Ucraina e Crimea

Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » sab mar 29, 2014 8:38 am

Ucraina: il fronte del nuovo potere sta già saltando per aria

http://www.lindipendenza.com/ucraina-il ... o-per-aria

di GIORGIO CALABRESI

E’ durato poco il vento del nuovo corso politico in Ucraina. La coalizione delle forze salite al potere sull’onda della rivolta di Maidan sembra già sul punto di sgretolarsi. Un mese dopo la caduta del presidente Viktor Ianukovich, i principali partiti della nuova maggioranza si accapigliano e si scambiano accuse, a volte forse per ragioni tattiche in vista del voto presidenziali del 25 maggio. A rimanere isolato è però soprattutto l’alleato più imbarazzante dell’ epopea della piazza: il gruppo paramilitare nazistoide Pravii Sektor, che non è rappresentato in parlamento nè al governo, ma il cui contributo fu fondamentale negli scontri con la polizia di gennaio e febbraio e i cui militanti girano ancora armati per il centro di Kiev e di altre città.

A tenere alta la tensione contribuisce anche il deposto Ianukovich, che dalla Russia – dove si è rifugiato – soffia sul fuoco sollecitando referendum «in tutte le regioni per definirne lo status» incoraggiando così i movimenti autonomisti, quando non apertamente separatisti, del sud-est. La perdita della Crimea, caduta in mano ai russi quasi senza combattimenti, ha sollevato un polverone a Kiev e ha fatto cadere pochi giorni fa la testa del ministro della Difesa, l’ammiraglio Igor Teniukh, un uomo del partito nazionalista Svoboda. A proporre che Teniukh facesse le valigie è stato lo stesso presidente ad interim Oleksandr Turcinov, braccio destro di Iulia Timoshenko e quindi – in teoria – alleato di Svoboda. Il capo di Stato è riuscito a liquidare Teniukh per il rotto della cuffia, facendolo sostituire dal generale Mikhail Koval, ma non prima di beccarsi una sonora tirata d’orecchie dal ‘dottor Pugno di ferrò Vitali Klitschko – uno dei più gettonati per la poltrona presidenziale -, che ha definito «inefficaci» le autorità ucraine. Appena un giorno prima Turcinov aveva pure dovuto incassare le dimissioni del suo rappresentante in Crimea, Serghii Kunitsin, sempre del partito ‘Udar’ di Klitschko. Mentre da parte sua Timoshenko ha annunciato ieri la sua candidatura alle presidenziali sparando a zero su tutti gli altri pretendenti, alleati compresi, a suo dire non all’altezza di gestire l’attuale crisi. Intanto Pravii Sektor si ribella.

L’uccisione in una sparatoria con la polizia a Rivne di ‘Sashko il Bianco’ - un ‘comandantè locale che secondo i media russi era ricercato a livello internazionale per aver ucciso e torturato soldati di Mosca in Cecenia negli anni ’90, nel quadro di una spuria alleanza russofoba con la guerriglia islamica cecena -, ha scatenato la reazione del movimento ultranazionalista (ora anche partito), che ha chiesto le dimissioni immediate del ministro dell’Interno Arsen Avakov con due manifestazioni davanti al parlamento ieri sera e stamattina a cui hanno partecipato circa un migliaio di persone. Le dimissioni di Avakov tuttavia non sono arrivate e dal ministero sostengono che il colpo mortale che ha ucciso ‘Sashkò sia partito dalla stessa arma del capobastone nazionalista, ma il parlamento potrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni su una mozione di sfiducia contro il ministro depositata oggi. E intanto per far luce sulla vicenda, ma forse anche per placare l’ira di Pravii Sektor, è stata istituita una commissione parlamentare d’inchiesta.
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » mar apr 01, 2014 7:27 am

Ucraina: Putin ritira le truppe dal confine, ma vuole una riforma federale

http://www.lindipendenza.com/ucraina-pu ... a-federale

di GIORGIO CALABRESI

Si allenta la tensione intorno all’Ucraina. Mosca comincia a ritirare le truppe dal confine con l’Ucraina, alla vigilia delle esercitazioni aeree Nato nei Paesi baltici in concomitanza con la riunione dei ministri degli esteri dell’Alleanza. E non boccia più a priori la legittimità delle presidenziali convocate per il 25 maggio. Ma non retrocede dalla sue proposte per uscire dalla crisi, in particolare da una riforma federale che per ora Kiev rifiuta in modo sdegnato e categorico. Putin ha insistito sulla sua necessità, «per tutelare gli interessi legittimi degli abitanti di tutte le regioni» dell’Ucraina, in una telefonata alla cancelliera tedesca Angela Merkel, alla quale ha denunciato inoltre il blocco in Moldova della Transnistria, altra regione russofona secessionista. Qualcosa comunque sembra muoversi all’indomani dell’incontro parigino tra il segretario di Stato Usa John Kerry e il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. Pur mantenendo opinioni divergenti, i capi delle due diplomazie hanno concordato di cercare «un terreno comune» per una soluzione diplomatica dellacrisi. Kerry aveva chiesto, tra l’altro, il ritiro delle forze militari russe dai confini, ritenendo che non si possa dialogare con una pistola puntata alla testa. Ed oggi Mosca ha lanciato un primo segnale, dopo che nei giorni scorsi si erano diffuse voci sulla presenza di alcune decine di migliaia di militari pronti per un eventuale blitz.

La Russia «sta ritirando progressivamente» le truppe alla frontiera, ha reso noto un portavoce del ministero ucraino della Difesa, Olexii Dmitrashkivski, secondo cui i movimenti potrebbero essere legati «ad un avvicendamento dei militari» oppure più probabilmente «ai negoziati tra Russia e Stati Uniti» di domenica. «La situazione ai confini orientali è stabile, il numero dei soldati è diminuito», gli ha fatto eco più tardi il vice comandante dello Stato maggiore ucraino Oleksandr Rozmaznin, pur confessando di non essere in grado di fornire cifre esatte. Per ora Mosca ha confermato il rientro alla base di un battaglione (circa un migliaio di uomini) della 15/ma brigata di artiglieria motorizzata dalla regione meridionale di Rostov sul Don, al confine con l’Ucraina orientale. Ad una mossa distensiva ha fatto seguito una mossa irritante agli occhi di Kiev, ossia lo sbarco in Crimea del premier Medvedev e di alcuni suoi ministri per discutere lo sviluppo socio-economico della penisola: l’Ucraina ha protestato con una nota ufficiale, ma per Mosca l’annessione è ormai un processo irreversibile, una materia esclusa da qualsiasi negoziato. Per usare le parole del vicepremier Dmitri Rogozin, «la Crimea è nostra e basta». Del resto Lavrov era stato chiaro ieri alla tv russa: «Se l’Occidente vuole accettare il governo di Kiev, frutto di un colpo di Stato, allora deve accettare anche quello che è successo in Crimea, tanto più che è espressione della volontà popolare».

Quali sono allora i nodi su cui stanno negoziando Russia e Usa tentando di coinvolgere Kiev? Lo scioglimento delle organizzazioni paramilitari legate al Maidan, a partire da quella di estrema destra ‘Pravi Sektor’, e una riforma costituzionale che trasformi il Paese in una federazione per dare più potere alle regioni russofone del sud-est, consentendo loro di usare il russo come seconda lingua ufficiale e di eleggere il proprio governatore, ora nominato da Kiev. Solo così, secondo Mosca, le presidenziali potranno avere una loro legittimità. Ma il presidente ucraino ad interim Oleksandr Turcinov boccia l’ipotesi federalista: «Al momento non ci sono i pre-requisiti in Ucraina per il federalismo. L’Ucraina è uno Stato unitario». «Il governo russo dovrebbe occuparsi dei problemi della Federazione russa, e non dei problemi dell’Ucraina», ha aggiunto sdegnato. La proposta russa è stata bocciata anche da Petro Poroshenko, l’oligarca filo Maidan ora grande favorito per le presidenziali. «L’Ucraina era, è e sarà uno stato unitario», ha assicurato, rivendicando la restituzione della Crimea e rilanciando il processo di integrazione europea ma dicendosi pronto ad un «dialogo trasparente» con Mosca.
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » mer apr 02, 2014 7:16 am

Senza cambio di regime a Kiev, la Crimea sarebbe ancora Ucraina

http://www.lindipendenza.com/scheuer-ca ... ea-ucraina

Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione in italiano dell’articolo Russia Annexing Crimea is the Cost of US/EU intervention in Ukraine tratto dal Ron Paul Institute For Peace and Prosperity (organizzazione fondata dall’ex congressista Ron Paul per promuovere una politica estera americana anti-interventista) da parte di Michael Scheuer, per 22 anni è stato funzionario della Cia, autore dei libri Imperial Hubris, Marching Toward Hell: America and Islam After Iraq e della biografia Osama bin Laden, è stato a capo dell’unità Cia dedita alla ricerca del defunto leader di Al Qaeda. (Traduzione di Luca Fusari)

Ci si meraviglia di come in Ucraina gli Stati Uniti e l’Unione europea si stiano scavando una profonda fossa per loro stessi. Sono stati ovviamente i leader Usa e Ue, coi loro media accoliti, a causare il problema che dobbiamo affrontare oggi a nome del sedicenti “democratici” di Kiev, senza l’intervento straniero non avrebbero potuto rovesciare il presidente ucraino.

E’ sempre sufficiente che in qualche luogo del pianeta un gruppetto di manifestanti intoni la parola “democrazia” e l’Occidente correrà in loro aiuto con l’assistenza diplomatica, il denaro, e un disprezzo feroce sia per la sovranità della nazione che per la stabilità regionale. Peraltro è possibile che l’intero movimento di protesta ucraino sia stato creato appositamente per quel compito coi fondi, i consulenti e i sistemi informatici stanziati dal Dipartimento di Stato di Hillary Clinton in un programma simile a quello realizzato in diversi Paesi arabi.

La differenza nell’intervento in Ucraina rispetto agli altri precedenti è che l’Occidente, guidato da adolescenti leader politici terminali, si sono trovati davanti a un deciso e vero nazionalista adulto, nella persona di Vladimir Putin, e non sanno cosa fare. Stanno imparando che l’Ucraina non è la Libia o l’Egitto e che Putin non lascerà che l’Occidente faccia dell’Ucraina (o quantomeno della Crimea) quella stessa diabolica confusione realizzata dai loro ingiustificati interventi precedentemente compiuti in Egitto e Libia.

