Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 7:50 am

Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste
viewtopic.php?f=122&t=2478


A ghè coalke s.ciapo de veneti venetisti ke ente łe so bataje połedego łegałi contro el stado tałian, łe so istitusion e łi so aparadi, łi ga adotà sta formula majega del "Difetto assoluto di giurisdizione"; el primo lè sta l Palmerini, drio de lù ghè ndà Coaja de ła LIFE e par oltemo a xe rivà łi do CLNV.

Me despiaxe tanto ma sta formuła adotà da sti "veneti" co łe so enconsistenti e asurde argomanse de dirito, no ła ga gnaon vałor łegal tałian e enternasional, ła xe lomè na formuła de on çerto efeto par ła pora xente veneta ke ła se fa ciapar da ste maje miracołesteghe (col so łesego jergal latin kel par kel diga kisaké) non podendo rivar a capir ke łe xe lomè ke ensemense e ke no łe resolve gnaon problema e gnaon contensioxo a favor suo e dei veneti en xeneral.
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 7:51 am

Il difetto di giurisdizione nell’ordinamento processuale italiano.
http://www.treccani.it/enciclopedia/giu ... ale-civile

Giurisdizione. Diritto processuale civile

In applicazione del principio della divisione dei poteri, la giurisdizione costituisce una delle tre funzioni fondamentali dello Stato, insieme a quella legislativa e amministrativa. In senso specifico, è il potere di un determinato ordine di giudici (ordinari e speciali, civili, penali o amministrativi) di decidere la domanda giudiziale proposta. La giurisdizione trova fondamento nella Carta costituzionale, in cui si stabilisce (art. 24) che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi e si attribuisce l’esercizio della giurisdizione alla magistratura ordinaria, civile e penale (art. 101 ss.). L’ordinamento italiano è ispirato al principio dell’unicità della giurisdizione secondo il quale la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario (l’art. 102 Cost.); nello stesso tempo, vi sono tuttavia alcune deroghe, come quando si prevede che la funzione giurisdizionale possa essere esercitata, in ipotesi tassative, da magistrati speciali, anche se permane al contempo il divieto di istituirne di nuovi. I magistrati speciali sono: il Consiglio di Stato e altri organi di giustizia amministrativa per la tutela degli interessi legittimi nei confronti della pubblica amministrazione e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi; la Corte dei conti, nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge; i tribunali militari, che, in tempo di guerra, hanno la giurisdizione nei casi stabiliti dalla legge e, in tempo di pace, per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate; il Tribunale superiore delle acque pubbliche, nelle controversie relative al regime delle acque pubbliche; le commissioni tributarie, in materia tributaria.
Il difetto di giurisdizione nell’ordinamento processuale italiano.
La giurisdizione costituisce un presupposto processuale, la cui mancanza impedisce al giudice di decidere il merito della lite, dovendo egli chiudere il processo in rito per la presenza del vizio di carenza del potere giurisdizionale. In particolare, si ha difetto relativo di giurisdizione in materia civile quando essa spetta a un giudice speciale, quale il TAR, la Corte dei conti. Si ha invece difetto di giurisdizione assoluto quando la materia oggetto della lite appartiene alle funzioni esclusive della pubblica amministrazione, giacché in questo caso nessun giudice ha il potere di giudicare la controversia. Infine, la giurisdizione del giudice ordinario e di tutti i giudici italiani viene a mancare quando il convenuto non è residente o domiciliato in Italia, salve alcune eccezioni (l. n. 218/1995). Il difetto di giurisdizione è rilevabile su istanza di parte o d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, quando si pone nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici speciali (art. 37 c.p.c.). Quando la giurisdizione appartiene ai giudici stranieri: se il convenuto è contumace, il difetto di giurisdizione è rilevabile d’ufficio; mentre se il convenuto compare deve eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo. Le questioni di giurisdizione possono essere decise dalla Corte di cassazione anche in via preventiva, attraverso il regolamento di giurisdizione, di cui all’art. 41 c.p.c.





Il difetto assoluto di giurisdizione nell'art. 37 c.p.c.:
di Stefano Civitelli

http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub ... 151&id=767
Questioni di giurisdizione nel nostro ordinamento sono unicamente quelle indicate dall'art. 37 c.p.c.:
il difetto assoluto di giurisdizione (ovvero l'improponibilità assoluta della domanda) nei confronti della pubblica amministrazione.
Tale difetto si ha ogni qualvolta sia dedotto in giudizio un interesse di fatto (cioè giuridicamente non protetto nel nostro ordinamento né come diritto soggettivo né con interesse legittimo) nei confronti della pubblica amministrazione.


Difetto assoluto di giurisdizione del giudice civile ordinario nei confronti dei poteri della PA:
di Luisa Agliassa

http://www.tesionline.it/v2/appunto-sub.jsp?p=33&id=846

Esempio di difetto assoluto di giurisdizione del giudice civile ordinario nei confronti dei poteri della PA
Un interesse di mero fatto in capo ad ogni cittadino è l’interesse pubblico ad una buona manutenzione delle strade pubbliche, che può essere fatto valere solo di fronte alla PA Stessa. Infatti, sino a quando una cattiva manutenzione delle strade pubbliche non violi un interesse legittimo e/o un diritto soggettivo di un singolo cittadino, quest’ultimo non può vantare una situazione giuridica soggettiva di fronte ad un giudice ordinario e/o speciale.
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 7:52 am

Palmerini col so fantomatego: Autogoverno del Popolo Veneto


Opposizione per far valere “difetto assoluto di giurisdizione” dello Stato Italiano Pagina

http://statoveneto.net/tribunale/wp-con ... 008_12.pdf
OPPOSIZIONE
per “difetto assoluto di giurisdizione”
(già pronunciata sent. 20/02/2008 Trib. Venezia LIFE n. 456)
In conseguenza a violazione, da parte dello Stato Italiano, di diritti umani e costituzionali protetti dalle convenzioni internazionali, nei confronti di cittadini appartenenti al Popolo Veneto nei territori della ex Repubblica Veneta in Amministrazione di Autogoverno del Popolo Veneto
ai sensi di art.2 L.n.340/1971, “Patti” cui L.n.881/1977,L.n.848/1955

http://www.statoveneto.net/tribunale
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 7:55 am

Coaja o Quaglia de ła LIFE


http://www.life.it/1/rottamazione-equitalia-news


Rottamazione Equitalia, news
Pubblicato 6 febbraio 2017 | Da daniele

Per chi avesse dei dubbi sulla proposta di rottamazione delle cartelle esattoriali, formulata dal governo, pubblichiamo queste ultime notizie con l’intento di dare il nostro contributo a chiarire la questione.

