LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » dom mar 09, 2014 7:12 pm

GIORGIO da Casteo el scrive:

http://www.life.it/signoraggio-bce-euro ... /#comments

8 marzo 2014 alle 14:46

IL SIGNORAGGIO ossia LA GRANDE TRUFFA (di Azionisti e dello Stato). Del debito pubblico sono responsabili le banche tanto quanto l’intera partitocrazia italiana. La crisi, negli Stati Europei con i conti in regola, incide 2/3 in meno che da noi.Il debito ce l’ha l’italia verso tutti quelli che possiedono i suoi titoli di stato (banche e cittadini). DIMOSTRAZIONE : 1) Lo stato ha bisigno di 100 milioni di euro. Fa stampare queste banconote dalla banca centrale (BC) al costo di 0,03/100 euro (costo tipografico) 2) per avere il prestito l’italia deve emettere titoli (bot,cct …) che la BC riceve valutandoli all’85% (1^ truffa) 3) la BC (banca di azionisti privata) seguendo una tradizione aurea, ma dal 1929 cessata e per sfuggire alle tasse che le competono, mette a bilancio i 100 milioni come passivita’ (2^ truffa) 4) i titoli pagati all’85% poi la BC li vende a privati e banche commerciali per il valore scritto nel titolo ossia 100. Questa è la STRATEGIA a BENEFICIO degli AZIONISTI cioè mettere in bilancio un passivo che non esiste e non pagare le tasse. Ai portatori dei titoli in scadenza, maggiorati degli interessi, gli importi li pagano i cittadini (le banche autorizzate dallo stato) con le tasse.
Oggi il SIGNORAGGIO crea solo miseria perche’ i 100 milioni vengono investiti,per buona parte,in Cina provocando da noi debito pubblico esponenziale e pressione fiscale elevatissima.Tutto questo è la causa di fallimenti personali ed aziendali con la fuga verso l’estero di chi puo’ e purtroppo di drammi sociali di cui i suicidi sono solo la punta della piramide. (GdC)



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1) Del debito pubblico sono responsabili le banche tanto quanto l’intera partitocrazia italiana.

Dixen ke xe pì responsabiłi i partiti e łi so gowerni e ła burocrasia del stado tałian ke łi gà aministrà ła poledga economega, de łe spexe stadałi, del debeto piovego e de łi skei; łe banke privade łe vien dapò e no en vanti; da xontarghe tuti łi çitadini tałiani ke łi ghe ga magnà sora co łi spreki, łe tanxenti, łe falbe pension, łe trufe, łi enbroj, l’eresponsabełetà, el non łaoro, ...


2) La crisi, negli Stati Europei con i conti in regola, incide 2/3 in meno che da noi.

Coesta ła xe ła demostrasion ke endoe ghè na połedega e on stato difarenti, łe robe łe va mejo e anca łe banke łe xe manco ladre.


3) Lo stato ha bisigno di 100 milioni di euro. Fa stampare queste banconote dalla banca centrale (BC) al costo di 0,03/100 euro (costo tipografico) 2) per avere il prestito l’italia deve emettere titoli (bot,cct …) che la BC riceve valutandoli all’85% (1^ truffa)

Dixen ke no se capise parké ła Banca Çentral o BÇ (BCE) ła gapie da valutar i titołi a l’85% ... no xe ke ła Banca Çentral o BÇ (BCE) ła cronpa łi titołi statałi a l’85% del so valor, caxomai xe el valor dei titołi come garansia kel vien valutà a l’85%; no capiso e no so bon de vadar endove ke staga ła trufa de ła BÇ (BCE).

El monopołio monedaro o skearo de ła BÇ (BCE) e come ke ła BÇ (BCE) ła finansia łi gowerni
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... JpMk0/edit


http://it.wikipedia.org/wiki/Politica_monetaria
http://it.wikipedia.org/wiki/Operazioni ... ato_aperto
Le operazioni sul mercato aperto (open market operations) sono transazioni che la banca centrale effettua in Borsa. Il termine è usato con riferimento alle sole banche centrali, che per statuto non hanno profitti e, diversamente dagli altri operatori, agiscono non con finalità di lucro, ma per sostenere la moneta nazionale.
Mediante operazioni sul mercato aperto la banca centrale acquista/vende titoli di Stato, immettendo o assorbendo moneta. I titoli di Stato vengono collocati in un'asta (esterna alla Borsa), riservata a grandi investitori istituzionali che rivendono i titoli ai risparmiatori e ad altri soggetti economici. In Borsa esiste un mercato secondario dei titoli, in cui i titoli scambiati non sono degli emittenti, ma di acquirenti (piccoli risparmiatori e imprese, ma anche banche che li rivendono alla clientela), che decidono di vendere.

La compravendita dei titoli di Stato è il principale canale con il quale la Banca centrale assolve il suo compito statutario di regolare la quantità di moneta. Comprando titoli, inietta moneta nel sistema; vendendoli, raccoglie moneta riducendo la liquidità in circolazione.
Le operazioni sul mercato aperto assicurano la liquidità necessaria al sistema bancario, come è riportato nei testi di economia. Da notare che non è affatto equivalente ad assicurare la liquidità al sistema economico (di cui quello bancario è solo un sottosistema), ovvero a monetizzare il mercato.
Le operazioni sul mercato aperto sono quindi il modo in cui tecnicamente le banche centrali danno attuazione alla politica monetaria, a seguito di una decisione di alzare/abbassare i tassi.



4) 3) la BC (banca di azionisti privata) seguendo una tradizione aurea, ma dal 1929 cessata e per sfuggire alle tasse che le competono, mette a bilancio i 100 milioni come passivita’ (2^ truffa)

Ła BC o Banca Çentral no ła xe privada ma ła xe na istitiusion piovega; no se capise sta storia de l’evaxion fiscal e de sta prexounta trufa par via de sta contabełetà entel biłanço.

BÇ (BCE)
http://www.ecb.europa.eu/ecb/html/index.it.html
http://europa.eu/about-eu/institutions- ... dex_it.htm
http://it.wikipedia.org/wiki/Banca_centrale_europea

La purpietà de le banke:
http://digilander.libero.it/togiga/signoraggio.pdf

7.1 La Banca d'Italia non è una società per azioni
Un'ulteriore frottola riguarda la Banca d’Italia: sarebbe una società per azioni (spa) poiché banche italiane e straniere ne possiedono il capitale.
In realtà la Banca è un istituto di diritto pubblico. Lo stabiliscono la legge bancaria del 1936, la legge 262 del 2005 (legge sul risparmio), articolo 19 comma 2 e lo Statuto (articoli 1, 3, 5, 18, 20, 31 e 42)1 dove non si parla mai di società per azioni, srl, ecc.
Lo ribadisce anche la Corte di Cassazione : la Banca d'Italia “non è una società per azioni di diritto
privato ... bensì un istituto di diritto pubblico”.
E se fosse una società per azioni? Il proprietario potrebbe cedere liberamente le azioni, cosa vietata ai partecipanti al capitale della Banca, che cedono le quote di partecipazione (art. 3) solo “su proposta del Direttorio, solo previo consenso del Consiglio superiore”.
Si può ipotizzare che la Banca agisce come una spa. In tal caso varrebbero gli articoli 2325, 2346 del codice civile che parlano di azioni (art.:“Le quote di partecipazione dei soci -di una spa- sono rappresentate da azioni”). Azioni che nel caso della Banca d'Italia non esistono.
L'assemblea dei soci, se fosse una spa, nominerebbe (articolo 2364) gli amministratori, i sindaci e il presidente del collegio sindacale. Non esiste assemblea dei soci e i partecipanti non nominano il governatore Draghi né, in base all'articolo 2383 del codice civile, hanno potuto revocare il mandato al governatore Fazio.
Che la nomina e la revoca del Governatore non risponda alle regole valide per qualsiasi s.p.a. lo testimonia anche la legge 262 del 2005 che richiede (art.19 comma 8) che occorre un decreto del Presidente della Repubblica.
In conclusione, la Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico. Non è una spa, di cui non possiede le caratteristiche e di cui non rispetta le regole.

