Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 11:27 am

7)
Crimea!
La Crimea non è russa ma ucraina


Crimea!
La Crimea non è russa ma ucraina

viewtopic.php?f=143&t=3022
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Ucraina, dalla guerra civile nel 2013/14, causata dal nazifascista russo Putin a oggi, dalle stragi di Euromaidan del 2013 a quella di Odessa del 2014
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https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 9099264249
Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014 con repressione violenta del governo filorusso dei manifestanti filoeuropei e feroci scontri tra i filo russi e i filo europei, con centinaia di morti e migliaia di feriti.
Con interventi di cecchini, mercenari, infiltrati e squadre speciali russe contro gli ucraini antigovernativi e filoeuropei.
Fu in questo contesto di guerra civile, di repressioni poliziesche e militari, di scontri e violenze generalizzate, tra cui l'invasione russa della Crimea e l'inizio dei moti separatisti terroristici nel Donbass che avvenne anche la Strage di Odessa in cui morirono una quarantina di persone a causa di un incendio di cui non si conosce con certezza l'origine.
La guerra civile in Donbass istigata, finanziata e rifornita d'armi dal nazifascista Putin e condotta dai separatisti terroristi russofili con l'ausilio non ufficiale di soldati russi, secondo l'ONU ha generato circa 14 mila morti tra civili e militari di ambo le parti dal 2014 fino al 24 febbraio del 2022 giorno dell'invasione miliatre dell'Ucraina da parte dell'esercito russo.
Capitolo 5)
Crimea: la sua cessione all'Ucraina nel 1954, la successiva invasione occupazione russa e l'annessione forzata alla Russia nel 2014 mediante un referendo illegale e manipolato


1991
Il primo dicembre 1991 fu tenuto in Ucraina il referendum sull’indipendenza dalla URSS/Russia e fu una votazione libera, democratica, senza violenze né brogli.

https://it.wikipedia.org/wiki/Referendu ... a_del_1991
Il referendum riguardo all'indipendenza dell'Ucraina si è svolto il 1º dicembre 1991. L'unica domanda scritta sulle schede era: "Approvi l'Atto di Dichiarazione di Indipendenza dell'Ucraina?" con il testo dell'Atto stampato prima della domanda. Il referendum fu richiesto dal Parlamento dell'Ucraina per confermare l'Atto di Indipendenza, adottato dal Parlamento il 24 agosto 1991.
I cittadini ucraini espressero un sostegno schiacciante per l'indipendenza. Al referendum votarono 31.891.742 (l'84.18% dei residenti) e tra di essi 28.804.071 (il 90.32%) votarono "Sì".
Nello stesso giorno, si tennero anche le elezioni presidenziali, nella quale gli ucraini elessero Leonid Kravčuk (all'epoca Capo del Parlamento) Presidente dell'Ucraina.
https://it.wikipedia.org/wiki/Referendu ... a_del_1991
L'unica domanda scritta sulle schede era: "Approvi l'Atto di Dichiarazione di Indipendenza dell'Ucraina?" con il testo dell'Atto stampato prima della domanda. Il referendum fu richiesto dal Parlamento dell'Ucraina per confermare l'Atto di Indipendenza, adottato dal Parlamento il 24 agosto 1991.
Vinsero i SI con una percentuale del 90,32%.
I SI vinsero in TUTTE le regioni del paese.
E quindi anche nella russofona Crimea e nel russofono Donbass vinsero gli indipendentisti a grande maggioranza:
In Crimea i SI ottennero il 54,19% dei suffragi.
Nel Donbass:
Donec'k- Oblast' di Donec'k 76,85%
Luhans'k - Oblast' di Luhans'k 83,86%
Charkiv- Oblast' di Charkiv 75,83%
Nel Donbass ci vivevano ucraini filo Ucraina e ucraini russi che avevano simpatie per la Russia e nel loro insieme al referendo per l'Indipendenza dell'Ucraina dall'URSS oltre il 70% di loro votò per il Sì. Quindi la sovranità statuale era dell'Ucraina e non della Russia e inoltre vi erano anche i diritti degli ucraini da salvaguardare che i separatisti filo russi hanno violentemente calpestato.




Breve storia della Crimea
Andreej Zubov
Andreej Zubov, dottore in scienze storiche, docente universitario russo, redattore responsabile di “La storia della Russia nel XX secolo”.

