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Culti e divinità dei Veneti antichi: novità dalle iscrizioni - Anna Marinetti (2008) ................................
2.3. Altino (Venezia): il santuario in località Fornace (n17)Il sito di Altino, collocato ai margini della laguna veneta e centro portuale sull’Adriatico settentrionale, ha assunto dopo le scoperte degli ultimi decenni una fisionomia radicalmente rinnovata: già ampiamente documentato come centro romano (in epoca romana) di primaria importanza, ha progressivamente restituito elementi che consentono di delineare una solida configurazione anche nella fase paleoveneta, fino dal IX-VIII secolo a.C.(n18).
Le novità più recenti riguardano il ritrovamento di un’area sacra a sud-est dell’abitato, in località Fornace, esito di campagne di scavo a partire dal 1997; il santuario mostra una frequentazione dal V secolo a.C. fino all’età imperiale, e presenta una vocazione spiccatamente emporica, come testimoniano i numerosi oggetti di importazione ivi rinvenuti.
I materiali del santuario sono attualmente in corso di studio, ma – in attesa di una pubblicazione sistematica – già sono comparse anticipazioni dei primi risultati delle ricerche (n19).
Dallo scavo del santuario sono state recuperate una trentina di iscrizioni votive, in buona parte ampiamente frammentarie. Riporto qui una selezione esemplificativa delle iscrizioni; la prima è già pubblicata (n20), mentre delle altre è stata data comunicazione nel corso del Convegno (citato a nota 19).
1) Frammento di skyphos attico a figure rosse, databile al primo quarto del IV secolo a.C.(n21)..a. [.l] .t.no.i..e.m.a.-- [--] .o. [z] ona. [s. t] o
A[l]tnoi eim A----o [d]ona[st]o2) Orlo di lebete bronzeo, in due frammenti combacianti:
]
o. [--].O. [-] .tona.s.θo.a.l.θino.m.śa.i.natii.m..e.ni<r>p(r)eke.i.taθa.i. ----donasto Altinom sainatim eni prekei datai
3) Frammento fittile:
] a..l. θino.m. [ ]Altinom[4) Frammento di coppa:
a..l.tno.i. Altnoi5) Frammento di coppa:
]dona.s. θ [ ]donast[oIl testo n. 1 è redatto secondo il formulario votivo, con l’azione del “donare” esplicitata dal verbo al preterito (3° singolare) donasto “donò” e il dativo del nome della divinità destinataria dell'offerta, qui nella forma
Altno-. Il soggetto è da individuare nella sequenza interrotta dalla lacuna, probabilmente un antroponimo maschile in -o da tema in -on-. In em si può riconoscere una forma di deittico (“questo”), che trova precisi confronti con il latino arcaico (em, im). Complessivamente l’iscrizione suona: “A----o donò questo ad Altno”.
Il n. 2 presenta una formula analoga, con l’ulteriore aggiunta di un riferimento circostanziale reso dal sintagma eni prekei datai, che riguarda il carattere "sacrale” (eni prekei “in preke-”, cfr. lat. precor) di offerta (data-). I nn. 3 e 4 riportano il nome della divinità, nelle due forme grafico-fonetiche in cui compare (Altino-/Altno-), mentre nel n. 5 ritorna il verbo votivo donasto “donò”.
Il dato di più immediato rilievo portato dalle dediche del santuario Fornace è la menzione della divinità (o comunque della divinità principale) cui è dedicato il culto nella fase preromana (n22); si tratta di una divinità maschile, designata alternativamente come Altino- o Altno-(n23). {el xe el santolo patrono, patronus}.
Il teonimo è chiaramente connesso con il toponimo del luogo, attestato nella forma latina come Altinum; dovrebbe pertanto trattarsi della divinità “poliadica” che si identifica con il sito, come ad esempio in Etruria i casi di Fufluns/Populonia, Vei/Neio e, nello stesso Veneto, di Aponus/Abano.
