La truffa venetista: "Il Plebiscito del 1866 fu una truffa"

La truffa venetista: "Il Plebiscito del 1866 fu una truffa"

Messaggioda Berto » gio mag 23, 2019 5:07 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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La truffa venetista: "Il Pebiscito del 1866 fu una truffa"

Messaggioda Berto » gio mag 23, 2019 5:08 am

Chi fu chiamato al voto del Plebiscito del 1866?

Tutte le fonti visionate (Ettore Beggiato nel suo testo sul Plebiscito, Wikipedia e la Treccani) ci dicono che fu un suffragio universale limitato ai soli sudditi/cittadini veneti maschi che non avevano precedenti penali per crimini vari, anche se non sapevano leggere e scrivere e che avevano minimo anni 21 e anche coloro che se pur non veneti erano residenti/domiciliati e iscritti da almeno 6 mesi all'anagrafe dei comuni veneti e anche i soldati che avevano partecipato alle guerra d'indipendenza con meno di 21 anni.
Poterono votare anche i veneti che si trovavano fuori dal Veneto e la minoranza slovena.
(Io nel passato per ignoranza, per non aver letto bene le fonti, avevo creduto che avessero votato solo quelli che sapevano leggere e scivere, che avevano un censo, dei beni e che esercitavono una professione o un mestiere autonomo in verità fu un suffragio universale maschile).





La votazione per il plebiscito ebbe luogo nei giorni 21 e 22 ottobre 1866; a Venezia gli uffici elettorali rimasero aperti dalle 10:00 alle 17:00 in entrambi i giorni.

https://it.wikipedia.org/wiki/Plebiscit ... o_del_1866

Il plebiscito fu a suffragio universale maschile. Le istruzioni di voto, stabilite dal decreto del 7 gennaio,vennero diffuse alla popolazione tramite manifesti, come nel caso della città di Mantova:

«La popolazione di questa Città come delle altre del Veneto, viene invitata ad esprimere la sua volontà di riunirsi al REGNO D'ITALIA mediante PLEBISCITO, e perché ciò possa compiersi senza indugi, è intenzione del Governo del RE che si ponga mano subito alle relative disposizioni.

La votazione seguirà nei giorni 21 e 22 corrente in ore da destinarsi. La Città di Mantova sarà divisa in sei Sezioni in ciascuna delle quali funzioneranno cinque Probi Viri per la legalità dell'atto.

Saranno ammessi a dare il loro voto tutti i Cittadini che hanno compiuti gli anni 21, che sono domiciliati da sei mesi nel Comune e, meno le donne, non è escluso che chi subì condanna per crimine, furto o truffa. I Cittadini che hanno fatto parte dell'Esercito Nazionale o dei Volontarii durante la campagna per l’indipendenza Nazionale saranno ammessi al voto anche se non abbiano compiuti gli anni 21.

La votazione seguirà secondo la formola qui sotto esposta. I bollettini stampati in questo senso si distribuiranno in località che saranno indicate con altro avviso. I Cittadini esprimeranno la loro volontà di aggregarsi al Regno d'Italia portando all'urna che si troverà nella località pure da destinarsi o il bollettino stampato od altro anche manoscritto che valga alla manifestazione della volontà.

CITTADINI

Accorrete festosi al compimento di un atto che nel mentre assicura un èra da tanto sospirata addimostrerà anche novellamente che fra noi non esiste che un unico voto una sola aspirazione, l'unione nostra alla grande famiglia Italiana sotto l'egida del Magnanimo Re VITTORIO EMANUELE.

FORMULA

«Dichiariamo la nostra unione al Regno d'Italia sotto il Governo Monarchico costituzionale del Re Vittorio Emanuele II e de' suoi successori»»
(Manifesto del Municipio di Mantova, 18 ottobre 1866)

Era pertanto possibile votare consegnando un qualsiasi foglio contenente il testo del quesito, aggiungendo Sì oppure No.

Coloro che avevano diritto al voto in quanto maschi di età maggiore di 21 anni costituivano circa il 28% della popolazione residente; tale dato approssimativo è ottenuto considerando i maggiori di 21 anni come pari al 55% degli abitanti ed escludendo la popolazione femminile (50%), secondo i dati rilevati dal censimento del 1871. Secondo il censimento austriaco del 1857, rispetto alla popolazione totale, gli uomini con età maggiore di 21 anni erano il 27% nelle province venete (624.728 su 2.306.875) e il 28% nei cinque distretti mantovani rimasti all'impero dopo il 1859 (40.461 su 146.867).

Il quesito riguardava l'adesione delle province del Veneto (che all'epoca includeva anche le province dell'odierno Friuli centro-occidentale) e quella di Mantova al Regno d'Italia.
Testo del quesito
Dichiariamo la nostra unione al Regno d'Italia sotto il Governo monarchico-costituzionale del re Vittorio Emanuele II e de' suoi successori.
Affluenza alle urne
Raffaele Pontremoli, Gli abitanti del quartiere San Marco si recano all'Ateneo per votare il plebiscito

L'affluenza al voto fu molto alta, oltre l'85% degli aventi diritto al voto. Nel solo distretto di Padova votarono 29.894 elettori, pari a circa il 98% degli aventi diritto.

Nel comune di Venezia gli aventi diritto erano 30.601, ma votarono 4.000 persone in più (34.004 sì, 7 no e 115 nulli), poiché furono ammessi al voto anche i militari e gli esiliati che erano rientrati.



I plebisciti e le elezioni
di Gian Luca Fruci - L'Unificazione (2011)
http://www.treccani.it/enciclopedia/i-p ... cazione%29

Convegno su plebiscito 1866 'Il Veneto nell'Italia unita'
https://www.youtube.com/watch?v=my7gWCX_CYo
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Messaggioda Berto » gio mag 23, 2019 8:59 am

Le modalità di voto e ma quante erano le urne per ogni seggio, 1 o 2?

