Comitato 1866 (area fiło leghista)

Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » ven gen 15, 2016 8:33 am

Comitato 1866 (area fiło leghista)

viewtopic.php?f=126&t=2161



https://www.facebook.com/comitato1866/?fref=photo


Indipendenza Veneto. Comitato 1866 presenta programma 150 anni annessione all'Italia

http://www.consiglioveneto.it/crvportal ... izia=29605

(Arv) Venezia 14 gen. 2016 – Diffondere la conoscenza dei fatti storici che portarono all’annessione della Repubblica Veneta al Regno d’Italia, far riflettere i cittadini sulla loro reale volontà di far ancora parte dell’Italia. Sono questi gli obiettivi che il “Comitato 1866” intende raggiungere e per i quali ha elaborato un programma di iniziative in occasione dei 150 anni della consultazione con la quale i veneti votarono l’unione.
Il programma è stato illustrato oggi nel corso di una conferenza stampa tenutasi a palazzo Ferro Fini, alla quale sono intervenuti il Presidente del Consiglio, Roberto Ciambetti, l’assessore alla cultura, Cristiano Corazzari, i consiglieri regionali Antonio Guadagnini (INV) e Riccardo Barbisan (LN) e la presidente del Comitato 1866, Ilaria Brunelli.
Per quanto riguarda il programma si inizia con il Capodanno veneto, dal 27 febbraio al 6 marzo, che prevede feste e format, per proseguire l’11 marzo con un convegno a Rovigo sul tema “150 anni di Veneto ‘italiano”, il 25 aprile con “Doge per un giorno”, un’invasione digitale a Palazzo Ducale e con visite guidate destinate ai ragazzi; il 21 e 22 ottobre si terrà una celebrazione “diffusa” nelle città venete.
“L’iniziativa - ha sottolineato la presidente Brunelli - è rivolta a tutti i veneti, ma in particolare ai ragazzi che diventeranno il Veneto di domani e ai politici di oggi, perché sappiano leggere con onestà le esigenze della nostra terra. La nostra – ha ribadito– è una iniziativa per certi versi provocatoria, per porre la domanda se oggi, dopo 150 anni, non è forse il momento di chiedere ai veneti se vogliono ancora stare in Italia”.
“Si tratta – ha sottolineato Ciambetti – di una serie di iniziative articolate lungo un percorso informativo per spiegare come avvenne l’annessione 'plebiscitario' del Veneto”.
“Senza alcuna polemica – ha dichiarato Guadagnini – confermo il forte impegno della Regione per affermare la verità dei fatti e per la realizzazione del referendum sull’indipendenza e se poi vinceranno i no ne prenderemo atto”.
Il consigliere Barbisan ha espresso l’auspicio che della cosa se ne possa parlare nelle scuole con una visione laica, “perché finora vi è stata una totale dimenticanza della storia del Veneto e della Repubblica Serenissima”.
“Si tratta – ha sottolineato Corazzari – di una iniziativa che vuole affrontare un argomento controverso come quello dell’annessione del Veneto in modo critico e libero da condizionamenti, aprendo un dibattito che intende approfondire le dinamiche che portarono al plebiscito. In questa logica – ha annunciato – ci faremo promotori con il Provveditorato agli Studi per coinvolgere le scuole in un dibattito nuovo che intende scoprire le vere ragioni dell’annessione”.
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » ven gen 15, 2016 8:34 am

Con Cristiano Corazzari, Davide Guiotto, Gianfranco Maschio, Marina Dalla Costa, Ilaria Brunelli, Roberto Ciambetti, Ettore Beggiato, Alberto Montagner, Marco Zonta, Miatello Patrizio, Claudio Scomazzon, Davide Lovat, Mattia Giolo e Antonio Guadagnini.


Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... o-1866.jpg
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » ven gen 15, 2016 8:44 am

N'altro comitado cofà coeło dei veneti pal referendo de do ani pasà: El Veneto deçida

https://www.facebook.com/IL-Veneto-Deci ... 2884721763

Bassano del Grappa, in migliaia in marcia per l’indipendenza del Veneto
http://www.lindipendenza.com/bassano-de ... del-veneto

Marcie siłensioxe o mute (łe sfiłà dei bentratà)
viewtopic.php?f=122&t=419

Tuta acoa de propaganda par la Lega
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » ven gen 15, 2016 8:57 am

Manifestazione de IL VENETO DECIDA a favore del referendum per l'Indipendenza del Veneto
https://www.youtube.com/watch?v=FJdss0JVnWs

Ke fanfaron sto Moroxin! Lè purpio on piasista el ndaria ben a vendar pignate par ła caxa.