Di particolare rilievo è l’attribuzione anche ad
Altino- dell’epiteto
sainati-, già noto in relazione ad altre divinità: Reitia ad Este e Trumusiati-/Tribusiati- a Lagole. La correlazione teonimo/toponimo – evidente ad Altino, possibile o probabile negli altri casi – e l’associazione con l’epiteto
sainati- apre una nuova ipotesi sui caratteri e sulle prerogative delle figure divine così identificate, che sembra unificare, secondo tratti comuni, diverse realtà locali (vedi § 3.3).
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -Altin.png.....................................
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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... eteghi.jpg3.2. Divinità femminili e divinità maschili nel mondo veneto
Il tema richiederebbe una attenzione e un approfondimento adeguati alla sua importanza, per i quali non è questa la sede; mi limito pertanto ad alcune osservazioni che derivano da nuovi apporti dalle iscrizioni, e dalla revisione di alcune posizioni del passato. L’esito associato che ne deriva sembra porre un’ipoteca – quanto meno dal punto di vista quantitativo – sul primato da sempre attribuito nel Veneto ad una divinità femminile, esemplata nella dea Reitia (Śainate Reitia Pora) del santuario di Este.
La figura di una grande dea femminile è di fatto un topos, quasi mai messo in dubbio almeno nella vulgata, e a metterla in evidenza concorrono in maniera considerevole non solo le dediche iscritte di Este, ma anche rappresentazioni figurative che trovano la loro espressione più nota nei dischi bronzei dall’area “plavense” (Montebelluna, Musile, Ponzano) raffiguranti una dea clavigera (n36).
In realtà, come ha acutamente sottolineato Loredana Capuis, sul piano delle manifestazioni religiose vi sono differenze che connotano le diverse aree del Veneto: «...l’area sudoccidentale, gravitante sull’Adige e sul territorio di controllo atestino, e l’area nordorientale, gravitante sul Brenta-Piave e sul territorio di controllo patavino (...); tra i dati di maggiore evidenza mi è sempre apparsa di primaria importanza la predominante componente femminile della prima zona rispetto alla prevalente, e pressoché esclusiva, componente maschile della seconda. Anomala mi appariva proprio la zona tra Brenta e Piave, sia per i dischi di Montebelluna che per una particolare tipologia di bronzetti di “figure-madri”, diffusa tra territorio patavino e frangia lagunare...» (n37). La differenziazione in due grandi aree proposta dalla Capuis considera l’intero complesso delle forme di culto, e pertanto la prevalenza di femminile o maschile non guarda solo alle figure divine, ma anche alla frequentazione dei santuari, alla composizione del popolo dei devoti ecc. I nuovi dati non mettono in discussione questo quadro, ma piuttosto lo integrano, articolandolo ulteriormente.
L'attestazione di teonimi maschili nelle iscrizioni venetiche è in progressivo incremento; si tratta di dati non sempre pienamente utilizzabili, perché forme isolate, o incomplete; la frammentarietà della forma-base lessicale lascia indeterminati quei caratteri che, anche se con tutte le cautele sopra invocate, un’“etimologia” del nome divino potrebbe lasciar trasparire. La corrispondenza tra genere grammaticale e genere naturale non è, come noto, biunivoca; tuttavia la morfologia di tema in -o- (cui corrisponde il dativo -oi) riferita ad esseri animati designa di norma il genere naturale maschile.
Attraverso questo indicatore, alle già note forme in -oi, una di incerta lettura da Montegrotto (Pa 15)(nota 38), ed Einaio[(Es 75) da Este (n39), si aggiunge ora, ancora da Este, Heno---toi dal santuario di Meggiaro (nota 40); e ancora, evidente anche nella base, il caso di Alt(i)noi.