Le modalità di voto sono uno degli aspetti su cui si fonda l'ipotesi truffaldina del Plebiscito, sostenuta dalla tesi venetista, secondo la quale il voto non essendo stato segreto ma palese, davanti alle autorità del seggio i veneti chiamati a votare non furono liberi di esprimersi e per paura votarono Sì invece anziché No.



Ecco un esempio di racconto storico venetista
1866: la verità
https://www.serenissimogoverno.eu/2006/ ... -la-verita
"Le autorità comunali avevano preparato e distribuito dei biglietti col si e col no di colore diverso; inoltre, ogni elettore, presentandosi ai componenti del seggio, pronunciava il proprio nome e consegnava il biglietto al presidente che lo depositava nell’urna". Altre istruzioni per il plebiscito recitavano così: "Vi devono essere due urne separate, una sopra un tavolo, l’altra sopra l’altro.(…) Sopra una sarà scritto ben chiaro il Sì, sopra l’altra il No.(…) I protocolli sono due, – uno pei votanti che presentano il viglietto del Sì, l’altro dei votanti che presentano il viglietto del No, per modo che il numero complessivo dei viglietti che, finita la votazione, si troveranno in ciascheduna urna, dovrà corrispondere all’ultimo numero progressivo del protocollo."

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... 68x391.png



La grande truffa italiana
https://www.youtube.com/watch?v=nKXnOUqwZH4

Il Leone di vetro
https://www.youtube.com/watch?v=mMl04hQ8iZU


Ecco cosa scrive Ettore Beggiato nel suo libro su questa presunta truffa italiana

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 68x568.jpg

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https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 6x1024.jpg

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https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 6x1024.jpg

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https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 9x1024.jpg

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Messaggioda Berto » gio mag 23, 2019 11:11 am

Le schede di colore diverso

http://www.lindipendenzanuova.com/il-ve ... ito-truffa

Il plebiscito viene convocato per i giorni 21 e 22 ottobre, ma su pressione del governo italiano, due giorni prima del voto il Veneto passa ai Savoja in una oscura stanza dell’Hotel Europa lungo il Canal Grande: i Veneti vanno a votare quando tutto è già stato deciso… Per non parlare di come si svolsero le operazioni di voto: schede di colore diverso e obbligo di dichiarare le proprie generalità! Ecco quanto successe a Malo (Vi):
“Le autorità comunali avevano preparato e distribuito dei biglietti col SI e col NO di colore diverso; inoltre ogni elettore presentandosi ai componenti del seggio pronunciava il proprio nome e consegnava il biglietto al presidente che lo depositava nell’urna”.

Alberto Pento
Le schede di colore diverso nero per il Sì e blù per il No erano state stampate e valevano solo ed esclusivamente per chi non sapeva leggere e scrivere, gli altri potevano portarsi la scheda/foglio da casa con la formula di annessione scritta a mano o stampata e la riponevano piegata nell'urna e nessuno controllava se riportava un Sì o un No.
Come riporta nel suo libro anche Beggiato stesso.
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Messaggioda Berto » dom mag 26, 2019 7:20 pm

Ettore Beggiato

nel suo volume sul Plebiscito del 1866, nella pagina dedicata al passaggio finale della cessione del Veneto, dall'Austria alla Francia, avvenuto il 19 ottobre del 1866,
affinché la Francia poi provveda a consegnarlo al suo legittimo destinatario Il Regno d'Italia, secondo la convenzione di Vienna del 24 agosto 1866 (tra la Francia e l'Austria dopo quella del trattato di pace di Praga tra la Prussia e l'Austria del 23 agosto 1866)
e confermata nel successivo trattato di pace a Vienna del 3 ottobre 1866, a chiusura della guerra tra Austria e il Regno d'Italia, dove le parti dichiarano/s'impegnano che il Lombardo-Veneto sarebbe stato passato/ceduto all'Italia dopo l'espletazione di alcune formalità,

omette

di riportare che gli accordi di pace del trattato prevedono il passaggio di possesso del Veneto dall'Austria al'Italia attraverso l'intermediazione della Francia e di un plebiscito confermativo da parte dei veneti affinché potessero esprimere la loro volontà di essere annessi all'Italia e di non voler più essere sudditi austriaci, come difatti avvenne e non per essere indipendenti e tornare alla Serenissima che non esisteva più da tanti anni e che nessuno si sognava di riproporla (ed omette anche di riportare le varie parti con il testo esatto dei trattati precedenti dove si esplicitano gli impegni e le dichiarazioni sul passaggi dio proprietà e la cessione dei territori veneti) :

La riconsegna del Veneto venne presentata da Le Bœuf 19 ottobre del 1866 con la seguente dichiarazione:
«In nome di S. M. l'Imperatore dei Francesi, ... : Noi Generale Le Boeuf visto il trattato firmato a Vienna il 22 Agosto 1866 tra l'Imperatore dei Francesi e l'Imperatore d'Austria circa il Veneto: Vista la consegna a Noi fatta del Veneto il 19 Ottobre 1866 dal Generale Móhring Commissario di S.M. l'Imperatore d'Austria nel Veneto dichiariamo di restituire il Veneto a se stesso a ciò le popolazioni dispongano del loro destino e possano esperire liberamente col suffragio Universale i loro voti per l'annessione del Veneto al Regno d'Italia.»

Quindi il Veneto tornò a se stesso cioè ai veneti, non per essere indipendenti e tornare alla Serenissima che non esisteva più da 69 anni e che nessuno agognava più, ma come dice chiaramente la dichiarazione, "per esperire liberamente col suffragio Universale i loro voti per l'annessione del Veneto al Regno d'Italia" e non voler più essere sudditi austriaci.


