Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 8:46 am

5)

L'invasione russa e l'annessione della Crimea alla Russia fu il primo evento della crisi russo-ucraina nel 2014.

https://it.wikipedia.org/wiki/Annession ... lla_Russia

Nello specifico, in seguito alla rivoluzione ucraina del 2014, la Russia inviò proprie truppe senza insegne a prendere il controllo del governo locale. Il nuovo governo filorusso dichiarò la propria indipendenza dall'Ucraina. Fu quindi tenuto un referendum sull'autodeterminazione della penisola il 16 marzo (criticato e non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale), segnato dalla vittoria del "Sì" con il 95,32% dei voti, le autorità della Crimea firmarono il 18 marzo l'adesione formale alla Russia.
Durante la prima fase del conflitto sono rimasti feriti vari manifestanti filo-ucraini e alcuni manifestanti filo-russi, mentre tra i militari sono stati uccisi quattro soldati delle Forze armate dell'Ucraina, uno del Servizio di sicurezza dell'Ucraina e uno delle Forze armate della Federazione Russa.
Il 22-23 febbraio 2014, il presidente russo Vladimir Putin ha convocato una riunione notturna con i capi dei servizi di sicurezza per discutere la liberazione del presidente ucraino deposto, Viktor Janukovič. Al termine dell'incontro, Putin ha sottolineato che "dobbiamo iniziare a lavorare per il ritorno della Crimea in Russia". Il 23 febbraio si sono svolte varie manifestazioni filo-russe nella città crimeana di Sebastopoli. Il 27 febbraio, le truppe russe mascherate senza insegne, i cosiddetti omini verdi, con varie sparatorie con le locali Forze armate dell'Ucraina, hanno assunto il Consiglio supremo (parlamento) della Crimea e hanno catturato siti strategici in tutta la penisola, il che ha portato all'insediamento del governo filo-russo Aksyonov in Crimea e alla conduzione del referendum sull'autodeterminazione della Crimea. La Russia ha formalmente incorporato la Crimea come due soggetti federali della Federazione Russa il 18 marzo 2014 (Sebastopoli e Repubblica di Crimea).
L'occupazione della penisola di Crimea da parte dell'esercito russo è iniziata il 20 febbraio 2014. Erano gli ultimi giorni della presidenza di Viktor Janukovič[4].
Presto all'ingresso di Sebastopoli apparvero posti di blocco e mezzi corazzati russi.
A quel tempo, le città della Crimea, secondo il governo ucraino, erano già piene di agenti russi, omini verdi e membri di varie formazioni paramilitari come i cosacchi, che costituirono la base della cosiddetta "autodifesa della Crimea" e rappresentavano i presunti "stati d'animo" della popolazione locale.[5]

Mentre sulle coste crimeane arrivó la flotta del Mar Nero della Federazione Russa.
Ilya Vladimirovich Ponomarev, un politico russo e membro della Duma di Stato della Russia (fazione della Russia Giusta), sostiene che la guida dell'annessione della Crimea è stata affidata al ministro della Difesa Sergej Šojgu e all'aiutante di Vladimir Putin Vladislav Surkov.[6]
Ad opporsi all'annessione in Russia furono Boris Nemcov e il partito di Alexej Navalny — Partito del Progresso.
L'Ucraina e molti altri paesi hanno condannato l'occupazione e l'annessione e la considerarono una violazione del diritto internazionale e degli accordi firmati dalla Russia che salvaguardano l'integrità territoriale dell'Ucraina, compresi gli accordi di Belavezha del 1991 che hanno istituito la Comunità di Stati Indipendenti, gli accordi di Helsinki del 1975, gli accordi del 1994 Memorandum di Budapest sulle garanzie di sicurezza e Trattato del 1997 sull'amicizia, la cooperazione e il partenariato tra la Federazione russa e l'Ucraina. Il governo ucraino ha portato gli altri membri dell'allora G8 a sospendere la Russia dal gruppo, quindi a introdurre un primo round di sanzioni contro il paese.


Continuo a leggere da parte dei filoputiani la citazione del referendum tenutosi (forse) in Crimea nel 2014 e che giustificherebbe l'annessione russa. Evidentemente chi ne parla non ne sa nulla.
Stefano Angeli
4 maggio 2022

https://www.facebook.com/stefano.angeli ... 2112063759
Non sa che non solo il risultato di quel referendum non è mai stato riconosciuto da nessun Paese tranne la Russia (nemmeno dalla Cina) perchè tenuto senza i minimi requisiti di trasparenza e senza osservatori internazionali, con le truppe russe in strada e i miliziani separatisti armati nei seggi, ma non sanno nemmeno che a tutt'oggi i risultati ufficiali non sono stati mai pubblicati, non si sa nemmeno quanti furono i votanti (2, 10, 100?), ma soprattutto non sanno quali erano i quesiti di quel referendum. Tra i quesiti da votare infatti non c'era la possibilità di restare con l'Ucraina...eh, li avevano scritti i separatisti, i due quesiti chiedevano di scegliere tra l'indipendenza e l'annessione alla Russia...e anche a detta dei separatisti vinse l'indipendenza, invece la Russia ha annesso la Crimea, fregandosene pure del suo falso referendum.
(nella foto gli Omini Verdi, ovvero le truppe russe senza insegne che invasero la Crimea pochi giorni prima del famoso referendum)

L'espressione “omini verdi” (in russo: зелёные человечки?, traslitterato: zelënje čelovečki; in ucraino: зелені чоловічки?, traslitterato: zeleni čolovičky) si riferisce a un gruppo di soldati, indossanti uniformi militari verdi anonime, sprovviste di mostrine e altri simboli che potessero ricondurre ad un corpo d'appartenenza, che durante la crisi ucraina del 2014, conclusasi con l'annessione della Crimea da parte della Federazione Russa, occuparono militarmente l'Aeroporto Internazionale di Sinferopoli, la maggior parte delle basi militari in Crimea, e il parlamento di Sinferopoli.

https://it.wikipedia.org/wiki/Omini_verdi_(militari)

Conosciuti dal versante russo anche come “persone educate” (in russo: вежливые люди?, traslitterato: vežlivje ljudi), poiché si pensava che si fossero comportati pacificamente con poca interferenza pratica con le attività quotidiane dei cittadini residenti, questi soldati sono infine risultati appartenere a truppe d'élite russe, simili alla Delta Force statunitense.
La prima presenza di queste truppe fu notata alle prime ore della mattina di venerdì 28 febbraio 2014 presso l'aeroporto di Sinferopoli.[2]

La comparsa in Crimea di queste forze militari non formalmente identificabili, parlanti con un accento russo, con equipaggiamento russo, e autoveicoli con targa russa, fu immediatamente oggetto di speculazioni sulla loro origine; gli organi di informazione legati a Mosca o appoggianti l'intervento armato inizialmente li indicarono come abitanti della Crimea volontariamente riunitisi in gruppi di autodifesa[3], e Vladimir Putin spiegò l'origine del loro equipaggiamento come proveniente da acquisti effettuati presso locali venditori di materiale militare; contemporaneamente fonti giornalistiche russe, iniziarono ad indicarli come "uomini gentili" (polite men), espressione che secondo il blogger Ilya Varlamov, fu inventata dagli addetti russi alla propaganda, arrivati in Crimea allo scopo "di creare una immagine di un soldato liberatore russo indossante una simpatica nuova uniforme, armato con belle armi, che è dovuto arrivare per difendere pacifiche cittadine e villaggi".[4]

Pochi giorni dopo, il 4 marzo 2014, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin dichiarò che gli uomini in verde non facevano parte delle forze armate russe, ma erano gruppi di milizie locali, spiegando il loro equipaggiamento come proveniente dal sequestro di armi all'Esercito ucraino[5].

