Ebrei clandestini e zingari odierni accostamenti impossibili

Ebrei,zingari,clandestini: accostamenti immondi, impossibili

Messaggioda Berto » mer lug 04, 2018 8:42 pm

Ebrei e neri. Accostamento forzoso?
Gian Franco Ferraris
di Alfredo Morganti – 20 maggio 2019

https://www.nuovatlantide.org/ebrei-e-n ... to-forzoso

Qualche professore ha spiegato che l’accostamento tra leggi razziali e decreto sicurezza è “francamente forzato” e la loro “equiparazione” sbagliata. Detto ciò, hanno chiesto comunque (non tutti esplicitamente) la revoca della sospensione della professoressa che avrebbe omesso, per l’ufficio scolastico provinciale, di vigilare sugli alunni. Ma dov’è la forzatura, dov’è l’equiparazione sbagliata? I ragazzi ragionavano sul filo del giorno della memoria, e tendevano questo filo sino a mostrarne gli appigli oggi. Le leggi razziali significarono, per gli ebrei italiani, la perdita di diritti, la loro marginalizzazione, in sostanza una discriminazione di tipo razziale, etnica diremmo oggi. Cos’è il decreto sicurezza verso gli immigrati? Anch’esso un atto di discriminazione, proprio quella a cui i ragazzi accennano nel video. Una discriminazione su basi etniche, peraltro, perché rivolta a chi sbarca in Italia dopo aver tentato il viaggio della speranza, ossia i neri africani. Cancellare la protezione umanitaria, con ciò che ne consegue in termini di diritti e di protezione, vuol dire creare un popolo di clandestini, di spettri vaganti nel territorio, a cui non verrà riservata alcuna cura. Vuol dire discriminarli. Che è poi l’accusa che rivolge l’ONU al governo italiano. Nessuno “riconosce” più questa umanità, i suoi diritti, le sue necessità sociali, il suo anonimato viene definitivamente sancito per decreto.

La discriminazione è il nesso che lega le leggi razziali al decreto sicurezza, di fatto una legge speciale promulgata ad hoc contro chi viaggia sui barconi. Al di là, ovviamente delle specificità storiche, quello che unifica il destino degli ebrei e dei neri è il loro mancato “riconoscimento”. Al desiderio dei neri e dei migranti di essere “riconosciuti” nella loro umanità e nel bisogno di protezione, si oppone un diniego secco, formale, che vuol dire conseguentemente la cancellazione dei diritti a donne e uomini sofferenti. È lo stesso che si fece verso gli ebrei, che vennero disconosciuti dal punto di vista dei diritti e, quindi, cacciati dai luoghi di lavoro, dimessi dall’insegnamento, privati della casa. Ovviamente non finì lì, perché le deportazioni ne furono l’atto orribilmente conseguente. Ma tutto cominciò con la cancellazione di un riconoscimento, di un’identità, di un essere personale e sociale, che sfociò presto nel male assoluto che sappiamo. Mancato riconoscimento vuol dire sempre rigetto ai margini, anomia, spettralità. Si diventa trasparenti, insomma, e il desiderio di essere donne e uomini in una rete sociale si trasforma nell’incubo della assenza di identità riconosciuta, nell’assenza di nome e nella solitudine che ne deriva. I professori che negano un accostamento tra destino degli ebrei e destino degli ultimi diseredati che sbarcano sulle nostre sponde, e che lo intendono forzato o sbagliato, adottano (con tutto il rispetto, ovvio) la stessa logica di Salvini, che quell’accostamento specularmente lo denuncia. La richiesta di sospendere il provvedimento contro la professoressa, a questo punto, appare solo una preghiera di grazia in coda a un’ammissione di colpevolezza, quella di chi avrebbe dovuto evitare, appunto, forzature storiche. Era così difficile dire (e basta): lo Stato non sia forte coi deboli e debole coi forti?



La nave degli ebrei Exodus che 72 anni fa ne portava alcuni in Israele/Palestina che era ed è la loro terra da migliaia di anni, ma allora sotto il controllo inglese e gli inglesi a quel tempo erano alleati dei nazi-maomettani arabi antisemiti che non volevano che gli ebrei tornassero a casa loro, respinsero gli ebrei sbarcati e li costrinsero ad andarsene via dalla loro terra come fecero a suo tempo gli invasori romani e arabo nazi maomettani.

Poi questa nave per un certo periodo girovagò senza trovare un porto che la ospitasse in un mondo prevalentemente antisemita e finirono per sbarcare ad Amburgo allora sotto il controllo degli alleati.

I clandestini dei barconi non tornano a casa loro, ma abusano delle convenzioni internazionali sul soccorso in mare e sul diritto di asilo e della carità umana per invadere clandestinamente e con la frode i paesi altrui senza alcun rispetto e portandovi parassitismo, criminalità, violenza, nazismo maoamettano e assurde pretese di essere accolti-ospitati e mantenuti a spese dei cittadini di quei paesi che nel caso dell'Italia sono pieni di debiti, di disoccupati, di poveri e privi di risorse.
Poi non si tratta di una nave o di un barcone ma di decine, centinaia, migliaia di barconi e di navi, di un flusso inarrestabile che porta inciviltà, destabilizzazione, morte e guerra.
Gli ebrei in generale (a parte i sinistri) non hanno mai portato nulla di tutto questo ma solo tanta umanità e tanta civiltà.





L'incredibile storia della nave "Exodus", salpata per la Palestina 70 anni fa

https://www.ilpost.it/2017/07/11/nave-e ... -palestina

Tra le due e le quattro del mattino dell’11 luglio 1947, 70 anni fa, una nave battente bandiera dell’Honduras e con a bordo 4.515 passeggeri partì dal portò di Sète, sulla costa meridionale della Francia, ufficialmente diretta verso la Colombia. In realtà non era una nave commerciale tradizionale, non trasportava passeggeri qualsiasi e non era diretta verso l’America Latina: era stata chiamata pochi giorni prima “Exodus 1947”, in riferimento all’episodio biblico dell’esodo degli ebrei dall’Egitto. Sulla Exodus quella notte erano state fatte salire soltanto persone ebree, la maggior parte delle quali sopravvissute ai campi di concentramento nazisti. Il piano era di portarle illegalmente in Palestina, che a quel tempo era un territorio sotto controllo britannico, così come aveva stabilito la Società delle Nazioni, l’antenato dell’ONU. L’intera operazione era stata organizzata dall’Haganah, “La Difesa”, un’organizzazione paramilitare ebraica che dopo la nascita dello stato d’Israele, nel 1948, fu integrata nell’esercito israeliano.

Quello che successe quella notte e nelle settimane successive è stato raccontato da libri, film e documentari e viene considerato ancora oggi uno degli episodi che contribuirono alla fine del mandato britannico sulla Palestina. È una storia da film, anche se con parecchie note tragiche: e in un certo senso si può dire che finì solo due anni dopo, con la nascita dello stato d’Israele.

Dopo la Seconda guerra mondiale, e dopo la fine del genocidio compiuto dal regime nazista, milioni di ebrei europei vivevano ancora in condizioni precarie e molti abitavano in strutture simili a campi profughi in Germania e Austria. Alcune organizzazioni ebraiche cominciarono a mettere in piedi una rete clandestina per portare migliaia di ebrei dai campi profughi ai porti del Mar Mediterraneo, dove partivano delle navi dirette in Palestina, considerata dai sionisti la terra promessa. L’intera operazione, conosciuta con il nome in codice “Aliyah Bet”, “seconda immigrazione”, era illegale perché osteggiata dai britannici, che allora avevano il controllo della Palestina grazie a un mandato della Società delle Nazioni (il mandato era uno strumento che era stato pensato per aiutare le popolazioni delle colonie degli imperi sconfitti nella Prima guerra mondiale, considerate incapaci di autogovernarsi). I britannici avevano già avuto problemi con l’immigrazione ebraica in Palestina: negli anni Trenta l’arrivo di più di 200mila ebrei aveva provocato una grande rivolta araba, al termine della quale il Regno Unito aveva emanato il cosiddetto “Libro Bianco” che limitava il numero degli ebrei che sarebbero potuti entrare in territorio palestinese negli anni a venire.

La Haganah fu una delle organizzazioni ebraiche più attive nell’organizzare i trasferimenti di ebrei verso la Palestina. Nel novembre 1946, alcuni membri del gruppo riuscirono a comprare la “President Warfield”, la nave che sarebbe poi stata rinominata Exodus. La President Warfield era stata costruita nel 1927 a Wilmington, in Delaware, per una compagnia di Baltimora il cui presidente si chiamava Solomon Davies Warfield. Era stata usata inizialmente come nave passeggeri, su e giù dal fiume Potomac, da Baltimora a Norfolk, in Virginia. Poi nel 1942 era stata acquistata dal governo statunitense e riconvertita in nave militare: tra le altre cose fu impiegata durante lo sbarco in Normandia sulla spiaggia di Omaha, nel giugno 1944. Per mesi una squadra di ebrei palestinesi e americani lavorò sulla Exodus per attrezzarla in modo da impedire ai britannici di prenderne il controllo, una volta che fosse salpata dal porto di Sète diretta verso la Palestina. Vennero posizionati sul perimetro della nave dei tubi metallici in grado di sparare vapore e olio bollente; i ponti inferiori furono coperti da reti e filo spinato; altri ambienti, come la sala macchine e la sala radio, furono attrezzati per impedire l’eventuale accesso dei soldati britannici. Il 25 febbraio 1947 la Exodus era pronta per salpare: lasciò Baltimora e si diresse verso il Mediterraneo.

Secondo diverse ricostruzioni storiche, la Haganah mise in conto fin da subito che i britannici avrebbero individuato la Exodus: era una nave troppo grande per passare inosservata, ma in qualche misura l’organizzazione ebraica sperava di riuscire a superare eventuali blocchi navali e raggiungere comunque le coste palestinesi. Prima di arrivare a Sète, la Exodus passò per il porto di Marsiglia e nel cantiere dell’Olivo a Portovenere, in Liguria, dove fu allestita per ospitare 5mila persone, un numero molto superiore rispetto alla sua iniziale capienza.

Il 10 luglio di quello stesso anno, 170 camion con a bordo più di 4.500 ebrei di molte nazionalità, tra cui 950 bambini, arrivarono a Sète, pronti per essere imbarcati. Gustave Brugidou, presidente della società storica di Sète, ha raccontato che quel giorno praticamente tutti gli abitanti erano concentrati sulla tappa del Tour de France, che avrebbe dovuto attraversare la città: «Rimasero tutti stupefatti nel vedere quelle persone arrivare al Mole Saint Louis [al porto di Sète] con addosso vestiti invernali nel bel mezzo della stagione estiva». Quando la Exodus salpò, la notte successiva, era già stata individuata dai servizi segreti britannici, che cominciarono a preparare un piano d’assalto. Dopo diversi tentativi falliti, e nonostante la strenua difesa dei passeggeri e degli uomini della Haganah, il 18 luglio le forze britanniche riuscirono a prendere il controllo della nave: era passata una settimana dalla partenza, ed era arrivata a circa 40 chilometri dalle coste palestinesi. Negli scontri furono uccisi un membro dell’equipaggio, un volontario americano e due passeggeri; diverse altre persone furono ferite.

La Exodus fu portata fino al porto di Haifa, in Palestina, dove i passeggeri furono fatti scendere e caricati su altre tre navi dirette a Port-de-Bouc, a circa 40 chilometri a ovest di Marsiglia. Le tre navi arrivarono sulle coste francesi il 2 agosto, ma le cose non andarono come avevano sperato i britannici. Il governo francese si rifiutò di costringere i passeggeri a sbarcare, e gli uomini della Haganah ancora a bordo convinsero molte persone a non scendere. La crisi finì per essere discussa anche dal Comitato speciale delle Nazioni Unite per la Palestina, un organo creato nel 1947, e dopo tre settimane di impasse i britannici decisero di dirottare le navi verso il porto di Amburgo, in Germania, che allora era parte della zona di occupazione affidata al Regno Unito (alla fine della Seconda guerra mondiale la Germania era stata divisa in zone di occupazione gestite dalle potenze vincitrici). Per i britannici, il territorio tedesco sotto il loro controllo era l’unico in grado di assorbire così tante persone, ma il rischio era quello di provocare una forte indignazione pubblica, visto che quegli stessi ebrei avevano subito fino a poco tempo prima le barbarie del regime nazista, che sarebbero state rievocate da una loro deportazione in Germania.

Lo sbarco ad Amburgo non fu semplice e diverse persone furono fatte scendere con la forza. Gli ebrei a bordo furono portati in due dei campi temporanei allestiti in Germania per i profughi dopo la Seconda guerra mondiale. Diversi passeggeri della Exodus riuscirono ad andarsene quasi subito, grazie all’aiuto di un’altra organizzazione ebraica che in quegli anni portò molti ebrei in Palestina, nonostante i limiti del Libro Bianco del 1939. Molti di loro però furono di nuovo intercettati dai britannici e portati a Cipro, allora colonia britannica, dove rimasero fino al riconoscimento dello stato di Israele, nel 1949. Dell’episodio della Exodus si occuparono le Nazioni Unite, ma anche i giornali di mezzo mondo, con grande imbarazzo del governo britannico. La storia di quella traversata, e di quello che successe dopo, è stata anche raccontata in versione romanzata nel libro Exodus di Leon Uris, uscito nel 1958, poi adattato nel film Exodus diretto da Otto Preminger e interpretato da Paul Newman, del 1960.
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Ebrei,zingari,clandestini: accostamenti immondi, impossibili

Messaggioda Berto » mer mag 22, 2019 9:31 am

L'Ebreo Fighter Intellettuale. **NIRAM FERRETTI. The Jewish Intellectual Fighter.
Gianna Garbelli

https://www.giannamariagarbelli.com/en/ ... a-garbelli

NIRAM FERRETTI è illuminante, acuto e geniale. Nelle mie pagine di Cultura della Boxe ci sta benissimo. Perchè è il più inciso FIGHTER INTELLETTUALE che abbia scoperto negli ultimi anni. Io che ho avuto il previlegio di frequentare e diventare amica, di un grande intellettuale della Boxe, anche lui Ebreo, BUDD SCHULBERG, scrittore e premio Oscar con “Fronte del Porto”, l’accostamento mi è venuto facile. NIRAM FERRETTI non sa nulla di Boxe. La Boxe che è prima di tutto una disposizione dell’anima e della mente, quindi lui sta a me, con la sua profonda risorsa di conoscenza e competenza, del momento caotico che viviamo. Dove tutte le tesi si sovrappongono. Sopratutto quelle ipocrite.

E io che non mi accontento della superficialità di chi si accomoda come gli conviene, mi arrichisco dell’amicizia di NIRAM FERRETTI e così onorata ospito e propongo a voi miei lettori, in via del tutto eccezionale il suo scritto illuminante.