https://www.culturacattolica.it/cultura ... lla-crimea

Come è noto, la Crimea è all’origine della tragedia nell’Ucraina. All’inizio di marzo la società russa e il popolo della Crimea hanno esultato mentre il presidente Vladimir Putin pronunciava magniloquenti parole sulla nave della Crimea ritornata per sempre nel porto russo.
“La Crimea è sempre stata ed è ritornata ad essere russa”. Queste parole furono replicate come uno scongiuro.
Ma la riannessione di una provincia altrui, anche con pretesti che possono apparire giusti, non può mai passare in modo silenzioso e tranquillo. Fra occupanti e occupati sorgono conflitti che poi si prolungano per decine di anni e costano milioni di vittime. Pensiamo al conflitto fra la Germania e la Francia, fra l’Austria e la Serbia per la Bosnia. Il Donbass è il proseguimento diretto della politica russa nei confronti dell’Ucraina, soltanto che il risultato è apparso molto più sanguinoso. Valeva la pena iniziare con la Crimea?
Se la Crimea fosse sempre stata nostra e fosse stata perfidamente sottratta all’Ucraina come “un cesto di patate”, la questione sarebbe chiusa, l’ingiustizia si doveva riparare. Sarebbe doveroso uscire senza il gioco dei gentili “uomini verdi” e raggiungere la giustizia attraverso le istanze internazionali. La Crimea poteva porre il problema di separarsi dall’Ucraina, come la Scozia dall’Inghilterra e la Catalogna dalla Spagna.
Certamente se in Crimea fosse avvenuto il genocidio del popolo russo sarebbe entrata in vigore la risoluzione n° 2625 del 1970 sul diritto dei popoli all’auto-determinazione. Ma in Crimea, fin da quando fu unita all’Ucraina, non si verificò alcun genocidio. Da parte dei cittadini ucraini non venne effettuato alcun assassinio di russi, non fu intrapresa alcuna iniziativa volta a esiliare i cittadini russi in luoghi impossibili a vivere, non fu impedita la difesa delle famiglie e la nascita dei figli; si verificarono certi problemi con la lingua russa nella sfera ufficiale, ma credo che si possa riconoscere che fra una debole discriminazione linguistica e il genocidio esiste un’immensa distanza.
Se la separazione della Crimea e l’unificazione alla Russia non si può spiegare con il genocidio, ci sono forse degli altri argomenti storici indubitabili? Portiamo 3 argomenti: 1) la Crimea è sempre stata russa; 2) la Crimea è stata innaffiata dal sangue russo in molte guerre; 3) la Crimea è stata assegnata all’Ucraina illegalmente. Cerchiamo di spiegarci.
Nell’antichità e nel Medioevo la penisola di Crimea fu governata da molti regimi; sulla sua terra si mescolarono molti popoli, la Russia allora non esisteva ancora e i Rus’ e gli slavi erano, in Crimea, in piccola quantità. Nel secolo XI a Taman (oggi Kuban’) esisteva il principato di Tmutarakan, governato dai Rurikovic’. Probabilmente governavano una certa parte della Crimea orientale ed erano vassalli di Costantinopoli. I tempi antichi testimoniano piuttosto in favore di Kiev che in favore di Mosca. Infatti allora Mosca non era neppure ricordata mentre Kiev era “madre delle città russe”, tant’è che proprio a Kiev ospitava la sede suprema dei Rurikovic’
In seguito, furono Bisanzio, i mongoli e l’Orda aurea a dirigere la Crimea. Nella seconda metà del secolo XIII Costantinopoli consegnò ai genovesi il litorale meridionale, da loro venne fondato il capitanato Gotskij. Nell’estate del 1475 l’impero osmano sottomise la Crimea. Nella parte stepposa della penisola e a Priazov gli osmani conservarono il canato vassallico della Crimea; il litorale meridionale lo inclusero direttamente nella propria dipendenza. La popolazione della Crimea allora era molto eterogenea; vi erano non pochi greci, italiani, armeni, ebrei e slavi. La popolazione della steppa era soprattutto mongolica, la popolazione sui monti e in riva al mare era europea. La lingua comune un po’ alla volta divenne “crimeo-tatara”. Nella penisola fianco a fianco vivevano musulmani, cristiani di varie denominazioni ed ebrei. Ma questo mondo strano divenne russo non prima del 1783.
Proprio in quell’anno la Crimea venne inclusa nell’impero russo. La conquista del canato crimeo da parte della Russia non avvenne senza spargimento di sangue. La popolazione indigena della Crimea, a causa dell’emigrazione nella Turchia che aveva la stessa religione, e a causa della ferocia del governo russo, alla fine del secolo XIV diminuì di 5 volte. Il principe Potemkin così interpretò gli accordi con la Turchia nel 1874 sul diritto di difendere coloro che avevano la stessa fede: con la violenza trasferì i cristiani della Crimea sulle terre del Mar Nero settentrionale. Molti di questi passarono all’Islam per evitare la deportazione. Ancora nel 1930 in molte popolazioni crimeo-tatare esistevano due cimiteri, uno funzionante musulmano e uno chiuso cristiano, e i vecchi spiegavano ai giovani: dobbiamo occuparci di ambedue, nel cimitero cristiano sono sepolti i nostri antenati.
Il governo russo in Crimea, per la popolazione indigena, non fu un beneficio; le comunità musulmane furono private della proprietà sull’acqua e sulla terra, proprietà che passò al governo o agli uomini di corte. Da possessori gli abitanti indigeni divennero affittuari. Durante i 100 anni di dominio russo, da Caterina II ad Alessandro II complessivamente dalla Crimea emigrarono 900.000 musulmani.
Al loro posto giunsero i cristiani dell’impero osmano, greci, bulgari, armeni. Dalla Russia, dalla Germania e dall’Austria giunsero i colonialisti. I proprietari della terra venivano trasferiti in terre abbandonate di agricoltori e di contadini della grande Russia.
Simile situazione vigeva in Abkazia e sul litorale caucasico della Russia: nel secolo XIX la popolazione musulmana, soffrendo per il giogo religioso e per la mancanza di libertà, emigrò nell’impero osmano e si immischiò con i cristiani di origine varia (dalla Anatolia, dai Balcani e da altre provincie dell’impero russo). In Crimea nel 1795 i tatari rappresentavano l’87,6% della popolazione; nel 1897 il 35,6%, nel 1920 il 25% e nel 1939 il 19,4%.
Inoltre dobbiamo tener presente che l’Impero russo dei secoli XVIII, XIX e l’attuale Russia non avevano lo stesso governo. Nell’Impero non entravano soltanto i territori dell’attuale Russia, ma anche buona parte dei territori dell’Ucraina, Bielorussia, Kasakistan, Caucaso, governi baltici, perfino la Polonia e la Finlandia. E tutti i popoli, in modo eguale, consideravano propria la terra della Crimea e la irrigarono con il proprio sudore ed il proprio sangue. Durante la guerra di Crimea (1853-1856) nell’Armata russa erano forse pochi gli ucraini, i bielorussi, i georgiani, tedeschi e polacchi?
L’Impero russo era un paese di molti popoli e l’attuale Federazione russa non può pretendere di avere certe terre solo per il motivo che un tempo facevano parte dell’Impero dei Romanov. I bolscevichi rifiutarono di essere la successione dell’Impero russo, dichiararono di voler fondare un nuovo stato di operai e contadini, suddivisero l’Impero dei territori da loro conquistati in stati formalmente indipendenti, uniti apparentemente in un libero legame.
Essi cambiarono diverse volte i confini di questi stati. L’URSS staccò dalla propria costituzione il Kazakistan e la Kirgizia, in seguito la Carelia-finnica; alla Bielorussia consegnarono le provincie di Vitebsk e Mogila, in seguito l’URSS si aggregò la Carelia e nel 1954 consegnò all’Ucraina la Crimea. Tutte queste manipolazioni, giuridicamente approvate, non tenevano conto della volontà della gente che occupava queste terre. La consegna della Crimea all’Ucraina fu, più o meno, legittima come tutte le altre attività dei bolscevichi riguardo a paesi loro sottomessi.
L’importante è un’altra cosa: sebbene i confini nell’URSS non fossero convenzionali, dopo la caduta dell’URSS furono confermati da accordi internazionali e proclamati indipendenti dalla Federazione russa nel dicembre 1991. Riconosciuti in tutto il mondo dall’accordo bieloiez’skoe, dal grande accordo della Russia con l’Ucraina nel 1997. Così furono definiti i confini e l’appartenenza della Crimea all’Ucraina. A parte il numero formale degli anni di potere, l’Impero russo come quello osmano sono un altro mondo. Ma anche sotto questo aspetto l’Impero osmano comandò la Crimea per 3 secoli, mentre l’Impero russo per 134 anni. Il governo sovietico del quale la Federazione russa si è dichiarata come continuatrice ha diretto la Crimea dal 1920 al 1954, 34 anni, mentre l’Ucraina sovietica e l’attuale Ucraina 60 anni (1954-2014).
Sotto il potere sovietico furono compiuti una moltitudine di crimini contro il popolo originale crimeo-tataro e tutti gli altri popoli della Crimea, compresi i russi. Dopo aver conquistato la Crimea nel 1920 i bolscevichi compirono una carneficina degli appartenenti alla Guardia Bianca che non erano usciti con il generale Vrangel e di altri cittadini legati ai bianchi. Allora perirono circa 60.000 persone. La fame provocata dai bolscevichi negli anni 1921-1922 costò la vita ad altri 80.000 uomini, in gran parte tatari-crimei.
La collettivizzazione dei territori portò alla morte e alla deportazione ancora di decine di migliaia di persone di tutte le nazionalità. Nell’agosto 1941 dalla Crimea furono espatriati con la forza 63.000 tedeschi, e nel gennaio-febbraio 1942 700 italiani, lontani discendenti dei genovesi medioevali. Nel maggio-agosto 1944 dalla Crimea furono espulsi tutti i crimeo-tatari (191.000), i greci (15.040), i bulgari (12.242), gli armeni (9.600), turchi e persiani (3.650). Molti perirono lungo il trasferimento e morirono per le tristi condizioni di vita dove furono deportati.
La popolazione della Crimea si ridusse di 3 volte, nel 1939 nella penisola vivevano 1.126.000 abitanti, nel settembre 1944 379.000. In seguito la Crimea di nuovo cominciò a ripopolarsi, nelle case vuote si stabilirono i veterani della guerra, gli ufficiali ell’ex-esercito sovietico, l’NKVD, e operatori politici. La composizione della popolazione di Crimea mutò drammaticamente. Tutti i gruppi etnici-storici scomparvero. Soltanto nel 1980 incominciarono a ritornare gli scacciati rimasti vivi, i loro figli e i loro nipoti. Ma la loro terra e le loro case furono assegnate ad altre persone. Fra i residenti e i ritornati sorsero terribili conflitti.
Ed ecco “La Crimea è nostra”. Da questo è nata la guerra in Ucraina, mentre la Russia impetuosamente si è trasformata in un paese degradato. Esiste una soluzione? Sì, ma a mio avviso essa esige il rifiuto delle pretese di dirigere questo paese e ritornare alla volontà delle persone che ci vivono, volontà che deve stabilire il proprio destino.



Alberto Pento

Bisogna distinguere tra indipendenza da uno stato e l'annessione a un altro stato.
Poi bisogna distinguere tra sovranità politica, sovranità civile e la proprietà del territorio. Il territorio non appartiene solo alle popolazioni che lo abitano ma anche allo stato in cui quel territorio e quei cittadini sono integrati e perciò in certa misura è di tutti i cittadini di quello stato.
Poi in quel territorio vi può essere una parte più o meno minoritaria della popolazione che non non vuole né l'indipendenza né l'annessione ad altro stato i cui diritti civili e politici contano.
La questione è complessa e va considerata in tutte le sue implicazioni.
In democrazia la sovranità politica appartiene a tutti i cittadini e si esprime attraverso il principio di maggioranza che a seconda dei casi può variare da maggioranza relativa, semplice, assoluta, qualificata fino all'unanimità.

La Crimea era parte della Ucraina per portato storico amministrativo pacifico e non per una conquista politico militare predatoria e violenta ai danni di qualcuno
https://it.wikipedia.org/wiki/Cessione_della_Crimea


La cessione della Crimea (in russo: Передача Крыма Украине?, traslitterato: Peredača Kryma Ukraine, in ucraino: Передача Криму Україні?, traslitterato: Peredača Krymu Ukraïni) fu il passaggio dell'oblast' di Crimea dalla RSFS Russa alla RSS Ucraina, deciso dal Soviet Supremo dell'Unione Sovietica il 19 febbraio 1954.

https://it.wikipedia.org/wiki/Cessione_della_Crimea

L'ambizione russa a uno sbocco sul mar Nero indusse la zarina Caterina II a occupare la Crimea, che era stata annessa all'Impero l'8 gennaio 1784 con l'occupazione del Khanato di Crimea, vassallo dell'Impero Ottomano. Quest'ultimo riconobbe l'annessione con il trattato di Iași dell'8 gennaio 1792 a conclusione della guerra russo-turca.
La cessione fu attuata per festeggiare i 300 anni dal trattato di Perejaslav, firmato dai Cosacchi dell'Etmanato cosacco con il Regno russo, il quale trasformò l'Etmanato in un vassallaggio russo e legò la storia di Russia e Ucraina.
Nikita Chruščёv, all'epoca primo segretario del PCUS (e quindi leader dell'Unione Sovietica), era nato in Russia nei pressi del confine con l'Ucraina, ma apparteneva etnicamente a questa nazione e vi visse per tutta la giovinezza. Secondo il censimento del 1959, a soli cinque anni dalla cessione, il 71,4% della popolazione della Crimea era russo e il 22,3% ucraino.
La cessione avvenne in tre fasi: il Soviet Supremo della RSS Russa la propose e sottopose ad approvazione; quindi il Soviet Supremo della RSS Ucraina la accettò (17 giugno 1954).


Il decreto stampato sulla Pravda del 27 febbraio 1954[1] disponeva:[2]
(RU)

«Протокол № 41 заседания Президиума Верховного Совета РСФСР

5 февраля 1954 г.

Учитывая общность экономики, территориальную близость и тесные хозяйственные и культурные связи между Крымской областью и Украинской ССР, Президиум Верховного Совета РСФСР постановляет:

Передать Крымскую область из состава РСФСР в состав Украинской ССР.

Настоящее постановление внести на утверждение Президиума Верховного Совета СССР.»
(IT)

«Protocollo № 41 della riunione del Presidium del Soviet Supremo della Unione Sovietica

5 febbraio 1954

Data la comunanza dell'economia, la prossimità e gli stretti legami economici e culturali tra l'Oblast' di Crimea e la RSS Ucraina il Presidium del Soviet Supremo della RSFSR:

[Decide di far] Passare l'Oblast' di Crimea della RSS Russa nella RSS Ucraina.

Il presente decreto è sottoposto all'approvazione da parte del Presidium del Soviet Supremo dell'URSS.»


