Endependensa veneta, parké? e Carta Costitusional

Re: Endependensa veneta, parké? e Carta Costitusional

Messaggioda Berto » mer apr 20, 2016 3:02 am

Teritoro

El teritoro de ła Repiovega lè coeło del Veneto e no coeło fantomadego de ła Repiovega Serenisima Arestogratega Venesiana co łi so domegni de tera e de mar, ke nol ghè pì da 220 ani e ke nol pol costituir el fondamento juredego jeografego de ła Nova Repiovega Veneta Federal e a Demograsia Direta.

La Nova Repiovega Veneta ke se va a costruir no lè ła seitensa de coeła de 220 ani pasà ma na version federal e demogratega no pì açentrà so Venesia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Endependensa veneta, parké? e Carta Costitusional

Messaggioda Berto » mer apr 20, 2016 7:46 am

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Re: Endependensa veneta, parké? e Carta Costitusional

Messaggioda Berto » mar mag 10, 2016 5:05 am

???

Con metodo democratico
Francesco Falezza

http://falezza.blogspot.it

Adesso sappiamo che la salvezza e la libertà del Popolo Veneto è il grande ideale che ci spinge, ideale che sarà realizzato solo con la piena indipendenza e sovranità del nostro popolo! Abbiamo capito anche che per raggiungere il nostro obiettivo è indispensabile avere un progetto con un preciso piano d’azioni.
Ma per sviluppare il progetto è necessario prima decidere il metodo che intendiamo usare per raggiungere l’obiettivo, perché, ovviamente, il progetto sarà diverso a seconda del metodo scelto.
Noi abbiamo scelto il metodo democratico e non violento… Perché? Perché è il più facile e il più efficace! Quello che può dare i migliori risultati nel più breve tempo possibile col minor dispendio di energie.
Andiamo a vedere in dettaglio i vantaggi di usare questo metodo:
Visto che ci sono molte leggi a livello mondiale, europeo e italiano che tutelano, difendono e, garantiscono i nostri diritti individuali e di popolo, cominciamo a chiedere quanto ci spetta! È assurdo avventurarsi in strane iniziative se prima non si è preteso con forza il rispetto di queste leggi! Sarebbe come un sindacato dei lavoratori indicesse un sciopero prima ancora di avanzare le proprie istanze. Prima si chiede e poi, se non ti ascoltano, allora si protesta. Cosa ovvia starete pensando… talmente ovvia che ancora nessuno l’ha fatta.
È il sistema più facile! Addirittura ti finanziano per portare avanti i tuoi diritti; infatti sono previsti contributi sia a livello italiano, europeo e mondiale per i popoli e i loro rappresentanti che lottano per i propri diritti. Perché ai Rom e ai Sinti sì ed ai Veneti no? Forse loro li chiedono e noi no? Forse abbiamo bisogno di più rappresentanti politici o di un piano d’azioni? Forse, ma comunque ci sono contributi per iniziative identitarie, culturali, storiche e politiche a cui si può attingere usando bene il sistema democratico.
È il sistema più efficace! Dall’interno è molto più facile cambiare le cose, come i virus informatici che entrano nei computer e ne prendono il controllo, allo stesso modo il sistema democratico è solo dall’interno che ti permette di agire. Dall’esterno scatta la repressione o il conflitto. Da posizioni di potere è sempre più efficace agire che non da semplici cittadini: facciamole nostre!