IL “VENETO DECIDA” PER IL REFERENDUM. ASPETTANDO ZAIA…
di GIANLUCA MARCHI

http://www.miglioverde.eu/il-veneto-dec ... tando-zaia

Appuntamento a Vedelago, questa sera. Il tema è quello del diritto dei cittadini Veneti a decidere del proprio futuro. L’obiettivo finale è quello del referendum consultivo per l’indipendenza del Veneto, cioè permettere lo svolgimento della consultazione elettorale affinché il popolo Veneto decida se intende riaffermare il diritto all’autodeterminazione, con tutte le conseguenze politiche del caso qualora prevalesse il sì, oppure se vuole accontentarsi di un maggiore grado di autonomia nel quadro dell’intangibilità (deleteria) della Repubblica Italiana. Perché una cosa appare certa a tutti: così come ora non è più possibile andare avanti. Lo sanno bene anche coloro che vedono l’ipotesi di referendum come il fumo negli occhi.
Nell’appuntamento di Vedelago, promosso da Indipendenza Veneta, che finora è stata il motore principale del progetto referendum, in pratica verrà promossa la piattaforma “Il Veneto Decida“, una sorta di coordinamento che tende a mettere insieme i movimenti e le associazioni culturali e civili favorevoli a che i Veneti siano chiamati ad esprimersi. Questo rassemblement è un segnale significativo, perché rappresenta un tentativo di unire gli sforzi verso un obiettivo unico, indipendentemente dalle diverse sensibilità politiche e culturali, e magari anche da qualche gelosia umana che, proprio perché tale, è persino comprensibile. Meno accettabile appare invece il comportamento di chi – dirigente o militante – volendo rivendicare una primazia e una supremazia del tutto sterili, sbattono la porta come primedonne capricciose e appaiono impegnati solo a spargere veleni (anche nei confronti di questo giornale, che non ha la pretesa di guidare alcun processo, ma solo di sensibilizzare le persone su di esso), accapigliandosi nelle beghe personali e quasi dimenticandosi del traguardo finale.
Detto questo, dall’appuntamento di stasera devono uscire la spinta e la mobilitazione di tutti coloro che hanno a cuore la celebrazione del referendum affinché nella seduta del Consiglio regionale che dovrà votare il pdl 342 (convocazione fissata per il 17 settembre), partiti e consiglieri avvertano la “pressione” dei Veneti che pretendono di dire la loro, accada poi quel che deve accadere.
Ora come ora, a mio parere, ha ormai poco senso stare a disquisire se la strada del progetto di legge voluto da Indipendenza Veneta sia quella più efficace per fare “bingo” oppure se sarebbe stato meglio una sorta di sondaggio-referendum autogestito, ancorché orgnizzato molto seriamente, come quello partito lunedì in Sud Tirolo per iniziativa del partito di Eva Klotz. In Veneto si è scelto altrimenti e, al punto in cui si è giunti, è sacrosanto che si faccia di tutto per arrivare in fondo: solo allora si potranno misurare sul campo vinciori, sconfitti, morti e feriti. In questo la mia posizione diverge da quella espressa dal nostro Enzo Trentin (anche in un articolo pubblicato proprio oggi, a dimostrazione che il dibattito è sempre produttivo…), perché credo che il processo verso l’indipendenza, a meno di non imbracciare le armi, sia lungo e tutt’altro che semplice, ma qualcuno deve “fare il primo passo”. E nel tempo che intercorrerà, ci sarà lo spazio per disegnare il progetto di futuro Stato Veneto.
Per finire. Affinché il percorso intrapreso possa ottenere una decisa accelerazione, anche dal punto di vista dell’attenzione mediatica, ora servirebbe – come molti osservano – una decisa e fattiva discesa in campo, a favore del referendum, del governatore Luca Zaia, il politico a cui i cittadini Veneti più guardano per tentare di intravvedere il loro futuro. Finora Zaia ha democristianamente traccheggiato, un atteggiamento, il suo, comprensibile anche a causa delle ebolizzioni che agitano il suo partito, sprattutto l’ala veneta. Ma siamo convinti che arriverà il giorno in cui il presidente, se vorrà disegnarsi un futuro politico di avanguardia, dovrà compiere la sua scelta. Sperando di non aspettare Godot…
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » sab gen 16, 2016 8:36 am

Anesion del Veneto a el stado talian - el plebesito trufa
viewtopic.php?f=139&t=518


"La vera storia del 1866: il Veneto subì l'annessione" * 21-22 OTTOBRE 1866: "LA GRANDE TRUFFA" Il plebiscito di annessione del Veneto all'Italia"
(in fondo: "1859: IL VENETO COME IL LUSSEMBURGO?"

Immagine



E' l'esplicito titolo di un agile e documentato libro di ETTORE BEGGIATO ( Editoria Universitaria Venezia )

http://cronologia.leonardo.it/storia/a1866a.htm

l libro racconta una storia vicinissima eppure inaudita, la storia del Veneto che è stata negata e sostituita dalla propaganda sabauda, che fatta l'Italia pretese di fare gl'italiani cancellandone le diverse identità. La scuola e gli intellettuali, come sempre, si prestarono alla bisogna: buttate i testi e le antologie di Storia e Letteratura Veneta, generazioni di veneti impararono che la loro lingua non era che ridicolo dialetto di servette migranti, e il loro millenario passato di nazione indipendente, onorata e rispettata tra le grandi potenze europee, non era che miserabile folclore di repubblichetta marinara.
1866: l'anno della cessione del Veneto ai Savoia. Ci insegnarono che quel plebiscito fu una specie di festa nella quale un popolo esultante ed unanime si riunì alla patria.
Beggiato smonta la menzogna lasciando parlare i documenti, ci racconta una storia veneta che nessuno ci ha mai raccontato. E la prefazione di Sabino Acquaviva che impreziosisce il volume (che riportiamo sotto) ha il merito di riconoscere la dignità di queste posizioni, talvolta oggetto d'ingiusta e spesso ignorante derisione, e di porre un problema di verità: tanti anni dopo, nell'Unione Europea, è tempo che nelle scuole e fuori si racconti finalmente la verità sul Veneto e sul Risorgimento, sulla forzata annessione all'Italia di un popolo che voleva restare veneto. Ed è tempo che su questa verità si costruisca quell'Italia "federazione di popoli" per la quale si battè l'insorta Venezia di DANIELE MANIN (Al.F. recensione su Il Gazzettino, 2.12.1999).
La Prefazione di SABINO ACQUAVIVA


ANNO 1866 I PLEBISCITI "con gioia" o "con mano tremante" ?

" ..il SI .... lo si vota a fronte alta, sotto lo sguardo del sole, colla benedizione di Dio....
il NO ....con mano tremante, di nascosto, come chi commette un delitto..."

http://cronologia.leonardo.it/storia/a1866b.htm

Immagine

Sulla libertà del voto e sulla segretezza dello stesso ci illumina la lettura di "Malo 1866" di Silvio Eupani:
"Le autorità comunali avevano preparato e distribuito dei viglietti col SI e col NO di colore diverso; inoltre, ogni elettore, presentandosi ai componenti del seggio, pronunciava il proprio nome e consegnava il viglietto al presidente che lo depositava nell'urna".

"il viglietto del SI"

L'urna del SI era a destra, quella del NO a sinistra.

Federico Bozzini così descrive in L'arciprete e il cavaliere quanto avvenne a Cerea:
"Come già si disse, vi dovevano essere due urne separate, una sopra un tavolo, l'altra sopra l'altro. Se per caso non avesse urne apposite, potrà adoperare un quartarolo del grano (una specie di secchio per la misura del grano. Ndr.) Sopra una sarà scritto ben chiaro il SI e sopra l'altra il NO".

