El caxo de on veneto costreto a xbandonar ła so tera e a migrar par colpa de l'onto e ensipio domegno tałian e roman.Cosiensa/encosiensa, miti e peke:
ente sta łetara de adio a ła tera veneta se pol ciapàr cosiensa de tuti i łimiti de na çerta conta de ła storia dei veneti.ADDIO VENETO, ME NE VADO IN AMERICA MA TI LASCIO IL MIO CUORE
di FRANCESCO LEON
http://www.miglioverde.eu/addio-veneto- ... -mio-cuore Ultimamente ascolto una canzone dell’album del 1966 di Adriano Celentano, il Ragazzo della via Gluck e comparo il sofferto esodo dalla campagna alla città con la mia scelta di vita: l’emigrazione. In particolare pensando al Veneto mi scorre sulla mente questa frase della canzone: “Ma un giorno disse, vado in città, e lo diceva, mentre piangeva”.
Questa mia scelta è l’epilogo di una storia aziendale ultracentenaria finita miseramente negli ultimi mesi. Non do la colpa a nessuno (o forse dovrei fare un elenco di qualche pagina) di questo triste finale: il motivo è semplicemente il calo della domanda del settore edile. La causa? Chi lo sa? L’Euro? Le banche? L’indebitamento dello Stato? Burocrazia? Costi energetici? Tre anni di crisi ci hanno messo in ginocchio: chiuso tutto e tutti a casa. Un disastro completo.
E cosa fare adesso? Io sono ancora giovane. Ricostruire? Non ci sono le condizioni di mercato, di Paese e di sistema bancario. Io dal sistema bancario italiano sono bannato a vita. Chissà perché? E’ vero le banche hanno perso molti soldi (milioni) ma io non ne ho rubati. Dimenticano che c’è sempre il rischio di default. Quando hanno fatto investire alla nonna ultranovantenne di un mio caro amico quasi tutti i suoi averi in bond argentini, anche lì pensavano che il default non esistesse? Probabilmente, pensano che la crisi dell’edilizia sia colpa mia: contenti loro. Comunque il problema bancario non deriva dal solo fatto che sono bannato a vita dal loro sistema ma anche e soprattutto dall’incompetenza nella comprensione delle dinamiche aziendali, con personale anche di livello medio-alto a dir poco mediocre, eccetto qualche eccezione a dir il vero. Vivono in un mondo parallelo. A loro interessa solo l’EBITDA e l’attivo patrimoniale, indipendentemente da cosa produci: pane o barre d’acciaio. E’ proprio vero quello che diceva una vecchia pubblicità: ti riempiono di ombrelli quando c’è il sole (avevo la coda di banche nel 2007 a chiedermi se avevo bisogno di qualsivoglia finanziamento) e ti tolgono tutto appena piove (non ufficialmente si intende: le linee a breve pur non essendo revocate sono state inutilizzabili a singhiozzo per due anni). Trovare un lavoro da dipendente? Non sono il tipo: ho bisogno di stimoli, non di limiti. Allora forse aprire una nuova attività più tranquilla? Ma siamo pazzi? Notaio, licenze, visite della guardia di finanza, commercialista, INPS, mercato disastrato… no grazie. Suicidio come tanti nella mia situazione? Sono giovane ed ho famiglia: posso ricostruirmi una vita e devo costruire un futuro alla mia famiglia. I miei figli troveranno mai lavoro qui tra 20 anni? Non ho fiducia. E poi, dopo anni di fatiche non ho proprio voglia di ricominciare… qui.
