Indipendentismo veneto

Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:28 pm

Qual'è la bandiera dei veneti e del Veneto?
https://www.facebook.com/groups/5568991 ... 948009876/

Certamente non può essere la bandiera di una parte dei veneti o di uno stato che non c'è più da 222 anni e che non era lo Stato Nazionale dei veneti tutti.


La bandiera dei veneti e del Veneto, quale mai sarebbe?
https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 650097077/



Questa è attualmente la sola bandiera che rappresenta tutti i veneti, le 7 città con le loro province:

Questa è invece la bandiera di Venezia e della sua Serenissima dove sono rappresentati solo i 6 sestrieri del comune o della città di Venezia e non rappresenta tutti i veneti e tutti i territori veneti:



Il Veneto dona la bandiera della Regione per ogni neonato
20 novembre 2019

https://mattinopadova.gelocal.it/region ... Y1ELzIKtp0


Un'iniziativa che costerà 100mila euro all'anno. Valanga di critiche da Pd, LeU e Italia in comune

VENEZIA. Il Veneto si appresta a varare una legge che prevede di donare a ogni nuovo nato la bandiera della Regione, con una dotazione annua allo scopo di 100 mila euro. La proposta di legge, primo firmatario il consigliere Gabriele Michieletto della lista Zaia presidente, è stata licenziata oggi dalla Commissione referente e approderà a breve nell'aula del Consiglio regionale.

Il via libera al testo ha sollevato le proteste dell'opposizione di centrosinistra. «Siamo all'apoteosi delle leggi bandiera, una bandiera con il Leone di San Marco per ogni nuovo nato. Le famiglie hanno però bisogno di servizi, non di vessilli identitari, a meno di pensare che siano un incentivo concreto per la natalità. Centomila euro l'anno che potrebbero essere impiegati in modo decisamente migliore», afferma Graziano Azzalin (Pd). «Questa - prosegue - è la sensibilità della Giunta Zaia rispetto ai problemi delle famiglie venete. Chiedete asili? Vi diamo bandiere».

«Il Veneto è in ginocchio dopo l'ondata di maltempo della settimana scorsa - fanno notare Piero Ruzzante (LeU) e Patrizia Bartelle (Italia in comune) - le immagini della devastazione di Venezia stanno facendo il giro del mondo, ma i politici di maggioranza locali ritengono prioritario mettere all'ordine del giorno della Prima Commissione, deputata tra l'altro a occuparsi di politiche di bilancio e programmazione, e che quindi avrebbe competenza per discutere dello stanziamento di fondi per i danni causati dal maltempo, un PdL che prevede di spendere duecentomila euro, da qui al 2021, per comperare delle bandiere».

Gino Quarelo
Questa della foto non è la bandiera della regione.
Sono d'accordo solo se Zaia regalasse la bandiera del Veneto (della Regione del Veneto) e non quella di Venezia e della sua morta Serenissima.




Dall'ideologismo infantile della Serenissima alla realtà storica
Oggi 15 dicembre 2019 dopo 25 anni che è stata esposta sulla facciata di casa mia ho sostituito la bandiera della Serenissima (e di Venezia) con quella del Veneto (Regione del Veneto) e ne sono felice.
È stato un passare dall'ideologia venetista condizionata dal mito della Serenissima (con le sue falsificazioni storiche e il suo fideismo) alla realtà.

https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... 6418241981
https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... =3&theater

La maggior parte dei veneti non ha ancora preso coscienza della sua variegata e complessa storia che non è solo quella della Serenissima che per la maggioranza dei veneti è durata circa 400 anni e non mille.


Orgoglio italiano?
16 dicembre 2019
Enzo Trentin

https://www.vicenzareport.it/2019/12/or ... TIg11thGyw

Vicenza – Recentemente, un insegnante vicentino in pensione s’è lasciato andare a questo commento pubblicato in Facebook: «Storicamente quando si parla di Nazione, si deve intendere una Grande Famiglia umana legata da comunanza di origine, di lingua, di tradizioni, di religione, di territorio, con volontà di vita politica unitaria. Dopo 100 anni dalla conclusione della Grande Guerra, L’Italia, ha oramai consolidata la sua unitarietà, sul piano geografico, morale, religioso.

Di recente in Piazza all’alzabandiera uno scrosciante applauso ha salutato il tricolore che saliva sul pennone di Contrà Cavour, molti cantano l’Inno di Mameli altri Bella ciao. Dopo 1000 anni di battaglie, penso che gli Italiani siano uniti negli ideali, ma divisi dai partiti divenuti soggetti divisori. I Comuni, furono praticamente il soggetto storico che, con la Chiesa e l’Impero, hanno costruito per primi l’idea dell’Italia, bloccata a causa della lotta secolare tra Papato e Impero, tra guelfi e ghibellini.

Federico I° Barbarossa, scese in Italia ben sei volte dal 1154 al 1183, imponendo con le sue armate la politica degli Hohenstaufen residenti nel castello di Waiblinghen da cui il termine Ghibellini e dai Bavaresi favorevoli al papato che dal nome Welf del loro capostipite in Italia furono chiamati Guelfi. In molti paesi Europei la Monarchia regna da tempo. Ma la Storia Veneta ha avuto protagonisti diversi, altre istituzioni come: il Papato, I Comuni, La Repubblica Serenissima durata 1000 anni, i grandi movimenti innovatori della nascente Italia sono derivati dalle idee di letterati, filosofi, artisti, scienziati, poeti come Dante Alighieri e Francesco Petrarca che, per primi furono i teorici della politica italiana.

Francesco Petrarca 1304-1374. Era orgoglioso di essere italiano: Italicus sum. Il poeta rivendicò più volte l’identità Nazionale Italiana, specificando: Sumus enim non graeci, non barbari, sed Italicus et Latini. La Nazione, ha oramai una entità consolidata, sul piano storico geografico, morale, religioso, linguistico. Bisogna quindi essere orgogliosi di appartenere alla comunità Vicentina e Veneta. Per essere cittadini, bisogna sentirsi tali, avere la percezione del Dovere alla identità Italiana, partecipare alla vita comunitaria, molto prima che chiedere Diritti. Gli Italici, i “diritti” le li sono guadagnati nei secoli con milioni di morti e fiumi di sangue. Ma come siamo arrivati ad avere una lingua Comune?

Tra l’VIII° e il X° secolo, in Italia e nei luoghi più disparati, si diffonde un linguaggio comprensibile ai più, derivato dal latino, usato negli atti giuridici, nelle Istituzioni, negli scambi commerciali, nelle mappe, questa lingua volgare sgrammaticata fu la premessa al destino comune che sarà l’Italia. Frasi, luoghi, misurazioni appaiono nei documenti e pergamene in ogni sito. La documentazione storica si scopre in primis a Lucca nel 746 ed è una indicazione topografia: da una latere curre via pubblica. Nel 767, un documento scrive di un Loco ubi non cupatur Rio Torto. Siena 816 una pergamena descrive in volgare una misurazione di terreni: avent in logo perticas quatordice in traverso, de uno capo pedas dece, dealio nove intraverso, da uno capo duos pedes, cinque de alio capo.

Le misure espresse in volgare sono le stesse usate dai romani: cubiti, piedi, pertiche, anche il lessico italiano moderno è originato dal latino volgare che nel X° secolo per eventi politici, sociali, economici, religiosi diventa la lingua utilizzata dal Nord al Sud per identificare cibi, misure, contratti. Anno 960. La carta di Capua, custodita a Montecassino, riporta la testimonianza dovuta per una lite di possesso tra il Monastero e tal Rudergino. I testimoni giurano con la seguente formula “Sao che chelle terre per chelli fini que qui contene, trenta anni le possette parte Sancti Benedicti.” Questo linguaggio si diffonde in tutta Italia.

Roma, 1080. In un cantiere edile, si sta innalzando un obelisco, il capo mastro incalza i manovali : “Fa live (fai leva) di retro co’ lo palo. Carvoncello. Albertel Trai. Figli de puta traite”. Queste forme diffuse di linguaggio comunitario Nazionale danno il via alle lingue francese, catalano, ladino, provenzale. Anno 1224 – Con il Cantico delle creature di Francesco d’Assisi avremo: Altissimo, onnipotente, bon Signore, tue so’ le laude, la gloria, e l’onore et benedictione. I due secoli successivi all’anno 1000, sono per l’Italia il grande dramma storico, che porterà sulla scena d’Europa, il cammino di un popolo verso l’Unità, con municipalismi conflittuali, ma con una chiara identificazione di Nazione, popolo, lingua, Stato, esplosa con il Risorgimento.»