È il sistema più sicuro! Considerata la quantità di risorse che un ordine costituito ha a disposizione per far rispettare le proprie regole, diventa veramente autolesionista pensare di andarci contro dall’esterno. Pensiamo a esercito, polizia, guardia di finanza, servizi segreti e magistratura pronti a colpire chi viola le regole, mentre sono, o ,almeno dovrebbero essere, al servizio di chi le rispetta. È come doversi confrontare e scontrare con un energumeno: mai ritrovarsi da soli in un vicolo buio, o peggio ancora attaccar briga, perché in quel caso avremo la peggio e andrà a finir male, meglio farlo, piuttosto, in dibattiti pubblici, di fronte a molta gente dove anche lui deve rispettare le regole e mai dargli occasione di usare la forza, perché altrimenti saranno dolori. Allo stesso modo dovendo affrontare un avversario che ha molti più mezzi di noi è meglio scontrarsi sul campo dove noi siamo più forti, visto che le leggi ci danno ampiamente ragione. È come avere una formula uno che è fortissima finché rimane in pista, ma appena esce dal tracciato si trova bloccata nella terra, allo stesso modo noi finché rimaniamo nelle regole siamo i più forti e al sicuro, ma basta dargli anche solo una scusa che scatterà subito la repressione.

Abbiamo capito le pesanti motivazioni che ci hanno indotto a scegliere questo metodo, dopo aver letto queste spiegazioni penso che non rimanga spazio per considerare altri metodi molto più rischiosi e molto meno efficaci, almeno nella situazione attuale. Chi propone azioni rischiose o eclatanti o peggio violente può essere solo un ingenuo o uno mandato dal regime che non aspetta altro che avere una scusa per reprimere le nostre giuste istanze. È chiaro che la sfida non sarà facile e sappiamo bene che nelle nostre partite dovremo lottare anche contro gli arbitri, sappiamo anche che molti giudici e politici sono condizionati da poteri oscuri che sono contro la libertà delle persone e dei popoli, ma sappiamo di essere nel giusto e di percorrere l’unica strada che ci porterà verso la libertà.
Adesso non ci rimane che stendere il piano d’azioni per capire come raggiungere il nostro obiettivo e arrivare presto all’agognata libertà.
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Re: Endependensa veneta, parké? e Carta Costitusional

Messaggioda Berto » mer mag 11, 2016 8:44 am

AGLI STATI INTERESSANO I VANTAGGI NON I DIRITTI

di ENZO TRENTIN

Il buonsenso viene dall’esperienza, anche se l’esperienza la fai quando non hai buon senso. È una riflessione che proponiamo ai nostri lettori che aspirano all’indipendenza dall’Italia, e per rafforzare la meditazione suggeriamo un pensiero tratto da “la rivoluzione” di H.H. Hoppe: «… ricordiamo che ogni società che valga la pena avere, ogni società liberale avanzata, è stata costruita da persone con lunghi orizzonti temporali. Orizzonti oltre la propria vita. E in generale queste società sono state costruite in circostanze e condizioni di disagio materiale molto difficili, ben oltre ciò che stiamo probabilmente affrontando. Quindi cerchiamo di appellarci alle nostre migliori nature e giriamo il ‘cosa deve essere fatto’ da domanda in una dichiarazione.»

Nel panorama delle formazioni o gruppi o movimenti o partiti indipendentisti, specialmente nell’animato panorama Veneto, si elaborano un’infinità di teorie, si generano svariati credi e certezze, ci si convince della bontà di questa o quella strategia, si pensa di ricorrere a questo o quell’Ente internazionale, si cerca o si è cercato un “giudice a Berlino” che decreti l’illegittimità dello Stato italiano, e come conseguenza la libertà di questo o quel territorio. Ma proviamo a vedere, succintamente, i risultati sin qui ottenuti da queste strategie:

C’è chi pensa di farsi eleggere nelle istituzioni italiane per modificarle “dal di dentro”; ma le innumerevoli fazioni politiche votate a ciò, sino ad oggi, non hanno ottenuto nulla. Non la Lega Nord, non l’Italia dei Valori, non il Movimento 5 Stelle. E citiamo solo i partiti politici più conosciuti, altrimenti la lista si farebbe assai lunga. La questione è che il ‘sistema Italia’ è imperniato sulla concertazione che tutto intreccia, aggroviglia, imbroglia. Grazie al cielo i partiti hanno abbandonato le ideologie, ma quelli post ideologici sembra non abbiano altra finalità che impoverire o saccheggiare o appropriarsi della cosiddetta res publica. In quest’ambito si citano a sproposito le esperienze di Scozia e Catalogna, e si sottace sulle loro peculiarità che rendono maldestro il raffronto con la situazione italiana.
Inutili, sino ad oggi, i vari ricorsi alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Coloro che si sono appellati a questa Corte hanno scoperto che nel collegio giudicante è inserito un giudice italiano, e che dunque la terzietà del giudizio è quanto meno messa in dubbio.
A quale altro “giudice a Berlino”, e con quali garanzie di terzietà di giudizio potranno mai appellarsi gli indipendentisti? E nell’ipotesi di un giudizio positivo, l’imperante partitocrazia italica accoglierà il verdetto? C’è da dubitarne visti gli innumerevoli mancati adeguamenti alle direttive dell’UE, che hanno generato non un contenzioso, bensì salatissime multe. I politicanti continuano a svolgere la loro attività politica con scarsa competenza, per lo più con mire ambiziose e per trarne vantaggi personali.
Inutili, sino ad oggi, i vari ricorsi all’ONU. I Movimenti o i Comitati di liberazione nazionale che hanno scritto un numero incalcolabile di denunce. Non hanno mai ricevuto alcuna risposta o un cenno.
C’è chi uniforma il suo agire al diritto internazionale, ma quale sede internazionale è disposta a tutelare questo buon diritto? Quale “giudice a Berlino” è competente? Se questo “diritto” nessuno lo riconosce, che diritto è?
Sull’illegittimità dello Stato italiano molto è stato detto: non c’è solo l’illegittimità della Costituzione, perché mai votata dal popolo “sovrano”; c’è persino la Corte costituzionale italiana che dicembre 2013 sentenzia come di fatto sarebbero decaduti i parlamentari. Eppure, recentemente, questi hanno addirittura deliberato la modifica della Costituzione.

Scriveva Gesualdo Bufalino (Perché odio i politici a cura di Guido Almansi Mondadori, 1991): «Oggi dai politici mi sento rinchiuso fra le stesse quattro mura di un tempo. Mi ripeto la frase illustre: “Io sono solo, loro sono tutti.” E dire che fino a poco fa una parvenza di programmi e contegni contrapposti ancora li distingueva, fuori e dentro il Palazzo. Oggi nel Palazzo ci sono tutti, le divise si scambiano a piacere, quanto più le risse sono fragorose, tanto più sono finte. Un unico gigantesco partito li arruola tutti, dal Montecitorio più grande agli altri, innumerevoli, sparsi per la penisola. E quanto parlano, poi… Quale quotidiano inesauribile vilipendio della parola… È questa l’offesa che duole di più: ci taglieggiano, ci sgovernano, ci malversano… Ma almeno stessero zitti; smettessero questo balletto di maschere, questo carnevale del nulla, al riparo del quale mani avide intascano, leggi inique o vane si scrivono, ogni proposito onesto si sfarina in sillabe senza senso… Esagero? Esagero, ma ditemi: quanti sono oggi coloro che intendono veramente la politica come servizio? E non sono costretti a nascondersi come lebbrosi? E per uno che opera con coscienza e fatica, quanti altri sono solo vesciche pompose, busti di cartone, pastori di nuvole, puri e semplici ladri? Il risultato è sotto gli occhi di tutti: uno Stato tirchio e scialacquatore, frenetico e inerte, feroce e longanime, occhiuto e cieco…».

Ed allora eccoci ritornati ai quesiti di sempre:

Come sarà l’indipendenza di questo o quel territorio?
Chi e come sarà legittimato a governare?
Perché il sistema proposto dagli indipendentisti sarà migliore dell’attuale?

