Palestina-Ixrael

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Messaggioda Berto » mer lug 23, 2014 10:03 pm

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Gaza, M5S: ‘Governo intervenga o complice massacro’. Israele: ‘Campagna antisemita’

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/07 ... te/1075708

Il rappresentante di Tel Aviv ha inviato un comunicato stampa in relazione all'intervento di Manlio Di Stefano. Il deputato 5 stelle ha chiesto lo stop di ogni relazione commerciale e il rientro dell'ambasciatore italiano: "O il governo dovrà ritenersi responsabile"

di Redazione Il Fatto Quotidiano | 29 luglio 2014

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Dichiarazioni che riflettono un pericoloso “antisemitismo contemporaneo”. L’ambasciata di Israele a Roma reagisce con un comunicato stampa all’intervento del Movimento 5 stelle durante l’informativa in aula del ministro degli Esteri Federica Mogherini sul conflitto in Medioriente. A prendere la parola è stato il deputato grillino Manlio Di Stefano che ha ribadito la richiesta di fermare le vendite di armi ad Israele (è di pochi giorni fa la mozione M5s a prima firma Paolo Bernini) e il rientro dell’ambasciatore italiano ora a Tel Aviv. “Le dichiarazioni rilasciate nell’aula della Camera dal rappresentante del Movimento Cinque Stelle”, dice l’ambasciata, “riflettono una totale mancanza di comprensione del contesto, una unilateralità delle posizioni e una totale disconnessione dalla realtà dei fatti. Peggio con il pretesto di esprimere una posizione ragionevole, Di Stefano ha sostenuto posizioni che negano il diritto fondamentale di Israele ad esistere, nonché il diritto di Israele a proteggersi davanti agli attacchi di un’organizzazione terrorista omicida”. Per questo, secondo l’ambasciata, i 5 Stelle avrebbero opinioni “antisemite”: “Le posizioni espresse da Di Stefano, quindi, sono simili a quelle espresse da altri gruppi estremisti, che si oppongono al sionismo e negano al popolo ebraico il diritto di vivere nel proprio Paese, a prescindere dal limite dei suoi confini nazionali. Si tratta di un pericoloso ‘antisemitismo contemporaneo’, che mira a celare l’astio verso gli ebrei attraverso una campagna di odio verso l’unico Stato ebraico esistente al mondo, Israele. Purtroppo, in questi ultimi giorni, anche in Italia abbiamo visto gli effetti deleteri di questa pericolosa forma di antisemitismo”, conclude l’ambasciata.

Dichiarazioni che riflettono un pericoloso “antisemitismo contemporaneo”. L’ambasciata di Israele a Roma reagisce con un comunicato stampa all’intervento del Movimento 5 stelle durante l’informativa in aula del ministro degli Esteri Federica Mogherini sul conflitto in Medioriente. A prendere la parola è stato il deputato grillino Manlio Di Stefano che ha ribadito la richiesta di fermare le vendite di armi ad Israele (è di pochi giorni fa la mozione M5s a prima firma Paolo Bernini) e il rientro dell’ambasciatore italiano ora a Tel Aviv. “Le dichiarazioni rilasciate nell’aula della Camera dal rappresentante del Movimento Cinque Stelle”, dice l’ambasciata, “riflettono una totale mancanza di comprensione del contesto, una unilateralità delle posizioni e una totale disconnessione dalla realtà dei fatti. Peggio con il pretesto di esprimere una posizione ragionevole, Di Stefano ha sostenuto posizioni che negano il diritto fondamentale di Israele ad esistere, nonché il diritto di Israele a proteggersi davanti agli attacchi di un’organizzazione terrorista omicida”. Per questo, secondo l’ambasciata, i 5 Stelle avrebbero opinioni “antisemite”: “Le posizioni espresse da Di Stefano, quindi, sono simili a quelle espresse da altri gruppi estremisti, che si oppongono al sionismo e negano al popolo ebraico il diritto di vivere nel proprio Paese, a prescindere dal limite dei suoi confini nazionali. Si tratta di un pericoloso ‘antisemitismo contemporaneo’, che mira a celare l’astio verso gli ebrei attraverso una campagna di odio verso l’unico Stato ebraico esistente al mondo, Israele. Purtroppo, in questi ultimi giorni, anche in Italia abbiamo visto gli effetti deleteri di questa pericolosa forma di antisemitismo”, conclude l’ambasciata.