Putin ha una visione molto chiara e genuina degli interessi nazionali della Russia, e l’accesso affidabile alla base della Crimea da parte della flotta del Mar Nero è uno di questi, lo è stato per secoli e rimarrà tale anche in futuro. I leader occidentali, d’altra parte, non hanno un indizio su ciò che costituisce un autentico interesse nazionale.


A questo proposito, il loro intervento in Ucraina la dice lunga. Né gli Stati Uniti né l’Unione europea possono puntare ad un interesse nazionale in Ucraina, la loro ossessione per la diffusione della “democrazia” è infantile, astorica, destabilizzante, e potenzialmente causante una guerra. Washington e i suoi partner europei sempre più si comportano come i selvaggi che gestirono la Rivoluzione francese.

Quelle canaglie utilizzarono i canti di quella rivoluzione, libertà, uguaglianza e fraternità, per cambiare i governi in Europa e negli Stati Uniti se questi non si fossero piegati alle richieste dei rivoluzionari francesi. Fomentarono l’insurrezione in tutta Europa e lo fecero con le propagande incendiarie stampate in tutte le più appropriate lingue, così come con operazioni di copertura, come quella condotta dai Citizen Genet, con l’acquiescenza di Jefferson, negli Stati Uniti.

Alla fine, la pratica dell’acceso interventismo rivoluzionario francese può essere visto come la causa di una guerra mondiale che durò per più di quindici anni. Questo modello francese utilizza oggi il termine “democrazia” come suo mantra, e viene applicato regolarmente dagli Stati Uniti e dall’Unione europea in tutto il mondo: Egitto, Yemen, Tunisia, Cuba, Sudan, Somalia, Pakistan, Libia, Siria, Zimbabwe, Afghanistan, Venezuela, Iran, Sri Lanka, Corea del Nord, e ora in Ucraina, e serve per gettare benzina su un fuoco senza fiamma affinché divampino fiamme che distruggano spesso i governi e la stabilità regionale.

Tali interventi per la promozione della democrazia sono un arrogante, acerbo e sconsiderato metodo, tale conduzione delle relazioni internazionali porta alla guerra, ed è un demone che ha generato altre due guerre interventiste: la promozione dei diritti umani e dei diritti delle donne. Gli Stati Uniti e l’impegno dell’Ue in tali interventi senza fine, in nome di ideali astratti non ottenibili, non hanno nulla a che fare con le loro legittime preoccupazioni sulla sicurezza nazionale, che sono oggi la più grande motivazione per gran parte dell’odio e della violenza diretta dai non occidentali ai cittadini e agli interessi americani ed europei.

Tale intervento è un drenaggio supplementare alle tesorerie degli Stati Uniti e dell’Unione europea già in bancarotta. La promozione della democrazia ha spinto il Congresso e il Presidente Usa a stanziare un miliardo di dollari nelle mani di dilettanti che ora amministrano gli affari a Kiev, e l’Ue sembra intenzionata a fornire a tali democratici Potemkin l’equivalente di 15 miliardi di dollari.

Per quale scopo? L’Ucraina è una delle peggiori 50 economie al mondo, e quel denaro non raddrizzerà quell’economia. Non ci sarà alcun modo per tenere conto di come verranno spesi tali fondi occidentali (Usa e Ue stanno ripetendo ancora gli inetti modelli adottati in Afghanistan e in Iraq sprecando tutto daccapo).

Le uniche cose certe di questa politica occidentale sono i 16 miliardi di dollari che Washington e l’Ue prenderanno dai contribuenti, rendendo i loro cittadini più poveri, i quali guideranno le economie dei donatori ulteriormente in debito, mentre spariranno in fauci ben sviluppate di corruzione, furto e spreco a Kiev.

Nel complesso, i leader americani e occidentali dovrebbero essere in fila a ringraziare Vladimir Putin per una lezione dolorosa ma approfondita su come un leader adulto di una nazione protegge i veri interessi nazionali del suo Paese; e si deve rilevare che Putin non insegna scienze missilistiche!.

Se i leader occidentali avessero ricevuto una buona educazione, in particolare nei settori della storia e della natura umana, sarebbero stati assolutamente certi fin dall’inizio che qualsiasi intervento occidentale destabilizzante l’Ucraina, minacciante anche il sicuro accesso remoto alle sue basi navali di Crimea, avrebbe provocato proprio questo tipo di risposta, poi verificatosi, da parte russa.

Essi avrebbero inoltre saputo che l’Occidente e le Nazioni Unite possono sempre belare sui requisiti dei vari trattati e sul diritto internazionale, ma che per una nazione come la Russia di Putin, che agisce per proteggere ciò che percepisce come interesse nazionale vitale, sarebbe sia folle che suicida se si fosse astenuta dal compiere ciò che ha fatto a causa di una serie di documenti ideati per trattare delle condizioni di una Guerra Fredda che non esiste più.

La lezione della crisi in Ucraina per gli Stati Uniti e l’Unione europea sarà cristallina se finirà senza una guerra: zappa il tuo terreno e fatti gli affari tuoi. Se scoppierà una guerra civile o europea, dovranno solo prendersela con loro stessi.
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » sab apr 05, 2014 7:14 am

Ucraina: ecco i neonazisti facenti parte dell’esecutivo di Yatsenyuk

http://www.lindipendenza.com/raimondo-u ... -yatsenyuk

Proponiamo in ANTEPRIMA per L’Indipendenza la traduzione integrale in italiano dell’articolo A Monster Reawakens: The Rise of Ukrainian Fascism tratto dal sito Antiwar.com, scritto dal direttore editoriale Justin Raimondo, senior fellow presso il Randolph Bourne Institute, opinionista per varie testate giornalistiche americane, è autore dei libri Reclaiming the American Right: The Lost Legacy of the Conservative Movement e An Enemy of the State: The Life of Murray N. Rothbard. (Traduzione di Luca Fusari)

Con gli occhi del mondo fissi sull’invasione russa della Crimea e la prospettiva di una guerra più ampia che inghiotta tutta l’Ucraina, la nostra attenzione è stata deviata da quello che potrebbe essere l’aspetto più significativo di questa crisi: l’ascesa di un movimento sinceramente fascista di massa nei corridoi del potere.

I nostri media “mainstream” lo ridimensionano descrivendolo come la presenza di «un paio di ultra-nazionalisti» presso le proteste di Kiev, ma questa è una sciocchezza: sono molto più di un paio. Infatti gli attivisti dei due principali partiti fascisti in Ucraina, Svoboda e Settore Destra, hanno costituito i muscoli degli insorti, necessari per accedere agli edifici governativi di Kiev e di tutta l’Ucraina occidentale.

Svoboda (“Libertà”) è stato fondato nel 1991 come il Partito Social-Nazionale d’Ucraina. Il partito idolatra Stepan Bandera, i cui seguaci combatterono dalla parte dei nazisti durante la seconda guerra mondiale contro l’Armata rossa e le milizie comuniste ucraine. L’Organizzazionedei Nazionalisti Ucraini (Oun) di Bandera ebbe il sostegno diretto dei tedeschi: Hitler li volle come polizia in Ucraina dopo che la presero i tedeschi, e l’Oun organizzò milizie di volontari che parteciparono attivamente alla Shoah.

«Gli ebrei dell’Unione Sovietica sono i più fedeli sostenitori del regime bolscevico e l’avanguardia moscovita dell’imperialismo in Ucraina», dichiararono i banderiani.
Quando i tedeschi presero Lvov nell’estate del 1941, i banderiani inviarono un messaggio agli ebrei della città sotto forma di un pamphlet che diceva: «depositeremo le vostre teste ai piedi di Hitler!». Cosa che poi fecero, l’Oun collaborò con le Ss per radunare e massacrare 4 mila ebrei della città. Le loro armi usate furono di ogni genere, dalle pistole ai pali di metallo.

Quando Viktor Yushchenko (nella foto a sinistra in pellegrinaggio presso il monumento dedicato a Stepan Bandera, n.d.t.), durante il suo disastroso mandato come presidente dell’Ucraina, concesse a Bandera il titolo postumo di “eroe dell’Ucraina”, il Parlamento europeo formalmente protestò, ma tale protesta fu dalle autorità ucraine ignorata.

Il leader di Svoboda, Oleh Tyahnybok, è ora un alto funzionario del Parlamento ucraino, ed è un impenitente antisemita. Nell’estate del 2004, fece un discorso ai suoi seguaci presso la tomba di un comandante banderiano in cui dichiarò: «voi siete quelli che la mafia ebraico-moscovita teme di più in Ucraina».

Nella sua perorazione fece anche riferimento ai ‘Kikes‘ (immigrati di discendenza ebraica, n.d.t), come agli elementi di spicco tra quelli che i banderiani combatterono. Tyahnybok fu espulso dal Parlamento per le sue osservazioni, ma la “rivoluzione” lo ha reinstallato di nuovo al suo posto più potente che mai. Ha un sacco di compagnia. Gli attivisti di Svoboda, che già detengono seggi in Parlamento, detengono non meno di sette posizioni di vertice nel Governo:

Igor Tenjukh, fino a pochi giorni fa era il ministro ad interim della Difesa (recentemente dimessosi dall’incarico in seguito alla perdita della sua base militare e delle navi ucraine nel porto di Yalta in Crimea, n.d.t.), è membro del consiglio politico di Svoboda. Ex ammiraglio della marina dell’Ucraina, nel 2008, durante la guerra tra Russia e Georgia, ordinò alle navi da guerra ucraine di bloccare l’ingresso alla Marina russa alla baia di Sebastopoli.
Andriy Parubiy, capo del Consiglio nazionale sicurezza e difesa del ministero della Difesa e delle Forze Armate, co-fondatore di Svoboda quando ancora era denominato Partito Social-Nazionale.
Dmitriy Jarosh, Vicesegretario del Consiglio nazionale Sicurezza e Difesa, è il leader di Tridente e fondatore di Settore Destra, un gruppo militante paramilitare neo-nazista che si è incaricato della sicurezza di Maidan.
Oleg Makhnitskiy, membro del parlamento di Svoboda, è procuratore generale dell’Ucraina.
Oleksandr Sych, parlamentare di Svoboda, principale ideologo del partito, è vice primo ministro per gli affari economici.
Sergej Kvit, membro di spicco di Svoboda, è a capo del Ministero della Pubblica Istruzione.
Andriy Mokhnyk, nuovo ministro dell’Ecologia, è il rappresentante di Svoboda presso gli altri partiti fascisti europei. L’anno scorso ha incontrato i rappresentanti del partito neo-nazista italiano Forza Nuova.
Igor Shvajka, agro-oligarca membro di Svoboda, è stato nominato ministro dell’Agricoltura. E’ uno degli uomini più ricchi del Paese, i suoi massicci investimenti in agricoltura sembrerebbe indicare un lieve conflitto di interessi.
Per la prima volta dal 1933, i seguaci di un movimento che idolatra Adolf Hitler e che predica l’antisemitismo sono entrati in un governo europeo. Anche i nazisti tedeschi facevano parte di una “coalizione di governo“, e gli altri membri pensarono che potessero contenerli o anche “domarli” per prevenire una presa del potere comunista. Tragicamente si sbagliarono e gli Stati Uniti e i loro alleati europei stanno prendendo quella stessa strada nel sostenere gli eredi di Hitler in Ucraina.