Questo modo di pensare (e di insegnare?) intende proteggere quanto più è possibile il potere politico dalla società alla quale dovrebbe legittimità. Un grandissimo guazzabuglio che è riuscito a reggere grazie al monopolio (o almeno sonante egemonia) nei mass media, nei sindacati, nelle università, ove due pesi e due misure è stato ed è normale respiro. Ma a prezzo di una confusione terribile. Un gioco delle tre carte quotidiano. Una propaganda degna di un Joseph Goebbels, ovunque applicando con rigore i principi della “morale democratica” che di democratico in questo paese ha assai poco. Una vera e propria “dittatura della cultura”. Appaiono, dunque, opportuni qualche commento e constatazione:

“Uniti negli ideali”? Quali? Se parliamo di lingua l’italiana essa è l’idioma toscano. In casa Savoia (che erano francesi e non piemontesi) all’epoca dell’unità d’Italia (1861) si parlava francese. I Savoia non imponevano mai lingue completamente estranee alla tradizione locale. In Piemonte, Nizza e Liguria la lingua era l’italiano e non il francese, perché non era nel loro interesse dare spazio a future ingerenze francesi su un proprio possedimento. Proprio per questa ragione premiarono l’Italiano in luogo dello spagnolo.

Quali sono gli ideali nell’attuale conduzione della cosa pubblica? Oggi le grandi opere: Tav/Tac, Mose, Alitalia, autostrade, banche, pedemontane varie sono “veicoli” di corruzione o acquisto di consenso elettorale. La situazione economica del paese è lì a testimoniarlo (vedi qui). Se mai ci furono, questi ideali (ma si trattava di geopolitica) furono quelli contro il comunismo; che in Italia contava il partito più forte d’Europa dopo l’URSS.

Si può concordare sul “essere orgogliosi di appartenere alla comunità Vicentina e Veneta”; perché in questi territori si sviluppò la civiltà comunale: intorno alla metà del 1200 Vicenza è addirittura città-stato. Per comprendere cosa questo significhi, è necessario tener presente che sin dagli albori della storia la società dell’uomo era stata dominata da un principio politico indiscusso e indiscutibile, addirittura sacro: nessuna comunità poteva nascere, sopravvivere e crescere senza che un monarca la reggesse, ovviamente per diritto divino.

Con la civiltà comunale c’è invece la repubblica, la democrazia, l’autogoverno locale, la volontà che sale dal basso, i governanti controllati dai governati (quindi i cittadini, comunque abbiano votato – ma spesso c’è l’estrazione -, tutti all’opposizione rispetto al governo), il governo forte coi forti e debole coi deboli, il governo dei molti (o di tutti: quod omnes tangit ab omnibus adprobari debet, ossia ciò che riguarda tutti da tutti deve essere approvato) e quindi l’ottimismo verso la capacità del popolo di autogovernarsi. In sintesi, e schematizzando, si può dire che quanto più una situazione è democratica, repubblicana, tanto più il potere è decentrato e diffuso e la volontà sale dal basso, quanti più sono quelli che governano. È una constatazione che fa, circa un secolo prima, in un giorno del 1143 Otto von Freising, ossia Ottone di Frisinga, vescovo e studioso nonché zio di Federico I° di Svevia detto il Barbarossa, che durante un viaggio scoprì – assai scandalizzato, ci dice il professor Quentin Skinner di Cambridge – come quel sacro principio in Italia era stato violato.

Nel nord della Penisola infatti le città si governavano da sole. Era successo che lì, intorno all’anno Mille e per la prima volta nella storia allora nota, i sudditi si erano ribellati alla signoria, ad ogni forma di signoria laica o religiosa che fosse, e si erano trasformati in cittadini e costituiti in libero Comune, privando per maggiore cautela, soprattutto in Toscana, e a Venezia (qui non c’era l’aristocrazia nobiliare, al massimo i più meritevoli erano appellati come Nobil Homo), la nobiltà di ogni diritto politico attivo e passivo. A Siena, che fu più rigorosa di ogni altra città sotto questo aspetto, la norma rimase in vigore fino alla caduta della Repubblica nel 1555. Ultimo libero Comune a cadere ad opera di Carlo V d’Asburgo. Alla difesa di Siena combatterono anche le donne, e Blaise de Montluc, rappresentate dell’imperatore ed uno dei più importanti condottieri del secolo, scriverà nelle sue memorie: “preferirei difendere Roma con le donne senesi piuttosto che con i soldati che là stanno”.

Insomma, non c’era più una plebe, ma un popolo capace di provare sentimenti nuovi e straordinari come l’amore per la città-patria, la fierezza di sentirsene cittadino pari a tutti gli altri e di sentirsene nel contempo, sempre insieme agli altri, padrone. Si trattava, in sintesi, dell’orgoglio civico e di tutto il resto che oggi va sotto il nome di capitale sociale: il civismo, i pari diritti, la fiducia e il rispetto reciproci, la solidarietà, la cooperazione, tutto quello insomma che ancora, dopo quasi mille anni, distingue il nord del Paese da un sud a cui quell’aspirazione fu negata, talvolta soffocandola nel sangue.

Interessante sarebbe parlare dei vari Pali comunali. Ovvero le grandi manovre attraverso le quali il popolo (borghesi, commercianti, artigiani, mano d’opera varia) si addestravano all’uso delle armi. Una abilità che consentì la vittoria sugli uomini d’arme (i professionisti) nella battaglia di Legnano il 29 maggio 1176 ad opera della Lega Lombarda che comprendeva anche le milizie venete, Vicenza compresa.

Poi, chiedere oggi Diritti diviene pleonastico, poiché un diritto (quello di partecipare alla vita pubblica) che non viene riconosciuto non vale molto. Per partecipare alla vita comunitaria (fatta eccezione per l’iscrizione ai criticabili partiti politici), si dovrebbero indicare gli strumenti, perché quelli previsti dalla Carta Europea delle Autonomie locali: istanze, petizioni, proposte di delibera, referendum, recall, sono stati totalmente edulcorati dalla partitocrazia imperante. Basti vedere il referendum consultivo addirittura assente in questa prefigurazione dal Decreto legislativo 267/2000 (Testo Unico Delle Leggi Sull’ordinamento Degli Enti Locali ) e sue modificazioni. E che il referendum consultivo sia un furto di democrazia lo dimostra in risultato plebiscitario sull’autonomia (nel 2017, +98% a favore); che quando e se verrà risulterà… “inadeguata” (per usare un eufemismo).

E ancora su: “Gli Italici, i “diritti” se li sono guadagnati nei secoli con milioni di morti e fiumi di sangue”. Qui si può osservare che i morti e i fiumi di sangue sono stati versati da uno Stato che non mai ha mai subito aggressioni da nessuno, e che nei suoi 158 anni di vita ha condotto solo guerre d’aggressione, a partire dalla lotta al “brigantaggio” del sud, che fu una vera guerra d’aggressione (vedi qui).

Singolare che alla figura di Enrico Cialdini (e molti altri della sua “statura”) siano state intitolate vie e piazze. Eppure costui, smessa presto ogni velleità di riprendere gli studi di medicina, condusse per sua stessa ammissione una vita “scioperatissima”. Verso la fine del 1832 si ammalò di colera: quando ne guarì, si recò in Portogallo al servizio di don Pedro, l’imperatore del Brasile tornato in Europa a guidare il partito costituzionale contro il fratello don Miguel. Il 1°marzo 1833 iniziò, così, col grado di granatiere nel 2° reggimento di fanteria leggera, la sua carriera militare. Deciso a combattere, il 9 giugno 1848 si unì al corpo di truppe pontificie che, agli ordini di Giovanni Durando, erano entrate nel Veneto; destinato con Massimo d’Azeglio al settore dei Colli Berici per la difesa di Vicenza, il 10 giugno, durante un sanguinoso quanto inutile contrattacco, ebbe il ventre perforato da una pallottola in maniera che parve fatale. Adeguatamente curato, si riprese; convalescente, chiese di essere arruolato nell’esercito sardo, il solo che gli offrisse la prospettiva di un impiego.

