Siria

Re: Siria

Messaggioda Berto » sab dic 03, 2016 9:12 am

Siria: la felicità dei civili ad Aleppo, canti pro Assad
ESTERI, NEWS venerdì, 2, dicembre, 2016
La felicità dei civili ad Aleppo: urla pro Assad. Pubblichiamo questo video senza aggiungere niente augurandoci che questa povera gente trovi finalmente la pace.
http://www.imolaoggi.it/2016/12/02/siri ... -pro-assad


Siria, ribelli in difficoltà si uniscono in "Esercito di Aleppo"
Mentre truppe regime si preparano a guerriglia urbana
2016/12/02
http://www.askanews.it/esteri/siria-rib ... 954105.htm

Roma, 2 dic. (askanews) - In Siria, diversi gruppi armati dell'opposizione siriana hanno annunciato l'istituzione dell'"Esercito di Aleppo", una formazione unitaria che vuole mettere sotto un unico comando militare la galassia di fazioni armate messa alle corde nelle ultime due settimane dalle truppe del regime nella seconda città del Paese, come riportano oggi diversi media arabi. Intanto le forze governative che negli ultimi giorni hanno esteso il loro controllo sul 50% di Aleppo-est si stanno preparando ad affrontare "una guerriglia urbana" per cacciare dalla città vecchia i circa 15.000 combattenti ribelli rimasti ancora in città secondo una stima fatta dall'Osservatorio siriano per i diritti umani.

"Il nuovo esercito cancella tutte le fazioni all'interno della città e mette insieme in un unica entità combattenti e armamenti", ha detto ieri Abu Abdel Rahman Nur, comandante generele dell'Esercito di Aleppo", come ha riportato il sito "Aleppo Oggi". Nur, è il leader del gruppo denominato "Jbahat al Shamiyah" ("Fronte della Grande Siria"), principale fazione armata dell'Esercito Libero siriano ritenuto 'moderato' e non islamizzato.

"L'obbiettivo del nuovo esercito è l'unificazione di tutti gli sforzi per respingere il feroce attacco che stanno conducendo le forze del regime e rompere l'assedio della città", ha spiegato il comandante Nur.

Intanto, secondo quanto riferisce l'Osseravtorio, una Ong vicina all'opposizione, "centinaia di soldati delle Guardie presidenziali e della quarta divisione si sono schierati in preparazione di una guerriglia urbana" nei quartieri orientali di Aleppo. I governativi "stanno avanzando ma temono agguati in quelle zone a causa dell'alta densità di abitanti e combattenti", ha aggiunto l'Ong.

Da quando, 15 giorni fa, le truppe di Assad ed i loro alleati hanno lanciato una vasta offesniva su Aleppo-est, le circa 20 fazioni ribelle, non sempre d'accordo tra loro, hanno subito pesanti sconfitte perdendo circa la metà dell'area che occupavano. Non è chiaro quanti gruppi si sono "fusi" con la nuova formazione, ma ecco i nomi di queste fazioni combattenti nella sola parte orientale di Aleppo, secondo quanto scrive il sito arabic.rt:

GALASSIA DI RIBELLI Sarebbero in tutto in 15.000 i combattenti dell'insieme di queste fazioni:

GRUPPI ISLAMISTI: "Jabhat Fath al Sham", ("Fronte della Conquista della Grande Siria"), ex fronte al Nusra che era la filale siriana di al Qaida. Questo gruppo jihadista è ritenuto il più numeroso e potente della galassia dei ribelli in città. Alleati degli ex qaidisti ci sono altri dieci gruppi, tutti di matrice islamista legate o finanziate da Qatar, Arabia saudita e Turchia e fino a qualche tempo fa anche dagli Stati Uniti. Eeco i nomi: "Ahrar al Sham (Liberi della Grande Siria"; "jeish al Islam" ("Esercito dell'Islam"); "Jund al Sham" ("Soldati della Grande Siria"); "Movimento di Nur Addine al Zanki"; "Il Partito Islamico Turkistano"; "Lua'a al Haqq" ("Brigate della Giustizia"); "Feilaq al Shaam" ("Legione della Grande Siria"); "Jeish al Sunnah"; ("Esercito al Sunnah"); "Jabhat Ansar al Din" (Fronte dei Partigiani della Fede"); "Al Jabha al Shamiya" (Fronte della Grande Siria").