Il deputato Di Stefano ha chiesto in Aula un intervento tempestivo “o il governo italiano dovrà ritenersi complice del massacro perpetrato nella Striscia di Gaza”. Tra le 7 richieste formulate dai 5 stelle c’è il ritiro dell’ambasciatore, esteso anche ai partner europei al fine di fermare il genocidio in atto nella Striscia. “Riteniamo inoltre opportuno”, ha detto Di Stefano, “che alla luce degli attacchi indiscriminati dell’esercito israeliano su scuole, ospedali e centri per l’infanzia, la Corte dell’Aja valuti l’apertura di un processo per crimini di guerra e crimini contro l’umanità nei confronti del governo Netanyahu. Riconoscendo lo Stato di Israele gli abbiamo concesso dei diritti, ma dobbiamo pretendere anche dei doveri, rispetto al diritto internazionale, che non sono derogabili in nome della storia. Se il Governo israeliano sceglierà di non rispettarli semplicemente non avrà più nulla a che fare con l’Italia, perché il nostro Paese ha tanti difetti ma gli italiani non vogliono più sporcarsi le mani di sangue innocente”. L’intervento dei 5 stelle, poi pubblicato sul blog di Beppe Grillo conclude: “Ciò non giustifica in alcun modo gli atti efferati portati avanti da Hamas nella Striscia e il lancio (altrettanto) indiscriminato di razzi su Israele, che deploriamo con fermezza”. Una precisazione che però alla sede diplomatica israeliana non è bastata.

http://bcove.me/1ijae184
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Re: Palestina-Ixrael

Messaggioda Berto » gio ago 07, 2014 7:57 pm

Quanto costa la guerra tra Israele ed Hamas?
Proviamo a fare i conti in tasca ad Hamas e Israele e capire quanto entrambe spendono per farsi la guerra. Perché la guerra costa (e qualcuno ci guadagna)

http://news.panorama.it/oltrefrontiera/ ... raele-gaza

A tre settimane dall’inizio del conflitto nella Striscia di Gaza, lo Stato di Israele e Hamas iniziano a fare i conti anche con le conseguenze economiche della guerra.

Secondo studi economici israeliani, le spese dell’operazione militare a Gaza avrebbero già superato i 3 miliardi di dollari. I costi più alti derivano dall’utilizzo di caccia ed elicotteri e dal richiamo al fronte dei soldati riservisti, ma soprattutto dall’uso del sistema missilistico di difesa Iron Dome.

La “cupola di ferro”, realizzata dalle aziende israeliane Elta e Rafael, è costata 5 miliardi dollari, parte dei quali sono stati finanziati dal governo americano (310 milioni di dollari già versati, più altri 621 per i prossimi tre anni secondo il New York Times). Arma di difesa sofisticatissima, il problema di Iron Dome è legato alle spese di gestione: il lancio di ogni missile intercettore Tamir vale infatti tra i 30.000 e i 50.000 dollari, un’enormità rispetto ai circa 800 dollari che servono ad Hamas per assemblare in casa i propri razzi Qassam.
Ci sono poi circa 1,3 miliardi di dollari spesi dalla Difesa israeliana nel 2013 per preparare l’esercito a un’eventuale nuova operazione militare. Soldi che sono stati spesi per la formazione di migliaia di truppe di terra, per acquistare blindati e per l’ammodernamento dell’artiglieria. In questo computo, non rientrano gli altri miliardi di shekel (la proporzione è 1 euro = 4,6 shekel) spesi per lo sviluppo tecnologico del proprio arsenale e per garantire la massima connessione tra i vari comparti dell’esercito. Un processo di digitalizzazione esteso che va dalla trasmissione in tempo reale alle truppe di terra delle fotografie scattate dall’alto dai droni, alla comunicazione audio e visiva tra i comandanti dei reggimenti di terra e i piloti dei caccia.