Saltando a piè pari la sua lunga carriera militare, passiamo al 1861. Cialdini entrò nel Molise; vinta presso Isernia la resistenza di contadini e regolari borbonici, diede rigide disposizioni sull’atteggiamento da assumere verso la popolazione. Su queste disposizioni il 14 agosto 1861 il Colonnello vicentino Pier Eleonoro Negri condusse nella regione di Benevento le operazioni di lotta al brigantaggio postunitario, e in particolare intervenne a Pontelandolfo e Casalduni che vennero quasi rasi al suolo, lasciando circa 3.000 persone senza dimora. Il numero di vittime è tuttora controverso, ma Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella riportano che alcuni autori lo stimano compreso fra il centinaio e il migliaio.

È stupefacente che a questi “eroi” risorgimentali siano dedicate vie e piazze, e – per esempio – i tedeschi che praticarono la stessa dottrina militare siano stati bollati dalla storia come criminali nazisti. Infatti: il 29 settembre 1944, il maggiore Walter Reder, comandante di un battaglione di ricognitori della 16ª divisione Panzergrenadier Reichsführer-SS, sterminarono 1836 civili di ogni età e sesso, devastando l’abitato di Marzabotto (BO). E qui ignoriamo volutamente altri capi militari come il generale macellaio Luigi Cadorna (I G.M.) e Pietro Badoglio (II G.M.), poiché troppo note sono le loro responsabilità.

Sull’orgoglio Italiano perché non ascoltare anche queste voci:

«…penso che l’armistizio di Badoglio sia stato il più grande tradimento della storia…» (Dalle “Memorie” di Bernard Montgomery)
«… la resa dell’Italia fu uno sporco affare. Tutte la nazioni elencano nella loro storia guerre vinte e guerre perse, ma l’Italia è la sola ad aver perduto questa guerra con disonore, salvato solo in parte dal sacrificio dei combattenti della RSI …» (da “Diario di Guerra” di Eisenhower, Comandante supremo delle Forze USA nello scacchiere europeo)
«Certamente non mi garba l’idea che questi ex nemici mutino opinione quando sanno che stanno per essere battuti e passino dalla nostra parte per ottenere d’essere aiutati a mantenere il potere politico.» (Harry Hopkins, consigliere di Roosevelt)
«… il fatto è che il Governo italiano decise di capitolare non perché si vide incapace di offrire ulteriore resistenza ma perché era venuto, come in passato, il momento di saltare dalla parte del vincitore…» (da “Le armate alleate in Italia” del Generale Alexander)
«… l’Italia fu fedele al suo carattere di sciacallo internazionale, sempre in cerca di compenso per i suoi tradimenti …» (da “Storia della diplomazia” di Potemkin, ambasciatore sovietico a Roma).

Il lettore si metta comodo, è anche necessario qualche cenno sull’emigrazione. Nel 1800 tutta l’Europa emigra. Non si capisce l’emigrazione italiana se si ignora che essa è parte della colossale trasmigrazione che ha portato nell’Ottocento circa 60 milioni di europei al di là dell’Oceano. Un esempio illuminante. Anche la grande Germania aveva, in quegli anni, una forte emigrazione, ma i cittadini tedeschi partivano nell’ordine. Sapevano dove dovevano andare. Erano informati e guidati. Venivano mandati solo dove la terra era buona e dove gli emigrati erano protetti, lasciando agli altri (agli italiani, appunto… ) i posti più difficili. Quella italiana era un’emigrazione senza guida, allo sbando. Era nelle mani degli altri.

Dal 1876, silenziosamente i padroni delle terre perdono il loro potere a vantaggio dei signori della finanza e dell’industria. Il Mezzogiorno conosce i primi segni della sua condanna. La grande emigrazione italiana trova qui il suo principale terreno di cultura. La sconfitta delle campagne si trasformerà presto in un fiume tumultuoso formato da colonne di contadini cacciati dalle loro terre perché, nella Penisola, sono i signori della finanza e dell’industria che si fanno strada ed il Governo è incapace di sovrastarli.

L’emigrazione coglie il Paese di sorpresa. Nessuno era preparato: né il Governo, né il Parlamento, né la Chiesa, né i partiti. Nemmeno il partito socialista, che pure era il partito dei diseredati. Una corretta narrazione aiuta a capire perché l’emigrazione italiana, in un certo senso necessaria, sia stata fra tutte la più numerosa, la più disperata, la più abbandonata, la più sfruttata.

A differenza di altri Paesi, in Italia lo sciopero è proibito: chi vi prende parte è punito con il carcere. I lavoratori italiani hanno solo due alternative: ribellarsi o emigrare. La gente parte. A volte si muovono interi villaggi, con il parroco in testa. Partono anche di notte, al buio e in silenzio, quasi fosse tempo di guerra e il nemico stesse in agguato.

Qua e là si ode il grido: Viva l’America! Morte ai signori! L’emigrazione diventa veramente, per tutto un popolo, una liberazione: dai padroni oppressori, dalla terra che non li mantiene, dal bisogno che incalza, da un Governo inesistente e insensibile. «Noi andiamo in Brasile – gridano alcuni – Ora toccherà ai padroni lavorare la terra…»

Dopo che già erano una realtà appariscente, nel 1887 i reclutatori saranno riconosciuti ufficialmente dallo Stato. La loro azione sarà nefasta. Nel 1892 in Italia c’erano 30 agenzie di emigrazione e 5.172 subagenti che convincono la povera gente a partire. Gli agenti erano assunti dalle società di emigrazione e molti di loro erano noti per la mancanza di onestà. Dietro a queste società c’erano gli interessi degli armatori e delle compagnie italiane di navigazione responsabili delle tante morti che accadevano durante la traversata. Le illusioni sono molte; gli imbrogli moltissimi.

Questi reclutatori sono vere e proprie canaglie che promettono mari e monti, ma arrivano da lontano racconti inquietanti. C’è, per esempio, la storia di un bastimento (siamo nell’inverno 1873) carico di contadini abruzzesi diretti a Buenos Aires, dove li attendono parenti ed amici, e che finisce invece a New York. O quell’altra che parla di alcune centinaia di emigranti che avevano venduto ogni cosa; avevano consegnato i soldi a un agente di emigrazione e avevano raggiunto faticosamente il porto di Napoli. Lì avevano scoperto di essere stati truffati ed erano stati rispediti a casa, tra molte lacrime e imprecazioni.

Sempre dai reclutatori (siamo a Bari nel 1874) gli emigranti ricevono in prestito 100 ducati in lire di carta. Dovranno restituirne 150 in oro. L’operazione è fatta per gruppi di dieci persone, ognuna delle quali è responsabile per tutto il gruppo. Se qualcuno muore durante la traversata o dopo per malattie infettive, quelli che si salvano, anche se è uno solo, devono pagare per tutti. Se spediscono i risparmi a casa, vengono sequestrati alla posta. Quando nel 1887 i reclutatori sono riconosciuti ufficialmente, è difficile credere che lo Stato non conoscesse la loro nefanda attività.

In quella seconda meta del XIX secolo solo un grande Vescovo fa una scelta giusta. Sono ormai 100.000 ogni anno gli italiani che emigrano. Le partenze avvengono in un clima di scandalosa indifferenza. È Mons. Giovanni Battista Scalabrini che interviene fondando le congregazioni dei missionari e delle suore di san Carlo Borromeo (scalabriniani) che assistono e condividono le vicissitudini degli emigranti. Le sue iniziative a favore di questa umanità dolente (non solo italiani) gli meritano riconoscenza e ammirazione. Sarà proclamato beato da papa Giovanni Paolo II il 9 novembre 1997.

Alla fine della seconda guerra mondiale il Belgio necessitava di mano d’opera, poco qualificata e disposta e scendere in miniera, cosa che gli operai belgi non erano più disposti a fare. Questa domanda venne colmata dagli operai stranieri, soprattutto da italiani nel primo decennio post-bellico. L’Italia è la prima nazione ad inviare i suoi uomini a lavorare in Belgio nell’ambito di accordi bilaterali per lo scambio tra mano d’opera e carbone. Ovvero, lo Stato italiano “vende” i suoi cittadini in cambio di carbone.