Facciamocene una ragione: non è necessario solo un progetto istituzionale innovativo per convincere il cosiddetto “Fronte Interno”; c’è anche da ottenere un’empatia esterna. Ai circa 200 Stati attualmente esistenti al mondo, interessa poco o niente il diritto all’indipendenza del Veneto o della Lombardia o della Sardegna o quant’altri. Agli Stati interessano i vantaggi, e bisognerà pur elaborare un progetto sui vantaggi che avranno “gli altri” a riconoscere il nostro buon diritto all’autodeterminazione.

Infine, sempre in tema di vantaggi: quale sarebbe quello per un indipendentista nel fare il Sindaco di un Comune qualsiasi sotto dell’attuale Stato italiano? Considerando le disastrate finanze statali e locali si tratterebbe di assumersi l’onere di una “Mission Impossible”; a meno che, anche in questo caso, il predetto indipendentista non avesse un progetto di praticabili riforme del predetto Comune, poiché sembra che le istituzioni pubbliche attuali non siano fatte per dare servizi al pubblico, ma sia il cittadino fatto per servire la burocrazia. Non bastasse: com’è possibile competere all’elezione di un Sindaco, senza una proposta organizzativo-istituzionale innovativa, e quando la partitocrazia mette in campo personaggi disinvolti, e pieni di risorse economiche? Ricordiamo en passant che, per esempio, l’ex Sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, è stato rinviato a giudizio per il finanziamento illecito dei partiti per l’inchiesta Mose. Si parla di 500.000 Euro. Erano solo quelli i soldi a disposizione per la sua campagna elettorale, o ce n’erano di più? E un candidato indipendentista quando mai potrà competere ad armi pari con tali disponibilità economiche?

Se l’esperienza deve essere fatta, gli indipendentisti la concretizzino confrontandosi su un progetto istituzionale che diventi condivisibile. Se le loro teorie e convincimenti non sono in grado di persuadere o non trovano un compromesso accettabile tra chi come loro si considera ed agisce da indipendentista, come potranno mai conquistare l’opinione pubblica?
Dopo essersi conciliati tra di loro, le loro tesi, ed aver concretizzato un’ipotesi di nuovo assetto istituzionale potranno partire alla conquista delle menti e dei cuori dell’opinione pubblica, poiché una volta acquisita questa vittoria non ci sarà partito o istituzione italiana che potranno contrapporsi.
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Re: Endependensa veneta, parké? e Carta Costitusional

Messaggioda Berto » gio mag 12, 2016 1:01 pm

Sto kì lè on popoło!

DICHIARAZIONE D’INDIPENDENZA DELLO STATO DI ISRAELE
Dichiarazione d’indipendenza dello Stato di Israele
admin 14 maggio 2008

http://www.focusonisrael.org/2008/05/14 ... za-israele

In ERETZ ISRAEL è nato il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al mondo l’eterno Libro dei Libri. Dopo essere stato forzatamente esiliato dalla sua terra, il popolo le rimase fedele attraverso tutte le dispersioni e non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica. Spinti da questo attaccamento storico e tradizionale, gli ebrei aspirarono in ogni successiva generazione a tornare e stabilirsi nella loro antica patria; e nelle ultime generazioni ritornarono in massa. Pionieri, ma’apilim e difensori fecero fiorire i deserti, rivivere la loro lingua ebraica, costruirono villaggi e città e crearono una comunità in crescita, che controllava la propria economia e la propria cultura, amante della pace e in grado di difendersi, portando i vantaggi del progresso a tutti gli abitanti del paese e aspirando all’indipendenza nazionale.