Naturalmente la maggior parte dei sostenitori del governo sono quasi fondamentalmente dei neo-nazisti, ma questo non è necessariamente un precedente che l’Occidente vive rammaricandosene. La presenza di Svoboda e di Settore Destra legittima questi movimenti, e non solo in Ucraina. La Germania ha periodicamente cercato di vietare il Partito Nazional-Democratico neo-nazista, e gli inglesi hanno preso misure legali contro il British National Party: ora concederanno ai fratelli ucraini di questi cosiddetti gruppi d’odio il riconoscimento diplomatico e le promesse politiche e anche militari di sostenerli?.

La cosa più interessante dell’elenco qua sopra è l’importanza del leader di Settore Destra, Dmitriy Jarosh, nella posizione chiave di vice capo della polizia nazionale. L’organizzazione Settore Destra è nata dalla fusione di vari gruppuscoli ultra-nazionalisti e apertamente neo-nazisti, tra cui Tridente, l’Assemblea Nazionale Ucraina-Popolo Ucraino d’Autodifesa, i Martelli Bianchi e i Patrioti d’Ucraina.

Al culmine delle proteste, Jarosh si è vantato che il suo gruppo aveva accumulato in un nascondiglio armi di grosse dimensioni, dal momento che già avevano pistole era inevitabile che avrebbero formato il nucleo delle ricostituite forze di polizia.

Con l’alto profilo del gruppo, e il suo status celebrato di “eroi della rivoluzione”, agli assaltatori di Yorash (i quali indossano le insegne rossonere dei banderiani) verrà addebitata la soppressione delle “turbolenze” anti-governative e la caccia ai “traditori”.
Forse picchieranno anche qualche eccentrico indesiderato: i nazionalisti odiano i gay, così come gli ebrei e tutti i russofoni.

Victoria Nuland pensava di poter tenere Svoboda e Settore Destra fuori dal governo, ma finora non ha fatto un ottimo lavoro. E con le elezioni previste per il 25 Maggio, i nazionalisti sono ben posizionati per prendere una buona fetta del voto. Arseniy Yatsenyuk, candidato favorito dal Dipartimento di Stato, è un tecnocrate occhialuto carente soprattutto nel carisma. Tyahnybok, d’altra parte, è un naturale demagogo.

Non importa quanti dollari dei contribuenti americani finiranno nelle casse dei burattini ucraini del Dipartimento di Stato tra oggi e il 25 Maggio, tutti i soldi del mondo non possono essere in grado di contenere le nostre forze interventiste scatenate nel mondo.
La notizia che il leader di Settore Destra Dmitriy Jarosh (il quale ha combattuto assieme 
agli islamisti in Cecenia, n.d.t.) abbia invitato nientemeno che al-Qaeda ad aiutare l’Ucraina nella sua battaglia contro la Russia è un’indicazione di che tipo di demoni questa volta abbiamo scatenato.
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » lun apr 07, 2014 4:41 pm

Ucraina, altra secessione: proclamata la Repubblica indipendente di Donetsk

http://www.lindipendenza.com/altra-sece ... di-donetsk

La proclamazione d’indipendenza di Donetsk e’ stata accolta dalle urla di un centinaio di uomini rinchiusi nel palazzo dell’amministrazione, che hanno invocato “l’aiuto” del presidente russo Vladimir Putin.

Secondo i media locali, gli attivisti filo-Mosca si sono pronunciati a favore dell’annessione alla Federazione russa. Un referendum, sul modello di quello tenutosi in Crimea, verra’ indetto non oltre l’11 maggio. Il nuovo fronte secessionista ha costretto il premier Arseniy Yatsenyuk a inviare nella regione il suo vice, Vitality Yarema, per ristabilire una sembianza di controllo. Il palazzo dell’amministrazione a Donetsk e’ tuttora circondato da 2mila manifestanti filo-russi, alcuni dei quali armati, nella regione orientale di Kugansk attivisti pro-Mosca continuano a mantenere il controllo del quartier generale dei servizi di sicurezza mentre a Kharkiv l’edificio dell’amministrazione e’ stato evacuato dagli stessi attivisti che nella notte l’avevano occupato.

Il governatore di Donetsk, Sergiy Toruta, ha esortato il governo di Kiev a tenere un incontro urgente del consiglio di sicurezza e difesa nazionale nella regione orientale per contrastare il piano messo in atto a Donetsk, Lugank e Kharkiv per “destabilizzare la pace cosi’ come la stabilita’ sociale ed economica”.

Tensione in tutto il Paese. A Lugansk i dimostranti hanno occupato parte della sede dei servizi segreti e hanno issato la bandiera russa all’esterno dell’edificio. Negli scontri sono rimaste ferite otto persone: sette insorti e un poliziotto, quest’ultimo avrebbe riportato una frattura alla colonna vertebrale. Secondo i media locali, i filorussi chiedono anche la liberazione di 15 loro compagni arrestati nei giorni scorsi in un’operazione di polizia.

A Kharkiv, invece, diverse decine di persone hanno fatto irruzione ieri nella sede del governo regionale e hanno issato bandiere russe alle finestre, ma poi sono state sgomberate, secondo quanto afferma Kiev. Ed è polemica sull’atteggiamento delle forze dell’ordine, che non avrebbero opposto molta resistenza e si sarebbero rifiutate di usare la forza abbandonando l’edificio dopo il blitz degli insorti. Una manifestazione a favore della Russia si è svolta anche a Odessa, importante città portuale e russofona dell’Ucraina meridionale.

Da Kiev dicono che il “disordine è orchestrato da Putin” - ”Putin e Ianukovich hanno ordinato e pagato l’ultima ondata di disordine separatista nell’est del Paese”, ha accusato poi il ministro dell’Interno . Yulia Timoshenko, l’ex ‘pasionaria’ della Rivoluzione arancione, ha annunciato di essere in partenza proprio per Donetsk. La Timoshenko sospetta che i rivoltosi filorussi siano manovrati dai servizi segreti di Putin e chiede alle autorità di Kiev di adottare “misure efficaci”.
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » mer apr 09, 2014 3:08 pm

Autodeterminazione, tra individuo e Stato. Tra Russia e Ucraina (1° parte)

http://www.lindipendenza.com/ebeling-au ... 2%B0-parte


di RICHARD EBELING*

La crisi ucraino-russa che nelle ultime settimane ha alimentato le preoccupazioni e le paure del mondo, ruota intorno a due pretese contrastanti di autodeterminazione nazionale. Perché questo conflitto? Riguarda il destino di un popolo e come verrà deciso da quali autorità sarà governato. Gli americani non capiscono perché per molti in Europa e in altre parti del mondo tale scontro genera rabbia e paura, e perché può sfociare in un potenziale o reale conflitto violento.

LA FILOSOFIA AMERICANA DELL’INDIVIDUALISMO
Il sistema politico americano era basato su una filosofia incentrata sull’individualismo. Cioè, ogni individuo è riconosciuto in possesso di alcuni diritti inalienabili come quello alla vita, alla libertà e alla proprietà acquisita in modo onesto. L’individuo non è proprietà di un monarca assoluto o di una maggioranza arbitraria.

Nell’ambito del sistema americano tradizionale, quasi ogni area della vita umana era vista come una questione privata della persona che aveva il diritto inalienabile di guidare e progettare la propria vita secondo i propri valori, credenze e scopi. Presero forma, e cambiarono nel tempo, le relazioni interpersonali nella società sulla base di associazioni e scambi volontari reciprocamente vantaggiosi.

In campo sociale, questa filosofia individualista implicava che le persone dovessero essere giudicate come individui, e non sulla base di “accadimenti alla nascita” come la lingua, la religione, l’etnia o la razza. Naturalmente, e purtroppo, le persone nelle loro interazioni sociali con gli altri non hanno sempre perseguito questo ideale. Gli americani, nella loro vita privata, troppo spesso hanno giudicato gli altri e hanno agito sulla base di pregiudizi razziali, religiosi, linguistici, ecc.

Tuttavia, quando la segregazione razziale negli anni ’60 era ancora legge negli Stati del sud, sempre più americani riconobbero che quell’imposizione legale era incompatibile con i principi fondanti del paese, e non poteva sopravvivere nel lungo periodo. I pregiudizi privati e gli atti discriminatori sulla base della razza, della religione o della lingua erano per certo moralmente riprovevoli, ma faceva parte della libertà di un individuo decidere con chi associarsi.

Tuttavia tale discriminazione non doveva essere portata nell’arena della politica sociale o economica del governo, poiché sarebbe stata considerata una violazione dei diritti individuali: sarebbe stato utilizzato il potere dello stato per danneggiare alcune persone sulla base di una classificazione collettiva della loro identità. Gli americani sono stati anche un popolo molto mobile. Fin dai tempi coloniali, gli americani sono sempre stati favorevoli allo “spostamento.”

Quella frase del XIX° secolo attribuita a Horace Greeley, «Vai ad ovest giovane uomo», ha rappresentato il motto culturale della nazione. Gli immigrati provenivano da paesi lontani e sparsi in tutto il continente, come fece ogni generazione dei nativi americani. Mentre il continente è stato “conquistato” e insediato molto tempo fa, gli americani ancora fanno fagotto e cambiano casa/lavoro molto più facilmente rispetto alla maggior parte degli europei.