La settimana seguente il generale Philip Breedlove, del comando alleato della NATO, dichiarò di ritenere che questi "uomini verdi" fossero in realtà truppe russe, e che dalle evidenze fotografiche l'equipaggiamento e l'armamento di questi armati fossero "decisamente atipici rispetto a quelli che solitamente mostrano forze locali di autodifesa.[6]

Col passare dei giorni da parte dei cronisti ucraini e occidentali prese sempre maggior diffusione il nomignolo di "omini verdi", per indicare queste truppe, soprannome dovuto al colore delle loro uniformi e inizialmente coniato dagli abitanti della Crimea, poi diffuso anche dalle televisioni ucraine.[4]

Per tutto il mese di marzo 2014, Putin continuò a sostenere che non ci fosse stato alcun intervento russo pre-programmato[7][8], ma che "i gruppi pesantemente armati e strettamente coordinati che hanno preso possesso degli aeroporti e dei porti della Crimea all'inizio dell'incursione" fossero semplicemente dei gruppi spontanei di autodifesa "che potrebbero aver acquistato le loro uniformi, dall'aspetto russo, dai negozi locali"[9][10], nonostante la legge ucraina non consenta la messa in vendita e il trasporto di armi da fuoco diverse da quelle utilizzabili per la caccia[11].

Infine anche Putin riconoscerà l'appartenenza degli omini verdi all'esercito russo.[12] Il 17 aprile 2014, il presidente Putin ammise per la prima volta pubblicamente che le forze speciali russe sono state coinvolte negli eventi della Crimea, motivandone l'intervento con lo scopo di proteggere la popolazione locale e creare le condizioni per un referendum[13][14][15][16], successivamente, ha confermato che le forze armate russe avrebbero bloccato le forze armate ucraine in Crimea durante gli eventi[17].
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 8:46 am

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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 8:47 am

6)
Referendum sull'autodeterminazione della Crimea del 2014
16 marzo 2014


https://it.wikipedia.org/wiki/Referendu ... a_del_2014

Il referendum sull'autodeterminazione della Crimea del 2014, ufficialmente referendum generale della Crimea (in russo: общекрымский референдум?; in ucraino: загальнокримський референдум?; in tataro di Crimea: Umum Qırım referendumu), è stato un controverso referendum sull'autodeterminazione della penisola di Crimea (comprendente la Repubblica autonoma di Crimea e la città autonoma di Sebastopoli), in Ucraina, che si tenne il 16 marzo 2014.[1]

Inizialmente previsto il 25 maggio 2014, stesso giorno delle elezioni presidenziali in Ucraina[2], fu anticipato prima al 30 marzo e poi al 16 marzo. Il referendum fu preceduto il 4 marzo 2014 dalla richiesta del parlamento della Crimea (considerato illegale dalle autoritá di Kiev), approvata con 78 voti su 81, che la repubblica - se fosse divenuta indipendente - potesse entrare a far parte della Federazione russa. Inoltre, l'11 marzo 2014 la repubblica dichiarò unilateralmente l'indipendenza dall'Ucraina[3].

Il 21 marzo 2014 la Duma discusse un disegno di legge per l'adesione della Crimea alla Federazione russa[4].

Al referendum furono ammessi a votare tutti i maggiorenni in possesso della cittadinanza ucraina residenti in Crimea e i cittadini russi ivi presenti e in possesso del permesso di soggiorno nella penisola.[5] Il Ministero della Giustizia ucraino, in occasione del referendum, bloccò la banca dati con il registro degli elettori della Crimea, per cui furono utilizzati gli elenchi degli elettori, forse non aggiornati, risalenti alle elezioni alla Verchovna Rada, il parlamento della Crimea, del 2012.[5]

Al referendum furono presenti un numero di "osservatori" volontari legati al Cremlino[6][7] da 23 Paesi; di questi, 54 erano provenienti da Stati membri dell'Unione europea e includevano membri del parlamento europeo e dei parlamenti nazionali dei singoli Stati.[8] Non parteciparono gli osservatori internazionali dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in quanto l'organizzazione considerò il referendum illegale e in violazione del diritto internazionale.[9]

Il referendum non è riconosciuto a livello internazionale dalla maggior parte dei Paesi,[10] principalmente a causa della presenza delle forze russe sul territorio.[11] Tredici membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno votato a favore di una risoluzione che dichiarasse non valido il referendum, ma la Russia ha posto un veto e la Cina si è astenuta.[12][13] Successivamente è stata adottata una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite con 100 voti favorevoli, 11 contrari e 58 astenuti, che ha dichiarato il referendum non valido, riaffermando il diritto dell'Ucraina alla propria integrità territoriale.[11]

Il parlamento della Crimea, nella dichiarazione d'indipendenza dall'Ucraina dell'11 marzo 2014, fece riferimento alla sentenza della Corte internazionale di giustizia sul Kosovo del 22 luglio 2010,[14] la quale affermò che la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo non aveva violato il diritto internazionale né la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.[15] Il ministro degli esteri della Federazione Russa, Sergej Lavrov, affermò che l'indipendenza e il referendum erano assolutamente legittimi, facendo riferimento alle dichiarazioni d'indipendenza di Stati Uniti (1776), Moldavia (1991), Kosovo (2008) e OLP, dal 1974 considerata dalla Lega Araba legittima "rappresentante del popolo palestinese".[16] Il referendum violava gli articoli 2 e 17 della Costituzione dell'Ucraina sulla sovranità e integrità del territorio ucraino.[17] Secondo gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito,[18][19][20] l'annessione della Crimea alla Russia violava gli accordi del 'Memorandum on Security Assurances,[21] firmato a Budapest il 5 dicembre 1994 tra Russia, Regno Unito, Stati Uniti e Ucraina, e che prevedeva l'impegno ucraino a smantellare l'arsenale nucleare presente sul proprio territorio, di cui l'Ucraina aveva il controllo fisico ma non quello operativo, in cambio del rispetto della propria indipendenza e sovranità nei confini esistenti.[21] Secondo la Russia, invece, il Memorandum, non essendo stato ratificato, non era un accordo internazionale giuridicamente vincolante, ma solo un documento diplomatico contenente uno scambio di promesse fra le parti. Inoltre, lo stesso non poteva essere applicato al nuovo governo ucraino, nato come risultato di un colpo di stato susseguente a una rivoluzione, e l'Ucraina aveva per prima infranto il Memorandum quando, nel 1995, aveva unilateralmente abolito la costituzione del 1992 della Repubblica autonoma di Crimea senza consultare gli Stati firmatari del Memorandum, come era invece previsto dal punto 6 dello stesso nel caso si fosse verificata una situazione tale da sollevare una questione relativa agli impegni sottoscritti.[22]

Esperti di diritto internazionale ritennero che il paragone con il caso del Kosovo non sussisteva, perché il quesito referendario non prevedeva l'opzione dell'indipendenza, ma poneva la scelta tra la permanenza nell'Ucraina e l'adesione alla Russia,[23] altri considerarono le interferenze militari russe in Crimea come fatte "in spregio totale del divieto di acquisizione di territori con la forza".[24] Alcuni media paragonarono il referendum all'Anschluss che portò, nel 1938, all'annessione dell'Austria alla Germania nazista[25], altri paragonarono la situazione alla divisione della Cecoslovacchia nel 1993[26] e altri ancora a una "quasi Jugoslavia" durante il periodo delle Guerre jugoslave.[27][28]



Crimea: quel referendum è illegittimo

07 aprile 2014

https://www.ispionline.it/it/pubblicazi ... timo-10164

I recenti eventi in Ucraina e nella penisola di Crimea hanno, giustamente e prevedibilmente, attratto l´attenzione dell´intera Comunità internazionale e dell´opinione pubblica mondiale. Quello che sorprende è che, pur nella divergenza, spesso totale, sullo svolgimento dei fatti, le parti direttamente coinvolte e altri attori internazionali di primo piano che si sono pronunciati in merito, hanno continuamente fatto riferimento al diritto internazionale per giustificare le rispettive posizioni e decisioni. Da parte della Russia, poi, le critiche USA sul mancato rispetto delle regole internazionali sono state rispedite al mittente accusato di non avere autorità a parlare di rispetto di regole, visto quanto volte queste sono state violate proprio dagli USA stessi(1) e di essersi dimenticato del precedente dell’indipendenza unilaterale del Kosovo che era stata appoggiata proprio dagli USA e da molti paesi occidentali(2).