GRUPPI 'MODERATI': L'Esercito Libero Siriano, è la principale alleanza armata del fronte cosiddetto moderato. Questa sigla, a lungo sostenuta da Washington, è appoggiata anche dai Paesi del Golfo e dalla Turchia. Questa alleanza armata è composta a sua volta da 11 sigle:

"Divisione Tredicesima"; "Divisione Settentrionale"; "Divisione Centro"; Jeish al Tahrir" ("Esercito della Liberazione"); "Jeish al Mujahiddin" (Esercito dei Mujahiddin"); "Esercito della Vittoria"; "Tajammu Fastaqim Kama Umert" (Raggruppamento attiene agli ordini"); "Firqat al Sultan Murad" ("Divisione del Sultano Murad"); "Kateb al Safwah" ("Le Falange d'Elite".

Vale la pena ricordare che tutte queste fazioni, jihadiste e 'moderate" nel mese di ottobre avevano lanciato l'operazione "Grande Epopea di Aleppo" con l'obbiettivo di rompere l'assedio di Aleppo-est che è finito in un pesante fallimento sul campo.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » mer dic 14, 2016 8:44 pm

Cari amici, dopo 4 anni Aleppo, capoluogo del Nord della Siria dove i terroristi islamici hanno distrutto delle chiese tra le più antiche al mondo, è stata finalmente liberata dall'esercito regolare siriano sostenuto da forze russe.

https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 0690127517

Per 4 anni l'Onu, gli Stati Uniti, l'Unione Europea, la Chiesa cattolica, la Turchia, l'Arabia Saudita, il Qatar e le cosiddette "organizzazioni umanitarie" hanno detto poco o nulla sulle stragi di civili e in particolare dei cristiani perpetrate dal sedicente "Esercito siriano libero", sigla dietro alla quale si celano i terroristi dei Fratelli Musulmani, nonché da altre sigle del terrorismo islamico compreso l'Isis.

Ebbene soltanto ora si registra una mobilitazione internazionale senza precedenti per denunciare le stragi di civili che verrebbero perpetrate dall'esercito regolare siriano e si innalzano cartelli con la scritta "Liberate Aleppo". Come se Aleppo fosse stata libera sotto il giogo dei terroristi islamici e sarebbe ora occupata dall'esercito regolare siriano.

Le tantissime anime pie che soltanto ora scoprono le stragi di civili, dovrebbero gioire come fanno i cristiani di Aleppo che, piaccia o meno, finalmente si sentono liberati e tornano a confidare di non dover più essere uccisi per il fatto stesso di essere cristiani. Si chiedano inoltre quale guerra di liberazione nella Storia si è svolta senza vittime civili. Dresda e Hiroshima furono delle atrocità disumane. Ma finora nessun tribunale internazionale ha mai pensato di condannare gli Stati Uniti per crimini contro l'umanità. Possibile che tra il regime laico di Assad e i terroristi islamici l'Occidente si schiera con chi sgozza e decapita per sottomettere l'umanità al loro dio Allah?
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Re: Siria

Messaggioda Berto » gio dic 15, 2016 9:55 pm

???

Il presidente siriano alla tv russa - Assad: "L'Occidente blocca la lotta all'Isis. Anche l'Italia"
Il nostro Paese, difatti, assieme a USA, Germania, Francia, Gran Bretagna e Canada ha sottoscritto all'inizio di dicembre un appello per un immediato cessate il fuoco ad Aleppo, rivolto anche a Russia e Iran, gli unici che combattono il Califfo
14-Dicembre-2016

http://www.ilpopulista.it/news/14-Dicem ... talia.html

L'Occidente sta cercando di bloccare l'offensiva dell'esercito siriano contro lo Stato islamico, chiedendo alla Russia di fare pressioni su Damasco: lo sostiene il presidente siriano Bashar al Assad, che in una intervista al canale televisivo russo RT, mette anche l'Italia nella lista dei Paesi che cercano la sponda russa per fermarlo. L'Italia, assieme a USA, Germania, Francia, Gran Bretagna e Canada ha sottoscritto all'inizio di dicembre un appello per un immediato cessate il fuoco ad Aleppo, rivolto anche a Russia e Iran.

"È sempre importante in politica leggere tra le righe, non avere un approccio elettorale, indipendentemente da quanto viene chiesto. E la traduzione della loro dichiarazione per la Russia è: per favore, ferma l'avanzata dell'esercito siriano contro i terroristi. Dimenticate tutto il resto, il significato del messaggio è questo", ha dichiarato Assad, ovvero "vi siete spinti troppo lontano nello sconfiggere i terroristi, questo non doveva accadere. Dovreste dire ai siriani di fermarsi".
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Re: Siria

Messaggioda Berto » sab dic 17, 2016 3:31 pm

???

