Per questo povero intellettuale veneto venetista venezianista storico, la responsabilità e la colpa di quanto sta accadendo in Ucraina e dell'aggressione di Putin è dell'America, degli USA, di Biden.
Ecco la demenziale accusa frutto di un pregiudizio dogmatico e di una ignoranza abissale.
"Lavorando sull‘imbecillità umana, la cui madre come è noto è sempre incinta, gli Stati Uniti hanno fatto un uso smodato del sostantivo “imbecille”, che indica nell’etimo latino colui che è debole nel ragionamento. E facendo leva su un Presidente palesemente affetto da problemi di senilità hanno scientemente provocato Vladimir Putin, universalmente caratterizzato come un autocrate freddo, calcolatore e spietato."
Con la dezinformacja stiamo precipitando nella terza guerra mondiale
accademiadegliuniti
Enzo Trentin
11 aprile 2022
https://blogdiet.wordpress.com/2022/04/ ... -mondiale/
La verità verrà fuori alla fine. Lo fa sempre, in ogni paese, indipendentemente dagli ostacoli posti dalla propaganda statale, dalla censura e dai tipi di intimidazione. E la verità sarà devastante per la mente e l’anima di tutti noi.
A coloro che credevano che la guerra e i crimini di guerra in Europa nel 21° secolo fossero diventati impensabili, rammentiamo che Erodoto a proposito di democrazia, diceva, essa è fatta di tre cose: controllo dei governanti da parte dei governati, diffusione del potere, uguaglianza tra i cittadini. E purtroppo il problema, che nessuno vuole vedere, è che ci sono due popoli dentro i confini dell’Ucraina. Due soggetti che non riescono a convivere.
È sempre il paradosso popperiano della libertà che fa capolino, e che deve essere la bussola di ogni uomo libero: «in una democrazia – scrive l’autore della “Società aperta e i suoi nemici” – l’integrale protezione delle minoranze non deve estendersi a coloro che violano la legge e specialmente a coloro che incitano gli altri al rovesciamento violento della democrazia.» Ecco, è da qui che dovrebbe partire ogni seria politica. Ponendosi queste domande scomode prima di agire.
Ma alla democrazia del paese di Arlecchino & Pulcinella possono adattarsi bene le parole di George Bernard Shaw: «La democrazia è un palloncino che passa sopra le vostre teste, facendovelo guardare a bocca aperta, mentre altri frugano nelle vostre tasche.».
Infatti, Carlo Azeglio Ciampi, Lamberto Dini, Mario Monti, Mario Draghi, sono (o sono stati) tutti Presidenti del consiglio dei ministri, ma sono tutte persone che con la democrazia elettiva hanno poco a che spartire. Così pure la partitocrazia, imperante in Italia, ha poco a che fare con la sovranità del popolo di cui al Comma 2 dell’Art. 1 della Costituzione italiana: «La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.»
Infatti, se il popolo è sovrano che “limiti” può avere? Il “sovrano” popolo italiano può forse cambiare la Costituzione? No!
Invece, e per esempio, 100mila svizzeri (su una popolazione di 8.736.500) possono proporre delle modifiche e indire su di esse un referendum. La Costituzione Helvetica attualmente in vigore si basa sulla prima Costituzione del 1848, redatta in occasione della creazione dello Stato federale. La prima revisione completa di questo testo fondamentale data del 1874. L’ultima revisione completa è stata accettata dal popolo e dai Cantoni nel 1999 ed è entrata in vigore il primo gennaio 2000.
In ogni paese la dezinformacja (formula deliberata per trasmettere informazioni manipolate) causa la creazione di un’immagine del mondo incompatibile con la realtà.
Giovanni Paolo II portò un messaggio a Varsavia nel suo primo viaggio di ritorno a casa nel giugno del 1979. Era un messaggio sul potere: il potere della fede, il potere della resilienza e il potere del popolo. Non dei rappresentanti eletti dal popolo.
Dieci anni dopo l’Unione Sovietica crollò, la Polonia, l’Europa centrale e orientale furono libere. Niente in quella battaglia per la libertà era semplice o facile. Fu una lunga e dolorosa faticaccia combattuta non per giorni e mesi, ma per anni e decenni. Da quella grande battaglia per la libertà: una battaglia tra democrazia e autocrazia, tra libertà e repressione, tra un ordine basato su regole e uno governato dalla forza bruta, non sempre è emersa una democrazia degna di questa definizione.
