Elezioni dell'Assemblea costituente in Venezuela del 2017https://it.wikipedia.org/wiki/Elezioni_ ... a_del_2017Le elezioni dell'Assemblea costituente in Venezuela del 2017 si sono svolte il 30 luglio. Le elezioni sono state convocate mediante decreto presidenziale, a differenza delle elezioni dell'Assemblea costituente del 1999, che furono convocate a seguito di un referendum. Secondo il presidente della Commissione elettorale nazionale (CNE), Tibisay Lucena, al voto sono andati 8,089,230 venezuelani, pari al 41,53% degli aventi diritto, mentre le opposizioni ne hanno denunciati solo 2 500000, ossia il 13%. Di altro parere rispetto alle due fazioni politiche, è stata SmartMatic, società che gestisce il voto elettronico da oltre 10 anni nel Paese, che ha denunciato circa 7 milioni di votanti.
L'opposizione ha deciso di non presentare candidati.
Venezuela: "Manipolate elezioni'. Anche l'Ue disconosce il voto02/08/2017 18:55
https://www.huffingtonpost.it/2017/08/0 ... a_23061701 Alla vigilia dell'insediamento dell'Assemblea Costituente promossa da Nicolas Maduro, una rivelazione esplosiva dell'azienda che fornisce il supporto logistico per le elezioni in Venezuela ha aggiunto oggi un'altra dose di tensione alla già gravissima crisi politica a Caracas.
Antonio Mugica, amministratore delegato della Smartmatic, ha affermato che c'è una differenza di almeno un milione di voti tra le cifre sull'affluenza annunciate dal Consiglio Nazionale Elettorale (Cne) e quelle registrate dai sistemi elettronici della sua società.
"E' per questo che con il più profondo rammarico dobbiamo riferire che le cifre sull'affluenza delle votazioni del 30 giugno per l'Assemblea Costituente in Venezuela sono state manomesse, al di là di ogni dubbio", ha detto Mugica, sottolineando che "non possiamo garantire i risultati ufficiali".
Secondo le cifre ufficiali del Cne, poco più di 8 milioni di cittadini hanno partecipato alle elezioni, pari a un'affluenza del 41,53%. L'opposizione, da parte sua, ha detto che solo 2,83 milioni di venezuelani hanno votato domenica, pari al 12% degli aventi diritto.
Le rivelazioni della Smartmatic sono subito state riprese ed amplificate dall'opposizione. L'ex candidato presidenziale Henrique Capriles ha detto che confermano che "la Costituente è una truffa", mentre il presidente del Parlamento, Julio Borges, ha annunciato che presenterà una denuncia penale contro i membri del Cne per aver diffuso "risultati falsi".
Il governo, da parte sua, ha ignorato il clamore causato dalle rivelazioni della Smartmatic, procedendo con la consegna delle credenziali ai 545 membri della Costituente e confermando che il nuovo organo si istallerà domani nella sede del Parlamento, controllato dall'antichavismo dalle elezioni politiche del 2015.
Julio Borges, da parte sua, ha già annunciato che l'opposizione non intende cedere la sede del potere legislativo alla Costituente, avvertendo che si sta andando verso "uno scenario molto probabile di scontro violento" a Caracas.
Una manifestazione di protesta antichavista è stata promossa per domani a Caracas, in concomitanza con l'insediamento del nuovo organismo.
Le rivelazioni shock della Smartmatic hanno anche rafforzato la posizione dei paesi che hanno già dichiarato che non riconoscevano le elezioni per la Costituente - Usa, Argentina, Brasile, Colombia, Messico, Perù, Paraguay e Panama - e hanno spinto anche l'Unione europea a fare altrettanto: l'Ue ed i suoi Stati membri non riconoscono l'Assemblea costituente in Venezuela "poiché nutrono preoccupazioni sulla sua effettiva legittimità e rappresentatività" ed invitano il governo di Nicolas Maduro "a prendere misure urgenti per porre rimedio al corso degli eventi", ha dichiarato da Bruxelles l'alto rappresentante della Ue Federica Mogherini. Da parte sua, il segretario generale dell'Organizzazione degli Stati Americani (Osa), Luis Almagro, ha detto che le elezioni di domenica scorsa in Venezuela costituiscono "il broglio elettorale più grande della storia dell'America Latina, in percentuale e in milioni di votanti".