Niram Ferretti
ACCOSTAMENTI IMPROPONIBILI

Fu Giulio Meotti, un anno e mezzo fa, a mettere il dito nella piaga, lamentando l’associazione improponibile tra ebrei morti durante la Shoah e migranti morti in mare. Questo accostamento assolutamente ideologico e che grida vendetta continua a essere proposto a sinistra, non ultimo il sindaco di Padova Sergio Giordani, il quale intervenendo alla cerimonia di posa delle «Pietre d’inciampo» con i nomi di sei vittime della Shoah, ha parlato dei migranti creando l’associazione morti ebrei di ieri, morti migranti di oggi e, ovviamente, sottointendendo che chi non accoglie oggi i migranti è come i fascisti e i nazisti che ieri uccidevano gli ebrei (nel caso peggiore) oppure si rende complice con la propria indifferenza della loro sorte. Ogni riferimento alle politiche anti-immigrazione della Lega è del tutto voluto.

Anche la senatrice Liliana Segre, da ebrea sopravvissuta ad Auschwitz, intervenendo recentemente a un incontro pubblico, ha proposto un paragone tra la sua condizione del passato e quella dei migranti di oggi.

“Anche io sono stata una richiedente asilo clandestina e so cosa si trova ad esser straniera nella terra di nessuno, ma come faccio a gridarlo a chi vuole i muri?”.

Papa Francesco, ha ribadito tempo fa che Gesù stesso e la sua famiglia erano dei rifugiati. Accostamento tirato per i capelli, buono per un siparietto da cabaret ma poco rispettoso del racconto evangelico, poiché, naturalmente, Gesù non fu mai un rifugiato ma un ebreo che si mosse in Giudea (questo il nome della regione all’Epoca, non Palestina, quest’ultima sarebbe subentrata 135 anni dopo la sua morte) e Galilea.

Questa è dunque la koine che a molteplici livelli si cerca di imporre deformando i fatti e la realtà e volendo a tutti i costi fare credere che chi cerca di limitare l’immigrazione sia un delinquente, o peggio un nemico dell’Uomo e dell’umanità.

La Shoah è un unicum storico, non c’è nulla di simile nè prima nè dopo, per intento (la volontà di sterminare TUTTI gli ebrei, ovunque essi fossero per il solo fatto di essere ebrei), sistematicità, organizzazione. Associare a questo crimine inaudito la morte dei migranti in mare, che merita, come è ovvio, la pietà umana, è grottesco e inaccettabile.

Capiamo la senatrice Segre, ma la sua situazione di ebrea perseguitata da iscriversi nel contesto di una tragedia immane come la Shoah nulla ha a che vedere con le politiche degli stati che intendono limitare l’afflusso dei migranti, soprattutto quelli clandestini. Non si può pretendere che uno stato apra incondizionatamente le proprie porte a chiunque senza se e senza ma. Questa è pura demagogia. Con i buoni sentimenti si lastricano le strade dell’inferno. Ci vuole senso della realtà, non demagogia.

Vanno dunque respinti senza esitazione tutti questi tentativi di demonizzare chi si oppone all’immigrazione indiscriminata, all’abbattimento dei confini e dei muri per fare entrare tutti, anche chi, delle nostre leggi, della nostra cultura, di ciò che resta della nostra civiltà vuole solo approfittarsi, non per integrarsi e farne parte ma per costituirsi come corpo antagonista.



I no-vax paragonano l’obbligo vaccinale alle leggi razziali
19 Febbraio 2019
Charlotte Matteini

https://www.open.online/2019/02/19/i-no ... i-razziali

La campagna choc è stata realizzata dall’associazione “per la libertà di cura” SìAmo e paragona l’obbligo vaccinale alle leggi razziali, sostenendo che non ci sarebbero teorie scientifiche a supporto di «questa discriminazione»

I no-vax tornano a protestare contro l'obbligo vaccinale, istituito nel 2017 dalla legge Lorenzin, e lo paragonano alle leggi razziali emanate sotto il nazi-fascismo. La campagna choc è stata realizzata dall'associazione "per la libertà di cura" SìAmo e negli ultimi giorni è diventata virale sui social. In realtà la campagna non arriva dal Web: le immagini diffuse sui social network sono state scattate a Trento, la città in cui in questi giorni sta girando il camioncino itinerante con affisso il cartellone della SìAmo.

Nel cartellone no-vax sono ritratti due bambini e le immagini sono corredate da una serie di scritte: «La teoria della superiorità della razza ariana giustifica le esclusioni scolastiche» si legge nella prima parte – quella che si riferisce esplicitamente alle leggi razziali emanate sotto il nazi-fascismo - e «la teoria dell'immunità di gregge vaccinale umana giustifica le esclusioni scolastiche» si legge invece nella seconda parte del cartellone, in cui è ritratta una bambina non vaccinata.

«Ma qual è lo studio scientifico che conferma queste teorie discriminatorie?» si chiede l'associazione no-vax che ha organizzato la campagna contro l'obbligo vaccinale, accompagnando il messaggio con due hashtag piuttosto eloquenti: #vaccinazismo e #NonRipetiamoGliOrrori. L'immagine è stata rilanciata su Twitter dal professor Roberto Burioni, che ha commentato l'accostamento tra vaccini e leggi razziali con un'amara citazione di Albert Einstein: «Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Ma sull’universo non sono sicuro».

https://twitter.com/statuses/1097583448573857792




Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane assai razziste
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 197&t=2802

Ebrei di sinistra, sinistre mostruosità umane, razziste, antisraeliane e antisemite, antidemocratiche e castuali, che violano e calpestano i diritti umani naturali universali e civili dei nativi e cittadini europei ed italiani.

L'orrore degli ebrei di sinistra che sostengono e promuovono il nazismo maomettano.






Il nazista che si descrive negando sé stesso. Un video geniale sul quale bisognerebbe fare lunghe riflessioni.
https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 4061567007

Gino Quarelo
Sì, simpatico filmato, ma il problema dell'invasione dei clandestini è un'altro e all'epoca del nazismo non c'era. E si tratta di un abbinamento falso e strumentale per demonizzare chi non vuole alcuna invasione e sente come necessario e vitale difendere i confini del suo paese e della sua casa.
Non vi alcuna relazione disumana e razzista tra il nazismo hitleriano di un tempo e la naturale legittima e civile difesa del proprio paese dall'invasione scriteriata e senza rispetto.


"Immigrazione e multiculturalismo Il silenzio degli «accoglienti»"
Da Il Corriere del 25/05/2019
Ernesto Galli della Loggia

https://alleanzacattolica.org/immigrazi ... t.facebook

Vi sono libri importanti in ragione del loro argomento e del modo in cui esso viene trattato, oppure in ragione di qualche peculiarità del loro autore, e vi sono libri, poi la cui importanza dipende da un’altra ragione ancora: dal clamore straordinario o all’opposto dal silenzio sospetto che li accoglie. Il libro di Raffaele Simone L’ospite e il nemico (Garzanti) ha la singolarità di segnalarsi per tutti e tre i motivi ora detti: non solo perché tratta di un tema chiave come la grande migrazione dal Sud del mondo di cui l’Europa è la meta da anni, ma perché il tema stesso, a differenza di tante altre pubblicazioni analoghe, è svolto in modo quanto mai documentato e soprattutto con una totale spregiudicatezza; infine perché dell’uscita del libro nessuno ma proprio nessuno ha mostrato di accorgersi. Un silenzio davvero singolare per non autorizzare un dubbio: e cioè che il mainstream culturale devoto al politicamente corretto — il Club Radicale come viene definito in queste pagine — abbia così voluto punire chi mostrava di non tenere alcun conto delle sue fisime e dei suoi tabù. Soprattutto perché chi osava tanto era uno studioso come Simone — il quale, lo ricordo, professionalmente è un linguista — la cui produzione di saggistica politica si è sempre mossa in una prospettiva schiettamente di sinistra. E che dunque oggi al suddetto Club deve essere apparso un transfuga, un traditore.

Che cosa sostiene di così scandaloso per il benpensante progressista il libro di cui stiamo parlando? Innanzitutto un criterio di metodo: «Non c’è nessun immigrato, in quanto persona, leggiamo, che visto da vicino, non susciti compassione e impulso al soccorso (…). Ma si possono osservare i fenomeni collettivi persona per persona?». Simone non ha dubbi: non è possibile. L’immigrazione verso l’Europa è un evento di una tale vastità potenziale che, incontrollato, non potrebbe che condurre questa parte del mondo a un’autentica catastrofe, più o meno analoga a quella rappresentata a suo tempo dalle invasioni barbariche. Si tratta di una presa di posizione niente affatto ideologica: infatti è davvero impressionante, in proposito, la vasta e varia documentazione, la quantità di notizie, di dati, di fatti di cronaca, circa le conseguenze negative già in atto o assai prevedibili contenute nel libro. Il cui autore, proprio perciò, sottolinea come siano a dir poco sorprendenti lo «spesso clima di ipocrisia e di falsità», «la sceneggiatura irenico-umanitaria» e la «sconsiderata rilassatezza» delle politiche migratorie praticate finora: attuate «quasi tutte — si aggiunge — contro il parere del popolo». Ce n’è abbastanza, come si vede, per giustificare la censura decretata al libro dal Club Radicale.

Sono due i principali obiettivi della polemica di Simone, dura quanto lucidamente argomentata. Il primo è l’insulsa colpevolizzazione che da tempo l’Europa va facendo del proprio passato, alimentando un vero e proprio odio di sé che in particolare il suo ceto politico-intellettuale e la sua scuola non si stancano di accrescere, costruendo l’idea di un debito che il continente sarebbe oggi chiamato giustamente a pagare, ad espiazione delle sue passate malefatte verso i popoli del Sud del mondo, sotto forma per l’appunto di un indiscriminato obbligo di accoglienza.

Ne è nata una vera e propria «cultura del pentimento e della discolpa» ormai diffusa in tutta la sfera pubblica occidentale, che conduce a considerare ad esempio come delittuosa «islamofobia» ogni pur ragionata valutazione critica della religione e della cultura islamiche. Arrivando, ad esempio, perfino al caso di indagini di polizia che in più occasioni tacciono l’origine islamica dell’indagato per il timore d’incorrere nell’accusa di razzismo. Secondo Simone si tratta di un indirizzo ideologico che, appunto per la «bramosia di penitenza» di cui si sta parlando, tende alla fine a cancellare il carattere fondamentale dell’identità europea, fondata sull’assoluta peculiarità del binomio Cristianesimo-Illuminismo e dei suoi mille esiti positivi rispetto a qualunque altra cultura. Sfidando il politicamente corretto l’autore ha il coraggio di porsi una domanda decisiva: «Cosa vogliamo preservare da qualunque rischio di alterazione? (…) Ci sono valori europei (corsivo nel testo) che bisogna assolutamente proteggere?».

Il secondo dei due principali bersagli del libro è la latitudine tendenzialmente indiscriminata del concetto di accoglienza, che è stato il criterio morale di fondo a cui il politicamente corretto occidentale si è fin qui sentito in dovere di guardare, sia pure con le inevitabili incertezze e contraddizioni del caso.

Ricordando come nell’antichità indoeuropea ospite e nemico fossero indicati dalla stessa parola (ne è rimasta traccia in latino: hospes/hostis) Simone fa una distinzione assai importante. Un conto è il diritto all’ospitalità, cioè ad essere accolto temporaneamente in un luogo e con il beneplacito dell’accogliente — secondo il modello così diffuso in moltissime culture — un conto ben diverso è il presunto diritto a stabilirsi dove uno vuole, indipendentemente dalla volontà (e dal numero!) di chi in quel luogo abita da tanto tempo, avendovi magari profuso da generazioni lavoro e cura per renderlo ciò che esso è oggi. Senza dire che quando parliamo di ospitalità intendiamo da sempre quella riservata ad una sola persona o ad un piccolo gruppo, non di certo a una massa. In questo caso sembra davvero più appropriato parlare al limite di invasione anziché di ospitalità.

Presumere che esista un diritto all’accoglienza illimitata comporta logicamente né più né meno che teorizzare la cancellazione virtuale dei confini: cioè di qualcosa che l’autore stesso definisce «una necessità etologica dei gruppi umani».

Naturalmente nessun «accogliente» ha il coraggio politico e intellettuale di trarre una simile conseguenza dalla propria posizione. La retorica serve per l’appunto a rimediare a questa falla dispiegando le sue armi, quelle che Simone chiama per l’appunto le «retoriche dell’accoglienza» (da «siamo stati tutti migranti e siamo tutti meticci» a «dall’arrivo dei migranti abbiamo da trarre solo vantaggi» e così via seguitando). Retoriche che egli smonta una per una, con precisione, con i fatti, ragionando. Un libro assolutamente da leggere, insomma, non foss’altro che per discuterlo: proprio come al Club Radicale non piace mai fare con chi non la pensa come lui.




PER IL CENSIMENTO FATTO AI EBREI NEL 1938, LA COSTITUZIONE VIETA OGNI SCHEDATURA PER ETNIA O RELIGIONE
Enrico Mentana

https://www.facebook.com/IsraelAkshav/p ... 9183506525

Vediamo di fare un discorso chiaro, almeno per chi ragiona con la sua testa. Adesso tutti fanno gli gnorri, e qualcuno in buona fede chiede retoricamente "Ma perché noi dobbiamo fare il censimento e i rom no?". Non scherziamo. Tutti i cittadini italiani sono censiti, tracciati e registrati allo stato civile in quanto tali. Tutte le persone sul nostro territorio devono dimostrare la loro identità e nazionalità e il diritto a trovarsi sul suolo italiano. Nessuno è legibus solutus, o perlomeno non dovrebbe esserlo. Poi certo scopriamo il clandestino che è qui dopo tre espulsioni, come il super-ricercato italiano che non si è mai mosso da casa sua. Ma è la lasca o cattiva applicazione di leggi che ci sono e che discendono direttamente dalla carta costituzionale attraverso i codici.
Di tutti i gruppi etnici i rom sono di sicuro i meno amati: in tanti hanno subito piccoli o grandi furti, soperchierie o intimidazioni da singoli o bande di rom, e lo stile di vita (chiamiamolo così) di molti di loro - specie nei campi- spesso ci induce a giudizi motivatamente assai negativi.
Ma questo non può diventare il motivo per una scelta di catalogazione che investe un intero gruppo etnico. Lo vieta la costituzione, e non per caso.
Per questo ieri ho mostrato nel tg un documento che solo pochi giorni fa è stato ritrovato negli archivi milanesi e consegnato a Liliana Segre, e che qui ripropongo. È la conseguenza delle infami leggi razziali di 80 fa. La Costituzione fu varata solo nove anni dopo quelle leggi, ed è per questo che vi compare la parola "razza", che oggi non useremmo più, nell'articolo 3 sull'uguaglianza di tutti i cittadini. Credo che nessuno in quel plumbeo autunno del 1938 potesse immaginare che il censimento degli ebrei sarebbe diventato cinque anni dopo la lista delle persone da rastrellare, internare e consegnare ai nazisti per la deportazione. Per questo la Costituzione esclude in radice ogni schedatura per etnia o per religione. Un censimento non si traduce per forza in colonna infame o segregazione o peggio: ma semplicemente, a causa di quel che davvero è successo ai Segre, agli ebrei, ma anche ai rom e i sinti, agli omosessuali e agli oppositori politici, non si può fare. Punto.






