L'arestocrasia venesiana jereła na casta veneta? Sì!

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Messaggioda Berto » dom dic 01, 2013 7:14 am

L'arestocrasia venesiana jereła na casta veneta? Sì!
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Pararia de sì.

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Scipione Maffei e el so projeto de Reforma de la Repiovega Veneta

(Projeto ke no lè mai stà descuso en Major Consejo e tegnesto senpre sconto)

http://it.wikipedia.org/wiki/Scipione_Maffei

Alla conclusione del viaggio europeo, scrisse, nel 1737, il Consiglio politico, rivolto al governo veneziano, in cui denunciò la debolezza veneziana nei confronti degli stati europei. Nel Consiglio politico, Maffei metteva in discussione tutto il delicato e complesso sistema di equilibri del governo di Venezia (fondato sul dominio di un ristretto numero di famiglie patrizie veneziane e sull'esclusione di uomini dalla Terraferma), svelandone la decadenza e proponendo una soluzione ardita. Avvertiva la crisi anche fisiologica della classe dirigente veneziana, ed offriva una prima critica a quella che sarebbe stata la soluzione poi scelta dal Senato, cioè la cooptazione di un certo numero di famiglie patrizie della Terraferma nei ruoli della città. Questa soluzione rimandava semplicemente il problema. Venezia aveva in realtà creato un sistema opposto a quello dell'antica Repubblica romana, grande esempio seguito da Maffei, estraniando da sé e dalle responsabilità la maggior parte dei suoi sudditi.

La fragilità di Venezia, la sua impossibilità di fare una politica estera convincente, la sua chiusura in una neutralità che nascondeva l'impotenza, erano il frutto di questo sistema, che aveva escluso i patriziati delle città della Terraferma. Mancava l'amor di patria, unica possibilità per resistere alle crescenti pressioni degli stati europei. La soluzione di Maffei era dunque il coinvolgimento di tutti i cittadini, con un trasferimento del potere dal popolo al Senato e il coinvolgimento delle popolazioni conquistate, “sul modello di Roma Repubblicana” (Mi diria cofà coelo xvisaro!).

A fianco al modello romano Maffei poneva esempi come il modello inglese e olandese, un sistema non assoluto, in cui le rappresentanze conservavano alcuni poteri fondamentali.

Rivoluzione inglese e monarchia costituzionale

http://www.linguefaidate1.com/canali_in ... ionale.htm

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Re: L'arestocrasia venesiana jerela na casta?

