Ła storia dei veneti contà fa Franco Roketa


Re: Ła storia dei veneti contà fa Franco Roketa

Messaggioda Berto » sab apr 05, 2014 9:30 pm



Sto jornalàso el fa dixinformasion e nol dixe gnente.

Anca Roketa lè vitima de ła Teoria Romansa par cu ła łengoa veneta ła rivaria dal latin.
Cogna ke Roketa el se ajorne e ke nol fasa pì dixinformasion.
Col vegnarà fora da ła prexon Roketa el podaria parteçepar a sto fiłò e ajornarse, sel vorà.

Łi vol łeberarse da ła prexon tałiana, però łi seita a rajonar come łi tajani, łi xe ancora envaxà da łi romani.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Ła storia dei veneti contà fa Franco Roketa

Messaggioda Berto » gio apr 24, 2014 5:41 pm

Rocchetta contro lo Stato italiano: “Vi racconto come è andata in prigione”

http://www.lindipendenza.com/rocchetta- ... n-prigione


Franco Rocchetta, insieme ad altre 24 persone, è stato arrestato nel famoso blitz del 2 aprile, che ha portato dietro le sbarre numerosi indipendentisti (non solo veneti), con l’infamante accusa di terrorismo.

Qualche giorno fa, è stato scarcerato (insieme a molti altri) e le accuse sono decadute.

Rocchetta, in questa intervista rilasciata a Treviso 24, parla del suo rapporto con i detenuti (era in cella con altre 5 persone e dormiva in un letto a castello), del trasporto in cellulare da Treviso a Brescia, un viaggio da brivido con le manette ai polsi e il timore che i sobbalzi del veicolo comportassero gravi traumi al capo.

CLICCA L’IMMAGINE E GUARDA L’INTERVISTA

Franco Rocchetta racconta com'è stato trattato in prigione:

https://www.youtube.com/watch?v=ieCXQTw ... e=youtu.be

Bravo Franco, ma dopara de pì el veneto.
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Re: Ła storia dei veneti contà fa Franco Roketa

Messaggioda Berto » mar mar 10, 2015 10:01 pm

???

La vera Indipendenza della Veneta Nazione di Franco Rocchetta

Di Nicola Busin (del 03/03/2015)

Seguendo i tanti dibattiti nel web sui vari social network capita talvolta di cogliere tra quanto scritto dagli amici qualche raro momento lirico che fa comprendere il vero sentimento dell'indipendenza. Franco ha scritto con passione questo saggio, composto da vari brani che seguono un filo logico unico. Ho avuto la fortuna e la determinazione di salvare i vari commenti scritti sul tema dell'indipendenza e di unirli in questo saggio tutta espressione di Franco che mi raccomanda evidenziare essere stati scritti di getto, con il cuore, senza ripensamenti e quindi ricchi di quella immediatezza che il lettore sicuramente riconoscerà.
Nicola Busin


Quel che risulta ben chiaro dallo studio e dall’osservazione della storia, delle dinamiche sociolinguistiche ed istituzionali, e delle cronache, è che se i Catalani ed i Québécois (che come i Veneti hanno subito per generazioni incessanti martellanti tentativi istituzionali di proibizione e soffocamento, di disarticolazione e sradicamento della propria lingua, di appiattimento, di ridicolizzazione e di messa al bando dei suoi tratti più salienti attraverso la disseminazione sistematica di dati falsi e fuorvianti, di censure alienanti, di notizie ingannevoli, di pregiudizi elaborati ad arte), se i Québécois ed i Catalani, dunque, avessero seguito le indicazione frettolose, ora non documentate a sufficienza ora contraddittorie, ed autolesionistiche poco più sopra esposte (“se usiamo la ¥/n.s. e la ¥/s. nel nostro linguaggio le dobbiamo usare altrimenti no”, ed altre analoghe) certamente essi, ed il Québec e la Catalogna, non avrebbero potuto conseguire, consolidare e sviluppare i positivi risultati che noi tutti conosciamo.
Nell’intraprendere lo studio di una lingua viva sì ma da ogni lato da 148 anni sottoposta a colpi di accetta e di staffile, a bastonature selvagge ed a mutilazioni, a bagni di fuoco e di vetriolo, a capillari campagne di disinformazione e ad elaboratissime torture psicologiche ancora più dolorose e devastanti delle torture fisiche, penso potrebbe ritornare utile lo studio comparato di come tanti popoli europei e del mondo hanno affrontato o stanno affrontando drammi rapportabili a quello veneto, assieme alla lettura di qualche serio testo di sociolinguistica.