In Venezuela il partito di Maduro ha vinto le elezioni regionali, ma l'opposizione parla di brogli https://www.ilpost.it/2017/10/16/venezuela-regionali Il partito del presidente venezuelano Nicolas Maduro ha vinto le elezioni regionali, facendo eleggere un suo candidato governatore in 17 regioni su 23. L’opposizione ha accusato il governo di brogli: i sondaggi suggerivano infatti che la coalizione antigovernativa potesse vincere tra le 11 e le 18 regioni. La scorsa settimana il Dipartimento di Stato statunitense si era detto “molto preoccupato” per la possibilità che la Commissione elettorale venezuelana – controllata da Maduro – potesse in qualche modo manipolare l’esito del voto.
Venezuela: Maduro stravince le elezioni boicottate dall'opposizione e annuncia che chi non ha partecipato al voto non potrà partecipare alle presidenziali del 2018 2017/12/11
https://www.agensir.it/quotidiano/2017/ ... i-del-2018È stato come segnare un gol a porta vuota. Il Partito socialista di Nicolás Maduro ha stravinto le elezioni comunali di ieri, prevalendo in oltre 300 dei circa 350 Comuni chiamati alle urne, tra cui 23 capitali degli Stati federali su 24. Ma la notizia del giorno è un’altra. Il presidente venezuelano, accusato da molte parti di aver ormai trasformato il Paese in una dittatura, ha annunciato che i partiti che non si sono presentati alle elezioni comunali saranno a causa di questa scelta esclusi anche dalle presidenziali del prossimo anno. Ben tre dei quattro maggiori partiti di opposizione, appartenenti alla Mesa de Unidad democratica, avevano infatti deciso di non partecipare alle Comunali, dopo aver criticato le modalità in cui erano avvenute le recenti elezioni regionali. La scelta di astenersi era stata apertamente criticata, alla vigilia, dall’arcivescovo di Caracas, card. Jorge Urosa Savino, il quale aveva dichiarato che “il voto è la miglior protesta”, ed aveva spiegato: “L’astensione è un errore. Senza partecipare la gente si arrende senza lottare per i propri diritti”.
La Spagna sul Venezuela: «Elezioni subito o Guaidó»Chi sta con chi: la mappa25 gennaio 2019
https://www.corriere.it/esteri/19_genna ... 285e.shtmlLa Spagna riconoscerà Juan Guaidó come presidente legittimo del Venezuela, se Nicolas Maduro non convocherà immediatamente nuove elezioni libere che rispettino gli standard democratici: «Altrimenti cercheremo un altro percorso nel quale Guaidó dovrà comunque avere un ruolo» annuncia il ministro degli Esteri spagnolo, Josep Borrell. Anche la Germania «sta valutando» di riconoscere l’autoproclamato presidente ad interim come capo di stato - già riconosciuto come tale da Usa, Canada e dai paesi sudamericani del «gruppo di Lima» - nonostante il «golpe» denunciato dall’erede di Chavez: «Maduro non può pretendere di essere presidente visto che le ultime elezioni non hanno soddisfatto gli standard democratici - dice il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert -, l'auspicio è che l'Europa parli con una voce sola su questa crisi catastrofica».
Anche l’Ue considera «non democratico e non indipendente» il voto che nel 2013 ha portato al potere Maduro. Ieri la Commissione aveva riferito di stare con le forze democratiche del paese, senza schierarsi tuttavia apertamente con Guaidò: «La nostra delegazione a Caracas è molto attiva e il dibattito sta andando avanti anche tra i Ventotto» spiega la portavoce Maja Kocijancic, affermando che attualmente sono «in corso molti contatti» tra il ministro degli Esteri europeo, Federica Mogherini, con gli stati membri e gli altri partner.