Messaggioda Berto » dom dic 01, 2013 7:58 am

http://guiotto-padova.blogautore.repubb ... o-tremendo

Il 12 maggio 1797 cessava di esistere la Serenissima Veneta Repubblica, coinvolta suo malgrado nella tempesta delle guerre napoleoniche che sconvolsero l’Europa, nonostante avesse proclamato di fronte al mondo la sua neutralità.
Ancor oggi, a distanza di 214 anni, gli studiosi della materia discutono e si scontrano sul vero motivo che portò a collassare su se stesse le millenarie istituzioni che per secoli avevano retto lo Stato veneto.
Eminenti storici parlano di crisi di classe dirigente, di crisi economica, di mancanza di riforme, di dorato isolazionismo rispetto al mondo contemporaneo, dell’assenza di coinvolgimento di tutte le classi popolari nel governo e tanto altro ancora.
Tutte queste circostanze hanno senz’altro concorso a scatenare l’evento conclusivo della storia di una civiltà, ma nessuna – in fondo – è stata determinante, nonostante l’enfasi con la quale vengono sottolineate dai divulgatori, quasi a voler dire: “è stato giusto così.”
???
Uscendo dai luoghi comuni e analizzando più da vicino gli ultimi anni della Repubblica scopriamo una realtà ben diversa. Già da anni si discutevano in Maggior Consiglio possibili riforme istituzionali che tenessero conto delle classi sociali emergenti, riservando loro un ruolo nel governo. Parliamo della nuova borghesia mercantile e imprenditoriale, dei professionisti (avvocati, medici, docenti ecc.). Certo, non mancavano le resistenze dei conservatori gelosi di antichi privilegi come i Barnabotti, nobili decaduti che percepivano un vitalizio dallo stato, ma il percorso era stato comunque avviato.
???
Le finanze dello stato avevano registrato, dopo la metà del ‘700, un graduale e progressivo risanamento, sino a dimezzare il debito pubblico. Questo grazie anche alla ripresa dei traffici con il vicino Oriente, tanto che una nave su due che attraversavano i Dardanelli batteva bandiera veneta.
I rapporti con tutti gli stati europei e anche con le nuove realtà d’oltreoceano, come gli Stati Uniti d’America, beneficiavano della proverbiale diplomazia veneziana, che oltre ad arbitrare le dispute internazionali era anche una fonte inesauribile di notizie, tramite dispacci da tutta Europa.
Anche nell’agricoltura e nell’industria si accoglievano senza indugio le novità del secolo per dare impulso all’economia dello Stato da Tera, contribuendo allo sviluppo delle città che a tutt’oggi possiamo ammirare nella loro inestimabile bellezza.
Inoltre le insorgenze contro gli invasori francesi, vere e proprie rivolte di popolo in difesa del proprio Stato, provano che proprio le classi più deboli si sentivano equamente tutelate dalle istituzioni, contrariamente a quanto qualcuno ha voluto farci credere.
Dal punto di vista giuridico, nell’ultima votazione che sancì l’abdicazione del Maggior Consiglio, mancò il numero legale: in ogni caso non si votò la caduta della Repubblica, ma un semplice cambio di governo: si chiamavano “i migliori figli della patria” alla gestione della cosa pubblica.
Infine molti si riempiono la bocca con la parola “decadenza”, che taluni fanno risalire ai tempi della scoperta del Nuovo Mondo, con la conseguente deviazione dei traffici mercantili dall’oriente alle rotte oceaniche. Certo la Venezia di fine ‘700 non era più quella gloriosa di due secoli prima, ma basta questo per portare alla cancellazione di uno stato dalle carte geografiche?
Oppure sarebbe più corretto parlare di ridimensionamento del peso politico e commerciale della Serenissima, così come avvenuto in epoche successive per l’Impero Austro Ungarico, per quello Britannico, quello Turco e tanti altri, ridotti ora a singole nazioni, ma pur sempre vivi e vegeti?
Lascio a chi legge il compito di cercare le risposte, con l’auspicio che queste poche osservazioni abbiano stimolato in lui la curiosità di saperne di più su un’episodio fondamentale della nostra storia, avvolto – come molti altri – da una spessa coltre di disinformazione e luoghi comuni.

Alberto Montagner
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Re: L'arestocrasia venesiana jerela na casta?

Messaggioda Berto » sab dic 07, 2013 12:54 am

La fine de la Repiovega Veneta
viewtopic.php?f=18&t=52


La Repiovega Serenisima e l'idea de 'Talia
https://picasaweb.google.com/1001409263 ... deaDItalia
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viewtopic.php?f=49&t=242
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Re: L'arestocrasia venesiana jerela na casta?

Messaggioda Berto » gio gen 09, 2014 11:26 pm

I furlans cusì i scrive de luri furlans e de nantri veneti, so sto sito:

http://www.lenghe.net/list_art.php?categories_id=25

Stoira del Friul

EPOCHE ANTIGHE

Cuant scomencie veramentri la nestre storie, dulà che o podìn dî al calcul? O crôt tor dal 500 prin di Crist. Dal 500 prin di Crist nô o sin sigûrs che culì e je rivade une tribù di int che al reste ancjemò il non: i Cjargnei! I Cjargnei no son Latins, no son Todescs, no son Grêcs; a son, come che ju clamin, Celts, che e je une popolazion che e abitave in dute la Europe ocidentâl (France e Gjermanie di vuê), che e veve fate une civiltât vere e proprie.
Anzit, chê dai Cjargnei e je une civiltât a la forme orientâl de civiltât di «Hallstatt», che al è un paîs culì de Austrie, dulà che a àn cjatât une vore di rescj di cheste int.
I Celts a son vignûts dentri culì passant lis monts; a son vignûts jù, e a àn abitât in cheste planure, e a àn fondade — cui che al fâs il non al è il storic grêc Teopomp — sù par un flum che lôr a clamavin Achilis, la citât di Achileie. No le àn fondade i Romans! Le àn fuartificade li, che al jere un puest, in chê volte, 500 agns prin di Crist, dulà che al rivave il cumierç di une robe che e servive par fâ gorais di femine, che a clamavin “ambra” e che e vignive dal Mâr Baltic. E vignive jù par chê strade culì e si imbarcjave par lâ in Grecie dal puart celtic di Achilis. Volêso sintî se no je vere chê chi? A son ancjemò i nons cjargnei! Sintît: Carnia, Carintie, Karnte, Carniole, Cragn, Carso...
Viodêso chei nons là: nets, clars, juscj! Nus àn lassade une altre robe ancje, chê int là, e forsit cualchidun prin di 1ôr. Là che a àn fat i paîs, par difindisi, là che no fasevin palafitis plui, ce àno fat? A àn fat un grum di tiere, come une specie di rivâi dut ator, par difindisi. A 'nd è ancjemò cualchidun restât tâl e cuâl! Us citi là che a son: culì dongje, a Gradiscje di Spilimberc, dongje dal grêt dal Tiliment; a 'nd è un cuasi intat, a 'nd è un intîr, perfet ancjemò, dulà che a àn fat dentri un cjamp sportîf, a Gradiscje di Sedean! Gradiscje: sintîso? Che al vûl dî «citadele», «citadute» in sclâf! A 'ndi vês un altri a Listize dongje di Mortean, a 'nd è di plui di une bande robis di chel gjenar chi.
II tiermin «cjargnei» nol jere di int compagne di chei altris che a vivevin chi. Chei che a vivevin chi si clamavin «Veneti»; e jere une altre int, di une altre lenghe, di une altre civiltât. I Cjargnei a son vignûts jù e ju àn parâts in là. Di in chê volte, culì, la robe no je stade plui come prime.

VIGNESIE

Dal 1420 o vin vude une disgracie: e je rivade Vignesie, che nus à mitûts sot e il patriarcje lu à privât de autoritât civîl; e al puest dal patriarcje e à mandât un «luogotenente» che si è metût a stâ a Udin. Al è par chel che a Udin a àn començât a tabaiâ venit, par jessi cualchidun: cemût tabaiâ la lenghe de puare int? Par jessi sù bisugne tabaiâ la lenghe dai parons! Al è nassût chel dialet udinês che o savìn. Duncje, e je rivade Vignesie che e à cirût di lenzinus, di doprânus; soredut nus à doprâts par che o smamissin lis invasions dai Turcs. Parcè che i Turcs a jerin rivâts sù pes monts e a vevin ocupade ancje la Ongjarie. No che a fossin vignûts par concuistânus, ma si distacavin bandis di soldâts che a partivin par lâ a fâ raziis, a puartâ vie dut. In Friûl a son stadis cuatri invasions di Turcs, une piês di chê altre. Te epoche o leiês che tes nestris gnots, culì, si vedeve, te basse, dute une linie di fûcs.

I Turcs a son rivâts fin sot lis muris di Trevîs. Ma no son rivâts a Vignesie: parcè che chei che a van a fâ raziis no puedin riscjâ di lâ masse indentri, parcè che senò, dopo, ju pescjin cuant che a tornin indaûr. Cussì Vignesie no si è interessade trop dal Friûl: nus à lassâts patî, e vonde! E à creât dome la fuartece di Palme, ma no le à mai doprade. Le à fate dal 1570: masse tart pai Turcs! I Turcs si son fats sintî dal 1477 — l'an passât al è stât il cinccentenari — fintremai tal 1560-1561.

E po dopo, Vignesie ce nus aie fat? Un svindic di fâ pôre! No à mai acetât che nissun nobil, nissun siôr furlan al jentràs tal patriziât venit. Nissun! No, perdon, o sbalii: un sôl, i Manin; ma ducj chei altris no ur à mai dât un puest di responsabilitât.

E alore ce àno fat chescj siôrs furlans?

In chê epoche li —1600-1700 — si son metûts a fâ chei biei cjiscjei che a jerin sù par chês culinis ca, dulà che al jere biel stâ e fâ nuie; poltrons! Ise vere?