La nipote di Chruščёv durante la crisi della Crimea del 2014 ha affermato sulla cessione:

«Avvenne nel 1954, un anno dopo la morte di Stalin. Mio nonno cercava di decentralizzare l'Urss, cedere la Crimea all'Ucraina andava in questa direzione. A quel tempo, eravamo un solo popolo: la Crimea rimaneva in ambito sovietico. Pensava anche che le caratteristiche economiche della Crimea, regione agricola e agiata, la legassero all'Ucraina, all'epoca granaio dell'Urss. Aveva un forte legame con questo paese, dove aveva lavorato [come operaio e minatore, ndr]. Voleva ricompensare questa regione, il cui frumento aveva nutrito l'Unione Sovietica dopo la seconda guerra mondiale, e scusarsi per l'Holodomor, la grande carestia degli anni Trenta.»
Vladimir Putin, presidente russo che durante la crisi della Crimea ha annesso unilateralmente la penisola alla Federazione, ha dichiarato che fu la decisione di Chruščёv a violare la Costituzione sovietica e che la Crimea rimane una parte "inalienabile" della Russia; anche l'ex segretario del PCUS e presidente dell'Unione Sovietica Michail Gorbačëv ha affermato che la decisione di Putin di annettere la Crimea corregge un "errore storico" commesso in violazione della Costituzione sovietica, sottolineando inoltre che "il referendum si è concluso con successo e corrisponde alle aspirazioni degli abitanti della Crimea".



Alberto Pento

La Crimea non è territorio storico dei russi moscoviti. La Crimea è stata conquistata dalla Russia zarista con la guerra del 1784 e annessa nel 1792, anche con il contributo degli ucraini.
Prima era il Khanato di Crimea (dal 1441 al 1783)
https://it.wikipedia.org/wiki/Khanato_di_Crimea
Il Khanato di Crimea o Canato di Crimea (in lingua tatara di Crimea: Qırım Hanlığı, قريم خانلغى; in russo: Крымское ханство - Krymskoye khanstvo; in ucraino: Кримське ханство - Kryms'ke khanstvo; in turco: Kırım Hanlığı) fu uno Stato tataro esistito dal 1441 al 1783. Fu il khanato che ebbe vita più lunga tra quelli che succedettero l'impero del Khanato dell'Orda d'Oro.

Il Khanato di Crimea di fede islamica, ha costituito un pericolo secolare per tutti i popoli slavi e cristiani perché avvezzo alle scorrerie predatorie, con stupri, stermini e riduzione in schiavitù degli slavi cristiani.

Alberto Pento
Cessione sovietica della Crimea all'Ucraina come compenso dell'URSS agli ucraini per aver nutrito l'Unione Sovietica dopo la seconda guerra mondiale, e per scusarsi per l'Holodomor, la grande carestia degli anni Trenta che fece milioni di vittime in Ucraina

Alberto Pento
Ho letto da qualche parte che la Crimea non è stata donata all'Ucraina da Krusciov come risarcimento per Holodomor ma in cambio di altri oblast di confine:
https://it.wikipedia.org/wiki/Holodomor

La nipote di Chruščёv durante la crisi della Crimea del 2014 ha affermato sulla cessione:

«Avvenne nel 1954, un anno dopo la morte di Stalin. Mio nonno cercava di decentralizzare l'Urss, cedere la Crimea all'Ucraina andava in questa direzione. A quel tempo, eravamo un solo popolo: la Crimea rimaneva in ambito sovietico. Pensava anche che le caratteristiche economiche della Crimea, regione agricola e agiata, la legassero all'Ucraina, all'epoca granaio dell'Urss. Aveva un forte legame con questo paese, dove aveva lavorato [come operaio e minatore, ndr]. Voleva ricompensare questa regione, il cui frumento aveva nutrito l'Unione Sovietica dopo la seconda guerra mondiale, e scusarsi per l'Holodomor, la grande carestia degli anni Trenta.»
Vladimir Putin, presidente russo che durante la crisi della Crimea ha annesso unilateralmente la penisola alla Federazione, ha dichiarato che fu la decisione di Chruščёv a violare la Costituzione sovietica e che la Crimea rimane una parte "inalienabile" della Russia; anche l'ex segretario del PCUS e presidente dell'Unione Sovietica Michail Gorbačëv ha affermato che la decisione di Putin di annettere la Crimea corregge un "errore storico" commesso in violazione della Costituzione sovietica, sottolineando inoltre che "il referendum si è concluso con successo e corrisponde alle aspirazioni degli abitanti della Crimea".


Holodomor (in lingua ucraina e russa Голодомор) è il nome attribuito alla carestia che si abbatté sul territorio dell'Ucraina dal 1932 al 1933 causando diversi milioni di morti. Ancora oggi le cause e il coinvolgimento dell'URSS e di Stalin in questa carestia sono fonte di discussione.
https://it.wikipedia.org/wiki/Holodomor
Il termine deriva dall'espressione ucraina moryty holodom (Морити голодом), combinando le parole ucraine holod (fame, carestia) e moryty, (uccidere affamare, esaurire), e la combinazione delle due parole vuol mettere in rilievo l'intenzionalità di procurar la morte per fame.
Nel marzo 2008 il parlamento dell'Ucraina e diciannove nazioni indipendenti hanno riconosciuto le azioni del governo sovietico nell'Ucraina dei primi anni trenta come atti di genocidio. Una dichiarazione congiunta dell'ONU del 2003 ha definito la carestia come il risultato di politiche e azioni “crudeli” che provocarono la morte di milioni di persone.
Il 23 ottobre 2008 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione nella quale ha riconosciuto l'Holodomor come un crimine contro l'umanità; i governi di Germania, Francia, Italia e la gran parte dei paesi occidentali, ad esclusione degli Stati Uniti d'America, non hanno singolarmente formalizzato tale riconoscimento e perciò rimane ancora oggetto di dibattito sul piano delle relazioni internazionali.
In Ucraina, dopo il riconoscimento dell'Holodomor, fu deciso di commemorarlo ufficialmente ogni anno al quarto sabato del mese di novembre e dal 2008 è stato aperto il Museo nazionale del Genocidio dell'Holodomor.


Alberto Pento

L'argomentazione di Gorbaciov e di Putin che la Crimea fu ceduta violando la Costituzione dell'URSS è priva di fondamento e di valore giuridico. La cessione fu votata dal Soviet supremo dell'URSS

«Protocollo № 41 della riunione del Presidium del Soviet Supremo della Unione Sovietica

5 febbraio 1954

Data la comunanza dell'economia, la prossimità e gli stretti legami economici e culturali tra l'Oblast' di Crimea e la RSS Ucraina il Presidium del Soviet Supremo della RSFSR:

[Decide di far] Passare l'Oblast' di Crimea della RSS Russa nella RSS Ucraina.

Il presente decreto è sottoposto all'approvazione da parte del Presidium del Soviet Supremo dell'URSS.»
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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 11:27 am

L'invasione russa e l'annessione della Crimea alla Russia fu il primo evento della crisi russo-ucraina nel 2014.
https://it.wikipedia.org/wiki/Annession ... lla_Russia

Nello specifico, in seguito alla rivoluzione ucraina del 2014, la Russia inviò proprie truppe senza insegne a prendere il controllo del governo locale. Il nuovo governo filorusso dichiarò la propria indipendenza dall'Ucraina. Fu quindi tenuto un referendum sull'autodeterminazione della penisola il 16 marzo (criticato e non riconosciuto da gran parte della comunità internazionale), segnato dalla vittoria del "Sì" con il 95,32% dei voti, le autorità della Crimea firmarono il 18 marzo l'adesione formale alla Russia.
Durante la prima fase del conflitto sono rimasti feriti vari manifestanti filo-ucraini e alcuni manifestanti filo-russi, mentre tra i militari sono stati uccisi quattro soldati delle Forze armate dell'Ucraina, uno del Servizio di sicurezza dell'Ucraina e uno delle Forze armate della Federazione Russa.
Il 22-23 febbraio 2014, il presidente russo Vladimir Putin ha convocato una riunione notturna con i capi dei servizi di sicurezza per discutere la liberazione del presidente ucraino deposto, Viktor Janukovič. Al termine dell'incontro, Putin ha sottolineato che "dobbiamo iniziare a lavorare per il ritorno della Crimea in Russia". Il 23 febbraio si sono svolte varie manifestazioni filo-russe nella città crimeana di Sebastopoli. Il 27 febbraio, le truppe russe mascherate senza insegne, i cosiddetti omini verdi, con varie sparatorie con le locali Forze armate dell'Ucraina, hanno assunto il Consiglio supremo (parlamento) della Crimea e hanno catturato siti strategici in tutta la penisola, il che ha portato all'insediamento del governo filo-russo Aksyonov in Crimea e alla conduzione del referendum sull'autodeterminazione della Crimea. La Russia ha formalmente incorporato la Crimea come due soggetti federali della Federazione Russa il 18 marzo 2014 (Sebastopoli e Repubblica di Crimea).
L'occupazione della penisola di Crimea da parte dell'esercito russo è iniziata il 20 febbraio 2014. Erano gli ultimi giorni della presidenza di Viktor Janukovič[4].
Presto all'ingresso di Sebastopoli apparvero posti di blocco e mezzi corazzati russi.
A quel tempo, le città della Crimea, secondo il governo ucraino, erano già piene di agenti russi, omini verdi e membri di varie formazioni paramilitari come i cosacchi, che costituirono la base della cosiddetta "autodifesa della Crimea" e rappresentavano i presunti "stati d'animo" della popolazione locale.[5]

Mentre sulle coste crimeane arrivó la flotta del Mar Nero della Federazione Russa.
Ilya Vladimirovich Ponomarev, un politico russo e membro della Duma di Stato della Russia (fazione della Russia Giusta), sostiene che la guida dell'annessione della Crimea è stata affidata al ministro della Difesa Sergej Šojgu e all'aiutante di Vladimir Putin Vladislav Surkov.[6]
Ad opporsi all'annessione in Russia furono Boris Nemcov e il partito di Alexej Navalny — Partito del Progresso.
L'Ucraina e molti altri paesi hanno condannato l'occupazione e l'annessione e la considerarono una violazione del diritto internazionale e degli accordi firmati dalla Russia che salvaguardano l'integrità territoriale dell'Ucraina, compresi gli accordi di Belavezha del 1991 che hanno istituito la Comunità di Stati Indipendenti, gli accordi di Helsinki del 1975, gli accordi del 1994 Memorandum di Budapest sulle garanzie di sicurezza e Trattato del 1997 sull'amicizia, la cooperazione e il partenariato tra la Federazione russa e l'Ucraina. Il governo ucraino ha portato gli altri membri dell'allora G8 a sospendere la Russia dal gruppo, quindi a introdurre un primo round di sanzioni contro il paese.