Obama ammette le sue colpe: "Responsabile per Aleppo"
Nel discorso di fine anno, l'ultimo da presidente, anche accuse contro i russi
Luca Romano - Ven, 16/12/2016

http://www.ilgiornale.it/news/mondo/oba ... 43508.html

"È sulle mani di Bashar Assad" il sangue dei sirani. Ne è convinto Barack Obama, che nel suo ultimo discorso di fine anno da presidente è tornato a condannare e puntare il dito mentre, dall'altra parte ammette "qualche responsabilità" per la situazione di Aleppo.

Un attimo di riflessione a cui si associa la richiesta di "osservatori imparziali" per assicurare l'evacuazione sicura dei civili, operazione avviata ed interrotta più volte negli ultimi giorni. E nuove accuse contro Mosca

Il presidente Usa uscente Barack Obama si augura che il suo successore, Donald Trump condividano la necessita che gli Stati Uniti "restino immuni da potenziali interferenze esterne" come è avvenuto nel processo elettorale dove "i russi si sono resi responsabili di violazioni" dei dati del partito democratico.

"Il regime siriano e i suoi alleati russi e iraniani stanno cercando di mistificare la realtà - attacca ancora - ma il mondo non si lascerà incantare. Il mondo ricorderà".

???
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Re: Siria

Messaggioda Berto » lun dic 19, 2016 4:36 pm

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Re: Siria

Messaggioda Berto » lun dic 26, 2016 4:00 pm

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Re: Siria

Messaggioda Berto » lun feb 13, 2017 8:50 am

SIRIA-ISLAM - Parla il capo della nuova coalizione jihadista: No ai dialoghi di Astana, sì alla Siria una ed islamica
10/02/2017

http://m.asianews.it/index.php?art=39908&l=it

Per la prima volta dalla fondazione di Haya’t Tahrir Al Sham, un mese fa, vi è il messaggio di Hashem El Sheikh. Il richiamo all’unità con le altre forze fondamentaliste per costruire una Siria che mantenga “la sua identità islamica”. Per il momento la Haya’t sta eliminando tutti gli islamisti “traditori”.

Damasco (AsiaNews) – In una sua prima apparizione video (v. video qui), il capo di Haya’t Tahrir Al Sham (Organo per liberazione di Al Sham), Hashem ( alias Abu Jaber) El Sheikh, ha sferrato ieri un attacco senza mezzi termini ai colloqui di pace tenutisi di recente ad Astana.

Haya’t Tahrir Al Sham è stato creato il mese scorso, dopo le sconfitte subite ad Aleppo dai ribelli jihadisti. Esso comprende una miriade di gruppi fondamentalisti - fra i quali Fath Al Sham (ex Al Nusra - che ormai da 7 anni combattono per rovesciare il governo laico in Siria e allontanare il Presidente Assad. Da notare che la parola “Sham” nel loro nome sta non solo per “Siria”, ma comprende anche Libano, Giordania, Palestina ed Israele.

Molti salafiti nel mondo hanno salutato la nuova coalizione integralista. Fra i più entusiasti vi è la Jaish Al Ummah plestinese della Striscia di Gaza, che al neo-gruppo in Siria ha augurato di “ iniziare una nuova pagina di orgoglio jihadista damasceno per sottolineare spettacolari nuove epopee fatte di eroismo e seppellire i complotti dei miscredenti ed infedeli e con essi le conferenze [piene] di onta e di sottomissione”, con chiaro riferimento alla Conferenza di pace di Astana patrocinata da Mosca, Ankara ed Onu.

Nel suo primo discorso videoregistrato Hashem El Sheikh, che era un ingegnere, ha promesso di intensificare le azioni armate “contro l’esercito regolare siriano ed i suoi alleati fino alla liberazione di tutto il territorio” ed al “rovesciamento” del presidente siriano Bashar Assad.

Egli ha detto che la Haya’t è “speranza che sorge dal dolore, come raggio di luce dalle tenebre più oscure”. L’ingegnere salafita l’ha definita anche una “entità indipendente che non rappresenta alcuna continuita con organizzazioni o fazioni precedenti”, che invece si “sono fusi tutti in essa per rappresentare una nuova fase della rivoluzione benedetta”. Con questo egli nega in pratica che la Haya’t sia il nuovo nome dietro cui si nasconde Al Nusra (già Al Qaeda), in seguito divenuta Fronte di Fath Al Sham, citata nelle liste internazionali dei gruppi terroristi.

Hashem Al Sheikh ha messo in allarme i suoi spettatori in rete invitandoli a meditare sulla gravità del periodo presente, un “tornante pericoloso” pieno di “sfide” su tutti i fronti: politico, militare, sociale. Egli ha promesso che la Haya’t riprenderà subito “l’azione armata contro il Regime compiendo attacchi contro le caserme e dando inizio ad una nuova guerra di liberazione”.