- I conti in tasca ad Hamas

Cifre alla mano, la sproporzione del confronto militare tra Israele e Hamas appare più che evidente. Secondo il sito d’intelligence israelianoDebkafileHamas nell’ultimo anno e mezzo è riuscito a rafforzare in maniera rilevante soprattutto le proprie capacità militari, come dimostra l’utilizzo di razzi M-302 Khaibar, assemblati in Siria ma di produzione cinese, arrivati a Gaza dall’Iran passando dal Sudan e dall’Egitto.
Si tratta degli stessi razzi utilizzati anche dal movimento libanese sciita Hezbollah durante l’offensiva contro Israele dell’estate 2006, in grado di trasportare 175 chili di esplosivo e capaci di coprire una gittata di 150 chilometri. Recentemente, questi vettori avrebbero subito anche delle evoluzioni nelle officine palestinesi, grazie ai miglioramenti apportati già dagli ingegneri di Hezbollah ai sistemi propulsivi. Il risultato sono i nuovi razzi R-160 (chiamati così in onore del leader di Hamas Abdel Aziz Rantisi, ucciso nel 2004 da un raid aereo israeliano), potenzialmente in grado di sfondare la barriera dei 150 chilometri.
Hamas continua a non avere una forza aerea ma, allo stato attuale, oltre che su questi razzi può contare anche sui razzi Grad (di progettazione russa e simili ai Katyusha) e sui Fajr-5 (di fabbricazione iraniana). E sui droni, di cui ha dato sfoggio nei primi giorni delle incursioni aeree di Israele, subito abbatuti e probabilmente già esauriti.
Insomma, i tempi dei Qassam sono ormai definitivamente superati. Fatti in casa utilizzando tubi in acciaio, ghisa e alluminio, su questi razzi inizialmente venivano caricate testate pesanti solo qualche chilo, fabbricati alla bene meglio e imbottiti di esplosivo e schegge di metallo, mentre per la propulsione veniva utilizzato un mix di zucchero e fertilizzanti. Questo materiale - che arriva senza esclusione dal contrabbando nei tunnel sotterranei che collegano la Striscia all’Egitto - ha un prezzo totale che oscilla tra gli 800 e i 1.000 dollari, a cui va aggiunto il costo della precarie impalcature da cui vengono effettuati i lanci.

- Le alleanza di Hamas

Nonostante le aperture c’è chi teme che, al netto delle centinaia di morti in Palestina, il Movimento Islamico di Resistenza continuerà a portare avanti la sua strategia di attacco. “Hamas - spiega l’analista Firas Abi Ali - ha calcolato che, intensificando i lanci e variando la gamma dei suoi razzi può creare un danno economico significativo a Israele, paralizzando le attività commerciali nei porti e negli aeroporti, e stroncare la stagione turistica estiva di Israele. Tutto ciò, dal punto di vista di Hamas, compensa i danni materiali inflitti alla società palestinese (distruzione di case, scuole, ospedali ed esercizi commerciali,ndr) e le centinaia di vittime tra miliziani e civili”.
Hamas starebbe inoltre usando questa guerra per raccogliere nuovi finanziamenti tra i Paesi “nemici” di Israele e superare così la grave crisi economica creata dal raffreddamento dei rapporti con l’Iran e con l’Egitto, in particolare dopo l’estromissione dal potere dei Fratelli Musulmani.
“Con questa battaglia - spiega Adnan Abu Amar, professore dell’Università Uma di Gaza aReuters- Hamas punta a rilanciare le relazioni con le potenze regionali amiche, a cominciare dall’Iran e dalla Turchia, dove molti sostengono la causa palestinese”. I rapporti con Teheran si erano raffreddati dopo che Hamas nel 2011 aveva rifiutato di sostenere il loro alleato sciita Bashar Assad nella lotta contro i ribelli sunniti in Siria. Sino ad allora, Hamas aveva potuto contare su un finanziamento annuale di 250 milioni di dollari da parte dell’Iran.