Nell’anno 5657 (1897), alla chiamata del precursore della concezione d’uno Stato ebraico Theodor Herzl, fu indetto il primo congresso sionista che proclamò il diritto del popolo ebraico alla rinascita nazionale del suo paese. Questo diritto fu riconosciuto nella dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 e riaffermato col Mandato della Società delle Nazioni che, in particolare, dava sanzione internazionale al legame storico tra il popolo ebraico ed Eretz Israel [Terra d’Israele] e al diritto del popolo ebraico di ricostruire il suo focolare nazionale. La Shoà [catastrofe] che si è abbattuta recentemente sul popolo ebraico, in cui milioni di ebrei in Europa sono stati massacrati, ha dimostrato concretamente la necessità di risolvere il problema del popolo ebraico privo di patria e di indipendenza, con la rinascita dello Stato ebraico in Eretz Israel che spalancherà le porte della patria a ogni ebreo e conferirà al popolo ebraico la posizione di membro a diritti uguali nella famiglia delle nazioni. I sopravvissuti all’Olocausto nazista in Europa, così come gli ebrei di altri paesi, non hanno cessato di emigrare in Eretz Israel, nonostante le difficoltà, gli impedimenti e i pericoli e non hanno smesso di rivendicare il loro diritto a una vita di dignità, libertà e onesto lavoro nella patria del loro popolo.

Durante la seconda guerra mondiale, la comunità ebraica di questo paese diede il suo pieno contributo alla lotta dei popoli amanti della libertà e della pace contro le forze della malvagità nazista e, col sangue dei suoi soldati e il suo sforzo bellico, si guadagnò il diritto di essere annoverata fra i popoli che fondarono le Nazioni Unite. Il 29 novembre 1947, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite adottò una risoluzione che esigeva la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel. L’Assemblea Generale chiedeva che gli abitanti di Eretz Israel compissero loro stessi i passi necessari da parte loro alla messa in atto della risoluzione. Questo riconoscimento delle Nazioni Unite del diritto del popolo ebraico a fondare il proprio Stato è irrevocabile. Questo diritto è il diritto naturale del popolo ebraico a essere, come tutti gli altri popoli, indipendente nel proprio Stato sovrano. Decidiamo che, con effetto dal momento della fine del Mandato, stanotte, giorno di sabato 6 di Iyar 5708, 15 maggio 1948, fino a quando saranno regolarmente stabilite le autorità dello Stato elette secondo la Costituzione che sarà adottata dall’Assemblea costituente eletta non più tardi del 1 ottobre 1948, il Consiglio del Popolo opererà come provvisorio Consiglio di Stato, e il suo organo esecutivo, l’Amministrazione del Popolo, sarà il Governo provvisorio dello Stato ebraico che sarà chiamato Israele.

Lo Stato d’Israele sarà aperto per l’immigrazione ebraica e per la riunione degli esuli, incrementerà lo sviluppo del paese per il bene di tutti i suoi abitanti, sarà fondato sulla libertà, sulla giustizia e sulla pace come predetto dai profeti d’Israele, assicurerà completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso, garantirà libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura, preserverà i luoghi santi di tutte le religioni e sarà fedele ai principi della Carta delle Nazioni Unite. Lo Stato d’Israele sarà pronto a collaborare con le agenzie e le rappresentanze delle Nazioni Unite per l’applicazione della risoluzione dell’Assemblea Generale del 29 novembre 1947 e compirà passi per realizzare l’unità economica di tutte le parti di Eretz Israel. Facciamo appello alle Nazioni Unite affinché assistano il popolo ebraico nella costruzione del suo Stato e accolgano lo Stato ebraico nella famiglia delle nazioni.

Facciamo appello – nel mezzo dell’attacco che ci viene sferrato contro da mesi – ai cittadini arabi dello Stato di Israele affinché mantengano la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulla base della piena e uguale cittadinanza e della rappresentanza appropriata in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti. Tendiamo una mano di pace e di buon vicinato a tutti gli Stati vicini e ai loro popoli, e facciamo loro appello affinché stabiliscano legami di collaborazione e di aiuto reciproco col sovrano popolo ebraico stabilito nella sua terra. Lo Stato d’Israele è pronto a compiere la sua parte in uno sforzo comune per il progresso del Medio Oriente intero. Facciamo appello al popolo ebraico dovunque nella Diaspora affinché si raccolga intorno alla comunità ebraica di Eretz Israel e la sostenga nello sforzo dell’immigrazione e della costruzione e la assista nella grande impresa per la realizzazione dell’antica aspirazione: la redenzione di Israele.