L'Austria, sconfitta dalla Prussia (armistizio di Nikolsburg), cedette con il trattato di Praga del 23 agosto 1866 i territori residui del Regno Lombardo-Veneto alla Francia, nell'intesa che Napoleone III li consegnasse a Vittorio Emanuele II previa organizzazione di una consultazione, che formalmente avesse confermato la volontà popolare alla liberazione del Veneto dal dominio austriaco.


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Messaggioda Berto » dom mag 26, 2019 7:21 pm

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Messaggioda Berto » dom mag 26, 2019 7:21 pm

Ecco una panoramica dei sostenitori della indimostrata e indimostrabile tesi di Ettore Beggiato che il Plebiscito del 1866 du una truffa:


Nerio di Carlo e il Plebiscito truffa

Plebiscito veneto, 1866 l’anno delle cicatrici! Il libro di Nerio De Carlo
http://www.lindipendenzanuova.com/plebi ... o-de-carlo

Ecco i commenti acritici dei fedeli


giancarlo
14 gennaio 2017
Quel 1866 in cui si votò il plebiscito sancito dagli accordi di Vienna, venne disertato dalle nazioni europee che avrebbero dovuto garantire l’imparzialità e la legalità e quindi presenziare con propri funzionari per i controlli del caso. Invece nulla di tutto questo e i Savoia manu militari presidiarono tutti i seggi e come si evince dalla foto il segreto del voto era stato sottratto alla popolazione Veneta. Aggiungo che sulla gazzetta del Regno d’italia l’anessione delle Venezie venne scritta ben due giorni prima del voto……..figuriamoci la legalità di questo atto. Per finire, perché non è finita su 2.500.000 Veneti andarono a votare in poco meno di 700.000 con voto bulgaro per il SI’. Tutti gli altri o se ne stettero a casa, oppure come avvenne per l’Istra, la Dalmazia, il Trentino non poterono votare perché completamente ignorate dai Savoia, come se non fossero italia o territori della Serenissima. Quindi tre, ben tre truffe, inganni e illegalità, chiamiamole come vogliamo furono perpetrate ai danni dei Veneti e da allora la storia continua…..il famoso genocidio culturale di cui continuo a citarlo perché vero !!!!!!
Per i Veneti, ma anche per chi non lo fosse, il libro merita di essere letto perché da li si capisce anche il perché siamo arrivati oggi all’italia che abbiamo e che forse tutti abbiamo contribuito a creare.
Da questo libro si capisce benissimo che l’italia dei massoni ( Mazzini) dei Cavour e dei Savoia con Garibaldi il capo banda dei due mondi……..l’italia nasce per volere di pochi a danno dei molti.
Oggi non è cambiato nulla dopo 150 anni di unità forzata e quindi balorda.
La retorica che pomposamente e fastidiosamente ci viene continuamente sbattuta in faccia fa pena perché basata su falsità storiche che prima o poi dovranno per forza essere svelate agli italioti dormienti.
La storia è una cosa seria e chi né fa uso improprio è un falsario alla stregua dei delinquenti che emettono banconote false.
WSM

luigi bandiera
14 gennaio 2017
Veramente tutto molto interessante.
Basta vedere quel che succede in giro oggi (il presente) per capire quel che successe nel passato.
Da sempre il presente segna gli eventi passati e segna, ne sono certo, il futuro.
Libia, Iraq e via discorrendo docet: potenze definitesi mondiali hanno fatto danni ENORMI.
E nessun paghera’.
A quel tempo successe compagno o se volete uguale.
Accordi tra bande (di ladri in tutti i sensi e gradi) e prese per i fondelli ad ogni pisciata di kane.
Cosi’ il plebiscito fu e rimane una TRUFFA (e chi se ne frega).
Traffa prima di farlo e truffa durante e truffa poi di seguito e tutti, illegittimi, a commemorare le loro TRUFFE.
Pensavo alla toponomastica con tanti segni NEFASTI a partire appunto dai nomi e cognomi dei presunti patrioti.
Beh, non ridete ma pensateci un po’: i cristiani hanno riempito di Santi i giorni nel calendario; i trikoloriti truffaldini hanno riempito le vie di padri e madri della patria dando il loro nome e alle vie e alle piazze.
In Merica, SUPER DEMOCRAZIA ma nessuno la vuole in italia, qualcosa c’e’ se no sono solo numerate.
Poi si anche li’ hanno fatto un po’ alla komunista maniera ma pero’ che differenza tra uper democrazia e lo stato di diritto con la carta piu’ bella del mondo a detta del jullare di corte..?
La gente poi, la massa, anche l’intellighente, lavata e risciacquata per bene nel cervello pensa che e’ tutto bello ed onesto quel che hanno fatto quelli la’ GIA’ BANDA DEI QUATTRO allora.
Cosi’ spuntano le canzoni piu’ belle del mondo; i nostri scienziati piu’ belli del mondo (Marconi dovette andare in Inghilterra se no col kax che veniva riconosciuto l’inventore e poi la sua NAVE ELETTRA… che triste fine che ha fatto. La Concordia la fece tanto migliore); ecc. ecc. ecc..
Serve un SUPER DISINCANTO specie nell’intellighenzia troppo malata per pensare alla liberta’ dei popoli… altrimenti qualsiasi azione, pensiero o iniziativa e’ e sara’ INUTILE.
E mi suona il ritornello di quel AD KUL NOSTRUM (nome inventato) che prendendoci per il rame (CU) starnazza realisticamente: …non serve a nulla. Potete manifestare fare i gredini e duddoi guando che noi facciamo quello che dobbiamo fare. Grazie e buon giorno.