Lavorando sull‘imbecillità umana, la cui madre come è noto è sempre incinta, gli Stati Uniti hanno fatto un uso smodato del sostantivo “imbecille”, che indica nell’etimo latino colui che è debole nel ragionamento. E facendo leva su un Presidente palesemente affetto da problemi di senilità hanno scientemente provocato Vladimir Putin, universalmente caratterizzato come un autocrate freddo, calcolatore e spietato.
Così Putin (che va compreso, ma non giustificato) ha sperperato il credito morale conferito alla Russia dal suo immenso contributo alla sconfitta della Germania nazista. La storia della Grande Guerra Patriottica è cara alla nazione russa ed è stata a lungo provata in romanzi, film, opere teatrali e monumenti pubblici. Ognuno di questi attesta i rigori di quella precedente guerra ed esalta l’eroismo, il sacrificio, la galanteria e il trionfo del popolo. Ogni russo, indipendentemente dall’istruzione o dalla posizione sociale, può recitare questa storia stimolante: dall’assedio di Leningrado, alla battaglia di Stalingrado, alla presa di Berlino. Certo, il credito morale della Russia è stato tassato durante la Guerra Fredda e alcuni anticonformisti hanno sollevato scomode domande sul culto della Grande Guerra Patriottica. Ma questo credito morale non è mai stato esaurito, nemmeno dalla soppressione dei riformatori ungheresi nel 1956 o dalla repressione del regime di Dubcek nel 1968 a Praga o dall’invasione dell’Afghanistan nel 1979. Ora, grazie alla follia ucraina di Putin, il credito morale apprezzato dai russi dal 1945 è esaurito.
C’è un’immagine virale dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Una donna dice a un soldato russo: «mettiti dei semi di girasole nelle tasche, così quando sarai sepolto nella mia terra, i girasoli cresceranno.», e ancora, una nonna ottantenne (tra l’altro una russa. Vedasi “Soldati russi, ascoltami” di Alice Blandy, New York Times, 22 marzo 2022, p. A20.) ha scritto di recente una lettera aperta ai giovani soldati di Putin, che comprende queste parole:
«Cosa guadagnerai dall’assassinare i tuoi vicini ucraini, che non volevano la guerra? Dov’è la gioia di distruggere un paese indipendente che non ti appartiene? […] Le persone in tutto il mondo odiano la distruzione che hai causato. Migliaia di manifestanti contro la guerra in Russia non ti rispetteranno […] Svegliati dal lavaggio del cervello con la falsa propaganda. […] I fantasmi delle donne assassinate, dei bambini e dei difensori del loro paese perseguiteranno i tuoi incubi.»
In effetti, come dovranno ammettere i soldati russi in Ucraina sulla base della loro esperienza, il mantello dell’eroismo si è sfilato. Scivolato via dalla Russia si è stabilito sull’Ucraina, sul suo popolo e sul suo leader. Mariupol ha sostituito Leningrado come una città assediata che sfida le probabilità schiaccianti. Kiev e Kharkiv hanno sostituito Stalingrado come luoghi di un popolo coraggioso che combatte per la vita contro un nemico spietato. Nel frattempo, l’idea a lungo accarezzata dagli apologeti russi – vale a dire, che il loro paese è il vero campione e custode dello slavismo – è stata screditata dalla guerra della terra bruciata contro la nazione che più gli somiglia per lingua, religione, cultura e tradizione. E peggio di tutto, i russi non sono i salvatori ma sono diventati gli invasori, una proposta assolutamente demoralizzante per ogni giovane coscritto russo e per la sua famiglia e i suoi amici. Questo fa presagire una desolazione esistenziale irradiata dalla guerra di Putin che deve rivelarsi difficile da superare e durerà per decenni. Durante questo periodo, l’Ucraina, con l’assistenza di vari paesi, alla fine riparerà le sue città, ricostruirà la sua economia, reinsedierà milioni di cittadini sradicati e si crogiolerà nella fiducia conquistata a fatica implicita in una versione ucraina della Grande Guerra Patriottica.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky non vuole arrendersi a Putin. L’immagine di Zelensky che rimane al suo posto ha sostituito quella di Stalin nella Mosca assediata del 1941. Tuttavia da quando i media continuano ad elogiare il presidente ucraino Zelensky come un salvatore della patria, indiscutibilmente dalla parte del “bene” e paragonando lui, il battaglione Azov e Pravyj Sector alla resistenza antifascista durante la seconda guerra mondiale, sottovalutano o glissano sul fatto che lo stesso Zelensky durante una video intervista ha ammesso di ammirare il nazista ucraino Stepan Bandera. Costui era un collaborazionista dei nazisti, messo nel 1944 da Hitler a capo di un governo fantoccio, e organizzatore di terrorismo in Ucraina dopo la sconfitta della Germania.