In questo contesto, si procederà ad una breve, e senza alcuna pretesa di esaustività, analisi di quelli che sono i profili rilevanti di diritto internazionale, che dovrebbero essere sempre alla base delle scelte di politica internazionale di uno stato specie in quelle situazioni che potrebbero avere ricadute per l’intero sistema di relazioni internazionali. L’oggetto di quest’approfondimento sarà limitato al referendum in Crimea e alla successiva decisione di secedere dall’Ucraina e di trasferire il territorio sotto la sovranità della Federazione russa nonché alle conseguenti reazioni della Comunità internazionale.

Gli eventi

Il territorio della Repubblica di Ucraina è suddiviso in 27 regioni: di cui 24 province (oblasts), 1 repubblica autonoma (Crimea) e due città con statuto speciale (Kiev e Sebastopoli). In quanto repubblica autonoma, la Crimea ha una propria Costituzione approvata nel 1998 (in sostituzione di quella del 1992 che concedeva un maggior grado di autonomia alla regione), che le conferisce un certo grado di autonomia pur essendo espressamente previsto che il Parlamento ucraino può porre il veto a qualsiasi legge approvata dal Consiglio Supremo della Repubblica autonoma di Crimea (Parlamento)(3).

Il 27 febbraio 2014, a seguito di varie turbolenze istituzionali e cambi di leadership, il Parlamento della Crimea ha deciso d'indire un Referendum al fine di chiedere una maggiore autonomia dall’Ucraina (non l’indipendenza): la legittimità di tale decisione è stata subito contestata dal Parlamento Ucraino. Ciononostante, e dopo svariate vicende interne, il Parlamento della Crimea decide, il 6 marzo 2014 di anticipare la data del referendum al 16 marzo e di modificarne l´oggetto: non più una maggiore autonomia dall’Ucraina ma l’adesione alla Federazione Russa. Agli elettori sostanzialmente era chiesto di esprimere la propria preferenza per una delle seguenti opzioni: 1. Riunificazione della Crimea con la Russia oppure 2. Ritorno alla Costituzione del 1992 e allo status della Crimea quale parte dell’Ucraina.

A fronte di questi avvenimenti, il Consiglio di Sicurezza, convocato su richiesta dell’Ucraina(4), si è riunito il 15 marzo per discutere una bozza di Risoluzione, presentata da circa 30 stati, nella quale, tra le altre cose, il Consiglio dichiarava che «this referendum can have no validity, and cannot form the basis for any alteration of the status of Crimea; and calls upon all States, international organizations and specialized agencies not to recognize any alteration of the status of Crimea on the basis of this referendum and to refrain from any action or dealing that might be interpreted as recognizing any such altered status»(5).

Com’è ben noto, la Risoluzione, che pur ha raccolto 13 voti a favore e un’astensione (della Cina), non è stata approvata a causa del veto della Russia.

Il Referendum ha avuto luogo il 16 marzo e, secondo le fonti ufficiali della Repubblica Autonoma di Crimea 1.274.096 elettori vi hanno partecipato (circa l’83,1% degli aventi diritto)(6) e l’opzione riguardante la riunificazione con la Russia avrebbe ottenuto circa il 97% dei voti validi espressi(7). Il giorno successivo il Consiglio Superiore della Repubblica Autonoma di Crimea, dopo aver proclamato l’indipendenza dall’Ucraina, ha formalizzato la richiesta alla Federazione Russa di ammettere la Crimea come una nuova Repubblica della Federazione stessa. Poche ore dopo tale richiesta il presidente russo Putin ha adottato un decreto che riconosce la Crimea come stato sovrano. Il 18 marzo il presidente Putin ha presentato al Consiglio della Federazione russa a) una legge di riforma costituzionale che prevede la creazione di due nuove entità all'interno della Federazione russa: la Repubblica di Crimea e la Città di Sebastopoli e b) un trattato internazionale che sancisce il passaggio della Crimea all’interno della Federazione russa(8). Nei giorni immediatamente successivi, il Parlamento russo ha approvato le proposte del presidente.

L´Unione europea e altri attori internazionali hanno deciso di adottare delle sanzioni economiche contro la Russia preannunciandone ulteriori.

I profili di diritto internazionale

Dal punto di vista del diritto internazionale, così frequentemente richiamato da tutte le parti in causa, due sono le questioni che saranno esaminate in questa sede. In primo luogo la legittimità del referendum indetto dal Parlamento della Crimea e in secondo luogo la legittimità dell´annessione dalla Federazione Russa, per incorporazione, della Repubblica di Crimea e della città di Sebastopoli.

Le critiche circa la legittimità internazionale del refe-rendum stesso non sono sempre state puntuali, anche perché spesso si sono concentrate più che sul referendum stesso, sulle sue conseguenze. A ogni modo è utile richiamare, in questo contesto, quanto affermato nelle Conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea del 17 marzo nel quale il Consiglio

« … strongly condemns the holding of an illegal refer-endum in Crimea on joining the Russian Federation on 16 March, in clear breach of the Ukrainian Constitution. The EU does not recognise the illegal “referendum” and its outcome. It also takes note of the draft opinion of the Venice Commission on this “referendum”. It was held in the visible presence of armed soldiers under conditions of intimidation of civic activists and journalists, blacking out of Ukrainian television channels and obstruction of civilian traffic in and out of Crimea».

In altri termini, il referendum sarebbe stato illegittimo in quanto organizzato a) in violazione della Costituzione Ucraina(9) e b) in condizioni tali da non permettere il libero esercizio del diritto di voto da parte degli aventi diritto. Quest’ultimo punto, già anticipato nelle conclusioni del Consiglio, è stato ripreso con maggiore dettaglio nella Relazione della Commissione di Venezia adottata il 21 marzo 2014 e da altre organizzazioni dedite alla protezione dei diritti umani(10). Sia da parte della Repubblica autonoma di Crimea sia da parte della Federazione Russa tali argomenti sono stati rigettati con vigore(11). È del tutto evidente, sulla base della prassi assai diffusa di organizzazioni quali l’ONU, l’OSCE e l’UE, particolarmente attive nelle attività di monitoraggio di elezioni e di referendum, che le asserite condizioni che avrebbero caratterizzato l’espressione del voto in occasione del referendum, non erano tali da garantire un processo “genuino” e in grado di assicurare la libera espressione della volontà dei votanti come invece richiedono le rilevanti convenzioni internazionali in materia(12).

Sul secondo profilo, quella della legittimità, dal punto di vista del diritto internazionale, della secessione della Crimea e della città di Sebastopoli dall’Ucraina e dell’incorporazione nella Federazione Russa, le questioni giuridiche sono più complesse anche perché sono in gioco valori a principi non sempre facilmente compatibili e componibili, quale quello dell’autodeterminazione dei popoli e quello dell’integrità territoriale. Qualora il distacco di una parte del territorio (per formare un nuovo Stato, o per fondersi con un altro Stato o anche per incorporarsi in uno stato già esistente) avvenga con il consenso dello stato da cui ci si stacca e previa consultazione della popolazione locale, non sorgono particolari problemi di rilievo giuridico. Molti sono i precedenti che si possono citare in questo senso: dalla separazione delle varie ex repubbliche russe dall’URSS alla separazione tra Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca e, più di recente, la separazione del Sud Sudan dal Sudan. Ma questo certamente non è il caso della secessione della Crimea e della città di Sebastopoli.