Quando arrivano i primi treni di lavoratori italiani, il clima culturale non è certo buono. Vengono principalmente assimilati al regime fascista, al nemico vinto. D’altro canto, le loro condizioni di vita sono disastrose. Ammucchiati nei vecchi campi di prigionia tedeschi la loro “immagine” non è certo rosea. Una promiscuità indiscutibile e le condizioni igieniche deplorevoli dei ghetti minerari belgi diventano un tema ricorrente di critica xenofoba contro gli italiani. Questi numerosi gruppi maschili, sporchi, rumorosi, e a volte violenti vengono visti come una “minaccia” per l’ordine e la moralità. Nell’immaginario pubblico, l’italiano diventa la figura più negativa della scala sociale di pari passo con quella del “minatore”. Se poi qualcuno si rifiuta di scendere in miniera viene lestamente incarcerato finché non si ravvede e torna nei pozzi. Di rimpatrio, nemmeno a parlarne. E l’Italia che fa? Guarda altrove!

Oltre cento anni di emigrazione possono essere ora giudicati. Per esempio, se in una casa c’è un rubinetto che perde e dopo due tre anni perde ancora, vuol dire che nessuno ha fatto qualche cosa per ripararlo. Se dopo venti o trent’anni continua a perdere, vuol dire che quell’acqua persa non dava fastidio a nessuno. Anzi, andava bene così. Era più utile che il rubinetto continuasse a perdere. Il rubinetto dell’emigrazione ha continuato a perdere, ininterrottamente, per ben oltre cento lunghissimi anni. Attraverso quel rubinetto sono passati 27 milioni di italiani. Quando finalmente il rubinetto si è fermato non era perché gli uomini erano diventati più saggi. Semplicemente non c’era più acqua.

Ora quest’acqua è tornata a scorrere: 115.000 giovani (in gran parte laureati) hanno emigrato lo scorso anno, e altrettanti se ne prevedono per il 2019. In compenso arrivano gli stranieri che non trovando un’occupazione debbono essere accuditi. Cosa, questa, impensabile per i nostri emigranti. È il nuovo volto dell’emigrazione. Ora sono gli stranieri che cercano nella penisola un posto di lavoro e un gesto di solidarietà. La presenza degli stranieri sarà, nei prossimi anni, il problema sociale più importante e drammatico dell’Italia.

Ma gli italiani che consapevolezza di tutto ciò hanno? In un’indagine OCSE, il cui obiettivo era quello di accertare la preparazione degli studenti quindicenni europei, si è voluto testare anche la capacità di apprendimento nella lettura di un testo che, nella media europea, viene indicata in 487 punti. Da questo punto di vista, l’Italia è divisa nettamente in senso latitudinale riscontrando: a Nord l’eccellenza (Nord Est con 501 punti e Nord Ovest con 498, sopra la media europea); al Centro la conferma della media europea con 484; al Sud un deficit con 453 punti, sotto la media europea, e nelle Isole un grave deficit con 439 punti, nettamente sotto la media CE.

In pratica, più basso è il punteggio e maggiore è la difficoltà riscontrata nell’apprensione di quanto si legge. Il Rapporto Ocse-Pisa 2018 rileva che gli studenti italiani sono deboli in lettura e scienze, peggiorati negli ultimi 10 anni. ‘Rimandati’ in lettura e scienze, 1 su 4 non sa la matematica. Sei ragazzi su 10 saltano le lezioni. Cosa ci sia da essere orgogliosi è cosa che sfugge a molti.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:28 pm

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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:29 pm

Le premesse sbagliate dell'indipendentismo veneto
Le premesse sbagliate dell'indipendentismo veneto: demenze, falsità, imprecisioni e pregiudizi.
https://www.facebook.com/groups/5568991 ... 084673329/


1) Il Plebiscito del 1866 per l'annessione allo Stato italiano fu una truffa.
2) I territori veneti sono stati occupati dallo stato italiano con l'inganno e la violenza.
3) I veneti sono un popolo il popolo della Serenissima che era lo Stato nazionale dei veneti.
4) La Serenissima o Stato dei veneti cadde per volontà criminale di Napoleone, della Rivoluzione democratica francese, e non fu più ripristinata per colpa degli stati europei che le congiurarono contro violando il diritto internazionale del Popolo veneto di riavere il suo Stato.
5) La minoranza degli indipendentisti che si rifanno a Venezia e alla Serenissima sono i veri veneti, sono il popolo veneto e hanno diritto all'autodeterminazione anche se sono minoranza minimale tra i veneti che invece si vogliono parte dello stato italiano, magari con una certa autonomia.
6) L'annessione del Veneto all'Italia è stata abrogata nel 2010 con la abrogazione del Regio decreto 3300 del 4 novembre del 1866 con il quale «le provincie della Venezia e quelle di Mantova fanno parte integrante del Regno d'Italia».
7) La democrazia è un male mentre l'aristocrazia è un bene.
9) La fede cristiana in S.Marco renderà indipendenti i veneti e il suo recupero integrale farà ritornare la Serenissima che era il paradiso dei veneti in terra.
10) La Patria veneta è la Serenissima e non il Veento, la Serenissima del tempo che fu con tutti i suoi domini territoriali di terra e di mare.
11) Il nocivo vittimismo venetista e la mancanza assoluta di riconoscimento e di assunzione delle responsabilità storiche dei veneti che non possono sensatamente non esserci relativamente alla loro vicende.
12) Il mito acritico della Serenissima, della sua aristocrazia, del suo impero, con il suo fideismo marciano non giova certo ad aggregare la maggioranza dei veneti legati all'Italia mitica risorgimentale, romana, nazionale, cattolica, ...
13) La Serenissima era uno stato federale, con un ordinamento istituzionale all'avanguardia, con un'elite aristocratica veneziana illuminata dedita al servizio dello stato, del bene pubblico, del popolo.

Queste premesse errate sono la causa principale del decennale fallimento dell'indipendentismo veneto a cominciare dalla sua scarsa presa culturale e politica sui veneti, passando poi per tutte le iniziative politiche e culturali intraprese finora come quella referendara, sulla minoranza linguistica, sulla lingua veneta, ... e per la mancanza totale di un progetto politico sensato capace di aggregare tutti i movimentini, le personalità e l'adesione di una maggioranza significativa dei veneti.
Anche la mala formazione delle personalità di punta e pensanti (gli intellettuali e le esemplarità umano-politiche) e dei gruppi culturali di avanguardia, nonché quella delle organizzazioni politiche (associazioni, movimenti, partiti) dipende da queste erroneità di base.



Le premesse sbagliate dell'indipendentismo veneto e venezianista
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0851182827
https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 6680472408
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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:29 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:30 pm

L'antisemitismo presente nell'indipendentismo veneto

L'antisemitismo presente nell'indipendentismo veneto, antigiudaismo, antisionismo, antisraelismo, non giova certo a portare acqua al suo mulino ma ad aumentare il numero dei suoi critici ed oppositori.
https://www.facebook.com/groups/5568991 ... 161336488/

Il venetismo venezianista è diventato un covo di fanatici nazi venezianisti demenzialmente antisemiti antigiudei e antisraeliani.
viewtopic.php?f=153&t=2880
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3848977870


Chissà se il Partito del Veneti è antisemita e antisraeliano?
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 7003387674







Venetisti venezianisti demenziali antiamericani, antisemiti e filo nazimaomettani

GRANDE INTERVENTO DI "EUROPA VENETA" IN SOLIDARIETÀ ALLA NOBILE NAZIONE DI PERSIA
Europa Veneta
Venezia, 5 gennaio 2020
https://www.facebook.com/fabian.bonora/ ... 6566239588


In questo tragico frangente della politica internazionale, Europa Veneta desidera esprimere la solidarietà dei Veneti alla nobile Nazione di Persia.
Di seguito postiamo i documenti storici illustrati durante una mostra tenutasi a Palazzo Ducale nel 2014: “I doni di Shah Abbas il Grande alla Serenissima. Relazioni diplomatiche tra la Repubblica di Venezia e la Persia Safavide”.
Ancor oggi, in un dipinto di Gabriele Caliari che staziona nella Sala delle Quattro Porte a Palazzo Ducale, si nota il Doge N.H. Marin Grimani circondato dalla presenza amichevole degli inviati della Corte persiana, che recano doni alla Veneta Repubblica per suggellare i rapporti di alleanza tra le due potenze.
Veneti ed Iraniani, dunque, sono stretti da un’intima amicizia millenaria, come si vede dallo straordinario atteggiamento di vicinanza tra i personaggi rappresentati.
Sebbene già allora i Persiani seguissero la Fede mussulmana sciita, mentre i Veneti coltivassero una profonda Fede cattolica, molti dei doni persiani recano tematiche religiose, segno dei profondi legami che legavano queste Nazioni, sapendo apprezzare anche i tratti comuni che caratterizzano le due differenti Dottrine.
A seguito del vile assassinio di cui sono caduti vittime il Generale Qasem Soleimani e numerosi altri funzionari di Stato dell’Iran e dell’Iraq presso l’aeroporto di Bagdad, Europa Veneta esprime la più ferma condanna dei responsabili, rei confessi.
In nome della storica amicizia con la Persia, attuale Iran, è necessario ammonire chi creda di infrangere questi sacri legami: non si sentano al sicuro i tessitori di queste trame oscure contro la Pace tra le Nazioni e la loro sicurezza.
La mano di Dio, prima o poi, farà rimbombare Verità e Giustizia con la potenza del tuono.
Ancora una volta, Europa Veneta esorta i Veneti a impegnarsi nella liberazione delle Terre di San Marco dall’occupazione delle forze oscure legate al nazionalismo italiano, alla massoneria, all’Alta Finanza sionista, per far tornare la Veneta Nazione a quel faro di Civiltà che i nostri Antenati l’hanno resa.