E PER LO SPOGLIO?
"I protocolli (registri dove si scrivono i nomi dei votanti) sono due, uno per i votanti che presentano il viglietto del SI , l'altro per il viglietto del NO, in modo che il numero complessivo dei viglietti, finita l'operazione del voto, rende inutile lo spoglio di ciascheduna urna. Nel protocollo dei viglietti del NO si dirà: votarono negativamente i seguenti cittadini. Alla fine la Commissione concluderà gridando "Viva l'Italia unita sotto lo scettro della Casa di Savoia".

Poi c'era il manifesto che non lasciava dubbi in quanto "serenità" di come votare.
Poi i giornali citati sopra: La Gazzetta di Verona del 17 ottobre era chiarissima: "...SI vuol dire essere italiano ed adempiere al voto dell'Italia. NO, vuol dire restare veneto e contraddire al voto dell'Italia".
Una sottolineatura importante: già allora qualcuno aveva capito che una cosa erano i veneti e un'altra gli italiani e che gli interessi degli uni raramente coincidevano con gli interessi degli altri.

Illuminante il seguente dialogo tratto da Le elezioni comunali in villa nelle quali Domenico Pittarini (non un austriacante, ma un membro liberale, perfino arrestato dagli austriaci) descrive i fatti tragicomici che caratterizzarono le "elezioni" post 1866, per andare "sotto" il governo monarchico sabaudo:

"Primo contadino: "Ciò, chi ghetu metesto ti sulle schede?"
(cosa hai messo sulla scheda?)
Secondo contadino: "Mi gniente, me la ga consegnà el cursore scrite e tutto"
(me l'ha consegnato lo scrutatore già scritta)
Primo contadino: "E anca mi isteso, manco fatiga"
(io lo stesso, così meno fatica).
Secondo contadino: "Manco secade"
(meno seccature).
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » mer mar 09, 2016 9:35 am

I SERVI MALIZIOSI DELL’INDIPENDENTISMO E I FASULLI REFERENDUM CONSULTIVI

di ENZO TRENTIN

In poco meno di un secolo, la società italiana è passata dal dramma fascista che trasformò il paese in una caserma, alla maleodorante clerico-ipocrisia democristiana che ne fece una sacrestia, per proseguire nel bordello Berlusconiano, e finire con governi che di tutto sono espressione meno che della sovranità popolare; il tutto, strettamente annodato dall’inestricabile filo del malaffare e dell’intrallazzo.

Giovanni Soriano Barbaro è uno psicologo che nel 2013 ha scritto “Malomondo. In lode della stupidità”, nel quale afferma: «Darsi alla politica – piú o meno disonestamente come accade di solito – significa essere sempre alla ricerca del consenso come il maiale della ghianda; significa sfruttare ogni occasione – buona o meno buona – per cercare di accaparrarsi, con ignobili trucchi da demagogo, qualche misero voto; significa vivere di continui compromessi, interessarsi, ipocritamente, alle beghe del prossimo, farsi carico dei suoi mille problemi e cercare, alla bene meglio, di soddisfare le sue incessanti richieste. Darsi alla politica, insomma, significa prostituirsi nel modo piú scandaloso, piú volgare e piú ignobile che esista. […] Per quanto si tenti di nobilitarlo agli occhi della gente, occuparsi della “cosa pubblica” è un lavoro sporco, necessario ma sporco; e come quello di spurgare fogne, è un lavoro adatto a gente per nulla schifiltosa, che non teme né il puzzo né gli schizzi di liquame; anzi, a gente che, come i politici di professione, è fatta per sguazzarci dentro».

Ecco allora l’emergere di gente con l’animo dello schiavo che dopo aver per decenni perorato la causa dell’autonomia, si è votata al federalismo, per sfociare infine all’indipendentismo.
Persone che tuttavia mai hanno fatto una seria proposta federalista o prefigurato come dovrebbe essere il nuovo asetto istituzionale del soggetto indipedente da loro predicato. Costoro sono politici ben noti con tanto di nome, cognome e curriculm vitae consultabile in Internet. Persone che ancor oggi si fanno eleggere nelle istituzioni italiane per mezzo di espedienti elettorali. Uomini e donne che riescono a riunire intorno a sé persone in perfetta buona fede, anche se a volte un po’ ingenue, ma comunque sempre disponibili a svolgere il ruolo del peones subordinato al ciarpame ed al libertinismo politico di presunti pseudo leader sedicenti indipendentisti. Questi “condottieri” sono sempre solidali con l’aspirazione indipendentista altrui, abili come lestofanti ad assimilare la loro causa con argomentazioni capziose per marcare qualcosa che appare superficialmente essere, ma in realtà è altro. Insomma, si connotano nell’imitazione, nell’inganno intenzionale, o una loro combinazione.
Eccoli allora dare vita a comitati dediti alle commemorazioni storiche, che imperniano la loro attività solo ed esclusivamente sul denaro che i predetti politicanti e capetti pretenziosi riescono a trovare tra le pieghe dei bilanci pubblici degli Enti in cui sono stati eletti; è bene ribadirlo, spesso con espedienti elettorali. Favoriscono la nascita di associazioni che asseriscono di voler operare per il successo di fasulli referendum consultivi, che referendum non sono, poiché in tali riti non è esercitata la decisione popolare che è alla base del sistema democratico, cui la ciurma politica vorrebbe ispirarsi.

Oggi sono pronti a spergiurare che il referendum consultivo per l’autonomia è un passo verso l’indipendenza ed il federalismo che in maniera insincera hanno professato. Presumibilmente saranno pronti ad affermare, ad urne chiuse, che se il “loro” referendum avrà vinto è perché il cosiddetto popolo sovrano preferisce l’autonomia all’indipendenza; mentre se al contrario il loro referendum dovesse avere esito avverso, e quindi implicitamente a favore dell’indipendenza, sanno benissimo che si è trattato pur sempre di una… “consultazione” non deliberante. O peggio ancora: troveremo mestatori pronti a dichiarare più o meno: «Indipendenza? Ma se i cittadini non vogliono nemmeno l’autonomia»!