Qualora, come nel caso in esame, non vi sia il consenso delle parti interessate, la questione giuridica diviene più complessa: la regola generale è, comunque, che non sono ammesse violazioni dell’integrità territoriale. L’unica eccezione si potrebbe verificare in presenza di uno stato sul quale vivono più popoli, ciascuno dei quali gode, a sensi dell’art 1 para 2 della Carta delle Nazione Unite, del principio di autodeterminazione. Secondo un’opinione diffusa d’interpretazione delle regole internazionali (soprattutto alla luce della Dichiarazione del 1970 dell’Assemblea Generale riguardante i principi di diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli stati in conformità con la Carta delle Nazioni Unite)(13), il diritto all’autodeterminazione potrebbe includere anche il diritto alla secessione se il Governo centrale si comporta in maniera discriminatoria nei confronti dei vari popoli stanziati sul proprio territorio(14). In caso contrario prevale il principio dell’integrità territoriale, salvo l’obbligo dello stato di assicurare ai vari popoli adeguate forme di autonomia istituzionale. Nel caso in esame non pare proprio possibile invocare il principio di autodeterminazione a giustificazione della secessione: non solo perché non è del tutto pacifico che in Ucraina vi siano più popoli (da tenere ben separato questo concetto da quello di minoranza), ma anche perché il governo ucraino non ha attuato discriminazioni tra le varie realtà esistenti sul proprio territorio.

Le reazioni della Comunità internazionale

Alla luce di quanto precede si può concludere affer-mando che sia le modalità di svolgimento del referendum sia i successivi passi (proclamazione unilaterale d’indipendenza e successivo distacco e incorporazione nella Federazione Russa) sollevano seri dubbi di compatibilità con le rilevanti norme internazionali. A fronte di questa situazione, la Comunità internazionale, nel suo complesso (eventualmente attraverso l’ONU) o anche come singoli stati o organizzazioni regionali, possono reagire contro l’illecito commesso, dopo aver tentato una soluzione pacifica del contenzioso. A oggi i vari tentativi compiuti di trovare una soluzione negoziata non hanno portato ad alcun risultato a causa dell’atteggiamento di chiusura specie della Russia, nonostante che in tali tentativi siano state coinvolte personalità del calibro del segretario generale dell’ONU. A questo punto le contromisure, quali quelle decise dall’Unione Europea e dagli USA, sono diventate uno strumento legittimo per indurre la Russia a recedere dal proprio comportamento. A prescindere dalla loro attuale efficacia e dalla possibilità di ricorrere a sanzioni più pesanti e incisive, si deve comunque ricordare, che ai sensi del diritto internazionale, su tutti gli stati incombe, ora un preciso obbligo: quello di non riconoscere la situazione illegittima venutasi a creare. Ciò significa che l’attuale situazione non potrà mai essere condonata e che in tutte le future relazioni con la Federazione Russa sarà necessario che ciascuno stato affermi formalmente e regolarmente che non viene meno l’illegittimità di quanto avvenuto con l’incorporazione della Crimea e della città di Sebastopoli nella Federazione Russa. Infine, considerando l’impossibilità di ottenere qualsiasi pronuncia in merito da parte del Consiglio di Sicurezza, a causa dell’inevitabile veto che sarebbe posto dalla Russia, l’intera vicenda potrebbe essere portata all’attenzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che potrebbe adottare una Risoluzione di condanna (o anche chiedere un parere giuridico alla Corte Internazionale di Giustizia). Non molto, a fronte della gravità dei fatti, ma certamente utile per evitare di creare un pericoloso precedente.



Stoltenberg avverte: "Non accetteremo mai che Putin controlli la Crimea"
"Non lo accetteremo mai". La Nato prepara la lunga guerra
Alessandro Ferro
7 Maggio 2022
https://www.ilgiornale.it/news/mondo/st ... 1651940791

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha affermato con fermezza che l'Alleanza impedirà in ogni modo l'annessione della Crimea alla Russia: ecco il suo avvertimento

Stoltenberg avverte: "Non accetteremo mai che Putin controlli la Crimea"

Una cosa è chiara: qualora l'Ucraina dovesse perdere forze, fiducia e darla vinta ai russi e cedere la Crimea, la Nato lo impedirebbe con tutte le sue forze. È questo il senso delle parole del segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltenberg, intervistato dal quotidano tedesco Die Welt. "I membri della Nato non accetteranno mai l'annessione illegale della Crimea. Ci siamo sempre opposti al controllo russo su parti del Donbass nell'Ucraina orientale". Putin è avvisato: non combatte soltanto contro un popolo, ma si può dire contro gran parte dell'Occidente.

"L'Ucraina vincerà con la Nato"

La Nato è consapevole, però, che la guerra della Russia contro l'Ucraina "non finirà presto, ma che l'Ucraina la vincerà con l'aiuto dell'Alleanza Atlantica", ha ribadito il segretario generale. L'Alleanza è determinata ad aiutare l'Kiev "anche se ci vorranno mesi o anni" per sconfiggere Putin e le sue velleità rimarcando che sarà fatto "tutto il possibile" affinché il conflitto non si espanda. Stoltenberg, nella sua lunga intervista, ha messo l'accento sul fatto che l'Ucraina farà di tutto per vincere "questa guerra perchè difende il suo territorio" ed è giusto che, da Paese attaccato, si difenda e non debba subire passivamente l'esercito russo.

L'ipotesi di una guerra nucleare

A suffragio di quanto affermato prima, l'escalation militare anche ai Paesi occidentali si deve evitare in ogni modo, soprattutto quando Putin e i suoi uomini, nel corso dei mesi, hanno minacciato di premere il bottone del nucleare. Stoltenberg ha ribadito con fermezza che "non dovrebbe mai avvenirne una" e che "non si può vincere una guerra nucleare" come scrive Die Welt. Il discorso è ovviamente riferito alla Russia e alla condanna della retorica di Mosca bollata come "irresponsabile e spietata" quando si riferisce al potenziale uso delle armi nucleari per fermare gli aiuti della Nato e i rifornimenti all'esercito di Zelensky.

A tal proposito, poi, il segretario generale ha invitato l'Occidente a continuare a rifornire di armi pesanti l'Ucraina per un bisogno sempre più urgente intensificando le forniture, facendo di più "e prepararsi per un impegno a lungo termine". Questo, ha proseguito, è l'unico modo con cui Kiev "può respingere con successo l'invasione russa". L'Ucraina deve mettersi nell'ottica che il 9 maggio non finirà nulla, che Putin continuerà a combattere per il Donbass e bisogna essere pronti ad affrontare una "lunga guerra" contro la Russia che potenzialmente potrebbe durare per tanti altri mesi se non addirittura anni.

Prossimo appuntamento della Nato a Bruxelles il prossimo 19 maggio con la riunione del Comitato militare "in sessione Capi di Difesa". Nella seconda sessione, invece, si parlerà della guerra della Russia in Ucraina con la presenza dei Capi della Difesa anche di Finlandia, Svezia e Ucraina che lancia un altro segnale molto forte: oltre a Zelensky, vogliamo dentro la Nato anche i due Paesi scandinavi.
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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 8:47 am

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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 8:48 am

7)
Cosa è successo in Crimea dopo l’occupazione russa?

10 giugno 2022

https://ormedidonne.com/2022/06/10/crim ... cupazione/

Si dà per scontato che essendo la popolazione largamente russofona, la Crimea sia oggi una ridente e felice regione della Federazione Russa. Per capirne di più sono andata a visionare i documenti dell’ONU, di Amnesty International e di altre organizzazioni umanitarie.

Nella notte dal 26 al 27 febbraio 2014 le unità delle forze speciali russe sequestrano la Verkhovna Rada della Repubblica autonoma di Crimea, il parlamento. I cosiddetti “omini verdi” (militari senza insegne), bloccano le unità militari ucraine e la marina; assumono il controllo delle linee di confine, degli edifici amministrativi e delle infrastrutture.

Pochi giorni dopo, un documento di Amnesty International, datato 7 marzo 2014 chiede l’immediato intervento dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) nell’istituire una missione di monitoraggio in Crimea a causa della grave situazione delle violazioni dei diritti umani.