Dalla parte del male ci sta solo il male e non il bene
viewtopic.php?f=188&t=2893
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8930464054

Stare dalla parte della dittatura teocratica iraniana nazi maomettana e dei suoi capi politico-religiosi e militari è peggio che stare dalla parte di Hilter e della Germania nazista.
Chi difende il regime iraniano non difende il paradiso in terra ma un mondo infernale.
Chiamare eroe un criminale terrorista assassino come Soleimani non è diverso dal chiamare eroe Osama bin Laden o Abu Bakr al Baghdadi o Adolf Eichmann o Heinrich Himmler o Maometto o Stalin o Hitler.
Tutti questi personaggi sono agenti del male che hanno operato contro il bene promuovendo la morte e non si possono in alcun modo definire come eroi che per loro natura promuovono solo il bene e la vita magari morendo loro per salvare altri.
Chi promuove il terrore, l'orrore e la morte e da la morte per affermare il suo idolo, la sua ideologia totalitaria e senza rispetto per gli altri, non è un eroe ma un criminale e chi lo sostiene o lo esalta né è complice.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:30 pm

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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:31 pm

Identità, storia e cultura e le manipolazioni storico-ideologiche dei venezianisti
https://www.facebook.com/groups/5568991 ... 897996181/

I veneti sono costituiti in prevalenza da genti di terra, di montagna, di lago e di fiume e non da genti di mare come i veneziani.
I veneti in stragrande maggioranza sono campagnoli e montanari, contadini, agricoltori, allevatori, boscaioli, scavatori, muratori, artigiani, tessitori, metallurgici, ... non sono marinai, pescatori di mare e mercanti.
La maggior parte dei veneti vivono lontano dalle lagune adriatiche, hanno le loro città un tempo fortificate, i loro castelli, le loro ville, i loro palazzi, i loro borghi, casali, corti e fattorie e le loro storie secolari e millenarie che sono altro e diverse da quella di Venezia con la quale hanno avuto in comune per 4cento anni la storia della Serenissima di cui però erano sudditi.
Identità, culture e storie che non vanno sminuite, dimenticate, oscurate, trascurate per esaltare e cantare Venezia la sua storia, il suo morto impero e il suo mito.

Venezia ha la sua gloria nel passato imperiale ma è a Padova che è sorta la prima università veneta, anche il Palazzo Ducale veneziano viene dai palazzi delle città comunali dell'entroterra padano venete ed europee dove sono sorti e si sono sviluppati gli ordinamenti cittadini comunali repubblicani e democratici delle città stato, assi portanti degli stati moderni.


Ecco un caso di manipolazione ideologica e mitologica della storia

Intervieni con S.Marco
Ufficio di Presidenza

Veneti, oggi abbiamo il dovere di difendere i valori delle nostre comunità, della nostra storia cultura e delle nostre tradizioni.

Sembra ripetitivo continuare a rimarcare questa tesi ma i tempi odierni ce lo impongono, non che in altri periodi questo compito sia stato da trascurare, ma la logica impone che sia così per sempre, e visto il decadimento morale e politico che le nostre comunità attraversano nei tempi attuali in cui siamo occupati dall’italia, bisogna serrare le fila ed essere il più valenti possibile.

Dopo oltre 30 anni di demagogia politica dove i grandi strateghi hanno proposto svariati metodi per liberarsi dal centralismo romano siamo prigionieri, tanto se non più di prima: ci hanno proposto vaghe autonomie, secessioni, devolution, padanie, lombardi veneti, macroregioni, indipendenze, repubbliche del nord, partiti venetisti ecc.. e tutto questo inganno lo hanno potuto configurare attingendo da quel grande carattere che è la voglia di libertà, che i veneti si portano nel loro dna da molte generazioni.

I veneti devono assolutamente prendere in esame questi fatti recenti della nostra storia per trarne le dovute conseguenze e sviluppare un percorso valido ed efficace per ripristinare all’interno del loro territorio la libera potestà delle comunità.

Se i veneti hanno a cuore la libertà e l’autodeterminazione più di qualsiasi altro popolo della penisola italiana, questo lo si deve esclusivamente alla nostra storia che con più di 4000 anni di testimonianza ha fatto si che la sua specificità sia stata il primario tratto distintivo all’interno dei propri territori liberi, sovrani, indipendenti, caratterizzati dal libero arbitrio a partire dalle piccolissime comunità autoctone, per andare poi a difendere ed a contribuire a far sopravvivere le autonomie di popoli in quasi tutto il mediterraneo orientale.

Questa volontà è stata cimentata (istituzionalmente) oggigiorno dalla grande volontà dei veneti nella vittoria schiacciante del referendum per l’autonomia del 2017 e questo, se mai ce ne fosse stato bisogno, non può essere negato.

Se pensiamo a tutti gli studi, convegni, esternazioni, dibattiti ecc.. che il mondo accademico e politico si è imbattuto in questi ultimi 30-40 anni per cercare di presentarci una qualsivoglia forma di simil-federalismo adatto agli standard attuali, bisogna essere realistici ed affermare che se si fa un’analisi storica obiettiva, la strada principale per confrontarci sulle libertà comunitarie, per ricavarne una possibile via interpretativa, questa non può essere che l’esempio ed il modello della Veneta Serenissima Repubblica ed i valori incrociati che esistevano tra lo stato federale e tutte le comunità che costituivano l’intero suo dominio; il loro contraltare possono essere sicuramente gli stati imperiali e le ideologie post illuministiche, con a capo i partiti succubi delle loro segreterie centrali, che tuttora dominano il potere.

Posso dire che la lungimiranza delle istituzioni venete furono facilitate da due importanti fattori intrecciati tra loro e cioè il patriottismo delle genti all’interno dei confini veneti e contemporaneamente la difesa delle leggi e delle istituzioni nell’ordinamento veneto durante i 1100 anni di repubblica.

A questo punto è necessario capire con quali armi si deve combattere la battaglia per l’indipendenza della veneta patria: la prima è essere coscienti che qualsiasi soluzione per un ordine autonomista o federalista lo si può trovare necessariamente nella storia della Veneta Serenissima Repubblica che senza ombra di dubbio è stata l’espressione più evidente nei secoli della libertà e del libero arbitrio concesso ai suoi vari popoli che la componevano, e per questo capro espiatorio e vittima di ostilità ed accanite divergenze da parte degli avidi interessi totalitari imperanti all’interno delle varie casate di potere.

Appurato questo, bisogna trasformarsi senza esitazione alcuna in veri patrioti, validi difensori della nostra storia serenissima, mutando il nostro essere quotidiano impostaci dallo stato occupante creando i presupposti per far rinascere le nostre comunità, facendole diventare dei veri centri autogestiti che uniti formeranno la nuova Veneta Serenissima Repubblica: abbandonando definitivamente tutti quei legami impostatici dalla centralità degli ordinamenti occupanti, figli solo di poteri alieni con lo scopo tangibile oramai agli occhi di tutti della rapina legalizzata di tutte le nostre sostanze.