E sicome Vignesie e jere impegnade a difindisi sul mâr cuintri i Turcs, e culì e jere neutrâl, nô no vin vût di Vignesie propit nuie. Al è un periodi dulà che o sin lâts infossantsi e al è un meracul che i Fur­lans si sedin salvâts dal pericul di deventâ Venits. Savêso cui che ju à sal­vâts? No i siôrs, che a cirivin di imitâ i parons; culture e studiâts nancje. La puare int, nus à salvâts! La puare int si è come sierade; si è metude come sot la nape, e à continuât cul so mût di vivi e cul so mût di fevelâ cence lâ daûr dai Venits. Al è l'unic câs in Europe che, dopo 400 agns di dominazion di un altri, si sedi conservade intate la lenghe e un mût di jessi e un mût di vivi.

Ma ancje a Vignesie i començavin a colâ i dincj al leon di Sant Marc! E jere deventade vecje, no jere plui buine di difindisi; mole di ca, mole di là, fintremai che al ven un gaiarin uficiâl francês: Napoleon! Le à fate fûr: 1797! Nol à bastât: al è tornât tal 1799 e le à finide e le à agregade ae Austrie. Culì e comence la epoche napoleoniche, par vincj agns: al è dificil lâi dentri; bisugne che o salti.

Sti furlans i se dexmentega ke soto Aquileia romana ghe xe i resti de Akul/eja çelto-venedega-istriana.
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Re: L'arestocrasia venesiana jereła na casta veneta?

Messaggioda Berto » dom set 06, 2015 10:11 am

El Comoun Venesian e ła Concio
viewtopic.php?f=137&t=1835


Il Commune Veneciarum
https://it.wikipedia.org/wiki/Commune_Veneciarum
Il Commune Veneciarum (latino per "Comune di Venezia") è il titolo con cui dal 1143 venne designato il governo della città di Venezia e della sua Repubblica. Il comune, similmente agli altri Comuni medievali si basava sul potere dell'assemblea popolare, a Venezia chiamata Concione, rappresentativa degli uomini liberi, e su un sistema di assemblee da questa derivate: Maggior Consiglio, Minor Consiglio, Consiglio dei Pregadi, Quarantia. A differenza che nelle altre città italiane, però, a Venezia permanevano alcune vestigia proprie del precedente istituto monarchico incarnato dal Doge, per limitare il potere del quale le assemblee vennero sviluppate. Il gruppo dirigente dei maggiorenti del Comune venne nel tempo a raccogliersi attorno al nucleo delle antiche famiglie patrizie, creando un nuovo patriziato mercantile che con la Serrata del Maggior Consiglio del 1297 di fatto si appropriò del potere esautorando l'assemblea popolare.
In nome del Commune continuò tuttavia ad operare il massimo organo di rappresentanza della sovranità dello Stato - costituito dal Doge, dal Minor Consiglio e dai capi della Quarantia - sino a che nel 1423 con l'abolizione della Concione si pose fine anche all'ultimo residuo degli istituti comunali e l'organo supremo prese il nome di Serenissima Signoria.


El Parlamento Arestogratego Venesian
viewtopic.php?f=138&t=1405
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Re: L'arestocrasia venesiana jereła na casta veneta?

Messaggioda Berto » dom set 06, 2015 10:12 am

El mito de Venesia lè n'entrigo par l'endependensa veneta
viewtopic.php?f=183&t=1816

On novo Veneto
viewforum.php?f=183
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Re: L'arestocrasia venesiana jereła na casta veneta?

Messaggioda Berto » ven gen 22, 2016 8:57 pm

La Serenissima e le sue classi sociali
13 maggio 2014 di Simonetta Dondi dall'Orologio

http://venetostoria.com/2014/05/13/la-s ... si-sociali

Il patriziato veneziano si distingueva da quello europeo per alcune caratteristiche peculiari:

era di origine mercantile anziché feudale la sua creazione e sopravvivenza era giustificata dalla sua costante partecipazione al Governo della Serenissima era formato da famiglie anziché da individui e la primogenitura era l’eccezione invece della regola non usava specifici titoli nobiliari

Daniele_IV_Dolfin_(Tiepolo)Si può ben dire che l’atto creativo del patriziato fu la Serrata del Maggior Consiglio nel 1297, per cui diventarono patrizie le famiglie i cui antenati avevano reso importanti servigi alla Serenissima dall’anno 810 (data del trasferimento della sede ducale da Malamocco a Rivoalto) in poi, o un cui membro aveva seduto nel Maggior Consiglio nei quattro anni precedenti la Serrata.

