30/8) sequestri di persona, furto di animali: bestiame, cavalli, cani(vedasi anche capitolo 8/8) rapine alle gioiellerie e ai rappresentanti di gioielli capitolo 9/8) assalti ai bancomat)
Commissione parlamentare antimafia [2001 - 2006]gianni belloni
https://www.parlamento.it/application/x ... oranza.pdfLa «commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare» della XIV legislatura [2001-2006] svolse uno studio approfondito sulla situazione veneta. Ne da conto la relazione di minoranza [centrosinistra]. Di seguito la parte dedicata al Veneto. In particolare segnaliamo la parte dedicata al riciclaggio in cui si afferma: "la casistica degli accertamenti sviluppati da uffici investigativi e giudiziari ed i segnali che provengono da alcune situazioni atipiche presenti nel mondo imprenditoriale, bancario e parabancario della regione si rivelano indicativi di un contesto ambientale particolarmente permeabile a tentativi di infiltrazione di esponenti della criminalità organizzata italiana e straniera attuabili attraverso la penetrazione di capitali di illecita o quanto meno dubbia provenienza per consentirne il riciclaggio e/o l’investimento in attività legali".
Al Veneto, diversamente dalla Lombardia, la Commissione ha dedicato una impegnativa missione. L'occasione è stata utile per acquisire informazioni e spunti sulla presenza di organizzazioni di tipo mafioso, la cui consistenza è stata dimostrata dalla recentissima operazione 'Ghost dog'. Essa ha svelato il preoccupante tentativo di ricostruire la cosiddetta 'mala del Brenta':sono state arrestate 33 persone ritenute responsabili di 8 omicidi, 24 tentati omicidi, 16 assalti a furgoni portavalori e 60 rapine alle banche. Le indagini hanno permesso di scoprire che la banda aveva progettato, tra l'altro, tre attentati: uno contro l'attuale capo della squadra mobile di Venezia Alessandro Giuliano, figlio del capo della squadra mobile di Palermo, Boris Giuliano, assassinato dalla mafia 25 anni fa; uno contro il dirigente della Digos di Venezia, Diego Parente; ed uno contro l'ex capo della banda, Felice Maniero. I
In dieci anni l'organizzazione criminale aveva accumulato una ventina di milioni di euro, denaro utilizzato per acquistare beni di lusso, pagare gli avvocati per i componenti della banda arrestati, e proprio per finanziare la ricostituzione della mala del Brenta.
La prima organica analisi della Commissione sulle manifestazioni della criminalità organizzata in Veneto risale agli inizi del passato decennio (“Relazione Smuraglia” del 13.1.1994 relativa alla missione a Venezia del giugno 1993).
All’epoca, il fenomeno era alimentato dall’intreccio delle attività svolte da aggregazioni, non sempre omogenee, di esponenti dei vecchi sodalizi autoctoni, delle tradizionali organizzazioni di tipo mafioso meridionali e dei primi gruppi di matrice straniera.
Successivamente, un concorso di cause contingenti ha fatto registrare nuovi sviluppi che hanno costituito fondato motivo di allarme sociale.
...
Giostrai nomadiSempre relativamente alla malavita autoctona, rilevante continua ad essere l’attività svolta dai giostrai nomadi: dopo aver alimentato nei passati decenni il fenomeno dei sequestri di persona - in alcuni casi in collaborazione con esponenti della Banda Maniero – negli ultimi tempi si sono dedicati prevalentemente a rapine ai danni di banche e uffici postali.
Privi di una struttura organizzativa stabile e piramidale, gli esponenti della categoria operano attraverso aggregazioni trasversali ai vari raggruppamenti, create anche occasionalmente, e si distinguono per gli atteggiamenti omertosi e per efferate forme di violenza.
Cambisti del Casinò
In ambienti circostanti il Casinò di Venezia non è scomparsa del tutto la presenza dei cambisti, i quali, oltre a cambiare assegni bancari a giocatori in difficoltà ad interessi usurari, tendono a concedere prestiti agli stessi alle medesime condizioni e ad assumere comportamenti estorsivi per il recupero dei crediti.