A questa serie maschile, così individuata a priori da una morfologia di tema in -o-, va aggiunto, credo senza riserve, il caso del teonimo Trumusiati-/Tribusiati- di Lagole. I temi in -i/e- cui appartengono tali forme possono riferirsi sia al genere maschile sia a quello femminile; la caratterizzazione al femminile di Trumusiati-/Tribusiati-, sostenuta in passato, da una parte si fondava su un possibile confronto etimologico con Hekate, dall’altra risentiva dell’influenza dell’epiteto sainati- già noto a Este in riferimento alla divinità (certamente femminile) Reitia.
Sia l’etimologia con Hekate, condotta sulla base di una lettura errata del nome (+Trumusicati-/Tribusicati), sia la valenza “al femminile” dell’epiteto sainati- sono ora venute a cadere (vedi § 3.3); se le forme di lingua non danno un'indicazione precisa per il “genere naturale” della figura divina, i dati extralinguistici al contrario sembrano coerentemente indirizzare al maschile: le dediche sono esclusivamente di uomini (n41), la frequentazione è tipicamente maschile e guerriera, in fase romana la divinità assume i contorni di Apollo.
Un caso in cui per l’opzione maschile/femminile la morfologia da sola non fornisce evidenze, ma concorre a delimitare il campo delle interpretazioni, è quello degli Alkomno del santuario “occidentale” di Este.
La morfologia di duale, qui riconosciuta nella finale -o, segnala la natura di “coppia” del designato; ciò fondatamente autorizza - insieme al confronto etimologico con il nome attestato in fonti latine come Alci- il collegamento degli Alkomno con i Dioscuri, presenti in loco in fase romana.
Anche se per via indiretta, se ne ricava ancora un caso di divinità maschili.
Nel caso di un nome plurale, a differenza che per quello singolare, il genere grammaticale maschile (meglio, la forma tematica in -o-) non è significativo ai fini di definire il genere naturale; in quanto “genere” non marcato potrebbe riferirsi sia a figure solo maschili, sia a maschili e femminili insieme. Ciò vale per le dediche Termonios deivos di Vicenza e Maisteratorbos di Auronzo (vedi § 3.4).
La continuità dei santuari in fase di romanizzazione, ove sia documentata, se non fornisce una vera e propria interpretatio delle divinità locali conferma quanto meno una attribuzione di genere coerente con quanto appare nella fase veneta: così a Montegrotto troviamo Aponus (?), a Lagole Apollo, ad Altino (forse) Iuppiter, ad Este i Dioscuri; nel santuario di Este il culto pare si continui con Minerva. ???
Propongo una tabella in cui riporto nomi e caratteri delle divinità menzionate nelle iscrizioni venetiche; restano esclusi, per prudenza, quei casi in cui la identificazione come figure divine (piuttosto che personaggi umani) è stata supposta ma è incerta o poco probabile, come per i nomi Laivna Vrota a Idria della Baccia e Vebelei a Este; inoltre si omettono le dediche di Gurina a (pl.) Ahsus/(sing.) Ahsun in quanto, nonostante la veneticità di lingua, formulario e tipologia materiale, le dediche promanano da un ambito culturale con influssi prettamente germanici, non fosse che per quanto riguarda il nostro tema, dal momento che gli dèi Asi fanno parte della più radicata tradizione religiosa dei Germani.