Galiano difende la prof sospesa: "Ditemi se non è esattamente l'insegnante che vorreste avere per i vostri figli"
di Enrico Galiano | 17.05.2019

https://www.illibraio.it/prof-sospesa-i ... JpqAYZ9BhA

"Andate a vederla, nei video, questa prof. Ascoltatela. La voce pacata. La passione per l'insegnamento che si avverte in quelle rughe d'espressione, in quelle parole dette piano. E poi ditemi se non è esattamente l'insegnante che vorreste avere per i vostri figli...". Enrico Galiano, docente e scrittore, dice la sua sul caso della professoressa sospesa per quindici giorni dall'insegnamento, con stipendio dimezzato: "Ero convinto che il nostro compito fosse quello di stimolare i ragazzi a pensare con la propria testa..."

È andata così. Giorno della Memoria. Una classe di un ITI, quindi ragazzi di quattordici-quindici anni, presenta alla scuola un proprio lavoro di ricerca su PowerPoint in cui c’è un accostamento fra le leggi razziali del 1938 e il recente decreto sicurezza.

I ragazzi ci tengono a far sapere che il contenuto del PowerPoint è tutto frutto del loro pensiero, che la loro insegnante non ha avuto alcun ruolo nella produzione, al massimo nella sistemazione della sintassie dell’ortografia.

Comunque. Qualcuno fa delle foto al PowerPoint e le pubblica. Qualcun altro le vede. Le condivide. Le condivisioni arrivano fino al sottosegretario ai Beni culturali, che commenta così: “Se è accaduto realmente, andrebbe cacciato con ignominia un prof del genere e interdetto a vita dall’insegnamento. Già avvisato chi di dovere”.

Risultato? La prof sospesa per quindici giorni dall’insegnamento, con stipendio dimezzato.

Io non so che dire. Io ero convinto che il nostro compito fosse quello di stimolare i ragazzi a pensare con la propria testa.

Io credevo che dovessimo aiutarli nel difficile compito di formarsi una propria visione del mondo. Che ci mettessero tutte le mattine in classe davanti a loro perché poi loro, usciti da quella classe un giorno, possano essere più liberi.

Mi sa che non è così. Mi sa che adesso dobbiamo cambiare il nostro metodo. Che va bene farli pensare con la loro testa, ma non se il loro pensiero va contro alcune persone. Allora non va più bene.

Perché se lo faccio mi sospendono e mi dimezzano lo stipendio.

Andate a vederla, su youtube, nei video, questa prof. Ascoltatela. La voce pacata. La passione per l’insegnamento che si avverte in quelle rughe d’espressione, in quelle parole dette piano. E poi ditemi se non è esattamente l’insegnante che vorreste avere per i vostri figli.

Gino Quarelo
Proprio no, caso mai il contrario.
Questa danneggia profondamente i giovani e la loro formazione;
questa trasmette disvalori demenziali;
questa falsifica e manipola i valori, i doveri e i diritti umani e danneggia la nostra comunità;
questa induce atteggiamenti innaturali, infantili, irresponsabili, utopisticamente errati e dannosissimi.



La prof sospesa: "Ora i miei studenti mi chiedono se possono scrivere cosa pensano"
10 giugno 2019

http://www.palermotoday.it/cronaca/prof ... iUuEE1PEGM

"Mi aspetto la revoca del procedimento perché illegittimo, io tengo in particolare a questo". Così Maria Rosa Dell'Aria, la docente palermitana sospesa dal Provveditore, intervenendo a 'Una Marina di Libri'.

La docente dell'istituto Vittorio Emanuele III era stata sospesa dal provveditore Marco Anello per omesso controllo su un video mostrato in classe, durante una ricerca, in cui gli studenti paragonavano le leggi razziali al Decreto sicurezza. "Il web sta veicolando tanto odio, si cercano nemici, con offese gravissime - spiega ancora la prof -. Anche questa vicenda nasce da una manifestazione di odio, da un tweet in cui si dice che io avrei paragonato Salvini a Hitler. Con una sottosegretaria che dice che io dovevo essere cacciata 'con ignominia'. E' bene che io non le abbia lette, perché non sono sui social. Ma sono stata molto ferita da questa vicenda".

"Mi dispiace - ha aggiunto - che ora i miei studenti mi chiedono se possono scrivere o dire cose che pensano. Anche miei colleghi si pongono delle domande. E questo mi dispiace molto".

Intanto il Miur ha diffuso una nota in cui si precisa che "Il ministro Bussetti non è stato interessato né nell'avvio né nella conclusione dell'iter del procedimento disciplinare nei confronti della Prof.ssa Dell'Aria. Non ci sono stati né 'diktat', né pressioni da Roma, come hanno scritto alcuni organi di stampa. Ci fu, invece, una semplice richiesta di informazioni al competente Ufficio territoriale da parte dell'Ufficio stampa del Miur, tesa ad approfondire un caso emerso sui social. Una richiesta del tutto simile alle molte che vengono fatte ogni giorno agli Uffici periferici del Ministero per poter verificare fatti, segnalazioni e notizie che pervengono al MIUR e rispetto ai quali la stessa stampa richiede una posizione o una dichiarazione del Ministro. Non fu mai chiesta un'ispezione - prosegue il Miur - cosa peraltro impossibile con una semplice e-mail dell'Ufficio Stampa, che non ha competenze in materia disciplinare. Non furono chiesti interventi specifici. Ma informazioni. Arrivate qualche giorno dopo, il 31 gennaio, sotto forma di relazione e rispetto alla quale, come è possibile evincere dagli archivi dei comunicati stampa, nonché dai profili social del Ministro, non ci fu alcuna dichiarazione pubblica o richiesta palese di intervento. Anche per la doverosa separazione fra i rispettivi ambiti che esiste fra potere di indirizzo politico e potere di gestione amministrativa, come previsto dalle norme vigenti".

Per il ministero è "del tutto improprio associare una richiesta di informazioni con l'eventuale avvio di un'ispezione e di un procedimento disciplinare. A conferma di tutto questo si sottolinea che, quando l'Ufficio territoriale di Palermo ha deciso di disporre l'ispezione, attivare il procedimento disciplinare e comminare la sanzione lo ha fatto in piena autonomia, seguendo quanto previsto dalla disciplina normativa vigente. Un fatto confermato pubblicamente,anche a mezzo stampa, dal dott. Marco Anello, dirigente dell'Ufficio Territoriale di Palermo, che ha affermato: 'Ho agito secondo giustizia e secondo coscienza, conosco a menadito le carte e ho svolto il mio lavoro con serietà'. Pertanto - conclude il comunicato - è lo stesso dirigente ad aver rivendicato, in piena autonomia, la sua scelta".




"Salvini e Hitler? Stesso linguaggio e stessi nemici": porcheria con i nostri soldi, l'ultima 'prodezza' in Rai
14 Giugno 2019 di Gianluca Veneziani

https://www.liberoquotidiano.it/news/po ... vBEBCFdNq4

Soffrono di Sindrome 33 e dovrebbero dire 33, come da un dottore, per guarire da questa loro ossessione. È una malattia cronica che li porta a far continui paragoni tra ieri e oggi, a cercare analogie tra nazismo e Lega, tra Hitler e Salvini, evocando il mostro e alimentando l' idea che il passato possa tornare Il dramma è che ora lo fanno non più in maniera provocatoria, con consapevoli forzature, ma cercano supporti storici alle loro tesi, sostenendole in libri e trasmissioni apparentemente rigorose, e ripetendole senza sbraitare ma in tono tranquillo, ragionato, e pertanto ancora più inquietante.

Metteva i brividi, l' 11 giugno, ascoltare su RadioTre la puntata di Fahrenheit in cui veniva presentato il libro di Siegmund Ginzberg, Sindrome 1933, edito da Feltrinelli. Il saggio si propone di risalire alle origini dell' ascesa al potere di Hitler nel '33, ma l' intervista da parte del conduttore, Graziano Graziani, diventava l' occasione per fare continui raffronti col presente, alla ricerca di somiglianze, corsi e ricorsi, raggelanti elementi comuni. E così tutta la chiacchierata veniva costruita su questo filo rosso, o meglio nero, senza alcun contradditorio. Si partiva dall' idea, sostenuta da Graziani, per cui oggi come allora c' è stato «l' irrompere del discorso populista» con «una modalità di espressione che è più emozionale, meno razionale, ma fa presa sull' elettorato». Tanto da consentire già in passato a chi la interpretava «un' ascesa sottovalutata dai partiti tradizionali».

PERCENTUALI RITOCCATE
È stato infatti questo linguaggio da «costante campagna elettorale», come lo chiama Ginzberg, a permettere a Hitler una crescita improvvisa, pressoché identica nei numeri, dice lui, a quella di Salvini. L' autore del saggio sottolinea che «il partito di Hitler di poco superava l' 1%, poi nel 1930 ebbe il grande balzo e andò al 17% e nel '32 raggiunse il 34%: una percentuale non molto dissimile da quella che ha avuto la Lega a queste Europee». Ginzberg forza un po' i numeri (nel 1930 Hitler era al 18,3% e nel 1932 al 37,4%) ma non importa perché l' unico scopo è dimostrare che i due partiti, quello nazista e quello leghista, sono cresciuti in maniera pedissequa: da percentuali basse al 17 fino al 34 E alla base di questa impennata vertiginosa, a detta dei due, ci sono gli stessi elementi: «la promessa di dare tranquillità, ordine, moralità» a un Paese vittima di «degrado morale» (Ginzberg), «l' accento sulla cronaca nera, l' ossessione per la sicurezza» (Graziani) e poi il grande classico, l' identificazione dei nemici da abbattere, ossia i disperati e le élite. Sentite qui l' autore del saggio: «In Germania i delinquenti erano identificati con gli ebrei, soprattutto quelli immigrati che scappavano dalla povertà, dalle guerre ed erano sentiti come non desiderati. Poi si aggiunse l' antisemitismo verso le élite, che erano intellettuali famosi, giudici». Migranti ed élite, allora come adesso, fanno il successo del verbo populista, ossia nazista, quindi leghista, perché pari sono, o giù di lì, a sentire la trasmissione Il conduttore a un certo punto legge il messaggio di una lettrice: «La situazione non è somigliante, ma tale e quale, è sconvolgente».

LA STORIA NON SI RIPETE
Poi, dopo tutto questo fare raffronti, sovrapposizioni, identificazioni, scatta il timore di averla sparata troppo grossa, con Graziani che prova a mettere una toppa e dice «Non ci troviamo davanti alla stessa pagina di storia. La storia non si ripete mai» e Ginzberg che aggiunge «Dire che Salvini è come Hitler e che Di Maio gli assomiglia sarebbe una sciocchezza. Però ci sono delle somiglianze, delle analogie». Siamo al culmine del ridicolo, alla sindrome ossessiva che diventa commedia perché il parallelismo prima viene sostenuto, poi negato poi di nuovo affermato. «Non gli somiglia però ci sono somiglianze». Non viene neppure voglia di argomentare quanto sia sballato, strumentale, ideologicamente accecato questo paragone. Viene solo voglia di sottolineare che, finché i suoi avversari argomenteranno le loro tesi a questo modo, Salvini potrà farsi una risata. Però magari, la prossima volta, costoro vadano a costruire le loro farneticazioni altrove, e non su una radio del servizio pubblico, dove siamo noi a pagare le loro «sciocchezze».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ebrei,zingari,clandestini: accostamenti immondi, impossibili

Messaggioda Berto » mer mag 22, 2019 9:32 am

IL PROGETTO
Niram Ferretti
29 giugno 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Bisogna dire che sono bravi, hanno grandi risorse economiche e sprattutto possono godere del sostegno di un apparato massmediatico articolatissimo. A chi mi riferisco? Ai fautori dell'immigrazione come necessità assoluta, ineluttabilità storica, Fato.

Dalla loro hanno tutto l'armamentario classico della sinistra. I migranti sarebbero i nuovi Lumpenproletariat a cui donare coscienza di classe spiegando loro quello che ci dice Douglas Murray nel suo essenziale, "The Strange Death of Europe".

“Nel 2015 il finanziere miliardario George Soros ha speso considerevoli somme di denaro per finanziare gruppi di pressione e istituzioni promuoventi i confine aperti e il libero movimento dei migranti dentro e intorno all’Europa. Insieme a un sito internet chiamato Welcome2EU, la sua Open Society Foundations ha pubblicato milioni di volantini allo scopo di informare i migranti su cosa fare. I volantini li informavano su come arrivare in Europa, quali fossero i loro diritti una volta lì e cosa potessero fare e non fare le autorità. I gruppi sostenevano apertamente la ‘resistenza contro il regime europeo dei confini’”.

Sì. Il "regime europeo dei confini", ovvero lo Stato sovrano, deve essere violato il più possibile, con la finalità di rimuovere l'ingombro, di distruggerlo. Esattamente quello che sarebbe accaduto secondo Marx una volta con la società borghese, sarebbe stata rimpiazzata con la società priva di classi in cui l'essenza dell'umanità avrebbe trionfato senza più vincoli, barriere, paratie.

Oggi il migrante è l'araldo di questa nuova società annunciata dalla sinistra che tiene in mano le leve della UE e ha occupato gramscianamente i gangli operativi della cultura e dell'informazione. A lui, dalle elite progressiste, sono offerti in dotazione i nuovi strumenti della consapevolezza, i Diritti Umani, così come ai proletari di inizio Novecento veniva data l'arma ideologica di considerarsi sfruttati.

Chi si oppone ai Diritti Umani non può che essere un individuo bieco, un paria e dunque un nazista, un fascista, ecc. Chi si oppone ai Diritti Umani non è un uomo. Questo è il ricatto posto in essere. O sei con noi o sei feccia.

Per la nuova koinè i migranti sarebbero come gli ebrei durante la Shoah, questo è il paragone che va per la maggiore, i centri di accoglienza sono campi di concentramento, chi respinge i migranti è come un Kapò di Bergen Belsen. Salvini, Trump e Orban dovrebbero essere processati per crimini contro l'umanità.

In nome dell'Umanità e del Progresso si vuole distruggere ciò che è consolidato, ciò che è accorpato intorno a memorie storiche, tradizioni, modi di sentire ancestrali. E' un ulteriore attacco alla civiltà occidentale, a ciò che resta di essa, e durerà ancora molti, molti anni.



Il male peggiore è da sempre quello travestito da bene.
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 196&t=2876
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3355495727

Ecco un caso esemplare di cattiveria, disumanità, irresponsabilità, criminalità e inciviltà travestito da bontà, umanità, responsabilità, buon senso, giustizia e civiltà.



Padre Sorge a Salvini: "Porti chiusi disumani come le leggi razziali"
Francesca Bernasconi - Lun, 08/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... JaYgiFk9eQ

Il gesuita 90enne critica la misure sui migranti adottate con la chiusura dei porti: "Col tempo mostreranno la loro disumanità"

"Il Sicurezza bis è come le leggi razziali". Così padre Bartolomeo Sorge, gesuita ex direttore di Civiltà cattolica, parla in un'intervista a Repubblica, delle misure sui migranti e dell'ultimo atto "eroico", compiuto da Carola Rackete.

Sorge ritiene che il consenso mostrato a Salvini verrà "smascherato", ma per il momento sembra stia aumentando. Il motivo? A detta del padre, è perché "il Sicurezza Bis ha una parte di verità: nasce dalla paura della gente che pensa che il proprio Paese venga invaso. Non è così, ma la paura è comprensibile". E la mossa di Salvini sarebbe stata quella di "assolutizzare questa parte di verità a discapito del fatto che nel complesso si tratta di misure disumane" e in futuro ce ne renderemo conto, proprio come è successo con le leggi del regime fascista del 1938, "accolte, anche nella Chiesa, da un clima di indifferenza collettiva salvo poi anni dopo tutti prenderne le distanze".