Confidando nella Rocca di Israele, noi firmiamo questa Dichiarazione in questa sessione del Consiglio di Stato provvisorio, sul suolo della patria, nella città’ di Tel Aviv, oggi, vigilia di sabato 5 Iyar 5708, 14 maggio 1948.


Canan, Pałestina, Judea, Ixrael
viewtopic.php?f=197&t=2075
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Re: Endependensa veneta, parké? e Carta Costitusional

Messaggioda Berto » sab dic 10, 2016 5:53 pm

Secedere si può, mancano gli indipendentisti!
10 Dec 2016
http://www.lindipendenzanuova.com/seced ... dentisti-2

Alessandro Vitale, antico allievo del professor Gianfranco Miglio, osserva «Quando una comunità storica ha il diritto di andarsene?» (Vedi Quaderni Padani n. 4 [marzo-aprile] 1996) «Il diritto di “andarsene” è una forma di resistenza che deve essere adottata da una singola parte del territorio di uno Stato, quando questa parte, accortasi della tirannide dei detentori del potere politico, non trova negli altri membri dello Stato la disponibilità a prendere misure comuni.»

Già da questo semplice passo è messa in luce la scarsa o nulla credibilità di una classe politica che pretende d’essere eletta (nel nostro caso alla Regione Veneto), per indire un referendum per l’indipendenza. Infatti, la Corte costituzionale di quello Stato di cui la Regione è emanazione, ha già sentenziato in merito. Non è quindi attraverso le istituzioni statali italiane che si otterrà il diritto di “andarsene”. Del resto la Lega Nord, con la sua storia, è la dimostrazione del fatto che “dal di dentro” dello Stato italiano non ha mai ottenuto nulla di quello che predicava. Oggi, poi, per sola brama di “careghe” la Lega Nord s’è trasformata addirittura in un partito nazionalista del “Belpaese”.

Ed anche a dar buona l’ipotesi di un referendum non è detto che vincerebbero gli indipendentisti, infatti che informazione presso l’opinione pubblica hanno fatto sinora? Attraverso quale innovativo progetto istituzionale porterebbero il popolo veneto in un nuovo “paradiso”? Eppoi quale sarebbe il programma di governo? Questi nuovi delegati che esperienza possono vantare? Qual è la loro formazione? Come possiamo valutare le loro migliori competenze? Come riusciranno a farsi riconoscere come buoni amministratori e non come “i soliti politicanti”?

Daniel J. Elazar (Idee e forme del federalismo – Milano – Mondadori, 1998) osserva che, nei sistemi politici federali, «La non centralizzazione assicura che, a prescindere dal modo in cui certi poteri possano essere condivisi dai governi generale e costitutivi, il diritto di “andarsene” nel momento in cui il consenso svanisce, emerge il diritto di secessione».

Anche qui, che consenso hanno avuto i tre ultimi governi italiani mai legittimati dal cosiddetto popolo ‘sovrano’? Di più: che legittimità hanno mai avuto tutti i governi repubblicani se la stessa Costituzione del 1948 non è mai stata votata dallo stesso popolo ‘sovrano’? [qui un nutrito elenco, non esaustivo, di Costituzioni volute e votate dal popolo http://www.miglioverde.eu/costituzioni- ... -il-mondo/ ] Che strumenti hanno i cittadini di questa penisola per influire su un esecutivo che non gode più del consenso generale? La centralizzazione dell’attuale Stato italiano non è forse il contrario di quelle presunte riforme federaliste che il Parlamento ha preteso e/o pretende di emanare? E quando gli indipendentisti veneti parlano di federalismo, di quale si tratta? Come valutarlo se non c’è nemmeno una bozza per un nuovo patto federale da consultare?

