Na ‘olta, coanti omani ente ła tera veneta?

Re: Na ‘olta, coanti omani ente ła tera veneta?

Messaggioda Berto » ven mag 08, 2015 7:09 am

Roma e l'Italia peninsulare: dal 509 al 264 a.C.

http://it.wikipedia.org/wiki/Italia_(epoca_romana)

L'Italia pre-romana.

Si stima che in Italia vivessero all'inizio del sesto secolo a. C. all’incirca 3 milioni di abitanti, di cui:

130.000 Lucani
570.000 Siculi
450.000 Messapi
200.000 Bruzi,
200.000 Campani e 300.000 Sanniti
250.000 Osci.

A questi si aggiungevano all’incirca 600.000 Etruschi ed 1 milione di cittadini greci (di cui però soltanto una piccola parte poteva vantare discendenze greche; gli abitanti delle grandi metropoli magnogreche erano perlopiù italici ellenizzati). Con l’ascesa di Roma ebbe inizio il primo processo di unificazione culturale e politica della Penisola.

I territori acquisiti mediante la guerra passavano alla proprietà del popolo romano ed erano definite perciò ager publicus. Questo veniva assegnato, in proprietà o in affidamento a comunità, attraverso la fondazione di colonie, o a singoli. La fondazione di più di trecento colonie di diritto latino, città stato autonome i cui cittadini provenivano dal Lazio e legate a Roma da trattati che ne regolamentavano il commercio, la difesa e i rapporti esteri, giocò un ruolo chiave nella trasmissione dell’identità culturale romana nelle regioni in cui venivano istituite.

Accanto all'istituto della colonia esistevano le assegnazioni viritane del territorio: l'ager publicus veniva affidato non a città, come al momento della fondazione di una colonia, ma a singoli, dipendenti direttamente da Roma; un caso frequente era quello di soldati che, dopo la fine del servizio militare, ottenevano un appezzamento.

Poco prima della prima guerra punica, al momento della fondazione di Ariminum (nel 268 a.C.), la superficie dei territori annessi a Roma era giunta a circa 25.000 km². Dato che un terzo dei nuovi territori era di proprietà dello stato, la superficie dell'ager publicus era costituita da più di 800.000 ettari, determinando il moltiplicarsi sia dei piccoli poderi degli agricoltori liberi attraverso le assegnazioni viritane, sia la formazione di grandi proprietà terriere da parte delle classi sociali elevate.

http://it.wikipedia.org/wiki/Discussion ... oca_romana)

Confrontando i dati sopra riportati risulta che la somma dei parziali è di 3.300.000 (corrispondenti ai circa 3.000.000 del dato generale); però il dato generale di 3 milioni dovrebbe riguardare l'intera penisola italica invece i dati parziali riguardano soltanto la penisola centro-meridionale e insulare (meno la Sardegna) più l'area etrusca ma mancano tutti i dati dell'area nordica ligure, celtica, retica, venetico-euganea le cui cifre sono altrettanto consistenti di quelle centro-meridionali e insulari, per cui la somma generale potrebbe passare a 4,8/5,8 milioni di abitanti, compreso l'area sarda. Alberto Pento--79.38.249.59 (msg) 08:19, 14 lug 2014 (CEST)
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Re: Na ‘olta, coanti omani ente ła tera veneta?

Messaggioda Berto » ven mag 08, 2015 7:09 am

La vałutasion demografega so l'Ouropa fata da Bepin Segato

Immagine
http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... -Bepin.jpg
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Re: Na ‘olta, coanti omani ente ła tera veneta?

Messaggioda Berto » mar nov 15, 2016 8:01 am

???

Human Population Through Time
https://www.youtube.com/watch?v=PUwmA3Q0_OE
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Re: Na ‘olta, coanti omani ente ła tera veneta?

Messaggioda Berto » mar mag 28, 2019 5:58 pm

Chi sono gli antenati dei moderni europei?
21 maggio 2015
Nadia Vitali

https://scienze.fanpage.it/chi-sono-gli ... ni-europei

La maggior parte degli europei contemporanei discendono da un pugno di uomini che vivevano già nel vecchio continente nell'Età del Bronzo, ossia tra il 3.500 e il 1.200 a. C. circa. Diversi millenni fa una esplosione demografica portò alla crescita esponenziale di questo ceppo, oggi rintracciato attraverso uno studio curato dal Professor Mark Jobling e dalla Dottoressa Chiara Batini, del Dipartimento di Genetica della britannica University of Leicester. Il lavoro è stato reso noto attraverso un articolo pubblicato dalla rivista Nature Communications.


L’albero genealogico degli europei

Le tecniche di sequenziamento del genoma consentono già da diversi anni di risalire indietro nel tempo, fino a migliaia di anni fa, consentendo di ricostruire storie di intere popolazioni o nazioni. In questo caso particolare, i ricercatori hanno individuato le tracce genetiche del cromosoma Y, che si trasmette esclusivamente di padre in figlio, in 334 uomini provenienti da 17 nazioni dell’Europa e del Medio Oriente. Metodi innovativi di analisi hanno restituito un ritratto meno sbiadito della diversità genetica dell’epoca, consentendo una stima dei tempi estremamente precisa. Questo ha portato alla costruzione di un albero genealogico del cromosoma Y europeo che può essere utilizzato per il calcolo dell’età di ciascun ramo.