Ma, in questo clima, sembra che qualcuno abbia ascoltato la voce della coscienza. Per Sorge, questo qualcuno è Carola, che "ha fatto un atto di eroismo mettendosi contro tutti e smascherando l'errore complessivo della legge", che va contro la coscienza ed è, per questo, disumana. Queste leggi, a detta del padre, vengono giustificate perché "assolutizzano parti di verità". Della stessa idea è anche Papa Francesco, che propone soluzioni pratiche, come la creazione di corridoi umanitari per i migranti, "affinché non prevalga la disumanità. E, quindi, senza dirlo, va contro Salvini quando rende la legge disumana".

Padre Sorge, su Twitter, aveva scritto diversi post contro Salvini, affermando che chi chiede alla Madonna di benedire i porti chiusi, bestemmia.

E condanna l'uso dei simboli sacri da parte dei politici, che spesso invocano i Santi per "farsi giustizia da soli": "È una bestemmia".

Alberto Pento
Questo è un parassita (tra quelli che vivono estorcendoci l'8xmille con la violenza coercitiva dello stato), idolatra fanatico e disumano, verbalmente un criminale.
La disumanità criminale è quella di chi ci vuole stuprare/violentare, imponendoci l'accoglienza indiscriminata contro la nostra volontà e a nostre spese riducendoci in schiavitù.




SHOAH E MIGRANTI: PERCHÉ ASSIMILARE DUE TRAGEDIE DIFFERENTI INDEBOLISCE LA CONOSCENZA
di Maurizio Molinari
Progetto Dreyfus
La Stampa Lettere al Direttore, 2 Febbraio 2019

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 7937526888


Caro Direttore,

il livello di scontro verbale fra leader ed esponenti politici tende a crescere in maniera vertiginosa. Gli insulti sono divenuti moneta corrente, le fake news dilagano, sembra nessuno badi più a nulla altro che offendere la controparte. Adoperando ogni argomento e termine come una clava. C’è un rimedio a tutto questo o dobbiamo rassegnarci alla degenerazione del linguaggio pubblico?

Il rimedio è restituire alle parole il loro valore, dare importanza ai contenuti e rifiutare le generalizzazioni. C’è un esempio che lo riassume e dimostra in maniera cristallina. Viene dalla recente celebrazione della Giornata della Memoria in cui si ricorda lo sterminio di sei milioni di ebrei da parte dei nazifascisti nella Seconda guerra mondiale. Nel nostro Paese più celebrazioni, commenti e dichiarazioni in merito hanno sovrapposto la Shoah al dramma dei migranti.

Si tratta di un errore perché due tragedie, in quanto tali, non sono mai assimilabili.

Sovrapporre le persecuzioni naziste all’esodo dei migranti crea una confusione storica che non contribuisce a conoscere meglio nessuna delle due tragedie. La decisione di Adolf Hitler di adoperare l’intera macchina bellica e industriale tedesca per eliminare tutti gli appartenenti al popolo ebraico - senza eccezione - andandoli a prendere nelle loro case per ridurli in cenere è un orrore senza paragoni possibili nella Storia dell’umanità. Così come la fuga dei migranti da povertà, fame e violenze verso il Nord del Pianeta è un fenomeno epocale che dobbiamo comprendere, affrontare e risolvere perché appartiene alle nostre vite.

Ma i due eventi non devono essere confusi o assimilati perché ciò non facilita ma complica la comprensione della loro specificità. Non c’è alcun dubbio che eventi storici diversi possono avere caratteristiche comuni: l’odio razziale contro gli ebrei e l’ostilità viscerale verso i migranti hanno in comune l’intolleranza per le diversità così come la scelta di più Paesi di chiudersi ai migranti evoca la conferenza di Evian del 1938 che vide la comunità internazionale dell’epoca decidere di non soccorrere gli ebrei in fuga dalla Germania nazista. È tuttavia un grave errore confondere singoli aspetti simili di queste grandi tragedie con una equiparazione o sovrapposizione totale perché ciò porta a considerare la Storia come una sorta di minestrone dove tutto si mischia e nulla alla fine conta. Con il risultato di nuocere alla conoscenza, banalizzare la Shoah e non dedicare la necessaria attenzione al dramma dei migranti. La forza di una nazione nasce dalla capacità di ricordare, conoscere e trasmettere ogni singolo evento della propria Storia nella sua peculiare specificità. La ricetta contraria porta alla cancellazione della memoria collettiva. Rendendo tutti più deboli.


Alberto Pento
Gino Quarelo

Cit.: "Non c’è alcun dubbio che eventi storici diversi possono avere caratteristiche comuni: l’odio razziale contro gli ebrei e l’ostilità viscerale verso i migranti hanno in comune l’intolleranza per le diversità così come la scelta di più Paesi di chiudersi ai migranti evoca la conferenza di Evian del 1938 che vide la comunità internazionale dell’epoca decidere di non soccorrere gli ebrei in fuga dalla Germania nazista."

Queste considerazioni dell'autore sono del tutto false e fuorvianti.
Non vi è alcuna intolleranza verso la diversità assimilabile all'odio razziale e la chiusura all'invasione scriteriata e indiscriminata dei clandestini non c'entra nulla con il rifiuto di accogliere gli ebrei in fuga dalla Germania nazista.
Sono accostamenti, deduzioni e considerazioni che falsificano la realtà e servono in modo fraudolento e intollerabilmente infido unicamente a demonizzare chi sensatamente, naturalmente e umanamente difende i confini del suo paese, della sua parte di Mondo, la sua sicurezza, i suoi beni, i suoi sacrosanti diritti, la sua vita, la sua libertà e sovranità civile e politica a decidere quando, perché e chi, può entrare nella sua casa e nel suo paese.
Non sta certo ad altri deciderlo trasformando la migrazione, l'invasione, la clandestinità in una forzatura violenta che ha strettissime analogie con la violenza sociale dei matrimoni forzati delle bambine, con la violenza brutale dello stupro, divenendo essa uno strupro collettivo, di massa, etnico che viola i diritti umani universali, naturali, civili e politici delle persone, dei popoli, dei cittadini e delle nazioni.
Io credo che se da qualche parte vi è una qualche analogia o somiglianza tra i nazisti hitleriani e la Shoà del passato con i fatti dell'attualità questa la si possa trovare nei ragionamenti e nelle politiche sinistre che violano i diritti umani dei cittadini e dei nativi europei esemplificati dall'autore di questa lettera.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Ebrei,zingari,clandestini: accostamenti immondi, impossibili

Messaggioda Berto » gio mag 30, 2019 8:04 pm

Padre Sorge a Salvini: "Porti chiusi disumani come le leggi razziali"
Francesca Bernasconi - Lun, 08/07/2019

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... JaYgiFk9eQ

Il gesuita 90enne critica la misure sui migranti adottate con la chiusura dei porti: "Col tempo mostreranno la loro disumanità"

"Il Sicurezza bis è come le leggi razziali". Così padre Bartolomeo Sorge, gesuita ex direttore di Civiltà cattolica, parla in un'intervista a Repubblica, delle misure sui migranti e dell'ultimo atto "eroico", compiuto da Carola Rackete.

Sorge ritiene che il consenso mostrato a Salvini verrà "smascherato", ma per il momento sembra stia aumentando. Il motivo? A detta del padre, è perché "il Sicurezza Bis ha una parte di verità: nasce dalla paura della gente che pensa che il proprio Paese venga invaso. Non è così, ma la paura è comprensibile". E la mossa di Salvini sarebbe stata quella di "assolutizzare questa parte di verità a discapito del fatto che nel complesso si tratta di misure disumane" e in futuro ce ne renderemo conto, proprio come è successo con le leggi del regime fascista del 1938, "accolte, anche nella Chiesa, da un clima di indifferenza collettiva salvo poi anni dopo tutti prenderne le distanze".

Ma, in questo clima, sembra che qualcuno abbia ascoltato la voce della coscienza. Per Sorge, questo qualcuno è Carola, che "ha fatto un atto di eroismo mettendosi contro tutti e smascherando l'errore complessivo della legge", che va contro la coscienza ed è, per questo, disumana. Queste leggi, a detta del padre, vengono giustificate perché "assolutizzano parti di verità". Della stessa idea è anche Papa Francesco, che propone soluzioni pratiche, come la creazione di corridoi umanitari per i migranti, "affinché non prevalga la disumanità. E, quindi, senza dirlo, va contro Salvini quando rende la legge disumana".

Padre Sorge, su Twitter, aveva scritto diversi post contro Salvini, affermando che chi chiede alla Madonna di benedire i porti chiusi, bestemmia.

E condanna l'uso dei simboli sacri da parte dei politici, che spesso invocano i Santi per "farsi giustizia da soli": "È una bestemmia".

Alberto Pento
Questo è un parassita (tra quelli che vivono estorcendoci l'8xmille con la violenza coercitiva dello stato), idolatra fanatico e disumano, verbalmente un criminale.
La disumanità criminale è quella di chi ci vuole stuprare/violentare, imponendoci l'accoglienza indiscriminata contro la nostra volontà e a nostre spese riducendoci in schiavitù.



SHOAH E MIGRANTI: PERCHÉ ASSIMILARE DUE TRAGEDIE DIFFERENTI INDEBOLISCE LA CONOSCENZA
di Maurizio Molinari
Progetto Dreyfus
La Stampa Lettere al Direttore, 2 Febbraio 2019

https://www.facebook.com/ProgettoDreyfu ... 7937526888


Caro Direttore,

il livello di scontro verbale fra leader ed esponenti politici tende a crescere in maniera vertiginosa. Gli insulti sono divenuti moneta corrente, le fake news dilagano, sembra nessuno badi più a nulla altro che offendere la controparte. Adoperando ogni argomento e termine come una clava. C’è un rimedio a tutto questo o dobbiamo rassegnarci alla degenerazione del linguaggio pubblico?

Il rimedio è restituire alle parole il loro valore, dare importanza ai contenuti e rifiutare le generalizzazioni. C’è un esempio che lo riassume e dimostra in maniera cristallina. Viene dalla recente celebrazione della Giornata della Memoria in cui si ricorda lo sterminio di sei milioni di ebrei da parte dei nazifascisti nella Seconda guerra mondiale. Nel nostro Paese più celebrazioni, commenti e dichiarazioni in merito hanno sovrapposto la Shoah al dramma dei migranti.

Si tratta di un errore perché due tragedie, in quanto tali, non sono mai assimilabili.

Sovrapporre le persecuzioni naziste all’esodo dei migranti crea una confusione storica che non contribuisce a conoscere meglio nessuna delle due tragedie. La decisione di Adolf Hitler di adoperare l’intera macchina bellica e industriale tedesca per eliminare tutti gli appartenenti al popolo ebraico - senza eccezione - andandoli a prendere nelle loro case per ridurli in cenere è un orrore senza paragoni possibili nella Storia dell’umanità. Così come la fuga dei migranti da povertà, fame e violenze verso il Nord del Pianeta è un fenomeno epocale che dobbiamo comprendere, affrontare e risolvere perché appartiene alle nostre vite.

Ma i due eventi non devono essere confusi o assimilati perché ciò non facilita ma complica la comprensione della loro specificità. Non c’è alcun dubbio che eventi storici diversi possono avere caratteristiche comuni: l’odio razziale contro gli ebrei e l’ostilità viscerale verso i migranti hanno in comune l’intolleranza per le diversità così come la scelta di più Paesi di chiudersi ai migranti evoca la conferenza di Evian del 1938 che vide la comunità internazionale dell’epoca decidere di non soccorrere gli ebrei in fuga dalla Germania nazista. È tuttavia un grave errore confondere singoli aspetti simili di queste grandi tragedie con una equiparazione o sovrapposizione totale perché ciò porta a considerare la Storia come una sorta di minestrone dove tutto si mischia e nulla alla fine conta. Con il risultato di nuocere alla conoscenza, banalizzare la Shoah e non dedicare la necessaria attenzione al dramma dei migranti. La forza di una nazione nasce dalla capacità di ricordare, conoscere e trasmettere ogni singolo evento della propria Storia nella sua peculiare specificità. La ricetta contraria porta alla cancellazione della memoria collettiva. Rendendo tutti più deboli.


Alberto Pento
Gino Quarelo

Cit.: "Non c’è alcun dubbio che eventi storici diversi possono avere caratteristiche comuni: l’odio razziale contro gli ebrei e l’ostilità viscerale verso i migranti hanno in comune l’intolleranza per le diversità così come la scelta di più Paesi di chiudersi ai migranti evoca la conferenza di Evian del 1938 che vide la comunità internazionale dell’epoca decidere di non soccorrere gli ebrei in fuga dalla Germania nazista."

Queste considerazioni dell'autore sono del tutto false e fuorvianti.
Non vi è alcuna intolleranza verso la diversità assimilabile all'odio razziale e la chiusura all'invasione scriteriata e indiscriminata dei clandestini non c'entra nulla con il rifiuto di accogliere gli ebrei in fuga dalla Germania nazista.
Sono accostamenti, deduzioni e considerazioni che falsificano la realtà e servono in modo fraudolento e intollerabilmente infido unicamente a demonizzare chi sensatamente, naturalmente e umanamente difende i confini del suo paese, della sua parte di Mondo, la sua sicurezza, i suoi beni, i suoi sacrosanti diritti, la sua vita, la sua libertà e sovranità civile e politica a decidere quando, perché e chi, può entrare nella sua casa e nel suo paese.
Non sta certo ad altri deciderlo trasformando la migrazione, l'invasione, la clandestinità in una forzatura violenta che ha strettissime analogie con la violenza sociale dei matrimoni forzati delle bambine, con la violenza brutale dello stupro, divenendo essa uno strupro collettivo, di massa, etnico che viola i diritti umani universali, naturali, civili e politici delle persone, dei popoli, dei cittadini e delle nazioni.
Io credo che se da qualche parte vi è una qualche analogia o somiglianza tra i nazisti hitleriani e la Shoà del passato con i fatti dell'attualità questa la si possa trovare nei ragionamenti e nelle politiche sinistre che violano i diritti umani dei cittadini e dei nativi europei esemplificati dall'autore di questa lettera.



Rashida Tlaib paragona il boicottaggio di Israele al boicottaggio della Germania nazista, e altre storie…
2019/07/26

https://osservatorerepubblicano.com/201 ... J7tA96m6MQ

Lo scorso Martedì la Camera dei rappresentanti ha votato sul BDS, una risoluzione che condanna qualsiasi campagna di boicottaggio contro lo stato di Israele. La risoluzione è passata con una maggioranza schiacciante: 398 voti favorevoli contro 17 contrari.

Tra i voti contrari, che vedono anche quello del rappresentante repubblicano del Kentucky Thomas Massie (unico esponente del GOP ad aver votato contro la risoluzione, ovviamente non potevano mancare quelli di: Alexandria Ocasio- Cortez (D-New York), Ilhan Omar (D- Minnesota) e ovviamente quello di Rashida Tlaib (D- Michigan).