Patrioti vuol dire prendere una decisione chiara e consapevole di cosa si vuol essere e di come vorremmo tutto quello che ci circonda, dalla società all’ambiente, al rapporto con i nostri vicini e se vogliamo con il mondo intero. Ciò lo si può fare ed avere come è avvenuto per secoli nei nostri territori senza però delegare la nostra partecipazione attiva ad elementi staccati ed avulsi alla nostra storia, referenti a centri di potere lontani e scollegati con la nostra realtà quotidiana; la libertà la possiamo avere soltanto se si decide in maniera chiara e distintiva da che parte stare: o con Il Veneto e la sua plurimillenaria storia o con l’occupante italiano (emanazione di una società e di un’economia antitetica a quella delle piccole patrie che amano la propria libertà e la propria felicità).
Quando avremo capito questo ed avremmo fatto la nostra scelta, saremo pronti a vincere, a ritornare indipendenti a mettere da parte le nostre diversità, ricreando le nostre comunità libere, patriottiche e in simbiosi con il nostro territorio per un futuro più equilibrato e valoroso per tutti.
Dunque, eleggere a guida socio-politica la storia della veneta serenissima repubblica isolando definitivamente la cultura central-colonialista impostaci dallo stato occupante attraverso i suoi vari gretti galoppini territoriali, e prendere una decisione chiara e netta, mutando la nostra apatia verso la cosa pubblica e la società che ci circonda trasformandoci da cittadini avulsi in patrioti connessi con il territorio che ci circonda, influenzandolo in maniera chiara e decisa verso la nostra necessaria e inviolabile indipendenza che per secoli ha illuminato i nostri territori e le nostre genti.
Non ci può essere libertà se non si decide da che parte stare, in modo netto e distintivo senza se e senza ma; la via di mezzo non funziona anzi serve solo per alimentare il potere dei nostri occupanti. L’esempio più indiscutibile se si vuole ricercare nella nostra storia rimane sempre il tragico errore che la classe dirigente della Serenissima ha fatto a fine 700 proclamando una neutralità armata che portò inesorabilmente alla caduta della serenissima repubblica ed inevitabilmente alla perdita del nostro libero arbitrio.

Venezia-Longarone, 18 gennaio 2020
Il Presidente del Veneto Serenissimo Governo
Luca Peroni
Veneto Serenissimo Governo
segreteriadistato@serenissimogoverno.org, – kancelliere@katamail.com,
Tel. +39 349 1847544 - +39 340 6613027
www.serenissimogoverno.eu
www.radionazionaleveneta.org



Gino Quarelo
Quante assurdità che scrivono questi e come manipolano la storia.
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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:32 pm

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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:33 pm

Il mito della Serenissima e di Venezia capitale imperiale fa male
https://www.facebook.com/groups/5568991 ... 764640961/


Il mito della Serenissima e di Venezia capitale imperiale fa male a Venezia e ai veneziani, al Veneto e ai veneti.
Venezia non è più la città più ricca d'Europa, della penisola italica e del Veneto, non è più la città dominante dei veneti, dell'Adriatico e del Mediterraneo; Venezia non è più la capitale di un impero, morto da 222 anni, ma è solo una delle 7 città del Veneto e dei veneti, quella che ha reso celebri il Veneto e i veneti nel Mondo intero, ma ripeto non è più la capitale dell'impero serenissimo e nemmeno la città politicamente dominante dell'area veneta, i veneziano se ne facciano una ragione, scoprano la vera realtà odierna di Venezia e da questa si riparta per ristrutturarsi e riadattarsi al tempo nuovo e al mare che forse si sta nuovamente alzando come si sta alzando da 12mila anni, dall'inizio della deglaciazione di Würm e partecipi solidarmente efraternamente agli altri veneti del Veneto come non ha fatto a suo tempo quando era la Serenissima e non ha saputo fraternizzare democraticamente con gli altri veneti e per viltà è venuta meno ai suoi doveri di dominante.



Ecco alcuni esempi tipici di mentalità, di vittimismo e di irresponsabilità derivanti del mito veneziano

“NESSUNO HA MOSTRATO SOLIDARIETÀ PER VENEZIA”
Chiara Donà Delle Rose.
Millo Bozzolan · 24 Novembre 2019

https://www.venetostoria.com/?p=17042&f ... 7l0LcXsFkM

Nuova lettera aperta scritta dalla contessa Chiara Modica Donà Dalle Rose, esponente di rilievo della classe intellettuale femminile di Venezia, Presidente della Biennale Internazionale di Arte Sacra, componente del Cda dell’Università d’Architettura di Venezia.

Ecco la lettera:

“Dopo lunghe ed interminabili sorde 48 ore, in cui abbiamo ascoltato pazienti le opinioni, le critiche, i consigli e perfino visto i sorrisi divertiti dei selfie dei turisti (e non solo) davanti allo scenario di una devastazione incontrollata ed a tratti irreversibile, ancora nessuna proprio nessuno ha proposto di donare a Venezia ed ai suoi cittadini tutti (senza lode ed onori, senza titoli o presunti titoli) a questi numerosi guardiani del faro, un aiuto per la ricostruzione, il restauro, la ricerca concreta e tecnologica al problema del cataclisma innaturale dell’immersione di questo antico, preziosissimo e delicatissimo monumento dell’umanità di 830 ettari di terreno, la più grande opera di master painting della storia le tableau vivent Venezia e dei suoi 1100 anni di Storia della Repubblica Serenissima di Venezia.

INNATURALE, si non è una svista è del tutto innaturale che la laguna di Venezia si trasformi in mare aperto e questo è il frutto di attività poste in essere in questi utlimi cinquant’anni dal canale dei petroli al passaggio delle grandi navi nel bacino di san Marco. Non è il lento fisiologico invecchiare di una città, che sia chiaro a tutti.
E poi OGGI sono veramente esterrefatta più di ieri se penso che la bellissima Chiesa di Notre Dame di Parigi, il 16 aprile 2019, in poche ore ha provocato una valanga di dichiarazioni filantropiche e mecenatiche da ogni parte del globo, a prescindere che siano poi stati versati o siano rimaste mere lettere morte, ed invece per Venezia neppur una banconota, neppure falsa o moneta di cioccolato o una mera dichiarazione d’intenti, il nulla: un silenzio assordante.

L’unico, preziosissimo, vero ed autentico aiuto oltre che dalle Forze dell’Ordine, dai giovani volontari provenienti da Mestre, da Mirano, da Mogliano , da Padova, da Treviso e dai giovani di Venezia, dal collegio militare della marina Morosini ad altri istituti che hanno aiutato senza sosta, dopo avere cercato di riparare le loro scuole e strutture, le altre scuole, gli ospedali, le case di cure, i commercianti, le persone anziane .

Eppure Venezia è grande, è antica, è tutta antica, e soprattutto è larga – da nord a sud- 3240 metri, è lunga, da est a ovest, 4630 metri. Ha una superfice di 830 ettari e un perimetro di 11.575 m. La sua laguna e’ lunga 50 km.e larga 10 km. Le isolette che formano la città sono 116 di cui 24 a Castello, 13 a S.Marco , 7 a S.Polo, 13 a S. Croce ,32 a Cannaregio ,17 a Dorsoduro e 10 alla Giudecca. I ponti sono 438 di cui 337 pubblici , 72 privati , 7 interni , 300 in pietra ,59 in ferro e 49 in legno. I rii sono 176, 170 i campanili, 2000 i pozzi e 148 le chiese!
Tutto questo patrimonio dell’umanità, Venezia, di cui sovente si dimentica l’umanità che vi dimora, è tenuto in piedi da chi ogni giorno la vive, la preserva, la fa respirare, arieggiare, gli porta quella linfa vitale che la rende viva e la fa sopravvivere al tentativo di trasformarla in un parco dei divertimenti da quattro soldi.