7.3 Banca Centrale, potere effettivo, conflitto di interessi e proprietà delle banche
I partecipanti al capitale della Banca d’Italia non sono azionisti qualsiasi. La legge bancaria del 1936 art. 2012 riserva le quote a banche, assicurazioni e istituti di previdenza rimasti fino al 1992 di proprietà pubblica.
Oggi tra i principali azionisti delle banche, trasformate in spa o banche di credito cooperativo dalla legge Amato-Ciampi (o Amato-Carli del 1990 ?) del 1992 (o del 1998 ?), ci sono le fondazioni bancarie, i cui consigli di amministrazione sono nominati dagli enti locali e dalle organizzazioni professionali.
Anche se trasformata in spa, la proprietà di molte banche resta sotto il controllo pubblico sotto forma di fondazione bancaria.



5) 4) i titoli pagati all’85% poi la BC li vende a privati e banche commerciali per il valore scritto nel titolo ossia 100. Questa è la STRATEGIA a BENEFICIO degli AZIONISTI cioè mettere in bilancio un passivo che non esiste e non pagare le tasse.

Coà a ghè na confouxion orenda: ła BC no ła pol cronpar titołi diretamente dal Stado, ke pol farlo xe domè łe Banke Marcanti o Comerçałi, ła BC ła pol verle come garansia de łi prestiti ke ła fa a łe Banke Marcanti o Comerçałi en seconda batua o cronparle da coeste ...


http://www.bancaditalia.it/banca_centra ... oni/titoli
TITOLI DEL DEBITO PUBBLICO
La Banca d’Italia collabora con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) nella gestione del debito pubblico. In tale ambito, la Banca d'Italia
- esegue le attività di collocamento/riacquisto dei titoli di Stato e di servizio finanziario del debito:
- fornisce assistenza nella definizione della politica di emissione, formulando ipotesi di copertura del fabbisogno mediante collocamento di titoli;
- effettua elaborazioni finanziarie connesse con i titoli di Stato.

http://it.wikipedia.org/wiki/Politica_monetaria
http://it.wikipedia.org/wiki/Operazioni ... ato_aperto
Le operazioni sul mercato aperto (open market operations) sono transazioni che la banca centrale effettua in Borsa. Il termine è usato con riferimento alle sole banche centrali, che per statuto non hanno profitti e, diversamente dagli altri operatori, agiscono non con finalità di lucro, ma per sostenere la moneta nazionale.
Mediante operazioni sul mercato aperto la banca centrale acquista/vende titoli di Stato, immettendo o assorbendo moneta. I titoli di Stato vengono collocati in un'asta (esterna alla Borsa), riservata a grandi investitori istituzionali che rivendono i titoli ai risparmiatori e ad altri soggetti economici. In Borsa esiste un mercato secondario dei titoli, in cui i titoli scambiati non sono degli emittenti, ma di acquirenti (piccoli risparmiatori e imprese, ma anche banche che li rivendono alla clientela), che decidono di vendere.

La compravendita dei titoli di Stato è il principale canale con il quale la Banca centrale assolve il suo compito statutario di regolare la quantità di moneta. Comprando titoli, inietta moneta nel sistema; vendendoli, raccoglie moneta riducendo la liquidità in circolazione.
Le operazioni sul mercato aperto assicurano la liquidità necessaria al sistema bancario, come è riportato nei testi di economia. Da notare che non è affatto equivalente ad assicurare la liquidità al sistema economico (di cui quello bancario è solo un sottosistema), ovvero a monetizzare il mercato.
Le operazioni sul mercato aperto sono quindi il modo in cui tecnicamente le banche centrali danno attuazione alla politica monetaria, a seguito di una decisione di alzare/abbassare i tassi.

El monopołio monedaro o skearo de ła BÇ (BCE) e come ke ła BÇ (BCE) ła finansia łi gowerni
https://docs.google.com/file/d/0B_VoBnR ... JpMk0/edit




6) Ai portatori dei titoli in scadenza, maggiorati degli interessi, gli importi li pagano i cittadini (le banche autorizzate dallo stato) con le tasse.

I debiti pioveghi o del stato łi vien pagà co i skei ke stado el tira sù co łe tase dei çitadini o fando altri debeti o co l’enflasion (dito anca tasa o signorajo de l’enflasion); ki dovaria pagarli i debeti, i santi del çeło?
Łi intaresi so i prestiti fati da ła BÇ (BCE) a łe Banke Marcadare o Comerçałi, ke ła BÇ (BCE) encàsa łi vien jirà a łi stati come anca łi entaresi so i titołi de stato en man a ła BÇ.



7) Oggi il SIGNORAGGIO crea solo miseria perche’ i 100 milioni vengono investiti,per buona parte,in Cina provocando da noi debito pubblico esponenziale e pressione fiscale elevatissima.

Ki no capiso cosa ke Jorjo el voja dir.
El marcà l’enveste łi so skei endoe kel reten pì convegnente, se ente ła Tałia no se pol far enprexa parké el stado, ła so burocrasia o łe MAFIE łe te magna vivo me par nadural ke ki ke ga skei da envestir so l’enprexa el vaga da naltra parte.
No se capise pò cosa ke ghe çentra el Signorajo i cu profiti łi va tuti ente łe càse pioveghe.
No se confonda łi rediti o profiti da Signorajo, de łe BÇ (BCE) ke łi va ente łe càse de łi stati co i profiti de łe Banke Marcadare o Comerçałi ke ghe vien co łe presta łi skei a i çitadini e a łe enprexe.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » dom mar 09, 2014 7:58 pm

Vardè anca kive so wikipedia coanti caxini asurdi so ła storia del signorajo!

http://it.wikipedia.org/wiki/Discussion ... /archivio2
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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » ven mar 14, 2014 7:28 pm

Da Vicenza: disobbedienza fiscale - Pubblicato 14 marzo 2014 | Da daniele

http://www.life.it/da-vicenza-disobbedi ... #more-4590

Il dibattito di Vicenza del 12 marzo 2014 con tema unico la disobbedienza fiscale , ha messo in evidenza i diritti fondamentali dell’essere umano dal punto di vista filosofico, morale e del diritto moderno.

L’essere umano non può ritrovarsi a trascorrere una vita meccanica scandita dai tempi dettati dalla tecnocrazia, una vita da autòmi che a comando si mettono in moto, producono e, sempre a comando si fermano quando il programma lo prevede.

La presenza dell’uomo in questa terra non può essere regolata da meccanismi e norme che prevedono la negazione della libertà individuale, della famiglia e della felicità, per creare esseri meccanici privi di emozioni, di ideali e di progetti: senza futuro, cioè schiavi.

Lo Stato italiano ha oltrepassato da tempo tale limite e con l’imposizione fiscale, che non trova eguali al mondo per la sua gravità, sta portando a termine l’insano progetto schiavista.

A comando l’economia è finita a rotoli: manca il lavoro, mancano i soldi, sempre di meno ce ne saranno e i problemi economici prendono il sopravvento nella vita di ognuno di noi. Chi non resiste allo stress si suicida mentre tutti gli altri si trovano a combattere senza sosta, giorno per giorno, contro il disagio per non saper più garantire ai figli e al consorte un’esistenza decorosa.

La struttura base della società Veneta, la famiglia, prima si incrina e poi si sgretola.

Il tutto avviene mentre lo Stato non allenta minimamente la sua morsa e continua, come un torchio, a stritolare di tasse i Veneti per strizzarne sempre più ricchezza e convertirla beffardamente in sprechi.

Che fare contro questa bestia stato?

Ucciderla! Per farlo bisogna affamarla e poiché la bestia si alimenta con le nostre tasse è lì che bisogna agire.

Come?

Non pagare alla scadenza stabilita ma farlo, in ritardo, entro un anno usufruendo del “ravvedimento operoso” previsto dalla legge e che prevede per il ritardato pagamento delle tasse l’applicazione di un allettante tasso di interesse del 3% (il vs consulente saprà certamente informarvi).