A colpire l’opinione pubblica sono state proprio le motivazioni portate dalla Tlaib, che ha difeso il boicottaggio dello stato ebraico, paragonandolo al “boicottaggio” (?) degli Stati Uniti nei confronti della Germania nazista.

Gli americani hanno boicottato la Germania nazista in risposta alla disumanizzazione, alla prigione e al genocidio del popolo ebraico.

Ha detto Martedì motivando la propria scelta. Nel corso del suo discorso – che deve aver mandato in autocombustione almeno mezzo milione di libri di storia – la rappresentante del Minnesota si è cimentata in altri arditissimi paragoni – uno più azzeccato dell’altro.

Il diritto al boicottaggio è profondamente radicato nel tessuto del nostro paese. Cos’è stato il Boston Tea Party se non un boicottaggio? Dove saremmo ora senza il boicottaggio guidato dagli attivisti per i diritti civili negli anni ’50 e ’60 come il boicottaggio degli autobus Montgomery e il boicottaggio dell’uva United Farm Workers?

In poche parole, la Tlaib, oltre ad aver dichiarato la volontà, di alcuni, di affossare l’economia dell’unica democrazia occidentale in medioriente, che ha la sola colpa di voler esistere e di volersi difendere da vicini particolarmente bellicosi, ha paragonato il “boicottaggio”, che vuol fare, alle seguenti cose:

Al Boston Tea Party, ma che altro non fu una protesta contro i dazi che il Regno Unito imponeva alle tredici colonie americane, le quali (tra le altre cose) erano anche stufe, giustamente, di pagare le tasse a sua maestà Re Giorgio III senza ricevere nemmeno uno straccio di rappresentanza parlamentare.

Alle proteste per i diritti civili dei neri, un movimento che non ha avuto solo boy scout al suo interno. Infatti, assieme a Martin Luther King – che effettivamente si batteva affinché bianchi e neri potessero vivere insieme e con gli stessi diritti – si trovavano anche personaggi come Malcolm X, la Nation of Islam e le Black Panther. Movimenti suprematisti neri che – oltre ad essere pervasi da un vomitevole antisemitismo – predicavano a loro volta la separazione tra neri e bianchi. Basti pensare che la Nation of Islam invitò ad una riunione una delegazione dell’American Nazy Party per discutere di un progetto che vedeva la creazione di stati solo per neri e di stati solo per bianchi.

I deliri non finiscono qui. La Tlaib, in quanto figlia di “immigrati palestinesi” non sopporterebbe alcuna restrizione al diritto di “boicottare le politiche razziste del governo e dello stato di Israele“.

Negli anni ’80, molti di noi in questo stesso corpo boicottarono beni sudafricani nella lotta contro l’apartheid. Il nostro diritto alla libertà di parola è minacciato da questa risoluzione. Stabilisce un precedente pericoloso perché tenta di delegittimare il discorso politico di un determinato popolo e di inviare un messaggio che il nostro governo può agire e agirà contro ogni discorso che non gli piace.

Il discorso non fa piega. Si paragona la segregazione razziale in Sud Africa, situazione oggi ribaltata e con risvolti ancora più drammatici, alla realtà di un paese dove musulmani, ebrei e cristiani godono degli stessi diritti; dove musulmani, ebrei e cristiani lavorano assieme; dove nell’IDF (l’esercito di difesa israeliano) servono anche soldati arabi di fede musulmana; dove, paese unico nel Medio oriente, si può organizzare un gay pride senza che intervengano le forze dell’ordine a disperdere i manifestanti.

Non solo, questo discorso trascura tranquillamente uno dei pilastri della democrazia americana: quello di bilanciamento delle libertà. Vale a dire che “la mia libertà finisce dove inizia quella di un altro”. La libertà di dire tutto ciò che ci passa per la testa finisce nel momento in cui le nostre parole possono ledere qualcun’altro o, in questo caso, avere gravi conseguenze sull’economia di un Paese amico.

Torniamo al paragone iniziale: boicottaggio di Israele = boicottaggio degli Stati Uniti ai danni della Germania nazista. Premettendo che gli Stati Uniti scesero direttamente in guerra contro il Terzo Reich, e non passarono nemmeno per il “boicottaggio”, e lo fecero sicuramente anche per interessi geopolitici (un po’ di sano realismo non fa mai male) ma restituirono la libertà a gran parte dell’Europa e della regione Pacifica, cadute sotto le mire imperialistiche ed espansionistiche della Germania hitleriana e dell’Impero nipponico. Occorre dire anche che, mentre gli ebrei combatterono sempre al fianco degli Alleati anglo-americani, fu proprio la popolazione arabo-palestinese a combattere nell’Asse, grazie al contributo del muftì Amin al- Husseini che facilitò il reclutamento di soldati arabi-musulmani nelle Waffen-SS. Famosa una sua foto in bianco e nero che lo ritrae in visita alle Waffen-SS bosniache-musulmane.

Ma il paragone non è nuovo all’interno del fronte democrat. Il BDS, infatti, nasce in risposta ad una risoluzione introdotta dalla rappresentante democratica del Minnesota, Ilhan Omar, per rafforzare il “diritto” a boicottare lo stato di Israele.

Gli americani di coscienza hanno una storia orgogliosa di partecipazione ai boicottaggi per difendere i diritti umani all’estero, tra cui boicottare la Germania nazista dal marzo 1933 all’ottobre 1941 in risposta alla disumanizzazione del popolo ebraico in vista dell’Olocausto.

Ha affermato la Omar, introducendo la risoluzione.

Oggi più che mai quello dell’asino sembra un simbolo azzeccatissimo per i democrats.




SENZA SE E SENZA MA
Niram Ferretti
11 settembre 2019

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il buongiorno si vede dal mattino, e il mattino comincia su "La Repubblica" con la perorazione del proimmigrazionista Gad Lerner, uno dei fautori della ripugnante equazione ebrei morti durante la Shoah=migranti morti in mare. Cosa ci dice l'ex militante di Lotta Continua che ha lasciato il PD quando Marco Minniti era Ministro degli Interni perché era troppo severo con gli sbarchi?

"Anche quando si trattò di abrogare le leggi razziali del regime fascista ci fu chi raccomandò gradualità e prudenza sostenendo che vi fossero buoni contenuti da salvaguardare. Lo tenga a mente Giuseppe Conte che ieri al Senato ha ottenuto la fiducia definitiva del Parlamento per un governo di svolta: non gli basterà un generico elogio della mitezza per contrastare il clima d'odio codificato anche nei decreti sicurezza da lui precedentemente sottoscritti".

Un altro infame paragone caro a Lerner, i decreti sicurezza sono come le leggi razziali. Esattamente il paragone che fecero i ragazzi dell'Istituto Tecnico Industriale Vittorio Emanuele III, il Giorno della Memoria, producono delle slide sotto la supervisione dell'insegnante Rosa Maria Dell'Aria.

Nelle slide il decreto sicurezza promosso da Salvini venne paragonato alle leggi razziali fasciste del 1938 contro i cittadini ebrei italiani e di seguito, l'incontro di Innsbruck del 2018, durante il quale Salvini specificava la quota dei migranti da accogliere in Italia, con la Conferenza di Evian del 1939 in cui, a seguito delle Leggi di Norimberga si doveva trovare una soluzione per i profughi ebrei dalla Germania.

Lerner ci insegna che il fascismo, anzi il nazismo è tornato sotto forma del leghismo marcato Salvini, così come, ieri al Senato la senatrice Liliana Segre, strumentalizzata a più non posso, ci ha detto che finalmente il pericolo è scampato. Quale pericolo senatrice Segre? Ce lo spieghi, con rispetto per la sua tragica storia famigliare, quale pericolo?

Intanto il Segretario del PD, Zingaretti, un altro che un giorno sì e un giorno no ci parlava di "emergenza democratica", il refrain abituale della sinistra tutte le volte che al governo c'è qualcuno di destra, dichiara che la Ocean Viking sulla quale ci sono 84 migranti "Deve sbarcare senza sì e senza ma".

Sono gli splendori abbaglianti del nuovogiorno che squarciano la tenebra.



Migranti, politicamente corretto, ipocrisia: il caso di Mentana
Commento di Deborah Fait
Informazione Corretta
02.10.2019

http://www.informazionecorretta.com/mai ... qAnLbMCQdQ

Le ultime novità di questo povero paese, intendo l'Italia, è il cibo dell'accoglienza, cioè d'ora in poi bisognerà mangiare solo cibo che non disturbi la sensibilità dei musulmani, dei figli di Allah come li chiamava Oriana Fallaci. A Bologna l'ordine è arrivato dalla Curia, alla festa di San Petronio che si terrà venerdì prossimo, verrà offerta una versione pork-free dei tortellini, solo carne di pollo, bandito il tradizionale tortellino con la carne di maiale. Chi vorrà rispettare le tradizioni e anche il gusto dei bolognesi verrà probabilmente ghettizzato per non contaminare il pollo. Ormai non c'è più limite all'assassinio della cultura e delle tradizioni occidentali, tutto viene islamizzato e lo stanno facendo anche in gran fretta. Via i crocefissi dalle scuole, in memoria di quel Adel Smith che li aveva gettati fuori dalle finestre dell'ospedale dove era ricoverata la madre perché quel piccolo Gesù in croce la disturbava. Si vuole eliminare lo studio della Divina Commedia nelle scuole perché qualche idiota ha accusato Dante di essere islamofobo e di nominare troppo spesso la Vergine Maria. Anche questo potrebbe turbare gli studenti islamici. Per me questi giorni sono stati particolarmente motivo di nervosismo.

Enrico Mentana
Domenica noi ebrei abbiamo iniziato i festeggiamenti per l'anno nuovo, Rosh haShanà. Una data importante e gli ebrei italiani anche se non sono tanti, comunque sono cittadini fedeli della penisola dall'epoca di Gesù e anche prima. Il presidente Mattarella, il primo ministro Conte, Salvini hanno fatto gli auguri alla Comunità ebraica. Tutti i capi di stato occidentali hanno mandato gli auguri a Israele. Avete sentito gli auguri del Papa almeno agli ebrei italiani? Io no! L'ho sentito invece sperticarsi in auguri per i musulmani ad ogni Ramadan. Non è che gli auguri del Papa mi interessassero particolarmente ma l'ho ritenuto un segno di grande maleducazione e di ostilità, un sentimento che Bergoglio non si preoccupa più nemmeno di nascondere, ci odia e basta. Il secondo motivo di nervosismo è stato quell'orrore depositato in Piazza San Pietro in onore dei migranti.

Lo hanno messo a San Pietro, capite? A due passi dal Vaticano che non ha accolto nemmeno mezzo migrante. Ci vuole una bella faccia di bronzo. Un monumento davvero osceno in cui l'autore canadese ha messo persino un ebreo, tanto per fare la solita schifosa equiparazione tra ebrei (deportati nei forni crematori) e i migranti belli palestrati muniti di cellulare di ultima generazione . Una schifezza unica, un'offesa per gli occhi messa proprio là, davanti alle colonne del Bernini che si rivolterà nella tomba! A compimento di questi tre giorni di rabbia per l'idiozia incredibile di chi governa e di chi ha in mano l'educazione dei giovani, ecco che arriva Enrico Mentana commentando da par suo, nei suoi 100 secondi alla radio, la storia dei tortellini dell'accoglienza. Lo fa con queste parole: "Niente maiale per rispetto a tutti gli altri. (altri chi? Uno si chiede, e Mentana glielo spiega) "per rispetto a due delle tre grandi religioni, quella ebraica e quella musulmana". E qui non c'ho visto più, mi sono venuti i crampi allo stomaco. Mentana mente sapendo di mentire e non riesco a capire con quale coraggio sia arrivato a nominare la religione ebraica! Gli ebrei, come dicevo, sono in Italia da più di 2000 anni e mai nessuno si è sognato di fare o non fare qualcosa per non urtare i loro sentimenti e le loro tradizioni religiose. Prima dell'invasione islamica dell'Europa nessuno aveva pensato di levare il maiale dalle mense scolastiche per rispetto agli ebrei o di evitare di fare il presepio per le strade a Natale, o di non far arrivare San Nicolò nelle scuole materne. Ma soprattutto gli ebrei non lo hanno mai chiesto, non hanno mai protestato per il crocefisso, non hanno mai preteso mense di solo carne di pollo. Chi non voleva mangiare carne non kasher si portava il panino da casa, la scuola se ne fregava altamente! Non vi sta bene qualcosa, ebrei? Attaccatevi al tram! L'ipocrisia di Enrico Mentana è semplicemente vergognosa, è stato capace di inventarsi una sensibilità inesistente verso il mondo ebraico, complice di tutti quelli che da anni si calano le brache dinnanzi alla prepotenza musulmana. L'Italia è distrutta, ormai nessuno parla d'altro che di islam, di maiali, di croci, di non offenderli, di non disturbarli, Dio ne guardi che si arrabbiassero. C'è una cosa che non capisco, gli ebrei non hanno mai creato problemi, non hanno mai preteso niente, non hanno mai protestato eppure tutti li odiano. Com'è sta storia?



Paragoni improponibili: la mistificazione e le omissioni di Repubblica
Niram Ferretti
20 ottobre 2019

https://www.progettodreyfus.com/repubbl ... nmBDH1djyg

Come scrivere la storia inserendo la mistificazione e la distorsione nel tessuto degli eventi, creando paralleli improponibili. È ciò che fa il giornalista di Repubblica, Gianluca Di Feo rievocando in un articolo del 19 Ottobre scorso dal titolo “I curdi e la lezione di Sabra e Chatila”, il massacro omonimo per mano dei falangisti libanesi occorso durante la prima guerra del Libano del 1982, e accostandolo in modo totalmente improprio e tendenzioso all’offensiva turca nei confronti dei curdi avvenuta in questi giorni in Siria.

Il copione è identico, in maniera agghiacciante. Una nazione potente che invade all’improvviso un altro Paese piegato dalla guerra civile, ma solo per colpire una comunità precisa. Aerei che bombardano le città e carri armati che avanzano inarrestabili. Poi la tregua. I combattenti sconfitti consegnano le armi pesanti e vanno via. Con la garanzia americana che la popolazione sarà protetta.

L’avevano chiamata operazione “Pace in Galilea”, così come quella di oggi è stata battezzata “Fonte di pace”. Il 6 giugno 1982, mentre si giocavano i Mondiali di Spagna, l’esercito israeliano irrompe in Libano. Obiettivo dichiarato: creare una fascia di sicurezza sul confine, per impedire gli attacchi terroristici. Lo stesso che oggi viene ripetuto da Ankara: “Cacciare i terroristi lontano dalla frontiera”. Allora erano palestinesi, ora curdi.

Ed ecco, già qui, il primo raffronto fraudolento tra i curdi operativi in Siria e membri del YPG (Unione di Protezione del Popolo), il braccio siriano dell’PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e i “miliziani” dell’OLP guidati da Arafat.

Di Feo si guarda bene dallo specificare la differenza sostanziale tra operativi palestinesi dell’OLP e membri del YPG, e di cosa stessero facendo i primi nel paese in cui si trovavano, il Libano, perché, se lo facesse, dovrebbe raccontare la parabola di Arafat e dei suoi seguaci prima dell’operazione Pace in Galilea.