L’istanza di adesione alla rottamazione delle cartelle esattoriali deve essere inoltrata a Equitalia entro il 31 marzo 2017. L’adesione permetterà un ricalcolo dei debiti erariali, INPS e INAIL, conseguente allo sgravio di:

– sanzioni;

– interessi di mora.

Resteranno da pagare:

– debito iniziale:

– aggio;

– spese di notifica;

– spese di rimborso per eventuali procedure esecutive già avviate.

Per quanto riguarda le multe stradali, saranno sgravati:

– interessi di mora;

– eventuali maggiorazioni:

Resteranno da pagare:

– multa iniziale;

– sanzione per omesso e/o ritardato pagamento;

– aggio;

– spese di notifica;

– spese di rimborso per eventuali procedure esecutive già avviate.

L’istanza sospende eventuali nuove azioni esecutive e blocca l’iter di quelle già in essere.

E’ possibile presentare domanda anche per una parte degli importi iscritti a ruolo.

Il contribuente ha diritto di recesso dall’adesione formulando apposita comunicazione entro il 31 marzo; oltre tale data, l’istanza e le conseguenti obbligazioni derivanti, sono considerate vincolanti. Per approfondire vedere http://www.laleggepertutti.it/148751_ro ... gnoramenti

Per chi, consapevolmente decide di non aderire alla rottamazione per una questione ideologica, identitaria e politica potrà all’occorrenza contestare le pretese dello Stato italiano facendo pervenire allo stesso, tramite i suoi organi, ricorso per difetto assoluto di giurisdizione da tempo predisposto da LIFE e disponibile su richiesta.

Daniele Quaglia



ITALIA in Difetto Assoluto di Giurisdizione nelle Venethie
Pubblicato 21 ottobre 2014 | Da daniele

http://www.life.it/1/italia-in-difetto- ... e-venethie


Lo Stato italiano non ha diritti legittimi sul territorio del Popolo Veneto e sui Veneti se non un’autorità illegittima derivante dall’occupazione militare e poliziesca del suddetto territorio.

E’ solo tramite questa che impone le sue leggi, le sue norme e le sue tasse ma il tutto è frutto di un rapporto di forza e non di un rapporto di diritto.

Tutte le occupazioni militari di Stati su altri Stati, si sono prima o poi esaurite ed anche questa occupazione italiana sulle Venethie è destinata ad esaurirsi.

In quanto tempo, dipende dai Veneti che hanno dalla loro parte la forza smisurata della disobbedienza civile, arma pacifica e letale contro i più sanguinari despoti.

Questo ne è un esempio.

Al sottoscritto è stato notificato da due Agenti della DIGOS (Polizia politica) di Treviso un “invito” a presentarsi in Questura per essere sentito circa la sua presenza davanti alla Prefettura di Treviso durante una contestazione dell’8 ottobre 2014. Si trattava di una contestazione alla decisione del Prefetto di assegnare al territorio ulteriori nuovi clandestini, nata spontaneamente in poche ore, senza avere il tempo di organizzarci e comunicarlo alla Questura svoltasi, peraltro, civilmente senza danni od offese a chicchessia. Poco più di una decina di persone che hanno espresso pubblicamente e civilmente il loro dissenso.

Ma questo in Italia non è consentito.

E così molti di loro dono stati raggiunti dall’ “invito” a presentarsi in Questura.

Sempre il sottoscritto ha negato ai due Agenti della DIGOS l’adesione a questo invito e contemporaneamente ha consegnato loro, per essere portata al Questore, una “Revoca alla convocazione in questura” revoca invito questura redatta su norme del Diritto internazionale e del diritto interno italiano, norme che decretano il “Difetto Assoluto di Giurisdizione” dello Stato italiano sul territorio delle Venethie e sui Veneti rendendo inefficaci sanzioni, ammende ed imposizioni di qualsiasi altro tipo.

Un piccolo fuoco acceso che i Veneti, seguendo l’esempio, potrebbero trasformare in incendio incontrollabile, come quello che distrusse Roma nel 64 dopo Cristo.

Allora, avanti tutta con la disobbedienza civile.

Daniele Quaglia



http://www.life.it/1/wp-content/uploads ... estura.pdf
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 7:55 am

CLNVeneto

IL DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE DELL’AUTORITÀ ITALIANA
2 marzo 2016 CLNVeneto

http://clnveneto.ch/legge-2122010

ico_repubblica_italia copiaPer il diritto internazionale, quando un soggetto prende coscienza della propria nazionalità originaria e si riconosce in uno status discrminante di occupazione straniera, razzista e colonialista può iniziare un percorso individuale etico, morale, culturale, sociale e fiscale che, rapportato all’intero Popolo in autodeterminazione, si chiama nella sua fase esecutiva “DECOLONIZZAZIONE”.

Il Popolo Veneto ha le condizioni storiche e legali di partenza per intraprendere questo percorso e può sfruttare non solo il Diritto Internazionale ma, a differenza di tutti gli altri Popoli della penisola italica, anche una legge in più del Diritto Italiano.

Infatti, per un errore ormai non sanabile da parte dell’amministrazione italiana, dal 13 Dicembre del 2010 lo stato occupante, colonialista e razzista italiana ha emanato il Decreto Legislativo 212 che abroga il Regio Decreto 3300 del 4 Novembre 1866 e la successiva conversione in legge n. 3841 del 18 Luglio 1867 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale Italiana n. 292 del 15/12/2010 – Supplemento Ordinario n. 276), abrogando “de iure” l’annessione dei Territori Veneti (le attuali regioni italiane chiamate Veneto e Friuli Venezia Giulia) e della provincia di Mantova all’Italia.

La suddetta abrogazione del del R.D. 3300 del 4/11/1866 e della sua conversione in legge n. 3841 del 18/07/1867e consente “de iure” direttamente ex lege italiana a tutti quei soggetti che dichiarano la propria nazionalità veneta di mettere in atto il DIFETTO ASSOLUTO DI GIURISDIZIONE DELLO STATO ITALIANO PER MATERIA E PER TERRITORIO e di rigettare tutti gli atti amministrativi italiani.