Continuo a leggere da parte dei filoputiani la citazione del referendum tenutosi (forse) in Crimea nel 2014 e che giustificherebbe l'annessione russa. Evidentemente chi ne parla non ne sa nulla.
Stefano Angeli
4 maggio 2022

https://www.facebook.com/stefano.angeli ... 2112063759
Non sa che non solo il risultato di quel referendum non è mai stato riconosciuto da nessun Paese tranne la Russia (nemmeno dalla Cina) perchè tenuto senza i minimi requisiti di trasparenza e senza osservatori internazionali, con le truppe russe in strada e i miliziani separatisti armati nei seggi, ma non sanno nemmeno che a tutt'oggi i risultati ufficiali non sono stati mai pubblicati, non si sa nemmeno quanti furono i votanti (2, 10, 100?), ma soprattutto non sanno quali erano i quesiti di quel referendum. Tra i quesiti da votare infatti non c'era la possibilità di restare con l'Ucraina...eh, li avevano scritti i separatisti, i due quesiti chiedevano di scegliere tra l'indipendenza e l'annessione alla Russia...e anche a detta dei separatisti vinse l'indipendenza, invece la Russia ha annesso la Crimea, fregandosene pure del suo falso referendum.
(nella foto gli Omini Verdi, ovvero le truppe russe senza insegne che invasero la Crimea pochi giorni prima del famoso referendum)

L'espressione “omini verdi” (in russo: зелёные человечки?, traslitterato: zelënje čelovečki; in ucraino: зелені чоловічки?, traslitterato: zeleni čolovičky) si riferisce a un gruppo di soldati, indossanti uniformi militari verdi anonime, sprovviste di mostrine e altri simboli che potessero ricondurre ad un corpo d'appartenenza, che durante la crisi ucraina del 2014, conclusasi con l'annessione della Crimea da parte della Federazione Russa, occuparono militarmente l'Aeroporto Internazionale di Sinferopoli, la maggior parte delle basi militari in Crimea, e il parlamento di Sinferopoli.

https://it.wikipedia.org/wiki/Omini_verdi_(militari)

Conosciuti dal versante russo anche come “persone educate” (in russo: вежливые люди?, traslitterato: vežlivje ljudi), poiché si pensava che si fossero comportati pacificamente con poca interferenza pratica con le attività quotidiane dei cittadini residenti, questi soldati sono infine risultati appartenere a truppe d'élite russe, simili alla Delta Force statunitense.
La prima presenza di queste truppe fu notata alle prime ore della mattina di venerdì 28 febbraio 2014 presso l'aeroporto di Sinferopoli.[2]

La comparsa in Crimea di queste forze militari non formalmente identificabili, parlanti con un accento russo, con equipaggiamento russo, e autoveicoli con targa russa, fu immediatamente oggetto di speculazioni sulla loro origine; gli organi di informazione legati a Mosca o appoggianti l'intervento armato inizialmente li indicarono come abitanti della Crimea volontariamente riunitisi in gruppi di autodifesa[3], e Vladimir Putin spiegò l'origine del loro equipaggiamento come proveniente da acquisti effettuati presso locali venditori di materiale militare; contemporaneamente fonti giornalistiche russe, iniziarono ad indicarli come "uomini gentili" (polite men), espressione che secondo il blogger Ilya Varlamov, fu inventata dagli addetti russi alla propaganda, arrivati in Crimea allo scopo "di creare una immagine di un soldato liberatore russo indossante una simpatica nuova uniforme, armato con belle armi, che è dovuto arrivare per difendere pacifiche cittadine e villaggi".[4]

Pochi giorni dopo, il 4 marzo 2014, il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin dichiarò che gli uomini in verde non facevano parte delle forze armate russe, ma erano gruppi di milizie locali, spiegando il loro equipaggiamento come proveniente dal sequestro di armi all'Esercito ucraino[5].

La settimana seguente il generale Philip Breedlove, del comando alleato della NATO, dichiarò di ritenere che questi "uomini verdi" fossero in realtà truppe russe, e che dalle evidenze fotografiche l'equipaggiamento e l'armamento di questi armati fossero "decisamente atipici rispetto a quelli che solitamente mostrano forze locali di autodifesa.[6]

Col passare dei giorni da parte dei cronisti ucraini e occidentali prese sempre maggior diffusione il nomignolo di "omini verdi", per indicare queste truppe, soprannome dovuto al colore delle loro uniformi e inizialmente coniato dagli abitanti della Crimea, poi diffuso anche dalle televisioni ucraine.[4]

Per tutto il mese di marzo 2014, Putin continuò a sostenere che non ci fosse stato alcun intervento russo pre-programmato[7][8], ma che "i gruppi pesantemente armati e strettamente coordinati che hanno preso possesso degli aeroporti e dei porti della Crimea all'inizio dell'incursione" fossero semplicemente dei gruppi spontanei di autodifesa "che potrebbero aver acquistato le loro uniformi, dall'aspetto russo, dai negozi locali"[9][10], nonostante la legge ucraina non consenta la messa in vendita e il trasporto di armi da fuoco diverse da quelle utilizzabili per la caccia[11].

Infine anche Putin riconoscerà l'appartenenza degli omini verdi all'esercito russo.[12] Il 17 aprile 2014, il presidente Putin ammise per la prima volta pubblicamente che le forze speciali russe sono state coinvolte negli eventi della Crimea, motivandone l'intervento con lo scopo di proteggere la popolazione locale e creare le condizioni per un referendum[13][14][15][16], successivamente, ha confermato che le forze armate russe avrebbero bloccato le forze armate ucraine in Crimea durante gli eventi[17].



Referendum sull'autodeterminazione della Crimea del 2014
16 marzo 2014

https://it.wikipedia.org/wiki/Referendu ... a_del_2014

Il referendum sull'autodeterminazione della Crimea del 2014, ufficialmente referendum generale della Crimea (in russo: общекрымский референдум?; in ucraino: загальнокримський референдум?; in tataro di Crimea: Umum Qırım referendumu), è stato un controverso referendum sull'autodeterminazione della penisola di Crimea (comprendente la Repubblica autonoma di Crimea e la città autonoma di Sebastopoli), in Ucraina, che si tenne il 16 marzo 2014.[1]

Inizialmente previsto il 25 maggio 2014, stesso giorno delle elezioni presidenziali in Ucraina[2], fu anticipato prima al 30 marzo e poi al 16 marzo. Il referendum fu preceduto il 4 marzo 2014 dalla richiesta del parlamento della Crimea (considerato illegale dalle autoritá di Kiev), approvata con 78 voti su 81, che la repubblica - se fosse divenuta indipendente - potesse entrare a far parte della Federazione russa. Inoltre, l'11 marzo 2014 la repubblica dichiarò unilateralmente l'indipendenza dall'Ucraina[3].

Il 21 marzo 2014 la Duma discusse un disegno di legge per l'adesione della Crimea alla Federazione russa[4].

Al referendum furono ammessi a votare tutti i maggiorenni in possesso della cittadinanza ucraina residenti in Crimea e i cittadini russi ivi presenti e in possesso del permesso di soggiorno nella penisola.[5] Il Ministero della Giustizia ucraino, in occasione del referendum, bloccò la banca dati con il registro degli elettori della Crimea, per cui furono utilizzati gli elenchi degli elettori, forse non aggiornati, risalenti alle elezioni alla Verchovna Rada, il parlamento della Crimea, del 2012.[5]

Al referendum furono presenti un numero di "osservatori" volontari legati al Cremlino[6][7] da 23 Paesi; di questi, 54 erano provenienti da Stati membri dell'Unione europea e includevano membri del parlamento europeo e dei parlamenti nazionali dei singoli Stati.[8] Non parteciparono gli osservatori internazionali dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in quanto l'organizzazione considerò il referendum illegale e in violazione del diritto internazionale.[9]

Il referendum non è riconosciuto a livello internazionale dalla maggior parte dei Paesi,[10] principalmente a causa della presenza delle forze russe sul territorio.[11] Tredici membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite hanno votato a favore di una risoluzione che dichiarasse non valido il referendum, ma la Russia ha posto un veto e la Cina si è astenuta.[12][13] Successivamente è stata adottata una risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite con 100 voti favorevoli, 11 contrari e 58 astenuti, che ha dichiarato il referendum non valido, riaffermando il diritto dell'Ucraina alla propria integrità territoriale.[11]