Dovrebbe ricordare una lunga storia di terrore e sedizione, di come, quando l’OLP, “I palestinesi” si trovavano in Siria nel 1966, cercarono di rovesciare il regime attraverso la sovversione e il terrorismo e furono costretti ad abbandonare il paese. Dovrebbe ricordare quando, cacciati dalla Siria e trasferitosi in Giordania tra il 1968 e il 1970 la usarono come principale piattaforma terroristica per attaccare Israele e di come, anche qui, nel 1970, si sentirono abbastanza forti per cercare di rovesciare il regime hashemita. La guerra civile che ne seguì li costrinse a fuggire. E qui giungiamo al Libano, dove, riprodussero lo stesso schema.

Nel 1975 si sentirono abbastanza forti per cercare di rovesciare il governo centrale di Beirut. A questo punto, Beirut per contrastare i “palestinesi”, ovvero i terroristi dell’OLP (definiti tali già dai siriani e dai giordani), dovettero ricorrere in aiuto alla Siria che occupò militarmente il Libano per fronteggiare l’emergenza.

Di Feo dovrebbe ricordare anche come l’OLP avesse creato in Libano uno Stato nello stato e fosse uno degli attori principali della guerra civile all’interno del paese e dovrebbe, di seguito, visto che si parla di massacri, rendere giusta memoria alle azioni gloriose dei “palestinesi”, come quelle avvenute a Damour il 20 gennaio del 1975 quando l’OLP macellò 584 civili e poi si diede al saccheggio del cimitero cristiano, esumando le bare e sparpagliando i cadaveri e gli scheletri in giro, per poi collocare un ritratto di Arafat armato sull’altare della chiesa.

Dovrebbe ricordare quello che accadde il 12 agosto del 1976 a Tel al-Zaatar quando la città venne sottoposta a un’orgia di stupri, mutilazioni e omicidi e dove vennero massacrati tra i 2000 e i 3000 civili. Di questo orrore abbiamo la diretta testimonianza di John Bulloch, corrispondente sul posto del The Daily Telegraph e certamente non di un amico di Israele, un altro celebre corrispondente inglese, Robert Frisk.

Dovrebbe ricordare di come Arafat, durante l’assedio alla parte occidentale di Beirut nel 1982, dove aveva creato una infrastruttura terroristica per attaccare la popolazione israeliana tramite il lancio di missili, avesse applicato la tecnica che anni dopo Hamas avrebbe fatto propria, collocando le postazioni militari vicino a ospedali, moschee, centri abitati.

Dovrebbe infine ricordare di come Israele venne costretto a invadere il Libano perché l’organizzazione terroristica di Arafat costituiva una minaccia concreta per la sicurezza dello Stato ebraico. Ma tutto ciò è, ovviamente, omesso. Ciò che il giornalista ricorda di Arafat e dei “palestinesi” è questa commovente fotografia:

I guerriglieri dell’Olp lasceranno il Libano, sotto la protezione di una forza internazionale a guida americana. Partono in più di 14 mila. I filmati ingialliti mostrano Yasser Arafat che si imbarca, alzando un ramoscello di ulivo come fosse un segno di vittoria.

Il ramoscello di ulivo alzato da un signore della guerra conclamato, e i guerriglieri dell’OLP, responsabili di stupri, mutilazioni, massacri, che se ne vanno come se fossero degli inermi, degli innocenti, costretti ad abbandonare il paese da una forza proterva e soverchiante.

I curdi, in Siria, non hanno neanche lontanamente fatto ciò che fecero i palestinesi in Libano dal 1975 al 1982, destabilizzato il paese per sette lunghi anni, massacrando una parte della sua popolazione, cercato di rovesciare il suo legittimo governo, e creando una struttura militare atta a colpire Israele a soli pochi chilometri di distanza.

I curdi si sono alleati con gli americani per sconfiggere l’ISIS, e la Turchia non è intervenuta in Siria come Israele intervenne in Libano, per rimettere ordine nel paese ed eliminarvi chi, dal 1964 aveva fatto della eliminazione dell’”entità sionista” la propria ragione d’essere. La Turchia è intervenuta pretestuosamente (i curdi in Siria non rappresentano alcuna minaccia immediata o diretta alla sicurezza turca) per impedire il consolidamento di una realtà curda in una regione non limitrofa, così come ha già fatto al proprio interno e in Iraq.

Ma Di Feo non è soddisfatto dal parallelo, deve, evocare Sabra e Chatila. I falangisti libanesi che massacrarono i rifugiati palestinesi nel campo mentre gli israeliani non impedirono il massacro, starebbero ai turchi a cui gli americani hanno dato il via libera per l’invasione nel nordest della Siria.

Paragone farraginoso e oscenamente sbilanciato. Gli israeliani non diedero nessun via libera ai falangisti libanesi di massacrare i palestinesi nel campo di Sabra e Chatila.

Fu una grave negligenza e una sottovalutazione del comando militare israeliano, così come stabilito dalla Commissione Khan, non considerare la sete di vendetta dei falangisti libanesi. L’Amministrazione Trump ha dato il via libera all’operazione militare turca, lasciando intenzionalmente i curdi esposti all’offensiva delle truppe. Differenza sostanziale.

La realtà dei fatti, la sua ragione d’essere, la profonda diversità dei contesti, delle situazioni, degli attori in scena, viene rimossa al fine di potere creare un parallelo improponibile, di trovare il modo di fare dei terroristi dell’OLP gli omologhi dei combattenti curdi al fianco degli Stati Uniti e delle vittime innocenti della furia falangista gli omologhi delle eventuali vittime della violenza turca, (“In Siria domani potrebbe succedere la stessa cosa, scrive il giornalista). Eventuali, sì, perché non c’è stato fortunatamente alcun massacro dei curdi da parte turca.

Su una pura eventualità si tira in ballo retrospettivamente Israele, convocandolo sul banco degli imputati in correo con gli Stati Uniti, per un massacro di cui non è stato direttamente responsabile, in rapporto a un massacro non avvenuto. Analogamente, si associano i terroristi dell’OLP che sventrarono un paese e furono cacciati precedentemente da altri due, ai combattenti turchi che hanno valorosamente combattuto contro l’ISIS.

È questo il risultato della mistificazione, degli accostamenti improponibili, che travisando la realtà dei fatti li piegano del tutto alla strumentalizzazione più grossolana.




Germania, la tv ha paragonato gli ebrei in fuga dal nazismo ai profughi
Federico Giuliani - Gio, 24/10/2019

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ger ... BdPvt28QvE

La tv pubblica tedesca ha rievocato l'episodio storico della nave St. Louis, paragonando gli ebrei in fuga dal nazismo ai profughi che oggi attraversano il Mediterraneo

Nel corso di una ricostruzione storica la televisione pubblica tedesca ha paragonato gli ebrei in fuga dal nazismo ai profughi che attraversano il Mediterraneo.

Lunedì scorso l'Ard, cioè il primo canale televisivo della Germania, ha mandato in onda un Dokudrama, cioè un mix tra documentario e sceneggiato con attori in carne e ossa, riguardante un episodio risalente al 1939.

Il film, intitolato "Die Ungewollten" (Gli indesiderati), ripercorre la vicenda della crociera St. Louis, un transatlantico che salpò da Amburgo per trasportare a Cuba 939 ebrei in fuga da Adolf Hitler. L'imbarcazione partì dalla Germania il 13 maggio, a pochi mesi dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

I passeggeri – ricorda il quotidiano Italia Oggi - hanno pagato una fortuna per l'epoca, solo 150 dollari per ottenere il visto per L'Avana, dove pensano di dover transitare in attesa di sbarcare negli Stati Uniti. Eppure Cuba rifiuta lo sbarco perché quei visti non sarebbero validi.

Il St. Louis, respinto dall'isola dei Caraibi, ha di fronte a sé due strade: tornare in Germania, condannato praticamente a morte l'equipaggio, oppure fare rotta direttamente verso gli Stati Uniti. Il capitano della nave opta per la seconda opzione e si dirige a Miami.


Un paragone azzardato

Qui l'imbarcazione si trova davanti a un muro, perché il presidente americano Roosevelt non intende accogliere gli ebrei. È periodo di elezioni: il popolo statunitense è in subbuglio, non vuole accogliere stranieri e la disoccupazione sale. Oltre agli Stati Uniti, il St. Louis si vede chiudere le porte in faccia anche dal Canada.

A bordo la situazione è critica. Un passeggero si uccide, altri minacciano di fare lo stesso disperato gesto. Alla fine la nave troverà un porto sicuro ad Anversa. Il 17 giugno arriva l'agognato sbarco, e quindi la ridistribuzione dei migranti tra Belgio, Gran Bretagna, Olanda e Francia. Un terzo di loro troverà la morte per mano dei nazisti nel corso della guerra.

Questi sono i fatti storici. L'Ard ha ricostruito esattamente quanto avvenuto 80 anni fa ma si è spinta a fare un paragone a dir poco azzardato con la situazione migratoria attuale. Accostare gli ebrei ai profughi odierni è quanto mai disonesto e irrispettoso.







Smettiamola di paragonare la Shoah al razzismo contro i migranti
Sofia Ventura
18 febbraio 2019

http://espresso.repubblica.it/plus/arti ... 76GafoXrbw


Maestra di vita per Cicerone e quindici secoli dopo per il fiorentino Niccolò Machiavelli, la Storia può davvero fornire degli insegnamenti? Questa è spesso la pretesa, o la speranza, di chi si dedica alla ricostruzione, all’insegnamento, alla divulgazione delle grandi tragedie della storia recente, dei genocidi, della Shoah.

Perché non accada mai più.

La “Documentation Française” ha da poco pubblicato (dicembre 2018) il rapporto finale della “Missione di studio in Francia sulla ricerca e l’insegnamento dei genocidi e dei crimini di massa”, commissionato nel maggio 2016 dal ministero dell’Educazione nazionale e consegnato nel febbraio 2018. Si tratta di un lavoro di impressionante profondità e estensione, realizzato da sessantacinque ricercatori di quindici diverse nazionalità, che risponde oltre che agli imperativi della conoscenza e della ricerca, anche a quelli della divulgazione, della diffusione e dell’insegnamento. «Dobbiamo aspettarci dalla conoscenza», si legge nella lettera ministeriale del 2016 che dà vita alla missione, «l’emergere di una coscienza e di una responsabilità tanto individuali quanto collettive di fronte alla disumanità?». Possiamo aspettarcelo?

La risposta non è scontata, tanto più se osserviamo il presentismo nel quale ormai sono scivolate e continuano a scivolare le generazioni che hanno cominciato a diventare adulte a partire dalla fine degli anni Novanta, come scriveva Eric Hobsbawm nel suo “Il secolo breve”: «La distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono l’esperienza dei contemporanei a quella delle generazioni precedenti, è uno dei fenomeni più tipici e insieme più strani degli ultimi anni del Novecento. La maggior parte dei giovani alla fine del secolo è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono».

Memoria e divulgazione sono, anche per questo, diventate preoccupazione crescente man mano che l’evento tragico che più ha segnato la storia contemporanea del nostro continente, la distruzione degli ebrei d’Europa, ha cominciato ad allontanarsi nel tempo e i testimoni diretti sono divenuti sempre meno. Tanto che nel 2005 le Nazioni Unite proclamano il 27 gennaio, giorno in cui, era il 1945, le truppe sovietiche giungono ad Auschwitz, Giorno della memoria. L’Italia lo aveva fatto cinque anni prima, nel 2000. Due settimane fa le reti pubbliche e private italiane, in occasione di quella ricorrenza, hanno dato ampio spazio al ricordo, attraverso la trasmissione di film, docu-fiction, documentari. Alcune giornate, in particolare sulle reti Rai, in cui la Shoah è stata al centro dei palinsesti. Tanto materiale, di qualità variabile, presentato all’eterogeneo pubblico televisivo. Che certo ha costituito per molti l’occasione di conoscere, sapere di più. Magari, per i più giovani, di scoprire.


Tuttavia. Tuttavia la Shoah è un evento di straordinaria complessità e la sua comprensione tutt’altro che banale. E le diverse forme attraverso le quali quell’evento è fatto conoscere sono in grado di raggiungere non solo diversi livelli di profondità, ma possono esprimere al tempo stesso diverse interpretazioni del fenomeno. A un pubblico che ormai comincia ad essere informato, bisognerebbe forse iniziare a proporre anche una lettura critica di come la memoria è trasmessa, innanzitutto domandandosi: la memoria di cosa? Ecco, perché non è che dopo avere visto “Schindler’s List” di Spielberg si ha la stessa idea della Shoah che si può avere dopo aver seguito le dieci ore del documentario di Claude Lanzmann “Shoah”, del 1985, frutto di un lavoro decennale, o anche i trenta minuti del film di Alain Resnais del 1955, “Nuit et Brouillard” (Notte e Nebbia), ancor meno conosciuto al grande pubblico rispetto a “Shoah”, ma che costituisce una pietra miliare della rappresentazione visiva della tragedia dello sterminio (peraltro visibile gratuitamente su vimeo.com).

“Schindler’s List” e “Shoah” nella letteratura sulla rappresentazione dell’Olocausto sono spesso contrapposti. Anche il semplice spettatore può cogliere nel primo la presenza della dimensione spettacolare hollywoodiana e degli artifici narrativi per attrarre, sorprendere ed emozionare (il cappottino rosso, le docce ove le donne entrano nude e che, contro ogni aspettativa, dopo che la scena sprofonda nel buio, irrorano acqua); nel secondo il desiderio del regista-narratore-intervistatore di compiere un viaggio alla scoperta di ciò che è stato, attraverso i luoghi, che vengono fatti parlare, e i protagonisti: vittime, carnefici (portati a testimoniare anche con l’inganno), spettatori talvolta inquietanti. Senza indulgere nella ricerca di effetti, nella sollecitazione di emozioni.

Come è stato osservato, sarebbe in realtà riduttivo, ed anche inutile, considerare queste due modalità di raccontare lo sterminio come mutualmente escludenti. Se non altro perché la prima, quella di Spielberg, ha ottenuto un successo mondiale. Tuttavia, il compito della memoria, da parte di chi produce cultura, richiede anche la consapevolezza dei rischi di banalizzazione di un tema così enorme e tragico che interpella anche la profondità della ragione, oltre che l’intensità delle emozioni. Rischi sui quali si erano, ad esempio, concentrati una serie di saggi pubblicati in un volume del 2016 a cura di Francesca R. Recchia Luciani e Claudio Vercelli, dal titolo “Pop Shoah? Immaginari del genocidio ebraico” (Melangolo). I quali avevano messo in evidenza i pericoli insiti nella trasmissione della memoria attraverso i canoni della contemporanea società dello spettacolo. Come l’edulcorazione, che circonda, ad esempio, la narrazione della vicenda di Anna Frank e la «carinizzazione» della sua figura, mai raccontata sino al tragico epilogo della morte nel campo, o la rappresentazione della Shoah come «male assoluto» che arriva a trascendere la specificità di quello sterminio come sterminio degli ebrei europei, viziando la capacità di analizzare criticamente quell’evento.

In tal senso è stata interpretata l’iconizzazione del cappottino rosso del film di Spielberg - la bambina che si muove, unica figura a colori, nel caos dello sgombero del ghetto di Varsavia per poi divenire cadavere - nel quale si identificherebbe la stessa Shoah, male assoluto che sacrifica gli innocenti, non più culmine dell’antisemitismo europeo. Un male assoluto che, come categoria interpretativa, può condurre anche alla percezione di un evento come la Shoah come qualcosa di altro da sé e che quindi non interroga la coscienza umana.