La stagione dei sequestri di personaa cura della redazione di Cosa Vostra
26 Luglio 2019
https://www.articolo21.org/2019/07/la-s ... i-persona/Nel libro “Mafia come M” abbiamo voluto inserire anche la stagione dei sequestri di persona avvenuta in Veneto tra gli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta. Infatti, spulciando le cronache giornalistiche di qualche decennio fa, ci siamo accorti di quante persone siano state rapite da organizzazioni criminali per ottenere i soldi dei riscatti. Vicende spesso dimenticate e poco conosciute, così come i nomi delle vittime e i drammi familiari collegati.
“In Veneto, ad esempio, la Mafia del Brenta si era resa protagonista di alcuni rapimenti, spesso fallimentari, come nei casi di Marina Rosso Monti e dell’industriale Renato Andretta. Poi anche l’anonima sequestri aveva rapiti e successivamente liberato Gianni Comper e Sergio Mosole; la ‘Ndrangheta aveva sequestrato Carlo Celadon nel 1988 e rilasciato dopo 831 giorni di prigionia – il più lungo della storia – in Aspromonte. Diversa sorte era toccata a Marco Padovani, rapito sempre dalla ‘Ndrangheta nel 1982 e liberato dopo un anno, dietro pagamento di riscatto; egli, però, sarebbe uscito psicologicamente distrutto da quella terribile esperienza, tanto da suicidarsi nel 1985”.
Rapire una persona al fine di ottenere il riscatto sembrava essere davvero un reato facile e imitabile, tanto che anche una donna fu rapita da alcuni imprenditori piemontesi, mentre una ragazza fu sequestrata da alcuni studenti.
“Ma nel Nordest chi orchestrava e perpetrava questo crimine per lo più faceva parte della cosiddetta “banda dei giostrai”. E giostrai lo erano di nome e di fatto. Così, per restare in tema, è stata ribattezzata “Operazione Luna Park” l’azione delle Forze dell’Ordine, avviata con le inchieste dei giudici Francesco Saverio Pavone e Carlo Mastelloni. Nel 1987 il dottor Pavone aveva fatto arrestare una trentina di criminali, poi altri sei nel 1990. Nel 1994 il dottor Mastelloni aveva emesso altri quarantaquattro mandati di cattura: con la collaborazione del ROS dei Carabinieri, la Direzione distrettuale antimafia di Venezia, aveva fermato il gruppo criminale in questione. Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Abruzzo”.
Tra il 1975 e il 1986 la “banda dei giostrai” aveva messo a segno un numero impressionante di sequestri di persona. “Vittime erano uomini facoltosi, spesso imprenditori, ma anche ragazze minorenni. I rapimenti venivano messi in atto persino sulle attrazioni dei luna park. Non deve trarre in inganno il nomignolo della banda, che di un’organizzazione mafiosa sembrava condividere alcuni aspetti: la struttura gerarchica e l’omertà che vigeva all’interno delle famiglie dei giostrai, assai restie a collaborare con lo Stato. Spesso gli affiliati non conoscevano i nomi di chi partecipava ai delitti (per rendere ancor più difficile il lavoro dell’Autorità Giudiziaria nel caso di fermo di un sospettato); soltanto le menti dell’organizzazione, i vertici, conoscevano le identità dei criminali”.
Inoltre non tutti i rapimenti si erano conclusi con un “lieto fine”; ad esempio l’mprenditore milanese Gianfranco Lovati Cottini, rapito a Caorle, fu trovato carbonizzato nella propria auto malgrado fosse stato pagato interamente il suo riscatto; non sarebbe stata l’unica vittima.