Lo stato italiano resta comunque presente sui territori veneti con il proprio apparato amministrativo anche dopo l’abrogazione dell’annessione dei territori veneti. Ma ci resta solo “de facto” e nel momento in cui un soggetto rivendica la propria nazionalità pre-unitaria “de iure” lo stato italiano non è più legittimato ad imporre la propria forza coercitiva su questo individuo in autodeterminazione. Per le fonti del diritto internazionale (quindi anche per quello italiano) il “de iure” prevale sempre sul “de facto”: la legge prevale sempre sugli usi e sulle consuetudini.
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 8:11 am

Nesun proçedemento 'mimistrativo e gnaona caouxa legal cevil e penal łe xe mai stà vinte o łi se ga mai risolti a favor dei veneti par mexo de sta formuła majega ke ai veneti ła ghe fornise lomè iłuxion e ła ghe fa perdar tenpo e skei.
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 8:19 am

Sta formuła majega ła xe encardenà so l'ensemensa kel Stado Tałian, łe so lej e łe so 'ministrasion no łe saria pì legałi parké Calderołi col jera ministro el garia abrogà el decreto ke ente l'800 aneteva łe tere venete al Regno Sabudo, cusì scrive el CLNV:

Infatti, per un errore ormai non sanabile da parte dell’amministrazione italiana, dal 13 Dicembre del 2010 lo stato occupante, colonialista e razzista italiana ha emanato il Decreto Legislativo 212 che abroga il Regio Decreto 3300 del 4 Novembre 1866 e la successiva conversione in legge n. 3841 del 18 Luglio 1867 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale Italiana n. 292 del 15/12/2010 – Supplemento Ordinario n. 276), abrogando “de iure” l’annessione dei Territori Veneti (le attuali regioni italiane chiamate Veneto e Friuli Venezia Giulia) e della provincia di Mantova all’Italia.

http://clnveneto.ch/legge-2122010
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 8:25 am

Abrogata per errore dal governo l’annessione del Veneto all’Italia
Dopo il passaggio delle competenze sul Canal Grande spunta un altro caso. Nel «taglianorme» finisce anche il decreto regio del 1866

Alessio Antonini
08 febbraio 2011

http://corrieredelveneto.corriere.it/ve ... 7045.shtml

Ci hanno provato raccogliendo firme per complessi referendum separatisti, ci hanno riprovato processando la Repubblica italiana in piazza - e condannandola ovviamente - e hanno perfino comprato terreni su terreni alle pendici dei monti per dichiarare indipendente un'intera vallata del bellunese. Hanno perfino costituito bande armate e hanno sfidato la prigione arrampicandosi sulla cima del campanile di San Marco, entrando in piazza con un carro armato. Mai nessun indipendentista però avrebbe pensato che fosse proprio Roma a regalare l'indipendenza al Veneto. Eppure è andata così: per una leggerezza di qualche tecnico romano - che verrà probabilmente santificato da una certa porzione di veneti e crocifisso dai vertici politici - nel decreto «ammazzanorme» entrato in vigore il 16 dicembre 2010 con la firma del ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli, del ministro della Giustizia Angelino Alfano e perfino del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è finito anche il Regio Decreto 3300 del 4 novembre del 1866 con il quale «le provincie della Venezia e quelle di Mantova fanno parte integrante del Regno d'Italia».

Insomma, con una mano Roma ha tolto il Canal Grande alla città lagunare abrogando il trasferimento delle competenze e con l'altra ha restituito alla Serenissima i confini della antica Repubblica di Venezia con tanto di dominio sulle provincie lombarde fino a Mantova. «Per un momento abbiamo avuto la fortissima tentazione di dichiararci astro-ungarici - scoppia a ridere il direttore generale del Comune di Venezia Marco Agostini - ma adesso i tecnici del ministero stanno lavorando per rimettere le cose a posto».
Innanzitutto per scrivere un nuovo decreto che restituisca il Canal Grande a Venezia che, anche se Calderoli ha tranquillizzato tutti è, secondo i giuristi del Comune, effettivamente passato a Roma, poi un secondo decreto per evitare che gli indipendentisti intasino i tribunali combattendo la loro battaglia per l'indipendenza con la possibile beffa delle vie legali.

D'altra parte i giuristi - dopo essersi ripresi da una lunga serie di risate incredule - concordano sul fatto che non basta abrogare un Regio Decreto del 1866 per cancellare centocinquanta anni di storia scritti a chiare lettere sulla Costituzione (la Repubblica resta «una e indivisibile ») e slegare così il Veneto dal resto d'Italia.
Anche alcuni leghisti potrebbero in effetti restarci male a sapere che l'eventuale - molto eventuale - indipendenza del Veneto cancellerebbe con un colpo di spugna anche l'istituzione della Regione mettendo fuori legge lo stesso Luca Zaia e tutta la Giunta a maggioranza verde-Carroccio.

E non c'è dubbio che la mossa di Calderoli abbia ben poco di volontario visto che insieme a un pezzo dell'Italia con il decreto «taglianorme » del 2009 erano sparite anche le leggi che fondavano il Comune di Follonica, di Sabaudia, di Aprilia e di Carbonia (già reintegrati con un decreto salvanorme fatto d'urgenza) e il Tribunale dei minori per cui il ministero ha dovuto emanare un decreto abrogativo del decreto abrogativo. Mal di testa giuridici a parte, la confusione generata dal taglio legislativo di Calderoli è destinata ad avere conseguenze anche sul piano economico. «Indipendenza del Veneto a parte, se il ministero non chiarirà bene la vicenda sulle competenze sul Canal Grande - ammette l'assessore veneziano ed ex cassazionista Ugo Bergamo - Il primo ricorso contro una contravvenzione avrà conseguenze spiacevoli per tutti». Basta pensare che dal 16 dicembre, i vigili non hanno teoricamente più poteri sul controllo del moto ondoso e sulla velocità delle imbarcazioni che attraversano i quattro chilometri di strada acquea più famosa delmondo. La «svista»ministeriale sul Canal Grande infatti ha messo a nudo la giungla intricata di norme che regola le competenze veneziane. Solo per fare un esempio, l'area del bacino acqueo di fronte a piazza San Marco è divisa tra quattro enti di competenza - Magistrato alle Acque, Autorità Portuale, Autorità Marittima e Comune di Venezia - che non sempre si coordinano tra loro per gli interventi. Non solo: sul bacino San Marco il Comune paga un affitto di seicentomila euro all'anno per avere il controllo degli stazi e delle rive dove sostano le gondole e i taxi acquei. «E' obiettivo dell'amministrazione comunale - conclude il consigliere comunale Beppe Caccia che è da sempre a fianco del sindaco Giorgio Orsoni su questa battaglia - ottenere il trasferimento di tutta la sovranità e delle risorse che riguardano le acque lagunari. Speriamo che la "porcata" del ministro Calderoli sia l'occasione per farla finita con il groviglio di poteri e interessi che complicano ogni giorno la vita di chi voglia vivere, lavorare e difendere la Laguna di Venezia».


http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLi ... roli.shtml

http://www.newnotizie.it/2011/02/08/cal ... -allitalia



Il Veneto da 72 ore non è in Italia - La regione è indipendente per effetto del taglialeggi di Calderoli
di Luigi Bacialli

http://www.italiaoggi.it/giornali/detta ... iTestate=1

Festeggiano gli autonomisti veneti per lo sbaglio del ministero per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli, che ha cancellato il decreto con cui, nel 1866, le provincie venete e Mantova furono annesse al Regno d'Italia. Sarà, come ripetono da ieri l'altro a Roma, che la Costituzione garantisce sempre e comunque l'unità del paese, ma formalmente, a causa di una svista di un funzionario del ministro Calderoli, da 72 ore il Veneto è indipendente.