- I costi sociali del conflitto

Sul piano prettamente economico e sociale, non sono solo i territori palestinesi a pagare le conseguenze di questo conflitto, come invece lascia intendere una buona parte dei media internazionali. Oltre alle ingenti spese militari, Israele sta infatti facendo i conti con una serie di spese collegate all’attivazione dei piani di emergenza per la messa in sicurezza delle popolazioni delle regioni meridionali del Paese, quelle più bersagliate dai razzi di Hamas. Solo su questo versante sono stati già spesi dal governo israeliano circa 400 milioni di shekel.

Tuttavia, la perdita più grave è legata al calo del PIL nazionale, in quanto i consumi in queste tre settimane si sono praticamente dimezzati nel sud del Paese. In città come Ashdod, Ashkelon e Sderot, le vendite sono diminuite tra il 60 e il 70%, mentre nella zona intorno a Tel Aviv i consumi sono calati di un terzo. Male i trasporti pubblici (-20%) e malissimo - ovviamente - il turismo, considerato che circa il 40% del fatturato del settore si concentra proprio nella stagione estiva, che quest’anno sembrava particolarmente florida.
Questo settore rappresenta il 7,3% dell’economia israeliana e impiega un’unità su tredici dell’intera forza lavoro. Prima della nuova crisi a Gaza, l’industria del turismo veniva da un periodo record (+17% nei primi cinque mesi del 2014 rispetto allo stesso periodo del 2013). Adesso, con l’escalation del conflitto in pieno corso e con diversi governi stranieri che a intermittenza hanno imposto alle proprie compagnie il divieto di atterrare all’aeroporto di Tel Aviv, circa il 30% delle prenotazioni alberghiere sono state annullate, mentre i nuovi arrivi sono pressoché fermi allo zero.

Sul fronte opposto, per i territori palestinesi la situazione economica non può che divenire sempre più preoccupante ogni giorno che il conflitto va avanti. Secondo il “minstero” delle Finanze palestinese, dall’inizio del 2014 in Palestina sono arrivati in donazioni dall’estero circa 182 milioni di dollari, il 65% in meno rispetto al primo trimestre del 2013, il che ha causato una flessione della crescita del 2% (il livello più basso negli ultimi sei anni) e un aumento significativo della disoccupazione (oltre il 40% della popolazione).

Con l’escalation del conflitto, però, gli aiuti internazionali per Gaza e West Bank sono tornati ad aumentare. In cima alla lista dei finanziatori ci sono: Arabia Saudita (53,3 milioni di dollari), Emirati Arabi Uniti (52 milioni di dollari), Stati Uniti (47 milioni di dollari) e Qatar (20 milioni di dollari). Tanti soldi - ma parliamo solo di quelli dichiarati - che potrebbero permettere alla Palestina di risollevarsi dalle macerie, ma che rischiano di non servire a nulla, fino a quando sarà Hamas a dettare legge in questa terra.
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Re: Palestina-Ixrael: la Tèra del late e del mièle