Eppure se ci fosse da parte di questi politicanti una reale e sincera aspirazione alla libertà dall’inferno fiscale e legislativo italiano, un referendum potrebbe imitare quanto hanno fatto nel 2012 nei Caraibi.
Porto Rico [Puerto Rican] è stato un territorio non incorporato dagli Stati Uniti dalla fine della guerra ispano-americana nel 1898. Anche se ai portoricani è stata concessa la cittadinanza degli Stati Uniti nel 1917 con la legge Jones-Shafroth, i portoricani non possono votare per il presidente degli Stati Uniti, a meno che non siano registrati per votare in uno degli Stati Uniti. Inoltre, gli USA si riservano il diritto esclusivo di creare e gestire la politica estera dell’isola.
Nel giugno 2011 il Comitato Speciale delle Nazioni Unite per la decolonizzazione ha chiesto agli Stati Uniti di accelerare il processo per lo status di autodeterminazione politica a Porto Rico. L’isola, a differenza di molti altri territori degli Stati Uniti, come Guam, Samoa americane, e le US Isole Vergini, non è sulla lista delle Nazioni Unite di territori non-Autogestiti. Poiché non è uno Stato; i suoi cittadini non hanno il diritto di piena rappresentanza nel Congresso degli Stati Uniti, né – come detto – possono votare alle elezioni presidenziali.
In data 28 dicembre 2011, il governatore Luis Fortuño autorizzato il referendum per il 6 novembre 2012. Tale referendum sullo status politico di Puerto Rican si è tenuto regolarmente alla data prefissata; ed è stato il quarto referendum sullo status dell’isola, nonché il primo in cui la maggioranza ha votato per la statualità.

A Puerto Rican agli elettori sono state poste due domande:
1 – vogliono continuare con lo status territoriale di Porto Rico?
2 – indicare su tre possibilità lo status politico che si preferisce:
1. a) uno Stato?
2. b) l’indipendenza?
3. c) una nazione sovrana in libera associazione con gli Stati Uniti?
A seguito di tale referendum con il 61,15% delle preferenze favorevoli, gli abitanti del luogo hanno scelto di divenire uno Stato Federato degli Stati Uniti d’America: è stato così avviato l’iter legislativo che potrebbe trasformare l’isola nel 51º Stato degli USA. I termini specifici da concordate tra gli Stati Uniti e Porto Rico devono essere tra nazioni sovrane. Tale accordo dovrebbe fornire la portata dei poteri giurisdizionali che il popolo di Porto Rico accetta di conferire agli Stati Uniti, mantenendo tutti gli altri poteri giurisdizionali e l’autorità.

Chiunque può notare che gli Zio Tom incistati nelle istituzioni italiane e i loro peones pseudo indipendentisti, vale a dire coloro che non fanno i ribelli, né capeggiano rivolte, né fanno azioni legislative o deliberative autodeterminanti; non sanno nemmeno imitare ciò che si fa altrove. E nel nostro denunciare la magagna politica ci lusinghiamo che quest’opera possa contribuire, sia pure in modo limitato, a far ben comprendere la portata di queste forme di violenza psicologica, rendendo più difficile ai moderni fanatici dello stupro mentale e del lavaggio del cervello nonché ai sedicenti salvatori del mondo, l’esercizio del loro malizioso potere.
Bisogna, se non giustificarli almeno capirli, l’Italia li copre di privilegi e lauti stipendi.
Quindi non trarrebbero alcun vantaggio dall’indipendenza.


Referendo par l'endependensa e i fanfaroni
viewtopic.php?f=126&t=420
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2016 10:52 am

ROMA O VIENNA… E SE IL VENETO PASSASSE ALL’AUSTRIA?
PODEMO-SCHIO
di ENZO TRENTIN

Meglio Vienna o Roma? È una provocatoria domanda che nell’estate del 2013 è stata posta ai vicentini che a sorpresa hanno dimostrato la loro propensione. Chi è curioso po’ andare a vedere qui [http://www.tviweb.it/il-veneto-passa-allaustria ] il servizio televisivo di Paolo Usinabia e Matteo Rizzetto.

Groucho Marx è stato un attore comico statunitense, che in uno dei suoi spettacoli ebbe a dire: «…puoi apparire in televisione e prendere in giro i politici. E i politici possono apparire in televisione e prendere in giro te». Vediamo come. I vicentini intervistati dalla TV locale hanno confermato il radicamento e la scarsa simpatia che sin dalle guerre risorgimentali, e poi con le due guerre mondiali, albergano in parte dell’opinione pubblica. Ma l’emblematica assenza di una volontà indipendentista sembra emergere dall’ultima intervista proposta nel servizio televisivo. La persona intepellata, infatti, rifiuta l’idea (ipotetica) di un Veneto che confluisca nella repubblica austriaca, perché i “krucchi” si alimentano a wurstel mentre i veneti hanno un’enorme varietà di salsicce.

Esilerante! Ma analizziamo altro: come si spiegano gli oltre 2 milioni di voti che i Veneti, nella primavera del 2014 (appena otto mesi dopo), hanno dato ad un referendum telematico per l’indipendenza del Veneto? E come giustificare che, nel maggio 2015 (circa un anno appresso), ben due liste indipendentiste venete, alle regionali hanno collezionato all’incirca 120.000 voti, ed una sola lista ha eletto (con espedienti elettorali) un unico Consigliere regionale?

Quello che ci spieghiamo benissimo è la nascita di associazioni che si definiscono apartitiche, ma la cui attività è palesemente sostenuta dai soldi pubblici provenienti dalle pieghe del bilancio regionale. Ed ecco allora l’attività, corredata da un pregevole dépliant, del “Comitato 1866” (la cui Presidentessa è un’ex candidata alle Regionali nella lista “Indipendenza Noi Veneto con Luca Zaia”), e la cui attività, il 14 gennaio 2016, è illustrata da un filmato caricato dall’Ufficio Stampa del Consiglio Regionale Veneto, si veda qui https://www.youtube.com/watch?v=SZDKLrbx0Ro .