“Il tentativo di monitorare la situazione dei diritti umani in Crimea è diventato un compito quasi impossibile.” Dichiara John Dalhuisen, direttore dell’Europa e dell’Asia centrale di Amnesty International. “I gruppi di autodifesa della Crimea stanno attaccando manifestanti, giornalisti e difensori dei diritti umani pro-ucraini con totale impunità”.
Forze occupanti presidiano le amministrazioni – foto di Amnesty International

Monitoraggio impossibile

Due rappresentanti dell’OSCE vengono costretti a interrompere la loro visita per problemi di sicurezza. Ad altri membri dell’organizzazione viene impedito di entrare nella penisola. Il 5 marzo, anche l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Crimea deve interrompere la visita dopo essere stato forzato da uomini armati a tornare all’aeroporto.

“L’OSCE deve rapidamente stabilire una missione di monitoraggio e godere di un accesso illimitato a tutte le parti dell’Ucraina, compresa la Crimea, che rimane al margine, e dove le tensioni sono ancora elevate. La Russia dovrebbe accogliere, non bloccare questa iniziativa,” ribadisce John Dalhuisen.

I manifestanti che tentano di esprimere il loro sostegno all’unità dell’Ucraina e l’opposizione alla presenza militare russa nella penisola vengono intimidati da parte di attivisti filorussi. La polizia è spesso assente, presente in numero limitato o non interviene.

Amnesty riporta dell’attacco e delle minacce di morte a un giornalista di “News of the Week – Crimea” mentre cercava di filmare un evento. Gli agenti di polizia che si trovavano a circa 30 metri non intervengono. Il 6 marzo, uomini con uniformi militari russe e uomini della Crimea Self-Defence League minacciano di morte una giornalista di Kerch.fm.

Blocco dei media indipendenti russi

Il 14 marzo, Amnesty denuncia che le autorità russe hanno lanciato un assalto in vasta scala ai pochi media indipendenti rimasti in Russia, bloccando una serie di siti Internet nella Federazione Russa.

“Il blocco di questi siti è una chiara violazione del diritto alla libertà di espressione. È un attacco senza vergogna a coloro che osano ancora mettere in discussione la narrativa dettata dal Cremlino fornendo informazioni indipendenti e imparziali e offrendo una piattaforma per un dibattito gratuito”, dichiara John Dalhuisenl. “Negli ultimi mesi e settimane le autorità russe hanno intrapreso una campagna per soffocare i media indipendenti. È iniziato con la censura non ufficiale e l’autocensura e si è rapidamente evoluto in un bavaglio ai media indipendenti. Questo ricorda il blocco delle stazioni radio dell’era sovietica.”

Tra i vari siti bloccati figura anche quello dell’attivista dell’opposizione Aleksei Navalny. “La Russia sta stringendo la vite sulla libertà di espressione prima del referendum che le autorità della Crimea hanno programmato questa domenica. È un palese tentativo di mettere a tacere qualsiasi voce critica di questa iniziativa”, sostiene ancora John Dalhuisen.

Il referendum

Il referendum avviene il 16 marzo, con la presenza dell’esercito russo sul territorio, con solo pochi giorni di preparazione e il controllo totale dei media da parte di Mosca. Infine, nessuno dei quesiti riguarda il mantenimento dello status quo. I crimeani possono solo scegliere tra il far parte della Federazione Russa oppure l’indipendenza. Non hanno la possibilità di scegliere di restare a far parte dell’Ucraina.

Per quanto è indubbio che larga parte della popoloazione fosse filorussa, le modalità del referendum contravvengono le leggi internazionali. Così, il 27 marzo 2014, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva una risoluzione che dichiara non valido il referendum della Crimea per recedere dall’Ucraina, con un voto di 100 Stati membri a favore e 11 contrari, con 58 astensioni.

Persecuzioni e violazioni dei diritti umani

Il 9 luglio 2014 compaiono su Amnesty le prime denunce di persecuzione dei tartari e a dicembre 2014, un rapporto dell’ONU riporta di violazioni sistematiche dei diritti umani che colpiscono, per la maggior parte, le persone che si sono opposte al “referendum” di marzo, compresa la minoranza tartara. Si segnalano casi di sequestro di persona. I cittadini vengono obbligati a prendere la cittadinanza a rischio di ripercussioni; molti dei loro beni vengono confiscati.

Tartari in Crimea
Comunità tartara in Crimea – foto di Amnesty International

Nella primavera del 2015, Amnesty denuncia che a un anno dall’annessione illegale della Crimea da parte della Russia, la violazione dei diritti alla libertà di espressione, riunione e associazione è sistematica. Le autorità russe impediscono d’indagare su casi di rapimenti e torture di oppositori e perpetrano un’ implacabile campagna intimidatoria contro i media filo-ucraini, contro i tartari e chiunque sia critico verso il regime.

John Dalhuisen dichiara: “Da quando la Russia ha annesso la Crimea, le autorità stanno usando una vasta gamma di tattiche intimidatorie per reprimere il dissenso; una serie di rapimenti tra marzo e settembre ha spinto molti critici vocali a lasciare la regione. I rimanenti affrontano persecuzioni da parte delle autorità, determinate a mettere a tacere i loro avversari”.

Rapimenti, sparizioni e torture

Nello stesso documento, Amnesty riporta che dall’annessione sono avvenuti numerosi casi di arresti ingiustificati, torture e uccisioni. “Le autorità della Crimea ci dicono che stanno indagando su tutti i casi di rapimento e tortura, ma non abbiamo ancora visto alcuna prova concreta di ciò”, afferma John Dalhuisen.

Blocco dei media

Prima dell’occupazione e dell’annessione della penisola da parte della Russia, i media in Crimea operavano in gran parte liberamente: l’accesso a media critici nei confronti delle autorità era all’ordine del giorno.

A partire dal 2014, almeno tre stazioni televisive, due agenzie di stampa e altri media indipendenti devono chiudere. La legislazione russa consente alle autorità di bloccare l’accesso a siti Web specifici senza un ordine del tribunale per presunte violazioni della legislazione anti-estremismo della Russia. È così che le autorità creano un clima di paura: attraverso intimidazioni e leggi restrittive per mettere a tacere media e ONG.

Il 26 gennaio 2015, circa 30 uomini armati di un’unità di polizia speciale, accompagnati da 10 funzionari di sicurezza, fanno irruzione negli uffici del canale televisivo tartaro, ATR, interrompono la trasmissione e portano via documenti risalenti a febbraio dell’anno precedente. Molti redattori ricevono minacce. Diversi giornalisti e blogger sono costretti a fuggire temendo persecuzioni.

A seguito dell’annessione, le autorità richiedono la nuova registrazione di tutti i media ma alle pubblicazioni in lingua tartara, ai siti Web e ai canali TV rifiutano arbitrariamente le licenze.

“Questo palese attacco alla libertà di espressione, vestito come una procedura amministrativa, è un rozzo tentativo di reprimere i media indipendenti, imbavagliare le voci dissenzienti e intimidire la comunità tartara di Crimea”, afferma Denis Krivosheev, Vicedirettore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale.

Non viene rispariamto neanche l‘intrattenimento per bambini. Le autorità negano le licenze alla rivista per bambini Armantchikh e al popolare canale televisivo, Lale.

Nessun diritto di protestare o di celebrare la cultura tartara

Le autorità bandiscono le manifestazioni pubbliche. L’autorizzazione per incontri e manifestazioni culturali o celebrativi tradizionali da parte dei tartari è spesso negata oppure accordata solo in luoghi remoti.

“A un anno dall’annessione della Crimea, l’atteggiamento delle sue autorità sul territorio e dei loro padroni russi può essere riassunto semplicemente – fattelo piacere oppure zitto o vattene”, riporta John Dalhuisen. “C’è poco interesse da parte della comunità internazionale per ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma dovrebbe almeno esercitare maggiore pressione sulla Russia per garantire i diritti di tutti i residenti della Crimea”.

Continuano segnalazioni di scomparse, morti sospette, perquisizioni e arresti che seminano paura e disperazione tra i tartari.