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3.3. Relazione tra teonimi e toponimi: per il recupero di una funzione "poliade" di figure divine
In occasione dell”edizione complessiva dei materiali di Lagole di Cadore, ho riconsiderato (n42) la questione del teonimo locale per molti aspetti problematico; da una parte il suo presentarsi in un duplice significante, Trumusiati-/Tribusiati-, diverso se pur “assonante”, senza che vi siano ragioni per dubitare che ci si riferisca ad una stessa divinità, richiede una spiegazione adeguata; dall”altra perché -- anche dopo una possibile spiegazione della compresenza delle due forme -- il nome resta ancora privo di un”etimologia soddisfacente, dopo l’accantonamento (vedi sopra) della vecchia ipotesi che riconosceva in Trumusiati- una “triplice Hekate”. Ho proposto di riconoscere nella forma Trumusiati- un derivato in -ate/i- da un * Trumusio-, inteso come designazione del toponimo locale; ciò partendo da una formazione del nome come composto da *Ku(w/o)tru- (etimologicamente “quattro” ma qui usato come indicatore generale di molteplicità [n43]), più un derivato *muso- dalla radice indeuropea *mew- che rimanda alla sfera semantica dell’umido” (n44); il valore del composto pare bene adattarsi alla situazione geomorfologica di Lagole, area ricca di fonti, stagni, corsi d’acqua; pertanto un “(dio) in rapporto a * Trumusio-”: Rispetto alla forma originaria Trumusiate-, il teonimo che compare come Tribusiate- sarebbe una forma secondaria, reinterpretazione del precedente teonimo con il ricorso alla base di tribu- (forma già venetica o latina?); sarebbe cioè stato mantenuto un riferimento alla comunità locale non tramite il toponimo specifico del luogo, *Trumusio-, forse non più trasparente nel suo significato, bensì mediante il ricorso alla “tribus”; si avrebbe un nome “parlante” in senso “civico”, tramite una paretimologia -- latina o venetica non locale (n45) -- su una base lessicale tribu- significativa nel suo valore istituzionale legato a un territorio e a una comunità.
Un caso ben noto di coincidenza tra teonimo e toponimo in Veneto si ha in Aponus, divinità oggetto di un culto legato alle caratteristiche salutifere della zona termale, e insieme toponimo del luogo (n46); nelle fonti (n47) la forma Aponus pare prevalentemente riferirsi alla divinità, e solo nelle testimonianze più tarde affiora col valore di toponimo.
E verosimile che il latino Aponus costituisca la trasposizione di un teonimo locale, di cui non si ha attestazione diretta. Resta infatti in epochè il dato dell'unica iscrizione venetica (Pa 15), sopra richiamata (g 3.2), proveniente dall'area termale, per l’incerta lettura della sequenza: quanto si scorge dal tracciato della sequenza non sarebbe del tutto incompatibile con una lettura *aponoi, ma non ci sono gli estremi per affermarlo in positivo. Ciò che resta acquisito è in ogni caso il riferimento in Pa 15 ad una divinità locale di genere maschile (vedi § 3.2): l’identificazione di questa con l’Aponus della tradizione latina resta in sospeso.
A questa casistica si aggiunge ora, dal santuario di Altino, l’attestazione di una divinità il cui nome, Alt(i)no-, è perfettamente coincidente con il toponimo. Questo ci è noto nella forma Altinum esclusivamente da fonti latine, ma la datazione dei materiali del contesto e la paleografia delle iscrizioni fanno datare il nome ad una fase precedente a qualsiasi ragionevole possibilità di romanizzazione, per cui il toponimo va riportato alla fase veneta.
Per questi casi di coincidenza teonimo/toponimo si pone la questione della precedenza concettuale e cronologica dell’uno rispetto all'altro; se cioè il teonimo preceda la fissazione in toponimo, ipotesi ragionevole soprattutto in strutture di insediamento non urbane, o se si tratti di una personificazione in figure divine di una realtà geoantropica già definita.
È tuttavia difficile in situazioni come la nostra distinguere la pertinenza primaria; almeno per questo livello strutturale attenueremmo la distinzione fra teonimo e toponimo, quasi in una situazione di microtoponimia per cui le due sono facce di una stessa medaglia. In ogni caso la fenomenologia esiste, con certezza per i casi di Aponus ed Alt(i)no-, con buona probabilità per Trumusiati- di Lagole.
La documentazione di Altino ha fornito inoltre l'occasione per riprendere la questione del significato e del senso dell’epiclesi śainati- per una figura divina, in quanto vi è attestato qui come epiteto di Alt(i)no-(n48).