L’umanità di cui parlo, non è quella che calpesta Venezia, quella che si fa i selfie, quella che sfreccia a 3000 giri sulla laguna, ma quella che la nutre come si nutre un pavimento alla veneziana e la forcola delle barche a remi con l’olio di lino, le travi e i barbacani con strati e strati di pregnante, i muri con il coccio pesto, come si nutre un bambino fermo nel suo seggiolone.
Questa umanità per il mondo intero non conta nulla.
Siamo solo dei fantasmi, dimenticati e a tratti totalmente ignorati proprio nelle decisioni che più ci dovrebbero coinvolgere, la gestione della propria città.
Ma cosa è rimasto di quella bellissima Repubblica, di quel modello di amministrazione sapiente dello stato di quella città della luce apostrofata, secoli dopo, come la New York del ‘500?
Tutto il nostro impegno, come formiche in un formicaio, è oggi ridotto ai minimi termini, come una sorta di atto secondo di una commedia goldoniana che si gioca ormai da troppo tempo.
C’è chi parla di 53 anni di atti preparatori al “mose”.
Il povero Mosè, storpiato sul nascere senza l’accento sulla “e”, oggi si rivolterebbe sulla sua tomba, ovunque essa sia, per l’uso ed il mal uso che si è fatto della sua più nota epopea dell’apertura delle acque del Mar Rosso. Proseliti, aneliti, fiumi di parole si sono aggiunti ai fiumi di metri cubi di acqua che hanno storpiato irreversibilmente Venezia, martoriando e penetrando le sue membra e la sua anima. Le chiamate di aiuto, di sostegno e di conforto sono state tante e sono importanti., le accettiamo tutte e vi ringraziamo. Noi sappiamo infatti sempre e comunque sorridere, a denti stretti lavorare e ben poco lamentarci, ormai rassegnati forse.
Ma quello che mi ha impressionato è che dopo tutte queste ore nessuna grande miliardaria società o multinazionale, fondazione o altra realtà megagalattica che vediamo sfrecciare per i canali di Venezia con paillette e tacchi a spillo , durante la mostra del cinema a Settembre o le biennali di arte e di architettura, a maggio, nella settimana delle vernici, nei red carpet da cui i veneziani sono sempre tenuti ai margini dai bodyguard di turno, non abbiano saputo o solo pensato di proporre di offrire un centesimo alla città di Venezia per la sua salvaguardia.
Il silenzio quasi monolitico, un silenzio totale che ci fa capire quanto in fondo è finita la memoria e conoscenza di questa storica realtà che per 1100 anni è stata creata e amministrata dalla meravigliosa Repubblica Veneziana che, se indagata e raccontata, potrebbe oggi fare arrossire qualsiasi forma di governo presente nel mondo per perfezione, distribuzione dei ruoli, meritocrazia, senso del dovere, del bene comune e onore si proprio di onore alla vita, alla bellezza, onore al rispetto del bene e del tempo altrui.
L’insegnamento politico della Repubblica Serenissima di Venezia è testimoniato dalle strutture amministrative di quello Stato e dalla consistenza delle Opere che ha tramandato e che oggi, in poco meno di un secolo, dopo il primo scossone dato dalla furia di Napoleone, sta per essere distrutto e vanificato sotto gli occhi di tutti per bieca ignoranza e tracotante presunzione.
Quando studiavo la storia al liceo e poi all’università, non avevo dubbi che l’evoluzione avrebbe potuto proporre, nel tempo, forme organizzative più efficienti e moderne. Pensavo potessimo solo migliorare, sfatato il pericolo di ben due guerre mondiali.
Ma oggi mi rendo conto che mi sbagliavo, la struttura amministrativa Veneta era ed è, ancora oggi ,un modello da imitare. Le linee guida storiche che portarono al formarsi della Pubblica Amministrazione Veneziana, prima di quelle morali dovrebbero essere oggi insegnate a tutti coloro che credono di poter amministrare la res pubblica, poco importa che siano di sinistra, di centro o di destra, mancini o ambidestri, bianchi, giallo, neri o rossi.
Il concetto e l’organizzazione del modello veneziano di Stato si differenziò consapevolmente dalla grande istituzione imperiale romana, alla quale seppe sovrapporsi. I veneziani compresero, primi tra tutti, le ragioni profonde del fallimento di quel modello, e avviarono un nuovo esperimento italico di organizzazione civile. Fu in quel preciso momento che Venezia mutò due fondamenti concetti politici tipici dell’impero, passando dal divide et impera ad una visione in cui governare si estrinsecava nell’unire i popoli sotto il vessillo del Leone di San Marco, in lungo e largo per tutte le coste dell’adriatico sino a Rodos e ben oltre.
Fu la prima grande operazione al mondo di marketing (possiamo osare dire) che si emancipò da qualsivoglia vessillo araldico dello stemma di un unico casato o il nome di una nota gens romana, ossia governati per unire che si traduce in amore e servizio per la Serenissima.
Dall’altra parte l’intelligenza culturale, gli intellettuali, unitamente altrettanta intelligenza commerciale andava a sostituirsi alla forza militare che veniva rappresentata dalla grande flotta navale che arsenale di Venezia era capace di produrre.
Ma dove è finito il rispetto per il nostro Leone alato e letterato, simbolo solare dell’intelletto spirituale alla volontà dominatrice del senatus populus que romanus rapace aquila con il saluto cristiano a San Marco: Pax Tibi Marce, Evangelista Meus.
San Marco, simbolo dell’evangelizzazione cristiana, si nutrì della Scuola Platonica nel neo platonismo cristianico ai tempi di Giovanni Pico della Mirandola, Aldo Manuzio, Girolamo Donà dalle Rose, Angelo Poliziano e Ermolao Barbaro e tanti altri.
Il grande spessore civile della repubblica Veneziana maturò, giorno dopo giorno, anno dopo anno, secolo dopo secolo, da una scelta popolare capace di leggere e interpretare la cultura classica, il sapere filosofico e la conoscenza scientifica del raffinato mondo di Alessandria d’Egitto e dei Tolomei proiettato nella religione cristiana.
In tanti mi chiedono di scendere in campo, di chiamare altri, ormai sfiduciati come me di questo, lasciatemelo, dire “scalcinato andazzo “ , e ovunque giri e rigiri i fatti ed analizzi l’accaduto non riesco a trovare risposta e soluzione che guardando indietro, nella storia passata dal ‘700 in giù s’intende.
Mi chiedono soluzioni possibili ma bacchette magiche non ne posseggo, demagogiche chiacchiere non sono capace di partorirle, solo due figli sani e forti alla primogenitura di Venezia sono capace di fare, e quindi non posso che chiamare alle “armi”, bianchissime quasi pallide s’intende, i veneziani per smettere di essere le comparse di una fiction dell’orrore ma per essere attori tutti insieme del futuro della nostra città, solare e consapevole come un leone che ruggisce.
Sul piano pratico vista che nessuno ci ha ancora pensato, nell’era dei selfie e del telefonino quinto arto del proprio corpo, perché non chiedere alle numerose compagnie telefoniche nazionali ed europee di destinare 0,10 cm ad ogni telefonata o sms o immagine inviata per i prossimi 30 giorni a favore di un fondo dedicato per le vittime UMANE di Venezia e per il restauro dei beni fortemente danneggiati dall’acqua alta di questi giorni? Idem per le compagnie aeree che atterranno e decollano dall’aeroporto Marco Polo e da quello di Treviso?

Gino Quarelo
Contessa Chiara Modica Donà Dalle Rose,
invece di rivolgerti al Mondo delle luci e delle star per un po' di carità, rivolgiti ai veneti e fatti solidale con loro per conquistare un po' di autonomia e quindi un po' di libertà e di risorse eonomiche e poi fai ammenda per le responsabilità dei veneziani e dei veneti di oggi nella gestione del Mose e di altre controverse questioni economiche, turistiche, industriali e idrogeologiche.
Poi non è vero che al tempo della Serenissima le cose funzionassero sempre per il meglio e la sua fine ingloriosa lo dimostra.

Io non condivido minimamente il mito di Venezia e della Serenissima marciana, perché è antistorico e completamente ideologico e artefatto come il mito di Roma dell'Italia romana e dell'Impero romano.
Sul mito di Venezia, della Serenissima marciana si è formata una setta castizzata di venetisti venezianisti con una ideologia idolatra teocratica antidemocratica che esalta l'aristocrazia veneziana e disprezza tutti gli altri, profondamente antisemita


Differenze tra un popolo vero e un popolo mancato
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https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 4363839307


Repubblica Veneta Serenissima, specificità e durata, realtà e mito; la mia Patria, no!
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https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 8312942245


La mia Patria etnica è il Veneto vivo e non la morta Serenissima

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https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 5208090222

La mia Patria etnica è il Veneto vivo e non la morta Serenissima
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1951120381

Concordo pienamente con Gino Quarelo
https://www.facebook.com/groups/2376236 ... 5208090222

Venezia e la sua Serenissima non sono mia madre, Venezia mi è stata solo matrigna per 4 secoli, dal suo ventre non è mai nato un Popolo Veneto, una Nazione veneta fraterna, uno stato veneto a sovranità di tutti i veneti.
Venezia era arrogante, aristocratica, antidemocratica e illiberale.
Il suo paternalismo/maternalista si è dimostrato del tutto privo di vero affetto fraterno, indegno e del tutto insufficente, nel momento del bisogno Venezia e la sua Serenissima hanno abbandonato vilmente tutti i suoi sudditi tra cui i veneti al loro destino.
Venezia non ha versato una goccia di sangue per i Veneti che non ha mai considerato con amore fraterno.