Repressione del Mejlis

Nell’aprile 2016, la Corte suprema di Crimea sospende il Mejlis, un organo rappresentativo dell’etnia tartara, peggiorando la situazione dei diritti umani dei tartari. La decisione – annunciata dal procuratore della Crimea, Natalia Poklonskaya – segnala una nuova ondata di repressione contro il popolo tartaro. Avviene dopo un aumento degli attacchi ai diritti alla libertà di riunione, associazione ed espressione perpetrati dalla Russia dall’annessione della Crimea. Alla base della decisione, ci sono le dichiarazioni rilasciate dal leader esiliato di Mejlis Refat Chubarov, che rifiuta di riconoscere la legalità dell’annessione russa della Crimea e chiede un blocco economico ed energetico della penisola dall’Ucraina continentale.


Nel rapporto di Amnesty “Ukraine: Crimea in the dark: The silencing of dissent” leggiamo:

Dall’occupazione russa e dall’annessione della Crimea nel febbraio-marzo 2014, le autorità locali russe e di fatto hanno chiesto la totale sottomissione. Con la maggior parte degli oppositori in esilio o silenzio, i leader e gli attivisti dei tartari sono stati i più organizzati dell’opposizione e hanno dovuto maggiormente sopportare il peso della repressione. La loro struttura rappresentativa, i Mejlis, è stata bandita come organizzazione “estremista” e qualsiasi associazione con essa è stata messa fuori legge; i suoi leader sono stati esiliati o perseguiti con accuse inventate; molti sono scomparsi. I più famosi media in lingua tartara sono stati costretti a chiudere. La protesta pubblica si è estinta. Al di là delle questioni politiche fondamentali relative all’annessione della Crimea, la Russia rimane vincolata dall’intera gamma del diritto internazionale dei diritti umani. Eppure, ha dimostrato che è pronta a infrangerli mentre cerca di consolidare la sua presa sulla penisola.

Amnesty si lamenta anche del fatto che le autorità rifiutino sistematicamente incontri con i loro rappresentanti o la presenza di organizzazioni umanitarie.

I diritti umani dopo il 2017

Tre anni dopo l’annessione illegale della penisola, la situazione dei diritti umani in Crimea continua a peggiorare, aggravata anche dall’assenza di un meccanismo di monitoraggio internazionale.

Un rapporto dell’ONU del 25 settembre 2017 menziona “violazioni multiple e gravi” commesse da agenti russi. “Sono state documentate gravi violazioni dei diritti umani, come arresti e detenzioni arbitrari, sparizioni forzate, maltrattamenti e torture e almeno un’esecuzione extragiudiziale”. Tra gli altri abusi, rileva l’uso dell’internamento forzato in un ospedale psichiatrico di oppositori politici.

“L’istruzione in lingua ucraina è quasi scomparsa dalla Crimea”, riporta lo stesso rapporto dell’ONU, “evidenziando l’impatto sui diritti civili, politici, economici, sociali e culturali.”

Centinaia di prigionieri e detenuti vengono trasferiti in strutture della Federazione Russa – una pratica severamente vietata dal diritto internazionale umanitario. I Testimoni di Geova sono messi fuorilegge in virtù di una decisione della Corte Suprema della Federazione Russa che ritiene questa organizzazione religiosa in violazione della legislazione anti-estremismo del Paese. Anche i festival religiosi di musulmani, ebrei e quelli di altre minoranze vengono severamente limitati.

La Chiesa ortodossa ucraina

La Chiesa ortodossa ucraina è sottoposta a crescenti pressioni, inclusa la potenziale perdita dei suoi due più grandi luoghi di culto in Crimea. Complessivamente, il numero delle parrocchie è diminuito da 49 prima dell’occupazione a solo 5 nel 2020, con una diminuzione parallela del numero di sacerdoti da 22 a 4.

Intanto, l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, continua a non avere accesso alla Crimea, ed è costretto ad analizzare la situazione dagli uffici situati in Ucraina.

Nel 2020, si calcola che circa 140.000 tra ucraini e tartari abbiano lasciato la penisola dal 2014. Nello stesso periodo, circa 250.000 persone si sono trasferite dalla Russia alla Crimea. L’afflusso ha incluso truppe e marinai, dopo che il Cremlino ha rafforzato la sua presenza militare sulla penisola.

La situazione dei diritti umani in Crimea oggi

Le scuole devono usare il curriculum statale russo. I bambini sono esposti alla propaganda militare russa. Alcuni hanno ricevuto una formazione militare di base negli ultimi anni. L’istruzione in lingua ucraina viene quasi completamente eliminata. In una sentenza del 2017, la Corte internazionale di giustizia ha ordinato alla Russia di garantire la disponibilità d’istruzione in ucraino, ma le autorità non hanno rispettato questo ordine.

L’FSB incoraggia i residenti a informare di persone che esprimono opposizione all’annessione. Secondo quanto riferito, i commenti sui social media sono monitorati dalle autorità. L’FSB apre spesso procedimenti penali contro coloro che criticano l’occupazione e l’oppressione dei tartari.

La Crimea è soggetta al sistema giudiziario russo, che manca d’indipendenza ed è effettivamente dominato dal ramo esecutivo. Molti giudici si trasferiscono dalla Russia per lavorare in Crimea. Questi giudici emettono sistematicamente sentenze politicamente motivate contro chi si oppone all’annessione.

Un rapporto dell’OHCHR del 2020 ha rilevato resoconti di “esecuzioni, percosse, scosse elettriche e violenza sessuale”. Le vittime di tortura hanno scarse possibilità di ricorso legale, consentendo alle forze di sicurezza di agire impunemente.

Dopo il 2014, la Crimea è diventata soggetta alla legge russa del 2013 che vieta la diffusione d’informazioni che promuovono “relazioni sessuali non tradizionali”, che limita strettamente le attività delle persone e delle organizzazioni LGBT.

La violenza domestica è un altro problema della Crimea e le leggi russe non offrono protezioni. Nel 2017, Putin ha firmato una legislazione che ha parzialmente depenalizzato gli abusi domestici in Russia.

Un sondaggio dell’ONG Freedomhouse pone la Crimea tra uno dei luoghi meno liberi al mondo, con meno libertà della stessa Russia e notevolmente meno dell’Ucraina.
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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 8:48 am

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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 8:49 am

8)
Guerra di liberazione della Crimea ucraina



Riconquista dell'isola dei serpenti al largo di Odessa

https://tg.la7.it/esteri/sullisola-dei- ... 022-173729

Affondamento della nave ammiraglia l'incrociatore Moscova

https://www.ilsole24ore.com/art/missile ... a-AELe46RB

Prima distruzione parziale del Ponte di Kerch che collega la Crimea alla Russia
https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... b1171.html


Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... hk4rMP8BTl
Difendersi con le armi dall'aggressione violenta che calpesta i tuoi diritti umani, civili e politici, per predarti, stuprarti, ridurti in schiavitù o ucciderti e sterminarti, è una necessità universale, un diritto e un dovere umano, civile e politico insindacabile, eticamente e cristianamente ineccepibile e irreprensibile.
Solo attraverso la legittima difesa si tutela e si salva il diritto, la vita, la dignità, la libertà e la sovranità, non esiste altra possibilità per l'uomo.