Oppure ancora dall’associazione, costituitasi recentemente, “Yes Podemo”, il cui Presidente Ruggero Zigliotto scrive in Facebook che è una associazione trasversale, non ideologicamente schierata, che persegue un obiettivo “molto semplice” parlare a quel 95% di Veneti che non conosce la possibilità di poter decidere per il proprio futuro. Insomma, c’è da chiedersi: che tipo di comunicazione hanno veicolato tutti questi sedicenti indipendentisti?

“Yes Podemo” poi, il 12 marzo 2016, ha organizzato un convegno a Schio (VI) dove alcuni hanno osservato che, ad un certo punto, sembrava che i relatori fossero più numerosi del partecipanti. E per verificare come alcuni pseudo indipendentisti elaborino capziose e confuse argomentazioni sull’indipendenza del Veneto, si legga: «...in fondo le parole autodeterminazione, indipendenza e autonomia sono dei sinonimi, è solo lo stato italiano che con le autonomie regionali concesse ad alcune regioni su varie questioni ha travisato il concetto iniziale.» Antonio Guadagnini Ipse dixit. Si può verificare qui http://arengoveneto.org/2016/03/13/yes- ... dei-veneti , leggendo una relazione sull’evento.

In questo convegno sembra che solo l’intervento del prof. Carlo Lottieri (insigne docente universitario, scrittore e pubblicista), risulti degno di nota. Lottieri da sempre ha sposato la causa libertaria, e nell’occasione ha offerto un’analisi nella quale evidenzia l’assurdità di uno Stato che di fatto vieta la possibilità di referendum su questioni economiche ed internazionali. Ma… una rondine può fare primavera?
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » gio mag 19, 2016 6:34 am

Un politico è un uomo di Stato che pone la nazione al suo servizio
16 May 2016
di ENZO TRENTIN
http://www.lindipendenzanuova.com/un-po ... o-servizio

Matteo Renzi sembra adeguarsi egregiamente al titolo che diamo a questo intervento. Anzi con le modifiche alla Costituzione del 1948, per cui è previsto un referendum confermativo a ottobre, sembra calzare perfettamente le vesti del famoso Marchese del Grillo: «Ah… mi dispiace. Ma io so’ io… e voi non siete un cazzo!»

Non da meno gli fa eco Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto, laddove persiste nella allucinata determinazione d’indire un referendum consultivo per l’autonomia del Veneto che non solo le modifiche costituzionali volute da Renzi & Co. non prevedono, anzi; ma che un Parlamento illegittimo, secondo la sentenza della Corte costituzionale del dicembre 2013, ed altri di questa conformazione non concederanno mai.

Lo Zio Tom Luca Zaia, e gli altri manovali e i braccianti dell’indipendentismo veneto suoi pari, scrivono e sostengono: «Però la schiacciante vittoria del Sì all’Autonomia, renderà di fatto consapevoli i Veneti della loro volontà, la loro identità, il loro senso d’appartenenza a questa terra. Vi sarà una campagna informativa per i Veneti tutti che punterà sulla nostra storia, sul nostro percorso culturale, sulle nostre radici Venete e non Italiche, sui soprusi avvenuti e taciuti in queste terre. Si creerà una coesione identitaria, un senso d’appartenenza collegati all’obbiettivo motivazionale attorno al referendum, l’Italia non concederà pressoché nulla creando un senso di perdita su qualche cosa di democraticamente ottenuto, questo creerà una voglia di rivalsa che oggi non in tutti c’è!»

Caltrano

Questi peones dell’indipendentismo veneto ignorano in realtà alcuni princìpi fondamentali su cui si reggeva la millenaria Repubblica di San Marco. Abbiamo già scritto qui: http://www.lindipendenzanuova.com/autod ... nte-veneta di come il Comune di Caltrano (VI) si gestiva mediante Statuti di autogoverno.
Ed ora il lettore Alberto Pento ci segnala una nota per rafforzare questa cognizione: «1. Gli Statuti comunali del 1545 – Durante la repubblica veneta (1404-1797) la Serenissima esercitò il proprio dominio in modo diretto solo nei capoluoghi e nelle città di maggior rilievo attraverso i Rettori, cioè il Podestà (con prerogative civili e giudiziarie) e il Capitano (al quale competeva il comando delle milizie ma anche il controllo dell’intero Territorio o – diremmo oggi – Provincia), mentre rispettò l’autonomia locale delle comunità minori lasciando a tutte amplissima libertà di dotarsi di un proprio Statuto, di scegliere cioè come governarsi, di stabilire le regole della convivenza, purché queste naturalmente non andassero contro le leggi della Signoria di Venezia e fossero comunque garantite le quote [che decidevano i Comuni e non la Signoria. Ndr] di gravezze o imposte dirette. L’organizzazione della vita civile nei Comuni rurali era regolata fin dal Medioevo da norme e da consuetudini tramandate spesso in forma orale e abbastanza simili tra paese e paese».

Ecco perché Luca Zaia è uno Zio Tom dell’indipendentismo veneto, perché non solo rimane sordo alle modifiche dello Statuto regionale (che spetta esclusivamente a lui ed al suo Consiglio regionale) introducendovi reali strumenti di democrazia diretta; [a tutt’oggi è inevasa questa petizione: https://piudemocraziavenezia.wordpress. ... ia-diretta ] ma nemmeno sollecita i Comuni del suo territorio a farlo.