Il presidente americano Donald Trump non aspettava altro e pur di accelerare il processo di transizione è diposto a concedere una exit strategy indolore a Maduro, per convincerlo a desistere. Ad opporsi alla sua destituzione il blocco dei cosidetti «paesi non allineati», tra cui Cuba e Iran, più Messico e soprattutto Russia e Cina: le due superpotenze hanno già posto il loro veto nel caso il Consiglio di sicurezza Onu di sabato voglia imporre sanzioni al leader socialista. Le prospettive del paese restano quanto mai incerte.
Venezuela, Guaidò e il crepuscolo di Maduro, tra crisi del petrolio e iperinflazioneRoberto Da Rin
2019-01-24
https://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2 ... d=AEKDY7KH È ancora presto per dire se le parole di Leopoldo Lopez, uno dei principali oppositori del Venezuela, siano state profetiche: «Niente e nessuno ci allontanerà dalla nostra lotta per liberare il popolo venezuelano dalla dittatura di Maduro». Questo suo proclama risale al 2016.
L’unica certezza è che il caos di queste giorni, 14 morti e centinaia di arresti, viene da lontano: iperinflazione, crollo della produzione petrolifera ed evanescenza del sistema economico produttivo.
La nomina di Nicolas Maduro, 56 anni, alla presidenza del Paese dal 2013 non ha mai generato fiducia tra gli operatori economici e tanto meno presso la comunità internazionale.
Petrolio e iperinflazione
Le compagnie petrolifere di mezzo mondo avevano rivisto i contratti nella lunga stagione politica di Hugo Chavez, predecessore di Maduro; ma avevano scelto di rimanere e spesso di proporre investimenti in tecnologie, accettando di ridurre gli utili incassati in epoche precedenti. Con Maduro è cambiato tutto e la produzione è scesa sul piano inclinato dell’inarrestabile débacle. Nel 2018 la produzione di greggio si è attestata a quota 1,1 milioni di barili al giorno, contro i 3 milioni del 2014.
Il petrolio, va ricordato è il primo asset del Venezuela, che rimane il Paese con le maggiori riserve stimate al mondo. I ricavi petroliferi così scalfiti hanno drasticamente aggravato il quadro macroeconomico.
La corsa dei prezzi è l’altra emergenza. Ormai c’è una iperinflazione, che ha raggiunto, nel 2018, livelli inimmaginabili, vicini al milione per cento. Anche se la misurazione, oltre un certo limite, perde di significato. L’unica certezza è che il bolivar, la moneta venezuelana, si è svalutata al punto da perdere ancoraggio con le altre valute. Con il salario di un mese oggi si acquista un solo pranzo in un fast food.
L’introduzione del Carnet della patria, una tessera annonaria con cui le fasce più deboli ricevono cibo dallo Stato, non copre le necessità della popolazione che ormai sperimenta una vera e propria carestia.
Gli interventi umanitari non sono sempre stati accolti dalla presidenza del Venezuela per paura di infiltrazioni esterne e ciò ha aggravato il contesto sociale. Le cifre non sono ufficiali, ma più di un milione di venezuelani, negli ultimi anni, ha lasciato il Paese: la Colombia ne ha accolti almeno 500mila. Laureano Marquez, intellettuale venezuelano, ha scritto “Sos Venezuela”, edito da Castelvecchi. «Il Paese, scrive, ha fatto un percorso: da dicta-blanda a dicta-dura».
Venezuela, ecco cosa sta succedendo nel Paese in crisidi Alice Facchini
1 febbraio 2018
https://www.osservatoriodiritti.it/2018 ... enezuelani«Il problema del Venezuela è la fame, una fame che fa morire la gente. Mi è capitato tante volte di vedere bambini che cercano nella spazzatura e lottano con i cani per prendere gli scarti di cibo. I cani e i gatti per strada sono sempre meno, chi non sa come sopravvivere li usa per sfamarsi. La gente è arrivata a mangiarsi anche gli animali dello zoo di Caracas».