Messaggioda Sixara » ven ago 08, 2014 12:42 pm

Da na parte e da kel altra solo ke odio e violentsa : Dio nol ghe la gheva destinà l Eretz Ysraèl parké ke i la doparése cusì malamente
Éretz Yisraèl, la Terra d'Israele, è stata il centro focale dei sogni e delle aspirazioni degli ebrei sin dai tempi biblici. È la terra dove Abramo ha vagato, scavato pozzi, curato le sue greggi. È la terra che Dio ha promesso ai discendenti di Abramo, che vi sarebbero ritornati dopo un lungo periodo di esilio e di schiavitù. Era la visione della vita in questa terra magnifica che ha spinto gli schiavi ad uscire con Mosè dall'Egitto, e li ha sostenuti per tutti gli anni trascorsi nel deserto. La conquista della terra da parte di Giosuè, seguita dalle lunghe lotte con i filistei e le altre tribù originarie di Éretz Yisraèl, ha portato al primo stato ebraico indipendente, il regno di David e Salomone nel decimo secolo a.e.v.
(...)
Lo speciale status della Terra d'Israele è assegnato da Dio, non da noi. La sua santità non è come quella dei qiddushìn, la santificazione del matrimonio, nella quale è implicito il “possesso” esclusivo. Questa condizione è più simile a quella di un oggetto sacro, che rimane tale sia che gli ebrei lo possiedano o no. Un rotolo della Toràh, conservato in una biblioteca non ebraica per secoli, conserva la sua santità anche se continua ad essere posseduto da altri. La terra è rimasta santa perfino durante il nostro lungo esilio, quando il nostro legame con essa era fatto solo di sogni e di fantasia. La sua santità oggi non dipende dal fatto che siano gli ebrei a possederla e a governarla. Lo Stato d'Israele è una grande impresa storica del popolo ebraico. Il suo ruolo nella sopravvivenza e nella rinascita della vita ebraica, in particolare in conseguenza della Shoàh, non deve essere sottovalutato. Mo lo Stato in quanto tale non ha alcuna significato teologico. Éretz Yisraèl è santa con o senza il dominio ebraico. Le leggi della shemitàh e le altre particolari limitazioni relative all'agricoltura riguardano gli ebrei che vivono nelle zone governate dai palestinesi non meno di quelli che vivono entro i confini d'Israele.
(...)
Quale è il messaggio del ritorno, nel Novecento, del popolo ebraico nella Terra Santa? Viviamo in un periodo lacerato da continue lotte etniche. Ogni gruppo vuole il suo territorio, il suo potere e ha la tendenza a porre i propri bisogni molto al di sopra di quelli dei suoi vicini. Ma ai nostri giorni, a causa del pericolo di un armamento “altamente sofisticato”, uno qualunque di questi conflitti etnici potrebbe minacciare ogni altra parte della terra. La terra vive in uno stato di estrema precarietà, dovuta alla nostra incapacità di risolvere l'annoso problema di un gruppo di uomini contrapposto ad un altro. In mezzo a tutto ciò, il popolo ebraico ritorna in Éretz Yisraèl, entrando in quello che può sembrare, apparentemente, il più insanabile di tutti i conflitti. Il messaggio, in questa situazione, è quasi troppo ovvio per necessitare una spiegazione. Come vivere in una terra santa oggi?
Come mostrare al mondo cosa vuol dire vivere in un luogo che è santo? La risposta è che noi realizziamo ciò condividendolo con gli altri.
L'apparente semplicità di questo messaggio non significa che la nostra politica debba esser ingenua o semplicistica. Siamo stati collocati fra vicini decisamente difficili, e noi stessi non siamo stati dei vicini accomodanti. Molti tra i nostri vicini vorrebbero vederci distrutti o scacciati completamente da questa terra. La forza e la vigilanza militare, che sono state incrementate dallo Stato d'Israele nel suo primo mezzo secolo di vita, sono state vitali per la sua sopravvivenza. Ma noi che continuiamo a pensare ad Éretz Yisraèl nel contesto di un'alleanza o di una fede santa, crediamo che il fine di quella sopravvivenza debba essere molto di più che la sopravvivenza stessa. Continuiamo ad essere un reame di sacerdoti (Es. 19:6) consacrati ad un messaggio relativo ad un unico Dio (shemà`) e alla creazione di tutti gli uomini ad immagine divina (tzélem Elohìm). Ogni giorno nemici reali mettono alla prova la nostra fede in quel messaggio.
La vittoria finale d'Israele (popolo, Stato e terra) sta nella nostra capacità di mantenere fede al nostro messaggio e di agire in base ad esso qui, nel mondo cinico e reale della vita politica e delle relazioni personali.