In riferimento al quadro socioeconomico e sociopolitico ed istituzionale, nel mentre l’avvicinarsi di scadenze elettorali alimenta emozioni e discussioni, non sarà male ricordare come la causa di un effettivo autogoverno, della sovranità e dell’indipendenza, risulti nel Québec ed in Catalogna un ideale ed un obiettivo condiviso tanto dalla thanca che dalla destra : e questo è, insieme, e causa ed effetto del forte radicamento e consolidamento di detto ideale e del suo concretizzarsi.

Quindi, l’essere le società del Québec e della Catalogna meno manichee di quanto – per molteplici ragioni – lo sia la società veneta attuale favorisce il consolidamento dei rispettivi orizzonti nazionali (dal 2006 un voto parlamentare “riconosce che le Québécoises ed i Québécois formano una nazione in seno ad un Canada unito”), ed il benessere, morale e materiale, dei rispettivi popoli. Perché anche in questo campo il Veneto e la Veneta Nazione, le Venete ed i Veneti si trovino in condizioni svantaggiate rispetto a tanti altri popoli o nazioni d’Europa e del mondo … Merita però d’esser ricordato che la Veneta Repubblica la continuità della cui indipendenza venne proclamata il 25 Aprile 1915, ed i cui esponenti furono arrestati e perseguiti tra la fine dell’Estate e gli inizi dell’Autunno del 1917, si caratterizzava per essere animata e diffusa ed irrobustita tra la popolazione dal saldarsi di componenti cattoliche e laiche e socialiste (socialiste vere, non alla De Michelis, alla Craxi od alla Chisso).

Ancora nel 1943 un socialista, Armando Gavagnin, proclamò la continuità dell’indipendenza della Veneta Repubblica lì dove Daniele Manin l’aveva proclamata nel 1848, e con le stesse frasi; mentre da quell’Autunno alla Primavera del 1945 la Resistenza veneta al Fascismo fu animata anche da formazioni indipendentiste venete, con bandiera di San Marco, nelle quali cooperavano fianco a fianco componenti laiche e cattoliche, socialiste e qualche volta anche comuniste. Mentre nel vuoto di potere determinato dall’inconsistenza e dal collasso dei due Stati fantoccio italiani (l’uno un vuoto Regno tenuto in piedi dagli Angloamericani, l’altro una vuota Repubblica tenuta in piedi dai Tedeschi), nel continente selvaggio descritto da Keith Lowe, le Comunità venete ripresero in gran parte, per alcuni anni, a governarsi di fatto da esse stesse, fino a tutto il 1947 ed anche oltre.
Come di tutto ciò sia stata quasi cancellata la memoria, è e sarà motivo di indagine, di studio e di riflessione per decenni.

Quel che è certo è che la durezza ed il livore con i quali e Nenni e Togliatti, ed i loro compari, si opposero durante i lavori della Costituente ad effettive e paritarie autonomie Regionali, con argomentazioni di tipo fascista e toni fascisti (con ciò contribuendo a condannare la Terza Repubblica italiana ad essere meschina ed antipopolare come i Regni d’Italia e le due Repubbliche precedenti), e che la spregiudicata e spietata opera di cancellazione e riscrittura della Storia da parte delle organizzazioni partigiane per generazioni egemoni (quindi corresponsabili, per ovvii contraccolpi, di fascistiche recrudescenze e di revival fascisti), hanno lasciato il segno. Salvo encomiabili ma troppo circoscritte eccezioni, la sinistra veneta è oggi statalista e cinicamente centralista, ed ha preso il posto della destra neofascista nel culto parossistico della Bandiera delle tre M, Menzogna e Morte e Miseria.