Rita (il nome è di fantasia) ha 62 anni ed è arrivata da Caracas il giorno di Natale per venire a trovare sua figlia che vive in Italia. Seduta al tavolino del bar di fronte alla stazione di Bologna, sorride davanti a un cappuccino e una brioche alla crema: «Se mi vedevi qualche settimana fa ero più smunta, adesso ho ripreso peso. I venezuelani hanno perso in media dieci chili ognuno».
Da un punto di vista politico, il Paese potrebbe affrontare presto una novità importante. Nelle scorse ore, infatti, l’Assemblea Nazionale Costituente ha deciso che entro aprile ci saranno nuove elezioni presidenziali. Formalmente manca ancora la firma del presidente, Nicolás Maduro, che dovrebbe comunque arrivare a breve.
A Caracas economia in crisi da ormai quattro anni
Dal 2014 il Venezuela vive una crisi economica che ha messo in ginocchio il paese. L’inflazione oscilla tra il 700 e il 1.100% annuo e il bolivar, la moneta nazionale, è ormai carta straccia. Alla base di questa crisi è stata la caduta del prezzo del petrolio, risorsa su cui il Venezuela basa il 95% della sua economia. L’esportazione del greggio forniva le entrate necessarie per mantenere i costi dei servizi sociali messi in piedi ai tempi del governo socialista di Hugo Chavez.
«Oggi in Venezuela manca tutto: cibo, medicine, materie prime. Nei supermercati ci si aggira fra distese di scaffali vuoti, la gente si mette in fila all’alba per trovare qualcosa nei negozi, ma spesso è inutile».
Secondo le stime della Caritas, nel paese ci sono circa 280.000 bambini denutriti e un bambino su tre presenta danni fisici e mentali irreversibili. Il governo incolpa le potenze occidentali per la crisi in corso e ha deciso di non accettare aiuti umanitari.
«Il Venezuela sembra Auschwitz: anziani pelle e ossa»
Rita prende 6 dollari al mese di pensione. Per sopravvivere è aiutata dai figli emigrati all’estero: «Senza di loro non ce la farei. Per comprare un litro di latte avrei bisogno di 5 pensioni, una confezione da 30 uova mi costa una pensione e mezzo. Tutto questo se ho la fortuna di trovarli, perché la maggior parte delle volte il cibo non c’è. Per fortuna, noi abbiamo un piccolo orto dietro casa, ma ormai non si trovano più semi né prodotti contro gli insetti». E infatti tanta gente ha deciso di lasciare il Paese.
Nelle farmacie è disponibile solo il 38% delle medicine di base. «Il peggio è che, con questa povertà, le cure sono inutili. A cosa servono le medicine, se nessuno ha da mangiare?». Rita era un’infermiera e ora fa la volontaria in due case di cura per anziani.
«Sembra di essere ad Auschwitz. Gli anziani ormai sono pelle e ossa, mangiano solo vellutata di zucca allungata con l’acqua. Ogni settimana muoiono tre, quattro persone, a volte cinque. E non muoiono di malattia, muoiono di fame».
Nel paese del petrolio manca pure la benzina
Rita quando racconta non fa pause. Un torrente di parole sgorga dalla sua bocca, inarrestabile, come se le cose da dire fossero troppe e il tempo troppo poco. «Sembra paradossale, ma un altro problema è la benzina: nel paese del petrolio siamo rimasti senza. Solo a Caracas si trovano ancora distributori, ma si possono fare anche due giorni di coda per un pieno. Gli autobus sono stati dimezzati e la mattina la gente si spintona per riuscire a salire e andare al lavoro».
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Manifestazioni in Venezuela
Rita ha una piccola agenda dove si è appuntata alcune cose da dirmi, ma il suo racconto è così concitato che ben presto se ne dimentica. «Pensa che la mia patente è scaduta da mesi, ma gli uffici non l’hanno ancora rinnovata perché non hanno neanche la plastica per rifarmi la tessera. E anche la carta è finita, così oggi è nato un mercato nero di fogli scritti solo da una parte».