LA FILOSOFIA EUROPEA DEL COLLETTIVISMO
La storia dell’Europa si fonda su una filosofia del collettivismo: l’idea che il gruppo venga prima dell’individuo, che la sua identità, scopi e significato siano legati ad una particolare “tribù” in cui è nato. Una delle più potenti variazioni sul tema collettivista è stato il nazionalismo. Prima della scomparsa del monarchismo alla fine del XVIII° e all’inizio del XIX° secolo, l’individuo doveva la sua fedeltà al re o all’imperatore che sosteneva di possedere e dominare tutto e tutti con autorità assoluta, di solito affermata per “diritto divino.”

Ma con l’avvento della Rivoluzione Francese nel 1789, tutto questo cominciò a cambiare. Con la fine della monarchia, sorse il problema: “Se non al re, a chi l’individuo deve la sua fedeltà?” Venne dichiarato che entro i confini di quello che era stato il territorio dell’ex-re, il nuovo sovrano sarebbero state “le persone.” La “nazione” era la nuova collettiva a cui l’individuo doveva la sua fedeltà e per la quale doveva sacrificarsi se il bene della “nazione” lo richiedeva.

NAZIONALISMO E IDENTITÀ COLLETTIVISTA
Ma cosa ha differenziato una “nazione” o un “popolo” rispetto ad un altro?Alcuni dei sostenitori e propagandisti del nuovo ideale nazionalista dell’identità umana hanno parlato di una cultura comune o un insieme di tradizioni estese a molte generazioni, le quali hanno plasmato il carattere dell’individuo definendo chi fosse e a chi fosse connesso.

Altri parlavano di lingua o di razza come collante di un popolo, utilizzando spesso il termine “uno” per specificare l’appartenenza. Si diceva che la struttura del linguaggio e il significato delle parole plasmasse il pensiero e il ragionamento di un gruppo di persone, dunque tutti coloro che parlavano la stessa lingua erano in qualche modo connessi l’un l’altro. Secondo altri invece, si trattava della connessione tra quelli provenienti dallo stesso ceppo genetico; l’identità collettiva e il senso di “unità” tra un gruppo di persone era da ritrovarsi “nel sangue.”

Tutti questi modi di identificare la nazionalità di un popolo erano spesso legati ad una zona geografica in Europa, che per un lungo periodo di tempo segno’ la patria storica o “naturale” delle persone che condividevano quella radice collettivista comune. L’ascesa del nazionalismo nel diciannovesimo e all’inizio del ventesimo secolo sprono’ tutti i “popoli repressi” (vale a dire, quelle minoranze nazionali che vivevano in un paese dominato dalla maggioranza di un’altra nazionalità) ad avere i propri stati-nazione in modo da preservare e proteggere la loro lingua, l’unicità culturale ed etnica.

Inoltre, dal momento che sotto il sistema monarchico le terre erano state conquistate o acquisite attraverso matrimoni reali che non avevano nulla a che fare con quei confini geografici “naturali” dei vari gruppi nazionali, sorse l’esigenza di ridisegnare i confini. Questi ultimi, si diceva, avrebbero dovuto riflettere i gruppi nazionali che vivevano all’interno di tali aree.

C’era un problema però, soprattutto in Europa centrale e orientale. Centinaia di anni di guerre, conquiste e migrazioni avevano creato “sovrapposizioni” delle popolazioni nazionali. Era quasi impossibile tracciare bene e ordinatamente le linee politiche sulle mappe in modo che solo quelli di un determinato gruppo nazionale vivessero entro i propri confini. Ogni Stato-nazione conteneva inevitabilmente una o più minoranze appartenenti ad altri gruppi linguistici, culturali o etnici.

Se la filosofia liberale e individualista che era alla base del sistema politico americano fosse stata presente anche in Europa, ci sarebbero stati pochi “conflitti” (o nessuno) tra i diversi gruppi nazionali che vivevano nello stesso paese. Alcune persone potevano ritenere fastidioso o scomodo che alcuni dei loro vicini parlassero una lingua diversa, o praticassero una religione diversa o avessero diverse tradizioni culturali.

Ma se i loro sistemi politici si fossero basati su quei principi individualisti e liberali dell’America, allora non ci sarebbero stati favori politici elargiti a beneficio della maggioranza e a scapito dei membri di qualsiasi gruppo in minoranza. Ma, ahimè, ciò non accadde… soprattutto in Europa centrale e orientale. I governi vennero eletti o salirono al potere con lo scopo di garantire e salvaguardare gli interessi del gruppo nazionale in maggioranza. Gli interventi governativi, i regolamenti e le restrizioni andarono a beneficio di un gruppo e a scapito di tutti gli altri. A volte ciò includeva atti di violenza e brutalità che il governo istigo’ o si volto’ dall’altro lato mentre accadevano.

IL NAZIONALISMO ED I CONFLITTI PER I CONFINI
Questo ideale di autodeterminazione nazionale portò nel XIX° secolo all’unificazione politica italiana e tedesca, nonché alle rivolte dei polacchi contro i russi e degli ungheresi contro gli austriaci. La prima guerra mondiale disintegrò l’impero tedesco, austro-ungarico e russo che dominavano l’Europa centrale e orientale. Al loro posto sorsero una serie di nuovi Stati-nazione volti a rappresentare un nuovo ordine politico di autodeterminazione nazionale.

Molti dei governi di questi Stati-nazione utilizzarono la copertura dell’indipendenza nazionale e la conservazione nazionale per discriminare, politicamente ed economicamente, i gruppi di minoranze nazionali sotto la loro giurisdizione. Hitler giocò su queste “ingiustizie” nei confronti delle minoranze di lingua tedesca nella vicina Cecoslovacchia e Polonia, per giustificare la necessità di usare la forza politica e militare per proteggerle e portarle all’interno dei confini nazionali in modo che la Germania nazista potesse essere “pura.”

All’indomani della seconda guerra mondiale, l’Unione Sovietica conquistò l’Europa orientale. L’imposizione di governi comunisti nei paesi controllati da Mosca, servì a sopprimere tutte le differenze nazionaliste e le animosità del periodo pre-seconda guerra mondiale. Ma con il crollo di questi regimi comunisti nel 1989-1990 e della stessa Unione Sovietica nel 1991, tornarono a galla molti dei conflitti nazionalisti. Nel 1993 la Cecoslovacchia si separo’ pacificamente in due stati.

L’espressione più brutale di questi conflitti emerse nel corso degli anni ’90, quando i vari gruppi nazionali che formavano la Jugoslavia gareggiarono per l’indipendenza e per rivendicare quelle terre che rappresentavano i loro confini storici “legittimi”… inutile dire che queste rivendicazioni si sovrapponevano inevitabilmente con quelle degli altri gruppi nazionali.


CONFINI E NAZIONALISMO NEI PAESI POST-SOVIETICI

Con la disintegrazione dell’Unione Sovietica alla fine del 1991, le quindici “Repubbliche Sovietiche” che costituivano l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (U.R.S.S.) divennero Stati-nazione indipendenti. Il problema era che i loro confini nazionali rappresentavano l’eredità della leadership sovietica, in alcuni casi quella di Stalin stesso.

Per quanto riguarda la Crimea, era un’unità provinciale all’interno della Repubblica Sovietica Russa e venne trasferita sotto la giurisdizione della Repubblica Sovietica Ucraina mediante un decreto del governo centrale di Mosca nel febbraio 1954. Fu un “regalo” per celebrare il trecentesimo anniversario della fusione dell’Ucraina nell’Impero russo.

Sia la Russia post-sovietica sia l’Ucraina contengono minoranze linguistiche, o etniche, all’interno dei loro confini. In Russia, ciò è stato evidenziato dal conflitto che il governo di Mosca ha mosso contro i gruppi islamici nelle regioni montane del Caucaso del nord, il più brutale dei quali è stato quello contro i ceceni che desideravano l’indipendenza nazionale.

I confini politici dell’Ucraina includono i due gruppi linguistici dominanti: gli ucraini che costituiscono circa il 68% della popolazione, ed i russi che costituiscono circa il 30% (praticamente tutti gli ucraini conoscono e utilizzano anche il russo, e molti di lingua russa conoscono e capiscono l’ucraino). Nella penisola di Crimea, la ripartizione è quasi il 60% di lingua russa, il 25% di lingua ucraina e il 12% Tartari, che sono musulmani e parlano una lingua basata sul turco.

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica nel 1991, la Crimea è rimasta parte del nuovo Stato indipendente dell’Ucraina. Nessuno ha preso in considerazione il fatto che molte delle persone che parlano russo, avrebbero preferito far parte della Federazione russa post-sovietica. Molti ucraini, soprattutto nella parte occidentale del paese, sono stati a lungo anti-russi.

Prima della prima guerra mondiale questa parte dell’Ucraina faceva parte dell’impero austro-ungarico, e dopo il 1918 fu incorporata nella nuova Polonia. L’Ucraina occidentale fu solo annessa all’Unione Sovietica nel 1939, quando i tiranni totalitari Hitler-Stalin stipularono il famigerato patto di dividersi la Polonia e l’Europa orientale.

La “sovietizzazione” dell’Ucraina occidentale andò avanti a passi spediti, con molti ucraini che finirono uccisi o deportati in Siberia dalla polizia segreta di Stalin. E questo dopo che milioni di altri ucraini nella parte del paese già controllata dall’Unione Sovietica furono uccisi, affamati o ammazzati di lavoro nei primi anni ’30, come parte del piano di collettivizzazione forzata di Stalin.

Nel giugno del 1941 un numero considerevole di ucraini collaborò attivamente con i nazisti dopo che invasero l’Unione Sovietica, partecipando anche all’assassinio di massa degli ebrei.
Anche dopo la fine della guerra nel 1945, le bande di nazionalisti ucraini continuarono fino al 1951 a combattere l’esercito sovietico nelle foreste dell’Ucraina occidentale. I nazionalisti più radicali tra gli ucraini vogliono limitare la libertà linguistica e l’educazione linguistica dei russofoni nelle zone orientali del paese, dove è maggiormente concentrata quella parte di popolazione di lingua russa.