Gli altri, più impavidi, possono bloccare i pagamenti aspettando, anche qualche anno fino all’eventuale accertamento e accettando i rischi che le norme italiane prevedono e che qui trovate http://www.life.it/imposte-e-tasse-pagare-o-non-pagare/

Da oggi questa sarà la via pacifica da seguire fino alla fine, perché la nostra sopportazione è finita e perchè ce lo impongono le leggi naturali della sopravvivenza.

Nessuno può, né deve permettersi di negare all’individuo i suoi diritti fondamentali, tanto meno lo Stato che, sorto come “organizzazione dei cittadini” dovrebbe essere, in quanto tale, garante assoluto di tali diritti.

Ma se lo Stato arriva a tanto significa che ha perso le sue caratteristiche fondamentali; si è trasformato in una entità diversa da quella originaria diventando “il nemico” dei cittadini e, in particolare, nemico intransigente e dispotico dei Veneti .

Contro un nemico che non prevede alcun accordo o patto non resta che un’alternativa: combatterlo e vincerlo.

Solo la nostra vittoria potrà garantire una qualità di vita ora inimmaginabile ma che era quotidianità nella repubblica dei nostri Padri: la Repubblica Veneta.

Daniele Quaglia

Comento ==============================================================================================================================

Daniel el ga scrito:
Nessuno può, né deve permettersi di negare all’individuo i suoi diritti fondamentali, tanto meno lo Stato che, sorto come “organizzazione dei cittadini” dovrebbe essere, in quanto tale, garante assoluto di tali diritti.

Ma coando mai el stado talian lè sorto come “organizzazione dei cittadini” ? ki a se confonde la realtà co n'edeal.
El stado talian lè na orura (na entetà orenda).
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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » dom mar 16, 2014 7:30 pm

Veneti in marcia, da Vicenza a Venezia

http://www.dirittodivoto.org/dblog/arti ... ticolo=433

Questo mercoledì ho avuto la fortuna di assistere alla serata "Disobbedienza fiscale", organizzata dal Tea Party Veneto con LIFE e Comitato 9 Dicembre di Vicenza, con la partecipazione dei Veneti Indipendenti. Si è trattato di una sorta di secondo capitolo della marcia veneta contro la tirannia fiscale, dopo il primo positivo esperimento di fine novembre in quel di Borgoricco.

Se già in autunno la prima prova aveva dato buonissimi risultati, stavolta si può dire che il "format" all'americana, ideato dai ragazzi del Tea Party, abbia mostrato tutte le proprie potenzialità. Cresce il pubblico, cresce la partecipazione emotiva, cresce la consapevolezza di aver dato vita ad un percorso destinato a lasciare il segno, nella comunicazione e nella prassi politica di una Regione che, da anni ormai, detta la linea.

(Fotografie della serata vicentina a cura della nostra corrispondente Masha Sancin) ...

Comunicazione e prassi perchè, non dimentichiamolo, non siamo di fronte soltanto ad eventi mediatici, bensì a momenti motivazionali e testimoniali il cui scopo consiste nel seminare consapevolezza e nel costruire reti operative sul territorio. Lo dimostra la densa brochure informativa distribuita all'ingresso, che mirava a fornire informazioni operative e logistiche per dare un seguito ai contenuti dell'incontro pubblico.

E così, in un Teatro San Marco quasi al completo, splendidamente allestito per l'occasione, si sono alternati sul palco svariati protagonisti del panorama libertario e indipendentista: Paolo De Grandis, nel ruolo ormai consolidato della voce narrante, Don Marino Ruggero, parroco padovano sulle barricate della lotta contro il fisco rapace, Leonardo Facco, deus ex machina del libertarianism militante, Carlo Sandrin, vulcanico leader dei teapartisti marciani, Gabriele Perucca, determinatissimo presidente della LIFE vicentina e responsabile del Comitato 9 Dicembre della città berica, Andrea Polese, commerciante della città di Gattinara che è entrato pubblicamente in sciopero fiscale, seguito dai concittadini all'insegna del motto "O mangiare o pagare le tasse: io mangio!", Luca Azzano Cantarutti, leader dei Veneti Indipendenti ed estensore della proposta di legge 342 per il referendum regionale sull'indipendenza, che si è cimentato in un particolarissimo intervento a due, con Marina Bibi Dalla Costa, chiamata a dar voce, da dietro le quinte, ad una bambina veneta non ancora nata e preoccupata dal futuro delle Terre Marciane.

Con ancora negli occhi i ricordi vividi di mercoledì, mi piace credere che il destino abbia voluto, proprio questa settimana, elevare la bellissima Vicenza a capitale del processo secessionista veneto.

Sarà infatti sempre la città berica ad ospitare, in questa domenica di sole, un altro evento dal grande valore simbolico, allorché incroceranno i propri passi la tappa vicentina della ormai tradizionale e meritoria staffetta Da San Marco a San Marco e la quarta Marcia Silenziosa organizzata dal sempre più interessante collettivo VivereVeneto.

Questo "incontro", così come avvenuto nel caso della serata antifiscale, dimostra che in Veneto lo spirito di collaborazione è molto più forte di un certo istinto alla disgregazione fine a se stessa. Dirò di più: sono molto sorpreso, favorevolmente, dai tantissimi esempi di cooperazione che vedo fiorire sul territorio, stimolati in particolar modo dall'appuntamento chiave di questi giorni, il Plebiscito digitale.

Non è un caso che proprio a Vicenza il Comitato 9 Dicembre ospiti uno dei seggi fisici per il voto assistito. E forse è destino che la fine delle operazioni elettorali, che verrà celebrata sabato prossimo a Treviso, preceda di un giorno il termine della staffetta marciana, che da anni si conclude con la consegna e la benedizione del Gonfalon nella Cattedrale del Santo Patrono in Venezia. Proprio quella Venezia in cui le forze del (dis)ordine italiane hanno goffamente tentato di impedire, venerdì, un servizio videogiornalistico russo agli organizzatori del Plebiscito. Incredibile caso di censura tirannica che si è già ritorta contro gli esecutori.

Tutto si tiene, insomma, anche quando sembra che ognuno vada per la propria strada. E forse ciò si deve al fatto che i percorsi sono tanti, ma il sentiero della libertà è lo stesso, quello che profeticamente il grande Fabio Padovan per primo idealmente (e fisicamente) celebrò, da solo alla partenza ma ben presto in compagnia di tanti: la "caminada veneta".

I Veneti hanno da tempo ripreso a camminare, la marcia sarà stata lunga ma destinata al successo. Le Terre Marciane stanno alzando la testa, il Leone ruggisce e il mondo comincia ad accorgersene. Gli occhi di tutti sono puntati sulla Crimea, ma i pensieri di molti sono rivolti al Veneto, perchè mai come in questo 2014 la rivincita della storia si sta per avverare.
Non ci sarà un centocinquantesimo anniversario a Venezia. Se lo vogliamo, non sarà soltanto un sogno.
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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » ven mar 21, 2014 7:20 pm

Na scomoda veretà so l'euro
http://www.youtube.com/watch?v=jCj0QPKR-1U
No a ła soranedà monedara (nasional o statal) pa poder stanpar skei a maneta.
L’Euro nol xe el mal, ansi lè el manco pexo.

Immagine


LE FAVOLE SUI NOBEL ..::.. postato il 20/03/2014

http://www.eugeniobenetazzo.com/calabro ... speech.htm

Immagine
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... -nobel.jpg


Una parte di lettori mi scrive ormai da numerosi mesi sostenendo che ho improvvisamente cambiato il mio approccio ed il mio pensiero riguardo all'euro ed alla sovranità monetaria, alcuni arrivano simpaticamente anche ad avanzare ipotesi cospirative, tipo che i poteri forti mi hanno comprato o simili assunti da fantafinanza. Non ho cambiato improvvisamente il mio pensiero, l'ho semplicemente adeguato ai principali eventi che hanno caratterizzato la scena economica e finanziaria in Europa. Da questo punto di vista l'economia della moneta unica ha un nuovo zero cronologico rispetto al 1 Gennaio 1999 sto parlando a riguardo del famoso 26 Luglio 2012, giorno ricordato per essere il Draghi's Speech ovvero il discorso del Presidente della BCE quando pronunciò quella famosa esternazione: ECB will be ready to to what ever it takes to preserve euro (la BCE sarà pronta a fare tutto quello che servirà per preservare la moneta unica). Da quella data sono stati messi a regime il Fiscal Compact, il Meccanismo Europeo di Stabilità, le OMT, il processo di Unione Bancaria, il rafforzamento patrimoniale delle grandi banche sistemiche nazionali e nel lungo orizzonte si intravedono gli Stati Uniti d'Europa (forse per il 2020), sempre che a maggio non ci siano sorprese.