Al Sheikh ha poi rivolto un appello a tutte le fazioni rimaste fuori dalla sua coalizione incoraggiando i suoi combattenti a non disperare e a “tenere duro” promettendo vittoria.

Alla fine egli ha sferrato un attacco contro la Conferenza di pace tenutasi ad Astana dicendo che “la pagina di Al Shaam non verrà girata con conferenze che tentano di far abortire la rivoluzione”.

Secondo Hashem, lo scopo della Haya’t è di “unificare tutte le fazioni armate sotto una sola unità di comando che gestisce le operazioni militari della rivoluzione in Siria” con l’intenzione di conservare “l’integralità territoriale della Siria e mantenere la sua identità islamica” e non più laica e multireligiosa.

Ma da quando è stata istituita un mese fa essa ha concentrato la sua lotta più contro i cosidetti “traditori” jihadisti che contro il governo siriano che pretende combattere.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » gio feb 16, 2017 1:37 pm

Assad: mio compito è riportare i siriani a casa
Mada il 15 febbraio 2017
di M.I

http://www.ilfarosulmondo.it/assad-mio- ... riani-casa

Nella sua prima intervista rilasciata ai media americani (Yahoo News) dall’elezione di Trump, il presidente siriano Bashar al-Assad ha affermato che il suo compito ora è quello di ripristinare la stabilità nel suo paese, devastato da una guerra lunga cinque anni, e riportare i siriani a casa.

Una stabilità che, cessata la guerra, passa non solo per la lotta al terrorismo ma anche per l’abolizione dell’embargo imposto da Washington con l’intento di indebolire al-Assad nel 2011 e che ha ridotto l’intero Paese allo stremo.

Le sanzioni, va ricordato, non minano i governi ma colpiscono la gente, privandola di beni di prima necessità come acqua e cibo, medicinali e materie prime (con un grave danno per il lavoro). In più scarseggiano carburante, olio da riscaldamento ed è, quasi sempre, difficilissimo procurarsi gas liquido necessario per gli impianti di energia elettrica. Sono 4,8 milioni i siriani fuggiti dalla Siria dallo scoppio del conflitto, più della metà dell’intera popolazione.

Durante l’intervista al-Assad, alla domanda su cosa pensasse dell’ordine esecutivo del Presidente Donald Trump in merito al blocco degli immigrati provenienti dai paesi a maggioranza musulmana ha mantenuto le distanze da giudizi personali. “Ogni Stato ha il diritto di operare autonomamente in merito alle leggi sull’immigrazione. Si può essere in accordo o in disaccordo ma resta, nel caso specifico, un problema della sovranità americana” ha risposto il Presidente siriano, ribadendo con forza che la sua unica responsabilità, in qualità di Ufficiale dello Stato, è quella di riportare il suo popolo a casa.

Ora la Siria guarda alla ricostruzione e pone freni a chi pensa di potervi “partecipare” dopo essersi sporcato le mani di sangue innocente. “Non si può distruggere e ricostruire allo stesso tempo” ha affermato il leader siriano parlando dell’Ue. “Molti paesi europei hanno sostenuto i terroristi sin dall’inizio, appoggiando diversi gruppi, compresi i cosiddetti moderati”.

Continuando, al-Assad si è detto oltremodo determinato a liberare ogni centimetro quadrato della sua terra dai terroristi e ridare una vita normale alla sua gente e al suo Stato, forte appunto del sostegno del popolo e dell’aiuto di Iran, Hezbollah e Russia.
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Re: Siria

Messaggioda Berto » gio feb 16, 2017 2:22 pm

???

Palestinesi di Siria: Un anno di uccisioni e torture
Khaled Abu Toameh

https://it.gatestoneinstitute.org/9902/ ... -uccisioni


Il 2016 è stato un anno difficile per i palestinesi. È stata dura non solo per quei palestinesi che vivono in Cisgiordania, sotto il regime dell'Autorità palestinese (Ap) o sotto Hamas, nella Striscia di Gaza. Quando gli occidentali sentono parlare di "situazione difficile" o di "sofferenza" dei palestinesi, immediatamente presumono che si parli dei palestinesi della Cisgiordania o della Striscia di Gaza. Raramente la comunità internazionale sa quello che accade ai palestinesi nei paesi arabi e questo perché è difficile accusare Israele delle loro sofferenze.