Il parlamento della Crimea, nella dichiarazione d'indipendenza dall'Ucraina dell'11 marzo 2014, fece riferimento alla sentenza della Corte internazionale di giustizia sul Kosovo del 22 luglio 2010,[14] la quale affermò che la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo non aveva violato il diritto internazionale né la Risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.[15] Il ministro degli esteri della Federazione Russa, Sergej Lavrov, affermò che l'indipendenza e il referendum erano assolutamente legittimi, facendo riferimento alle dichiarazioni d'indipendenza di Stati Uniti (1776), Moldavia (1991), Kosovo (2008) e OLP, dal 1974 considerata dalla Lega Araba legittima "rappresentante del popolo palestinese".[16] Il referendum violava gli articoli 2 e 17 della Costituzione dell'Ucraina sulla sovranità e integrità del territorio ucraino.[17] Secondo gli Stati Uniti, il Canada e il Regno Unito,[18][19][20] l'annessione della Crimea alla Russia violava gli accordi del 'Memorandum on Security Assurances,[21] firmato a Budapest il 5 dicembre 1994 tra Russia, Regno Unito, Stati Uniti e Ucraina, e che prevedeva l'impegno ucraino a smantellare l'arsenale nucleare presente sul proprio territorio, di cui l'Ucraina aveva il controllo fisico ma non quello operativo, in cambio del rispetto della propria indipendenza e sovranità nei confini esistenti.[21] Secondo la Russia, invece, il Memorandum, non essendo stato ratificato, non era un accordo internazionale giuridicamente vincolante, ma solo un documento diplomatico contenente uno scambio di promesse fra le parti. Inoltre, lo stesso non poteva essere applicato al nuovo governo ucraino, nato come risultato di un colpo di stato susseguente a una rivoluzione, e l'Ucraina aveva per prima infranto il Memorandum quando, nel 1995, aveva unilateralmente abolito la costituzione del 1992 della Repubblica autonoma di Crimea senza consultare gli Stati firmatari del Memorandum, come era invece previsto dal punto 6 dello stesso nel caso si fosse verificata una situazione tale da sollevare una questione relativa agli impegni sottoscritti.[22]

Esperti di diritto internazionale ritennero che il paragone con il caso del Kosovo non sussisteva, perché il quesito referendario non prevedeva l'opzione dell'indipendenza, ma poneva la scelta tra la permanenza nell'Ucraina e l'adesione alla Russia,[23] altri considerarono le interferenze militari russe in Crimea come fatte "in spregio totale del divieto di acquisizione di territori con la forza".[24] Alcuni media paragonarono il referendum all'Anschluss che portò, nel 1938, all'annessione dell'Austria alla Germania nazista[25], altri paragonarono la situazione alla divisione della Cecoslovacchia nel 1993[26] e altri ancora a una "quasi Jugoslavia" durante il periodo delle Guerre jugoslave.[27][28]



Crimea: quel referendum è illegittimo
07 aprile 2014

https://www.ispionline.it/it/pubblicazi ... timo-10164

I recenti eventi in Ucraina e nella penisola di Crimea hanno, giustamente e prevedibilmente, attratto l´attenzione dell´intera Comunità internazionale e dell´opinione pubblica mondiale. Quello che sorprende è che, pur nella divergenza, spesso totale, sullo svolgimento dei fatti, le parti direttamente coinvolte e altri attori internazionali di primo piano che si sono pronunciati in merito, hanno continuamente fatto riferimento al diritto internazionale per giustificare le rispettive posizioni e decisioni. Da parte della Russia, poi, le critiche USA sul mancato rispetto delle regole internazionali sono state rispedite al mittente accusato di non avere autorità a parlare di rispetto di regole, visto quanto volte queste sono state violate proprio dagli USA stessi(1) e di essersi dimenticato del precedente dell’indipendenza unilaterale del Kosovo che era stata appoggiata proprio dagli USA e da molti paesi occidentali(2).

In questo contesto, si procederà ad una breve, e senza alcuna pretesa di esaustività, analisi di quelli che sono i profili rilevanti di diritto internazionale, che dovrebbero essere sempre alla base delle scelte di politica internazionale di uno stato specie in quelle situazioni che potrebbero avere ricadute per l’intero sistema di relazioni internazionali. L’oggetto di quest’approfondimento sarà limitato al referendum in Crimea e alla successiva decisione di secedere dall’Ucraina e di trasferire il territorio sotto la sovranità della Federazione russa nonché alle conseguenti reazioni della Comunità internazionale.

Gli eventi

Il territorio della Repubblica di Ucraina è suddiviso in 27 regioni: di cui 24 province (oblasts), 1 repubblica autonoma (Crimea) e due città con statuto speciale (Kiev e Sebastopoli). In quanto repubblica autonoma, la Crimea ha una propria Costituzione approvata nel 1998 (in sostituzione di quella del 1992 che concedeva un maggior grado di autonomia alla regione), che le conferisce un certo grado di autonomia pur essendo espressamente previsto che il Parlamento ucraino può porre il veto a qualsiasi legge approvata dal Consiglio Supremo della Repubblica autonoma di Crimea (Parlamento)(3).

Il 27 febbraio 2014, a seguito di varie turbolenze istituzionali e cambi di leadership, il Parlamento della Crimea ha deciso d'indire un Referendum al fine di chiedere una maggiore autonomia dall’Ucraina (non l’indipendenza): la legittimità di tale decisione è stata subito contestata dal Parlamento Ucraino. Ciononostante, e dopo svariate vicende interne, il Parlamento della Crimea decide, il 6 marzo 2014 di anticipare la data del referendum al 16 marzo e di modificarne l´oggetto: non più una maggiore autonomia dall’Ucraina ma l’adesione alla Federazione Russa. Agli elettori sostanzialmente era chiesto di esprimere la propria preferenza per una delle seguenti opzioni: 1. Riunificazione della Crimea con la Russia oppure 2. Ritorno alla Costituzione del 1992 e allo status della Crimea quale parte dell’Ucraina.

A fronte di questi avvenimenti, il Consiglio di Sicurezza, convocato su richiesta dell’Ucraina(4), si è riunito il 15 marzo per discutere una bozza di Risoluzione, presentata da circa 30 stati, nella quale, tra le altre cose, il Consiglio dichiarava che «this referendum can have no validity, and cannot form the basis for any alteration of the status of Crimea; and calls upon all States, international organizations and specialized agencies not to recognize any alteration of the status of Crimea on the basis of this referendum and to refrain from any action or dealing that might be interpreted as recognizing any such altered status»(5).

Com’è ben noto, la Risoluzione, che pur ha raccolto 13 voti a favore e un’astensione (della Cina), non è stata approvata a causa del veto della Russia.

Il Referendum ha avuto luogo il 16 marzo e, secondo le fonti ufficiali della Repubblica Autonoma di Crimea 1.274.096 elettori vi hanno partecipato (circa l’83,1% degli aventi diritto)(6) e l’opzione riguardante la riunificazione con la Russia avrebbe ottenuto circa il 97% dei voti validi espressi(7). Il giorno successivo il Consiglio Superiore della Repubblica Autonoma di Crimea, dopo aver proclamato l’indipendenza dall’Ucraina, ha formalizzato la richiesta alla Federazione Russa di ammettere la Crimea come una nuova Repubblica della Federazione stessa. Poche ore dopo tale richiesta il presidente russo Putin ha adottato un decreto che riconosce la Crimea come stato sovrano. Il 18 marzo il presidente Putin ha presentato al Consiglio della Federazione russa a) una legge di riforma costituzionale che prevede la creazione di due nuove entità all'interno della Federazione russa: la Repubblica di Crimea e la Città di Sebastopoli e b) un trattato internazionale che sancisce il passaggio della Crimea all’interno della Federazione russa(8). Nei giorni immediatamente successivi, il Parlamento russo ha approvato le proposte del presidente.

L´Unione europea e altri attori internazionali hanno deciso di adottare delle sanzioni economiche contro la Russia preannunciandone ulteriori.

I profili di diritto internazionale

Dal punto di vista del diritto internazionale, così frequentemente richiamato da tutte le parti in causa, due sono le questioni che saranno esaminate in questa sede. In primo luogo la legittimità del referendum indetto dal Parlamento della Crimea e in secondo luogo la legittimità dell´annessione dalla Federazione Russa, per incorporazione, della Repubblica di Crimea e della città di Sebastopoli.

Le critiche circa la legittimità internazionale del refe-rendum stesso non sono sempre state puntuali, anche perché spesso si sono concentrate più che sul referendum stesso, sulle sue conseguenze. A ogni modo è utile richiamare, in questo contesto, quanto affermato nelle Conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea del 17 marzo nel quale il Consiglio

« … strongly condemns the holding of an illegal refer-endum in Crimea on joining the Russian Federation on 16 March, in clear breach of the Ukrainian Constitution. The EU does not recognise the illegal “referendum” and its outcome. It also takes note of the draft opinion of the Venice Commission on this “referendum”. It was held in the visible presence of armed soldiers under conditions of intimidation of civic activists and journalists, blacking out of Ukrainian television channels and obstruction of civilian traffic in and out of Crimea».

In altri termini, il referendum sarebbe stato illegittimo in quanto organizzato a) in violazione della Costituzione Ucraina(9) e b) in condizioni tali da non permettere il libero esercizio del diritto di voto da parte degli aventi diritto. Quest’ultimo punto, già anticipato nelle conclusioni del Consiglio, è stato ripreso con maggiore dettaglio nella Relazione della Commissione di Venezia adottata il 21 marzo 2014 e da altre organizzazioni dedite alla protezione dei diritti umani(10). Sia da parte della Repubblica autonoma di Crimea sia da parte della Federazione Russa tali argomenti sono stati rigettati con vigore(11). È del tutto evidente, sulla base della prassi assai diffusa di organizzazioni quali l’ONU, l’OSCE e l’UE, particolarmente attive nelle attività di monitoraggio di elezioni e di referendum, che le asserite condizioni che avrebbero caratterizzato l’espressione del voto in occasione del referendum, non erano tali da garantire un processo “genuino” e in grado di assicurare la libera espressione della volontà dei votanti come invece richiedono le rilevanti convenzioni internazionali in materia(12).