Da quel 26 Luglio, giorno che è stato anche simpaticamente battezzato come il Discorso del Calabrone, tutto è cambiato profondamente sia in termini di concertazione ed intervento delle autorità sovranazionali che percezione del rischio di default sistemico in area euro (ecco perchè l'oro ha iniziato la via della discesa, non vi è più il rischio di una crisi mondiale come due anni fa). Secondo la fisica il calabrone non dovrebbe e non potrebbe volare, eppure vola. Lo stesso esempio fece Draghi nell'estate del 2012 sull'euro: stando ai suoi parametri vitali e caratteristiche strutturali, non dovrebbe esistere, eppure non solo esiste ma è anche molto più forte del dollaro statunitense. Oggi non ha più senso parlare di sovranità monetaria perché da quella data l'abbiamo persa per sempre: è quasi impossibile pensare di tornare indietro, hanno istituito un insieme di strumenti ed interventi atti a preservare l'attuale stato dei fatti.
Vi sono in Italia alcuni partiti sulla via del declino che nonostante questo propongono l'uscita dall'euro come cavallo di battaglia del loro manifesto politico: il tutto potrebbe anche rappresentare un tentativo di intercettare parte del disagio sociale per finalità di mera sopravvivenza politica.

Chi dopo il 26 Luglio del 2012 continua a proporre l'uscita dall'euro lo fa sbandierando il tutto stile slogan pubblicitario o con argomentazioni ormai anacronistiche come quella molto decantata che con una propria moneta l'Italia potrebbe svalutare come ha fatto in passato e quindi rilanciare le proprie esportazioni che farebbero da traino per tutto il volano dell'economia italiana.
Tuttavia ci si dimentica di rammentare che una volta usciti dall'euro, si subirebbe di riflesso anche l'espulsione dalla Unione Europea, mentre in parallelo le aziende che esportano dovrebbero a quel punto anche sostenere dazi doganali per rientrare in area euro. Il tutto chiaramente rappresenta un disincentivo volto ad evitare che qualche paese possa ritornare sui propri passi: questo lo ha fatto presente proprio Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio Europeo. Da questo punto di vista è più probabile che un paese esca dall'euro perchè espulso dagli altri paesi, piuttosto che per propria sponte.
Un altro tema tanto caro a chi propone l'uscita dall'euro come panacea dei nostri mali è la chiamata in causa di molti premi Nobel come Stiglitz, Krugman o Friedman. A tal riguardo mi sento di consigliare di fare attenzione a citare i premi Nobel in Scienze Economiche quando si parla proprio di economia ed investimenti.

Infatti, lo stesso Milton Friedman, Nobel nel 1976, padre del moderno neoliberismo è stato interamente sconfessato proprio con la crisi dei mutui sub-prime e le sue successive conseguenze: le sue teorie e proposte di governo per i paesi occidentali oggi sono state completamente dichiarate fallimentari, non da altri Nobel, ma dalla stessa storia umana.
Un altro esempio di economisti con il Nobel in Economia (1997) che hanno preso un bagno è configurabile nell'accoppiata Myron Scholes e Robert Merton, ideatori di un nuovo modello di pricing per gli strumenti derivati: secondo le loro teorie era impossibile perdere denaro affidandosi ai loro algoritmi di calcolo.
Per questo banche centrali di tutto il mondo investirono fiduciose sul fondo di investimento che crearono e gestirono dal nome altisonante Long Term Capital Management (Fondo LTCM). Se nel 1998 la Federal Reserve non fosse intervenuta prestando a questo fondo la modifica cifra di 3.6 miliardi di dollari per coprire le perdite che aveva conseguito in poche settimane trascinandosi dietro molte banche centrali in Occidente, avremmo assistito ad una crisi finanziaria globale cinque volte superiore a quella iniziata esattamente dieci anni dopo con il crash di Lehman Brothers, cioè quella di cui ancora oggi stiamo pagando le conseguenze.
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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » sab mar 22, 2014 10:02 am

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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » mer mar 26, 2014 9:59 am

La LIFE e la bola de conpagnamento

http://www.regione.sicilia.it/Industria ... 992_CE.pdf
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/Lex ... 49:IT:HTML


Il documento di trasporto (D.D.T.)
http://www.studiocominottocantoni.it/IV ... d-d-t.html

Nell'agosto del 1996 in attuazione delle disposizioni contenute nell'art.3, comma 147, lettera d, della Legge 28/12/95 n. 549, è stato emanato il D.P.R. 14/8/96 n. 472 (G.U. 12/9/96 n. 214) è stata soppressa la "vecchia" bolla di accomagnamento o trasporto delle merci viaggianti, obbligo previsto dal D.P.R. 6/10/78 n. 627, ed è stato introdotto nel nostro ordinamento al suo posto il d.d.t. (documento di trasporto). Di seguito approfondiremo le principali caratteristiche e i risvolti civilistici e fiscali dell'utilizzo di tale documento.

Il documento di trasporto (in breve d.d.t.) è stato introdotto a seguito dell'abolizione della bolla di accompagnamento come previsto dall'entrata in vigore della normativa comunitaria (sesta direttiva "IVA" - Direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sul fatturato - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme) che aveva di fatto esonerato dall'obbligo di emissione della bolla i trasporti tra gli Stati membri dell'Unione Europea.

Con la soppressione della bolla di accompagnamento il nostro legislatore però ha lasciato un vuoto normativo in quanto l'art. 21 del D.P.R. 633/72 (Fatturazione delle operazioni), prevede al comma 4 "Per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulti da documento di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l'operazione ed avente le caratteristiche determinate con decreto del Ministero delle Finanze, la fattura può essere emessa entro il mese successivo a quello della consegna o spedizione e deve contenere anche l'indicazione della data e del numero dei documenti stessi ." A tal fine il d.d.t. viene in supporto dell'abrogazione della bolla di accompagnamento permettendo al contribuente di emettere, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell'operazione, la fattura differita, che senza la bolla di trasporto giustificativa della consegna delle merci, non sarebbe più potuta essere emessa ed al cui posto si sarebbero dovute emettere singole fatture per ogni consegna.

Si ricorda che, prima la bolla di accompagnamento, ora il d.d.t., permette di vincere la presunzione secondo cui in base all'art. 53 del D.P.R. 633/72 (Presunzioni di cessione e di acquisto) secondo cui "si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attivita', comprese le sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi o depositi dell'impresa, ne' presso i suoi rappresentanti, salvo che sia dimostrato che i beni stessi: a) sono stati utilizzati per la produzione, perduti o distrutti; b) sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito o comodato o in dipendenza di contratti estimatori o contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o altro titolo non traslativo della proprieta'."

Al comma 3 dell'art. 1 del Decreto del Presidente della Repubblica del 14 agosto 1996 n. 472 si stabilisce che "Il documento previsto dall'art. 21, quarto comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, contiene l'indicazione della data, delle generalita' del cedente, del cessionario e dell'eventuale incaricato del trasporto, nonche' la descrizione della natura, della qualita' e della quantita' dei beni ceduti. Per la conservazione di tale documento si applicano le disposizioni di cui all'art. 39, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Lo stesso documento e' idoneo a superare le presunzioni stabilite dall'art. 53 del citato decreto." Tale documento è il d.d.t.


http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... zione.html

BOLLA D' ACCOMPAGNO VERSO L' ABOLIZIONE

ROMA - ' La bolla di accompagnamento dovrà sparire nel giro di qualche settimana' . A dare questo ordine perentorio è stato ieri il ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, che con questa mossa tenta di dare una prima risposta concreta al vento di rivolta fiscale che si sta alzando nel Nord Est del Paese.