Esiste, però, una produzione filmica che ha soprattutto rappresentato un tentativo di appropriarsi di una realtà, indicibile, ma imprescindibile per la comprensione della storia del Novecento. Che non ha raggiunto un grande pubblico, in molti casi poco nota al pubblico italiano, ma che potrebbe arricchire il nostro modo di concepire la «memoria». Un modo intellettualmente più complesso e eticamente più corretto. La scomparsa del regista francese Claude Lanzmann, avvenuta nel luglio 2018, non ha molto interessato i media italiani. Eppure, come scriveva su Repubblica il 6 luglio dello scorso anno Wlodek Goldkorn: «Per chiunque voglia raccontare l’annientamento degli ebrei per mano dei nazisti, esiste un prima e un dopo quell’opera. Misurarsi con l’Olocausto non è possibile senza misurarsi appunto (sapendo di perdere il confronto) con il film “Shoah”».

Comprendere significa anche sapere collocare e comparare, cogliere le specificità di un evento e ciò che può assimilarlo, pur nelle profondissime differenze, ad altri eventi. Così, come abbiamo visto, la Shoah ha costituito l’oggetto dello studio commissionato dal governo francese sui genocidi e i crimini di massa, insieme ad altri eventi - dal genocidio perpetrato dai Khmer rossi a quello dei Tutsi in Rwanda -, nel loro insieme considerati come «fenomeni incommensurabili, che toccano il significato stesso dell’umanità».

La Shoah non può essere compresa al di fuori della plurisecolare vicenda dell’antisemitismo europeo, così come degli sviluppi tecnologici e della razionalizzazione burocratica che nel ’900 vengono messi al servizio dell’ideologia totalitaria, e non si può dimenticare come con il suo universo concentrazionario essa abbia rappresentato probabilmente il più perfezionato tentativo di trasformare esseri umani in «cose», ancorché con cuori pulsanti. La sua specificità non impedisce, però, di interrogarsi su analogie e punti di contatto con fenomeni precedenti - come lo sterminio dei contadini kulaki e l’universo concentrazionario sovietico - o successivi - come il genocidio cambogiano. In tutti questi casi, ad esempio, emerge con tutta evidenza la potenza dell’ideologia come motore di distruzione dell’uomo. In particolare laddove questa ideologia produce generalizzazioni su gruppi umani «altri» in una contrapposizione tra noi e loro dove «loro» perdono la dimensione umana.

Da un lato, dunque, lo sterminio degli ebrei d’Europa si presenta come un fenomeno complesso, storicamente (e non solo) specifico. Utilizzarlo come pietra di paragone rispetto ad altri eventi o a tragedie contemporanee non appare corretto, implica una sua banalizzazione. Proprio quella banalizzazione che è insita nella sua illustrazione attraverso i canoni dello spettacolo e alla quale si sfugge anche attraverso quelle opere citate mosse dagli imperativi della conoscenza e della comprensione, più che dalla preoccupazione di colpire il pubblico. Dall’altro lato, la Shoah ha mostrato il cammino che possono percorrere certe «idee» e il male che può venire da esse e dalla loro traduzione in atti.

Oggi la Shoah è sovente richiamata con riferimento alla tragedia dei migranti che trovano la morte nel tentativo di raggiungere l’Europa via mare, in un clima di indifferenza dei governi europei e di crescente ostilità fomentata dai movimenti populisti. O anche con riferimento al trattamento riservato ai migranti nei nostri Paesi. I due fenomeni sono radicalmente diversi: non è in atto un genocidio di un popolo o di un gruppo da parte di un governo a partire da una precisa ideologia. Non esiste l’intenzione di liberarsi di un popolo o di un gruppo considerato “nemico”.

Tuttavia, echi inquietanti, in particolare attraverso la propaganda dei partiti populisti, e in Italia della Lega in primis, sembrano riemergere da quel nostro non lontano passato, ovvero il tentativo di «disumanizzare» i migranti, costruendo su di loro generalizzazioni e luoghi comuni, facendo perdere di vista la specificità «umana» per costruire categorie di «esseri pericolosi e indesiderati». Che quindi possono essere trattati come previsto dal decreto sicurezza voluto da Matteo Salvini, con il sostegno di buona parte dell’opinione pubblica.

La Shoah fu altra cosa, ma avrebbe dovuto insegnarci il male che può derivare dal voltarsi dall’altra parte o dal lasciarsi trascinare da un senso comune che si abbevera a generalizzazioni manichee e semplicistiche che sottraggono ai nostri simili la specificità di persone per trasformarli in categorie da disprezzare o odiare. Avrebbe dovuto insegnarci, ma forse non è accaduto. La strada verso la conoscenza è ancora lunga.




Shoah: Dureghello, no banalizzazioni e non chiedeteci perdono
25 gennaio 2021

https://www.shalom.it/blog/news-in-ital ... o-b1090171


"Temo le banalizzazioni della memoria, i tentativi di attualizzare quanto accaduto al popolo ebraico attraverso accostamenti impropri. Mi preoccupa il continuo riaffiorare dei suprematismi. E credo sia giunto il momento di smettere di chiedere il perdono per interposta persona. Questo e' un atto che nell'ebraismo non e' concepibile". Lo dice Ruth Dureghello, presidente della comunita' ebraica di Roma, in una conversazione con l'AGI, alla vigilia delle celebrazioni per la Giornata della Memoria. Iniziative che quest'anno saranno diverse dal solito, a causa del Covid, ma non per questo meno intense. "La pandemia non ci ha certo impedito di continuare a lavorare, di produrre cultura, di pregare e quindi di fare memoria e trasmetterla. Tutto quello che si svolgeva in presenza, quest'anno e' passato nella forma piu' tutelante della divulgazione attraverso i canali social o le piattaforme informatiche. Senza pero' depotenziare o svilire il lavoro che si sta svolgendo e che, anzi, continua alacremente non solo nella Giornata della Memoria ma tutto l'anno. Il calendario delle iniziative e' denso - spiega Dureghello - fra quelle con l'Archivio, il Museo, il Centro di Cultura. E poi c'è una mia chiacchierata, bellissima, con l'ultimo sopravvissuto di Roma: Sami Modiano. È una 'passeggiata' nel suo percorso umano, una delle cose più belle che ho fatto nella mia vita".

La conversazione con Sami Modiano, "sara' pubblicata sui social delle comunita' e destinata ai ragazzi, perche' quest'anno, per motivi contingenti, Sami non poteva certo andare nelle scuole. Abbiamo quindi voluto 'storicizzare' un suo dialogo - dice ancora la presidente - e metterlo a disposizione degli studenti che abitualmente, vedevano Sami in aula magna, o seduto fra loro. Ne e' nata una chiacchierata delicata, colma di messaggi significativi e di grande speranza". Rispetto allo scorso anno anno, e' cambiato qualche atteggiamento verso la cultura della memoria? "Sono cambiate tante cose - spiega la presidente della comunita' ebraica romana - e' sotto gli occhi di tutti che la nostra societa' e i suoi valori sono stati completamente stravolti. Di positivo, c'e' che ci arrivano, ad esempio, tante sollecitazioni dalla societa' civile, soprattutto dalle scuole attive per concretizzare una riflessione sulla giornata della memoria. Ma dall'altra parte, c'e' in questo ultimo anno un riaffiorare del tema dell'antisemitismo. Con la pandemia sono riemersi pregiudizi, teorie complottiste, stereotipi sul web di natura antisemita. Ha ripreso vigore il tema dell'antisionismo, reso ancora piu' evidente e conclamato verso lo Stato di Israele e al suo diritto a esistere. E non ultimo, cosa che mi preoccupa moltissimo, c'e' la ripresa del suprematismo, come accaduto nella societa' americana, che credevamo affrontato. Il suprematismo oggi, purtroppo, suscita tanto interesse e ha tanto appeal anche nella societa' europea, non ultimo in quella italiana. I suprematismi sono un pericolo, inutile negarlo, un pericolo reale. E in una societa' sofferente che vive un disagio, il modello di idolatria che il suprematismo crea puo' essere uno strumento per accalappiare le coscienze dei piu' deboli o di chi soffre e diventa facilmente strumento di diffusione di odio e violenza. Si' - sottolinea Dureghello -, ci sono stati cambiamenti in un senso e nell'altro. L'importante e', pero', che non muti lo spirito con cui si affronta la Giornata della Memoria e quello con cui questa e' stata istituita dai padri fondatori".

Secondo Dureghello, "il monito che si deve fissare, e' quello di ricordare la unicita', la gravita' e la disumanita' della Shoah, affinche' questa non si ripeta. Se invece il ricordo deve diventare un pretesto per strumentalizzare, rivedere, analizzare o addirittura fare retorica ad uso della destra, sinistra, della politica in generale, allora sicuramente c'e' qualcosa che non va e occorre riportate tutto nella giusta direzione". C'e' quindi un rischio di banalizzazione della memoria? "Certo. E di questo sono molto preoccupata. Si sta distorcendo il senso originario di fare memoria - afferma - e alle volte si usa la Shoah con i suoi testimoni e modelli per rappresentare concetti politici che non hanno nulla a che vedere con la memoria ma andrebbero affrontati in modo diverso. Il problema e' anche culturale, lo sappiamo bene. Dobbiamo infatti insistere sulla cultura europea della consapevolezza, sull'educazione alla memoria. Perche', da qui a dire che abbiamo tutti maturato un processo di responsabilizzazione, introitamento e consapevolezza, ce ne corre. Quella cultura che davamo in qualche modo acquisita avendoci lavorato tanto, non e' invece cosi solida, come l'avevamo immaginata. Troppo spesso viene impoverita dall'ignoranza, nel senso del vero della parola".

E a proposito di scarsa cultura, c'e' un tema spesso mal posto ed e' quello del perdono. Molte volte ad un sopravvissuto, si chiede se e' disposto a perdonare... "Troppo spesso siamo sollecitati sul tema del perdono perche' ai piu' - spiega Dureghello - risulta difficile comprendere quello che nell'ebraismo e' un concetto fondamentale: quando vengono perpetrate delle offese, il perdono non puo' essere per delega. Io posso, nelle condizioni in cui e' possibile, operare un reciproco confronto e cercare di superare la situazione perche', e lo sottolineo, non c'e' nessun tipo di delega al perdono. Non puo' esserci. E anche questo e' un pregiudizio, perche' pensare o immaginare che il popolo ebraico debba vivere questo modello esattamente come altre culture e altre religioni, significa non riconoscere una connotazione tipica, una peculiarita' millenaria che e' quello che ci ha consentito di arrivare fino a dove siamo arrivati oggi e dove speriamo, saremo per altri millenni insieme all'umanita' intera. Culturalmente, questo concetto del perdono nell'ebraismo non c'e' e se esiste, e' frutto di un confronto fra due parti contrapposte che cercano di trovare una sintesi fra posizioni diverse. Il rapporto e il dialogo sono diretti, non puo' essere mai mediato. Noi non abbiamo assolutamente la delega per altri: sarebbe un abominio se io, per esempio, dicessi si' o no al posto di mio nonno. E' inconcepibile. Quasi fosse una colpa se non perdoniamo... Questa cosa ci mette in difficolta' perche' devo prendermi una responsabilita' per un mio parente non sopravvissuto. Non spetta a noi viventi perdonare".

Tempo fa, la presidente della comunita' ebraica di Roma ha indicato Israele come un modello nella gestione della pandemia e delle vaccinazioni: "Ho detto e ripeto che se dobbiamo guardare a modelli positivi, e Israele nel momento della pandemia e vaccinazione ha costituito un modello positivo, non vedo perche' non guardare a questo Stato e comprendere quell'esempio. A volte, anche nelle cose positive c'e' presunzione. Anche questo e' un pregiudizio. Mentre invece Israele, grazie anche a innovazione e tecnologia, ha affrontato la pandemia e puo' essere un valido strumento di confronto e miglioramento. Non vorrei ci fossero dietro le solite teorie complottiste e negazioniste che spesso si palesano. Anche questo e' uno spunto per riflettere sul tema dell'antisemitismo". (AGI)


Alberto Pento
Ha ragione solo in parte.
Io veneto, europeo, bianco ed ex cristiano, e sovranista come lo sono gli ebrei di Israele, non ho alcuna colpa di quanto capitato loro nel passato e non ho da farmi perdonare nulla da loro.
Io da cristiano e critico verso gli ebrei e Israele sono divenuto aidolo e fraternamente amico degli ebrei e di Israele che considero uno dei popoli e uno dei paesi più umani e civili della terra e che difendo contro tutti e tutto come difendo il mio diritto umano, civile e politico sovranista di veneto, italiano ed europeo.
La Dureghello che condanna la strumentalizazzione politico ideologica della Shoah, da ogni parte essa provenga, sembra non accorgersi di fare altrettanto a danno della destra poiché lei è di sinistra, confondendo il suprematismo razzista minoritario con il sovranismo che demonizza altrettanto pregiudizialmente e demenzialmente di quanto fanno i suprematisti di ogni colore della pelle, di ogni ideologia politica e religiosa con gli altro religiosi (specialmente se ebrei e cristiani) con i bianchi e con i neri.



Il suprematismo non va confuso con il sovranismo.
Tutti i suprematisti (di ogni colore, razza, etnia e ideologia politico religiosa) sono demenziali e non vanno confusi con gli uomini di buona volontà di tutta la terra che nella loro casa, nella loro terra, nel loro paese difendono i loro sacrosanti diritti umani, civili e politici, la loro vita, i loro beni, la loro dignità, la loro libertà e sovranità
L'analisi della realtà e la attribuzione delle colpe e delle responsabilità del male esistente, proprie di questi demenziali suprematisti è condizionata da abissale ignoranza e da pregiudizialità insensate e immotivate che ricalcano il modello preistorico del capro espiatorio scelto sulla base di tradizioni come quella antisemita che il buon senso e la storia hanno ampiamente dimostrato non avere alcun fondamento.
Io nel mio passato e nel passato della mia gente, lungo almeno 2000 anni, non trovo alcun episodio in cui gli ebrei ci abbiano fatto del male, anzi trovo solo comportamenti umani e civili.
Cosa che invece non trovo nei cristiani poco cristiani e in particolare nei maomettani osservanti e negli utopisti di matrice socialista come i fascisti, i nazisti e i comunisti.


Suprematismo, identitarismo/civilizzazionismo e sovranismo
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 205&t=2832


La missione democratica del sovranismo in Italia e in Europa
Daniele Scalea

https://www.centromachiavelli.com/2021/ ... ia-europa/

“Sovranista non è colui che si rifiuta di cedere sovranità, ma di cederla a organismi non controllabili democraticamente“. Sono parole di Marcello Pera, già presidente del Senato, in occasione d’un recente dibattito promosso dal Centro Studi Machiavelli.
Il Prof. Pera ricordava come l’UE, elitaria e burocratica, non possa considerarsi gestita in maniera democratica. Ne è esempio recente il caso dello scontro con Polonia e Ungheria sullo Stato di diritto: l’introduzione surrettizia, tramite reinterpretazioni ad hoc, di norme atte a imporre a Polacchi e Ungheresi valori estranei alle loro tradizioni e non graditi. Ma, ricordava Pera, anche il paradosso verificatosi a partire da luglio 2019, allorché quello stesso PD sconfitto in Italia alle elezioni si trovò a dettarci le regole stando in maggioranza all’Europarlamento (paradosso risoltosi rapidamente solo grazie al cambio d’alleanze del M5S che ha riportato il PD al potere anche in Italia).

