Repiovega Çentroafregana: cristiani e musulmani

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Messaggioda Berto » mar ago 04, 2015 8:35 pm

Repiovega Çentroafregana: cristiani e musulmani
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Re: Repiovega Çentroafregana: cristiani e musulmani

Messaggioda Berto » mar ago 04, 2015 8:39 pm

Centrafrica: Musulmani costretti a cambiare religione o vengono uccisi dai combattenti cristiani

http://bladibella.com/modules/news/arti ... ryid=12589

BANGUI (REPUBBLICA CENTRAFRICANA), 31 LUGLIO 2015 – I miliziani in Repubblica Centrafricana hanno approfittato del vuoto politico del paese per intraprendere una pulizia etnica dei musulmani, con l'intenzione di eradicarne la comunità dal paese; è quanto afferma Amnesty International.

Stando agli ultimi dati forniti da Joanne Mariner, i musulmani nella parte occidentale del paese sono stati costretti ad abbandonare le proprie case. Più di 30.000 cittadini musulmani sono tenuti in enclavi sparse su tutto il territorio e sorvegliate dalle forze dell'ONU, mentre coloro che abitano le aree più rurali sono maggiormente presi di mira dalle milizie.

“Non è loro consentito di esprimersi come musulmani; se si trovano al di fuori delle enclavi non possono pregare né vestirsi in modi che li identificherebbero come musulmani”, ha spiegato Mariner, “la loro sopravvivenza dipende da una quotidiana negoziazione con i combattenti anti-Balaka”. Mariner ha inoltre aggiunto che in tanti sono stati costretti a convertirsi al Cristianesimo, o subire le persecuzioni della comunità.

Oltre un milione di persone sono state dislocate, da quando i ribelli musulmani Seleka hanno preso il controllo della capitale Bangui, nel 2013. A seguito di una ondata di abusi perpetrati dai ribelli Seleka, è emerso un nuovo gruppo anti-Balaka per fronteggiare la nuova leadership.
Ma gli anti-Balaka, composti da combattenti cristiani e animisti, hanno anch'essi preso di mira la minoranza musulmana del paese, considerata vicina ai ribelli Seleka.
Il rapporto di Amnesty, basato su una serie di interviste fatte ai residenti in tutta la Repubblica Centrafricana, dice che le milizie “sono gli artefici di una violenta ondata di azioni atte alla pulizia etnica, nel tentativo di forzare i musulmani a lasciare il paese”.

“La continua instabilità e minaccia proveniente dagli anti-Balaka deriva dalla totale assenza di uno stato”, continua Mariner. Nonostante la violenza sia sostanzialmente diminuita dalla fine del 2014, il paese rimane ampiamente insicuro. Il collasso dell'apparato governativo e la fragilità del governo di transizione hanno lasciato ampie parti del paese alla mercé dei gruppi miliziani nelle periferie. Uno dei problemi principali della Repubblica Centrafricana è la difficoltà a identificare le reali radici della crisi. Il rapporto di Amnesty arriva pochi giorni dopo che il Comitato Internazionale di Soccorso ha dichiarato che la CAR “ha bisogno urgentemente di un nuovo inizio, o facilmente diventerà un caso studio di Stato fallito”.

In aprile, inoltre, un inviato degli Stati Uniti ha reso noto che quasi tutte le 436 moschee presenti nella Repubblica Centrafricana sono state rase al suolo durante le violenze, mentre dall'inizio della crisi più di 6.000 persone sono state uccise. “La sfida principale è l'assenza di sicurezza. È chiaro che il governo ha ancora tanta strada da fare, ma sta diventando strettamente necessario prendere il controllo almeno sulla sicurezza”. La Croce Rossa Internazionale ha inoltre fatto sapere che sono oltre 1.000 le persone ancora in cerca dei loro cari, un anno dopo essere stati separati dall'ondata di violenze.

Da un punto di vista sanitario, più della metà della popolazione – circa 2,7 milioni di persone – hanno bisogno di cure mediche, mentre Medici senza Frontiere ha descritto il paese come in uno stato di prolungata emergenza sanitaria cronica.

La Repubblica Centrafricana ha un governo di transizione dal gennaio 2014. Le prossime elezioni sono previste il prossimo 18 ottobre.

Dino Buonaiuto Inviato da Soufiane M. il 01/08/15 (2206 letture)



La “pulizia etnica” dei musulmani in Centro Africa

http://iljournal.today/esteri/nella-rep ... -musulmani

Il paese, scosso da una forte crisi governativa, è attraversato da violenti tumulti interreligiosi.

Erano 436 le moschee rase al suolo nella Repubblica Centrafricana ad aprile scorso, secondo quanto testimoniato da un inviato degli Stati Uniti. Il paese sta soffrendo una pesante assenza dello stato, che lascia spazio al martellante scontro tra gruppi di miliziani, in lotta tra loro per prendere il potere.