Sul secondo profilo, quella della legittimità, dal punto di vista del diritto internazionale, della secessione della Crimea e della città di Sebastopoli dall’Ucraina e dell’incorporazione nella Federazione Russa, le questioni giuridiche sono più complesse anche perché sono in gioco valori a principi non sempre facilmente compatibili e componibili, quale quello dell’autodeterminazione dei popoli e quello dell’integrità territoriale. Qualora il distacco di una parte del territorio (per formare un nuovo Stato, o per fondersi con un altro Stato o anche per incorporarsi in uno stato già esistente) avvenga con il consenso dello stato da cui ci si stacca e previa consultazione della popolazione locale, non sorgono particolari problemi di rilievo giuridico. Molti sono i precedenti che si possono citare in questo senso: dalla separazione delle varie ex repubbliche russe dall’URSS alla separazione tra Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca e, più di recente, la separazione del Sud Sudan dal Sudan. Ma questo certamente non è il caso della secessione della Crimea e della città di Sebastopoli.

Qualora, come nel caso in esame, non vi sia il consenso delle parti interessate, la questione giuridica diviene più complessa: la regola generale è, comunque, che non sono ammesse violazioni dell’integrità territoriale. L’unica eccezione si potrebbe verificare in presenza di uno stato sul quale vivono più popoli, ciascuno dei quali gode, a sensi dell’art 1 para 2 della Carta delle Nazione Unite, del principio di autodeterminazione. Secondo un’opinione diffusa d’interpretazione delle regole internazionali (soprattutto alla luce della Dichiarazione del 1970 dell’Assemblea Generale riguardante i principi di diritto internazionale concernenti le relazioni amichevoli e la cooperazione fra gli stati in conformità con la Carta delle Nazioni Unite)(13), il diritto all’autodeterminazione potrebbe includere anche il diritto alla secessione se il Governo centrale si comporta in maniera discriminatoria nei confronti dei vari popoli stanziati sul proprio territorio(14). In caso contrario prevale il principio dell’integrità territoriale, salvo l’obbligo dello stato di assicurare ai vari popoli adeguate forme di autonomia istituzionale. Nel caso in esame non pare proprio possibile invocare il principio di autodeterminazione a giustificazione della secessione: non solo perché non è del tutto pacifico che in Ucraina vi siano più popoli (da tenere ben separato questo concetto da quello di minoranza), ma anche perché il governo ucraino non ha attuato discriminazioni tra le varie realtà esistenti sul proprio territorio.

Le reazioni della Comunità internazionale

Alla luce di quanto precede si può concludere affer-mando che sia le modalità di svolgimento del referendum sia i successivi passi (proclamazione unilaterale d’indipendenza e successivo distacco e incorporazione nella Federazione Russa) sollevano seri dubbi di compatibilità con le rilevanti norme internazionali. A fronte di questa situazione, la Comunità internazionale, nel suo complesso (eventualmente attraverso l’ONU) o anche come singoli stati o organizzazioni regionali, possono reagire contro l’illecito commesso, dopo aver tentato una soluzione pacifica del contenzioso. A oggi i vari tentativi compiuti di trovare una soluzione negoziata non hanno portato ad alcun risultato a causa dell’atteggiamento di chiusura specie della Russia, nonostante che in tali tentativi siano state coinvolte personalità del calibro del segretario generale dell’ONU. A questo punto le contromisure, quali quelle decise dall’Unione Europea e dagli USA, sono diventate uno strumento legittimo per indurre la Russia a recedere dal proprio comportamento. A prescindere dalla loro attuale efficacia e dalla possibilità di ricorrere a sanzioni più pesanti e incisive, si deve comunque ricordare, che ai sensi del diritto internazionale, su tutti gli stati incombe, ora un preciso obbligo: quello di non riconoscere la situazione illegittima venutasi a creare. Ciò significa che l’attuale situazione non potrà mai essere condonata e che in tutte le future relazioni con la Federazione Russa sarà necessario che ciascuno stato affermi formalmente e regolarmente che non viene meno l’illegittimità di quanto avvenuto con l’incorporazione della Crimea e della città di Sebastopoli nella Federazione Russa. Infine, considerando l’impossibilità di ottenere qualsiasi pronuncia in merito da parte del Consiglio di Sicurezza, a causa dell’inevitabile veto che sarebbe posto dalla Russia, l’intera vicenda potrebbe essere portata all’attenzione dell’Assemblea Generale dell’ONU che potrebbe adottare una Risoluzione di condanna (o anche chiedere un parere giuridico alla Corte Internazionale di Giustizia). Non molto, a fronte della gravità dei fatti, ma certamente utile per evitare di creare un pericoloso precedente.


Cosa è successo in Crimea dopo l’occupazione russa?
10 giugno 2022

https://ormedidonne.com/2022/06/10/crim ... cupazione/

Si dà per scontato che essendo la popolazione largamente russofona, la Crimea sia oggi una ridente e felice regione della Federazione Russa. Per capirne di più sono andata a visionare i documenti dell’ONU, di Amnesty International e di altre organizzazioni umanitarie.

Nella notte dal 26 al 27 febbraio 2014 le unità delle forze speciali russe sequestrano la Verkhovna Rada della Repubblica autonoma di Crimea, il parlamento. I cosiddetti “omini verdi” (militari senza insegne), bloccano le unità militari ucraine e la marina; assumono il controllo delle linee di confine, degli edifici amministrativi e delle infrastrutture.

Pochi giorni dopo, un documento di Amnesty International, datato 7 marzo 2014 chiede l’immediato intervento dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) nell’istituire una missione di monitoraggio in Crimea a causa della grave situazione delle violazioni dei diritti umani.

“Il tentativo di monitorare la situazione dei diritti umani in Crimea è diventato un compito quasi impossibile.” Dichiara John Dalhuisen, direttore dell’Europa e dell’Asia centrale di Amnesty International. “I gruppi di autodifesa della Crimea stanno attaccando manifestanti, giornalisti e difensori dei diritti umani pro-ucraini con totale impunità”.
Forze occupanti presidiano le amministrazioni – foto di Amnesty International

Monitoraggio impossibile

Due rappresentanti dell’OSCE vengono costretti a interrompere la loro visita per problemi di sicurezza. Ad altri membri dell’organizzazione viene impedito di entrare nella penisola. Il 5 marzo, anche l’inviato speciale delle Nazioni Unite in Crimea deve interrompere la visita dopo essere stato forzato da uomini armati a tornare all’aeroporto.

“L’OSCE deve rapidamente stabilire una missione di monitoraggio e godere di un accesso illimitato a tutte le parti dell’Ucraina, compresa la Crimea, che rimane al margine, e dove le tensioni sono ancora elevate. La Russia dovrebbe accogliere, non bloccare questa iniziativa,” ribadisce John Dalhuisen.

I manifestanti che tentano di esprimere il loro sostegno all’unità dell’Ucraina e l’opposizione alla presenza militare russa nella penisola vengono intimidati da parte di attivisti filorussi. La polizia è spesso assente, presente in numero limitato o non interviene.

Amnesty riporta dell’attacco e delle minacce di morte a un giornalista di “News of the Week – Crimea” mentre cercava di filmare un evento. Gli agenti di polizia che si trovavano a circa 30 metri non intervengono. Il 6 marzo, uomini con uniformi militari russe e uomini della Crimea Self-Defence League minacciano di morte una giornalista di Kerch.fm.

Blocco dei media indipendenti russi

Il 14 marzo, Amnesty denuncia che le autorità russe hanno lanciato un assalto in vasta scala ai pochi media indipendenti rimasti in Russia, bloccando una serie di siti Internet nella Federazione Russa.

“Il blocco di questi siti è una chiara violazione del diritto alla libertà di espressione. È un attacco senza vergogna a coloro che osano ancora mettere in discussione la narrativa dettata dal Cremlino fornendo informazioni indipendenti e imparziali e offrendo una piattaforma per un dibattito gratuito”, dichiara John Dalhuisenl. “Negli ultimi mesi e settimane le autorità russe hanno intrapreso una campagna per soffocare i media indipendenti. È iniziato con la censura non ufficiale e l’autocensura e si è rapidamente evoluto in un bavaglio ai media indipendenti. Questo ricorda il blocco delle stazioni radio dell’era sovietica.”

Tra i vari siti bloccati figura anche quello dell’attivista dell’opposizione Aleksei Navalny. “La Russia sta stringendo la vite sulla libertà di espressione prima del referendum che le autorità della Crimea hanno programmato questa domenica. È un palese tentativo di mettere a tacere qualsiasi voce critica di questa iniziativa”, sostiene ancora John Dalhuisen.

Il referendum

Il referendum avviene il 16 marzo, con la presenza dell’esercito russo sul territorio, con solo pochi giorni di preparazione e il controllo totale dei media da parte di Mosca. Infine, nessuno dei quesiti riguarda il mantenimento dello status quo. I crimeani possono solo scegliere tra il far parte della Federazione Russa oppure l’indipendenza. Non hanno la possibilità di scegliere di restare a far parte dell’Ucraina.

Per quanto è indubbio che larga parte della popoloazione fosse filorussa, le modalità del referendum contravvengono le leggi internazionali. Così, il 27 marzo 2014, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva una risoluzione che dichiara non valido il referendum della Crimea per recedere dall’Ucraina, con un voto di 100 Stati membri a favore e 11 contrari, con 58 astensioni.

Persecuzioni e violazioni dei diritti umani

Il 9 luglio 2014 compaiono su Amnesty le prime denunce di persecuzione dei tartari e a dicembre 2014, un rapporto dell’ONU riporta di violazioni sistematiche dei diritti umani che colpiscono, per la maggior parte, le persone che si sono opposte al “referendum” di marzo, compresa la minoranza tartara. Si segnalano casi di sequestro di persona. I cittadini vengono obbligati a prendere la cittadinanza a rischio di ripercussioni; molti dei loro beni vengono confiscati.