E miserevolmente l’elettorato veneto (che per tre volte, nell’arco di tre lustri, ha incoronato l’ammiratore di Napoleone, il devastatore Giancarlo Galan, Presidente) si trova oggi diviso tra un centrodestra nella sua stragrande maggioranza parassitario e burocratico e amorfo e pigro e pavido, moltiplicatore di nastri e bandiere e coccarde tricolori (e di “nuovi Italiani” alienati, futuri gendarmi e sbirri ed esattori), ed un centrosinistra burocratico e parassitario che, nella sua stragrande maggioranza, plaude alla politica neocentralista e piduista di Matteo Renzi, moltiplicatore di nastri e bandiere e coccarde tricolori (e di “nuovi Italiani” alienati futuri gendarmi ed esattori e sbirri).

.......Ho visto amici veneti contrapporsi come se le prossime elezioni equivalessero al Giudizio Universale. Saranno certo elezioni importanti ma quand’anche vincesse l’attuale Presidente moltiplicatore di tricolori - che mai, a quanto risulta, si è degnato di visitare le Comunità che, esasperate dalle cieche politiche della “Regione” (non “di Venezia”!), hanno chiesto di passare ad altre “Regioni” – non verrà certo da lui “l’Indipendenza”. Né dai leader (consolidati od improvvisati) dell’indipendentismo, sebbene l’affermazione elettorale di una forza seria o di un serio fronte indipendentista potrebbe costituire un buon lievito od un catalizzatore importante.
Perché nemmeno una “Proclamazione di Indipendenza” o, più correttamente una “Proclamazione della Continuità dell’Indipendenza della Veneta Repubblica”, stanti i bassi livelli oggi raggiunti, e stanti gli attuali scenari internazionali, può bastare.

La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno in famiglia e sul lavoro, negli uffici e nelle officine, non solo continuando a lavorare con onestà e con dignità, ma anche spingendo quanti ne hanno dimenticato il gusto ed i vantaggi a riscoprirli ed a reimpostarli.
La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno restaurando la dignità delle nostre Comunità e terre ed acque devastate ed avvelenate, e sarà un lavoro e vasto e corale, irrobustendo i fili del tessuto sociale indeboliti e riannodando quelli spezzati, riscoprendo regole e ritmi e tesori del bon piovego.
La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno riacquistando consapevolezza ed il giusto orgoglio per la nostra storia, per i consistenti contributi veneti alla civiltà mondiale, per la validità delle nostre leggi ed istituzioni che hanno garantito per secoli giustizia e benessere diffuso ineguagliati in Europa e nel mondo.
Consapevolezza e giusto orgoglio che vanno coltivati non solo a livello individuale e familiare, ma portati in ogni ambito sociale e produttivo, nei clubs e nelle parrocchie, negli ambienti di lavoro e nelle scuole. Il sistema scolastico coloniale ed il sistema universitario coloniale vanno smantellati dall’interno, con un confronto quotidiano ed implacabile con le maestre ed i maestri d’asilo e delle elementari, con gli insegnanti e i presidi delle scuole di ogni ordine e grado, con i docenti universitari, mettendoli di fronte alle miserevoli contraddizioni delle censure, dei silenzi, delle manipolazioni, delle inversioni e delle invenzioni della Storia operate dai regimi coloniali italiani e pienamente operanti anche oggi.
Fino alla soglie dell’Università saranno i genitori e gli studenti insieme a far opera di pressione, di informazione e di smascheramento nei confronti del corpo degli insegnanti; in ambito dell’Università sarà compito primario degli studenti sviluppare e far fiorire questa splendida rivoluzione incruenta e non violenta che è e sarà passaggio ineludibile verso la nostra piena liberazione.