L’etimologia vulgata di śainati-, sotto l’influenza di una vecchia (ed errata) lettura +sahnate.i., stabiliva un’equivalenza con latino sanare, contestualmente giustificata per le prerogative di “risanatrice” attribuite sia alla divinità di Este, sulla base dei materiali votivi, sia a quella di Lagole, in relazione alle acque sulfuree e salutifere ivi presenti. M. Lejeune (n49), dopo aver portato la corretta lettura sainatei, aveva riconosciuto una morfologia di etnico in -ati-, tuttavia senza una convincente proposta per la base lessicale. Inoltre un altro elemento andava spiegato: la costanza della forma sainati- con un grafema iniziale ś, e non con la normale sibilante s, rispetto a cui s segnala un diverso valore fonetico (e quindi, tra l’altro, negativo per il confronto con lat. sanare).
Tutta la questione è pertanto rimasta in sospeso, fino a che la nuova attestazione ad Altino non ha riaperto il problema; un valore di śainati- come “salutifero, risanatore” non si attaglia qui minimamente alle caratteristiche della divinità, quali risultano dal complesso delle forme di culto. Il santuario di Altino può essere investito da una molteplicità di funzioni, principalmente legate alla sua vocazione emporica, ma la valenza di tipo iatrico pare estranea o, comunque, assolutamente minoritaria. Anche la (possibile) continuità in fase romana di Alt(i)no- con Iuppiter ne delinea una sfera di competenza del tutto diversa, per cui viene a mancare anche quanto si può invocare per Lagole, ove con la romanità Trumusiati- è sostituito da Apollo, cui l’attributo di “salutifero” potrebbe essere adeguato.
Rapportando la situazione di Lagole a quella di Altino (per Este non ci sono immediate evidenze), si riconosce nei rispettivi teonimi il medesimo contesto di “personificazione” della realtà insediativa. Con ciò concorda la morfologia del comune epiteto śainati-, che come detto presenta un suffisso -ati- che nel latino costituisce una tipica formazione per gli etnici (cfr. Arpinati-, Sarsinati- ecc.) Tuttavia, śainati- non può essere un etnico in senso proprio, perché è applicato a tre divinità diverse in tre luoghi diversi. L'apparente contraddizione si risolve semplicemente rivedendo la qualifica di -(a)ti- quale etnico proprio, e riportando il suffisso alla funzionalità primaria: l’uso per etnici è una applicazione-specializzazione rilevante, ma non esclusiva, di un valore più generale di appartenenza/inerenza. Ciò posto, probabilisticamente non c’è che un apriori: śainati- si riferisce ad un luogo che però non può essere un toponimo specifico, bensì deve essere “il luogo”, cioè per esclusione e verosimiglianza il nome comune per “insediamento, territorio (pertinente alla comunità)” o simili. Se è così, śainati- qualifica la divinità in questione come “topica” o, in termini forse meno propri per l’assetto urbano, ma più incisivi per la resa, come “poliade”.
Delimitato così per via morfologica e contestuale il possibile valore, occorre per śainati- un adeguato inquadramento come forma di lingua. I capisaldi sono, come detto, la derivazione in -ati- di (quasi-) etnico, che presuppone una forma śaino- o śaina-, cioè, morfologicamente, una base/radice śai- + una formante -no-/-na-; inoltre un valore fonetico di s nell’ambito delle sibilanti ma diverso da s; probabilisticamente dovrebbe rappresentare l’esito di un nesso “consonante + s”, a priori ks-.
A questo punto si propone il confronto con una radice indeuropea che rimanda alla nozione di “insediamento”: *k’pei- “siedeln, sich ansiedeln, eine Niederlassung gründen” (n50): tra i confronti l’antico indiano *kséi, ksiyái “abita”, l”armeno šēn “abitato, villaggio”, greco ktizō “fondare”; particolarmente significativo è il confronto con il greco rodio ktoínē che indica una divisione territoriale (“canton”) (n 51): la stessa forma è già presente nel miceneo ko-to-na (/ko-to-i-na), ove in contesto catastale designa una ripartizione del territorio.
La semicità della radice/base è evidente: la posizione sul territorio come delimitazione del/di un territorio; questo si congiunge e completa la conclusione dei dati interni al venetico, per cui sainati- qualifica la divinità come “del luogo, poliade”.