Ho scelto: voltiamo pagina, andiamo via. Ben lontani: circa 8.000 km da casa dove le noiose seccature del post chiusura delle aziende arriveranno in maniera lieve. Una tranquilla città degli Stati Uniti dove un mio caro amico, un amico vero che si vede nel momento del bisogno, mi ha aiutato nell’iter del visto. Una città con una qualità di vita molto alta, il tasso di disoccupazione ed il tasso di criminalità tra i più bassi degli Stati Uniti. E sempre torna alla mente Adriano Celentano: “…Io gli domando amico, non sei contento? Vai finalmente a stare in città. Là troverai le cose che non hai avuto qui, …”. Un posto dove in due ore esci dall’ufficio della motorizzazione con la patente in mano e 23 dollari in meno. Niente corsi obbligatori, bolli, test e quant’altro: un test al computer e 5 minuti di esame al volante. E aprire una attività? Nessuna licenza, iscrizione all’equivalente registro delle imprese online senza notaio…… a descrivere tutte le differenze rispetto al sistema Italia potrei stare qui mesi. Certo ora l’economia degli Stati Uniti ha molte più regole che nel periodo di Ronald Reagan, il debito fa paura e le cartiere stampano banconote. Ma prima che diventi come l’Italia (spero mai) ci vorranno ancora decenni di politica consociativa.
Tutto è pronto per l’intervista presso l’ambasciata di Roma, l’ultimo step prima del rilascio del visto. L’auto di mia moglie l’ho già venduta, quella mia è in vendita da mesi. Il contratto di locazione della mia casa è da affinare ed il testo di procura generale ad una persona di fiducia è fatto: devo solo contattare il notaio. Ho la mia lista (“garage sale”) dei beni che metto in vendita ed il preventivo pronto per trasferire 5 metri cubi di beni personali in Stati Uniti. Ho firmato il preliminare per l’acquisto della casa in America, eseguita in modo soddisfacente la “house inspection”, aperto il conto corrente. Alle scuole dei bambini in America è già stato comunicato il nostro arrivo per i primi di Ottobre. Ci siamo, manca solo l’ok e la consegna del visto e poi andrò a comprare quattro biglietti aerei: solo andata.
Ma il Ragazzo della via Gluck tristemente afferma: “Mio caro amico, disse, qui sono nato, in questa strada ora lascio il mio cuore”. E’ vero, lascio il mio cuore: ho sempre sognato un Veneto Libero, libero di vivere nella sua cultura, nelle sue tradizioni di onestà e laboriosità, ma devo dare la priorità al futuro della mia famiglia e dei miei figli.
Chi mi conosce sa che sono ho l’animo del patriota. Sono uscito dalla politica e mi sono legato ai vari movimenti culturali del Veneto. Ho partecipato attivamente a varie iniziative, ho scritto due libri, ho ideato e partecipato a questa e quella attività. Ma non mi sono mai esposto: non cerco notorietà. Per me esiste solo la causa: il Veneto Libero. Sembrerà strano detta da un ragazzo con laurea e master in economia che è stato amministratore delegato di grandi imprese, ma a me dell’indipendenza del veneto per questioni economiche non interessa nulla. Se in Italia abbassassero le tasse dell’80% appenderei il tricolore alla porta? No, per me è una questione di Popolo. Il Veneto è un’altra cosa. E’ come se la Germania invadesse la Francia: la Francia vorrebbe la sua indipendenza perché è un Popolo non perché le tasse in Germania sono più alte o più basse.
Così anche il mio indipendentismo si basa su concetti culturali e storici, non economici ???. E neppure di contrapposizione: il Veneto è meglio della Campania? I veneti sono meglio dei calabresi? Non mi interessa. Per me è come comparare Australiani con Olandesi: sono due cose diverse, non li comparo.
Durante le ultime elezioni regionali sono andato ad un comizio di Fabio Padovan, una persona che stimo da quando l’ho conosciuto di persona (avevo 14 anni), una persona che parla dal cuore al cuore. Mi ricordo benissimo quando diceva in Piazza a Santa Lucia che “i Veneti sono delle persone legate morbosamente alla loro terra”, che lui imprenditore non vuole andar via di qui, vuole che gli altri se ne vadano. Caro Fabio, ho pensato molte volte a chiamarti in questi giorni per chiederti di venire a prendere un caffè per parlare della mia decisione. So come la pensi: avresti cercato di convincermi a restare, e tu sai convincere.
Ma Fabio, io qui non ho più niente e devo costruire un futuro per la mia famiglia. Se non avessi famiglia starei qui, ti giuro, a dedicare la mia vita al Veneto Libero. Un po’ di soldi da parte ce li ho, non ho mai fatto la “bella vita” come avrei potuto permettermi: tre settimane di ferie all’anno, una sola auto del valore mai superiore ai 30.000 euro (ora ne ho una che vale si e no 15.000), una casa, poche volte al ristorante, vestiti belli ma comprati all’outlet nei saldi… La “bella vita” non mi interessa.