Due terzi dei maschi europei condividono gli stessi antenati

Tre rami più giovani, le cui forme indicano recenti espansioni, hanno in comune un cromosoma Y che ricorre nel 64% degli uomini studiati: questo significa che la gran parte della discendenza europea sarebbe ascrivibile ad appena tre giovani lignaggi paterni. Gli studi sulle popolazioni, inoltre, indicano un costante spostamento di popolazioni dall'area balcanica verso le isole britanniche, probabile conseguenza di un incremento demografico importante verificatosi lungo un arco di tempo compreso tra 2.000 e 4.000 anni fa. Curiosamente, questo risultato è in contrasto con studi precedenti che avevano ricostruito la storia dell'umanità anche esclusivamente attraverso il DNA mitocondriale, che si eredita per via materna: in precedenza, infatti, si erano individuati boom demografici molto più antichi.


L'età del bronzo

La moderna popolazione europea sembrerebbe quindi discendere proprio da questa espansione della popolazione maschile, collocata in un momento di passaggio cruciale nella storia della civiltà umana: fu questa, infatti, l'epoca in cui si registrarono significativi mutamenti nelle pratiche di sepoltura, in cui si diffuse sempre più la pratica della domesticazione dei cavalli e in cui lo sviluppo della metallurgia portò alla fabbricazione di nuovi utensili ed armi. Un periodo del quale è la complessità culturale la cifra caratteristica, fatto che rende ancor più difficile stabilire un collegamento certo tra uno specifico evento e lo sviluppo demografico: tuttavia i ricercatori si dicono fiduciosi nella possibilità di comprendere come e quando accadde qualcosa di determinante per innescare questo processo, sempre attraverso ulteriori indagini sul cromosoma Y.
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Re: Na ‘olta, coanti omani ente ła tera veneta?

Messaggioda Berto » mar feb 16, 2021 8:09 am

La popolazione dell'Età della Pietra in Europa: 1.500 anime...
Elisabetta Intini
22 febbraio 2019

https://www.focus.it/cultura/storia/eur ... afia-stime

Quello europeo non è mai stato un continente particolarmente affollato, ma in certe fasi dell'Età della Pietra, vaste aree del suo territorio potrebbero aver ospitato soltanto 1500 persone o poco più. Lo sostiene uno studio dell'Università di Colonia (Germania) che ha stimato l'entità della popolazione europea all'interno di una cultura paleolitica nota come aurignaziano, un periodo che si estende dai 42 mila ai 33 mila anni fa.

L'Homo sapiens in uscita dall'Africa arrivò in Europa circa 43 mila anni fa e si diffuse rapidamente nel continente. I ricercatori Isabell Schmidt e Andreas Zimmermann hanno localizzato circa 400 siti della cultura aurignaziana in un'area compresa tra la Spagna settentrionale e la Polonia occidentale. Hanno stimato che i nostri antenati occupassero realmente soltanto 13 ristrette regioni del continente, lasciando le altre pressoché disabitate.

Poche comunità compatte. Dall'analisi dei reperti archeologici trovati in queste aree (per esempio, dalla quantità di pietre in esse trasportate per ottenere utensili di uso quotidiano) i due scienziati hanno stimato che fossero occupate in tutto da non più di 35 gruppi di cacciatori raccoglitori. E poiché le poche popolazioni umane moderne che mantengono uno stile di vita analogo a quello della cultura aurignaziana e che cacciano gli stessi animali, sono formate in media da 42 individui, questo numero è stato preso come riferimento per stimare la dimensione standard di ciascun antico nucleo.

Moltiplicando 35 gruppi per 42 individui si ottiene 1470: 1500 come stima intermedia (con un limite superiore di 3300 e uno inferiore di 800), benché si tratti di calcoli per forza di cose approssimativi. Lo studio che dà risultati in linea con i precedenti lavori sulla cultura aurignaziana, ci ricorda di che ordini di grandezza parliamo quando ci riferiamo alla popolazione umana di certe fasi della preistoria.

Sparuti e resistenti. Ci dice anche che per funzionare con efficacia ed esprimere il massimo delle capacità di sopravvivenza, i social network del passato dovevano contare su un numero di connessioni piuttosto ristretto. Su questa rete sociale si sarebbe poi insediata la cultura gravettiana (29 mila - 20 mila anni fa: quella delle Veneri paleolitiche), che vide i sapiens protagonisti di un netto miglioramento sia economico (per esempio, con la specializzazione nella caccia al mammut e nella raccolta di vegetali), sia demografico.



Population dynamics and socio-spatial organization of the Aurignacian: Scalable quantitative demographic data for western and central Europe

Isabell Schmidt, Andreas Zimmermann

February 13, 2019

https://journals.plos.org/plosone/artic ... ne.0211562
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