E così sia.
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Messaggioda Berto » dom mag 26, 2019 7:22 pm

Ecco una panoramica dei sostenitori della indimostrata e indimostrabile tesi di Ettore Beggiato che il Plebiscito del 1866 du una truffa:

21-22 ottobre 1866, annessione del Veneto all'Italia
Pontelandolfo News
“CHI CONTROLLA IL PASSATO CONTROLLA IL FUTURO, CHI CONTROLLA IL PRESENTE CONTROLLA IL PASSATO.” (G. ORWELL)

https://www.pontelandolfonews.com/stori ... -allitalia

Il plebiscito che sancì l’annessione del Veneto all’Italia (*) viene liquidato dai nostri libri di storia in poche battute visto che la storiografia ufficiale sostiene che “tutto si svolse con mirabile ordine e fra universali manifestazioni di gioia” (1).
Pochi sanno che in realtà fu una colossale truffa, la prima di una serie infinita di truffe perpetrate da Roma e dall’Italia ai danni dei Veneti.
Il nostro Veneto in realtà era già stato “passato” dalla Francia all’Italia in una stanza dell’Hotel Europa lungo il Canal Grande, il 19 ottobre. (2)
Il generale francese Leboeuf consegnò il Veneto a tre notabili: il conte Luigi Michiel, veneziano, Edoardo De Betta, veronese, Achille Emi-Kelder, mantovano.
Questi, a loro volta, lo “deposero” nelle mani del commissario del Re conte Genova Thaon di Revel e il giorno dopo sulla “Gazzetta di Venezia” apparve un anonimo trafiletto:
“Questa mattina in una camera dell’albergo d’Europa si è fatta la cessione del Veneto” (3)
Riepilogando: un trattato internazionale (fra Austria e Prussia, 23 agosto a Praga) prevede il passaggio del Veneto alla Francia che poi lo consegnerà ai Savoja; nel trattato di pace di Vienna fra l’Italia e l’Austria del 3 ottobre si parla testualmente di “sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate”:un riconoscimento internazionale al diritto all’autodeterminazione del popolo veneto che in quel momento ha la sovranità sul suo territorio.
Teniamo anche presente che c’è stata l’ipotesi, come scrisse l’ambasciatore asburgico a Parigi Metternich al suo ministro degli esteri Mensdorff-Pouilly il 3.8.1866, di arrivare a “l’indipendenza della Venezia sotto un governo autonomo com’era la vecchia Repubblica”
Il plebiscito avrebbe dovuto svolgersi sotto il controllo di una commissione di tre membri che “determinerà, in accordo con le autorità municipali, il modo e l’epoca del plebiscito, che avrà luogo liberamente, col suffragio universale e nel più breve tempo possibile”. Così era stato concertato dall’ambasciatore d’Italia a Parigi Costantino Nigra con il governo francese (4), che sembrava determinato a svolgere fino in fondo il proprio ruolo di garante internazionale sancito anche dal trattato di pace fra Prussia e Austria..
Il governo italiano invece, e in particolare il presidente Bettino Ricasoli interpretava pro domo sua i trattati:
“Quando si tratta del plebiscito si tratta di casa nostra; non è già che si faccia il plebiscito per obbedienza o per ottemperare al desiderio di qualche autorità straniera….. La pazienza ha il suo limite. Perbacco!
La cessione del Veneto fu nel Parlamento inglese chiamata un insulto all’Italia. Concedendo la presenza del generale francese all’effetto delle fortezze, mi pare di concedere molto” così sosteneva il Barone Ricasoli.(5)
E così uno sconsolato generale Le Boeuf scrive a La Valette il 15 settembre:
“Nutre inquietudini per l’ordine pubblico: le municipalità fanno entrare le truppe italiane o si intendono col re, che governa una gran parte: egli deve lasciar fare. Il plebiscito non si potrà fare che col re e col governo”(6)
Altro che controlli, altro che garanzie internazionali!
Lo stesso generale Le Boeuf annunciava il 18 ottobre a Napoleone III che ha protestato contro il plebiscito decretato dal re d’Italia: Napoleone gli dice di lasciar perdere. (7)
La Francia praticamente rinuncia al proprio ruolo di garante internazionale e consegna il Veneto ai Savoja.
Una quasi unanimità che venne poi rispettata al momento del voto; già, ma anche i numeri non quadrano.
Il 27 ottobre la Corte d’Appello proclama l’esito della consultazione: “SI 641.758”, “NO 69”.
Nella lapide del Palazzo Ducale si parla di “Pel SI voti 641.758”, “Pel NO voti 69”, “Nulli 273”; Alvise Zorzi in “Venezia austriaca” (pag. 151) parla di “SI 647.246”, “NO 69”, Denis Mack Smith “Storia d’Italia 1861-69” parla di “SI 641.000”, “NO 69”.
E su questi numeri si impongono almeno due considerazioni: i voti favorevoli sono attorno al 99,99 %: una percentuale che non fu ottenuta neppure dai regimi più feroci, da Stalin a Hitler.
Di sicuro il plebiscito venne “preceduto da una vera campagna di stampa intimidatoria dei fogli cittadini, preoccupatissimi per l’influenza che il clero manteneva nelle zone rurali dove, aveva scritto in settembre il “Giornale di Vicenza”, -i campagnoli furono lasciati nell’ignoranza o nell’apatia d’ogni civile concetto, educati all’indifferenza per ogni sorta di governo” (9)
Si scriveva ad esempio “ricordino essi (i Parroci e i Cooperatori dei ns. villaggi) che ove in alcuna parrocchia questo voto non fosse sì aperto, sì pieno quale lo esige l’onore delle Venezie e dell’Italia, sarebbe assai difficile non farne mallevadrice la suddetta influenza clericale, e contenere l’offeso sentimento nazionale dal prendere contro i preti di quelle parrocchie qualche pubblica e dolorosa soddisfazione. (10)
Questa politica intimidatoria tuttavia non ebbe grossi effetti sulla partecipazione popolare: “A Valdagno, ad esempio nonostante il plebiscito venisse decantato non come semplice formalità e cerimonia, ma una festa, una gara, solo circa il 30% sulla complessiva popolazione del Comune si recò a votare, mentre un buon 70%, per chissà quale motivo, preferì continuare ad occuparsi dei fatti propri, indifferente all’avvenimento.
Analogamente in tutti i distretti…..” (11)
E’ la conferma del fatto che il cosiddetto risorgimento fu nel Veneto un momento al quale la stragrande maggioranza del nostro popolo partecipò con grande indifferenza, passiva .
E questo ce lo conferma Mack Smith che scrive “Garibaldi si infuriò perchè i Veneti non si erano sollevati per conto proprio, neppure nelle campagne dove sarebbe stato facile farlo”.
Sulla libertà del voto e sulla segretezza dello stesso ci illumina la lettura di “Malo 1866” di Silvio Eupani:
“Le autorità comunali avevano preparato e distribuito dei biglietti col si e col no di colore diverso; inoltre, ogni elettore, presentandosi ai componenti del seggio, pronunciava il proprio nome e consegnava il biglietto al presidente che lo depositava nell’urna”.
E Federico Bozzini così descrive nel suo “L’arciprete e il cavaliere” quanto avvene a Cerea:
“Come già si disse -continua il commissario- vi devono essere due urne separate, una sopra un tavolo, l’altra sopra l’altro. Se per caso non avesse urne apposite, potrà adoperare due misure di capacità pei grani, cioè una quarta od un quartarolo. Sopra una sarà scritto ben chiaro il SI, sopra l’altra il NO”. E più avanti:
“I protocolli sono due, -uno pei votanti che presentano il viglietto del SI, l’altro dei votanti che presentano il viglietto del NO, per modo che il numero complessivo dei viglietti che, finita la votazione, si troveranno in ciascheduna urna, dovrà corrispondere all’ultimo numero progressivo del protocollo.
Nel protocollo pei viglietti del NO si dirà: votarono negativamente i seguenti cittadini. La piena pubblicità del voto rende inutile lo spoglio finale.” E alla fine:
“La commissione quindi conclude il presente Protocollo gridando: Viva l’Italia unita sotto lo scettro della Casa di Savoja”.
Di particolare interesse, sempre sul volume del Bozzini, la citazione della Gazzetta di Verona del 17 ottobre 1866: “Si, vuol dire essere italiano ed adempire al voto dell’Italia. No, vuol dire restare veneto e contraddire al voto dell’Italia”.
Una sottolineatura di straordinaria importanza: già allora qualcuno aveva capito che una cosa erano i veneti e un’altra gli italiani e che gli interessi degli uni raramente coincidevano con gli interessi degli altri.
Cosa che del resto aveva ben capito Napoleone Bonaparte quando consigliava al figliastro di non ascoltare chi gli suggeriva di dare a Venezia un po’ più di autonomia, invitandolo, invece, a mandare “degli italiani a Venezia e dei Veneziani in Italia” (12)