Nel libro abbiamo raccolto i nomi di chi ha subito un sequestro, nomi che uniscono il Veneto a quanto accadeva nel resto d’Italia. Poi, c’è l’importante tema del riciclaggio del denaro sporco. Che fine hanno fatto i soldi dei sequestri di persona? “Parecchi miliardi, secondo l’inchiesta giudiziaria, erano finiti nei circuiti dei casinò jugoslavi, gestiti della Mafia del Brenta, anche per conto della mafia siciliana – in quegli anni infatti i rapporti “criminali” nel Nordest erano divenuti sempre più stretti e significativi. E così, anche in questa vicenda, ricompaiono nomi già noti alle cronache per attività illecite, come quello del milanese Mario D’Agnolo e quello del chioggiotto Armando Boscolo Meneguolo”.
Infine sottolineiamo quanto sia stato difficile l’attività giudiziaria che ha portato all’arresto della “banda dei giostrai”. Attraverso cinque collaboratori di giustizia si è riusciti ad individuare i capi della struttura criminale, ma catturarli non è stato semplice. Ad esempio, “Walter Prina, detto “Cinenti”, è stato arrestato soltanto nel 2008, grazie a circostanze fortuite: un brigadiere l’ha riconosciuto – nonostante la patente falsa – perché era stato lui ad arrestarlo vent’anni prima, per un sequestro di persona. In caserma, Prina ha mantenuto fino all’ultimo la calma, arrendendosi soltanto davanti alla prova schiacciante fornita dalle impronte digitali. Vicenda dalle tinte romanzesche, che non devono però distogliere l’attenzione dal chi ci troviamo di fronte: capi responsabili di un’organizzazione criminale, talvolta assassini”.
[Tratto da “Mafia come M. La criminalità organizzata nel Nordest spiegata ai ragazzi” – Linea Edizioni, 2019]
CATTURATA LA BANDA DEI GIOSTRAI la Repubblica.it
GIORGIO CECCHETTI
9 gennaio 1994
https://ricerca.repubblica.it/repubblic ... strai.html VENEZIA - Oltre trenta miliardi. Questo il fatturato della banda di sequestratori che i carabinieri del raggruppamento operativo speciale hanno sconfitto con i quarantaquattro mandati di cattura firmati dai giudici veneziani Francesco Saverio Pavone e Carlo Mastelloni. Ben trentatré i rapimenti che l' organizzazione, per la maggior parte composta di giostrai (per questo l' operazione ha preso il nome in codice di Luna park), ha portato a termine tra il 1975 e il 1986 in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo e in altre regioni (l' ultimo tentativo di sequestro, comunque, era stato messo a segno nel 1990 a Brescia ed è fallito).
Oltre al reato di sequestro di persona è stato contestato a tutti anche quello di associazione per delinquere di stampo mafioso. Fondamentale nella fase finale dell' indagine è stato il contributo di cinque "pentiti", uno dei quali, Giovanni Bernasconi, si è ucciso in una cella del carcere di Alessandria soffocandosi con un sacchetto di plastica. Prima di morire, comunque, ha voluto ribadire che tutte le sue dichiarazioni corrispondevano al vero e lo ha lasciato scritto in una lettera indirizzata agli inquirenti.
Grazie a lui e agli altri quattro, i magistrati veneziani e i carabinieri hanno potuto far luce su rapimenti rimasti impuniti per quasi vent' anni. "Il mito dell' impenetrabilità delle organizzazioni criminali - ha dichiarato ieri il giudice Mastelloni - è stato rotto grazie alla professionalità delle forze dell' ordine e al benefico flusso di informazioni tra queste e la magistratura. Si stanno, così, riscrivendo torbide pagine sui reati più efferati di bande criminali la cui caratteristica, l' omertà, viene frantumata da una progressiva azione di recupero di dati attinti dai collaboratori di giustizia". "Il salto di qualità nell' azione di contrasto delle forze dell' ordine - gli ha fatto eco il vicecomandante dei Ros Mario Mori - si deve grazie anche alla legislazione premiale che ha aiutato a rompere il muro dell' omertà". Omertà che tra nomadi e giostrai è stata davvero impenetrabile per decenni. In questa inchiesta, infatti, si sono potuti finalmente chiarire terribili episodi, come quello dell' imprenditore milanese Gianfranco Lovati, bruciato nel 1975 nella sua auto dopo il pagamento del riscatto, o quello l' anno seguente della diciassette milanese Emanuela Trapani, figlia del presidente della Helene Curtis, tenuta in ostaggio per un mese e mezzo.