Tartari in Crimea
Comunità tartara in Crimea – foto di Amnesty International

Nella primavera del 2015, Amnesty denuncia che a un anno dall’annessione illegale della Crimea da parte della Russia, la violazione dei diritti alla libertà di espressione, riunione e associazione è sistematica. Le autorità russe impediscono d’indagare su casi di rapimenti e torture di oppositori e perpetrano un’ implacabile campagna intimidatoria contro i media filo-ucraini, contro i tartari e chiunque sia critico verso il regime.

John Dalhuisen dichiara: “Da quando la Russia ha annesso la Crimea, le autorità stanno usando una vasta gamma di tattiche intimidatorie per reprimere il dissenso; una serie di rapimenti tra marzo e settembre ha spinto molti critici vocali a lasciare la regione. I rimanenti affrontano persecuzioni da parte delle autorità, determinate a mettere a tacere i loro avversari”.

Rapimenti, sparizioni e torture

Nello stesso documento, Amnesty riporta che dall’annessione sono avvenuti numerosi casi di arresti ingiustificati, torture e uccisioni. “Le autorità della Crimea ci dicono che stanno indagando su tutti i casi di rapimento e tortura, ma non abbiamo ancora visto alcuna prova concreta di ciò”, afferma John Dalhuisen.

Blocco dei media

Prima dell’occupazione e dell’annessione della penisola da parte della Russia, i media in Crimea operavano in gran parte liberamente: l’accesso a media critici nei confronti delle autorità era all’ordine del giorno.

A partire dal 2014, almeno tre stazioni televisive, due agenzie di stampa e altri media indipendenti devono chiudere. La legislazione russa consente alle autorità di bloccare l’accesso a siti Web specifici senza un ordine del tribunale per presunte violazioni della legislazione anti-estremismo della Russia. È così che le autorità creano un clima di paura: attraverso intimidazioni e leggi restrittive per mettere a tacere media e ONG.

Il 26 gennaio 2015, circa 30 uomini armati di un’unità di polizia speciale, accompagnati da 10 funzionari di sicurezza, fanno irruzione negli uffici del canale televisivo tartaro, ATR, interrompono la trasmissione e portano via documenti risalenti a febbraio dell’anno precedente. Molti redattori ricevono minacce. Diversi giornalisti e blogger sono costretti a fuggire temendo persecuzioni.

A seguito dell’annessione, le autorità richiedono la nuova registrazione di tutti i media ma alle pubblicazioni in lingua tartara, ai siti Web e ai canali TV rifiutano arbitrariamente le licenze.

“Questo palese attacco alla libertà di espressione, vestito come una procedura amministrativa, è un rozzo tentativo di reprimere i media indipendenti, imbavagliare le voci dissenzienti e intimidire la comunità tartara di Crimea”, afferma Denis Krivosheev, Vicedirettore di Amnesty International per l’Europa e l’Asia centrale.

Non viene rispariamto neanche l‘intrattenimento per bambini. Le autorità negano le licenze alla rivista per bambini Armantchikh e al popolare canale televisivo, Lale.

Nessun diritto di protestare o di celebrare la cultura tartara

Le autorità bandiscono le manifestazioni pubbliche. L’autorizzazione per incontri e manifestazioni culturali o celebrativi tradizionali da parte dei tartari è spesso negata oppure accordata solo in luoghi remoti.

“A un anno dall’annessione della Crimea, l’atteggiamento delle sue autorità sul territorio e dei loro padroni russi può essere riassunto semplicemente – fattelo piacere oppure zitto o vattene”, riporta John Dalhuisen. “C’è poco interesse da parte della comunità internazionale per ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina, ma dovrebbe almeno esercitare maggiore pressione sulla Russia per garantire i diritti di tutti i residenti della Crimea”.

Continuano segnalazioni di scomparse, morti sospette, perquisizioni e arresti che seminano paura e disperazione tra i tartari.

Repressione del Mejlis

Nell’aprile 2016, la Corte suprema di Crimea sospende il Mejlis, un organo rappresentativo dell’etnia tartara, peggiorando la situazione dei diritti umani dei tartari. La decisione – annunciata dal procuratore della Crimea, Natalia Poklonskaya – segnala una nuova ondata di repressione contro il popolo tartaro. Avviene dopo un aumento degli attacchi ai diritti alla libertà di riunione, associazione ed espressione perpetrati dalla Russia dall’annessione della Crimea. Alla base della decisione, ci sono le dichiarazioni rilasciate dal leader esiliato di Mejlis Refat Chubarov, che rifiuta di riconoscere la legalità dell’annessione russa della Crimea e chiede un blocco economico ed energetico della penisola dall’Ucraina continentale.


Nel rapporto di Amnesty “Ukraine: Crimea in the dark: The silencing of dissent” leggiamo:

Dall’occupazione russa e dall’annessione della Crimea nel febbraio-marzo 2014, le autorità locali russe e di fatto hanno chiesto la totale sottomissione. Con la maggior parte degli oppositori in esilio o silenzio, i leader e gli attivisti dei tartari sono stati i più organizzati dell’opposizione e hanno dovuto maggiormente sopportare il peso della repressione. La loro struttura rappresentativa, i Mejlis, è stata bandita come organizzazione “estremista” e qualsiasi associazione con essa è stata messa fuori legge; i suoi leader sono stati esiliati o perseguiti con accuse inventate; molti sono scomparsi. I più famosi media in lingua tartara sono stati costretti a chiudere. La protesta pubblica si è estinta. Al di là delle questioni politiche fondamentali relative all’annessione della Crimea, la Russia rimane vincolata dall’intera gamma del diritto internazionale dei diritti umani. Eppure, ha dimostrato che è pronta a infrangerli mentre cerca di consolidare la sua presa sulla penisola.

Amnesty si lamenta anche del fatto che le autorità rifiutino sistematicamente incontri con i loro rappresentanti o la presenza di organizzazioni umanitarie.

I diritti umani dopo il 2017

Tre anni dopo l’annessione illegale della penisola, la situazione dei diritti umani in Crimea continua a peggiorare, aggravata anche dall’assenza di un meccanismo di monitoraggio internazionale.

Un rapporto dell’ONU del 25 settembre 2017 menziona “violazioni multiple e gravi” commesse da agenti russi. “Sono state documentate gravi violazioni dei diritti umani, come arresti e detenzioni arbitrari, sparizioni forzate, maltrattamenti e torture e almeno un’esecuzione extragiudiziale”. Tra gli altri abusi, rileva l’uso dell’internamento forzato in un ospedale psichiatrico di oppositori politici.

“L’istruzione in lingua ucraina è quasi scomparsa dalla Crimea”, riporta lo stesso rapporto dell’ONU, “evidenziando l’impatto sui diritti civili, politici, economici, sociali e culturali.”

Centinaia di prigionieri e detenuti vengono trasferiti in strutture della Federazione Russa – una pratica severamente vietata dal diritto internazionale umanitario. I Testimoni di Geova sono messi fuorilegge in virtù di una decisione della Corte Suprema della Federazione Russa che ritiene questa organizzazione religiosa in violazione della legislazione anti-estremismo del Paese. Anche i festival religiosi di musulmani, ebrei e quelli di altre minoranze vengono severamente limitati.

La Chiesa ortodossa ucraina

La Chiesa ortodossa ucraina è sottoposta a crescenti pressioni, inclusa la potenziale perdita dei suoi due più grandi luoghi di culto in Crimea. Complessivamente, il numero delle parrocchie è diminuito da 49 prima dell’occupazione a solo 5 nel 2020, con una diminuzione parallela del numero di sacerdoti da 22 a 4.

Intanto, l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani, continua a non avere accesso alla Crimea, ed è costretto ad analizzare la situazione dagli uffici situati in Ucraina.

Nel 2020, si calcola che circa 140.000 tra ucraini e tartari abbiano lasciato la penisola dal 2014. Nello stesso periodo, circa 250.000 persone si sono trasferite dalla Russia alla Crimea. L’afflusso ha incluso truppe e marinai, dopo che il Cremlino ha rafforzato la sua presenza militare sulla penisola.

La situazione dei diritti umani in Crimea oggi

Le scuole devono usare il curriculum statale russo. I bambini sono esposti alla propaganda militare russa. Alcuni hanno ricevuto una formazione militare di base negli ultimi anni. L’istruzione in lingua ucraina viene quasi completamente eliminata. In una sentenza del 2017, la Corte internazionale di giustizia ha ordinato alla Russia di garantire la disponibilità d’istruzione in ucraino, ma le autorità non hanno rispettato questo ordine.

L’FSB incoraggia i residenti a informare di persone che esprimono opposizione all’annessione. Secondo quanto riferito, i commenti sui social media sono monitorati dalle autorità. L’FSB apre spesso procedimenti penali contro coloro che criticano l’occupazione e l’oppressione dei tartari.

La Crimea è soggetta al sistema giudiziario russo, che manca d’indipendenza ed è effettivamente dominato dal ramo esecutivo. Molti giudici si trasferiscono dalla Russia per lavorare in Crimea. Questi giudici emettono sistematicamente sentenze politicamente motivate contro chi si oppone all’annessione.

Un rapporto dell’OHCHR del 2020 ha rilevato resoconti di “esecuzioni, percosse, scosse elettriche e violenza sessuale”. Le vittime di tortura hanno scarse possibilità di ricorso legale, consentendo alle forze di sicurezza di agire impunemente.

Dopo il 2014, la Crimea è diventata soggetta alla legge russa del 2013 che vieta la diffusione d’informazioni che promuovono “relazioni sessuali non tradizionali”, che limita strettamente le attività delle persone e delle organizzazioni LGBT.