La comunità internazionale e i giornalisti mainstream sono a conoscenza solo di quanto accade ai palestinesi che vivono in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Naturalmente, la vita sotto l'Autorità palestinese e Hamas non è una passeggiata, anche se questa scomoda verità potrebbe essere piuttosto sgradevole da sentire per i giornalisti occidentali e le organizzazioni per i diritti umani.

Ad ogni modo, i media mainstream sembrano preferire chiudere un occhio sulla difficile situazione dei palestinesi che vivono nei paesi arabi. Questa inadempienza danneggia innanzitutto gli stessi palestinesi e consente ai governi arabi di portare avanti le loro politiche di persecuzione e repressione.

Negli ultimi anni, i palestinesi residenti in Siria sono stati protagonisti di storie orribili. Ma dov'è l'attenzione mediatica per i palestinesi di questo paese martoriato dalla guerra? Essi vengono uccisi, torturati, imprigionati e fatti sfollare. E l'Occidente sbadiglia.

A Gerusalemme e Tel Aviv, sono centinaia i giornalisti stranieri che si occupano di Medio Oriente. Eppure, si comportano come se i palestinesi vivessero solo in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Non hanno alcun desiderio di recarsi in Siria o in altri paesi arabi per parlare dei maltrattamenti e degli abusi perpetrati dagli arabi contro i loro fratelli palestinesi. Per questi giornalisti, gli arabi che uccidono e torturano altri arabi non fanno notizia. Ma quando i poliziotti israeliani sparano e uccidono un terrorista palestinese che alla guida di un camion si lancia contro un gruppo di soldati uccidendoli e ferendoli, i reporter occidentali si precipitano a casa dei familiari dell'attentatore per intervistarli e offrirgli la possibilità di esprimere la loro opinione.

Ma i palestinesi di Siria sono meno fortunati. Nessuno gli chiede cosa ne pensano della distruzione delle loro famiglie, delle loro comunità e della loro vita. E soprattutto non lo fanno le centinaia di corrispondenti che lavorano nella regione.

Secondo recenti reportage pubblicati da un certo numero di media arabi, "nel 2016, numerosi palestinesi residenti in Siria sono stati uccisi, torturati e sfollati".

"L'anno scorso è stato un inferno per questi palestinesi e le gravi conseguenze non saranno cancellate per molti anni a venire. Nel 2016, i palestinesi di Siria sono stati sottoposti alle più crudeli forme di tortura e privazione da parte di bande armate e dal regime siriano al potere. È difficile trovare una famiglia palestinese in Siria che non sia stata colpita".

Secondo questi articoli, le autorità siriane nascondono i corpi di più di 456 palestinesi che sono morti sotto tortura in carcere. Nessuno sa esattamente dove si trovino i cadaveri o per quale motivo le autorità siriane si rifiutino di consegnarli ai familiari.

Ancor più inquietanti sono le notizie secondo le quali le autorità siriane espiantano gli organi dei palestinesi morti. Le testimonianze raccolte da alcuni palestinesi rivelano che una banda collegata al governo siriano commercia gli organi delle vittime, compresi donne e bambini. Altri 1.100 palestinesi sono rinchiusi nelle prigioni siriane dall'inizio della guerra, più di cinque anni fa. Le autorità siriane non forniscono statistiche per quanto riguarda il numero dei prigionieri e dei detenuti né consentono ai gruppi per i diritti umani o al Comitato internazionale della Croce Rossa di visitare le prigioni e i centri di detenzione.

Nel rapporto più recente sul dramma dei palestinesi di Siria si legge che 3.420 palestinesi (455 dei quali sono donne) sono stati uccisi dall'inizio della guerra. Il report, pubblicato dal Gruppo di Azione per i Palestinesi in Siria rivela inoltre che circa 80.000 palestinesi sono fuggiti in Europa, 31.000 in Libano, 17.000 in Giordania, 6.000 in Egitto, 8.000 in Turchia e 1.000 nella Striscia di Gaza. Secondo il rapporto, 190 palestinesi sono morti per malnutrizione e mancanza di cure mediche, perché i campi profughi e i villaggi in cui risiedono sono sotto assedio da parte dell'esercito siriano e di gruppi armati.