Questi gli altri rapimenti contestati: i veronesi Ivo Antonini, Aldo Mirandola e Giampiero Crespi, gli emiliani Ernesto Devoti e Giovanni Fagioli, il pescarese Armando Caldora, l' avellinese Paolo Scopettuolo, i milanesi Luigi Rossi, Luigi Galbiati, Rino Balconi, Alfredo Cozzi e Dante Mauri, i comaschi Elio Fattorini e Pierantonio Colombo, i mantovani Lucio Vaccari ed Umberto Gandellini, il bresciano Luigi Gnutti.
L' organizzazione era divisa in compartimenti stagni e solo chi stava al vertice conosceva l' identità dei vari componenti della banda, mentre i nomi dei capi erano sconosciuti ai più. La maggior parte dei sequestri è stata messa a segno nel nord-Italia, ma le menti stavano a Roma e anche i riscatti venivano fatti pagare nella capitale, solitamente lungo la tangenziale. Undici dei 44 mandati di cattura (l' inchiesta procede con il vecchio rito ed è uno di quei pochi processi che ha come scadenza il 31 dicembre dell' anno in corso) sono stati notificati in carcere, mentre all' appello mancano ancora cinque persone.
Tra quelli già finiti dietro le sbarre ci sono i capi dell' organizzazione, coloro che gestivano e controllavano ogni fase del rapimento, dai controlli sul candidato al sequestro prima dell' azione al riciclaggio del denaro del riscatto. Sono i romani Olivo Suffrè, 53 anni, e Walter Prina, 47 anni, il veneziano Mario Major, 40 anni, il ferrarese Gigino Moretti, 58 anni, e il veronese Lorenzo Marzari, 53 anni.
Negli anni Settanta, quando l' organizzazione muoveva i primi passi, i soldi dei riscatti venivano soprattutto investiti nell' acquisto di nuove attrazioni viaggianti, visto che la maggior parte dei sequestratori di fatto svolgeva l' attività di giostraio. Poi, negli anni Ottanta, la banda è stata costretta a riciclare il denaro a causa dei controlli scattati sul loro conto e, allora, si sono fatti più stretti i rapporti tra i nomadi e le organizzazioni criminali mafiose. Stando alle accuse, infatti, parecchi miliardi provenienti dai sequestri di persona sono finiti nei casinò jugoslavi gestiti dalla malavita veneta per conto della mafia siciliana, tre i nomi di coloro che avrebbero collaborato in questa operazione: il milanese Mario Plinio D' Agnolo, da anni in Costa Rica dov'è proprietario di alberghi, il veneziano Armando Boscolo, imprenditore nel settore della pesca, e il vicentino Antonio Vignato.
Diciannove sequestri: preso il boss dei «giostrai»26 Settembre 2010
https://www.ilgiornale.it/news/dicianno ... strai.htmlSuper ricercato, pluriomicida, evaso nel 2004, finalmente stato arrestato dai carabinieri di Vicenza a Romano di Lombardia (Bergamo). Si tratta di Orlando Held, 73 anni, nei cui confronti la procura generale di Firenze aveva emesso nel 2004 un ordine di esecuzione per lespiazione della pena allergastolo per sequestro di persona a scopo di estorsione, omicidio volontario, rapine, porto e detenzione illegale di armi e reati contro il patrimonio. Lindagato però era fuggito dallospedale San Martino di Genova, dove si trovava - agli arresti- dopo unoperazione cardiaca.