L' abolizione della ' bolla' - è il caso di ricordarlo - è tra i primi obiettivi perseguiti dalla Life, il movimento di piccoli imprenditori e artigiani del Nord Est che sta animando, anche con iniziative clamorose, la protesta contro l' ' oppressione' in materia tributaria cui sarebbero soggetti i lavoratori autonomi.

ANCHE perché la bolla di accompagnamento formalmente è già "stata uccisa". Esattamente dalla Legge finanziaria di quest' anno.

Ma, per tradurre l' abrogazione decisa nella Finanziaria sono necessari alcuni regolamenti che la burocrazia ministeriale delle Finanze si è guardata bene dal predisporre. Almeno sino ad oggi. I regolamenti dovevano essere pronti entro il 30 aprile. Ma, quella data è passata già da diverse settimane e di questi regolamenti non si è vista nemmeno l' ombra. "Ci sono dentro l' amministrazione - accusa il tributarista Raffaello Lupi - incomprensibili ostilità. Vischiosità che nascono dentro la burocrazia che preferisce l' esistente al cambiare norme e procedure spesso assurde. La bolla di accompagnamento - prosegue Lupi - è ancora in piedi solo per questo e non perché ci siano ragioni tecniche plausibili". Quando, a questo punto, concretamente sparirà la bolla di accompagnamento?

Il documento ha praticamente i giorni contati. Per spingere sull' acceleratore e vincere le inerzie e le resistenze esistenti nell' amministrazione finanziaria il ministro ha convocato i suoi esperti che avranno il compito di scrivere in tempi brevissimi questi regolamenti. Formalmente il ministro delle Finanze ha istituito una commissione con l' obiettivo di far sparire davvero la bolla di accompagnamento. E' evidente che il ministro delle Finanze spera con questa mossa di riprendere il controllo della partita che si sta giocando sul fisco. Per far capire che non vuol solo far promesse ha deciso di vedere fino in fondo se le lamentele provenienti dagli imprenditori e dagli artigiani del Nord Est hanno per caso qualche fondamento. I lavoratori autonomi di queste regioni lamentano di essere "vessati" dall' attività di controllo e dalle verifiche eseguite dagli ispettori del fisco.

Per controllare che non ci siano persecuzioni, Visco ha convocato ieri nel suo ufficio al ministero i dirigenti degli uffici del Veneto (Federico Abatino) e il capo delle fiamme gialle della regione (colonnello Mauro Petrassi).

Alla fine dell' incontro il messaggio che il ministro delle Finanze ha voluto dare è chiarissimo: non ci sarà nessun arretramento nella lotta al' evasione. Come a dire che gli uffici tributari del Nord Est non saranno lasciati soli. Naturalmente questo non significa che tutto vada bene.
I controlli - dice ancora Visco - dovranno andare avanti ma bisognerà che il fisco in qualche modo stia attento a non trasformare l' attività di accertamento in una sorta di accanimento contro i contribuenti.
"Ci sono problemi - afferma la nota ministeriale - che riguardano non solo il Veneto ma tutte le Regioni italiane a cui il ministero già sta provvedendo".
Gli imprenditori del Nord Est si lamentano certamente con qualche ragione. L' attività di controllo però continua a far saltare fuori contribuenti non in regola.
E' il caso dell' evasione scoperta dalla Guardia di finanza di Belluno che ha arrestato sei persone per un traffico di bestiame.
di GENNARO SCHETTINO

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Colonnello Mauro Petrassi

http://ricerca.repubblica.it/repubblica ... zette.html

IL COLONNELLO DELLE MAZZETTE
ROMA - "Qui hanno fatto man bassa. Oltre me si sono fatti tanti altri industriali. Questa è un' associazione a delinquere". Ettore Setten ha il sangue agli occhi. Lui, noto mobiliere veneto, ex sponsor del calcio Napoli, ha pagato due miliardi e trecento milioni ai militari della Gdf e a un gruppetto di mediatori. Vuole vendetta. Non è il solo imprenditore che ci è cascato. Perché "l' associazione a delinquere" ha funzionato perfettamente finché l' ingordigia di uno non ha rovinato tutti. Quell' uno è il colonnello Mauro Petrassi, dal '93 al '96 comandante del nucleo regionale di polizia tributaria del Veneto, in servizio a Bari quando, martedì notte, è stato arrestato.
Con lui sono finiti in manette altri tre finanzieri. Tutti accusati di corruzione. L' ennesimo scandalo che coinvolge le Fiamme gialle ha dei retroscena di una crudezza e di una sistematicità inaudite. Se ne sono accorti i carabinieri del reparto operativo di Venezia che, da agosto, non hanno lasciato per un attimo le promettenti microspie.
Pian piano è venuta emergendo la figura di Petrassi. Con il sostituto Carlo Nordio aveva condotto l' inchiesta sulle cooperative rosse ed era buon amico dell' ex senatore di Forza Italia Carlo Archiuti.
Petrassi riusciva perfino a parlare direttamente con Silvio Berlusconi. Al comando generale della Gdf, era in ottimi rapporti con l' ex capo di stato maggiore, Nicolò Pollari, oggi numero due del Cesis. Il colonnello andava spesso in Austria e in Svizzera: i Cc stanno cercando di capire se quelle trasferte erano finalizzate a disperdere mazzette. E' una brutta storia. Eccone i retroscena. Otto agosto. I Cc arrestano Pietro Giulio Martini, direttore finanziario della Cogef, finanziaria del gruppo De Longhi, l' industria del Pinguino. Martini, sospettato di usura e riciclaggio, è un duro, non parla. Ma parla quasi subito la sua compagna, Annalisa Zara, un' impiegata di banca che racconta: "Nel '90-91 la Gdf fece una verifica alla Cogef. Nacque così il rapporto tra Martini e il comandante del gruppo di verifica, Pier Emilio Guaragna. La Gdf aveva scoperto che la Cogef era la vacca da mungere del gruppo De Longhi perché gli utili della finanziaria venivano travasati illecitamente nelle altre aziende". La Gdf minaccia un' ulteriore verifica a tutto il gruppo.
Scatta una mazzetta. Un avvocato, Giovanni Gasperini, cerca coperture anche alla Gdf di Roma. I Cc stanno cercando i referenti. A comandare il gruppo di polizia tributaria arriva Petrassi che diventa il capo di Guaragna e di fatto si associa con lui. Racconta Annalisa Zara: "Viene fondata una società di mediazione per le tangenti. L' idea viene a Walter Schnabl, ex capo area dell' Ambroveneto a Treviso. Il consulente lancia l' idea di mettere in piedi un discorso sistematico". Il gioco è fatto. Petrassi e Guaragna danno l' imbeccata, avvisano Martini o Schnabl. I due avvicinano gli imprenditori, trattano una somma di denaro per ammorbidire o per evitare l' accertamento. La verifica a Setten, per esempio, andò così. Con rate mensili, il mobiliere paga 1,850 milioni. Intasca a Schnabl che divide con Martini, il quale paga Petrassi. Ma il colonnello non è contento. Aggancia Setten, gli chiede qualcosa solo per lui: 450 milioni. Lo fa anche con altri. Il gruppo si spacca.
Petrassi resta isolato, gli altri cercano di spingere Setten a utilizzare un investigatore privato, Vittorio Barbiero, che si rivela superzelante. Videoregistra gli incontri e va dalla Finanza. Il messaggio arriva a Petrassi che si precipita dall' investigatore il quale, ovviamente, registra tutto l' incontro. Petrassi recita la parte del finanziere inflessibile (vedi articolo qui sotto). Ad agosto i carabinieri, tra le tante perquisizioni, mettono le mani anche su quelle cassette. C' è, in diretta, l' autoconfessione di Petrassi.
Liana Milella
19 dicembre 1997 19 sez. ATTUALITA'
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » ven apr 25, 2014 8:31 am

Caro Lucio Chiavegato

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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » lun apr 28, 2014 7:01 am

Tre imprese su 5 fanno debiti… per pagare le tasse!
http://www.lindipendenza.com/tre-impres ... e-le-tasse

di LUIGI CORTINOVIS

E’ quasi divertente leggere le confessioni di un Finanziere che, senza mezzi termini, definisce lo Stato criminale e tangentaro. Ma ancor più allucinante è leggere che ci sono imprenditori che continuano a prediligere la sopravvivenza da schiavi di questo Stato criminale e tangentaro.