La Serenissima non esiste più da 222 anni e non era lo stato nazionale dei veneti ma lo stato aristocratico dei veneziani con i suoi domini e i suoi sudditi veneti e non veneti.
Mettiti d'accordo con te stesso: Veneto o Serenissima?
Il Veneto è vivo e la Serenissima è morta.
La Serenissima non era lo stato nazionale dei veneti ma lo stato imperiale o signorile dei veneziani, della loro aristocrazia che comprendeva vari territori veneti e non veneti con le loro popolazioni venete e non venete in qualità di sudditi.





Follia totale, no ghe semo, la Serenissima faro di civiltà e di scambio di merci opinioni razze, melting pot ed esempio di tolleranza a 360 gradi, in mano a questi pazzi....
F E R M I A M O L I


Salvini contro Nutella: usano nocciole turche
6 dicembre 2019

https://tg24.sky.it/cronaca/2019/12/06/ ... Mm3Jjfz6Bo

Matteo Salvini attacca la Nutella poi fa un mezzo passo indietro. Rispondendo a una signora a Ravenna, il leader della Lega ha detto che ha smesso di mangiare la crema prodotta dalla Ferrero da quando ha scoperto che viene fatta con "nocciole turche". Parole che hanno innescato una serie di meme sui social e di reazioni politiche tra cui anche quella su Twitter di Matteo Renzi: "Nei giorni di Ilva, Alitalia, legge di bilancio, summit Nato il senatore Matteo Salvini attacca la Nutella - ha scritto il leader di Italia Viva - La Nutella, sì, la Nutella. Dice che così sembra più vicino al popolo. E io ingenuo che insisto a voler parlare di cantieri, tasse, Europa". Anche Salvini è poi tornato sull'argomento su Twitter con due post: "Per addolcire la giornata, una fetta di pane e Nutella con una richiesta alla Ferrero: comprate ingredienti italiani, dallo zucchero alle nocciole, per aiutare i nostri agricoltori!", ha prima scritto il leader del Carroccio. In un successivo tweet, Salvini ha postato un selfie davanti allo scaffale delle creme di nocciole in cui si vedono dei barattoli di Nutella ed altri prodotti analoghi: "Spesa per la cena dei bimbi, si arriva al dolce!", è la didascalia del capo politico della Lega.

"Ho scoperto che la Nutella usa nocciole turche"

Il caso è nato dopo il comizio in Romagna. Salvini stava interloquendo col pubblico: "No signora, non ho freddo. Sto bene. Poi mangio pane e salame e due sardine e sto ancora meglio!". Poi qualcuno ha chiesto: "Anche la Nutella?". "Ma lo sa signora che ho cambiato? - ha risposto il segretario del Carroccio - Perché ho scoperto che la Nutella usa nocciole turche, e io preferisco aiutare le aziende che usano prodotti italiani, preferisco mangiare italiano, aiutare gli agricoltori italiani".

Quando Salvini apprezzava la crema di nocciole

Lo stesso Salvini in passato aveva condiviso sui social il suo amore per la Nutella. Appena un anno fa, lo scorso 26 dicembre, l'allora ministro dell'Interno scriveva su Facebook: "Il mio Santo Stefano comincia con pane e Nutella, il vostro?". E sotto una foto con una grossa fetta di pane e Nutella.

La Nutella utilizza davvero nocciole turche?

Che la Nutella utilizzi nocciole turche sarebbe stato recentemente confermato da un’inchiesta della Bbc, secondo cui "circa tre quarti delle nocciole mondiali arrivano dalla Turchia, e il più grande acquirente al mondo è Ferrero", appunto l’azienda che produce la Nutella. Nella stessa inchiesta, la Bbc pone l’accento anche sullo sfruttamento del lavoro di migranti e bambini. La Ferrero dal canto suo ha risposto all'emittente britannica: "Se siamo certi che un prodotto è frutto di pratiche non etiche, non lo tocchiamo".

Tosi: "Salvini ci sei o ci fai?"

In difesa della Ferrero è intervenuto anche l'ex leghista Flavio Tosi, segretario di Fare!: "L'Italia produce il 14% delle nocciole nel mondo, Nutella consuma più del 20% del raccolto globale. Ferrero, a seguito dell'instabilità in Turchia, ha lanciato un progetto filiera destinato ad aumentare del 30% la produzione di nocciole in Italia. Salvini ci sei o ci fai?", ha scritto Tosi su Twitter.

Il presidente della Regione Piemonte: "Era attacco a Bruxelles"

Per il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, invece, "quello di Salvini non era un attacco alla Nutella", bensì "una dichiarazione legata alla follia di Bruxelles di voler mettere un semaforo per dire i cibi che fanno bene e che fanno male". Cirio ha spiegato: "Ferrero consuma il 40% delle nocciole del mondo, sarebbe difficile potesse usare solo quelle italiane perché le consumerebbe in una settimana - osserva Cirio, che per altro è un produttore di nocciole -. Il significato del messaggio di Salvini era tutt'altro".



Salvini fa un passo indietro: "Addolcisco la giornata con una fetta di pane e Nutella"
Dopo le dichiarazioni di ieri con cui aveva affermato di non volerla più mangiare perché "Ferrero utilizza nocciole turche", il leader della Lega ci ripensa
06 dicembre 2019

https://www.repubblica.it/politica/2019 ... 6G5H5bsvnc

ROMA - Dal gran rifiuto - "Non la mangio più" - al passo indietro. Salvini e la Nutella, capitolo secondo: "Dopo la denuncia che mi è arrivata da Carola Rackete, per addolcire la giornata, una fetta di pane e Nutella con una richiesta alla Ferrero: comprate ingredienti italiani, dallo zucchero alle nocciole, per aiutare i nostri agricoltori". Lo comunica sui social il segretario della Lega dopo che ieri aveva affermato di non voler più mangiare la Nutella in quanto userebbe nocciole turche.

E in un successivo post, Salvini si fa ritrarre davanti allo scaffale delle creme di nocciole in cui si vedono dei barattoli di Nutella ed altri prodotti analoghi, mentre lui fa una espressione interrogativa: "Spesa per la cena dei bimbi, si arriva al dolce!", scrive il leader della Lega.

Nel corso della giornata, l'attacco di Matteo Salvini alla Nutella è stato uno dei trending topic su Twitter, ed ha scatenato la reazione non solo di esponenti politici suoi avversari, ma anche di economisti e del più ampio popolo della rete. Nel primo pomeriggio si registrano ben 13.600 tweet con l'hashtag #Nutella, e altri replicano alle parole del leader leghista con l'hashtag #noccioleturche o #nocciole.

Molti tweet, quelli di economisti, manager o esperti, sottolineano come la produzione di Nutella della Ferrero assorba il 40% del mercato mondiale di nocciole e che quelle italiane non basterebbero. Molti altri, come la sottosegretaria Alessia Morani ricordano il progetto di Ferrero per impiantare in varie Regioni, specie al Sud, nuovi noccioleti.

L'autogol di Salvini sulla Nutella: senza nocciole turche, non si può fare
di ETTORE LIVINI

Moltissimi altri "cinguettii" sottolineano semmai la contraddittorietà tra le affermazioni di ieri di Salvini e le precedenti sue foto da lui postate mentre mangiava proprio la Nutella: "Con le nocciole turche la giravolta di oggi di Salvini ricorda le sue posizioni sull'Euro", scrive Enrico Letta. Ma la stragrande maggioranza del popolo della rete si prende gioco di Salvini attraverso l'Ironia: su tutti l'account fake di Vujaidin Boskov: "#salvini ha detto che non va più da meccanico perché visto che lui usa chiave inglese invece di quella italiana".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Indipendentismo veneto

Messaggioda Berto » sab mar 21, 2020 2:34 pm

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