Come se fa vivare te on posto santo? Bixogna spartirlo co i altri, si-nò el deventa on posto dis-sacrato, on posto maledeto, indoe no xe pì posìbile vìvare : la Tèra del sangoe e del velén .
Nol xe solo ke soo kel posto lì - i lo gà solo ke npresto e Dio el pòe senpre tòrselo indrio.
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Re: Palestina-Ixrael

Messaggioda Berto » sab ago 08, 2015 7:02 am

???

Ecco perchè bisogna mostrare le foto dei bambini palestinesi uccisi da Israele
10 luglio 2014
http://spondasud.it/2014/07/perche-most ... raele-3125

(Alessandro Aramu) – Il giornalismo è raccontare, svelare, mostrare. Il contrario del giornalismo è occultare, nascondere, censurare. Indro Montanelli diceva che non esiste la verità ma una verità, ovvero quella che gli occhi del giornalismo possono vedere. Lo sguardo arriva fino a un certo punto e il dovere del cronista è raccontare ciò che vede. Oltre quello sguardo ci può essere un’altra verità che qualcun altro può raccontare o meno.

Il giornalismo è dunque mostrare e mi hanno insegnato che quando si ha a che fare con la guerra ci sono cose che si possono mostrare e altre che non si possono mostrare per non urtare la sensibilità delle persone più deboli, a partire dai bambini.

E proprio di loro che voglio parlare. Oggi decido che la mia rivista non deve avere paura di mostrare la foto di un bambino morto sotto i bombardamenti israeliani a Gaza. Decido che del giornale che dirigo faccio ciò che voglio, piegandomi a una sola regola: quella della mia coscienza di giornalista e di uomo. Mostro le foto che l’informazione mainstream non vuole e non può mostrare, perché ogni giorno è piegata alle logiche della politica e della menzogna. I bambini italiani devono sapere che ci sono altri bambini che hanno visto morire i propri genitori, fratelli, parenti e amici. Devono sapere che ci sono altri bambini morti, sepolti sotto le macerie distrutte dalle bombe di Israele. Devono sapere che c’è una logica nazista nell’informazione: 1 bambino ebreo ucciso vale 10 bambini palestinesi morti. Che ci sono morti di serie A e morti di serie B. Morti che nessuno ha il coraggio di mostrare perché c’è il diritto di perseguitare il popolo palestinese senza che nessun organismo internazionale possa reagire.

In questi anni ho criticato Hamas più di una volta. Ritengo che sia un movimento che non ha prospettiva politica e che la Resistenza, legittima davanti alle continue violazioni di Israele nei confronti della Palestina e del suo popolo, a un certo punto debba trovare un punto di svolta. Quel punto di svolta è arrivato con il consenso di tutti: il governo di unità nazionale con al Fatah. Un punto di svolta che non è piaciuto a Israele e al suo premier. Netanyahu, fin dall’inizio, ha deciso che quello storico accordo doveva fallire e ha lavorato affinché si arrivasse a questo punto. Serviva un pretesto. E l’ha trovato: il rapimento e la morte di tre giovani coloni ebrei. Un crimine orrendo. Nessuno può gioire per quello che è successo. La verità è che non c’è nessuna prova che il responsabile di quell’azione sia Hamas. L’unica rivendicazione, taciuta da tutti, è arrivata da un movimento jihadista palestinese. Il governo di Israele ha avuto il pretesto che voleva e ha risposto con una repressione che vìola tutte le regole del diritto internazionale.

In Cisgiordania abbiamo assistito per giorni a un rastrellamento che ricorda purtroppo le azioni peggiori degli eserciti occupanti nelle guerre di mezzo mondo. Qui, inoltre, c’è un fattore etnico e religioso che aggrava la situazione. Un esercito occupante di uno Stato che continua a costruire insediamenti e colonie al di fuori di qualunque regola. Ma il diritto internazionale è carta straccia. Il diritto è soltanto la piega con la quale il più forte impone una condotta al più debole. Distruggere le case dei palestinesi e occupare le loro terre, anche quando non arrivano missili e non ci sono azioni armate, è diventato il contrappeso di una difesa alla sicurezza dello Stato di Israele che nessuno può contrastare. Il mondo resta a guardare. L’informazione si piega a quel mondo assente e distratto.