Ma molti ucraini hanno poca o nessuna compassione per tali politiche discriminatorie contro i loro concittadini. Un buon numero di cittadini russofoni del paese, si sente molto più legato alla tradizione linguistica e culturale della Russia. Molti si risentono del fervore nazionalista anti-russo di alcuni dei loro concittadini ucraini e spesso si ritrovano a guardarli dall’alto in basso, considerandoli “piccoli fratelli” del più “grande” popolo russo.

In Crimea, al giorno d’oggi, questi sentimenti hanno raddoppiato il loro carico. Anche se separata dalle manipolazioni della macchina propagandistica del governo russo, la maggior parte dei russofoni che vive in Crimea preferirebbe una maggiore autonomia dalle autorità ucraine, o addirittura essere politicamente annessa alla vicina Russia.

Parallelamente, i gruppi di lingua ucraina nella popolazione in Crimea, insieme ai Tartari, preferirebbero far parte dell’Ucraina piuttosto che finire sotto lo stretto controllo politico di una maggioranza di lingua russa. Va sottolineato che la propaganda arrivata dalla Russia (secondo cui c’è stato un cambio di gestione “fascista” a Kiev, capeggiato da criminali nazisti ed estremisti nazionalisti ucraini) dopo il rovesciamento del presidente ucraino, Victor Yanukovich, non è altro che un’esagerazione.

Molte delle migliaia di persone che erano per le strade della capitale ucraina ad opporsi al governo corrotto di Yanukovych, e decine delle quali sono state uccise dalle forze governative, provenivano da un ampio spettro della società ucraina, politicamente ed etnicamente. Ciononostante, i membri dei partiti ucraini più estremisti hanno un considerevole numero di incarichi ministeriali nel governo provvisorio, il quale traghetterà il Paese fino alle elezioni che si terranno a maggio 2014.

IL NAZIONALISMO E L’INTERVENTISMO
Tuttavia, il cuore del conflitto nasce da due problemi: primo, “l’autodeterminazione” è definita in termini collettivi. Non è diritto dell’individuo decidere in quale stato-nazione, o altra entità politica, potrà vivere. No, questa è una questione riservata al gruppo linguistico e culturale nel suo complesso, a cui egli identifica la sua appartenenza.

Il presupposto implicito è che tutte quelle persone che condividono una lingua o una cultura o una religione comune, hanno stessi interessi e desideri. Ciò include una preferenza nel voler appartenere allo stesso stato-nazione, custode e guardiano dell’identità nazionale di un gruppo contro quella di altri gruppi nazionali che si presume siano una “minaccia” per la collettività.

In secondo luogo, nonostante il grado di riforme orientate al mercato che sono state introdotte sia in Ucraina che Russia sin dalla frantumazione dell’Unione Sovietica, il fatto è che entrambi, nei loro modi distinti, sono a favore di politiche interventiste e manipolatorie. Il governo è visto come un dispensatore di benefici, privilegi e protezione dalla concorrenza. Connessioni politiche, corruzione ed influenza sono le caratteristiche peculiari della ricchezza e dello status sociale.

La corruzione ha fruttato decine di miliardi grazie ai “favoritismi” politici, ovviamente a scapito della maggioranza della popolazione. Gli ucraini temono che se finissero sotto il controllo della Russia, le leve del privilegio e della rapina funzionerebbero di più per i russi che per loro; così diventerebbero le vittime da cui altri trarrebbero vantaggio. Specularmente, alcuni russofoni in Ucraina temono che i nazionalisti ucraini più radicali potrebbero usare il potere politico per reprimerli e discriminarli (culturalmente ed economicamente).

Ma va anche detto che una distinzione importante tra l’Ucraina e la Russia, è che nella prima un gran numero di persone è sceso in strada e ha dimostrato, a volte con la perdita della propria vita, il desiderio di un cambiamento politico reale dalla corruzione politica. Resta da vedere se questo sia anche foriero di un cambiamento da una filosofia collettivista ad una individualista.

In Russia, invece, il dissenso politico viene tenuto sotto controllo da un regime autoritario. Vladimir Putin considera il crollo dell’Unione Sovietica la più grande tragedia geopolitica del XX° secolo, e vorrebbe ripristinare la “grandezza della Russia” in termini di potere politico e timore sulla scena mondiale. Agli occhi di Putin, l’Ucraina e la Crimea devono finire nella sfera di influenza russa come una questione di “interesse nazionale,” anche se questo comporta l’uso della forza militare e di menzogne propagandistiche.

Dal momento che due autorità politiche non possono occupare e avere il controllo amministrativo sulla stessa area geografica (o la sovranità nazionale e politica ucraina o la sovranità nazionale e politica russa sulla Crimea) il conflitto e il controllo politico dei confini rischia di trasformarsi in una vera e propria guerra. Esiste una via d’uscita? Visto che la realtà nazionalista dello stato-nazione fa appello all’identità collettiva e rende improbabile una risoluzione dei conflitti, quale potrebbe essere una soluzione liberale o individualista a questa crisi? Lo discuteremo la prossima settimana nella Parte II.

Continua…

*Articolo tradotto in italiano da Francesco Simoncelli

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Autodeterminazione, tra individuo e Stato. Tra Russia e Ucraina (2° parte)

http://www.lindipendenza.com/ebeling-au ... 2%B0-parte

L’annessione della Crimea da parte del presidente russo Vladimir Putin ha riempito i titoli dei giornali di tutto il mondo, poiché sta tentando di invertire ciò che egli ha definito «la più grande catastrofe geopolitica del XX° secolo» il crollo dell’Unione Sovietica.

Ma occorre ricordare che questo conflitto ha le sue radici in due idee che hanno afflitto il mondo per oltre due secoli: il nazionalismo e l’interventismo del governo negli affari economici. Nei primi anni del XIX° secolo, la nuova idea nazionalista di autodeterminazione era considerata una logica estensione del concetto generale di libertà individuale e di libertà di scelta.

Proprio come un individuo dovrebbe avere la libertà di guidare la propria vita secondo i propri valori, credenze e ideali; proprio come dovrebbe essere libero di associarsi pacificamente con chi vuole sulla base di obiettivi condivisi o scambi reciprocamente vantaggiosi; allo stesso modo il popolo dovrebbe avere la libertà di scegliere in quale stato vivere.

LIBERTÀ E IL GOVERNO SOTTO CUI VIVERE
L’ideale liberale comprendeva il diritto individuale alla libertà di movimento. Cioè, se un individuo sceglieva di trasferirsi in un altro paese per vivere o lavorare, e finché restava pacifico nella sua condotta e pagava i suoi conti, allora non ci dovevano essere ostacoli giuridici che gli impedissero di migrare liberamente da una parte ad un’altra del mondo.

Così, se una persona non era d’accordo con il governo sotto cui viveva, o si considerava in qualche modo oppresso o perseguitato da sudetta autorità politica, aveva la libertà di “votare con i piedi” e trasferirsi presso una giurisdizione politica di suo gradimento. Tuttavia, è stato anche sostenuto che le persone non dovrebbero lasciare la loro casa e paese a causa dell’oppressione di un governo tirannico. Dovrebbero essere in grado di influenzare e determinare la carica politica e, attraverso questa, le politiche attuate dal governo.

Nacque così la necessità di un governo rappresentativo al posto delle monarchie assolute, le quali pretendevano di governare per “diritto divino”. E’ stato anche affermato, come nella Dichiarazione di Indipendenza americana, che quando un governo diventa opprimente, e dopo molti tentativi ragionevoli e pacifici di manifestare le proprie rimostranze, gli individui hanno il diritto di sostituire quel governo e formarne uno nuovo che farà rispettare i loro diritti inalienabili alla vita, alla libertà e alla proprietà acquisita onestamente. Questa fu la logica che i padri fondatori americani adottarono nella rivoluzione contro la Gran Bretagna e nel formare la propria nuova nazione e sistema politico.

AUTODETERMINAZIONE E IL DIRITTO ALLA SECESSIONE PACIFICA
Ma perché gli uomini dovrebbero sopportare i costi umani e materiali del cambiamento violento, se non intendono più vivere sotto una particolare autorità politica? Così, sorse l’idea di un diritto alla secessione pacifica. Se un gruppo di persone che ha condiviso una serie di valori e credenze comuni, o una lingua o una cultura, volesse formare il proprio paese (indipendente da quello a cui era appartenuto fino a quel momento), o si volesse unire ad un altro paese esistente tramite uno spostamento territoriale, dovrebbe essere libero di prendere tale decisione.

La premessa fondamentale di questo diritto alla secessione era da ritrovarsi nel diritto all’autodeterminazione dell’individuo. Lo spiego’ con grande forza di persuasione l’economista austriaco Ludwig von Mises nel suo libro Liberalism (1927):

«Il diritto all’autodeterminazione, per quanto riguarda la questione della partecipazione ad uno stato, significa questo: ogni volta che gli abitanti di un determinato territorio, sia esso un villaggio, un intero quartiere o una serie di distretti adiacenti, rendono noto, mediante un plebiscito volontario, che non vogliono più rimanere in quello stato a cui sono appartenuti fino a quel momento, ma desiderano formare uno stato indipendente o trasferirsi in un altro altro stato, i loro desideri devono essere rispettati. Questo è l’unico modo per prevenire rivoluzioni e guerre civili o internazionali. (…) Il diritto all’autodeterminazione di cui parliamo, non è un diritto delle nazioni, ma piuttosto è il diritto di quegli abitanti in un territorio grande abbastanza da formare un’unità amministrativa indipendente. Se fosse possibile concedere suddetto diritto ad ogni singola persona, dovrebbe essere fatto. Ciò non è fattibile solo a causa di considerazioni tecniche [es. forze di polizia e giustizia], le quali rendono necessario che una regione sia considerata come una singola unità amministrativa e che il diritto all’autodeterminazione sia limitato alla volontà della maggior parte degli abitanti di aree abbastanza grandi da contare come unità territoriali in grado di gestire un Paese».

IL COLLETTIVISTA SI RIVOLGE ALL’AUTODETERMINAZIONE NAZIONALE

Il problema nacque tra il XIX° e XX° secolo quando l’idea del diritto individuale all’autodeterminazione, come spiegata da Mises, venne sostituita dal concetto collettivista di autodeterminazione nazionale. Cioè, l’unità del processo decisionale non era più l’individuo, ma “il popolo” definito come un gruppo nazionale che condivideva alcune caratteristiche comuni (es. linguaggio, cultura, religione, etnia o razza) e una presunta “patria nazionale” su una particolare area geografica.