Con citazioni e considerazioni di questo genere potremmo continuare, e fatta salva la legittimità ad “andarsene”, perché il governo non risponde più alle esigenze dei cittadini, o di una parte si essi, che credibilità politica hanno quei sedicenti indipendentisti che hanno concorso alle elezioni del 2015 per andare a governare in un Ente subordinato a quello Stato che a parole vogliono abbandonare? Come concedere credibilità a quei politicanti che continuano a propagandare similitudini con la situazione di Scozia e Catalogna che secondo alcuni studiosi non esiste. Si veda qui [http://www.lalligatore.com/la-stagione-dellindipendenza-tra-scozia-e-catalogna/ ] la loro opinione.

Dopo un lungo excursus su i due esempi, per osservare i meccanismi giuridici e politici alla base delle esperienze indipendentiste, tale studio conclude che i due percorsi costituzionali sono antitetici, anche se da essi è possibile ricavare diversi insegnamenti. Volendo infatti spostare lo sguardo sull’ordinamento italiano, sarebbe ipocrita ritenere che questo sia immune da tali questioni. La secessione, poi, è giusta non in base a una rivendicazione priva di ragioni, ma in seguito alla decisione razionale – nel nostro caso dei veneti – di prendere su di sé il fardello di autogovernarsi.

Le considerazioni qui svolte hanno un grande peso nella determinazione dei rapporti che devono intercorrere tra il cittadino e le istituzioni politiche. Affermare che quello ha dei diritti, significa anche riconoscere che queste hanno dei limiti. D’altra parte, non ha alcun senso né pare ragionevole scagliarsi contro gli antichi sovrani “per diritto divino” e poi riconoscere ai moderni parlamenti poteri ancora superiori, solo perché legittimati dal voto.

Orbene cosa hanno fatto i sedicenti indipendentisti alla Regione Veneto? Ci hanno forse messo a disposizione degli istituti di partecipazione popolare degni di questo nome? No! Al contrario, non hanno ancora risposto a due Petizioni [https://piudemocraziavenezia.wordpress.com/2015/11/20/consegnate-le-petizioni-alla-regione-veneto-per-la-democrazia-diretta/ ] recentemente depositate da numerosi Comitati ed associazioni civili attivatesi a questo scopo. Eppure «I popoli liberi e meglio ordinati – scriveva Miglio concludendo il proprio saggio sulla Disobbedienza civile – sono quelli che si permettono ogni tanto di ribellarsi: che non temono di impugnare le decisioni del loro governo, ma che tornano poi ogni volta a rifondare, con più solida persuasione, l’ordinamento in cui vivono.»

Dobbiamo allora chiedere scusa per tutti quelli che da secoli han quozienti d’intelligenza inferiori alle loro intelligenze, e non riescono nemmeno a pentirsi delle loro ignoranze? Chiediamo scusa anche a coloro che non riescono a dimostrare che il processo di identificazione tra cittadino e l’attuale classe dirigente non esiste? Per esempio, come si conciliano i circa 104mila voti dati alle formazioni sedicenti indipendentiste venete alle regionali del 2015, che sono un’inezia, se raffrontato al 55% del corpo elettorale che secondo i sondaggi [vedi qui: http://www.demos.it/a00970.php ] si dichiara favorevole all’indipendenza del Veneto? Non è forse il giudizio elettorale a dimostrare la loro inadeguatezza?