I raid di Israele non c’entrano nulla con i missili di Hamas. Le bombe su Gaza non c’entrano nulla con il rapimento e l’uccisione dei tre giovani coloni ebrei. No, questo nuovo “Piombo Fuso” è la reazione di Israele, dei suoi falchi, della destra ultraconservatrice razzista e nazista, al governo di unità, a quell’esecutivo che anche gli Stati Uniti hanno riconosciuto e sostenuto. Il premier Netanyahu, così come è accaduto con l’Iran, è rimasto solo, con le spalle al muro. Aveva un solo modo per uscire dall’angolo: bombardare Gaza e cercare di annientare con la violenza Hamas. Per fare questo ha voluto passare attraverso i corpi dei civili. E quei corpi, che piaccia o meno, sono spesso quelli dei bambini che l’informazione mainstream non vuole mostrare. Non si mostrano perché l’opinione pubblica non deve sapere.

Noi quei corpi li mostriamo. Perché un bambino ebreo vale quanto un bambino palestinese. Abbiamo mostrato la foto dei tre coloni ebrei come quello del giovane palestinese bruciato vivo da “ultrà” israeliani. La morte bisogna guardarla in faccia. Anche quando è deforme e procura orrore. I numeri non sono cifre. I numeri non sono altro che sentimenti di persone che si spezzano, di storie e drammi che uno scatto a volte racconta meglio di qualunque scritto.

Io non sono contro Israele. Io sono contro la politica di Israele. Sono contro Netanyahu e la sua politica fascista. Lui è il vero nemico di Israele e di quei tanti ragazzi ebrei che negli ultimi mesi si sono rifiutati di fare la guerra ai palestinesi e di arruolarsi sotto l’insegna della stella di David. In Israele c’è tanta gente che non ne può più di questo governo. Gente che ritiene il proprio premier più pericoloso dei missili di Hamas. Pochi giornalisti hanno il coraggio di raccontare questa parte di Israele. Gli altri sono piegati alla logica della politica e della disinformazione.

C’è una regola nel diritto, anche internazionale: la proporzione tra azione e reazione. L’offesa di Hamas, se c’è stata, non è comparabile con l’assurda reazione di Israele. I numeri in questo caso, solo in questo, sono cifre: da una parte zero morti, dall’altra un numero crescente di vittime e feriti. È chiaro: Israele non vuole fermare Hamas, vuole annientare il popolo palestinese. Lo ha fatto in silenzio con i nuovi insediamenti. Lo fa oggi con il fragore delle bombe.

Quelle bombe hanno un volto. Tanti volti. Quelli dei bambini uccisi da Netanyahu.

Ecco perché li mostro.

(twitter@AleAramu)

Alessandro Aramu (1970). Giornalista, direttore della Rivista di geopolitica Spondasud. Autore di reportage sulla rivoluzione zapatista in Chiapas (Messico) e sul movimento Hezbollah in Libano, ha curato il saggio Lebanon. Reportage nel cuore della resistenza libanese (Arkadia, 2012). È coautore dei volumi Syria. Quello che i media non dicono (Arkadia 2013) e Middle East. Le politiche del Mediterraneo sullo sfondo della guerra in Siria (Arkadia Editore 2014).
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Re: Palestina-Ixrael

Messaggioda Berto » lun feb 15, 2016 10:46 pm

Rasixmo contro łi ebrei e Ixrael
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Le ensemense só e contro łi ebrei
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Strika de Gaxa (e i nasirasisti xlameghi co łi so sostenidori e conpliçi cristiani)
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El sionixmo nol xe envaxion e gnanca cołognałixmo
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Basta finansiar el terorixmo arabo ixlamego pałestinexe antiebreo
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Ixlam, pałestinexi, ebraixmo, ebrei, Ixraełe
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