asini;
che non habbiamo prova che la nostra fede meriti con Dio; et
che il non far ad altri quello che non voressimo che fosse fatto a noi basta per ben vivere; et
che se n'aride di tutti gl'altri peccati; et
che si meraviglia come Dio supporti tante heresie di catholici.
Dice di voler attendere all'arte divinatoria, et che si vuole far correre dietro tutto il mondo;
che san Tommaso et tutti li dottori non hanno saputo niente a par di lui, et che chiariria tutti i primi theologhi del mondo, che non sapriano rispondere [...]».[5]
La stessa sera del 23 maggio Giordano Bruno è prelevato dalle guardie dalla casa del Mocenigo e trasferito nelle carceri del Sant'Uffizio di San Domenico di Castello. In questo carcere, non più esistente e che sorgeva nell'attuale via Garibaldi, Bruno divide la cella con altri sette detenuti: è inevitabile che fra tanti si parli e ci si confidi e di questo il Nolano farà presto amara esperienza.