Da anti Maometto a filo Putin, che degrado intellettuale e morale! Credo che la Oriana Fallaci non ti avrebbe seguito in questa tua deriva.
La vergogna umana e civile di Magdi Allam filo Russia di Putin e anti Ucraina di Zelensky

Magdi Cristiano Allam
https://www.facebook.com/photo.php?fbid ... &ref=notif

Il Parlamento Europeo nella sua recente risoluzione ha chiesto di equiparare le azioni militari della Russia in Ucraina alla stregua di azioni terroristiche e, di conseguenza, di essere condannate e sanzionate sulla base del diritto internazionale in materia di contrasto al terrorismo. Viceversa le attività che tecnicamente sono ascrivibili al terrorismo perpetrate dagli ucraini, come l'esplosione di un camion-bomba sul ponte della Crimea, vengono orgogliosamente rivendicate e elogiate come atti di resistenza. Quindi due pesi e due misure a secondo di chi perpetra gli attentati terroristici. Ovviamente l'attore e burattino Zelensky ci sguazza e si mette in posa per immortalarsi come il nuovo eroe della “resistenza” ucraina.
A prescindere dal fatto che la Crimea è storicamente parte integrante della Russia e che dal 2014 è tornata ad essere parte integrante della Russia, dopo una parentesi di 60 anni, dopo che l'allora Segretario Generale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica Nikita Krusciov, che era ucraino, nel 1954 regalò e inserì la Crimea nel territorio geografico dell'Ucraina, per celebrare i 300 anni dell'unione tra i due Paesi, in un contesto in cui la Russia e l'Ucraina erano Stati confederati in seno all'Unione Sovietica, unica depositaria di sovranità statuale.
Come sempre la vignetta di Alex coglie nel segno facendoci riflettere e al tempo stesso divertendoci. Grazie.
Magdi Cristiano Allam


Il criminale di Mosca bombarda il centro di Kyiv. Putin accusa l’Ucraina di terrorismo per aver colpito “un’infrastruttura civile”, ma il ponte di Kerch è un’arteria di rifornimento russa e un legittimo obiettivo militare. Lui invece uccide deliberamente e volontariamente i civili nell’ora di punta in cui la gente va a lavoro. Chi è il terrorista da fermare?
Kateryna Sadilova
10 ottobre 2022

https://www.facebook.com/katia.sadilova ... h7rqQFGS9l


La dottrina Marin | Appunti per i pacifisti: la guerra si ferma solo se la Russia lascia l’Ucraina
Linkiesta.it
Editoriale Christian Rocca

https://www.linkiesta.it/2022/10/putin- ... populismo/

Nemmeno un editoriale, una manifestazione, una mobilitazione per provare a imporre o a suggerire la pace a Vladimir Putin, cioè a colui che se si fermasse finirebbe immediatamente la guerra in Ucraina.

Niente. Solo miserabili «Zelensky si fermi», rivolti a colui che se si fermasse finirebbe immediatamente l’Ucraina, non la guerra.

Solo «basta aiuti». Solo «basta armi», armi che nel caso dei sistemi antimissili che non abbiamo ancora fornito a sufficienza a Kyjiv salverebbero migliaia di vittime civili ucraine sotto il tiro dei criminali russi e che per il resto sono l’unica ragione per cui un intero popolo, un’intera nazione, un’intera cultura non è stata ancora cancellata dagli invasori.

Solo equidistanza tra aggressori e aggrediti, che equidistanza però non è. Semmai è una capitolazione all’imperialismo rossobruno, dettato dall’illusione che cedere all’aggressore magari ci risparmierà la sua ira, ci farà pagare meno le bollette e poi in fondo gli ucraini sono mezzi russi, scrivono in cirillico, che ce ne frega a noi.

Le manifestazioni pacifiste convocate dal Conte che da premier durante il lockdown ha umiliato l’Italia, l’Europa e la Nato facendo sfilare l’esercito russo per la prima volta in Occidente dalla seconda guerra mondiale, e poi le mobilitazioni sindacali “I Love Gazprom” e i suggerimenti via editoriale agli ucraini di non difendersi, di accettare lo status quo, di lasciar morire i propri connazionali sotto occupazione non sono una novità di metà ottobre.

Li abbiamo sentiti e letti e sopportati fin dal 24 febbraio, anzi da prima. Sono gli stessi mentecatti che prima negavano come fake news americane le notizie sulla mobilitazione russa ai confini dell’Ucraina, poi spiegavano che mai e poi mai Mosca avrebbe attaccato l’Ucraina, poi che Kyjiv sarebbe caduta in tre giorni, poi a mano a mano che l’invasore veniva allontanato dalla capitale che l’obiettivo russo non era mai stato Kyjiv, poi che la fornitura di armi occidentali avrebbe peggiorato la situazione degli ucraini e così via, di panzana in panzana. Erano bugie, analisi campate in aria e propaganda russa, in prima serata tv.

Ora che il favoloso popolo ucraino riconquista ogni giorno una città occupata illegalmente da Mosca, e che Mosca è costretta a mobilitare la popolazione civile per farne carne da macello in Ucraina, gli stessi sapientoni al servizio consapevole o no della propaganda del Cremlino chiedono senza pudore al governo di Kyjiv di fermarsi in nome della pace. Malimorté!

Sono gli “utili idioti” di Vladimir Putin. Sono tanti. Si trovano ai vertici dei giornali, dei partiti, dei sindacati. Sono gli stessi che nel 2018 avevano un programma elettorale ispirato alla peggiori panzane del Cremlino, gli stessi che sfoggiavano magliette di Putin e firmavano accordi politici col suo partito unico, gli stessi che invocano la resa ucraina dal primo giorno di guerra, gli stessi che tuonano ancora oggi contro la Nato e la globalizzazione con la posa caricaturale da reduci del comunismo.
Sono indifferentemente di destra e di sinistra, sono membri fondatori del bipopulismo perfetto italiano che avvelena il nostro dibattito pubblico.

Per fortuna, ci sono ancora i governi europei e occidentali e le istituzioni internazionali che, a differenza delle società (in)civili che animano il discorso pubblico sotto l’egemonia culturale dei troll russi, continuano invece a difendere l’Ucraina, la democrazia e tutti noi.

Quello che è successo nel weekend segna un punto di non ritorno nell’oscenità morale dei volenterosi complici di Putin. Gli ucraini hanno fatto saltare in aria un pezzo del ponte della Crimea, nello stretto di Kherc, costruito dai russi dopo l’invasione militare della penisola ucraina del 2014 e inaugurato con solennità da Vladimir Putin nel dicembre del 2019, quale simbolo monumentale dell’imperialismo aggressivo del Cremlino.

Un ponte costruito in territorio ucraino da Mosca per facilitare il flusso di mezzi militari russi in un’Ucraina occupata illegalmente secondo il diritto internazionale tranne che per i giuristi salviniani, per i Cinquestelle, per la feccia rossobruna e per gli opinionisti sedicenti democratici.

Un ponte costruito anche per trasferire i russi in Crimea e deportare gli ucraini e i tatari dall’altra parte come ai tempi di Stalin, crimini sempre accompagnati dall’ipocrita retorica sovietica – cara anche al Comitato del Nobel che premia russi, bielorussi e ucraini – della fratellanza tra i due popoli che non sono fratelli manco per niente, visto che uno dei due stupra, violenta, affama e massacra impunemente l’altro da secoli.

I volenterosi complici italiani di Putin si sono dunque indignati per l’attacco al ponte che fino a qualche giorno abbiamo visto sui social che i russi hanno usato per trasferire in Ucraina una colonna di carri armati lunga qualche chilometro.

Eppure non hanno espresso alcuna riprovazione per i bombardamenti russi sugli ospedali e sulle scuole ucraine, per le stragi di civili alle fermate dell’autobus e nei centri commerciali, per il rapimento di migliaia di bambini, per le abitazioni private sventrate, per gli stupri, per le razzie. E nemmeno per le fosse comuni e per gli ultimi crimini di guerra commessi nel quartiere residenziale di Zaporizhzhia sabato notte e nel centro di Kyjv questa mattina.

E se gli attuali indignati del ponte hanno parlato o scritto dei crimini di guerra russi lo hanno fatto soltanto per sollevare dubbi sulla veridicità delle notizie, sospettate di essere sceneggiate hollywoodiane come suggeriva la propaganda del Cremlino.

Il fatto che proprio ora che l’Ucraina sta vincendo la guerra sul campo le venga chiesto di fermarsi è ripugnante, ancora più di quando le chiedevano di arrendersi perché tanto avrebbe perso lo stesso. Questi che sfilano in piazza e che postano sui social non sono pacifisti, parteggiano per la parte opposta, quella dei criminali russi.

Il virus della resa a Putin mentre Putin sta perdendo si sta diffondendo anche in ambienti che finora sembravano immuni, come nel Pd guidato da Enrico Letta che è stato il leader di partito piu seriamente solidale con gli ucraini. Ma adesso si è aperto un dibattito sulle ragioni della sconfitta elettorale del 25 settembre, e una di queste, secondo i leader del Pd, sarebbe proprio la scelta di schierarsi con l’Ucraina non apprezzata dagli elettori.