Lo Zio Tom e suoi sodali sproloquiano all’infinito dichiarando di volere un territorio veneto gestito come la vicina Svizzera, ma non sanno o non vogliono prendere atto di come tra quelle montagne si amministri la Res publica. In “La democrazia diretta vista da vicino!” (Ed. Mimesis) Leonello Zaquini, un ingegnere italiano emigrato in Svizzera, nei primi anni del 1990, al tempo dei “cervelli in fuga”, che è stato eletto nel Consiglio comunale della città degli orologiai racconta la democrazia diretta, il suo uso, i suoi effetti sui cittadini e sui rappresentanti:

«È solo lì che ho veramente capito a cosa serve questa forma di democrazia (la democrazia diretta). La sua esistenza determina il fatto che ad ogni seduta del Consiglio, come in tutte le riunioni delle Commissioni, ma anche nelle riunioni preparatorie interne ai gruppi consiliari, (i partiti), insomma sempre, la domanda ricorrente tra i rappresentanti eletti sia: “… e se poi i cittadini prendono l’iniziativa?” Un intervento in Consiglio può terminare con la seguente frase: “…per cui, cari colleghi consiglieri, teniamo conto che questa sera prendiamo noi questa decisione, oppure non è affatto escluso che i cittadini prenderanno loro stessi l’iniziativa…”.
I cittadini questa benedetta iniziativa non la prendono quasi mai, eppure questa semplice eventualità influenza tutto il sistema rappresentativo nel suo agire quotidiano. Se poi i cittadini “prendono l’iniziativa” non succede niente di grave per i rappresentanti, resta il fatto che questi sono come forzati a fare veramente i “rappresentanti”, nel senso corretto e proprio del termine, dato che si domandano continuamente se e cosa i cittadini deciderebbero al posto loro. E se lo domandano perché questi possono effettivamente decidere al posto loro. […] (ovvero) si domandano continuamente se e cosa i cittadini deciderebbero al posto loro, nel senso corretto e proprio del termine. E se lo domandano perché questi possono effettivamente decidere al posto loro».

Gli svizzeri lo possono fare perché, al contrario di quanto avviene a livello nazionale, nelle Regioni e nei Comuni amministrati dalla partitocrazia italiota, loro hanno quegli strumenti per l’esercizio della sovranità popolare che non è solo un vuoto enunciato del Comma 2, dell’articolo 1 della Costituzione “più bella del mondo”; ma solo per guitti di regime lautamente remunerati.

Quanto sia infondata ogni paura riguardo gli strumenti di democrazia diretta lo si può verificare anche nella prassi ormai ventennale della Baviera. Le iniziative popolari su questioni che riguardano progetti di mobilità, di servizio, economici, sociali, infrastrutturali e culturali sono ormai 2.676, che hanno portato a 1.629 votazioni referendarie. La partecipazione dei cittadini supera in media il 50%, e proprio nulla fa rilevare che l’esercizio di questo potere abbia comportato svantaggi per l’economia bavarese. Anzi, questi strumenti di partecipazione, dopo averne fatto esperienza per molti anni, vengono ora apprezzati anche dagli oppositori di una volta.
Se non ne sono convinti, agli Zio Tom dell’indipendentismo ricordiamo che: «Il potere entro l’ordine e al servizio del diritto è il polo opposto alla violenza, intesa come il potere privo di diritto e ad esso contrario. Di conseguenza, per ogni società è importante superare il sospetto sul diritto e i suoi ordinamenti, poiché solo così si può bandire l’arbitrio e vivere la libertà in quanto bene condiviso. Il sospetto nei confronti del diritto, la rivolta contro di esso sorgeranno sempre quando il diritto stesso non apparirà più come espressione di una giustizia che sia al servizio di tutti, ma come il prodotto di un arbitrio, di una pretesa di essere nel diritto solo perché si detiene il potere su di esso.» (da “Etica, religione e Stato liberale” di Joseph Ratzinger, Jürgen Habermans, Editrice Morcelliana, pag. 41).


Pento Alberto

Si aotonomia 'ministrativa ke però no lè federałixmo o soranedà połedega. La storia ła ne conta ke i veneti co Venesia no łi xe stà mai na vera nasion e on popoło połedegamente ognio, parké łi jera lomè suditi de Venesia. Entel senado arestogradego de ła Repiovega Serenisima no ghe jera tuti i veneti ma solké i venesiani a parte coalke raro caxo de coptasion de nobiłi de ła tera ferma furlana e veneta longo i secołi. Sta mancansa de onedà połedega lè stà ła debołesa veneta ke ła ne ga portà prima soto a Napoleon e a l'Aostria e dapò soto a ła Tałia; na debołesa ca ghemo anca ancó e de cu i venesiani de na olta łi ga na gran colpa; debołesa ke ła seita ente ła mitomania del mito venesian kel ga envaxà, enfasà e parałexà ła crapa de ła majoransa dei "venetisti, marcianisti, venesianisti, pàreoti e nasionałisti veneti".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » gio mag 19, 2016 6:40 am

25 ani de Lega e de Liga cosa ne gałi portà?
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Çitadeła Festa dei Veneti e Festa de ła Lega
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Davide Guiotto, ła łengoa veneta e łe glorie de Venesia
viewtopic.php?f=126&t=1588

Xaia el leghista (ke par mi lè on fanfaron)
viewtopic.php?f=126&t=1647
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Re: Comitato 1866 (area fiło leghista)

Messaggioda Berto » ven mag 20, 2016 9:34 am

“PASTORI DI NUVOLE” DELL’INDIPENDENTISMO VENETO - ENZO TRENTIN
20/05/2016

Cane da guardia della democrazia. Questo è il ruolo che il giornalismo svolge (deve svolgere, deve poter svolgere) in una società democratica, secondo una formula ripetutamente utilizzata, con lessico anglosassone, dalla Corte Europea Dei Diritti Dell’uomo. Non ce ne voglia quindi il lettore se correremo il rischio di procurargli una specie di bulimia nervosa, un circolo auto-perpetuante di preoccupazione “facendo le bucce” allo Zio Tom Luca Zaia, Presidente della Regione Veneto, e ai suoi sodali: manovali, braccianti e peones dell’indipendentismo veneto, laddove scrivono e sostengono con favore un inutile referendum consultivo per l’autonomia dal costo di 14 milioni di Euro, non tenendo conto:

che la crisi economica dal 2008 ad oggi ha cancellato un terzo del sistema produttivo Veneto;
delle centinaia di suicidi di imprenditori aggrediti da un fisco persecutorio;
che il governo ha già detto no all’ipotesi d’imitare in Veneto il Trentino-Alto Adige;
di un Parlamento alieno all’autonomia di altre Regioni dopo le 5 a Statuto speciale.