La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno operando con l’informazione e le più diverse civili iniziative per giungere allo smantellamento dei monumenti e delle lapidi dedicate ai soprusi a nostro danno ed a criminali di guerra, a delinquenti ed a spietati mercenari, lapidi menzognere ed oltraggianti monumenti, quelle e questi diseducativi per i nostri figli e per gli immigrati, monumenti e lapidi che avvelenano le nostre città ed i nostri borghi, municipi, chiese, parchi, cimiteri, piazze e strade.
La vera Indipendenza della Veneta Nazione la si costruisce giorno per giorno difendendo la dignità di ogni componente sociale onesta e attiva (cioè non parassitaria) della società veneta dell’ieri e dell’oggi e del domani. In Francia ed in Germania è un onore l’essere stati o l’essere contadini : tra i popoli imprigionati entro i confini dello Stato Italiano, e quindi anche per tanti Veneti, l’essere o l’essere stati contadini è stato fatto diventare motivo di vergogna, si inventano le scappatoie più penose per occultare, con fumosi giri di parole o con etichette astruse ciò che è titolo di vera nobiltà.

La Repubblica Veneta è stata in piedi ed è fiorita non grazie a protettori/padroni esterni (come lo Stato italiano in tutte le sue incarnazioni) (No xe vero, sovegnemose de Bixansio). La Repubblica Veneta è stata in piedi ed è fiorita più a lungo di ogni altro Stato non grazie a baionette e sbirri e spietati sistemi impositivi militarizzati, come il fallimentare Stato italiano (fallimentare fin dal suo concepimento e dalla sua nascita) e come la maggior parte degli Stati della Storia (No xe vero parké Venesia la gheva el domegno militar ente la tera ferma).
La Repubblica Veneta è stata in piedi ed è fiorita più a lungo di ogni altro Stato grazie ad articolati sistemi di ampie autonomie e di gestioni comunitarie di ricchezze e di risorse sperimentati e perfezionati nei millenni (sistemi che mai degenerarono come invece nel corrotto e corruttore Stato italiano sono rapidamente degenerati Municipi e consorzi e le cooperative e bianche e rosse) No xe dal tuto vero, ghe jera anca na scianta de corousion.
La Repubblica Veneta è stata in piedi ed è fiorita più a lungo di ogni altro Stato grazie a leggi severe ed eque e chiare che colpivano i potenti con maggior durezza rispetto ai singoli ed ai gruppi più deboli : i contadini veneti conoscevano le leggi, sapevano che il Veneto Senato li ascoltava e ne tutelava diritti e dignità (No senpre).
Per questo gli storici (quelli onesti, non quelli che nelle Università italiane nascondono o falsificano la Storia) riconoscono che più e più volte sono stati proprio i contadini a tenere in piedi la Veneta Repubblica, a costituirne, assieme agli artigiani e agli operai, agli imprenditori ed ai mercanti, l’anima e la forza, la ragion d’essere, la legittimità e l’essenza. Se pensiamo che praticamente tutti gli altri Stati europei trovavano invece la propria legittimazione nei soprusi e negli arbitri di una dinastia o di una o più caste feudali dominanti, possiamo ben comprendere quale fosse l’effettiva dimensione, e fisica e morale, della Veneta Repubblica. Dimensione ben descritta da Franco Venturi nel 1989, dimensione che chi scrive ha ricordato in un testo del 12 Aprile scorso (“Le ragioni dei Veneti”), testo riprodotto anche in Vivere Veneto.