Perché? Leggete qua: “Tre aziende su cinque chiedono prestiti in banca per pagare le tasse. E’ uno degli ultimi risvolti della crisi finanziaria internazionale e della recessione economica, a cui si è aggiunto, nel nostro Paese, un pesante inasprimento della pressione fiscale. Ragion per cui il 68% delle micro, piccole e medie imprese italiane è stato costretto a ricorrere a un finanziamento per onorare le scadenze fiscali. E c’è l’Imu in cima alla lista dei balzelli che hanno spinto gli imprenditori a rivolgersi agli istituti di credito che ora stanno ricevendo analoghe richieste in vista della Tasi. Questi i dati di più di un sondaggio del Centro studi Unimpresa, condotto fra le 120.000 imprese associate sulla base dei dati raccolti al 31 marzo 2014. Quanto ai settori produttivi, sono gli operatori turistici (per gli alberghi), le piccole industrie (per i capannoni) e la grande distribuzione (per i supermercati) quelli maggiormente esposti con le banche a causa dei versamenti fiscali sugli immobili e, più in generale, per tutti gli adempimenti con l’Erario.”

Politici ladri? Stato inefficiente? Risolveremo col prossimo voto? Verrebbe più da dire che chi è causa del proprio male deve solo piangere sè stesso.


http://www.movimentolibertario.com/2014 ... -criminale


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LO DICE UN FINANZIERE: LO STATO ITALIANO E’ LADRO E CRIMINALE

Published by leonardofaccoeditore on 27 aprile 2014 | 4 Responses

117_FINANZASEGNALATICI PER VOI

Memorie di un finanziere della polizia tributaria. Si potrebbe intitolare così il sorprendente documento esclusivo che state per leggere. Si tratta della trascrizione, fedele alla lettera, del disarmante sfogo di un disincantato, onesto e preparato maresciallo della Guardia di Finanza, impegnato da diversi lustri nei temutissimi controlli alle imprese.
L’uomo, di cui evitiamo di indicare dati anagrafici e curriculum per non renderlo riconoscibile, ha apparecchiato per Libero uno zibaldone di pensieri, suddiviso in capitoletti, sul suo lavoro di tutti i giorni. Che per lui è diventato un tran tran asfissiante, capace di condurlo quasi al rigetto. Il risultato è questa spietata radiografia che stupisce e, in un certo senso, preoccupa di un mestiere che tanto trambusto porta nelle vite degli italiani. Infatti in questo sfogo il militare dipinge le ispezioni delle Fiamme gialle come un ineluttabile meccanismo stritola-imprenditori il cui obiettivo non sarebbe una vera e sana lotta alle frodi fiscali, ma una fantasiosa e famelica caccia al tesoro indispensabile a lanciare le carriere di molti professionisti dell’Antievasione.
«Nel nostro lavoro ci sono forzature evidenti, a volte imbarazzanti», ammette con Libero il maresciallo.
Che qui di seguito svela retroscena e segreti dei controlli che intralciano ogni giorno il lavoro di centinaia di imprenditori. Una lettura che potrebbe agitare qualcuno e far alzare il sopracciglio ad altri. Ma a tutti deve essere chiaro che non di fiction si tratta e che domani il nostro maresciallo e la sua pattuglia potrebbero bussare alla vostra porta. Preparatevi a leggere il testo di questo finanziere raccolto in esclusiva da Libero.

Ossessione numeri - Dietro alle verifiche ci sono enormi interessi economici: il dato del recupero dell’imposta serve a molti. Sia ai politici che ai finanzieri. Nella Guardia di Finanza il raggiungimento degli obiettivi legittima l’ottenimento dei premi incentivanti e gli stipendi stellari dei generali, che sono decine: uno per provincia, più uno per regione. Nel nostro Corpo esistono vere e proprie task-force che si occupano di fare previsioni di recupero d’imposta e a fine anno queste devono essere raggiunte, come se l’evasione fiscale si basasse su dei budget. Gli operatori sul territorio sono meno di chi elabora questa realtà virtuale, su 64 mila finanzieri siamo circa 4 mila a fare i controlli.

Indietro non si torna - A fine anno i generali chiedono il dato dell’imposta evasa constatata e lo confrontano con quello dell’anno prima. Il risultato non può essere inferiore a quello di 12 mesi prima. Se il dato scende bisogna dar conto al reparto centrale di Roma del perché si siano recuperati meno soldi e il comandante del reparto periferico rischia di vedersi bloccare la carriera. Per questo le nostre verifiche proseguono anche di fronte a evidenti illogicità. I nostri ufficiali parlano solo di numeri e quando hanno sentore di un risultato, magari per una previsione affrettata di un ispettore, corrono dai loro superiori anticipando che da quella verifica potrà venir fuori un certo risultato: a quel punto non si può più tornare indietro. Il verbale diventa subito una statistica, una voce acquisita e ufficiale di reddito non dichiarato. Quando si prospetta un ventaglio di possibilità per risolvere una contestazione si concentrano le energie sempre su quella che porta il risultato più alto. Che sarebbe poco grave se fosse la strada giusta. Ma spesso non lo è.
Per la Finanza quello che conta è il dio numero. Il nostro unico problema è come tirarlo fuori.

Per riuscirci c’è un nuovo strumento infernale, la cosiddetta “mediana”, che va di gran moda tra gli ufficiali. La si pronuncia con rispetto e deferenza, anche perché da essa dipende la carriera di chi la evoca. Si tratta di uno studio fatto a tavolino, che stabilisce il valore medio della verifica necessario a raggiungere gli obiettivi, il tetto al di sotto del quale non si può andare. Se capiamo che in un’azienda il verbale sarà di entità inferiore alla mediana, derubrichiamo la verifica a controllo in modo che non entri nelle statistiche ufficiali.

Alla Guardia di Finanza abbiamo uffici informatici che elaborano dati in continuazione. Ma si tratta di numeri “drogati”, come lo sono quelli dei sequestri. Nei magazzini dei cinesi ho visto colleghi registrare alla voce “giocattoli” ogni singolo pallino delle pistole per bambini. Spesso questi servizi si fanno in occasione delle feste natalizie, così passa l’informazione che sul territorio c’è sicurezza.
Con questi numeri i generali si riempiono la bocca il 21 giugno, giorno della festa del Corpo. Lo speaker spara cifre in presenza di tutte le autorità, dei presidenti dei tribunali, dei politici, ecc. ecc. Quel giorno è un tripudio di dati pronunciato con voce stentorea: recuperata tot Iva, scovati tot milioni di redditi non dichiarati, arrestati x emittenti fatture false. Una festa!

Normativa astrusa - La normativa tributaria italiana è talmente ingarbugliata che si presta alla nostra logica del risultato a ogni costo. Per noi è piuttosto semplice fare un rilievo visto che siamo aiutati da questa legislazione astrusa e abnorme, spesso contradditoria e conflittuale. Nel nostro Paese è quasi impossibile essere in regola e per chi lo sembra ci prendiamo più tempo per spulciare ogni carta. Infatti se una norma può apparire favorevole all’imprenditore, c’è sicuramente un’altra interpretabile in maniera opposta. E in questo ci aiuta l’oceanica produzione di sentenze, frutto di un eccessivo contenzioso. Un contratto, un’operazione possono essere interpretati in mille modi e alla fine trovi sempre una sentenza della Cassazione che ti permette di poter fondare un rilievo su basi giuridiche certe. Questo è il Paese delle sentenze.