In questa chiave propongo di riconsiderare anche l’occorrenza dell’epiteto sainati - a Este; qui sembra mancare la giunzione diretta del teonimo col toponimo, certa ad Altino, probabile a Lagole; tuttavia tra le diverse possibili etimologie del teonimo Reitia del santuario atestino (richiamate sopra al § 1) vi è, con possibilità non inferiori alle altre, quella che vede nel nome un derivato in -io- da *reito- = “fiume”(n52).
Reitia come “ciò che è in rapporto con il fiume” potrebbe essere la trasposizione concettuale, diversamente lessicalizzata, del toponimo Ateste analizzato come ates-te “che è di contro = che sta sull’Ates (Adige)”; ciò nella prospettiva del fiume assunto quale riferimento centrale per l’insediamento che corrisponde a quello che sarà poi Ateste.
Non è forse fuori luogo ricordare che il nome primario della divinità è Pora, già riportato alla stessa base del greco poros “passaggio”; il valore qui può essere riferito a molti significati ma, considerato il contesto fisico del santuario, si potrebbe richiamare il “passaggio > guado (del fiume)”, e cioè una specificità della località di cui non è necessario sottolineare l’importanza per l’insediamento circostante.
Infine, si potrebbe riconsiderare secondo questa ottica anche l’iscrizione da Asolo (vedi sopra), ove era stata ipotizzata la presenza del toponimo locale (attestato in latino come Acelum); la forma letta (dubitativamente) akelon su uno degli ossicini iscritti -- pertinenti ad un rito di fondazione e dunque in contesto sacrale -- se rivista in questa ottica potrebbe indicare non tanto il toponimo, quanto il (coincidente) nome della divinità del luogo (n53); nell’iscrizione in questione tr akelon potrebbe portare nel suo complesso il riferimento (epiteto + teonimo proprio) ad una divinità.
In conclusione, dalla giunzione dei nuovi dati con le conoscenze già acquisite si delinea una solidarietà di comportamento nell’identificazione/personificazione in una figura divina del toponimo locale, ulteriormente ribadita nel suo valore topico mediante un attributo che lo esplicita come “(divinità) relativa al luogo”.
Note, 48) Qualche difficoltà per il pieno inquadramento di śainati- ad Altino potrebbe derivare dalla sua posizione sintattica nella sequenza “teonimo + epiteto”, che va contro la normalità riconosciuta per la struttura dei teonimi “epiteto + teonimo”: cfr mego donasto Voltiomnos Iuvants Ariuns Śainatei Reitiai (Este), Broijokos donom doto Śainatei Trumusijatei (Lagole) ma ]donasto Altinom Śainatim eni prekei datai (Altino). La difficoltà non va sottovalutata, anche se può trovare una spiegazione; non ritengo sia il caso di approfondirla in questa sede, in quanto non pare rilevante per l’attribuzione di valore all’epiteto. Per completezza, anticipo un’altra possibile obiezione proveniente dallo stesso corpus altinate; una delle iscrizioni, frammentaria, suona ]xośana[; se da integrare? me]go śana(t-... (in questo caso, si noti, con una sintassi “regolare” in cui l’epiteto precede il teonimo), si avrebbe qui il solo caso di śan- e non śain-: la possibilità di un *śanat- è confinata nei limiti aleatori di una incerta integrazione, e tuttavia può costituire un motivo di ritorno all’etimologia con sanare? No decisamente, per tutte le ragioni viste sopra; c’ tuttavia un indice, e cioè la possibilità che śainat- potesse essere reinterpretato per paretimologia con *sana- corrispondente di lat. sanare; ciò riporta ad una possibile reinterpretazione in chiave di accumulo di prerogative positive di una divinità che oltre che “topica-poliade” è anche genericamente benefica e pertanto “sanatrice”; in ogni caso sarebbe una valenza secondaria, che ha indotto in errore l’esecutore materiale di questa iscrizione.