Mariano Foggiato di Unione Nordest all'apertura dell'assemblea regionale a Palazzo Ferro-Fini ha chiesto di avviare una indagine per sapere se il veneto faccia ancora parte dell'Italia.

Dello stesso tenore le parole di Loris Palmerini, presidente del governo provvisorio di «Veneto indipendente», un movimento vicino ai Serenissimi che scalaorono il campanile di San Marco, che chiede dove stia la novità visto che il Veneto non avrebbe mai cessato di essere separato dalla nazione. Il presidente del «Governo del popolo veneto» Albert Gardin liquida invece la vicenda come folcloristica e ne approfitta per promulgare le elezioni del parlamento veneto per il prossimo 25 aprile. Taglia corto l'ex assessore alle politiche sociali Stefano Valdegamberi, Udc: dopo 150 anni il Veneto rimane italiano per usucapione.

Ma agli autonomisti non basta che il direttore generale del ministero si ostini a ricordare che il regio decreto 3300 del 4 novembre del 1866 non sarebbe stato abrogato per errore proprio perché superato dalla Carta che all'articolo 131 costituisce tutte le regioni d'Italia, Veneto compreso. Risponde polemicamente l'ex presidente della Consulta Valerio Onida. Secondo il suo ragionamento, se il regio decreto che annetteva il Veneto al Regno d'Italia era inutile perché superato dalla Costituzione non aveva senso abrogarlo visto che non era in contrasto con altre norme.

Il Veneto autonomo , sia pure provvisoriamente, visto che il governo dovrà rimediare alla frittata con apposito decreto. Un sogno coltivato per anni dai movimenti che vogliono la libertà e l'autodeterminazione dei popoli realizzato con in pochi secondi con un colpo di penna. Dopo il trattato di Vienna l'Austria passò il Veneto a Napoleone che delegò il generale Leboeuf , in un informale incontro all'Hotel Europa di Venezia, a farne, ricorda lo storico Arrigo Petacco, un'elemosina ai Savoia. Poi suffragata da quella che il consigliere regionale Ettore Beggiato definisce una truffa plebiscitaria, un voto bulgaro in cui i sì all'annessione vinsero con il 99%. Sta di fatto che il Veneto oggi può essere ritenuto indipendente o francese come affermano alcuni studiosi, e non più italiano. Poche ore prima il ministero aveva combinato un altro pasticcio, cancellando cioè una vecchia legge che affidava al Comune di Venezia la gestione del Canal Grande e trasferendola così allo Stato.

Come al solito a Roma minimizzano, ma secondo l'assessore alla Mobilità e Trasporti ed ex membro del Csm Ugo Bergamo c'è poco da ridere perché, tanto per fare un esempio, il Canal non è più di competenza della polizia municipale locale che in teoria non potrà fino a nuovo ordine elevare contravvenzioni contro chi dovesse sfrecciare a tutta velocità in motoscafo tra Rialto e San Marco.

Qualcuno insinua il sospetto che non si sia trattato di un errore ma di un assist mediatico di Calderoli per il governatore Luca Zaia, che non le manda mai a dire e che ha dichiarato più volte facendo arrabbiare, si dice, il presidente Giorgio Napolitano, di non essere d'accordo con i festeggiamenti del 150esimo. Non a caso al Vittoriano e a Castel Sant'Angelo la sua poltrona in prima fila sarà occupata dal presidente del Consiglio regionale pidiellino Clodovaldo Ruffato. Allergici all'unità i leghisti ma soprattutto alle celebrazioni, nulla in confronto al presidente della Provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder che ha dichiarato di vedere nell'Austria e non nell'Italia la sua madre patria. Il senatore Maurizio Fistarol, oggi uomo di punta del movimento Verso Nord, ha reagito a quella che considera un'offesa proponendo che il governo metta a pane e acqua il reprobo.

Nel frattempo è scoppiata la polemica sul 17 marzo festivo. Calderoli protesta insieme a Emma Marcegaglia e a tutti gli industriali contro un'iniziativa che danneggerebbe molto le aziende in un momento di crisi, ma il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha già fatto sapere che si tratta di una decisione già presa e irrevocabile. Così gli autonomisti veneti, con la maggioranza e l'opposizione in altre beghe affaccendati, sperano che ci si dimentichi di riattaccare il Veneto, diventato autonomo per errore, allo Stivale.
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 8:33 am

ABROGATA L’ANNESSIONE DEL VENETO! OPPURE NO?
di ALESSANDRO MOCELLIN

http://www.miglioverde.eu/abrogata-lann ... eneto-o-no

Oggi è l’8 febbraio 2011 (8 febbraio 2010 more veneto).
Il Corriere del Veneto dà la dirompente notizia che il semplificone Calderoli nell’ambito della decretazione “ammazzanorme” (ricordate il farsesco falò delle inutilità legislative di qualche tempo fa?) ha abrogato anche il Regio Decreto n. 3300 del 4 novembre del 1866, “col quale fu dichiarato che le Provincie della Venezia e di Mantova fanno parte integrante del Regno d’Italia”, secondo la rubrica (lo riproduciamo in fondo). Subito festanti e giubilanti si mostrano in molti, e la ragione stessa fatica a trattenere lo spirito. Ma forse ciò accade invano. A parte che non è certo il dato legislativo a fare la liberazione di un Popolo (semmai esso sancisce in diritto un dato di fatto), si deve ricordare che il destino del Regio Decreto è stato di venir convertito successivamente in legge.
E’ pertanto tale legge ad essere il titolo giuridico effettivo che sancisce “che le Provincie della Venezia e di Mantova fanno parte integrante del Regno d’Italia”.
Tale Legge di conversione del suddetto Regio Decreto è la legge n.3841 del 18 luglio 1867: “Legge colla quale è data forza di Legge al Regio Decreto 4 novembre 1866, col quale fu dichiarato che le Provincie della Venezia e di Mantova fanno parte integrante del Regno d’Italia”. Ma, sorpresa, anche essa rientra nel novero delle norme abrogate! Dunque, pare proprio che il quadro sia completo, e che le fonti legislative fresche di approvazione abbiano fatto piazza pulita dei sostegni legali dell’unità del Veneto all’Italia (o meglio, dei ceppi legali con cui il Veneto è soggiogato all’Italia). L’Italia, conclamata, osannata ed incensata culla del Diritto, quando si è fatta Stato è diventata la tomba della Giustizia e della Libertà, che dal Diritto dovrebbero essere garantite, non frustrate e seviziate a morte.
Forse anche in questo caso il sadismo costitutivo dell’Italia ci spinge ad esultare prima del tempo, in quanto occorre verificare la fonte legislativa che ha compiuto tali abrogazioni.
Si tratta del Decreto Legislativo n. 212 del 13 dicembre 2010, dunque di una fonte stabile, che per essere abrogata altrettanto stabilmente costringerà il Parlamento a pronunciarsi sul caso, che forse sarà finalmente il primo passo per riaccendere il dibattito sulla “Questione Veneta”, nata come questione internazionale già nel 1797, riaperta nel 1815, nel 1848, nel 1866, nella prima guerra mondiale, nella seconda guerra mondiale, nel 1997 e, provvidenzialmente, lo deve essere anche nel 2011. Ma si sa, secondo un trito proverbio, che “chi di spada ferisce, di spada perisce”. Speriamo tuttavia che i Veneti, e con essi gli altri Popoli Storici dell’area italica, sappiano mostrare la loro magnanimità. Pur feriti da spada, sappiano liberarsi invece con la forza dirompente delle idee. E sia festa, dunque. Ché qualunque cosa succeda e qualunque sia il valore “nel mondo giuridico” di tale esempio di guazzabuglio normativo italiano (che chiameremo “lo strano caso legislativo del dì di Santa Lucia”), e qualunque sia il metodo (legale o meno) con cui il governo ed il parlamento italiani ovvieranno a questa loro deficienza latu sensu, questo giorno resterà negli annali della Storia Veneta, e non solo perché ricorre l’anniversario dell’insurrezione studentesca dell’8 febbraio 1848 a Padova.