Held è stato bloccato dai militari in un campo nomadi di Cascina Pascolo. Il latitante faceva parte di un gruppo criminale noto come la «banda dei giostrai» che tra il 1975 e il 1983, si era resa responsabile di 19 sequestri di persona ai danni di imprenditori del nord Italia, tra i quali quello di Gianfranco Lovati Cottini avvenuto a Caorle (Venezia) il 13 aprile 1975, ucciso dopo pochi giorni durante la prigionia e ritrovato carbonizzato allinterno di una autovettura rubata nel Bresciano e di Luigi Galbiati anchesso ucciso a Bovisio Masciago (Milano) durante il tentativo di sequestro il 5 aprile 1977: i sequestratori riuscirono afarsi pagare 9 miliardi di lire.
La banda venne sgominata nel 1994 dal Ros carabinieri coordinati dalla direzione distrettuale antimafia di Venezia.
Nel corso della perquisizione del camper di Held i carabinieri hanno sequestrato varia documentazione attestante false generalità (Francesco Rossi e Antonio Beghin).
Luomo è stato portato nel carcere di Bergamo. Held faceva parte della cosiddetta «banda dei giostrai», smantellata dal Ros guidati dallalliora vicecomandante Mario Mori con 44 mandati di cattura nellambito dellinchiesta del giudice istruttore Francesco Saverio Pavone e poi del collega Carlo Mastelloni che ereditò linchiesta avviata già a metà degli anni Ottanta e che aveva portato agli arresti di una trentina di persone nel 1987 e poi di altre sei nel 1990, tra Veneto, Lombardia, Lazio, Campania, Emilia Romagna e Abruzzo. Tra i sequestri di persona della banda anche quello di Emanuela Trapani, la figlia dell industriale della Helen Curtis, sequestrata a Milano il 13 dicembre 1976 e liberata il 22 gennaio 77, dopo il pagamento di un miliardo. Dellazione furono accusati Renato Vallanzasca e i suoi complici, ma la banda dei giostrai, per gli inquirenti veneziani, ci avrebbe messo lo «zampino» forse nella stessa gestione del riscatto.
«Esprimo le mie più vive congratulazioni al comando dei carabinieri di Vicenza - commenta il governatore veneto Luca Zaia È un altro successo delle forze dellordine che testimonia lefficacia dellazione voluta dal ministro dellInterno Roberto Maroni contro la criminalità nel nostro Paese».
Il furto di animali in Italia era uno dei delitti più comuni fino a non molti decenni fa, si rubavano prevalentemente gli animali di allevamento, da trasporto e da carne : galline, pecore, capre, vacche, cavalli.
L'abigeato, in diritto, è il reato di furto di bestiame, tipicamente quello oggetto di allevamento. La parola deriva dal tardo latino giuridico abigeatus, astratto di abigeus, 'ladro di bestiame', a sua volta dal verbo latino abigere, 'allontanare spingendo', composto di ab-, 'via', 'da', e agĕre, 'portare'.
https://it.wikipedia.org/wiki/AbigeatoFurti e razzie di animali e persone sono praticati fin dal Neolitico e probabilmente anche prima. Per questo motivo il furto di bestiame è presente nella mitologia e in testi sacri da lungo tempo. Ad esempio è presente nel testo irlandese Táin Bó Cúailnge, nei Rgveda indiani (Panis). Nell'inno omerico a Ermes, quest'ultimo ruba del bestiame ad Apollo.
Nei miti antichi, l'abigeato è spesso associato a razzie e rapimenti di donne, come ad esempio il ratto delle Sabine. Nel diritto romano, era severamente punito in considerazione della gravità del danno arrecato al derubato, per la tipica connotazione di bene strumentale principale dell'attività dell'allevatore in genere svolta da quanto trafugato. L'abigeato è peraltro un reato di potenziali perniciose conseguenze sociali e di ordine pubblico, proprio in ragione dello scelus che se ne compie: è noto, infatti, che molte concatenazioni di crimini contro il patrimonio e contro la persona (sino a vere e proprie faide) hanno avuto origine da abigeati. Diventa un reato autonomo solo dopo l'imperatore Adriano, e soprattutto tra la fine del III e l'inizio del IV secolo, come attestato dalle Pauli Sententiae.