Ma è da mesi che sono ormai i musulmani a pagarne il prezzo. Secondo un rapporto pubblicato da Amnesty International, i musulmani della Repubblica Centrafricana stanno subendo una vera ‘pulizia etnica’ e sono a rischio estinzione. Al centro dei tumulti, gli scontri tra gli ex ribelli Seleka e le milizie anti Balaka, che sono di natura perlopiù interreligiosa- sebbene si commetta un errore ad articolare la faccenda in questo modo, visto che non tutti i ribelli Seleka sono propriamente musulmani.

I Seleka tendenzialmente appoggiano i musulmani del paese e dal 2013 hanno iniziato ad avere un forte controllo su Bangui, la capitale, imposto con violenza sulla città.
Ma a contrastare le loro azioni, sono emerse le milizie anti Balaka, cristiani animisti, che operano una vera pulizia etnica contro i musulmani del paese. Sono oltre 30. 000 i cittadini musulmani costretti a nascondersi in piccole enclave sparse nello stato africano e tanti sono anche i membri della comunità costretti a convertirsi al Cristianesimo e che subiscono persecuzioni dalla comunità dei cristiani.

Finché la situazione politica nella Repubblica Centrafricana non si rasserenerà, il paese conoscerà solo il conflitto. Dal gennaio 2014 è in carica infatti un governo di transizione, che sarà sciolto il prossimo 18 ottobre, quando saranno indette nuove elezioni nazionali. Dopo aver fatto crollare il governo corrotto di Bozizé con un colpo di stato, il presidente Seléka Michel Djotodia ha dovuto presentare le dimissioni, non essendo stato riconosciuto da alcuni paesi “vicini”. Con la formazione di un governo di transizione guidato da Chaterine Samba-Panza, si sperava in un miglioramento dei rapporti tra le diverse comunità nel paese, ma così non è stato.
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Re: Repiovega Çentroafregana: cristiani e musulmani

Messaggioda Berto » mar ago 04, 2015 8:42 pm

Le responsabeletà dei musulmani le xe grande, li ga scuminsià par primi a far violensa.
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Re: Repiovega Çentroafregana: cristiani e musulmani

Messaggioda Berto » mar ago 04, 2015 8:57 pm

Repubblica centrafricana, origini del conflitto

Stralci presi da un articolo di Limes. La crisi viene spesso presentata come uno scontro interreligioso. Non è così. Era così in origine. Oggi la guerra che si è radicata nella popolazione oppone la maggioranza cristiana alla minoranza musulmana ma ha una matrice politica e geografica, molto frequente nei conflitti africani

di MATTEO OPPIZZI 25 marzo 2015
http://www.repubblica.it/solidarieta/em ... refresh_ce

ROMA - La crisi nella Repubblica Centrafricana (Rca) viene spesso presentata dai media come uno scontro interreligioso: non è così, quanto meno non era così in origine. Tuttavia, dalle lotte tra milizie si è scivolati ai massacri interconfessionali.
La Repubblica, nell'ultimo anno, è collassata "prima in uno spasmo di violenza politica e ora in un'orgia di massacri a sfondo settario e religioso" (Graeme Wood). La guerra centrafricana che si è ora radicata nella popolazione, opponendo la maggioranza cristiana alla minoranza musulmana, ha una matrice politica e geografica, molto frequente nei conflitti africani.

L'arrivo sulla scena di Catherine Samba-Panza.La storia recente che ha condotto all'attuale deteriorazione comincia nel dicembre 2012, quando uomini armati provenienti dal nord del paese - tradizionalmente dimenticato dalle autorità centrali - scesero verso la capitale Bangui. All'allora presidente François Bozizé - al quale è succeduta Catherine Samba-Panza, 58 anni, la prima donna presidente del Paese, cristiana ma considerata "neutrale", alla quale fu affidato dal gennaio dell'anno scorso quando fu eletta, il compito di tirare fuori il paese dalla guerra civile - a Bozizé, dunque, rimproveravano il mancato rispetto degli accordi di pace di Birao (2007) e Libreville (2008): questi avrebbero dovuto permettere l'integrazione nelle forze regolari centrafricane (Faca) di alcuni ex combattenti ribelli.

Tutte le guerre civili di François. Bozizé, golpista vittorioso nel 2003, poi due volte eletto e due volte protetto da operazioni militari francesi (nel 2003 operazione Boali, nel 2006/2007 tramite aerei Mirage F1 e paracadutisti calatisi nel nord-est ribelle del paese) è stato il protagonista di tutte e tre le cosiddette "guerre civili centrafricane". Egli sconfisse - anche grazie al suddetto aiuto francese - il rivale Michel Djotodia nella prima (2003-2007), ma nonostante il cessate il fuoco ottenuto con gli accordi di pace fu attaccato alla fine del 2012 (seconda guerra civile centrafricana).