Abrogata l’annessione del Veneto! O no? (aggiornamento del 10 febbraio).
A seguito del caso creatosi sull’abrogazione del RD 3300/1866 concernente l’annessione del Veneto all’Italia sul “Corriere del Veneto”, che ha il merito di aver “scoperto” la vicenda, è apparso ieri un articolo, sempre sul CdV, di Alessio Antonini dal titolo “Il ministero: «Annessione abrogata? Unità garantita dalla Costituzione»”1. All’interno gli spunti giuridici non sono molti (in verità è solo uno) in quanto si è preminentemente dato spazio all’aspetto politico più che giuridico, ma è il caso di analizzarli come già fatto “a fresco” martedì 8 febbraio all’uscita del primo articolo sul “caso abrogazione”, quando si è reso necessario il puntualizzare alcuni riferimenti giuridici fondamentali.

Con questo nuovo articolo ci perviene quella che possiamo chiamare una “interpretazione autentica” fatta proprio dagli autori del decreto legislativo (nonché responsabili delle compilazioni dell’elenco di abrogazioni; parliamo dunque del Ministro -responsabile politico- e del Direttore Generale -responsabile tecnico- del “Ministero per la Semplificazione Normativa”).
Inoltre, già nell’edizione di martedì 8, era presente un altro articolo (l’editoriale, a firma di Ivone Cacciavillani), intitolato “Siamo tutti francesi”2. Insomma, ora che possiamo ampliare il quadro dell’analisi, si è reso necessario l’aggiornamento che state leggendo.
Partirei preferibilmente dall’articolo di Cacciavillani. Nel suo editoriale, considera la questione abrogazione essere “formalmente sterile”, in quanto “la legge «sull’unificazione legislativa delle province venete e di Mantova » del 26 marzo 1871 n. 129” […] ha esteso a Veneto e Mantova molte leggi del Regno”. Dunque, secondo Cacciavillani, “sul piano giuridico ovviamente nessuna conseguenza”, in quanto, lo si evince dalla costruzione della frase, sul piano normativo la colonna portante dell’annessione del Veneto all’Italia sarebbe (secondo Cacciavillani) la legge 129/1871. Sentiamo le parole della legge, all’art. 1: «Sono estesi alle provincie della Venezia e di Mantova, aggregate al regno d’Italia colla legge del 18 luglio 1867, n. 3841: [segue serie di estensioni legislative]”. Pertanto, poiché richiama l’antecedente legge 3841/1867 per basarsi su di essa, allora la legge 129/1871 citata da Cacciavillani non è il pilastro di vigenza del dominio italiano in Veneto.

Si potrebbe obiettare che però anche la legge 3841/1867 (che io asserisco essere la colonna portante) richiama il precedente RD3300/1866. Tuttavia, si ricordi che la tale legge 3841 è una legge di conversione del Regio Decreto, e dunque è atta a sostituirlo, ponendolo nel nulla, tant’è che è lo stesso Regio Decreto che all’art.3 recita: “Il presente Decreto sarà presentato al Parlamento per essere convertito in Legge”. Invece, la legge 129/1871 richiama sì la legge 3841/1867, ma non ha assolutamente la pretesa di sostituirla, ed anzi la richiama per evocarla come base, come titolo di giustificazione di ciò che sta per sancire. Insomma, il rapporto tra il RD3300/1866 e la legge 3841/1867 è tra un atto provvisorio ed un atto stabile; invece il rapporto tra la legge 3841/1867 e la legge 129/1871 è la relazione tra premessa e conseguenza o, per meglio dire, tra titolo per disporre e atto di disposizione. Poiché la legge 3841/1867 che costituisce il titolo nell’ordinamento per la proprietà del Veneto (passatemi la terminologia civilistica) è stata abrogata, successivi atti miranti a disporre di tale proprietà per amministrarla o goderne i frutti, non sono degli atti di disposizione di proprie sostanze, ma mere pretese su sostanze altrui.

Approfitto anche dell’occasione per togliermi una soddisfazione: l’articolo di legge del 1871 citato dimostra ulteriormente che, in realtà, il casus iuris dell’abrogazione del 2010 non cade sul Regio Decreto 3300/1866, ma sulla legge di conversione, cioè la legge 3841/1867, come avevo puntualizzato (non banalmente, dunque) nell’articolo embrionale dell’8 febbraio. Ma tornando al punto, l’obiezione di fondo di Cacciavillani (se ho ben capito) è che il fatto di “estendere la legislazione” ad un territorio annesso o conquistato, sia in realtà il vero momento di impossessamento del territorio stesso (secondo un principio internazionalistico di effettività). Stante la legittima perplessità di chi si pone giustamente questa domanda, tento l’argomentazione comparativa: SE è vero che l’atto (cioè la pretesa) di estendere la legislazione ad un altro territorio costituisce il vero titolo di vigenza del dominio su quel territorio, ALLORA l’intero “affaire 1866” è completamente da rivedere.
No, questo non è un tentativo di sfuggita dal piano giuridico saltando al piano storico, bensì si tratta di esprimere la necessità di vedere la “Questione Veneto 1866” come una vicenda unitaria. Si è sempre saputo che nel 1866 ci sono stati degli episodi “strani”, quali entrata di truppe italiane prima del plebiscito, la scelta dei rappresentanti veneti operata dal governo italiano (un pò come il lupo che decide a che agnello far firmare la macellazione del gregge), la non cura del promesso ruolo di garante internazionale della Francia, ed altre amenità all’italiana. Ma a sorpresa è la stessa elencazione delle leggi e dei decreti regi abrogati col decreto legislativo del 13 dicembre 2010 che ci aiuta a capire quanto il Regno d’Italia avesse preteso di estendere la propria giurisdizione anche su territori ancora largamente non nella sua sfera di dominio!