La gravità delle sanzioni è andata nel tempo attenuandosi con la minore percezione di gravità sociale dell'illecito dovuta alla progressiva minore importanza riconosciuta ai settori economici dell'agricoltura e della zootecnia.
Italia
Dopo una certa diminuzione, la commissione di abigeati è tornata a crescere a partire dagli anni 2000 nelle aree agricole del territorio italiano, con conseguenze economiche sovente gravi per i derubati. Per la repressione dell'abigeato sono in uso diverse strategie, quali la regolamentazione dei mercati delle carni e le nuove tecnologie di marchiatura del bestiame. La persistenza di mercati clandestini strutturati, sempre più spesso con "operatività" internazionale, consente agli abigeatari di smaltire anche grossi quantitativi di capi che, attraverso frodi documentali di semplice realizzabilità, vengono ben presto immessi nuovamente sui mercati ordinari. Allo stato delle cose, la mera vigilanza territoriale resta la più efficace arma di contrasto del fenomeno.
Se il caso più frequente è quello di furto di una pluralità di animali da lavoro o da macello, si discute in giurisprudenza sull'eventuale configurabilità della fattispecie tipica anche per il caso di furto di singoli capi, ciò che parrebbe a tutta prima escluso dalla vigente normazione; pare invece escludersi la configurabilità nel caso di furto di singoli animali da diletto o da compagnia. Attualmente, nel diritto penale italiano l'abigeato non è più previsto come reato distinto, bensì solo come circostanza aggravante del furto, in particolar modo dall'art. 625, co. 1, n. 8) del codice penale italiano.
Razzia di animali: ritrovati al campo nomadiil Resto del Carlino
Zoe Pederzini
27 lug 2017
https://www.ilrestodelcarlino.it/bologn ... -1.7736059Denuncia il furto di galli, galline e tacchini dal proprio pollaio e alcuni animali vengono casualmente ritrovati durante un sopralluogo per lo sgombero di un campo nomadi. Il ladro di polli, denunciato per ricettazione, è un 40enne romeno, pluripregiudicato e ben noto alle forze dell’ordine di Pianoro, residente appunto nel campo nomadi al confine tra Bologna e Rastignano in prossimità del parco del Paleotto.
I fatti sono iniziati nel marzo scorso. Vittima della vicenda un pensionato pianorese 80enne che gestisce, per hobby e svago, un orto ed un pollaio sulla Fondovalle Savena a neanche un chilometro a piedi dal campo nomadi. Nel marzo scorso, poi ad aprile e infine a maggio, l’80enne è stato vittima di vari furti: dal suo orto sono stati sottratti vari ortaggi, sempre nella notte, e dal pollaio erano state sottratte una quarantina di galline oltre a due tacchini, del valore circa di cento euro l’uno. Il pensionato pianorese, a quel punto, visto il reiterarsi di episodi, che avvenivano sempre nella notte, si è recato nella locale caserma dei carabinieri per sporgere denuncia. Grande era, infatti, il dispiacere per la perdita delle galline e dei tacchini, e non per motivi economici. Gli animali, infatti, non venivano venduti dal pensionato a terzi, erano veri e proprio animali da cortile e da compagnia di cui prendersi cura e con cui produrre le uova da consumare in famiglia. Pareva non esserci una soluzione a questi furti, fino a che la scorsa settimana la polizia locale di Bologna non ha fatto un primo sopralluogo in vista di uno smantellamento prossimo del campo nomadi. Qui i vigili urbani hanno, infatti, rinvenuto una struttura adibita a pollaio dove venivano tenuti alcuni esemplari di galline, denutrite e malconce. La polizia locale felsinea, a quel punto, si è messa subito in contatto con i carabinieri della stazione di Pianoro sapendo che i militari avevano ricevuto svariate denunce, inerenti proprio il furto di alcune galline a pochissima distanza dal campo nomadi.