La maledizione dell'interventismo post coloniale.
Senza più la protezione delle guardie presidenziali ciadiane (venuta meno nel 2012) e indebolito dal progressivo ritiro dei peacekeeper della missione Micopax, Bozizé abbandonò il palazzo presidenziale nel marzo 2013 e riparò in Camerun. Bozizé invocò inutilmente la protezione di Parigi che, in tempi di Françafrique, non gli sarebbe stata negata. Il presidente François Hollande, rifiutandosi di agire, in un primo momento pensò forse di poter sfuggire alla maledizione dell'interventismo post-coloniale, salvo scontrarsi con una gravissima crisi umanitaria, oltreché politica appena qualche mese dopo.

L'apparizione dei Seleka.
Il gruppo ribelle piombato sulla capitale alla fine del 2012 si chiamava "Seleka" ("coalizione") e non era composto solamente da centrafricani. Tra loro si trovavano mercenari sudanesi e molto forte era la presenza ciadiana: proveniva dal Ciad circa un terzo dei militanti. A lungo alleati, il presidente Idriss Déby aveva da un paio di anni cessato di essere protettore di Bozizé: non a caso N'Djamena ha spinto (e numericamente accresciuto) la coalizione ribelle musulmana che ha travolto Bangui.
Provenienti dal nord musulmano di un paese ove l'80% della popolazione è cristiano, i golpisti hanno sancito la morte dello stato di diritto nel vecchio Oubangui-Chari, oggi Repubblica Centrafricana. Significativamente, il nuovo (e oggi ormai ex) presidente Djotodia non s'insediò nel palazzo presidenziale, bensì a Camp de Roux, collina santuario dei militari che domina la capitale.

Violenza cieca e predatoria.
Conquistato il potere, i golpisti sono divenuti esercito regolare - destino di ogni rivoluzionario di successo - ma lo Stato centrafricano si è sbriciolato sotto i colpi della loro violenza cieca e predatoria, diretta contro la popolazione. È il machete il protagonista della nuova, terza guerra civile che ha epicentro a Bangui ma non risparmia Bouar, Bossangoa, Bria e le altre città. Il capo della missione Msf-France a Bangui, Thomas Curbillon, conferma con la sua testimonianza l'escalation: dopo un periodo nel quale le persone arrivavano negli ospedali con ferite d'arma da fuoco, provocate dai combattenti armati di kalashnikov, "c'è stato un aumento delle ferite da arma bianca e da linciaggi".

Quando si colpiscono i bambini col macete. Il dottor Jean-Chrysostome Gody, direttore del centro pediatrico della capitale, s'interroga: "Quando si colpiscono i bambini col machete, come si può chiamare tutto questo?" Il rischio concreto è che si possa arrivare a chiamarlo genocidio. Di tale orrore impensabile e tuttavia prevedibile hanno parlato in molti, a partire dal decaduto presidente centrafricano Djotodia, che ha evocato il rischio di un "nuovo Ruanda" (11 dicembre). L'Onu ha definito la situazione "prégénocidaire" (19 dicembre). Il 27 marzo ha lanciato l'allarme Catherine Ashton: "Sono molto allarmata per il deteriorarsi della situazione a Bangui e l'escalation di violenze avvenuta nel paese a partire dal 22 marzo". Ad aprile hanno visitato Bangui l'ambasciatrice americana all'Onu, Samantha Power e il segretario generale delle Nazioni Unite. Per Ban Ki Moon parlare di "disperazione è un eufemismo".

L'operazione Sangaris. In una condizione di violenza diffusa e "hobbesiana", l'intervento francese avviene sulla base della risoluzione 2127 (5 dicembre 2013) approvata all'unanimità dal Consiglio di sicurezza dell'Onu di cui fa parte come membro non permanente anche il Ruanda: l'operazione francese Sangaris è stata lanciata l'8 dicembre e raccoglie 1600 uomini, in maggioranza provenienti dalle basi che Parigi mantiene in Camerun e Gabon.

L'ultimo di 40 interventi francesi. È l'ultimo di oltre 40 interventi della Francia nei suoi vecchi possedimenti coloniali d'Africa, uno dei pochi espressamente autorizzato ex ante dal Palazzo di Vetro. Le forze tricolori si concentrano a Bangui, sommandosi in un primo momento agli effettivi della Ceeac (le Fomac, presenti nel paese fin dal 2002) poi sostituiti dalla Misca, missione dell'Unione africana, autorizzata tramite la medesima risoluzione 2127.
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