Passerei giornate a leggere e scrivere sul Veneto, a visitare i nostri luoghi storici… quanto mi piacerebbe avere la conoscenza del Veneto che aveva Bepin Segato.E poi lavorare notte e giorno per il Veneto Libero. Questa e quella iniziativa, dimostrazione, azione. Politica? No grazie. Vedere 7-8 partiti con scritto Veneto Autonomo, Indipendenza Veneta, Veneto Stato, Stato Veneto ecc… mi fa male al cuore.
Fino a quando non ci sarà il Capo del Partito Unico, il condottiero che quando la situazione si fa tesa accelera e non mette il freno a mano, quando ci sarà colui che riempie le piazze di giovani sotto il vessillo marciano… allora si sarò in politica al suo fianco. Ora è solo delusione e perdita di tempo e soldi. Bisogna lavorare per far riscoprire la propria identità: noi siamo prima di tutto Veneti, poi siamo del PD, di destra, di sinistra ecc.
La gente deve riscoprire le proprie radici ed il proprio orgoglio nazionale. E ci sono i segnali: fuori di molte case ora c’è il gonfalone storico della Serenissima ???. Non c’è la bandiera di partito: bene, avanti così.
Solo quando i veneti si ricorderanno di essere veneti potranno partorire il Capo. Cari ex colleghi imprenditori che forse avete perso tutto come ho perso io, e magari non avete una giovane età come la mia, dove io ho il “lusso” del tempo e della forza per potermela ricostruire altrove, non toglietevi la vita. Non limitate la vostra esistenza al vostro tenore di vita. Un magnete consegnatomi fuori dallo stand del Vaticano all’Expo di Milano dice: “Non di solo pane vive l’uomo”: è vero. Cercate un ideale, un progetto, un obiettivo che vada al di fuori del contesto economico. Al di là della realizzazione dell’uomo attraverso il lavoro, ci sono tante altre strade per realizzarsi: il lavoro, l’imprenditorialità, i soldi non sono tutto ???.
Ora sto leggendo il diario di Bobby Sands, “Un giorno della mia vita”, martire dell’IRA morto dopo anni di torture, la blanket protest, la dirty protest e oltre 60 giorni di sciopero della fame nei famosi Blocchi H. Alla giovane età di 27 anni con una moglie ed un figlio è morto. Perché? Perché il suo ideale dell’Irlanda libera era più forte delle torture, del carcere duro della Thatcher, della famiglia e del figlio. Ritengo che morire per un ideale abbia un senso, ma morire per un fallimento imprenditoriale assolutamente no. Cari ex colleghi guardate oltre i confini del vostro ex capannone: il Veneto ha bisogno di voi. Forse è meglio così, aver chiuso, piuttosto che vivere una vita da imprenditore martoriato in questo Paese.
Parafrasando un po’ Braveheart si potrebbe dire che chi continua a fare l’imprenditore resta vivo, almeno per un po’… ”ma agonizzanti in un letto, fra molti anni da adesso, siete sicuri che non sognerete di barattare tutti i giorni che avrete vissuto a partire da oggi per avere l’occasione, solo un’altra occasione, di tornare qui sul campo, ad urlare ai nostri nemici che possono toglierci la vita ma non ci toglieranno mai la libertà!”.
Sto toxat el ga el mito dei Serenisimi, de Bepin Segato, de ła storia de Venesia come se ła fuse ła storia de tuti i veneti; el ga el mito del partido połedego, del capo połedego dux/doxe e gnanca el se enacorxe ke manca el popoło pì ke on capo carexmatego. E manca dal tuto l'Ouropa.
Ono dei pì boni motivi par l'endependensa lè coeło economego come ke xe stà par łe cołonie angrexi de ła Merega e anca l'enpro roman lè termenà par coestion economeghe, co łe tase te sofega e łe te copa no resta ke ła lebertà e l'endependensa.