(*) Il plebiscito riguardò il Veneto, il Friuli (le attuali province di Pordenone e Udine) e la provincia di Mantova
(1) A. Saitta – Storia illustrata 06/1966 Mondadori
(2) G. Distefano – G. Paladini – Storia di Venezia 1797-1997 – II Supernova pag. 274
(3) Thaon di Revel Genova – La cessione del Veneto – Firenze 1906
(4) M.A.E., Corr. pol., Consults Autrische, vol 27, pagg. 225-229
(5) Lettere e documenti del Barone Bettino Ricasoli, a cura di Tabarrini e Gotti, Firenze 1893
(6) Les Origines, Xii, 297 ss, n. 2596-2597
(7) M.A.E. Corr. pol., Consults Autrische, vol 27, pag. 284
(8) Antonio Roldo Dolomiti O8/93
(9) E. Franzina – Vicenza storia di una città- Neri Pozza editore p. 700
(10) A. Navarotto – Ottocento vicentino Padova 1937
(11) A. Kozlovic – Immagini del risorgimento vicentino – Pasqualotto 1982
(12) A. Zorzi – Venezia Austriaca pag.32 – Laterza

BOGGIATO COP
La prefazione a “1866: la grande truffa” del prof. Sabino Acquaviva:Un libro importante, culturalmente e politicamente. Ci Parla della nostra storia, di quanto è accaduto quando il Veneto è stato annesso all’Italia. Ci narra quel che è veramente successo, oltre ogni descrizione oleografica, falsa e falsata per motivi politici.. Noi tutti sappiamo che l’unificazione del paese è stata più imposta che voluta. Che è arrivata sulla punta delle baionette dell’esercito piemontese, che molti plebisciti sono stati manipolati, che nel 1848 la maggioranza dei veneti si è battuta contro l’Austria in nome di San Marco; che addirittura, dopo la vittoria di Lissa, sulle navi austroungariche, dove quadri e marinai erano in gran parte veneti istriani e dalmati e quindi provenivano da territori appartenuti alla repubblica di Venezia, si gridò “viva San Marco”. Sappiamo anche, purtroppo che una ricostruzione di parte della storia è stata poi travisata nei libri di scuola ed è stata imposta alle nuove generazioni.