Una volta insediato, il governo che rappresentava quel gruppo nazionale doveva usare la sua autorità politica per imporre l’uso di una determinata lingua, o indottrinare tutti gli abitanti di tale “stato-nazione” nei costumi e nelle tradizioni di quel gruppo nazionale attraverso la scolarizzazione, la propaganda e restrizioni all’introduzione di influenze culturali “aliene”, a prescindere dalla volontà dei singoli cittadini di quel paese, compresi quelli che avrebbero potuto costituire una minoranza linguistica o culturale.

INTERVENTI GOVERNATIVI CONTRO LE MINORANZE NAZIONALI

Spesso, nella storia europea, i governi nazionali hanno discriminato duramente le minoranze linguistiche, etniche o religiose all’interno dei loro confini nazionali. Vennero utilizzate procedure di regolamentazione per impedire a tali minoranze di praticare certe professioni o mestieri. Vennero imposte tasse che a parole erano definite “neutre dal punto di vista della lingua,” ma che finirono per prendere di mira alcuni settori dell’economia al cui interno c’erano molti membri delle minoranze, ponendoli in una situazione di svantaggio competitivo rispetto al gruppo nazionale di maggioranza.

Gli interventi del governo nell’economia (attraverso tassazione e procedure burocratiche) hanno imposto oneri di parte sugli individui e sui gruppi linguistici, etnici e religiosi minoritari; misure quasi sempre nascoste sotto la copertura della “salvaguardia” del patrimonio culturale, linguistico o storico del gruppo nazionale di maggioranza. Qui possiamo osservare la cosiddetta “autodeterminazione nazionale” e gli attuali dilemmi interventisti nella crisi internazionale tra Russia e Ucraina.

Questa parte d’Europa non ha mai avuto la possibilità di assorbire completamente le idee “dell’Occidente” riguardo la filosofia politica dell’individualismo, della libertà personale, della proprietà privata, del rispetto dei contatti e dello stato di diritto imparziale.

IL COLLETTIVISMO DELLA RUSSIA IMPERIALE E SOVIETICA

L’unico scopo del governo è quello di saccheggiare gli altri attraverso privilegi politici, favori e “connessioni” con coloro che hanno autorità, questo concetto ha pervaso la Russia sia in epoca imperiale (prima della rivoluzione bolscevica) sia in epoca comunista nei settantacinque anni di pianificazione centrale dell’economia.

Nella vecchia Russia sotto la monarchia assoluta, lo zar era il proprietario nominale di tutte le terre e delle proprietà sopra di esse. Il possesso non era un “diritto” che apparteneva all’individuo, ma un privilegio concesso dallo zar ad una persona e ai suoi eredi. Sia il plebeo che il nobile potevano vedersi togliere dallo zar tutto ciò che possedevano se fossero caduti in disgrazia o se si fossero opposti ai desideri del sovrano assoluto. Ciò includeva anche l’esilio nelle vaste terre desolate della Siberia.


Dopo la rivoluzione comunista del 1917, tutti i terreni di proprietà privata e il capitale vennero confiscati e trasferiti al nuovo Stato socialista rivoluzionario. I mezzi di produzione erano controllati e gestiti dal nuovo governo sovietico attraverso un sistema globale di pianificazione centrale, ovviamente in nome del popolo e per il suo bene. Con il governo socialista come singolo produttore e datore di lavoro, il destino di ogni persona all’interno dell’Unione Sovietica era determinato da come egli si sarebbe inserita nel “piano” socialista di costruire un radioso futuro collettivista.

PRIVILEGI POLITICI NELLA SOCIETÀ SOVIETICA “SENZA CLASSI”

La cosiddetta “società senza classi” dell’Unione Sovietica era un intricato sistema di potere, privilegio e controllo comandato dal Partito Comunista. Le gradazioni di privilegio permeavano tutto il sistema sovietico: assegnazioni di appartamenti, accessi speciali a negozi di alimentari e cliniche mediche, accettazione in istituti di istruzione superiore e in resort, il tutto in base alla propria posizione all’interno della struttura del partito o all’occupazione nelle diverse imprese statali.

Il sistema sovietico funzionava in base al “rango” posseduto all’interno delle gerarchie di potere. Nella struttura del Partito Comunista i subalterni versavano un “tributo” a quelli sopra di loro sotto forma di “doni” e “servizi,” ricevendo, a loro volta, “favori” e vantaggi per la loro lealtà e obbedienza. Un sistema che ricordava molto quello feudale tra signori e servi della gleba.

In tale sistema il concetto di “diritto” alla vita, alla libertà e alla proprietà non aveva alcun significato. L’unica regola era quella di prendere ciò che si poteva da qualsiasi accesso privilegiato alle risorse e ai beni posseduti e prodotti dallo stato. Ingannare, manipolare e rubare quello che si poteva era la natura della “concorrenza” nel paradiso della pianificazione centrale socialista. L’unica “regola del gioco” era quella di non farsi prendere, cercando di rimanere “nelle grazie” dei propri superiori nella struttura comunista del potere e di usare gli altri in qualsiasi modo che potesse favorire il proprio interesse personale.

UCRAINA E RUSSIA, TERRE DI SACCHEGGIO

Questo è il lascito ereditato da chi è salito al potere nella nuova e “democratica” Ucraina, così come è accaduto anche nella Federazione russa post-sovietica. Ogni partito politico che sin dal 1991 ha vinto le elezioni in Ucraina, ha usato il potere dello stato per arricchire i suoi membri più importanti e coloro che hanno fornito sostegno e fedeltà in cambio di privilegi e favori vari.

L’Ucraina, come la maggior parte delle altre ex-repubbliche sovietiche, è stata una terra di abusi, corruzione ed enormi saccheggi da parte di oligarchi plutocratici e gruppi di interesse in grado di manipolare le sale interventiste del potere politico. In Ucraina le migliaia di persone che nel febbraio scorso manifestavano contro il governo corrotto e assassino di Victor Yanukovich, hanno mostrato il desiderio, e alcuni perdendo anche la vita, di volere un paese “nuovo” e più filo-occidentale.

Eppure tra questi ucraini c’è un numero significativo di ardenti nazionalisti che è più interessato alle proprie concezioni collettiviste che ad una società più aperta e libera, in cui ogni cittadino può scegliere volontariamente su questioni come lingua e cultura, e può vivere la propria la vita così come ritiene giusto. A questo proposito la differenza principale tra Ucraina e Russia sin dal crollo dell’Unione Sovietica, è che la Russia è un paese più grande da saccheggiare e di gran lunga peggiore nel suo autoritarismo politico sotto Vladimir Putin.

Nulla accade in Russia senza collegamenti, “spinte” e tangenti. I diritti di proprietà non hanno alcun significato: un giorno avete un’attività e quello successivo può essere confiscata con false accuse; poi se il proprietario è russo può essere imprigionato e mandato in Siberia, se invece è straniero può essere espulso dal Paese con relativa perdita del suo investimento. I mezzi di informazione, in particolare la radio e la televisione, sono sotto il controllo monopolistico del governo.

Anche i giornali “indipendenti” ed altri punti di informazione su internet sono soggetti a gradi coscienti di auto-censura sotto la minaccia di arresti. Agli occidentali vengono revocate le varie autorizzazioni ed i visti per risiedere in Russia, se malauguratamente decidono di diffondere informazioni che in qualche modo rappresentano una sfida o una minaccia per l’attuale sistema di potere russo. Il dissenso in strada è spesso placato con la mano pesante della polizia, e con il pericolo di ammende elevate e periodi incerti di reclusione.

I CONFLITTI ETNICI ALL’INTERNO DELLA RUSSIA

Inoltre, il governo centrale russo, quelli regionali e quelli municipali hanno trattato con dispotismo alcune minoranze etniche nella Federazione russa. Diversi gruppi musulmani nella regione montuosa del Caucaso, in particolare i ceceni, hanno tentato di ottenere l’indipendenza nazionale. Questa situazione ha portato distruzione e migliaia di morti, poiché il governo russo sotto Putin ha cercato di schiacciare le ribellioni in quella parte del Paese.

In risposta, i ceceni e altri gruppi affini hanno fatto ricorso ad attacchi terroristici indiscriminati a Mosca e, più di recente, in una stazione ferroviaria a Volgograd. In molte parti del paese i russi sono arrabbiati e spaventati. I ceceni e gli altri gruppi nella regione meridionale della Russia europea sono stati maltrattati, derubati e in alcuni casi sono stati uccisi. Nonostante il fatto che ogni cittadino russo abbia libertà di movimento e residenza entro i confini della Federazione russa, i ceceni e altri gruppi sono stati costretti ad ottenere permessi di soggiorno o addirittura sono stati espulsi da Mosca e da altre città, solo a causa della loro etnia.

IL CONFLITTO UCRAINO E RUSSO PER LA CRIMEA

A Kiev si dice che la Crimea sia parte integrante dell’Ucraina e non può distaccarsene senza l’approvazione di tutto il Paese. A Mosca si dice che la Crimea rappresenti una zona storicamente importante per la Russia, e il popolo della penisola dovrebbe decidere se aderire o meno alla Federazione russa. Il problema è che la Crimea è popolata da tre gruppi: russofoni che costituiscono quasi il 60% della popolazione, ucraini che rappresentano circa il 25% delle persone e tartari musulmani che costituiscono crica il 12% della popolazione.

Se un referendum sul futuro della Crimea dovesse chiamare alle urne tutta la popolazione dell’Ucraina, o i rappresentanti nel parlamento di Kiev, la maggioranza ucraina voterebbe senza dubbio contro. La maggioranza di russofoni in Crimea sarebbe costretta a vivere in un paese al quale non si sente di appartenere.

Qualsiasi votazione in Crimea, anche se “giusta” e sotto il controllo internazionale per impedire “irregolarità”, finirebbe inevitabilmente con la vittoria della maggioranza russa e l’unificazione alla Federazione russa. Cio’ forzerebbe molti ucraini e tartari ad essere cittadini di un paese (la Russia) nel quale non vorrebbero vivere. Dopo il comportamento criminale delle bande russofone “di difesa” e quello brutale delle forze militari russe sin dalla loro “non invasione”, le minoranze ucraine e tartare si sentirebbero certamente frustrate e timorose se il risultato di un referendum fosse pro-Russia.