E’ necessario premettere alcune date significative per comprendere meglio la cronologia ed il senso di questo necessario inserto storico nel ragionamento giuridico:

1. l’armistizio tra Italia e Austria viene siglato a Cormons il 12 agosto 1866;
2. la pace di Vienna (che conclude la guerra persa all’Italia, perdendo a Custoza il 24 giugno e a Lissa il 20 luglio) tra Italia e Austria è siglata il 3 ottobre 1866;
3. il Plebiscito per l’annessione del Veneto (previsto nel trattato internazionale di Vienna) si è tenuto il 21-22 ottobre 1866;
4. il Regio Decreto 3300 (del governo italiano) che sancisce l’annessione è del 4 novembre 1866.

Ebbene, lo Stato Italiano ha decretato antecedentemente al 4 novembre ben 75 “regi decreti”, di cui: 46 fino al 3 ottobre; altri 26 dal 3 ottobre al 20 ottobre; altri 3 tra il 20 ottobre ed il 4 novembre (la lista completa di questi 75 decreti interessanti il Veneto che ho selezionato dall’allegato all’“ammazzanorme calderoliano” è disponibile cliccando qui, assicuro che vale la pena di leggerseli tutti).
Ecco solo qualche chicca:
REGIO DECRETO – 3064 – 18/07/1866
COL QUALE SONO DELEGATI COMMISSARII REGII INVESTITI DI POTERI SPECIALI PER REGGERE TEMPORANEAMENTE LE PROVINCIE FINORA SOGGETTE ALLA OCCUPAZIONE AUSTRIACA (commento: la guerra scoppia il 20 luglio e due giorni prima hanno già disposto i poteri che avranno i commissari regi! Seguono alcune nomine di commissari)
REGIO DECRETO – 3065 – 19/07/1866
CON CUI SONO PUBBLICATI ED AVRANNO FORZA DI LEGGE NELLE PROVINCIE VENETE LA LEGGE 21 APRILE 1861 SULLA INTITOLAZIONE DEGLI ATTI DEL GOVERNO, E L’ART. 1 DELLE DISPOSIZIONI SULLA PUBBLICAZIONE,
INTERPRETAZIONE ED APPLICAZIONE DELLE LEGGI IN GENERALE (commento: questa è grossa, perché prevede che “Tutti gli atti che devono essere intitolati in nome del Re, lo saranno colla formola seguente: «(Il Nome del Re) – Per Grazia di Dio e per Volontà della Nazione – Re d’Italia»
REGIO DECRETO – 3066 – 19/07/1866
CONTENENTE DISPOSIZIONI CIRCA L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA, E CIRCA GLI AFFARI RELATIVI ALL’AMMINISTRAZIONE GIUDIZIARIA NELLE PROVINCIE VENETE LIBERATE DALLA OCCUPAZIONE AUSTRIACA (commento: qui si va oltre il dato di un semplice diritto temporaneo in tempo di guerra)
REGIO DECRETO – 3088 – 28/07/1866
CHE MANDA PUBBLICARE NELLE PROVINCIE ITALIANE LIBERATE DALLA DOMINAZIONE AUSTRIACA LO STATUTO DEL REGNO DEL 4 MARZO 1848 (commento: qui il tentativo di estendere la “Costituzione” del Regno d’Italia -cioè lo Statuto Albertino- anche al Veneto si mescola con la propaganda)
REGIO DECRETO – 3089 – 28/07/1866
COL QUALE CESSANO DI AVERE EFFETTO NELLE PROVINCIE ITALIANE LIBERATE DALLA DOMINAZIONE AUSTRIACA LE PATENTI IMPERIALI 5 NOVEMBRE 1855 E 8 OTTOBRE 1856 RELATIVE AL CONCORDATO STIPULATO DALL’AUSTRIA CON LA SANTA SEDE
REGIO DECRETO – 3130 – 01/08/1866
CHE MANDA PUBBLICARE NELLE PROVINCIE ITALIANE LIBERATE DALLA OCCUPAZIONE AUSTRIACA LE DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA ELEZIONE E COSTITUZIONE DEI CONSIGLI E DELLE AUTORITA’ COMUNALI
REGIO DECRETO – 3135 – 01/08/1866
CHE STABILISCE CHE NELLE PROVINCIE ITALIANE LIBERATE DALLA DOMINAZIONE AUSTRIACA LA ETA’ MINORE CESSA COLL’ANNO VIGESIMO PRIMO COMPIUTO
REGIO DECRETO – 3138 – 01/08/1866
COL QUALE LA VIGILANZA ED ISPEZIONE DELLA ISTRUZIONE PRIMARIA NELLE PROVINCIE VENETE E’ AFFIDATA A DIRETTORI SCOLASTICI PROVINCIALI, E A DIRETTORI SCOLASTICI DISTRETTUALI (commento: concludiamo osservando che questi ultimi 4 testi legislativi non trattano certo di disposizioni di diritto bellico. In tale tempo la pretesa è già arrivata all’avere il controllo politico e civile della società veneta, non solo controllo militare del territorio).