Ci sono già le prime avvisaglie di questa ulteriore capitolazione del Pd a furor di populismo: gli editoriali dei giornalisti d’area, i sette europarlamentari che hanno votato un emendamento dei rossobruni amici di Putin a Bruxelles (prima di rientrare nei ranghi e riprendere a votare insieme con gli altri), i soliti Orlando e Provenzano che inseguono il “leader fortissimo di tutti i partigiani per la pace”, per non parlare dell’alleato Fratoianni (preferito a Calenda) che marcia con Conte e vota contro gli aiuti militari all’Ucraina e contro l’adesione di Finlandia e Svezia alla Nato.

Ovviamente il Pd non è ancora perso. Oggi su Linkiesta ospitiamo l’opinione della vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno, la quale spiega che gli elettori non si recuperano certo abbandonando gli ucraini e i principi fondativi del Pd. La stessa cosa scrive quotidianamente su Twitter Filippo Sensi.

Vedremo come si evolverà la partita per la successione a Letta ma – come dice Sanna Marin, la leader di un Paese alleato, la Finlandia, che per ragioni storiche e geografiche è molto più preoccupato dell’imperialismo russo rispetto a noi – «il solo modo per finire la guerra è che la Russia se ne vada dall’Ucraina».

La “dottrina Sanna Marin” è l’unica ricetta possibile per la pace.
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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 8:49 am

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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » gio ott 13, 2022 7:39 am

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Re: Crimea! La Crimea non è russa ma ucraina

Messaggioda Berto » gio ott 13, 2022 7:40 am

9)
Per il povero complottista e novax filo russo Magdi Allam la Crimea è russa e l'esplosione del ponte un criminale atto terroristico dell'Ucraina




Tutti hanno condannato la rappresaglia militare della Russia, ma tutti hanno ignorato l’attentato terroristico dell’Ucraina
Casa della Civiltà
Magdi Cristiano Allam
Presidente della Comunità «Casa della Civiltà»
Mercoledì 12 ottobre 2022

https://www.casadellacivilta.com/2022/1 ... llucraina/

Nel caso dell’attentato terroristico al Ponte di Crimea, i rappresentanti ucraini l’hanno approvato come «resistenza» perché non riconoscono il ritorno della Crimea alla Russia nel 2014. Ma storicamente e politicamente dal 1784 e demograficamente al 75% la Crimea è russa

Cari amici buongiorno. Tutti noi siamo in linea di principio contrari alla guerra e preferiremmo un Mondo di pace. Tutti noi sinceramente condanniamo l’uccisione dei civili e ci uniamo al cordoglio alle loro famiglie e connazionali.
Tuttavia prendiamo atto che i nobili principi morali e la legittima aspirazione ideale si scontrano con un doppio parametro etico e politico, che non distinguendo tra l’azione e la reazione, tra l’attentato e la rappresaglia, finisce per legittimare l’attentato e limitarsi a condannare la rappresaglia, a solidarizzare solo con le vittime della rappresaglia ignorando le vittime dell’attentato.
L’8 ottobre c’è stato un attentato dinamitardo di natura terroristica, con l’esplosione di un camion-bomba, che ha danneggiato il Ponte di Crimea, o Ponte di Kersh, provocando 3 morti russi, tra cui il conducente del camion-bomba, probabilmente ignaro, e due persone alla guida di un vicino veicolo. Questo attentato terroristico, riconosciuto e rivendicato seppur non ufficialmente dalle autorità ucraine, non è stato condannato da nessuno Stato o organizzazione mondiale.
Il 10 ottobre c’è stata la rappresaglia della Russia, ammessa e rivendicata ufficialmente, con il lancio di decine di missili contro l’Ucraina che hanno provocato 11 morti. La quasi totalità degli Stati e delle organizzazioni mondiali hanno condannato la Russia e hanno espresso il cordoglio per le vittime ucraine.

La condanna della rappresaglia e il silenzio sull’attentato, ricordano il comportamento della cosiddetta “comunità internazionale” nei confronti di Israele. Puntualmente, dopo aver subito un attentato terroristico che provoca morti tra i propri cittadini, Israele compie delle rappresaglie con il lancio di missili e bombe contro i territori palestinesi, talvolta anche con interventi a terra delle forze armate per distruggere le basi dei terroristi palestinesi, provocando morti tra la popolazione civile.
Ebbene, nel caso di Israele, la rappresaglia militare viene regolarmente condannata all’unanimità definendola «non proporzionata» all’offesa subita, mettendo sui piatti della bilancia, da un lato, uno o più terroristi talvolta suicidi palestinesi e un certo numero di vittime israeliane, e dall’altro, l’esercito di uno Stato e un numero sempre maggiore di vittime palestinesi.
La domanda che si pone è se è corretto, dal punto di vista razionale e morale, mettere sullo stesso piano l’attentato terroristico e la rappresaglia militare, i terroristi che fuoriescono dalla legalità e l’Esercito legale di uno Stato, chi uccide perché deliberatamente disconosce il diritto alla vita del nemico e chi uccide per difendere il diritto alla vita dei propri cittadini.
La conclusione è che è sbagliato da tutti i punti di vista mettere sullo stesso piano l’attentato terroristico e la rappresaglia militare, chi incarna l’illegalità e chi opera nella legalità.

A questo punto sorge l’altra domanda: questi attentati terroristici sono effettivamente attentati terroristici oppure sono «azioni di resistenza» contro uno Stato che occupa illegalmente il proprio territorio? I terroristi sono terroristi o «resistenti»?
Nel caso di Israele, i palestinesi del Movimento terroristico islamico di Hamas o della Jihad islamica, disconoscendo lo stesso diritto di Israele all’esistenza, considerando legittimo qualsiasi attentato ovunque in Israele e festeggiano come una vittoria l’uccisione del maggior numero possibile di israeliani, a prescindere che siano militari, coloni o civili, che siano anziani, adulti o bambini.
Nel caso dell’attentato al Ponte di Crimea, i rappresentanti del Governo dell’Ucraina l’hanno approvato e si sono rallegrati perché non riconoscono il ritorno della Crimea alla Federazione Russa, dopo l’occupazione militare e il referendum popolare del 2014. Ma si tratta della realtà storica e demografica. La Crimea fa parte dell’Impero Russo dal 1784. Fu nel 1954 che l’allora Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Nikita Krusciov, che era di nazionalità ucraina, “regalò” la Crimea all’Ucraina per commemorare il 300º anniversario del trattato di Perejaslav tra i cosacchi ucraini e la Russia. Ma si trattò di un’operazione “geografica” e non “politica”, in quanto l’unico soggetto politico depositario dell’indipendenza e della sovranità era l’Unione Sovietica, non l’Ucraina e non la Russia. La “russianità” della Crimea è solidamente attestata dal fatto che circa i due terzi della sua popolazione sono russi, solo circa il dieci per cento sono ucraini.
Sarebbe come se il Governo dell’Italia dovesse decidere di unire la Provincia di Salerno alla Regione Basilicata, distaccandola dalla Regione Campania. Sul piano del diritto internazionale non cambia nulla perché è l’Italia l’unico soggetto internazionale depositaria di indipendenza e sovranità. Con la differenza che la Russia è il più grande Stato al Mondo e la Crimea è sempre stata della Russia e la sua popolazione è russa.

Cari amici, non possiamo accettare che ci siano due pesi e due misure nel valutare le vittime degli attentati terroristici e delle rappresaglie militari, così come non possiamo accettare l’ignoranza e la manipolazione della Storia. Diffondiamo informazione corretta e promuoviamo la consapevolezza della corretta rappresentazione della realtà.

Andiamo avanti a testa alta e con la schiena dritta, forti di verità e con il coraggio della libertà. Con l’aiuto del Signore insieme ce la faremo a far rinascere la nostra civiltà, salvare gli italiani, riscattare l’Italia.




Gino Quarelo
La Crimea è terra ucraina e non russa e il ponte serve all'occupante russo per continuare la criminale occupazione.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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