Gli Zio Tom vogliono spendere 14 milioni di Euro per un referendum che – come dicevamo – non porterà a nulla, ma che – secondo i loro intendimenti – potrebbe rafforzare propagandisticamente la figura del Governatore che appartenendo alla Lega Nord non dà alcuna garanzia di risultato. Infatti, quante sono le battaglie politiche proposte e vinte dalla LN? Nessuna! Ma soprattutto dopo che a marzo 2016, secondo i dati di Bankitalia, contenuti nel Supplemento “Finanza pubblica, fabbisogno e debito”, il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 14 miliardi rispetto a febbraio, salendo a 2.228,7 miliardi.

Potremmo fermarci qui, perché è di certo un po’ saccente ricordare che la democrazia è la forma più alta di gestione del potere. L’hanno inventata i greci un bel mucchio di anni fa anche se, a tutt’oggi, solo una parte del genere umano la pratica rispettando il suo significato. Anzi spesso la si applica in modo distorto mantenendo, di fatto, la facciata più che la sostanza. Quando i “padri fondatori” della nostra democrazia post bellica si riunirono per creare l’impalcatura della nuova Italia post fascista e, soprattutto, moderna, si posero con grande serietà questo interrogativo. Ma costoro nemmeno immaginavano le potenzialità degli odierni sistemi elettronici automatizzati, e della telematica.

E a dimostrazione di quanto siano nel pallone gli Zio Tom dell’indipendentismo (vogliamo rifiutare l’idea che siano in malafede), e quanto siano ignavi, c’è la constatazione del fatto che le riforme che potrebbero fare e che sono nella loro completa disponibilità, nemmeno se le sognano. Infatti, non ci sono solo le petizioni inevase [ https://docs.google.com/document/d/1WR0 ... dV9OU/edit ] che chiedono maggiori e più adeguati strumenti di democrazia diretta. Ci sono altri strumenti di buon governo.

Vediamo allora come si comportano le democrazie più mature lasciando stare, per una volta, l’esame di quanto avviene in Svizzera, per esaminare come detti strumenti siano presenti in altri Stati. Negli USA, per esempio, sono utilizzati: L’INIZIATIVA, I REFERENDUM ED IL RICHIAMO.

L’Iniziativa – Nella terminologia politica, l’iniziativa è un processo che consente ai cittadini di bypassare il legislatore statale proponendo Statuti e, in alcuni Stati, emendamenti costituzionali sulla scheda elettorale. Il primo Stato ad adottare l’iniziativa fu il South Dakota nel 1898. Da allora, altri 23 Stati hanno incluso il processo di iniziativa nelle loro Costituzioni, il più recente è il Mississippi nel 1992. Questo fa un totale di 24 Stati con un processo di iniziativa. Naturalmente qualche anima bella potrebbe obiettare che in Italia c’è la proposta di legge di iniziativa popolare; ma sono circa 630 quelle giacenti nelle cassepanche del Parlamento che non ha alcun obbligo di esaminarle, tanto meno approvarle. Quanto alla Regione Veneto, una sommaria ricerca del sito istituzionale non ha dato alcun risultato.

Negli USA ci sono due tipi di iniziative: dirette e indirette. Nel processo diretto, le proposte che si qualificano vanno direttamente sulla scheda elettorale. Nel processo indiretto, sono presentate al legislatore, che può agire in merito alla proposta. A seconda dello Stato, la questione dell’iniziativa va al ballottaggio se il legislatore la respinge, presenta una proposta diversa o non esegue alcuna azione. In alcuni Stati con il processo indiretto, il legislatore può presentare una misura concorrente che appare sulla scheda elettorale insieme alla proposta iniziale. Uniti con una qualche forma di processo indiretto sono Maine, Massachusetts, Michigan, Mississippi, Nevada e Ohio. In Utah e Washington, i sostenitori possono selezionare il metodo diretto o indiretto.

Non ci sono due Stati che hanno esattamente gli stessi requisiti per le iniziative di qualificazione per essere posizionati sulla scheda elettorale. Generalmente, tuttavia, il processo include le seguenti fasi:

deposito preliminare di un progetto di petizione ad un ufficiale di Stato designato.
revisione della domanda di conformità con i requisiti di legge e, in diversi Stati, una revisione del linguaggio della proposta.
preparazione di un titolo per la scheda elettorale, e di una sintesi.
la circolazione della petizione per ottenere il numero di firme di elettori registrati [negli USA tutti hanno diritto al voto, ma è necessario iscriversi alle apposite liste per esercitarlo. Ndr]. Di solito una percentuale dei voti espressi per un ufficio in tutto lo Stato nelle elezioni generali precedente; e
presentazione delle petizioni al funzionario preposto, che deve verificare il numero di firme stabilito.

Se un numero sufficiente di firme valide è ottenuto, la questione va al ballottaggio o, negli Stati con il processo indiretto, viene inviato al legislatore. Una volta che l’iniziativa è sulla scheda elettorale, il requisito generale per il passaggio è un voto di maggioranza. Eccezioni ci sono in: Nebraska, Massachusetts e Mississippi. Questi Stati richiedono una maggioranza, a condizione che i voti espressi su una iniziativa sia pari a una percentuale del totale dei voti espressi nelle elezioni: il 35% in Nebraska, il 30% in Massachusetts e il 40% in Mississippi. Nel Wyoming, l’iniziativa deve ricevere la maggioranza dei voti totali espressi in un’elezione generale. Per esempio, nel 1996 nel Wyoming l’elezione generale espresse i seguenti voti: 215.844, e l’iniziativa avrebbe dovuto ricevere almeno 107.923 per essere promossa. Si tenga presente che il Wyoming aveva 584.153 abitanti. In Nevada le iniziative che modificano la Costituzione devono ricevere un voto di maggioranza in due elezioni generali consecutive.