Autore di decine di libri sulla politica estera e interna, Franco Fracassi è un profondo conoscitore delle dinamiche politiche e sociali ucraine. Qui spiega quale è il reale peso delle forze naziste in Ucraina, e perché dalla narrazione mediatica è scomparsa totalmente la divisione etnica e culturale tra Ucraina dell’est e dell’ovest. Fracassi è anche autore di Ucraina, dal Donbass a Maidan.
Zelensky avvisa il mondo intero su come proseguirà il conflitto contro i russi. Si sente spalleggiato dall’Occidente al quale chiede non solo armi ma anche azioni belliche che inevitabilmente condurrebbero alla terza guerra mondiale. È noto poi che le Forze armate dell’Ucraina sono addestrate dagli anglo-americani. La maggior parte poi delle loro esercitazioni sono tenute sotto il programma di cooperazione della NATO: “Partenariato per la pace”.
Questo non è solo il tempo dei politici, è anche l’arruolamento della politica spettacolo.
Mentre nei secoli scorsi un divieto della chiesa vietava agli attori di essere sepolti nei cimiteri sacri, negli ultimi decenni alcuni di essi sono stati “chiamati” con successo alla politica:
Ronald Reagan
Prima di entrare in politica Ronald Reagan è stato un attore cinematografico e fu il presidente della Screen Actors Guild, il sindacato degli attori di Hollywood. Divenne il 40° presidente degli Usa, e a 69 anni fu il più anziano neoeletto alla Casa Bianca.
Melina Mercouri
Melina Mercouri (al secolo: Maria Amalia Mercouris) era la nipote prediletta del Sindaco della capitale ellenica Spyros Mercouris e figlia del deputato e ministro greco Stamatis Mercouris. Fu anche ministro della cultura dal 1981 al 1990. Nel 1990 si candidò a Sindaco di Atene, ma venne sconfitta.
Glenda Jackson
Glenda Jackson, attrice in corsa alle elezioni con il Partito laburista, fu eletta parlamentare nel 1992 nei distretti londinesi di Hampstead e Highgate, e da allora continua con la sua carriera politica. Attualmente è deputato laburista alla Camera dei Comuni della Gran Bretagna.
Clint Eastwood
Clint Eastwood, attore, regista, produttore cinematografico e compositore statunitense, per 2 anni assunse la carica di Sindaco di Carmel-by-the-Sea (4.800 abitanti), in California.
Per l’attore hollywoodiano Arnold Schwarzenegger l‘occasione arrivò nel 2000, quando i repubblicani lanciarono l’offensiva per vincere contro il governatore democratico della California, Gray Davis.
Arnold Schwarzenegger
In puro stile hollywoodiano, Arnold Schwarzenegger annunciò la sua candidatura il 7 agosto 2003, al Tonight Show di Jay Leno. Due mesi dopo, gli elettori della California scelsero di spodestare Davis attraverso un recall, e di sostituirlo poi con il muscoloso attore di origine austriaca.
Nel paese di Arlecchino & Pulcinella non siamo ancora arrivati a tanto. Tuttavia Beppe Grillo s’è “inventato” il M5S. Supponiamo su mandato del “Deep State”, ovvero quello Stato Profondo che a livello politico rappresenta l’insieme di quegli organismi, legali o meno, che grazie ai loro poteri economici o militari o strategici condizionano l’agenda degli obiettivi pubblici, di nascosto e a prescindere dalle strategie politiche degli Stati del mondo, lontano dagli occhi dell’opinione pubblica.
A differenza dell’ucraino Volodymyr Zelensky, che sembra essere il frutto dello stesso concepimento politico, Grillo non ha assunto cariche parlamentari; ma è stato il garante del Movimento 5 Stelle dal 4 ottobre 2009 al 23 settembre 2017.