Come si sarà capito, delle due l’una: SE si dice che importa di più l’estensione legislativa che la formale dicitura di annessione, ALLORA l’Italia ha violato le norme internazionali nel 1866 avanzando pretese legislative e giurisdizionali su territori non italiani, ma nemmeno liberati o in anarchia, in quanto la guerra non era conclusa, e l’Italia aveva semmai invaso impunemente territori dell’Impero Asburgico (con l’intenzione di chiedere la clausola uti possidetis, secondo il commissario italiano del 1866 Thaon di Revel, clausola poi abbandonata). SE INVECE si riconosce di fronte a questo scempio storico-politico-giuridico che l’estensione legislativa non può valere da essa sola come pilastro di vigenza di un potere su un territorio, ALLORA decade la teoria di Cacciavillani.
Passiamo ora ad analizzare invece l’articolo sulle intenzioni espresse dal Ministero. Innanzitutto, occorre chiedersi quale sia il valore delle suddette esternazioni da fonte ministeriale. Valore giuridico, sicuramente no; e qualora fosse ravvisato (in sede giurisdizionale), sarebbe unicamente come “opinione persuasiva”, non certo come “autorità vincolante”. Una eventuale “interpretazione autentica” in senso proprio, dovrebbe avere la forma perlomento del decreto ministeriale o, chessò, di una circolare interpretativa. Insomma, un dato giuridico di tenore legislativo non può avere come sua testimonianza e fonte una pagina di giornale, per quanto autorevole. In ogni caso, ciò che c’è di giuridico tra le asserzioni degli interpellati (tra i quali anche un ex presidente della Corte Costituzionale, Valerio Onida), va analizzato come possibile quadro di riferimento, dopo di che va sostenuto oppure confutato.
Partiamo col primo riferimento: «Il Regio Decreto 3300 del 4 novembre 1866 non è stato abrogato per errore -spiega [il direttore generale del Ministero]- è stato abrogato perché superato dalla Costituzione che all’articolo 131 costituisce tutte le Regioni d’Italia, Veneto compreso». Saltando per un attimo all’altro dato giuridico interessante di questo articolo, cioè l’opinione autorevole di Valerio Onida, non posso che essere d’accordo nel dire (come aveva comunque saggiamente rilevato en passant anche Cacciavillani) che SE il Ministro era conscio -come ha detto- che in realtà la norma portante era l’articolo 131 della Costituzione, l’abrogazione del RD3300/1866 e della legge3841/1867 risulta essere una inutile pratica tecnica di abrogazione di norme comunque private di efficacia dal sopravvenire di altra fonte normativa successiva o superiore (una “abrogazione tacita”, in questo caso per criterio sia cronologico che gerarchico, essendo la Costituzione italiana sia di età posteriore al 1867 che di rango superiore alla legge ordinaria). Insomma una abrogazione giuridicamente utile come l’abolizione nel 2010 del crimine di stregoneria.
Ma tutto questo è vero solo SE la Costituzione italiana è effettivamente un testo legislativo che possa sancire l’annessione della Venezia e di Mantova all’Italia. Vediamo ora perché ciò non pare plausibile. Il dirigente generale del Ministero sopraccitato, ha usato una terminologia accortissima. E’ scritto in Costituzione infatti: “Art. 131 – Sono costituite le seguenti Regioni: [segue elenco]”. I termini fondamentali da analizzare sono: “Regioni” e “costituite”. Le Regioni sono degli Enti Locali dell’amministrazione dello Stato italiano. La loro estensione e la loro natura non sono ancorate a dei riferimenti territoriali o valori storici, e dunque dichiaratamente non possono essere recettivi -per il solo nome che portano- di una vicenda successoria travagliata e di valore internazionale come quella della Venezia. Inoltre, i territori acquisiti secondo la sanzione del RD3300/1866 sono andati poi divisi in 3 diverse Regioni (Mantova alla Lombardia, Udine3 al Friuli-VeneziaGiulia, il resto è la regione Veneto), quindi l’art. 131 Cost. è una pura ripartizione amministrativa che nulla dice sulla spettanza o meno dell’amministrazione. Non è adatto ad affermare ciò che spetta, ma solo a ripartire lo spettante; inoltre, non dice nemmeno “con che titolo e a che titolo” spetterebbe.
C’è un’altra domanda da porsi, poi, sempre in chiave comparativa: il Lazio con Roma annesso nel 1870 è stato annesso con decreto? O semplicemente inglobato con la forza? Da quanto risulta dalla “Collezione delle leggi ed atti del governo del regno d’Italia”, il Plebiscito del 2 ottobre 1870 tenuto nel Lazio è stato riconosciuto e l’annessione sancita nel Regno d’Italia con Regio Decreto 5903/1870. Ciò avvalora l’ipotesi (spiegata più sotto) del “decreto” bivalente: come fonte di riconoscimento del risultato del Plebiscito nonché di sanzione (cioè affermazione solenne) dell’annessione effettiva (e a quel punto volontaria) dei territori in oggetto. La domanda che sorge spontanea è questa: perché con il d.lgs. 212/2010 è stato abrogato il RD3300/1866 di annessione del Veneto e non quello 5903/1870 di annessione del Lazio? Probabilmente perché se all’articolo 1 dice “Roma e le province romane fanno parte integrante del Regno d’Italia” (con formula del tutto comparabile a quella veneta), tuttavia agli articoli seguenti (art. 2 e 3) si menzionano la dignità, l’inviolabilità, l’indipendenza e i privilegi personali del Sommo Pontefice, oltre che il libero esercizio della Autorità spirituale della Santa Sede. Dunque forse un motivo politico per non abrogare l’intero decreto del 1870 sulla Presa di Roma.
Tuttavia, a rigor di logica giuridica, poiché è stato stipulato dall’Italia un Concordato posteriore con gli eredi legittimi del potere della Santa Sede, sarà esso ad essere il titolo del rapporto vigente tra Italia e Vaticano, questi articoli 2 e 3 sono già stati abrogati implicitamente dal Concordato stesso. Tuttavia è già la legge di conversione, la 6165 del 31 dicembre 1870, a specificare che gli art. 2 e 3 del RD 5903/1870 saranno regolati con apposita (ulteriore) legge.nTuttavia, da una analisi delle legislazioni ammazza norme anteriori a quella del 13 dicembre 2010, risulta che la legge 6165 del 31 dicembre 1870 è stata abrogata nella decretazione ammazza norme del dicembre 2008. Non è stato però contemporaneamente abrogato il RD 5903/1870. Dunque, a tutti gli effetti, SE andava abolito il RD3300/1866 sul Veneto, con la stessa ratio andava abrogato anche il RD5903/1870 sul Lazio e Roma.
Anzi, c’è da dire ancora una cosa, che è forse la più pregna di significato: il RD3300 e la legge 3841 sono fonti la cui presenza è giustificata dal profilo internazionale della Questione Veneta. Infatti, il Veneto non è stato invaso e annesso sic et simpliciter, ma è stato ceduto dall’Austria all’Italia con un trattato internazionale, con garanzia della Francia, e con la clausola “sotto riserva del consenso delle popolazioni debitamente consultate”. Carta canta. Avviandoci alla conclusione di questo viaggio giuridico-storico-politico, approntiamo una specie di cristallizzazione della situazione attuale, secondo le risultanze della presente analisi giuridica.
Il titolo di vigenza del dominio italiano sulla Venezia è la Pace di Vienna del 3 ottobre 1866, la quale dispone il passaggio del Veneto all’Italia, subordinandolo però esplicitamente al “consenso delle popolazioni debitamente consultate”, dunque al Plebiscito, il cui risultato è stato formalizzato dal Re d’Italia Vittorio Emanuele II tramite la decretazione regia n. 3300/1866, poi convertita. Fatta l’abrogazione, quindi, del Plebiscito del 1866 l’Italia non ha mai saputo il risultato, in quanto il RD del 4 novembre 1866 (quello abrogato) aveva appunto il significato di sancire che il Plebiscito era avvenuto, ed era avvenuto con successo per l’annessione all’Italia. L’Italia, dunque, ora non sa se il Veneto è in Italia o meno. Mi viene quasi da proporre una probatio diabolica: se l’Italia ha “le prove” le tiri fuori. E le prove sono (tutti) gli scatoloni-urna con dentro le schede elettorali del Plebiscito del 1866: si proceda ad una serena riconta.
Qualora ciò si manifesti impossibile, essendo abrogato il Regio Decreto (e pure la sua legge di conversione) che certifica l’avvenuto Plebiscito ed il suo risultato favorevole all’annessione, poiché il dominio legittimo sulla Venezia all’atto del trasferimento dall’Austria all’Italia (per il tramite beffardo della Francia) è subordinato alla celebrazione di un libero Plebiscito, e se inoltre non v’è prova del suo regolare svolgimento, né del suo esito esatto, allora occorre rifare il Plebiscito del 1866. E se poi è vero, come riporta il commissario italiano Thaon di Revel (in “La Cessione del Veneto”, Editoria Universitaria, Venezia 2002), che ad inizio agosto 1866 lo stesso Napoleone III aveva scritto a Vittorio Emanuele “Padrone del suo destino, il Veneto potrà quanto prima col suffragio universale esprimere la sua volontà”, che Leboeuf (il commissario francese) disse formalmente il 19 ottobre 1866 durante il passaggio del Veneto all’Italia (2 giorni prima dell’inizio del Plebiscito), dunque alla presenza ufficiale del commissario austriaco e di quello italiano “A nome di Sua Maestà l’Imperatore dei Francesi […] dichiariamo di rimettere la Venezia a sé stessa affinché le popolazioni padrone, del loro destino, possano esprimere liberamente, con suffragio universale, il loro volere riguardo l’annessione della Venezia al Regno d’Italia”4, forse l’intera Storia del 1866 è davvero da riscrivere.
***
1. cfr Corriere del Veneto
2. cfr Corriere del Veneto
3. Udine. La provincia di Pordenone è stata creata nel 1968 per distaccamento dalla Provincia di Udine. Ringrazio Alessandro Battistel per questa informazione.
4. formula originale: “Au nom de S.M. l’Empereur des Francais […] Déclarons remettre la Vénétie à elle même pour que les populations maîtresses, de leur destinées, puissent exprimer librement par le suffrage universel, leurs vœux au sujet de l’annexion de la Vénétie au Royaume d’Italie”.
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Re: Difetto assoluto di giurisdizione: ensemense venetiste