In tutto furono iscritte nel Libro d’Oro della nobiltà veneziana, circa 220 famiglie.

Questo cambiamento della costituzione (che di fatto passò da repubblica democratica a repubblica aristocratica) non provocò le tensioni politico-sociali che ci sarebbe potuto aspettare.

In primo luogo perché esso confermava una situazione che già esisteva di fatto; inoltre trattavasi di un gruppo sociale omogeneo, attivo, di antica ricchezza, già abituato a servire gli interessi generali; infine era un gruppo numeroso, giacché corrispondeva a circa il 5% della popolazione.

mercanti_veneziani_carpaccioLa “classe mercantile” era formata da cittadini veneziani con diritto “de intus” o “de extra”, ossia abilitati a commerciare all’interno o all’esterno della città. I non veneziani potevano, se considerati degni, acquistare il diritto “de intus” dopo dodici anni di residenza e attività professionale, e il supplementare diritto “de extra” dopo diciotto anni.

Alla “classe mercantile” appartenevano sia “patrizi” sia “cittadini”.

La categoria dei “cittadini” assorbiva anche uomini di scienza e di legge, letterati, medici, funzionari amministrativi e commercianti, formando una classe borghese talvolta ricca, sempre agiata, che aveva comunque una propria rappresentanza politica.

Alle classi privilegiate va aggiunta la classe ecclesiastica, che corrispondeva a circa l’1% della popolazione.

La linea divisoria tra queste classi e il Popolo era il lavoro manuale.

A sua volta il Popolo era diviso fra membri delle “Arti” o “Scuole di Mestiere”, cioè lavoratori specializzati che accompagnavano il loro lavoro con una certa cultura tecnica, e tutti gli altri che invece vivevano solo del proprio lavoro manuale.

Pur privati di potere politico, i Popolani godevano in compenso di salarigrev_secolo16_w relativamente alti (rispetto al resto d’Italia e d’Europa), di cibo sicuro e a prezzi controllati dalla Serenissima; non temevano guerre civili o assalti di eserciti stranieri; non erano relegati in suburbi, poiché le loro abitazioni fiancheggiavano quelle dei patrizi e dei mercanti con cui si mescolavano nelle calli e nei campi, parlando la stessa lingua veneta.

Fieri dell’appartenenza ad uno Stato forte e libero, partecipavano alle feste pubbliche, civili e religiose, al Carnevale, alle Regate, alle cerimonie d’elezione dei Dogi e a quelle che accompagnavano le visite di personaggi illustri.
Si spiega così la quasi totale mancanza di movimenti sociali, la fedeltà alle istituzioni ed il senso di appartenenza di così lunga durata.



Comenti

Renato Tessarin 13 maggio 2014 alle 21:31

Le barchesse furono il vero punto di distinzione ,tra la Serenissima e l’europa feudale dei castelli – Un vero spartiacque tra le culture di allora – Le barchesse rimangono il segno forse piu evidente e forte che caratterizzo il modo di vivere dei Veneti di allora – Persino nelle zone Polesane dove i Patrizi veneti andavano per puro relax a cacciare o a rifugiarsi nei periodi di gravi pestilenze nella capitale , rimangono segni indelebili di pregiati manufatti , dalla caratteristica forma a due barchesse , dove i collaboratori , familiari o agricoltori e stallieri dei nobili , trovavano ospitalita e protezione – Fu la consuetudine di una cultura della condivisione degli spazi domiciliari , che rendeva onore anche al popolo seppur non ancora sovrano , ma in anni di despoti, fu quello uno dei principali nuovi segni di una civilta che si stava gia evolvendo in democrazia