Palestinesi che fuggono dal campo profughi di Yarmouk, nei pressi di Damasco, dopo i duri combattimenti del settembre 2015. (Fonte dell'immagine: RT video screenshot)

Allarmati dall'indifferenza della comunità internazionale verso la loro tragedia, i palestinesi di Siria ricorrono ai social media per fare sentire la loro voce, nella speranza che i decisori politici occidentali o il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, ossessionati come sono dagli insediamenti israeliani, possano prestare attenzione alle loro sofferenze. L'ultima campagna lanciata sui social media, intitolata "Dove sono i detenuti?", fa riferimento al destino sconosciuto di quei palestinesi che sono scomparsi dopo essere stati arrestati dalle autorità siriane. Gli organizzatori della campagna hanno rivelato che, negli ultimi anni, 54 minori palestinesi sono morti sotto tortura nelle carceri siriane e centinaia di prigionieri e detenuti sono dispersi, dopo essere stati arrestati.

Da un altro report è emerso che dall'inizio della guerra civile oltre l'80 per cento dei palestinesi che vivono in Siria ha perso il lavoro e la propria attività. Inoltre, molti minori palestinesi sono stati costretti a lasciare la scuola e cercare lavoro per sostenere le loro famiglie.

Eppure, per la comunità internazionale e i media occidentali, questi dati e rapporti sono quantomeno noiosi. Ai paesi arabi non importa nulla dei palestinesi residenti in Siria che vengono uccisi, torturati e che muoiono per la fame. Nel mondo arabo, le violazioni dei diritti umani non fanno notizia. Quando un paese arabo rispetta i diritti umani, allora sì che questo fa notizia.

La leadership palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza è anche cieca alle sofferenze della sua popolazione che risiede nel mondo arabo, in particolare in Siria. Questi cosiddetti leader sono troppo occupati ad afferrarsi per la gola politicamente per preoccuparsi del benessere della loro popolazione, che è soffocata sotto i regimi antidemocratici e repressivi dell'Autorità palestinese e di Hamas. Questi leader si preoccupano più dell'intenzione del presidente Donald Trump di spostare l'ambasciata americana a Gerusalemme che della loro popolazione. Nelle ultime due settimane, Mahmoud Abbas e i suoi funzionari non hanno perso occasione per dire che il trasferimento dell'ambasciata americana a Gerusalemme innescherebbe tensioni in Medio Oriente. L'uccisione, la tortura e la rimozione dei palestinesi nei paesi arabi sembrano non attirare la loro attenzione.

Resta da vedere se il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite rivedrà le sue priorità e indirà una riunione d'emergenza per discutere della campagna omicida contro i palestinesi in Siria. Forse questa emergenza prevarrà sulla questione della "costruzione degli insediamenti", come argomento meritevole di una condanna mondiale.

Khaled Abu Toameh è un pluripremiato giornalista che vive a Gerusalemme.




Gli arabi detestano i palestinesi.
Ecco perché.
by Lila C. Ashuryan on Feb 4, 2017

https://www.rightsreporter.org/gli-arab ... esi-perche


Gli arabi detestano i palestinesi.
Non è una affermazione che viene da un sondaggio o da ipotesi frutto di ricerche, ma dalla semplice constatazione dei fatti.

Come mai i Paesi arabi che ospitano i cosiddetti “profughi palestinesi” negli ultimi 68 anni non hanno mai concesso loro la cittadinanza? (se si fa eccezione per pochi casi in Giordania?).
Come mai alla caduta di Saddam Hussein la prima cosa che hanno fatto gli iracheni è stata quella di espellere migliaia di palestinesi? Perché gli arabi preferiscono tenere i palestinesi segregati all’interno di grandi campi profughi? Perché in Siria gli unici ad essere attaccati da tutti, siriani, Hezbollah e ISIS, sono stati i palestinesi?
Come mai l’Arabia Saudita ha tagliato quasi tutti i finanziamenti alla Autorità Nazionale Palestinese? Perché l’Egitto perseguita i palestinesi di Gaza, impedendo loro il passaggio di materiali dal proprio confine e vietando ai palestinesi di uscire da Gaza?

Queste sono solo alcune delle domande che ci si dovrebbe porre quando si parla di palestinesi. Il mondo è concentrato unicamente sul conflitto israelo-palestinese e fa a gara per attribuire ogni responsabilità a Israele. Ma la realtà è che gli unici a sopportare questo popolo "inventato dal nulla" sono proprio gli israeliani, perché gli arabi li detestano.