Per questo la Veneta Repubblica sarà esempio e modello per nuove e più libere comunità europee quali la Federazione Elvetica, le Province Unite Olandesi, il Commonwealth (cioè il Bon Piovego) Inglese (No no la pol pì esar tolta a modelo, caxo mai a xe la Xvisara da tor a modelo).

Lo Stato italiano è antitetico a questo modello, per certi versi è ancora peggiore dei peggiori Stati feudali del passato (Anca Venesia no la jera da manco ...).

Il Regno d’Italia viene proclamato a Torino nel Marzo del 1861, frutto del convergere dei più disumani interessi antipopolari dello Stato piemontese e dello Stato di Milano.

E per comprendere appieno questa mostruosa convergenza - giacché nessun libro, nessuna scuola, nessuna università lo spiega – occorre qui, seppur brevemente ricordare come e da quale modello lo Stato Italiano sia nato, come e quanto lo Stato piemontese e lo Stato di Milano del XIX secolo (e del XX e di oggi) siano assai diversi rispetto allo Stato piemontese ed allo Stato di Milano dei secoli precedenti.
Perché questi due Stati, molto di più dello stesso Stato francese, saranno pervertiti fin nel profondo del loro midollo e della loro anima dal maestro di Hitler, Napoleone Buonaparte. Napoleone Buonaparte non è il generoso apostolo che diffonde in Europa ideali di libertà, fraternità, eguaglianza come – mentendo sapendo di mentire – tanti autori e tanti docenti (ed anche un accademico dei Lincei, ho letto proprio ieri, grazie a Milo Boz Veneto, qui in Facebook) ci raccontano. Gli ideali di libertà, fraternità, eguaglianza erano già giunti (grazie anche all’editoria veneta) in ogni parte d’Europa, e in Russia ed in America, prima ancora che Napoleone iniziasse a muoversi.

Il fatto è che Napoleone fin da ragazzetto, quando il padre lo condusse a Versailles, sognava di prendere il posto di re Luigi, e di farsi non soltanto Re, ma anche di fare Re e Regine i suoi fratelli e favoriti, e di farsi Imperatore, e Cesare (e quindi e Kaiser e Zar, e Imperatore a Roma, al posto del Papa) e Alessandro, e quindi anche Faraone e Imperatore della Persia e d’India.
Ecco perché Napoleone punterà al più ricco e florido Stato d’Europa, la Veneta Repubblica, per utilizzare la veneta marina al fine di raggiungere l’Egitto, per utilizzare le venete basi sul Mar Rosso e le immense venete ricchezze per compiere il gran balzo verso l’India, per utilizzare i veneti territori come merce di scambio nel suo avvicinarsi al trono imperiale a Vienna, per utilizzare le Venete ed i Veneti come forza lavoro, e i maschi anche come carne da cannone per conquistare il trono imperiale russo (sono non meno di 30.000 i Veneti caduti allora in Russia grazie alla sua follia).
Allo scoppio della Rivoluzione la madre lo invita ad approfittare di quel gran incendio per arraffare quanto più possibile, a qualsiasi costo; ed in ciò gli sarà di gran aiuto il suo ripristinare lo schiavismo, ed il caro fratello della madre, futuro cardinale.
Giunto a Milano, non sapendo se mai sarebbe riuscito effettivamente a prendere il potere nella Parigi ormai in mani assai più avide e spietate di quelle dei Re, Napoleone inizia a snaturarla, trasformandola nell’avida e corrotta capitale di un nuovo Stato creato a sua immagine – chiamato Repubblica Cisalpina, poi Repubblica Italiana, poi Regno d’Italia - lo Stato delle carriere più inutili e parassitarie della Storia, nella pletora infinita di una burocrazia e di un apparato militare proliferanti come tessuti metastatici. Emblema di tanta mostruosità il suo plenipotenziario, quel Francesco Melzi d’Eril che mai si accorse dell’esistenza del popolo e delle sue necessità.
E non è un caso che i macabri cantori del “risorgimento” e dei festeggiamenti per il 150° anniversario della cosiddetta “unità d’Italia” abbiano Melzi d’Eril quale modello ideale.
Quanto al Piemonte, nei lunghissimi anni della fuga e dell’esilio dei Savoia in Sardegna sotto protezione britannica, proprio il Piemonte (che sarà parte dell’Impero Francese, non del Regno d’Italia) sarà anch’esso più di ogni altro Stato contagiato dalla tabe napoleonica : trasformato, con gioia di molti Savoia, in un’unica immensa e lugubre caserma, covo di un militarismo fine a sé stesso che inventerà guerre su guerre, sempre nuove guerre per tentare di alimentarsi e sopravvivere, e di una burocrazia altrettanto pletorica e parassitaria ed insaziabile.
Ecco il motivo della profonda, inconciliabile incompatibilità tra il blocco Milanese-Piemontese che è alla base dello Stato Italiano proclamato nel 1861 ed il Veneto Stato del 1866, del XX secolo, di oggi.