Tirannia
Nel [ https://freesouls.it/old/libreria/dizio ... annia.html ] Dizionario Filosofico di Voltaire si distingue la tirannia di uno solo e quella di molti. Questa tirannia di molti sarebbe quella di un corpo che usurpasse i diritti degli altri corpi, e che esercitasse il dispotismo per mezzo delle leggi da lui corrotte. E non volendo addentrarci nelle magagne della partitocrazia ricordiamo a noi stessi che in molti luoghi d’Europa si comincia a riflettere e progettare l’individuazione dei pubblici amministratori per mezzo del sorteggio.
Ed ecco, allora, la provocazione: revisionare la carta costituzionale introducendo il “metodo Pericle”, fondato sull’attribuzione delle cariche pubbliche mediante sorteggio tra persone altamente qualificate e moralmente irreprensibili.
Ad Atene, infatti, tutti i cittadini meritevoli, con un cursus honorum di rilievo, potevano ricoprire cariche pubbliche mediante sorteggio, rimanendo in servizio per un solo anno. Una forma di democrazia allargata, il governo dei molti, contro la degenerazione dell’oligarchia. E poiché molto abbiamo scritto su questo argomento, rimandiamo chi è interessato a ricercare il tema in questo blog.
Nel 1808, il generale prussiano Carl von Clausewitz scriveva negli appunti di quello che sarebbe diventato il suo principale lascito intellettuale, il libro intitolato “Della Guerra”, che: «La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è, dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi.»
Orbene crediamo sia difficile ricorrere alla guerra su mandato ricevuto tramite un apposito referendum.
Una demenziale Radio veneta un tempo di estrema sinistra, poi novax e oggi schierata con Putin contro l'Ucraina, eccola ospitare le demenzialità criminalmente calunniose di questo immondo individuo.
Gabriele Accornero a Radio Gamma 5
Cabala crolla cabala
9 aprile 2022
https://www.youtube.com/watch?v=ZF7HAC62x-Q
Questo farabutto dovrebbe essere portato in tribunale per calunnia razziale nei confronti del Popolo ucraino accusato di assurdità demenziali allo stesso modo che nel passato furono usate contro gli ebrei nell'infame documento
I Protocolli degli Anziani Savi di Sion
https://it.wikipedia.org/wiki/Protocoll ... vi_di_Sion
I Protocolli dei Savi di Sion o degli Anziani di Sion o dei savi Anziani di Sion (in russo: Протоко́лы сио́нских мудрецо́в, traslitterato: Protokoly sionskich mudrecov) sono un falso documentale creato dall'Ochrana, la polizia segreta zarista, con l'intento di diffondere l'odio verso gli ebrei nell'Impero russo.
La guerra in Ucraina divide i neofascisti d’Europa: l’allarme dell’intelligence
Giovanni Tizian ed Emiliano Fittipaldi
14 marzo 2022
https://www.editorialedomani.it/fatti/g ... o-x6noyl3h
La disinformazione russa sulla guerra passa dai canali social e media del Cremlino, dai simpatizzanti No vax e dai parlamentari populisti. Ma anche, si scopre, dalla galassia neofascista. Il legame emerge dell’analisi di migliaia di profili legati all’estrema destra che nei giorni dell’invasione hanno condiviso e amplificato i messaggi veicolati dal canale Telegram “World terror”.
Secondo i rapporti dei servizi segreti occidentali il canale è stato utilizzato per veicolare la «contro-disinformazione russa volta a influenzare l’opinione pubblica circa l’adozione di strategie di disinformazione online da parte di attori filo-ucraini». In pratica è la versione moderna dell’antico schema spionaggio e controspionaggio, reso celebre dai romanzi di Le Carrè e dai film di James Bond.
Tra le pieghe di questa guerra virtuale sullo sfondo del conflitto sul campo emergono gli schieramenti e i posizionamenti dei neofascisti d’Europa. Gruppi schierati con la Russia o con l’Ucraina. Uniti dal nazionalismo, divisi al fronte tra chi sostiene l’invasione ordinata da Vladimir Putin e chi, invece, parteggia per gli assediati di Kiev.