I militari si sono dunque recati in loco per verificare la situazione e hanno portato con loro l’80enne pensionato. Questo, quasi commosso, ha riconosciuto subito, dal piumaggio e da alcune macchie, le sue amate galline. Purtroppo delle quaranta rubate ne erano rimaste solo dodici. Queste, però, sono state tratte in salvo e, insieme al proprietario, hanno fatto rientro nel ‘nido’ sulla Fondovalle Savena. Ad essere denunciato per ricettazione è stato il 40enne romeno, perché il pollaio abusivo si trovava nell’area di competenza della sua baracca.
???
I rom adesso rubano pure i cani. In Italia un rapimento ogni 15 minutiAurora Vigne
Gio, 03/05/2018
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ ... 22040.html Attraverso delle organizzazioni criminali i cani vengono poi smistati in "allevamenti lagher" nei paesi dell'Est
Non solo furti a raffica nelle case. Ora i rom rubano pure i cani.
I dati resti noti da Aidaa (Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente) parlano chiaro: ogni 15 minuti viene rapito un cane in Italia. Come denunciato da Quinta colonna, si tratta infatti del nuovo business dei nomadi in quanto la maggior parte dei furti sarebbe riconducibile a bande di rom organizzate. A parlare del fenomeno è stato anche Libero che spiega come i cani vengano direttamente prelevati dalle nostre case o dai giardini per poi scomparire nel nulla. Ma non solo: gli animali vengono direttamente rubati dalle mani del proprietario che gira con il guinzaglio. Un vero e proprio "scippo" del cane. Ma poi che fine fanno i nostri cani? Sempre secondo il quotidiano spesso si tratta di furti su commissione. Attraverso delle organizzazioni criminali i cani vengono poi smistati in "allevamenti lagher" nei paesi dell'Est mentre altri vengono venduti al Nord. A volte, però, il loro destino potrebbe essere più crudele: i cani rischiano infatti la vivisezione clandenstina oppure vengono trasformati in veri e propri corrieri della droga. In totale si tratterebbe di un business da 5-7 milioni l'anno.
ANALISI IN CORSO I rom adesso rubano pure i cani. In Italia un rapimento ogni 15 minutidi Luca Mastinu | Maggio 04, 2018
https://www.bufale.net/analisi-in-corso ... 15-minuti/Ci segnalano un articolo pubblicato il 2 maggio 2018 sul quotidiano Il Giornale:
I dati resti noti da Aidaa (Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente) parlano chiaro: ogni 15 minuti viene rapito un cane in Italia. Come denunciato da Quinta colonna, si tratta infatti del nuovo business dei nomadi in quanto la maggior parte dei furti sarebbe riconducibile a bande di rom organizzate. A parlare del fenomeno è stato anche Libero che spiega come i cani vengano direttamente prelevati dalle nostre case o dai giardini per poi scomparire nel nulla. Ma non solo: gli animali vengono direttamente rubati dalle mani del proprietario che gira con il guinzaglio. Un vero e proprio “scippo” del cane. Ma poi che fine fanno i nostri cani? Sempre secondo il quotidiano spesso si tratta di furti su commissione. Attraverso delle organizzazioni criminali i cani vengono poi smistati in “allevamenti lagher” nei paesi dell’Est mentre altri vengono venduti al Nord. A volte, però, il loro destino potrebbe essere più crudele: i cani rischiano infatti la vivisezione clandenstina oppure vengono trasformati in veri e propri corrieri della droga. In totale si tratterebbe di un business da 5-7 milioni l’anno.