Crisi Venezuela: il presidente Maduro e la repressione
La crisi economica e sociale è legata a una crisi politica acuta. A marzo dell’anno scorso, il governo di Nicolás Maduro ha esautorato il parlamento controllato dalle opposizioni. Il 16 luglio, circa 7 milioni di venezuelani hanno votato in un referendum simbolico contro il presidente, ma i risultati sono stati ignorati.
Violentissime proteste hanno provocato più di cento morti e centinaia di feriti e arresti. «Non sono state morti accidentali, è stato un massacro selezionato: i cadaveri avevano un colpo di pistola in mezzo agli occhi».
Rita ha partecipato alle manifestazioni dello scorso anno ed è rimasta ferita lei stessa: «Ci hanno lanciato i lacrimogeni contro il petto, sui piedi, in faccia. Una volta sono caduta per terra e ho pensato: basta, più di così non ce la faccio. Per fortuna poi sono arrivati gli studenti di medicina dell’università che mi hanno soccorso, ma l’esercito ha lanciato lacrimogeni anche dentro le ambulanze».
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Manifestazioni in Venezuela
Fa una pausa, sospira, guarda da un’altra parte come se cercasse le parole. «Quando ero giovane ero una militante, credevo tantissimo nel modello socialista, non avrei mai pensato che quello stesso modello ci avrebbe portato fin qui».
Per disperdere le manifestazioni, oltre all’esercito agiscono i colectivos, gruppi paramilitari filogovernativi che si sono resi responsabili di molte violenze. «I colectivos si comportano come se fossero l’esercito personale di Maduro. Sono composti da persone senza scrupoli, ex delinquenti che si credono dio solo perché tengono in mano un’arma».
Secondo il New York Times, la situazione peggiorerà ancora nel corso nel 2018: l’inflazione è destinata ad aumentare e il governo difficilmente chiederà aiuti internazionali o accetterà di farsi da parte. Nel frattempo, sono sempre più gli osservatori che chiedono l’intervento della comunità internazionale.
Situazione a rischio anarchia in Paese «senza legge»
Nonostante tutto, a marzo Rita tornerà a Caracas. Sa che potrebbe chiedere asilo politico in Italia, ma non è quello che vuole. «Là c’è la mia casa. Non voglio fare l’eroe, il fatto è che qui morirei di ansia e di tristezza».
La cosa che teme di trovare al suo ritorno è la totale anarchia. Dopo le razzie nei negozi, da qualche settimana sono infatti iniziati i saccheggi nelle case. «Ormai tutte le scorte rimaste si trovano nelle case della gente, che appena può compra grandi quantità di beni da conservare anche per il futuro. Ad esempio, io ho ancora la carta igienica comprata 5 anni fa, oggi non se ne trova più».
Ma la cosa che la preoccupa di più sono le medicine. Ha una malattia cronica e ha bisogno di fare una cura, per questo in Italia ha comprato una grande quantità di medicinali da portare a Caracas, sperando che alla dogana non glieli sequestrino. «Le medicine hanno un grande valore nel mercato nero e i poliziotti fanno quello che gli pare, ormai non c’è più legge».
Rita è molto determinata a voler tornare in Venezuela, contrariamente a molti connazionali che stanno fuggendo in Brasile. E se sa benissimo cosa la aspetta: «La corrente a volte manca, si sono rubati anche i cavi elettrici, io non ho più il telefono da anni. L’acqua nel sistema idrico arriva solo una volta alla settimana, abbiamo due cisterne per conservarla. E poi è un’acqua schifosa, nera, va filtrata e poi bollita. Eppure non posso restarmene qui, a Caracas c’è mio marito, ci sono i miei connazionali. Ho lottato tutta la vita per il mio paese, ora non starò qui con le braccia incrociate».