I Referendum – “Referendum” è un termine generico che si riferisce a una opzione che appare sulla scheda elettorale. Ci sono due tipi principali di referendum: il referendum legislativo, per cui il legislatore si riferisce ad una misura che gli elettori possono approvare, e il referendum popolare, una misura che appare sulla scheda elettorale a seguito di una petizione elettorale. Il referendum popolare è simile all’iniziativa nel senso che entrambi sono determinati dalle petizioni, ma ci sono differenze importanti. I legislativi sono spesso necessari per riferirsi ad alcune misure che si vuole approvate dagli elettori. Ad esempio, le modifiche alla Costituzione dello Stato che devono essere approvate dagli elettori prima che possano avere effetto. In molte legislazioni statali sono inoltre richiesti dalle loro Costituzioni per riferirsi a misure obbligatorie e modifiche fiscali. Anche se questo non è sempre il caso, i referendum legislativi tendono ad essere meno controversi delle iniziative dei cittadini, sono più spesso approvati dagli elettori di iniziative dei cittadini, e spesso ricevono soglie di voto più alte. I referendum legislativi possono apparire sulla scheda elettorale in tutti i 50 Stati.

Il referendum popolare è un dispositivo che permette agli elettori di approvare o abrogare un atto della Legislatura. Se il legislatore passa una legge che gli elettori non approvano, possono raccogliere le firme per chiedere una votazione popolare sulla legge. Generalmente, vi è un periodo di 90 giorni dopo che la legge è passata durante il quale il petitioning deve avvenire. Una volta che un numero sufficiente di firme sono raccolte e verificate, appare la nuova legge sulla scheda elettorale per un voto popolare. Durante il periodo tra il passaggio e il voto popolare, la legge potrebbe non avere effetto. Se gli elettori approvano la legge, ha effetto come programmato. Se gli elettori rifiutano la legge, è annullata e non ha effetto. 24 Stati hanno il referendum popolare. La maggior parte degli Stati hanno anche l’iniziativa.

L’Elezione di richiamo- Il Recall election è chiamato anche referendum revocatorio o richiamo del rappresentante [ https://en.wikipedia.org/wiki/Recall_election ]. Il Recall è una procedura che consente ai cittadini di rimuovere e sostituire un pubblico ufficiale prima della fine di un mandato. Ricordiamo che esso differisce da un altro metodo per la rimozione dall’ufficio di funzionari – impeachment – in quanto si tratta di un dispositivo politico, mentre l’impeachment è un processo legale. L’impeachment richiede di portare accuse specifiche e al Senato di agire come una giuria. Diciotto Stati consentono il richiamo dei funzionari statali. Un recente esempio del processo di richiamo di alto profilo, è stato il richiamo del governatore della California Gray Davis e la sua sostituzione con Arnold Schwarzenegger nel 2003.

Alla Regione Veneto, invece, solo ciarpame e libertinismo politico. Se i “rappresentanti” pseudo indipendentisti non riescono a realizzare ora queste riforme, cosa induce l’elettorato a credere che lo faranno ad indipendenza ottenuta? La più chiara ed evidente risposta a chi si chiede perché molti non partecipano più attivamente alle battaglie indipendentiste, è ravvisabile nel comportamento di Antonio Guadagnini con la sua storia politica ondivaga da un movimento/partito all’altro. È capogruppo di se stesso prima in “Indipendenza Noi Veneto”, oggi “Siamo Veneto”, è anche Consigliere Segretario in Ufficio di presidenza, a circa 12.000 € al mese.

Eletto con artifici elettorali dalla lista “Indipendenza noi Veneto con Zaia” ha sveltamente abbandonato questa formazione per crearne una tutta sua. I suoi ex colleghi di coalizione sostengono: «Guadagnini ha violato, trattenendo per sé l’intera retribuzione, quando in realtà aveva sottoscritto d’impegnare quota parte degli emolumenti a favore di iniziative indipendentiste determinate dal direttivo.» Risponde lui: «È chiaro che i nostri rapporti sono compromessi da tempo, sono mesi che non ci parlavamo. Era inutile, allora, che continuassimo a usare lo stesso simbolo. Io sono stato eletto dai cittadini e, soprattutto, non ho vincoli di mandato. Loro volevamo comandarmi, impormi perfino le persone della squadra con cui lavorare. Si sbagliavano, le persone di cui mi devo fidare le scelgo io».

E infatti, con l’incarico di segretario responsabile del gruppo consiliare “Indipendenza Noi Veneto”, stipendiato dalla Regione dal 1° luglio 2015 con 80.444,05 €, nomina Ettore Beggiato, [ http://bur.regione.veneto.it/BurvServic ... 15/09/2015 ] che avendo già fatto tre legislature in Regione Veneto percepisce un vitalizio annuo sui 49 mila €. Identico vitalizio sui 49 mila € per Fabrizio Comencini, il fondatore della Liga Veneta Repubblica dopo essere stato detronizzato dalla LN da Umberto Bossi; [ http://mattinopadova.gelocal.it/regione ... -1.9734534 ] approdato recentemente al Corecom, con una indennità annua lorda (compensi aggiornati al 2013, ultimo dato reperibile. Ndr) di ulteriori: 19.800 € annui. Insomma a tutti costoro sembra interessino più che altro i compensi e privilegi connessi.

Naturalmente questo dell’allocazione di alcuni pseudo leader della coalizione “Indipendenza noi Veneto con Zaia” è il “prezzo” della “fiducia”. Per i peones seguaci, invece, sono state prestamente allestite un paio di associazioni culturali che sicuramente vivranno – se vivranno – in funzione dei contributi pubblici che il “riformista” Guadagnini procurerà loro; ma sempre di soldi scuciti dalle tasche dei contribuenti si tratterà. Insomma per dirla con Max Weber, (“La politica come professione”, 1919): «Ci sono due modi di fare il politico: si può vivere “per” la politica oppure si può vivere “della” politica.»

Ovviamente non si tratta di persone particolarmente malvagie; semplicemente appartengono ad una cultura politica (Tsz!) non più up-to-date, tanto meno accettabile. E la logica domanda è: «per chi aspira sinceramente all’indipendenza del Veneto, questi pastori di nuvole potranno condurre all’autodeterminazione?».
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