Oggi, dopo oltre un secolo e mezzo, è nostro dovere ricostruire la storia della regione in cui viviamo o siamo nati. Qualcuno ha detto che nella storia, se le radici sono nel passato, se il presente è il tronco dell’albero, il futuro è nelle sue foglie. Pensare il futuro del Veneto, anzi del Triveneto, significa dunque e anzitutto esplorarne le radici, lontane e più recenti. Questa regione, contrariamente ad altre, possiede una sua lingua, che è stata lingua franca e internazionale per secoli, almeno nel Mediterraneo orientale. E’ l’unico dialetto-lingua parlato fuori d’Italia in regioni abbastanza vaste e in Stati diversi. Dunque si tratta di un popolo con una forte identità, e fa bene Beggiato a cercare di capire, nel suo libro, perché questo popolo ad un certo punto ha abdicato e alla fine accettato di esserne parte dell’Italia unita. Ma ha accettato o subito l’Unità? A partire dal 1866 il governo centrale ha sistematicamente combattuto, non soltanto nel Veneto ma in ogni regione d’Italia, le identità regionali. Le resistenze sono state modeste, ogni lingua e cultura si è inchinata di fronte al prevalere del toscano, chiamato italiano, insegnato e imposto a scuola, dove chi parlava la sua lingua regionale veniva punito, spesso ridicolizzato.
Naturalmente, alcune lingue che erano state utilizzate nell’ambito di stati regionali hanno resistito meglio e più a lungo al tentativo di cancellarle. Pensiamo al napoletano, al siciliano, al veneto. Comunque è un fatto che molti popoli nello spazio di un secolo hanno dimenticato la loro identità, la loro lingua, la loro cultura, anche perchè hanno cancellato dalla memoria la propria storia. Questo è successo, almeno in parte, anche nel triveneto. E non parliamo di Nordest, per favore, non utilizziamo questo neologismo povero e incolore!
E’ giunto il momento di riacquistare la memoria. A questo scopo dobbiamo fare un paziente lavoro di certosini, riscrivere la storia, reintrodurre, affinchè non muoia, l’insegnamento della lingua veneta, dopo avere approntato delle grammatiche standardizzate e pubblicato dei vocabolari. Ma tutto questo, ripeto, deve accompagnarsi ad una riscoperta della storia, ed è appunto quanto fa, in queste pagine Ettore Beggiato.
Questo significa essere contro l’Unità del Paese? Certamente no. Per quel che mi riguarda sono federalista ma anche europeista convinto. Dunque, Stati Uniti d’Europa, una seconda camera delle regioni i cui rappresentanti siano eletti direttamente dalle regioni d’Europa, l’insegnamento obbligatorio dell’inglese in tutta l’Unione europea e delle lingue regionali nelle regioni che ne posseggono una.
Per l’Italia anche una struttura federale degna di questo nome.
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La truffa venetista: "Il Pebiscito del 1866 fu una truffa"

Messaggioda Berto » dom mag 26, 2019 7:25 pm

Ecco una panoramica dei sostenitori della indimostrata e indimostrabile tesi di Ettore Beggiato che il Plebiscito del 1866 du una truffa:


Anche Carlo Lottieri a suo tempo ha sostenuto la tesi di Beggiato
Il plebiscito del Veneto fu una truffa ma la sinistra non vuole dirlo
Carlo Lottieri - Ven, 02/09/2016

http://www.ilgiornale.it/news/spettacol ... 01690.html

Un saggio diffuso dalla Regione Veneto dice la verità sul plebiscito di annessione del 1866. Ed è subito polemica

È polemica: ed è bene che sia così. La diffusione di un volume di Ettore Beggiato (1866: la grande truffa. Il plebiscito di annessione del Veneto all'Italia, Editrice Veneta) sul modo in cui il Veneto 150 anni fa è stato «italianizzato» dopo la terza guerra d'indipendenza, a seguito di un referendum truffaldino, disturba gli intellettuali progressisti.

Sul quotidiano veronese L'Arena ieri si riportavano alcune prese di posizione negative nei riguardi del libro. Secondo Carlo Saletti saremmo di fronte a «un uso distorto della storia», piegata a ragioni politiche. Una tesi condivisa da Federico Melotto, direttore dell'Istituto veronese della storia della Resistenza, per il quale con questo volume «si vuole dare un messaggio politico partendo dal plebiscito per lanciare una critica all'Italia di oggi». Il tono è di contestazione, ma con ogni probabilità l'autore sarebbe in parte d'accordo.

Già assessore regionale e appassionato cultore della storia della Serenissima, Beggiato si propone di smontare la lettura tradizionale di una popolazione veneta ben felice di lasciare l'Impero asburgico per unirsi alle popolazioni italiche. Il volume è tutt'altro che paludato: vuole interessare e farsi leggere. Chi l'ha scritto, per giunta, non cela in alcun modo la propria speranza che Venezia e gli altri territori possano presto decidere del proprio futuro (con un referendum democratico), tornando indipendenti come furono per secoli.

Beggiato ha insomma esaminato il passaggio storico del 21 e 22 ottobre 1866 per illuminare l'attualità: per far comprendere ai veneti di oggi per quale motivo devono pagare le tasse a Roma, e non a Vienna. Guarda il passato per criticare il presente, senza dubbio. Ma dove sarebbe il problema? Non è forse utile leggere la storia per capire il nostro tempo? I due studiosi evocano controverse questioni di metodologia, ma le loro parole lasciano perplessi: specie pensando che per Benedetto Croce ogni storiografia è contemporanea, dato che il passato ci interessa in quanto esso ha di tuttora vivo.

Una cosa non viene detta da Saletti, né da Melotti: che Beggiato racconti falsità. Il libro, in effetti, è inattaccabile e il plebiscito fu un inganno da ogni punto di vista. Non fu garantito l'anonimato, votarono soggetti che non ne avevano titolo (i soldati italiani di stanza in Veneto, ad esempio) e, soprattutto, i dati resi noti non possono corrispondere ai voti reali. È significativo che gli storici «accademici» nulla contestino, sul piano dei fatti, a quanto Beggiato afferma, né difendano la regolarità del referendum: anche perché si renderebbero ridicoli. Di fronte a risultati ufficiali che parlano di 647.246 voti favorevoli e solo 69 voti contrari (l'equivalente del 99,9%), chi conosce cosa sia l'errore statistico sa che l'annessione del Veneto all'Italia fu costruita su un imbroglio.