Messaggioda Berto » mar feb 07, 2017 8:52 am

Il ministero: «Annessione abrogata? Unità garantita dalla Costituzione»
9 febbraio 2011 alle ore 21:49

Il dicastero Calderoli minimizza. L’ex pg Fortuna: possibili ricorsi. Il decreto regio cancellato, il presidente emerito della Consulta: «Confusione a monte»

https://www.facebook.com/notes/moviment ... 8685449756

VENEZIA - Non basta abrogare un Regio Decreto per consegnare l'indipendenza al Veneto. A parlare per conto del ministro per la Semplificazione normativa Roberto Calderoli è il suo direttore generale. «Il Regio Decreto 3300 del 4 novembre 1866 non è stato abrogato per errore - spiega - è stato abrogato perché superato dalla Costituzione che all'articolo 131 costituisce tutte le Regioni d'Italia, Veneto compreso». La risposta del ministero però non convince del tutto. «Il governo è in stato confusionale e fa cose strampalate - interviene l'ex procuratore generale di Venezia e oggi esponente dell'Udc Ennio Fortuna - ormai mi aspetto che succeda di tutto, anche che questa vicenda dell'annessione abrogata finisca in tribunale per una nuova interpretazione ». Ieri mattina il Comune di Venezia infatti ha dovuto inviare una richiesta formale al dicastero di Calderoli per ottenere una chiarificazione interpretativa dell'intero decreto «ammazzanorme» per capire se può ancora avere competenze sul Canal Grande visto che, a sentire l'assessore ed ex membro del Csm Ugo Bergamo, la risposta data dal ministero non è «per nulla soddisfacente». Sulle due questioni dunque c'è ancora molta confusione e la vicenda non è destinata a concludersi, anche perché il ministero dovrà mettere comunque al lavori i suoi tecnici per rispondere al Comune di Venezia ed evitare che lo «scippo» del Canal Grande abbia conseguenze economiche su Venezia.

«La confusione è a monte e nasce dal modo in cui è stato concepito il decreto per tagliare le leggi - spiega l'ex presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida - se il Regio Decreto che annetteva il Veneto al Regno d'Italia era inutile perché superato dalla Costituzione non aveva senso abrogarlo visto che non era in contrasto con nessuna norma. Con l'abrogazione invece si solleva la questione se serva o meno. Comunque non ci saranno conseguenze ». Resta il fatto che se sul piano giuridico non ci dovrebbero essere minacce per l'Unità d'Italia, è innegabile che la «svista» di Calderoli abbia alimentato le mai sopite spinte indipendentiste che da anni attraversano il Veneto. Lo stesso presidente della Regione Luca Zaia ha ammesso di temere che «episodi come questo possano alimentare certi indipendentisti». In realtà, proprio sull'abrogazione dell'annessione i venetisti si sono spaccati: mentre il consigliere regionale dell'Unione Nord Est Mariangelo Foggiato ha aperto il lavori dell'assemblea chiedendo chiarificazioni sullo status giuridico del Consiglio regionale, il presidente del «Governo del Popolo Veneto» Albert Gardin ha liquidato la vicenda come «folcloristica» e ha deciso di promulgare le elezioni del «parlamento veneto » per il 25 aprile.

«La Costituzione fissa un perimetro chiaro per il nostro paese - continua Zaia - questi vecchi decreti appartengono a un'epoca passata e i veneti devono guardare avanti e non indietro ». Così avanti che dopo che lo stesso Zaia ha chiarito che l'Unità d'Italia (anche se gli italiani «hanno di meglio da pensare») non è minacciato dai decreti del collega di partito Roberto Calderoli, l'ufficio di presidenza del Consiglio regionale ha deciso che il Veneto parteciperà alla mostra «Regioni e testimonianze d'Italia» in programma a Roma nell'ambito dei festeggiamenti per l'Unità d'Italia. Dopo la bacchettata del Quirinale infatti la reazione non si è fatta attendere e già domani il presidente del Consiglio Clodovaldo Ruffato sarà nella capitale per ricordare i 150 anni dell'Unità. «Il Veneto - ha concluso Ruffato - non poteva mancare questo appuntamento sia per l’alto contributo reso alla nascita dell’Italia unita, sia per il ruolo che la nostra regione ha svolto da allora e continua a svolgere nell’ambito dello sviluppo del nostro paese».
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