Marco D'Aviano 28 settembre 2015 alle 17:17

Brava Simonetta, hai presentato uno scritto che denota conoscenza profonda della società veneziana e veneta. L’introduzione della costituzione aristocratica non provocò grandi tensioni politico-sociali dopo il 1297 (a parte la rivolta dei Tiepolo, dei Bocconio e dei Barozzi), perché i Veneti Patrizi si accollarono per intero il peso economico, lavorativo e di responsabilità nella conduzione dello Stato. Lavoravano gratuitamente e a tempo pieno per il governo e per l’amministrazione della Giustizia. A occuparsi degli affari pubblici si perdevano soldi, non si guadagnava nulla, si sostenevano pure enormi spese di rappresentanza. Erano l’ideale cristiano e l’ideale repubblicano a motivare quei grandi uomini. Rispondevano di persona sottostando a fitti, insistenti e a volte minacciosi controlli interni, pagando carissimo i propri errori. Ciò avveniva senza l’intervento di nessuna libertà di stampa, senza talk show, senza opposizioni e senza accuse pubbliche, che invece erano aspramente riprovate. L’aristocrazia è la vera forma di democrazia, perché governano i migliori nella forma migliore attraverso la preparazione, l’educazione e il controllo reciproco. Il popolo non è quasi mai interessato a quel che succede, pretende giustamente che i poltici governino bene, di solito solo pochi si preoccupano della cosa pubblica e persino si vota in modo svogliato e superficiale. Infatti, nell’odierno smerdaro democratico tutto diviene demagogia e l’opinione popolare è tirata in ballo solo quando qualche potente ha in serbo di strumentalizzarla.





???
A FINE ‘700 SI STAVA DELINEANDO IL FUTURO STATO VENETO MODERNO
3 gennaio 2016 di Millo Bozzolan

http://venetostoria.com/2016/01/03/a-fi ... to-moderno

il paese di Badoer è un grandissimo esempio della nuova politica dell’aristocrazia veneziana verso la terraferma. ma pochi lo spiegano a scuola, ai nostri tosi

… con la Terraferma come protagonista.
Assistiamo alla fine dell’epoca della repubblica di San Marco, al prorompere di nuove forze, tutte provenienti dall’entroterra, da cui Venezia ormai traeva tutto il suo sostentamento e motivo di esistenza.

Svanito lo stato da Mar, ridotto a una parte della Dalmazia e alle isole Ionie, il porto di Venezia era diventato il naturale sbocco dell’entroterra; “era una Repubblica che si rivolgeva alla Terraferma dove l’agricoltura offriva margini notevolissimi di miglioramenti e dove si potevan realizzare alti redditi e per giunta meno aleatori di quelli ottenuti dal commercio marittimo:
“ i veneziani si volgevano dunque sempre più verso la terraferma per acquistarvi campagne e costruirvi case, soprattutto per curare i loro interessi di propietari fondiari .. e vi andavano ad abitare non solo per i periodi di villeggiatura, ma, quando potevano, per tutto l’anno; né si trattava solo di nobili e ricchi borghesi, finivano nei paesi di campagna anche sacerdoti e professionisti (come medici e chirurghi) che vi trovavano possibilità di guadagno superiori a quelli offerti dalla Dominante.. il governo favoriva questo rivitalizzarsi della campagna (Cozzi) “
(fonte G. Distefano)
La mia idea è che, mancando la calamità rappresentata da Napoleone, l’aristocrazia veneziana sarebbe finalmente, dolcemente implosa, e non avendo più le risorse finanziare e morali per reggere il governo dello stato, nella prima metà dell’800 avrebbe aperto il Gran Consiglio alla nobiltà della terraferma prima, e poi a tutte le componenti produttive della società veneta.

Dell’antico ordine aristocratico sarebbe certamente rimasto un simulacro, come è accaduto in Inghilterra, con la Camera dei Lord, a testimonianza della continuità dello stato millenario, in cui le istituzioni moderne sono tuttavia espressione della Tradizione di un popolo con una storia plurimillenaria, quale è la Nazione veneta. Ma tutto questo ci è stato tolto, sta a noi saper ricostruire il nuovo collegandoci alla nostra storia plurimillenaria. Storia unica in ambito europeo.


I conti a cogna farli co ła storia e no co ła fantaxia: ła storia ła conta ke l'arestograsia venesiana anvençe de darghe la soranedà połedega a tuti i veneti ła ghe ła ga dà a Napołeon.


Sipion Mafei e ła fine de ła Repiovega Venesiana
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