Un argomento è usato dai due storici contro il volume di Beggiato: ed è la decisione della Regione di regalarlo alle biblioteche del Veneto, anche scolastiche. La critica potrebbe avere una sua plausibilità (può un ente pubblico sostenere un'iniziativa culturale di parte?) se solo non sapessimo che le scuole pubbliche sono «apparati ideologici di Stato», per usare la formula del marxista Louis Althusser: sono da sempre realtà schierate a difesa del potere vigente e delle sue retoriche (dal Risorgimento alla Resistenza, dall'ecologia all'Europa, dalla solidarietà alla legalità). È allora soltanto positivo che una pecora nera come Beggiato trovi spazio tra tante pecore bianche, che belano tutte nello stesso modo.

È poi interessante rilevare come per Melotto il referendum fosse sì ridicolo, ma perché tale doveva essere: «L'annessione fu decisa dal punto di vista diplomatico», dato che «il plebiscito serviva a sancire una situazione di fatto». Fu insomma una truffa, come dice Beggiato, ma «non può essere definito scandaloso questo modo di procedere perché nell'800 era la diplomazia a prendere le decisioni, non il popolo».

Per Melotto non ci si deve proprio scandalizzare se nell'Ottocento la gente non contava e neppure a questo punto se in varie parti del mondo c'era ancora la schiavitù. Se però i veneti conoscessero meglio la loro storia, forse anche certa retorica nazionalista avrebbe assai meno presa. E questo sarebbe solo positivo.
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La truffa venetista: "Il Pebiscito del 1866 fu una truffa"

Messaggioda Berto » dom mag 26, 2019 7:26 pm

Ecco una panoramica dei sostenitori della indimostrata e indimostrabile tesi di Ettore Beggiato che il Plebiscito del 1866 du una truffa:


VENETO, IL PLEBISCITO DEL 1866 NON FU UNA “TRUFFA”, MA UNA FARSA!
di PAOLO L. BERNARDINI
anno 2016
https://www.miglioverde.eu/139352-2