Franco Rocchetta, Febbraio 2014 more Veneto (2015)


La potensa de Venesia ła xe scuminsià e ła xe cresesta co ła jera soto Bixansio.

No dexmenteghemose le colpe de Venesia e de la so arestograsia entel termene de la Repiovega Veneta.

Ƚe colpe, ƚe responsabeƚetà e ‘l tradimento dei venesiani
viewtopic.php?f=167&t=1277

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Re: Ła storia dei veneti contà fa Franco Roketa

Messaggioda Berto » mer mar 11, 2015 8:01 am

Anca Venesia e łi venesiani łi gheva łe so pèke e magagne!


La corousion venesiana:
El venesian Andrea Boldù (ladron bandito de prima clàse)
Andrea Boldù camerlengo 1698
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http://www.filarveneto.eu/wp-content/up ... ng1698.jpg
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La viołensa e ła brutałetà venesiana:
I Doxi venesiani
viewtopic.php?f=179&t=1337
... Nei primi tre secoli di Venezia vi furono ventotto dogi, di cui quattordici deposti, con accecamento, taglio della barba e dei capelli per sfregio o per forzata tonsura (al modo bizantino), oppure uccisi in rivolte; quattro preferirono abdicare, uno cadde in battaglia e solo nove morirono di morte naturale. ...


La soprafasion venesiana del popoło:
L'arestocrasia venesiana jereła na casta veneta?
viewtopic.php?f=137&t=36
Andrea Da Mosto: I bravi de Venesia
(altro ke łe vesasion de i nobełi de tera de secołar orexene jermanega o d'altra, cofà Don Rodrigo!)
http://sbmp.provincia.venezia.it/mir/mu ... aMosto.pdf
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Re: Ła storia dei veneti contà fa Franco Roketa

Messaggioda Berto » mer ago 17, 2016 6:55 am

Par capir l'omo połedegante de Roketa

Na vecia entervista

1997, Assalto a S. Marco - Dichiarazioni di Rocchetta, Bossi, Comencini, Foggiato e Padovan
https://www.youtube.com/watch?v=QSyGmmNMf2s

N'altra entervista pì reçente, co Roketa el sostegneva el fanfaron de Buxato, coelo del falbo referendo:
https://www.youtube.com/watch?v=N4QqrLA5sTg
Immagine

Roketa kel defende i çentri soçałi
https://www.youtube.com/watch?v=WEDzb-xAJ9I

A mensiono ke co i nasisti xlameghi łi ga copà o fato straje de łi ebrei de Charlie Hebdo, Roketa el ga ciapà łe so parti, coełe dei teroristi sasini, pexo del Papa, dixendo ke łi jera stà provocà e ofexi.
Na vargogna granda defendar el mal xlamego, l'idoło de l'oror e del teror Alah e kel terorista sasin de Maometo.
Mi n'omo cusì pì kel me stà lonsi mejo a stò.


Franco Roketa
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