Nel contempo, dato che un numero considerevole di russofoni in Crimea ha sostenuto il movimento per l’annessione alla Russia, se la penisola dovesse rimanere all’Ucraina il risentimento e la rabbia nei loro confronti potrebbe facilmente tradursi in una spirale di “ritorsioni,” o anche l’arresto e la detenzione di alcuni di loro come “traditori” alla madrepatria ucraina.

Questi possibili esiti rispecchiano l’effetto dell’autodeterminazione pensata in termini nazionalistici e collettivisti: deve decidere la “nazione ucraina nel suo complesso,” o deve decidere la maggioranza all’interno della penisola di Crimea e imporre il risultato alle minoranze etniche e linguistiche.

UNA SOLUZIONE PER LA CRIMEA PIÙ IN SINTONIA CON L’AUTODETERMINAZIONE INDIVIDUALE

Quale potrebbe essere una “terza via” liberale al posto di un referendum ucraino a livello nazionale o un plebiscito inneggiante a “chi vince si prende tutto”? Una soluzione a questo dilemma, come discussa da Ludwig von Mises, prevede che ogni villaggio e città in Crimea abbia un plebiscito in cui i residenti possano decidere tra l’indipendenza, la riunificazione con la Russia, o restare con l’Ucraina.

La nuova mappa politica della Crimea assomiglierebbe molto ad una scacchiera colorata: quei villaggi o città a maggioranza ucraina e tartara, sarebbero dello stesso colore dell’Ucraina; altre porzioni della Crimea, forse gran parte della penisola, sarebbero dello stesso colore della Russia; e alcune aree sarebbero di un colore diverso da quello dell’Ucraina o della Russia, se in quei distretti o città la maggioranza optasse per formare un governo separato.

Le minoranze etniche o linguistiche sarebbero sollevate dal disagio continuo di trovarsi circondate da una maggioranza di persone che parla una lingua diversa o pratica diversi costumi? Scomparirebbero discriminazione politica o favoritismo della maggioranza se venisse utilizzato il potere dello stato? Purtroppo, la risposta è solo una: “No.”

Finché la gente crederà che regolamentare il commercio e l’industria, redistribuire la ricchezza e interferire nella libera associazione delle persone sia dovere e responsabilità del governo, il potere politico verrà usato a beneficio di alcuni e a spese di altri. Ma un sistema di plebiscito locale nel determinare la formazione dei governi e dei confini delle entità politiche, darebbe ad ogni individuo più peso nel decidere il proprio futuro rispetto a quando è perso nella grande massa di persone del moderno stato-nazione. E come minimo tenderebbe a minimizzare il numero di persone che potrebbero trovarsi ad essere una minoranza etnica o linguistica.

Il fatto che alcune delle aree appartenenti ad una certa autorità politica potrebbero non essere contigue, ma separate da territori di altri paesi, non dovrebbe essere considerato un problema se tra di loro esiste un minimo di libertà di circolazione e di libero scambio. Un risultato particolarmente illuminante dell’Unione Europea è stata l’abolizione dei controlli alle frontiere, così la gente può muoversi liberamente tra i paesi membri (come fanno gli americani tra i vari stati degli Stati Uniti).

Se un metodo più liberale venisse applicato ovunque per risolvere questi tipi di controversie, allora i confini statali e le frontiere politiche non sarebbero più determinate dal sangue e dalla conquista, ma dalle scelte delle stesse persone che risiedono in tali aree. Inoltre, potrebbero essere oggetto di revisione al cambiamento della demografia e delle preferenze delle persone.

Un plebiscito potrebbe essere tenuto una volta ogni dieci o venti anni, come formalità. Oppure potrebbe essere tenuto ogni volta che, per esempio, i due terzi della popolazione in una zona presentino una petizione per indire un tale plebiscito. Tale modo di definire i confini delle entità politiche non implica necessariamente il nazionalismo esclusivista.

Gli abitanti di alcune regioni, città o distretti potrebbero voler formare Stati separati o unirsi a quelli più grandi (multi-etnici, multi-linguistici e culturalmente diversi). Inoltre, nella misura in cui c’è libertà di movimento e di commercio, tutti possono trarre vantaggio dalla diversità della cultura mondiale e da una divisione del lavoro internazionale.

L’IDEALE DELL’AUTODETERMINAZIONE INDIVIDUALISTA PER IL FUTURO

Purtroppo tante persone ed i loro governi non sono pronti per un tale sistema di tolleranza e rispetto nello stabilire gli affari politici e le linee di confine. Troppi ancora sostengono il punto di vista collettivista secondo cui il gruppo o la tribù possiede l’intero territorio di uno Stato-nazione, compresi coloro che vivono, lavorano e muoiono al suo interno.

Ma possiamo desiderare che dopo un certo numero di guerre e campagne di terrorismo contro gli innocenti, le persone possano finalmente riuscire a vedere l’importanza e il valore del rispetto dei diritti e delle scelte degli altri individui con i quali vivono in questo mondo travagliato.

*Articolo tradotto in italiano da Francesco Simoncelli
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » sab apr 12, 2014 8:05 am

Ucraina: se la svolta federalista non piace agli organismi internazionali

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di GIORGIO CALABRESI

Quando gli organismi internazionali interferiscono nelle scelte dei popoli e degli stati… Una svolta in chiave federalista in Ucraina sarebbe «controproducente» perchè «ci sono interferenze esterne» e quindi per venire incontro alle richieste di maggiore autonomia provenienti dalle regioni orientali «è meglio parlare di decentramento». Lo ha sostenuto il segretario generale dell’Osce Lamberto Zannier, ieri a Kiev. Parlando di «interferenze esterne», Zannier si riferisce evidentemente alle insistenze russe perchè l’Ucraina adotti una riforma costituzionale che la trasformi in uno Stato federale, un’opzione che le nuove autorità di Kiev hanno però bocciato sin da subito, pur dicendosi disponibili ad ampliare i poteri degli enti locali.

Anche il premier ucraino Arseni Iatseniuk durante la visita di ieri a Donetsk, un’importante città dell’Est dove i separatisti filorussi tengono in pugno da domenica il palazzo dell’amministrazione regionale, si è detto disposto a concedere maggiore autonomia ai poteri locali, anche se non è ancora chiaro in che modo. Zannier, dal canto suo, pensa che «il dibattito sul federalismo a questo punto è diventato troppo complicato perchè c’è una disputa ormai all’esterno dell’Ucraina, con visioni molto diverse del federalismo». Il rischio, secondo il segretario generale dell’Osce, è che il federalismo possa «venire interpretato come la libertà di diverse regioni di gestire in maniera indipendente i rapporti con il vicinato dell’Ucraina» e bisogna invece «evitare che il Paese si spacchi sulle relazioni con i propri vicini». Zannier sottolinea quindi che per definire il futuro assetto costituzionale della repubblica ex sovietica «bisogna far partire un tavolo che sia inclusivo e metta d’accordo i rappresentanti di tutte le regioni» in modo da «rilanciare un dibattito con le comunità delle regioni dell’Est».

Sulla decisione presa dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa di sospendere il diritto al voto dei rappresentanti russi per sanzionare le azioni di Mosca in Ucraina, Zannier non si sbottona, ma non nasconde neanche che «sono decisioni che vanno nella direzione di un isolamento internazionale della Russia. Noi dell’Osce – spiega – in realtà stiamo andando nella direzione opposta perchè abbiamo invitato a Vienna un gruppo di parlamentari che sono rappresentanti russi ed ucraini dell’assemblea parlamentare dell’Osce per un confronto diretto» sulla crisi ucraina e sull’annessione della Crimea alla Russia. «A Strasburgo – conclude – è prevalsa la politica dell’isolamento, mentre a Vienna cerchiano invece ancora di lavorare sulla ricerca di soluzioni per ridurre l’impatto della crisi».
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » sab apr 26, 2014 7:27 am

Ucraina, sale la tensione ad Est. Putin: “Atti gravi”. Obama: “Sanzioni”

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Cinque militanti filorussi sono rimasti uccisi in un raid delle forze ucraine per riprendere il controllo di Sloviansk, nell’est dell’Ucraina. Ne ha dato notizia il ministero degli Interni di Kiev, secondo cui un soldato è rimasto ferito nell’operazione per smantellare tre checkpoint messi in piedi dai separatisti. Immagini video inviate dalla zona mostrano blindati avanzare verso le barricate cui i miliziani hanno dato fuoco.

In risposta all’operazione antiterrorismo dell’esercito di Kiev nell’est del Paese, la Russia ha avviato manovre militari al confine con l’Ucraina. Lo ha annunciato il ministro della Difesa di Mosca, Sergei Shoigu, citato dall’agenzia di stampa Interfax: “E’ stato dato il via libera per l’uso della forza contro la popolazione civile ucraina. Dovevamo reagire a questo sviluppo”.

Il ministero della Difesa russo, citato dall’agenzia di stampa Itar-Tass, sostiene che oltre 11mila uomini armati di fucili automatici sono impegnati nelle operazioni militari contro i civili ucraini nell’est del Paese. L’operazione che Kiev ha avviato contro i separatisti filorussi sarebbe sostenuta dall’ausilio di 160 blindati, 230 veicoli di fanteria, oltre a numerosi aerei. “La situazione in Ucraina causa seria preoccupazione”, ha detto Shoigu.

L’Ucraina non resta a guardare e chiede alla Russia, basandosi sugli accordi raggiunti nel quadro dell’Osce, di fornire spiegazioni e dettagli sulle manovre militari russe entro 48 ore. Il presidente ad interim ucraino, Oleksander Turchynov, da parte sua chiede al governo russo di mettere fine al “ricatto” contro Kiev ritirando le sue truppe dal confine.

L’intervento dell’esercito ucraino contro il suo stesso popolo nell’est del Paese è “un crimine grave”, ha detto il presidente russo Vladimir Putin. “Se il regime attuale a Kiev ha veramente iniziato a usare l’esercito contro il popolo – ha tuonato – si tratta di un crimine grave. E’ un’operazione di repressione che avrà conseguenze su coloro che prendono decisioni, in particolare sulle relazioni tra i governi”.