La recentissima polemica sul plebiscito del 1866, che ha coinvolto anche Gian Antonio Stella, ha grande importanza. Innanzi tutto ricorda ai veneti e agli italiani tutti che nel 1866, nell’ottobre di quell’anno, il plebiscito ebbe luogo, o almeno “un” plebiscito ebbe luogo. Inoltre, se il referendum costituzionale avrà luogo ai primi di Novembre, saranno solo circa dieci giorni dall’effettuazione di quello del 1866, e dunque il plebiscito “truffa” acquisirà un valore sostanziale, nella coincidenza dei 150 anni dell’annessione del Veneto e di Mantova all’Italia, o piuttosto a quella che era l’Italia d’allora, il Regno.
A questo punto però si apre una serie di questioni, e di prospettive, cui vorrei qui brevemente accennare. Menzionando anche il fatto che la legge di annessione di Veneto e Mantova al Regno venne anni fa abrogata, forse distrattamente, dal Ministro Calderoli nel quadro di un decreto legge complessivo, e dunque – sarà pure forma, ma la forma, in diritto, dovrebbe avere un valore sostanziale – de iure tale annessione non dovrebbe più esistere, ed è questa materia per giuristi professionisti, categoria alla quale non appartengono, gius-pubblicisti soprattutto, ma non solo.
Il diritto pubblico, sappiamo, è un atto di forza, per cui la legge di annessione è abrogata, ma il Veneto è ancora annesso.
Occorre però, per onestà scientifica e politica, ovvero per onestà in generale, fare alcune precisazioni. Nessuno degli storici coinvolti in questa polemica è storico professionista. Il contrario di professionista non è necessariamente dilettante, per carità. Ma gli storici di professione esistono, con i loro ferri del mestiere, in continuo aggiornamento, e il fatto che oggi la storia che più incida sulle coscienze, e sull’opinione pubblica, sia fatta da chi tali strumenti poco e male conosce, non è una bella cosa. Non per ribadire gli argomenti dell’amico e illustre collega Sergio Luzzatto contro Gianpaolo Pansa, ma, a costo di apparire un vecchio conservatore, cosa che alla fine sono, e non me ne vergogno – l’indipendenza del Veneto se mai avverrà in modo serio sarà un perfetto esempio di rivoluzione conservatrice, come quella americana – vi sono imprescindibili strumenti della ricerca storica, che, ogniqualvolta ci si confronti col passato, debbono essere utilizzati. Per questo è da mettere in dubbio lo stesso concetto di “truffa”. Perché?
Il plebiscito, come ho scritto diverse volte, ma repetita iuvant, è diverso dal referendum, ha un’antica origine romana, legata alle figure dei Tribuni della Plebe, e non ha a che fare con una scelta davvero libera, ma è piuttosto un momento di “acclamazione”, non di scelta, per una decisione già diversamente presa, e non dal popolo, ma dai suoi rappresentanti, in concerto con i rappresentati di altri ceti. Imbevuti di mal recepito repubblicanesimo romano, i rivoluzionari francesi introdussero lo strumento del “plebiscito”, che cozzava però con l’idea di decisione democraticamente presa ereditata da Rousseau. Ne nacque una mostruosità storica, un vero e proprio aborto. Si tratta dei plebisciti rivoluzionari continuati fino ad oggi, forse, ma certo fino al referendum sulla repubblica, ovvero fino a 70 anni fa; da un lato pretendono l’acclamazione di quel che è già deciso, dall’altro esigono dal popolo l’espressione libera della propria scelta, e avvolti in tale contraddizione (e cambiando il nome in modo progressivo, da “plebiscito” appunto a “referendum”), costringono in qualche modo a truffe e manipolazioni, anche se in tutta onestà nel 1866 il plebiscito fu detto plebiscito, e non referendum. I “tribuni della plebe”, ovvero l’aristocrazia dei gabinetti e delle dinastie, aveva già deciso tutto. Si disperano che i popoli, di cui non hanno grande stima, non la pensino come loro, ed inscenano queste farse, degne del teatro della crudeltà, che più che truffe sono la violenza ennesima perpetuata verso le “plebi” malamente salite al rango di “cittadini”.
Che non si trattasse di libero voto lo disse già – ben prima di Beggiato – ad esempio Tomasi di Lampedusa, non certo un indipendentista, e basta leggere il libro o guardare il film, per rendersene conto. Gli italiani lo sanno bene, che non scelsero mai liberamente, dal Veneto alla Sicilia de “Il gattopardo”, per un Regno che era già stato a loro imposto. Il problema che però gli storici dovrebbero porsi, per non degradare a mera ideologia il mestiere dello storico, è più complesso. Che coscienza di “democrazia” avevano i votanti del 1866, ma non solo loro, coloro che ad esempio a Piacenza votarono en masse per l’adesione al Regno di Sardegna nel 1848, il 7 aprile 1848, avendo un vasto (5) ventaglio di scelte, facendo sì che Piacenza venisse chiamata “primogenita d’Italia”? Sapevano veramente quel che stavano facendo? Solo studiando tutti i plebisciti, scavando sistematicamente in tutti gli archivi, studiando a fondo le corrispondenze diplomatiche, la stampa del tempo, gli atti notarili di ratifica dei risultati, le memorie e magari i diari dei preti e religiosi, si può stabilire una verità storica, in cui l’elemento della consapevolezza politica, della coscienza della propria forza, da parte dei popoli interpellati, per la prima volta nella loro millenaria storia, si può rispondere ad una serie di domande sulla “costruzione” o “invenzione” (come dice Roberto Martucci) dell’Italia unita (o della Francia).
Certamente, se applichiamo categorie relative al “referendum” al “plebiscito”, allora certo che fu una truffa. Ma non lo fu molto probabilmente anche il referendum sulla repubblica, che pure ebbe nome di referendum, anche se i vincitori della guerra lo intendevano, vecchio stile, come “plebiscito”? Sono fermamente convinto della casualità dei numeri, e che il contabile che decise che solo 69 veneti e mantovani votarono contro l’annessione al Regno, scelse tale numero perché nel 1866 erano passati 69 anni, appunto, dal 1797, anno della fine della Serenissima. Fu un “memento” che forse nessuno colse.
Usare il passato per costruire i puntelli per un futuro radioso – qual sarebbe quello di un Veneto indipendente – è molto pericoloso. Meglio fare appello al futuro, come ogni vero discorso politico richiede. Il passato è davvero una terra straniera. Se furono truffati, perché non si ribellarono? Sapevano davvero per cosa votavano? Sono stati ingannati. Bene. Non lo siamo noi forse ogni giorno, ogni santo giorno, in cui vengono raccontate fandonie sul riscaldamento globale, sull’ISIS, sull’economia, che è al collasso, esibendo numeri inventati, truffando come e peggio del 1866? Meglio non coinvolgere nel grottesco in cui viviamo anche il grottesco del passato. E se si vuole ricostruire il passato, occorre armarsi di grande pazienza, cogliere il plebiscito del 1866 nel quadro di un secolo di “plebisciti”: forse, se visti con i criteri del “referendum” di oggi, tutti truffaldini. D’altra parte non furono mai i popoli a chiedere i plebisciti. Ma le élites del tempo, come a Piacenza, manipolarono ben bene l’opinione pubblica, in Italia, allora, veramente in statu nascendi.
Certamente nel momento in cui per legittimare l’attuale status del Veneto come regione italiana, si fa a ricorso al 1866, si cade nel ridicolo, ma infatti nessuno degli oppositori di Beggiato ha sostenuto che il libro di quest’ultimo dicesse il falso, come ha ben visto Carlo Lottieri. L’attuale status del Veneto è legittimato dal popolo veneto che non chiede, scendendo tutto o in gran parte in piazza, come i catalani, che si faccia di nuovo ricorso allo strumento democratico del voto per confermare, o meno, la propria appartenenza all’Italia. Finché sarà così, anche i segugi piemontesi e loro cucciolate venete che fanno i cani da punta e riporto per l’Italia unita, avranno buon giuoco. Farebbero bene a tacere del tutto, è uno scheletro nell’armadio ben vivo e in carne, a pensarci bene, il plebiscito del 1866. Infatti, fu certamente una truffa, ma fu veramente, effettivamente convocato e celebrato, un passo avanti rispetto al presente, mostruoso dirlo perché ai tempi le masse, il popolo, era per i sovrani davvero meno che carne da cannone. Eppure li fecero, seppur farsescamente, votare. E senza che lo chiedessero, d’altra parte chi avrebbe potuto prender la parola per loro, i loro occupanti austriaci? I loro intellettuali mazziniani? I preti?
Per tutti, meglio sarebbe lasciare che i morti riposino in pace, cosa peraltro che non fanno, visto che nella sola e unica volta in cui furono chiamati ad esprimere la propria volontà, essa venne così mostruosamente falsificata. Anche solo per vendicare l’offesa subita da quei morti, si dovrebbe scendere a milioni in piazza e chiedere di votare di nuovo. Ma in piazza scendono in tremila. E allora, vivi e morti, riposiamo tutti in pace.
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