La geografia europea
La geografia dell’estrema destra europea non è una mappa di un unico colore, piuttosto rivela le spaccature interne dell’internazionale nera che da Varsavia a Lisbona, in tempi di pace, ha dominato la scena dell’opposizione radicale all’Unione europea, della lotta feroce all’immigrazione e alle misure dei governi contro la pandemia.
La guerra in Ucraina – e ancora prima il conflitto nel 2014 tra esercito ucraino e i battaglioni filorussi che ha portato alla proclamazione delle repubbliche autonome del Donbass – hanno rivelato una frattura interna ai movimenti neofascisti dell’Europa. Il caso di scuola tutto italiano ha riguardato la profonda divergenza tra Forza nuova e CasaPound, le due sigle dei nostalgici di Benito Mussolini più note nel paese, sulla questione russo-ucraina.
Dai ranghi della prima sono partiti militanti per combattere con i filorussi del Donbass, alla seconda appartenevano alcuni personaggi inquadrati nel battaglione Azov ucraino considerato il braccio militare del partito di estrema destra di Kiev, Pravy Sector (Settore destro).
La formazione, ben nota ai servizi russi, che è stata usata come pretesto per la «de-nazificazione» annunciata da Putin, omettendo di dire, però, che anche tra i miliziani filorussi sono ben rappresentanti i neofascisti. Uno dei battaglioni più “inquinati” è il Rusich, finito in diverse informative dell’antiterrorismo italiano per le presenze di soldati provenienti da gruppi della destra estrema europea, inclusa l’Italia.
I neofascisti
Tra i soldati di Forza nuova o legati al partito di Roberto Fiore, sotto processo per l’assalto alla Cgil del 9 ottobre 2021, c’è chi si trova ancora nelle repubbliche filorusse contese, motivo scatenante dell’invasione ordinata da Putin il 24 febbraio scorso. Il più importante per carriera fatta alla corte dei generali putiniani è certamente Andrea Palmeri, alias “il Generalissimo”, condannato in primo grado come arruolatore di camerati italiani destinati al fronte del Donbass con le milizie filo Putin. Palmeri nei documenti dell’antiterrorismo è segnalato per i suoi legami con il battaglione Rusich.
Tra Donesk e Lugansk c’è ancora un fotoreporter militante, partito nel 2014 per unirsi alle milizie filorusse e narrare l’epopea dei combattenti fedeli alla Russia. Si chiama Vittorio Nicola Rangeloni, il 27 febbraio sul suo profilo VKontact, il Facebook russo diventato meta dei neofascisti bannati dal social americano, scriveva: «Dal gelido inverno verso la caldissima primavera». Il post è accompagnato da un foto di lui con l’elmetto, alla sua destra un blindato dell’esercito russo con la Z bianca (simbolo dell’invasione) disegnata sul fianco.
Rangeloni nel settembre 2021 è stato insignito con una delle «onorificenze più importanti della Repubblica» del Donbass, ha scritto sulla sua pagina VK. È vicino ai neofascisti italiani, ha avuto simpatie certamente per il Movimento sociale europeo di cui ha fatto parte per un periodo Giuliano Castellino, capo romano di Forza nuova accusato, con Fiore, per l’assalto alla Cgil. Lo stesso Fiore è affezionato alla causa, con l’associazione Alexandrite ha portato un gruppo di imprenditori italiani in Crimea dopo l’annessione alla Russia per investire e delocalizzare nelle terre del Cremlino.
Damasco non è Kiev
LaPresse
I “neri” di Forza nuova dunque sostengono la Russia e hanno relazioni con gli ideologi che hanno teorizzato la Nuova Russia, termine che identifica l’area del Donbass con le due repubbliche ora riconosciute dal Cremlino. I loro gemelli diversi di CasaPound, invece, appoggiano l’Ucraina, o meglio i nazionalisti di estrema destra di Kiev. Lo confermano anche i report dell’intelligence: «CasaPound si è apertamente schierato a favore dei popoli europei, condannando ogni forma di imperialismo straniero».
Questa divergenza tuttavia palesa una confusione ideologica non da poco. Sulla guerra in Siria per esempio CasaPound e Forza nuova si sono schierati con il regime di Assad, sostenuto e armato dalla Russia. I due movimenti neofascisti in collaborazione con altri gruppi europei della medesima area hanno organizzato numerosi viaggi di solidarietà a Damasco, utilizzando spesso come schermo delle associazioni solidali.