L’articolo si apre con un riferimento all’Associazione Italiana Difesa Animali e Ambiente (AIDAA), di cui ci siamo occupati a più riprese (consulta il nostro archivio). Proprio l’AIDAA, dunque, avrebbe reso nota questa notizia. Nel profilo del suo fondatore, infatti, troviamo un video in cui viene esposto questo problema:
La stessa dichiarazione è ripresa da The World News e, come sostiene Il Giornale, fa capo a un servizio andato in onda durante una puntata della trasmissione Quinta Colonna del 24 marzo 2017. I dati erano raccolti in base alle segnalazioni ricevute dalle guardie zoofile e si parlava proprio di un nuovo business delle comunità rom. Si tratta, dunque, di informazioni che arrivano direttamente da chi opera sul campo, ma non sono riportate le basi sulle quali AIDAA – nella persona del suo fondatore – ritiene che in Italia si compia un furto di animali ogni 15 minuti (o 3 ogni ora) da parte di zingari.
L’Associazione ha pubblicato un comunicato il 20 aprile:
Roma (20 Aprile 2018) – Non passa ora che tre cani vengono rubati o rapiti, in particolare cani di piccola taglia, questi i dati relativi al 2017 raccolti attraverso gli appelli sui social e gli articoli sui giornali. Ogni giorno sono circa 70 i cani rapiti, che moltiplicati per il totale dei giorni dell’anno fa oltre 25.000 cani che scompaiono ogni anno nel nulla. Di questi meno di 2.0000 (?) sono stati quelli ritrovati lo scorso anno e che quindi sono stati riportati a casa, mentre degli altri si è persa traccia. Dalle segnalazioni e dalle denunce elaborate come al solito i cani maggiormente preda dei ladri sono quelli costosi e di piccola taglia, in particolare Maltesi, Chihuahua, Pinscher, ma anche Bull inglesi e francesi. Molti di questi scompaiono direttamente durante i furti in casa o in appartamento, e non sempre purtroppo vengono poi denunciate per tempo i furti e questo da ai ladri un vantaggio non indifferente. Dove sono destinati questi cani? Molti alla riproduzione, rubati in Italia, prevalentemente da zingari gli stessi vengono poi “esportati” verso i paesi dell’est Europa dove vengono poi usati negli allevamenti i maschi come riproduttori e le femmine come fattrici, per quanto riguarda invece i cani sterlizzati o piu anziani questi vengono spesso rivenduti anche nei paesi del nord Europa dove i costi per un cane di razza è proibitivo mentre questi cani immessi nel circuito dei canili o dei negozi specializzati (spesso ignari della loro stessa provenienza) sono rivenduti a prezzi mediamente dimezzati rispetto a quelli di mercato. “La situazione dei cani rubati è spesso sottovalutata- ci dice Lorenzo Croce presidente di AIDAA- noi chiediamo maggiori controlli a partire dall’obbligo di lettura del microchip da parte dei veterinari sempre fatto questo che potrebbe aiutare a ritrovare i cani rubati almeno in parte ed inoltre chiediamo maggiori controlli sui trasferimenti a livello di anagrafe canina almeno per le razze che sappiamo essere maggiormente oggetto di questi furti”. Il giro economico dei furti di cani in Italia si aggira ogni anno dai 5 ai 7 milioni di euro.
I dati sarebbero dunque stati raccolti nel 2017 attraverso appelli sui social e sugli articoli di giornale. L’articolo riporta con certezza le modalità e la provenienza dei rapitori, ma non si trovano altre fonti presso le quali sia possibile verificare i contenuti. Altrettanto troviamo sul sito Dogsitter, che rimanda in ogni caso al comunicato dell’AIDAA. Ancora, l’Associazione aveva parlato di zingari anche in occasione di rapimenti di animali tra Roma e Fregene nel 2015. Nel 2016 una catena su Facebook indicava i Rom come potenziali rapitori di animali nella Capitale.
Restiamo in attesa, ora, di maggiori informazioni circa le statistiche presentate da AIDAA, nella promessa di aggiornavi in un prossimo articolo.