Arriviamo così alla questione chiave: la “disobbedienza civile”, che indica un comportamento volto a disattendere un obbligo che invece si sarebbe tenuti a rispettare. «Questo comportamento – scriveva Gianfranco Miglio – non contesta la procedura con cui l’obbligo è stato stabilito, ma rifiuta il contenuto dell’obbligo stesso, e vuole mostrare a chi comanda la concreta possibilità di perdere il potere: vuole far capire che l’obbedienza passiva non è virtù di uomini liberi. Disobbedire a un ordine ingiusto, anzi, non è soltanto un atto legittimo, ma addirittura un dovere morale. D’altra parte, la disobbedienza implica una condotta pacifica e non violenta: rappresenta una sfida e una rivendicazione, dunque, piuttosto che una dichiarazione di guerra. Tale aspetto è ribadito e rafforzato dall’aggettivo “civile”: il quale “colloca il comportamento nella sfera delle prerogative del cittadino”. In altre parole, si vuole chiarire che qui la disobbedienza è soltanto espressione del diritto, posseduto da ogni individuo, di partecipare alla statuizione degli obblighi giuridici che lo riguardano».

Ora come possiamo affidarci a persone che hanno – al momento dell’insediamento in Regione Veneto – giurato fedeltà a quella Costituzione italiana mai votata dal popolo ‘sovrano’?

Intervistato su questo tema da Carlo Stagnaro (“Miglio: lo Stato moderno è superato”, 4 luglio 2000) Gianfranco Miglio affermò che lo Stato moderno non è solo inefficiente e immorale, ma anche superato: «Lo Stato moderno è in pieno declino. Il nostro compito è saper riprendere la tradizione autentica dell’Europa delle città, dell’Europa del periodo anseatico… si trattava di città indipendenti che facevano capo al Sacro Romano Impero soltanto per dirimere conflitti tra di loro. L’Europa dell’avvenire non è l’Europa dello Stato moderno, che ha prodotto le guerre spaventose del nostro secolo. Tutto questo è da dimenticare».

Secondo l’intera dottrina politica occidentale, il diritto di resistenza sorge quando un governo assume atteggiamenti tirannici verso i propri cittadini. Esso può addirittura divenire diritto alla resistenza armata – all’insurrezione – se non vi è altra via per eliminare l’oppressione cui il popolo è sottoposto. «In tutti gli ordinamenti “liberi” – scriveva Miglio – viene generalmente riconosciuto il diritto dei cittadini a “resistere” a una costrizione illegittima. Ma questo “diritto di resistenza” – che si trasforma presto in “diritto di insorgere” – è giustificato soltanto nei confronti di una autorità tirannica, verso detentori del potere che non riconoscano ai cittadini (trasformati in sudditi) le garanzie e le prerogative rispettate invece negli altri paesi civili: e che tale comportamento iniquo assumano originariamente oppure violando i patti conclusi e sospendendo l’ordinamento vigente.»

Il comportamento iniquo è dimostrato dall’inferno fiscale in cui siamo precipitati, dagli assurdi privilegi della “Casta” cui fa fronte un debito pubblico in costante ascesa, dall’inefficienza di quasi tutti i servizi per cui uno Stato pretende d’esistere. Piuttosto, le domande che bisogna porsi sono più stringenti e più profonde: «Quando i cittadini sono moralmente giustificati a violare o a resistere con tutti e ciascuno i mezzi necessari, alle leggi del proprio paese? Quando l’intero governo – e non semplicemente questa o quella legge in particolare – diviene tirannico e illegittimo?» Così formula il problema Jeff Snyder in “Nation of Cowards. Essays on the Ethics of Gun Control, Lonedell”, MO: Accurate Press, 2001 –,

Non sono dunque le argomentazioni, le giustificazioni, e la necessità che mancano a chi vuole l’indipendenza di un popolo e di un territorio. Piuttosto a mancare sono gli autentici indipendentisti; coloro che riusciranno a prefigurare un nuovo “patto sociale”, magari attingendo all’opera del professore lombardo raccolta nella collana di scienza della politica “Arcana imperii”.
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Re: Endependensa veneta, parké? e Carta Costitusional

Messaggioda Berto » dom nov 19, 2017 8:23 pm

I primati dello stato italiano e dell'Italia in Europa e nel mondo
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