Dallo stadio alla guerra
Nei report degli apparati delle intelligence occidentali c’è la fotografia di come sono schierati i singoli gruppi neofascisti. Il dato interessante è che persino alcune tifoserie dichiaratamente di estrema destra hanno dato sostegno all’una o all’altra parte. Le curve del resto sono l’ambiente in cui i movimenti neofascisti pescano militanti con più facilità.
«Gli ultras della squadra di calcio belga Bruges, vicini agli ambienti di estrema destra, hanno esposto degli striscioni e alcune bandiere a sostegno dell’Ucraina, durante uno degli ultimi match disputati», scrivono gli analisti. Sulla stessa linea i capi della curva della Dinamo Zagabria, i Bad blue boys, durante una delle ultime partite, «hanno espresso solidarietà nei confronti dell’Ucraina» esibendo bandiere giallo blu del paese sotto assedio.
Dal Belgio alla Bielorussia
Nel cuore dell’Europa il partito di estrema destra belga Nation, «tramite messaggi sui propri canali social, ha cercato di giustificare la Russia in merito a quanto sta accadendo in Ucraina, affermando che, la colpa risiede nel fatto che negli ultimi 7 anni, dopo gli accordi di Minsk, non sono state implementate le azioni definite negli accordi stessi e che, anzi, gli ucraini avrebbero continuato a bombardare il Donbass», si legge nei report.
A differenza dei nazionalisti bielorussi, che sono partiti in direzione Kiev per difendere la città dall’invasione «del nemico neobolscevico». Il fatto è rilevante, soprattutto perché Minsk appoggia Putin e ha concesso alla truppe del Cremlino di usare la Bielorussia come varco per entrare in Ucraina.
Anche i neofascisti croati sono pro Kiev. Dalle informazioni raccolte dall’intelligence un gruppo di 200 militanti è partito per unirsi ai combattimenti nel battaglione Azov. In Francia Les Nationalistes giustifica l’azione di Putin. La tesi è che l’Ucraina è un paese «artificiale», da sempre «sotto il controllo delle potenze dominanti del momento».
I Bordeaux Nationaliste al contrario sono solidali con i nazionalisti ucraini. In Germania c’è il partito neonazista tedesco Der III. weg, che tramite i suoi canali media ufficiali sostiene il «fiero popolo ucraino minacciato dal popolo russo». Mentre il Nationaldemokratische partei deutschlands non sposa né l’una nell’altra causa, «ci interessa solo la nostra patria tedesca», ribadiscono.
I nazionalisti greci riuniti sotto la sigla Elasyn sono filo russi e considerano l’Ucraina una continuazione della federazione. E sposano la teoria secondo cui l’Ucraina è uno stato fantoccio della Nato e degli Stati Uniti.
L’estrema destra polacca è con l’Ucraina. L’odio storico verso Mosca conta ancora molto a Varsavia. Da qui è già partito qualche volontario per unirsi alla legione internazionale istituita da Kiev: uno di loro appartiene «all’organizzazione politica Obóz narodowo–radykalny, si sarebbe unito al battaglione International volunteers in Ucraina con l’obiettivo di combattere contro Putin».
Su questo punto i servizi segreti occidentali monitorano con attenzione. E benché non sia ancora emersa «in forma evidente una organizzazione sistematica di milizie nazionaliste, appartenenti ai movimenti sopra menzionati, pronte a recarsi in Ucraina e combattere sul fronte di battaglia, sono stati rilevati segnali circa l’adesione di singoli ultra-nazionalisti alla causa ucraina e il rimpatrio di cittadini ucraini per combattere in difesa della propria patria».
Nato nemica
Su una cosa però sono tutti d’accordo: la causa di tutti i problemi è l’espansionismo della Nato. «Tale pretesto di strumentalizzare il conflitto russo-ucraino per enfatizzare l’inefficienza delle organizzazioni internazionali, è maggiormente emerso tra i partiti nazionalisti con forte spirito anti-europeo, nonché nella maggior parte di quelli facenti parte dell’Alliance for peace and freedom», scrivono gli analisti dell’intelligence. Alliance for peace and freedom è un movimento che raggruppa vari partiti neofascisti, fondato tra gli altri da Roberto Fiore, il capo di Forza nuova.