Le considerazioni di Marcello Pera ci richiamano a quell’intima connessione che lega sovranismo e democrazia. Una connessione negata dai suoi detrattori, che riconducono falsamente il sovranismo a fascismo e nazismo, ma talvolta non messa sufficientemente in risalto nemmeno da commentatori neutrali o persino favorevoli al sovranismo, che maggiormente fanno riferimento a concetti come “Stato nazionale” e “sovranità nazionale” per spiegarlo. Concetti positivi con cui v’è senz’altro attinenza, ma che fanno apparire il sovranismo come un qualcosa di desueto e nostalgico.

Il sovranismo risponde invece a una grande emergenza della nostra epoca: il progressivo declinare della democrazia, in particolare quella di matrice liberale e rappresentativa. Un declino che va di pari passo, non a caso, con quello della cultura occidentale che ne è stata madre e nutrice. Diverse sono le cause e i segnali di ciò:

l’esautorazione del Parlamento dalla sua funzione legislativa. Sempre più norme (vincolanti o soft law) sono introdotte nell’ordinamento d’uno Stato come quello italiano sotto forma di direttive dell’Unione Europea, di risoluzioni dell’ONU o del Consiglio d’Europa, di trattati e dichiarazioni internazionali. A ciò s’aggiungono certe correnti “progressiste” della magistratura, che teorizzano e pongono in atto l’idea che il suo potere di “interpretazione” si traduca in uno di legiferazione de facto: ne sono esempi gli assertori americani della living constitution o gli abusi nostrani della “interpretazione costituzionalmente conforme”;
il venir meno dell’unità di fondo, valoriale, all’interno delle società occidentali. La logica dell’alternanza, propria delle nostre democrazie, riesce a funzionare laddove ci sia una reciproca accettazione e legittimazione tra le parti; il che, a sua volta, avviene laddove la totalità o stragrande maggioranza dei cittadini sia accomunata almeno nella visione dei fondamentali. Solo così la parte minoritaria non si sente minacciata nei suoi diritti irrinunciabili da quella maggioritaria. La nuova svolta ideologica della Sinistra, che oltre al laicismo anti-cristiano ha abbracciato un neo-comunismo non più operaista ma ancor più rivoluzionario, la allontana dalle tradizioni della civiltà occidentale, che ormai essa ripudia apertamente. Ecco perché Destra e Sinistra si scambiano accuse di “illegittimità” ogni qual volta l’altra assurga al potere. Quadro ulteriormente complicato dall’immigrazione di massa: una società multiculturale, in cui convivono enclavi con usi, costumi e tradizioni agli antipodi, è ancor meno in grado di trovare una condivisione sui diritti fondamentali e le regole inviolabili.
le tendenze monopoliste e “l’economicidio” della classe media. Emergono potentati economici sempre più concentrati, spesso più ricchi di intere nazioni, che in nome della “corporate responsibility” abbracciano agende progressiste e intervengono con pesanti ingerenze nella vita politica, censurando o boicottando le voci non allineate. Tali giganti multinazionali, che godono di privilegi fiscali da aristocrazia d’Ancien Regime, sono assieme alle frontiere aperte i principali responsabili dell’annichilimento del ceto medio, da sempre spina dorsale del repubblicanesimo democratico.

A fronte di queste pericolose tendenze esiziali per l’ordine democratico – tendenze, tutte, favorite e vezzeggiate da coloro che più amano definirsi (indegnamente) “i democratici” – tocca ai sovranisti difenderlo. Il sovranismo deve riconsegnare nelle mani dei cittadini l’esclusività del potere legislativo (cosa non incompatibile, si badi, con una necessaria riforma presidenzialista in Italia, che sanerebbe l’attuale esautorazione de facto del Parlamento a opera di esecutivi non votati direttamente dal popolo). In tema d’Europa, non si tratta di perdersi nella diatriba europeismo-euroscetticismo, poiché tra l’Italexit e gli Stati Uniti d’Europa vi sono molte soluzioni intermedie: la battaglia sovranista è, in primis, che ogni istituzione europea sia trasparente e controllabile democraticamente. Il che richiederà un dibattito, aperto e coraggioso, su come riempire il deficit democratico dell’UE con nuovi o riformati ordinamenti e istituzioni.
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Ebrei,zingari,clandestini: accostamenti immondi, impossibili

Messaggioda Berto » ven mag 31, 2019 10:46 pm

Liliana Segre è cittadina onoraria di Vicenza
23 aprile 2021

https://www.ilgiornaledivicenza.it/terr ... -1.8600650


La senatrice a vita Liliana Segre è cittadina onoraria di Vicenza. Lo ha deciso, dopo l’approvazione in Giunta, il Consiglio comunale. Un voto arrivato ieri, a pochi giorni dal 25 aprile, festa della liberazione.

L'iniziativa, partita dal centrosinistra, dal consigliere comunale Ennio Tosetto di Vinova, ha trovato l'adesione anche da parte del centrodestra e il pallottoliere lo certifica: 32 presenti, 32 favorevoli.

«Liliana Segre - ha detto il sindaco Francesco Rucco - è il simbolo di ciò che è stata la violenza degli stati totalitari e della posizione molto chiara dell’amministrazione contro ogni totalitarismo e ogni forma di fascismo. Liliana Segre porta tramite me i suoi saluti a tutti i cittadini».

Segre era stata avvisata dell'iniziativa che si stava per prendere a Vicenza ed era stata invitata a collegarsi ma, come spiega Rucco «ci è stato detto che non le sembrava opportuno intervenire con la modalità da remoto». L'invito arriva allora dal capogruppo di Fratelli d'Italia Roberto D'Amore: «Sarebbe bello che Segre venisse a Vicenza, a raccontare la sua storia».


Alberto Pento
Da sperare che difenda anche i nostri diritti umani, civili e politici di veneti, italiani, europei, bianchi e cristiani e che difenda anche quelli degli ebrei di Israele.
Da sperare che non si faccia complice dell'invasione clandestina, dei nazisti maomettani, del suprematismo nazista nero, dei social internazi comunisti, del demenziale politicamente corretto e della predazione degli zingari.
Contro ogni totalitarismo quindi non solo contro il fascismo e il nazismo ma anche contro il comunismo e il teocratismo maomettano.
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Ebrei,zingari,clandestini: accostamenti immondi, impossibili

Messaggioda Berto » sab giu 01, 2019 9:19 am

No, i migranti non sono come gli ebrei sotto il nazismo
Giulio Meotti
6 dicembre 2021

https://meotti.substack.com/p/no-i-migr ... -gli-ebrei

Qual è il modo migliore per chiudere il dibattito sull'immigrazione di massa e le sue conseguenze in Europa? Manipolando ed estremizzando il linguaggio a livelli impossibili da discutere. Questo è ciò che sta accadendo nell’assillante confronto fra le ondate di migranti che arrivano in Europa e gli ebrei durante l'Olocausto. Il filosofo francese Alain Finkielkraut, i cui genitori sono sopravvissuti all’Olocausto, l’ha definita “shoaizzazione”.

Non importa che i migranti siriani assalgano violentemente chi porta i segni ebraici a Berlino e altrove in tutta Europa. Non importa che, una volta sdoganato il paragone, persino Erdogan si accosti agli ebrei sotto il nazismo. Non importa neanche che Hitler abbia sterminato 6 milioni di ebrei europei e che oggi in Europa ci siano 87 milioni di migranti internazionali vivi e vegeti. E non importa che sette migranti su dieci, secondo le Nazioni Unite, non sono rifugiati ma migranti economici. In Italia quest’anno sono arrivati perlopiù tunisini. Non fuggono da guerre, persecuzioni, odio. Ma come ha scritto Pascal Bruckner nella Tirannia della penitenza, il paragone ha una funzione precisa, “è così che diventiamo responsabili retroattivamente degli orrori commessi dai nostri antenati o dall’umanità intera”. Come ha detto Bruckner a Le Figaro, serve a lasciarci “disarmati di fronte alla barbarie”.

Anche Papa Francesco ha fatto suo il paragone a Lesbo, parlando dell'Europa dei “lager” e citando lo scrittore sopravvissuto alla Shoah, Elie Wiesel.

La “distorsione della Shoah” diventa tema di dibattito politico quando i No Vax usano la stella di David, ma non quando quasi ogni giorno si paragonano gli immigrati agli ebrei portati nei mattatoi nazisti. Lo si fa anche negli Stati Uniti, dove la sinistra woke paragonava i centri di detenzione per migranti dal Messico ai campi di concentramento (poi è arrivato Joe Biden, i centri sono rimasti ma i paragoni sono finiti). Nessuno scandalo quando i musulmani francesi indossano la stella gialla alla marcia parigina contro l’“islamofobia” a Parigi. Ma va bene chiamare “fascista” Eric Zemmour, il saggista francese conservatore di origini ebraiche candidato alle presidenziali del prossimo anno. Il “fascista ebreo Zemmour” andava interdetto dal tenere una conferenza a Saint-Denis, il dipartimento che ha perso l'80 per cento della sua popolazione ebraica in soli venti anni a causa dell'antisemitismo proveniente dai “nuovi ebrei” (i migranti).

Franco Berardi, autore di un'opera teatrale in Germania, "Auschwitz on the Beach", ha accusato gli europei di allestire "campi di concentramento" sul suo territorio. "L'acqua salata ha sostituito lo Zyklon B" - un riferimento al gas usato dai nazisti nella Seconda guerra mondiale per sterminare gli ebrei. Dopo le proteste della comunità ebraica, lo spettacolo è stato annullato.

Se i migranti sono come gli ebrei rastrellati dai nazisti, in questa storia ci sono soltanto “angeli” che li salvano e “demoni” che collaborano. “L'adozione della parola ‘migranti’ come se fosse un’evidenza, quando invece dovevano essere utilizzate le parole ‘rifugiati’ o ‘clandestini’ perché appartengono al registro del politico, mentre la parola ‘migrante’ appartiene al registro dell’umanitario, implica un dovere di accoglienza e suggerisce, in sordina, un diritto di credito verso la Francia, zavorrata da un tale senso di colpa che potrebbe redimersi soltanto con l’apertura delle frontiere ai rifugiati di tutto il mondo”, ha spiegato al settimanale Valeurs Actuelles Georges Bensoussan, storico e saggista francese di vaglia e di origini ebraiche, già direttore editoriale del Mémorial de la Shoah di Parigi, trascinato in tribunale per aver denunciato l'antisemitismo islamico nelle banlieue.

L'attuale travisamento è stato formulato per la prima volta dal vice primo ministro svedese, Asa Romson. "Stiamo trasformando il Mediterraneo nella nuova Auschwitz", ha detto. Da allora, il paragone è entrato nel mainstream europeo e la morte di sei milioni di ebrei è stata trasformata in una piattaforma ideologica e in una banale parabola della sofferenza umana per giustificare l’apertura delle frontiere ai migranti.

Un tribunale italiano ha persino condannato il governo a risarcire il comune di Bari per "danni all'immagine della cittadina" causati dalla presenza di un centro di identificazione dei migranti. "Pensate ad Auschwitz, un luogo che ricorda immediatamente il campo di concentramento dell'Olocausto e non certo la cittadina polacca nelle vicinanze", ha detto il magistrato. Secondo la magistratura, un centro per migranti deturpa il territorio italiano proprio come il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau.

Un titolo del quotidiano italiano La Repubblica: "Libia, meno migranti arrivano [in Europa] perché finiscono in un campo di concentramento..." Questi centri per migranti, afferma ancora il giornale, ricordano "le atrocità del XX secolo". “Quello dei migranti è un Olocausto”, ha scritto Furio Colombo sul Fatto Quotidiano. E lo scrittore Alessandro Dal Lago paragona le misure di restrizione sulle ong a “quando la Svizzera chiuse le frontiere agli ebrei in fuga dal nazismo”. Moni Ovadia: “La Shoah di oggi? Il Mediterraneo”. Avvenire: “Profughi, l’Europa non ripeta l’errore che fece con la Shoah”.

Questi confronti semplicemente annullano la capacità di distinguere tra un omicidio di massa e la gestione dei flussi migratori. Non c’è niente da gestire, ci sono soltanto frontiere da abbattere. Famiglia Cristiana ha parlato dell'"Olocausto dei migranti nel Mar Mediterraneo" - come se gli europei li avessero annegati lì deliberatamente. Una rivista online, Linkiesta, ha definito i centri per migranti "campi di concentramento dove mancano solo fornaci e Zyklon B". Un noto sacerdote, padre Zanotelli, ha detto in tv: "Sui migranti, un giorno diranno di noi le stesse cose che diciamo noi dei nazisti e della Shoah". L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati ha scritto: "Centri per migranti? Solo campi di concentramento".

Il Pime, centro missionario di Milano, scrive: "La Shoah e i profughi". Anche i due ex presidenti del Parlamento italiano, Pietro Grasso e Laura Boldrini, hanno sponsorizzato un convegno intitolato "L'Europa, la Shoah, le stragi nel Mediterraneo". La bugia è ufficiale. L'ex cancelliere austriaco, Werner Faymann, ha paragonato le politiche di Viktor Orbán di impedire ai migranti di entrare in Ungheria ai nazisti che deportavano gli ebrei durante l'Olocausto.

Il Parlamento italiano ha istituito una "Giornata nazionale per ricordare le vittime dell'immigrazione" come la "Giornata della memoria delle vittime dell'Olocausto". È un potente stratagemma ideologico con cui si sta giocando sporco con il futuro dell'Europa.

Ma per fortuna, c'è ancora chi pensa con la propria testa e non accetta la dittatura delle emozioni. Come il cardinale Robert Sarah, africano, che in una intervista a Boulevard Voltaire di questa settimana dichiara: “Non puoi ricevere tutti in Occidente, quindi promuovere l'immigrazione è un'idea sbagliata”. E alla domanda su cosa rischiamo, Sarah risponde: “Puoi rinnegare le tue origini e le tue radici, ed è già iniziato con la Costituzione europea, ma è un suicidio. È come se un albero rinunciasse alle sue radici: questo albero muore. Un fiume, per quanto maestoso, se è tagliato fuori dalla sua sorgente, si prosciuga e scompare. Se promuoviamo la fine della cristianità stiamo promuovendo la nostra fine, il nostro suicidio. Se scompare la cristianità, cioè la civiltà cristiana, la cultura cristiana, la vita cristiana che sono essenziali in una società, è un suicidio. Se il cristianesimo scompare dalla sua cultura, un'altra cultura lo sostituirà. Sarà una cultura islamica...”.

Ma forse a chi paragona l’immigrazione alla Shoah questo scenario piace.
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Messaggioda Berto » sab giu 01, 2019 9:31 am

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Messaggioda Berto » sab giu 01, 2019 6:58 pm

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Messaggioda Berto » dom giu 02, 2019 8:35 am

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Messaggioda Berto » lun giu 03, 2019 8:15 am

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