Nella vicina città di Artemivsk, le truppe governative hanno sventato un attacco a una base dell’esercito: nell’azione è rimasto ferito un soldato, mentre gli attaccanti, secondo quanto dichiarato in Parlamento dal presidente ucraino Oleksnader Turchynov, hanno subito “pesanti perdite”. Secondo il ministero della Difesa di Kiev, il tentato attacco alla base sarebbe stato condotto da un centinaio di uomini armati di fucili automatici e lanciarazzi.

Il governo ucraino ha annunciato di aver ripreso il controllo del municipio di Mariupol, nell’est dell’Ucraina, occupato da separatisti filorussi. Alcune persone sono rimaste ferite nell’operazione che si è svolta mercoledì notte.

Il presidente Usa Barack Obama da Tokyo, dove si trova in visita ufficiale, ha dichiarato che gli Stati Uniti continuano a premere per una soluzione diplomatica della crisi ucraina, ma non escludono nuove sanzioni contro la Russia. Il governo americano, ha precisato, sta organizzando i “preparativi” da attuare nel caso in cui l’accordo di Ginevra raggiunto tra Russia, Usa, Unione europea e Ucraina non porti ai risultati promessi. Per questo, ha assicurato Obama, sono state preparate nuove sanzioni.

L’alto rappresentate Ue per gli Affari esteri, Catherine Ashton, parlando della situazione in Ucraina, ha sottolineato: tutte le parti che hanno firmato l’accordo di Ginevra sull’Ucraina “devono garantire che le condizioni siano pienamente attuate, in particolare attraverso la loro influenza sui gruppi armati illegali, per fermare la violenza e la tensione e per farsi consegnare le armi”.

“Le ultime notizie dall’Ucraina orientale – ha continuato – sono molto preoccupanti, in particolare le segnalazioni di rapimenti, torture e uccisioni, inclusi i casi di Volodymyr Rybak e Pavel Kovelko. Un’indagine indipendente e trasparente deve fare piena luce su queste morti e deve portare i colpevoli di fronte alla giustizia”.

Ashton chiede che “tutte le persone ancora detenute illegalmente da gruppi armati nell’Ucraina orientale siano immediatamente rilasciati, che siano giornalisti, dirigenti locali o cittadini. Lancio un appello per la fine delle violenze, delle intimidazioni e e delle azioni provocatorie, come concordato nella dichiarazione congiunta di Ginevra”.

Nel giorno in cui un elicottero di Kiev è stato abbattuto un gruppo di osservatori dell’Osce (sette secondo alcune fonti, tredici seconde altre) sono stati rapiti da miliziani filorussi nell’est dell’Ucraina. Il sequestro, ha riferito il ministero dell’Interno di Kiev, è avvenuto a Slavyansk, dove da diverse ore è cominciato l’assedio delle truppe ucraine ai miliziani separatisti. Un commando ribelle avrebbe fermato il pullman sul quale viaggiavano i sette rappresentanti dell’Osce e i cinque membri delle forze armate ucraine. Dello staff fanno parte tre soldati e un interprete tedeschi, e osservatori militari della Repubblica Ceca e di Polonia, Svezia e Danimarca.

IL 30 APRILE RIUNIONE FMI SUGLI AIUTI A KIEV - Il Fondo monetario internazionale (Fmi) deciderà il prossimo 30 aprile sul pacchetto di aiuti all’Ucraina per evitare il default del Paese. Lo ha annunciato il portavoce dell’istituto con sede a Washington, Gerry Rice. Alla fine del mese scorso, l’Fmi aveva dato un primo via libera ad un prestito compreso tra i 14 ed i 18 miliardi di dollari in due anni a sostegno del nuovo governo di Kiev.
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » lun apr 28, 2014 2:05 pm

Secessione in Ucraina: è nata la Repubblica di Lugansk

http://www.lindipendenza.com/secessione ... ca-lugansk

I filorussi che si sono impadroniti dal 6 Aprile scorso della sede dei servizi segreti di Lugansk, nell’Ucraina orientale, hanno annunciato la creazione della Repubblica popolare di Lugansk in una riunione svoltasi domenica. Annunciato anche un referendum per l’11 maggio per la federalizzazione del Paese.

Kharkiv, ferito il sindaco e arrestati 15 filorussi - Ghennadi Kernes, sindaco della città filorussa di Kharkiv (Ucraina orientale), è rimasto gravemente ferito in un agguato. Il primo cittadino è stato ferito alla schiena da uno sconosciuto a colpi d’arma da fuoco ed è in pericolo di vita. Lo riferisce l’agenzia ucraina Unian. Intanto la polizia ha arrestato 15 filorussi per aver partecipato domenica a una manifestazione non autorizzata nella piazza della Libertà di Kharkiv, Ucraina orientale, dove avevano piantato tende, costruito recinzioni di legno e sabbia, acceso fuochi. Nell’operazione, gli agenti hanno sequestrato loro una cassa di molotov, maschere, bastoni di legno e confezioni di esplosivo.

Occupati commissariato e municipio di Kostiantinivka – Un gruppo di uomini armati in mimetica e a volto coperto ha preso possesso del commissariato di polizia della città di Kostiantinivka (Kostantinovka in russo, ndr), nell’Ucraina sud-orientale, 60 km a nord di Donetsk. Lo riferisce l’agenzia ucraina Unian. Altri uomini armati si sono impossessati anche del municipio della stessa città. Lo riferisce il sito del municipio stesso, secondo cui gli autori del blitz stanno costruendo barricate.

Sparatoria in aeroporto Kramatorsk - Scambi di colpi d’arma da fuoco nell’area dell’aeroporto di Kramatorsk, nella regione di Donetsk, tra miliziani filorussi e le truppe ucraine che presidiano lo scalo. Lo riferisce Interfax citando Dmitro Timciuk, giornalista e coordinatore del gruppo “Resistenza dell’informazione”. Nessun ferito tra le forze di Kiev ma non ci sono informazioni sulla controparte.

Fonte originale: Tgcom24.mediaset.it
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Re: Ucraina e Crimea

Messaggioda Berto » sab mag 03, 2014 7:20 am

Tra sanzioni e minacce Est Ucraina sottosopra, 49 morti

http://www.lindipendenza.com/tra-sanzio ... a-49-morti


Le autorita’ ucraine “smettano di uccidere i propri cittadini, altrimenti il futuro del Paese potrebbe diventare veramente triste”. Lo ha scritto su Facebook il primo ministro russo, Dmitry Medvedev, sottolineando che l’uso della forza contro i civili nel sud-est dell’Ucraina e’ “un segno di incapacita’ criminale”. Nell’est dell’Ucraina oggi la tensione e’ sfociata in battaglia e arrivano i primi morti a Slavyansk, dove all’alba e’ scattata un’offensiva su larga scala delle forze ucraine contro i miliziani filo-russi. Il presidente ad interim ucraino, Oleksander Turchiynov, ha dato notizia dell’uccisione di diversi militanti (tre ribelli e due civili secondo i separatisti) ma ha ammesso che l’avanzata procede piu’ a rilento di quanto Kiev avrebbe sperato. I separatisti hanno anche abbattuto due elicotteri Mi-24 in missione di pattugliamento, uccidendo due piloti. Colpito anche un terzo elicottero, con un soldato ferito.

Al termine di una giornata di scontri e violenze il bilancio ufficiale delle vittime in Ucraina e’ di almeno 49 morti. A Slavyansk hanno perso la vita tre ribelli, due civili, e due piloti di altrettanti elicotteri abbattuti dagli insorti. A Odessa, ha riferito il governo di Kiev, sono morte almeno 38 persone: una trentina intossicata o asfissiata dal fumo di un incendio nella sede dei sindacati, appiccato dai separatisti. Poche ore prima nella citta’ portuale sul Mar Nero vi erano stati violenti scontri tra filorussi e lealisti: in quelle violenze almeno quattro persone avevano perso la vita.

Furiosa, Mosca ha avvertito che l’operazione portera’ l’Ucraina alla “catastrofe” e che comunque rappresenta il “colpo di grazia” all’accordo del 17 aprile a Ginevra per ricercare una soluzione politica.

Obama: dure sanzioni se Mosca ostacola elezioni
http://www.agi.it/estero/notizie/201405 ... a_elezioni

Nel frattempo ha chiesto una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la 13esima dall’inizio della crisi. Scontri fra separatisti filorussi e lealisti sono avvenuti anche a Odessa, citta’ portuale sul Mar Nero, con un morto. Vicino a Donetsk i ribelli hanno sequestrato un centro di controllo ferroviario, di fatto bloccando il movimento dei treni. Il Cremlino ha fatto sapere che il presidente Vladimir Putin e’ aggiornato minuto per minuto su quello che sta accadendo e ha inviato un suo emissario nell’area, Vladimir Lukin, per negoziare il rilascio degli osservatori dell’Osce. Le truppe ucraine sui blindati hanno preso posizione alla periferia, ma i ribelli ancora controllano la gran parte della citta’: le truppe ucraine hanno preso il controllo – assicura Kiev – di nove posti di controllo.

VIDEO: abbattuti due elicotteri di Kiev
http://www.agi.it/video-agi/video/ucrai ... cotteribr-

Secondo Kiev, il fatto che siano stati abbattuti due elicotteri e’ la prova che forze “straniere” partecipano alla difesa della citta’, “specialisti militari con alta preparazione, e non cittadini locali pacifici che hanno imbracciato le armi come sostengono le autorita’ russe”. Turchiynov ha riferito che nella notte “sabotatori russi” hanno anche tentato di infiltrarsi lungo il confine. Toni forti, dunque, che fanno temere l’avvicinarsi della resa dei conti, considerato che Mosca ha decine di migliaia di uomini ammassati al confine. Per ora Mosca sembra intenzionata a usare la leva del gas: Gazprom ridurra’ la fornitura di gas all’Ucraina a partire dal prossimo mese di giugno se entro la fine di maggio Kiev non comincera’ a pagare i suoi debiti. E mentre in Lituania sono arrivate 5 navi della Nato, le autorita’ ucraina hanno proibito alle compagnie aeree russe di volare su Donetsk e Kharkiv. La Commissione Ue ha fatto sapere di seguire gli eventi “con crescente preoccupazione” e non esclude altre sanzioni. (Fonte Agi)
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