Analizzando un bilancio, un’imperfezione si trova sempre. Magari per colpa dello stesso controllore che prima dice all’imprenditore di comportarsi in un modo e poi in un altro, inducendolo in errore. Per esempio, su nostro suggerimento, un’azienda non contabilizza più certe spese come pubblicità (deducibili), ma come spese di rappresentanza (deducibili solo in parte). Quindi arriva l’Agenzia delle Entrate e spiega che quelle non sono né l’una né l’altra. A volte succede che qualcuno abbia già subito un controllo, abbia aderito a un condono e, zac, arriviamo noi e contestiamo lo stesso aspetto, ma in modo diverso. Dopo i primi anni nel Corpo non ho più sentito di controlli chiusi con un nulla di fatto e in cui si torna a casa senza aver contestato qualcosa. Alla fine chi lavora impazzisce.

Chi sbaglia non paga - Come è possibile tutto questo? Semplice: perché chi sbaglia non paga, ma anche perché chi sbaglia non saprà mai di averlo fatto. Il motivo è semplice: noi non comunichiamo con l’Agenzia delle Entrate e non sappiamo mai che fine facciano i nostri verbali. Per questo se ho commesso un errore non lo verrò mai a sapere: il nostro è solo un verbale di constatazione, a renderlo esecutivo è l’Agenzia delle Entrate che lo trasforma in verbale di accertamento. Però raramente i nostri colleghi civili bocciano il nostro lavoro, anzi questo non succede nel 99,9 per cento delle situazioni. Si fidano di noi e, anche se sono molto più preparati, nella maggior parte dei casi prendono il nostro verbale e lo notificano, tale e quale, al contribuente. Quello che sappiamo per certo è che i nostri verbali, giusti o sbagliati che siano, diventano numeri e quindi non ci interessa che vengano annullati, tanto non ne verremo mai a conoscenza né saremo chiamati a risponderne. Per noi resta un grosso risultato. E visto che nessuno paga per i propri errori, il povero imprenditore continuerà a trovarsi ignaro in un castello kafkiano fatto di norme e risultati da ottenere.

Imprese sacrificali - Gli imprenditori con noi sono sempre gentili, ci accolgono con il caffè, sopportano di averci tra i piedi per settimane, ma si capisce che vorrebbero dirci: scusateci, ma avremmo pure da lavorare. A noi però questo non interessa: dobbiamo contestargli un verbale a qualsiasi costo e quando bussiamo alla loro porta sappiamo che non hanno praticamente speranza di salvezza. Per contrastare e contestare questa trappola infernale l’imprenditore è costretto a pagare consulenti costosissimi, ma noi rimaniamo sempre sulle nostre posizioni. A volte capita che per provare a difendersi il presunto evasore chiami in soccorso come consulenti ex finanzieri, ma spesso questo non gli evita la sanzione. Anzi.

Negli ultimi anni ho notato una certa arrendevolezza da parte degli imprenditori: dopo un po’ si stancano. Capiscono, e ce lo dicono, che tanto dovranno fare ricorso perché noi non cambieremo idea. Per tutti questi motivi molti di loro costituiscono a inizio anno un fondo in previsione della visita della Finanza. Sono coscienti che qualcosa dovranno comunque pagare.

Chi fa veramente le grandi porcate, chi apre e chiude partite Iva, emette false fatture o costituisce società di comodo magari alle Cayman è molto più veloce di noi e per questo non lo incastriamo, mentre azzanniamo quelli che operano sul territorio e che sono regolarmente censiti nelle banche dati. Alla fine lo Stato colpisce sempre i soliti noti. Non è una nostra volontà, ma dipende dal fatto che non abbiamo risorse per fare la vera lotta all’evasione e in ogni caso dobbiamo fornire dei numeri al ministero per poter legittimare la nostra esistenza come istituzione. Anche in Europa.

Tangente di Stato - L’imprenditore, se accetta la proposta di adesione al verbale entro 60 giorni, paga solo un terzo di quanto gli viene contestato e spesso salda anche se non lo ritiene giusto, per togliersi il dente ed evitare ricorsi costosi (a volte più dei verbali) e sine die. In pratica accetta di pagare una tangente allo Stato. Agli imprenditori i ricorsi costano molto e se la commissione provinciale, il primo grado della giustizia tributaria, dà ragione allo Stato, l’imprenditore prima di ricorrere alla commissione regionale, il secondo grado, deve pagare metà del dovuto. Per questo chi lavora spesso preferisce chiudere la partita all’inizio, pagando un terzo.

Giustizia da farsa - Il contradditorio tra Guardia di Finanza e imprenditori durante le verifiche è una farsa, perché ognuno rimane sulla propria posizione, ma va fatto per legge. Nel contradditorio gli imprenditori non hanno scampo: quel numero, quell’ipotesi di evasione, ormai è stato venduto e non può più essere ridimensionato. È entrato nel sistema e nelle nostre statistiche. A noi non interessa se magari dopo anni quel verbale verrà annullato e non avrà prodotto alcun introito per lo Stato.

Le cose non vanno meglio con la giustizia tributaria, gestita da commissioni composte da avvocati, commercialisti, ufficiali della Finanza in pensione che fanno i giudici tributari gratuitamente giusto per fare qualcosa o per sentirsi importanti. È incredibile, ma in Italia il sistema economico-finanziario viene affidato a un servizio di “volontariato”.

La verità è che un tale esercito di volontari senza gratificazioni economiche non se la sente di cassare completamente il lavoro di finanzieri e Agenzia delle Entrate e l’imprenditore qualcosa deve sempre pagare. Difficilmente questi giudici per hobby danno torto allo Stato.
L’assurdità è che vengono pagati 30-40 euro per motivare sentenze complesse che hanno come oggetto verbali da milioni di euro, scritti da marescialli aizzati dal sistema.

Formazione assente - Il nostro vero problema è la mancanza di specializzazione di un Corpo che cerca di riscattarsi nel modo sbagliato, provando a portare a casa grandi risultati, sebbene “storti”. A volte l’ignoranza aiuta a far montare un rilievo che non sta né in cielo né in terra. Sulla nostra formazione non ho niente da dire, perché non esiste. Eppure dobbiamo confrontarci con specialisti agguerriti, leggere documenti in lingue straniere, e la gran parte di noi non sa una parola in inglese. Non ci forniscono nemmeno i codici tributari aggiornati, mentre spendono milioni per farci esercitare ai poligoni, visto che siamo inspiegabilmente ancora una polizia militare, come solo in Equador e Portogallo. Un commercialista lavora 12 ore al giorno e si forma continuamente. Dall’altra parte della barricata c’è gente come noi che non vede l’ora di scappare via dall’ufficio, dove spesso non ha neppure a disposizione una scrivania o la deve condividere con altri colleghi. In questo modo il lavoro diventa l’ultimo dei pensieri. I più bravi vanno in pensione appena possono, per riciclarsi come professionisti al soldo delle aziende. Ci vuole una fortissima motivazione per studiare una materia terribile come il diritto tributario. Avvocati e commercialisti trovano gli stimoli nelle parcelle, da noi un maresciallo con vent’anni di servizio guadagna 1.700 euro. Gli incentivi li dobbiamo trovare dentro di noi, magari pensando di sfruttare il sistema per trovare un altro lavoro. È illogico che un mestiere così delicato, dove si contestano milioni di euro d’evasione, sia affidato a gente sottopagata e impreparata. L’unico modo di tenersi aggiornati è quello di studiare a proprie spese, pagandosi master e corsi. Purtroppo la formazione è costosissima e spesso ci rinunciamo. È chiaro che un sistema del genere presti il fianco al rischio della corruzione.

In più bisogna considerare che per noi le verifiche sono particolarmente rischiose. In base alla mia esperienza non le facciamo con la giusta professionalità, possiamo commettere errori in buona fede, essere invischiati in fatti che neanche capiamo. Per esempio alcuni di noi sono stati accusati di aver ammorbidito un verbale per un tornaconto, in realtà lo avevano fatto per ignoranza e per questo ora quasi nessuno vuole più fare questo tipo di lavoro.