Il professore Mordechai Kedar sostiene che questa antipatia degli arabi verso i palestinesi sia motivata in massima parte dal fatto che gli arabi sono convinti che le cosiddette “sofferenze” dei palestinesi derivino da loro stessi; e, in particolare, dal fatto che molti arabi palestinesi sin da prima del 1948 abbiano venduto le loro terre agli ebrei, incassato milioni di dollari, poi spostati nei conti svizzeri. E oggi, quegli stessi che hanno venduto terre agli ebrei, li accusano di aver rubato le loro terre.
Questa narrativa funziona benissimo in un Occidente sempre più antisemita e anti-israeliano, ma non funziona nei Paesi arabi dove, pur senza ammetterlo, tutti conoscono la verità.
Molto più semplicemente il motivo per cui gli arabi detestano i palestinesi dipende dal fatto che li ritengono una specie di "parassiti" che per decenni hanno sfruttato la “solidarietà araba”, senza riuscire in alcun modo a scalfire Israele. E, nel contempo, senza impegnarsi minimamente nella costruzione di un loro Stato indipendente e autonomo.
Per decenni hanno ricevuto centinaia di miliardi di dollari, più di qualsiasi altro Paese al mondo, e oggi continuano a piangere miseria e a lamentarsi della perdita di terre che loro stessi hanno venduto agli ebrei.
Un fatto che appare in tutta la sua evidenza a Gerusalemme, dove prima i palestinesi hanno venduto terreni, case e appartamenti agli ebrei e oggi si lamentano della “giudaizzazione” di Gerusalemme!

Ci sono molti altri motivi per cui i palestinesi sono detestati dagli arabi, alcuni storici sostengono sia attribuibile al tentativo da parte di Arafat di rovesciare il regno giordano (Settembre Nero); fino all’appoggio dato a Saddam Hussein durante l’invasione del Kuwait; mentre altri motivi sarebbero di tipo antisemita e, comunque, legati all’odio degli arabi per gli ebrei; un odio che porta a detestare i palestinesi per non essere mai riusciti a distruggere Israele.

Oggi nessun Paese arabo è disposto a combattere per i palestinesi o a rinunciare a qualcosa per sostenere la loro causa.
Nei media arabi i palestinesi non sono mai stati a un livello di gradimento così basso. Solo l’Occidente continua a credere alla narrativa palestinese e a finanziarla profumatamente.


Alberto Pento
Da ricordare anche la guerra civile in Libano

https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_in_Libano
La guerra civile libanese è stata una guerra civile combattuta nel paese tra il 1975 ed il 1990, che ha visto numerosi contendenti e frequenti capovolgimenti di alleanze.
Fra il 1948 ed il 1975, la demografia del Libano, già di per sé estremamente complessa in seguito alle secolari vicende del paese, era mutata per via dell'afflusso di un forte numero di profughi palestinesi. Nel 1958 le milizie cristiano maronite delle Falangi libanesi, a sostegno della politica filo occidentale del presidente Chamoun, si scontrarono con le milizie filonasseriane del primo ministro Karame. Servì lo sbarco di 15 000 marines americani per sedare gli scontri.
Nel 1975 il numero dei palestinesi nel territorio libanese era cresciuto sino a circa 300.000 unità. Il Libano diventò anche rifugio dei guerriglieri palestinesi dell'OLP, i quali, cacciati dall'esercito giordano di re Husayn di Giordania, scelsero la lotta armata contro il confinante Israele. Gli accordi del Cairo legalizzarono la presenza dei guerriglieri palestinesi all'interno del territorio libanese. Il risultato fu che il Libano si trasformò in un campo di battaglia, per la risposta con bombardamenti aerei e con tiri di artiglieria da parte d'Israele. Tali risposte colpirono sia guerriglieri palestinesi che numerosi profughi palestinesi ad essi mescolati.

L'inimicizia tra le diverse etnie già presenti in Libano e l'inefficienza dell'esercito nazionale libanese trasformarono l'invasione dell'OLP e la guerriglia contro Israele in vera e propria guerra civile. I guerriglieri palestinesi avevano la simpatia dei libanesi musulmani, mentre i cristiani erano filo-occidentali e sentivano la loro presenza come una forte minaccia per il paese, questo anche perché l'esercito del Libano non era in grado di contrastare i palestinesi come invece aveva fatto quello giordano.

I musulmani si sentono sottorappresentati rispetto ai cristiani, e sotto la spinta del leader druso Kamal Jumblatt che aveva fatto dei suo partito PSP una milizia si unirono nel Movimento Nazionale Libanese a cui si aggiunsero i palestinesi dell'OLP e dell'FPLP. Arrivarono a controllare il 70% del paese e la metà di Beirut.
La guerra civile scoppiò il 13 aprile 1975. In tale data, ad ʿAyn al-Rummāna (عين ﺍﻟﺮمّاﻧـة) – un quartiere di Beirut – un piccolo gruppo di persone, tra cui Pierre Gemayel, assisteva alla consacrazione di una chiesa. Da un'automobile partirono raffiche di mitra da parte di militanti palestinesi. Al termine dell'attacco armato si contarono quattro morti e sette feriti. Alcune ore dopo, 27 palestinesi armati, stipati su un autobus che transitava nella stessa zona con analoghe intenzioni, vengono uccisi da elementi cristiani di ʿAyn al-Rummāna, dopo uno scontro violentissimo. Fu l'inizio effettivo della guerra.

La guerra civile scoppiò sia in seguito all'invasione palestinese sia a causa di una confusa gestione del potere politico libanese. Da un lato vi erano i cristiani che, intimoriti dall'alterata proporzione fra la loro comunità e quella musulmana, cercarono e ottennero il sostegno di Israele, e dall'altro i musulmani, sostenuti inizialmente dalla Siria e – in seguito alla rivoluzione khomeinista del 1979 – anche dall'Iran. A fronteggiarsi, quindi, furono da una parte le milizie composte da cristiani maroniti – delle quali la principale faceva riferimento al partito falangista di Pierre Gemayel – e dall'altra una coalizione di palestinesi alleati a libanesi musulmani sunniti, sciiti (Amal) e drusi, raccolti nel Partito Socialista Progressista. Nel giugno del 1975 la Siria cambiò però la propria posizione: truppe e mezzi blindati siriani si allearono ai cristiani.[senza fonte]
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Re: Siria

Messaggioda Berto » gio feb 16, 2017 2:51 pm

Assad: "La guerra sarà lunga, l'Occidente sostiene i terroristi"

Assad in un'intervista ad alcune tv francesi dice che la guerra sarà ancora "lunga" perché Paesi occidentali, e altri come Arabia Saudita e Turchia sostengono l’opposizione "terrorista"
Raffaello Binelli - Gio, 16/02/2017
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/ass ... 64930.html

Il presidente siriano Bashar al-Assad in un'intervista ai media francesi Europe 1 e TF1 sottolinea che la riconquista di Aleppo è stata un passo importante ma ciò nonostante la guerra in Siria sarà ancora "lunga".

E il motivo è presto detto: alcuni Paesi occidentali e altri come Arabia Saudita e Turchia sostengono l’opposizione "terrorista". Assad non ha dubbi in proposito e sottolinea che il sostegno dei russi è stato cruciale per l’indebolimento dell’Isis e dell’ex Fronte Al Nusra. Assad mostra un atteggiamento aperto nei confronti del nuovo presidente degli Stati Uniti, a cui riconosce lo sforzo di distinguersi dal suo predecessore. E osserva che il "travel ban" non è "contro il popolo siriano" ma "contro i terroristi che possono infiltrarsi fra gli immigrati in Occidente". Poi attacca duramente la Francia, che "dal primo giorno ha appoggiato i terroristi in Siria inviando armi a gruppi che definisce moderati".


La strategia del presidente

La priorità di Damasco quali sono? Non tanto (almeno per ora) la riconquista di Raqqa, roccaforte del sedicente Stato islamico (Isis) nel nord del Paese. Assad va oltre: ''Riprendere ogni centimetro'' del territorio siriano. "Raqqa è un simbolo", ammette il presidente, aggiungendo però che gli attacchi sferrati in Francia ''non sono stati necessariamente preparati'' nella roccaforte dell'Isis nel nord della Siria. ''Avete visto che l'Isis è vicino a Damasco, sono dappertutto''. ''La priorità è ovunque e dipende da come si sviluppa la battaglia - ha continuato - Ora sono a Palmira e nella zona orientale della Siria. Per noi Raqqa, Palmira, Idlib, sono la stessa cosa''. Il presidente siriano ha poi detto che è un ''dovere di qualsiasi governo'' riprendere il controllo di ''ogni centimetro'' del suo territorio.

Nell'intervista Assad ha risposto al rapporto diffuso di recente da Amnesty International, negando in modo assoluto che il suo governo abbia messo in atto pratiche di torture, esecuzioni arbitrarie e atrocità nelle carceri vicino Damasco. Assad ha definito "infantile'' il rapporto, dcendo che non contiene ''alcuna prova'' a sostegno della denuncia di impiccagione di 13mila persone nel carcere di Saydnaya tra il 2011 e il 2015. ''Dicono di aver intervistato pochi testimoni, che sono oppositori o disertori. Per cui è di parte'', ha sentenziato Assad. E insistendo sulle accuse di tortura, il presidente siriano ha detto che ''non fa parte della nostra politica. Perché dovremmo torturare? Per sadismo? Per aver informazioni? Se noi commettessimo atrocità simili faremo il gioco dei terroristi. Se noi avessimo commesso simili atrocità non avremmo avuto il sostegno popolare per sei anni''.
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