Risorse all’osso - I nostri capi hanno budget di spesa sempre più ristretti. Nonostante ciò ogni ufficiale deve portare a casa i risultati con i soldi e le pattuglie che ha. Risultati almeno uguali a quelli dell’anno precedente. A causa di questa mancanza di mezzi siamo costretti a portare via dalle aziende penne, risme di carta, spillatrici. E secondo me gli imprenditori se ne accorgono, ma non dicono nulla per compassione.
Onestamente gli ufficiali non sono responsabili di questa penuria di risorse, visto che i fondi destinati alla lotta all’evasione vengono decisi dai politici. Ma la frustrazione dei nostri superiori viene compensata da ottimi stipendi personali che lievitano grazie ai risultati conseguiti. Cosa che ovviamente non succede a noi.

Nel nostro lavoro, la mattina, ammesso che trovi una macchina libera, devi prima fare car-sharing e accompagnare diversi colleghi ai reparti, quindi ti restano due o tre ore per fare visita a un’azienda. Quando rientriamo da una verifica il nostro principale problema è segnare sul registro quanti chilometri abbiamo fatto e quanta benzina abbiamo consumato. Arriveremo al paradosso di fare le verifiche in ufficio a contribuenti trovati su Google.

Lontani dalla realtà - I nostri vertici sono lontani dalla realtà, sono convinti che noi facciamo “lotta all’evasione”. C’è una distanza siderale tra chi sta in trincea, come me, e chi vive nei salotti. Un maresciallo può parlare solo con il tenente e non con i gradi superiori. Il nostro messaggio viene filtrato e arriva al vertice completamente distorto. Nel nostro sistema militare non conta quello che pensi del tuo lavoro, ma il grado che hai sulle spalle. L’ufficiale non va a riferire al superiore se l’ispettore gli ha detto che un controllo potrebbe non portare a niente. Al contrario insinua nei vertici la speranza che un risultato arriverà. E così chi va in giro per aziende deve ingegnarsi per trovare il cavillo che porti al risultato, solo per sentirsi dire bravo o per una pacca sulla spalla. L’animo umano si accontenta di poco. In questa catena di comando in cui tutti devono fare carriera non sono ammessi dubbi od obiezioni, l’informazione reale resta a valle, al generale arriva quella virtuale, il famoso “numero”. In nome del quale vengono immolati molti evasori virtuali.

TRATTO DA http://www.liberoquotidiano.it
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Re: LIFE - Liberi Imprenditori Federalisti Europei

Messaggioda Berto » lun apr 28, 2014 7:11 am

Torna la L.I.F.E. barricadera. Chiavegato: “Siamo pronti allo scontro”

http://www.lindipendenza.com/life-venet ... chiavegato

di LEONARDO FACCO

Ricordate la L.I.F.E. barricadera e rivoltosa di una quindicina d’anni fa? Quella che organizzava i Gruppi di Intervento Rapido in difesa degli imprenditori vessati dallo Stato? Quella che distribuiva il manualetto con le 20 regole auree da adottare in caso di visita della Guardia di Finanza? Ora, ricominciando dal Veneto, è pronta a ripartire, con più slancio e determinazione di un tempo.

La scorsa settimana, la L.I.F.E. – nata da un’intuizione di Fabio Padovan - ha eletto all’unanimità il suo nuovo presidente. E’ Lucio Chiavegato, che dopo aver chiuso la sua esperienza con la politica ha deciso di impegnarsi per ridare smalto all’associazione dei Liberi Imprenditori Federalisti Europei: “Ho lasciato dopo che Veneto Stato ha deciso di candidarsi alle elezioni politiche, contrariamente a quanto si era sempre predicato. Ho mantenuto la parola, mi sono dimesso dalla presidenza del partito al termine di un anno di impegni – come avevo promesso dopo la rottura che si era consumata al congresso -, ma quando Veneto Stato ha optato per presentare le liste per le elezioni romane ho preferito mollare”.

Chiavegato non abiura l’indipendentismo, anzi, ma da imprenditore s’è reso conto che nella sua regione, ma non solo, non è più possibile lavorare: “Serve una struttura che tuteli i Veneti che investono e che fanno impresa. Da qui la ripartenza della L.I.F.E. Veneto, che conta su un centinaio di soci risoluti e stanchi del sistema vessatorio – burocratico e fiscale – che pretende solo di sfruttare chi produce”.

Ripartire, certo, ma da dove, con quale progetto? “Con un progetto che è un gradino sopra quello della L.I.F.E. di quindici anni fa. Mi spiego. Una volta, la L.I.F.E. aveva i G.I.R. (Gruppi di Intervento Rapido) che andavano in soccorso di quegli iscritti che venivano visitati dalle Fiamme Gialle). Oggi, andremo oltre: creeremo i G.R.A. (Gruppi di Resistenza Attiva, dei quali faranno volontariamente parte gli iscritti che lo richiederanno), che – sia chiaro – non avranno nulla di gandhiano. Se la Guardia di Finanza, l’Agenzia delle Entrate, Equitalia verranno a farci visita avranno delle grane enormi”. Del tipo? “Contrasto totale a chi si permette di rompere le balle a chi lavora! Paghiamo tasse assurde, la burocrazia rende impossibile lavorare e per una cartella o una scadenza sballata questi pensano di poter pignorare le nostre aziende o metterle sotto sopra coi loro controlli da ghestapo?. E anche ai signori che lavorano per Equitalia diremo chiaro alcune cosette e li andremo a visitare personalmente, battendogli la mano sulla spalla e dicendo loro: «Non ci interessa se tu fai solo il tuo lavoro per conto di un’agenzia infame, evita di farlo, cercati un lavoro onesto che è meglio»”.

E anche su quando lo Stato attiverà le istanze di pignoramento dei capannoni, Chiavegato ha pochi dubbi: “Lo facciano, so bene che la loro macchina non si fermerà. Noi neppure però. Ci presenteremo in Tribunale e vedremo se qualche speculatore furbetto avrà il coraggio di fare un’offerta per acquistare in svendita le proprietà dei nostri soci. Io dico di no. Noi garantiremo solidarietà ed appoggio ai nostri soci. Siamo pronti allo scontro”.

Chiavegato ha scelto di mettersi in gioco, ritiene non vi siano alternative: “Noi non vogliamo né suicidarci né andarcene dalla nostra terra, dove abbiamo creato le nostre aziende e dato lavoro a tanta gente. Sono loro che se ne devono stare alla larga da noi. E’ giunto il momento che torni la L.I.F.E. vecchia maniera, anche un po’ più incazzata, dato che tutte quelle associazioni di categoria colluse non fanno altro che da passacarte per lo Stato gabellatore. Sono solamente loro complici e vivono di soldi pubblici ovviamente, puntando a far carriera in politica. Quindici anni fa, quando la L.I.F.E. iniziò a battagliare e a finire sui giornali, i benpensanti ci additavano come dei pazzi, degli esagitati, degli eversivi. Oggi, la metà di loro ha chiuso, qualcuno è fallito e s’è impiccato e qualcun altro ha delocalizzato. In uno Stato governato da puttanieri e ladri ribellarsi è un dovere, anzi no, un diritto”.

Rapporti con la politica? “Con loro il rapporto sarà di cordiale distacco. Che voti chi vuole la gente che sta con noi. Non andremo a cercare sponde politiche, dopodiché se qualche partito vorrà appoggiarci bene. In passato, abbiamo già visto i danni causati dal finto medico di Gemonio, che ha solo usato strumentalmente la L.I.F.E.”.

Dal Veneto – la sede è a Spresiano in provincia di Treviso – l’organizzazione dei liberi imprenditori federalisti vorrebbe espandersi anche in altre regioni, dove già ora ci sono delle piccole cellule in parte attive o in fase di attivazione. Se ci fosse qualche volonteroso può mettersi in contatto scrivendo a info@life.it, oppure telefonando in sede: 0438-61605


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