La violenza domestica è un altro problema della Crimea e le leggi russe non offrono protezioni. Nel 2017, Putin ha firmato una legislazione che ha parzialmente depenalizzato gli abusi domestici in Russia.

Un sondaggio dell’ONG Freedomhouse pone la Crimea tra uno dei luoghi meno liberi al mondo, con meno libertà della stessa Russia e notevolmente meno dell’Ucraina.






Stoltenberg avverte: "Non accetteremo mai che Putin controlli la Crimea"
"Non lo accetteremo mai". La Nato prepara la lunga guerra
Alessandro Ferro
7 Maggio 2022
https://www.ilgiornale.it/news/mondo/st ... 1651940791

Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, ha affermato con fermezza che l'Alleanza impedirà in ogni modo l'annessione della Crimea alla Russia: ecco il suo avvertimento

Stoltenberg avverte: "Non accetteremo mai che Putin controlli la Crimea"

Una cosa è chiara: qualora l'Ucraina dovesse perdere forze, fiducia e darla vinta ai russi e cedere la Crimea, la Nato lo impedirebbe con tutte le sue forze. È questo il senso delle parole del segretario generale dell'Alleanza, Jens Stoltenberg, intervistato dal quotidano tedesco Die Welt. "I membri della Nato non accetteranno mai l'annessione illegale della Crimea. Ci siamo sempre opposti al controllo russo su parti del Donbass nell'Ucraina orientale". Putin è avvisato: non combatte soltanto contro un popolo, ma si può dire contro gran parte dell'Occidente.

"L'Ucraina vincerà con la Nato"

La Nato è consapevole, però, che la guerra della Russia contro l'Ucraina "non finirà presto, ma che l'Ucraina la vincerà con l'aiuto dell'Alleanza Atlantica", ha ribadito il segretario generale. L'Alleanza è determinata ad aiutare l'Kiev "anche se ci vorranno mesi o anni" per sconfiggere Putin e le sue velleità rimarcando che sarà fatto "tutto il possibile" affinché il conflitto non si espanda. Stoltenberg, nella sua lunga intervista, ha messo l'accento sul fatto che l'Ucraina farà di tutto per vincere "questa guerra perchè difende il suo territorio" ed è giusto che, da Paese attaccato, si difenda e non debba subire passivamente l'esercito russo.

L'ipotesi di una guerra nucleare

A suffragio di quanto affermato prima, l'escalation militare anche ai Paesi occidentali si deve evitare in ogni modo, soprattutto quando Putin e i suoi uomini, nel corso dei mesi, hanno minacciato di premere il bottone del nucleare. Stoltenberg ha ribadito con fermezza che "non dovrebbe mai avvenirne una" e che "non si può vincere una guerra nucleare" come scrive Die Welt. Il discorso è ovviamente riferito alla Russia e alla condanna della retorica di Mosca bollata come "irresponsabile e spietata" quando si riferisce al potenziale uso delle armi nucleari per fermare gli aiuti della Nato e i rifornimenti all'esercito di Zelensky.

A tal proposito, poi, il segretario generale ha invitato l'Occidente a continuare a rifornire di armi pesanti l'Ucraina per un bisogno sempre più urgente intensificando le forniture, facendo di più "e prepararsi per un impegno a lungo termine". Questo, ha proseguito, è l'unico modo con cui Kiev "può respingere con successo l'invasione russa". L'Ucraina deve mettersi nell'ottica che il 9 maggio non finirà nulla, che Putin continuerà a combattere per il Donbass e bisogna essere pronti ad affrontare una "lunga guerra" contro la Russia che potenzialmente potrebbe durare per tanti altri mesi se non addirittura anni.

Prossimo appuntamento della Nato a Bruxelles il prossimo 19 maggio con la riunione del Comitato militare "in sessione Capi di Difesa". Nella seconda sessione, invece, si parlerà della guerra della Russia in Ucraina con la presenza dei Capi della Difesa anche di Finlandia, Svezia e Ucraina che lancia un altro segnale molto forte: oltre a Zelensky, vogliamo dentro la Nato anche i due Paesi scandinavi.




SHISHKIN: "DOPO PUTIN CI SARÀ' UN ALTRO ZAR. LA TERZA GUERRA MODIALE È, MA IN OCCIDENTE NESSUNO VUOLE SENTIRNE PARLARE".
di Mikhail Shishkin, Il Corriere della Sera
4 settembre 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 28qapqjyil

«In prima pagina, la guerra. Sull’ultima pagina, il cruciverba». Mi torna in mente un passo del mio romanzo «The light and the dark» mentre viaggiavo in treno pochi giorni dopo l’invasione russa dell’Ucraina.
Di fronte a me, un passeggero leggeva il giornale: in prima pagina c’era la guerra, sull’ultima pagina, le parole crociate. Sono passati diversi mesi da allora, e gli orrori quotidiani hanno cominciato a sparire dai titoli dei giornali, malgrado l’intensificarsi degli scontri armati in tutta la loro efferatezza.
In Occidente nessuno vuole più sentir parlare di guerra, la gente è stanca di massacri e solidarietà. La gente reclama la pace, prezzi stabili, una vita tranquilla e la possibilità di godersi le vacanze.
Non è la prima volta che i miei articoli hanno fatto suonare l’allarme sulle atrocità a venire. Prima dell’annessione della Crimea, ho attinto a una fiaba popolare russa, Teremok, per descrivere il futuro incerto dell’Europa. C’era una volta una casetta tranquilla nella foresta – un teremok – dove diversi animali selvatici vivevano tutti assieme. Un giorno, una rana bussò alla porta. «Toc, toc! Chi abita in questo teremok? Lasciatemi entrare, vorrei vivere anch’io con voi». Gli animali fecero entrare la rana, e tutti si congratularono della vita tranquilla e felice nella loro casetta. Qualche tempo dopo, aprirono la porta a Kyward, la lepre, e a Reynard, la volpe, tanto nel teremok c’era spazio per tutti. Ma poi arrivò Bruin, l’orso, che per quanto si sforzasse, non riusciva ad accomodarsi nel teremok. A un certo punto, montato su tutte le furie, con il suo peso l’orso schiacciò la casetta. E quella fu la fine del teremok, e della fiaba.
Gli avvertimenti lanciati nel recente passato non hanno suscitato nessun allarme. Nel 2014, subito dopo l’annessione della Crimea, scrivevo con ansia crescente che «nel ventunesimo secolo non esistono più le guerre locali, lontane da noi. Ogni guerra oggi è una guerra europea. E questa guerra europea è già cominciata».
Avevo previsto che l’annessione della Crimea, per mano di Vladimir Putin, avrebbe scatenato «un’ondata di patriottismo. Prima o poi quest’ondata è destinata a infrangersi e a quel punto Putin si vedrà costretto a ricorrere a qualche altro stratagemma». Scrivevo già allora come l’instabilità cronica dei Balcani, trascinatasi nel corso degli anni, avrebbe avviato enormi flussi migratori verso i Paesi europei, seguiti da «un’ondata ancora maggiore di rifugiati provenienti dall’Ucraina».
Allora, si era ancora in tempo per fermare l’aggressore. Ma i politici europei hanno preferito chiudere gli occhi davanti alla realtà per guadagnarsi il favore degli elettori. Anche gli elettori volevano la pace, in quei giorni: posti di lavoro, nessun aumento del costo della vita, e vacanze assicurate. Gli analisti russi più esperti e corrotti insistevano che l’Occidente doveva capire la posizione di Putin e fare concessioni.
E oggi siamo arrivati a questo: ci ritroviamo nel bel mezzo di una guerra europea, a fare i conti con un’ondata di profughi senza precedenti in fuga dall’Ucraina, a chiederci come mai i nostri politici sono stati così ciechi. Nessuno ascolta più la voce degli scrittori. L’unica vera lezione che possiamo trarre dalla storia è purtroppo proprio questa, che la storia non insegna mai nulla.
In Germania, migliaia di intellettuali hanno sottoscritto una petizione per chiedere al governo di fermare l’invio di armi all’Ucraina, perché si rischiava di far scoppiare la terza guerra mondiale. «Vogliamo una politica di pace, non la guerra», dichiaravano. Ma la terza Guerra mondiale era già cominciata, nel 2014. Come si fa a porre rimedio alla cecità, se ci si ostina a non vedere?
Oggi ci si chiede: come e quando finirà questa guerra? La guerra contro la Germania nazista non si concluse con la morte di Hitler, bensì con una schiacciante sconfitta militare. Prima o poi la morte di Putin sarà inevitabile, non così la sconfitta della Russia.
La risposta poggia sull’autenticità. Alcuni zar sono veri, altri falsi. Se la Santa Russia allarga i suoi territori e i popoli si inchinano davanti all’autocrate di Mosca, i sudditi asserviti, che sudano e faticano e versano eroicamente il loro sangue per la sacra madre patria, si convincono che il loro destino è una benedizione del Cielo. A nulla vale sciorinare i distinguo su come lo zar sia arrivato al potere o come abbia governato i suoi soggetti. Può mandarli tranquillamente al macello, a milioni, e abbattere migliaia di chiese e fucilare i loro preti: ciò che conta è che lo zar è uno zar autentico, perché solo così il nemico si piegherà terrorizzato e la Sacra Terra di Russia si ingrandirà. Così è stato con Stalin.
Sul versante opposto, le disfatte militari e la perdita del benché minimo fazzoletto di Sacra Terra verranno viste dai sudditi dello zar come chiaro segnale del mancato favore divino: lo zar è illegittimo, è falso. Non è riuscito a sconfiggere i giapponesi? O a sottomettere la Cecenia? Allora l’uomo sul trono è un ciarlatano che vorrebbe spacciarsi per zar. Così è stato con Nicola II e Boris Yeltsin.
Putin ha legittimato la sua presidenza con la riconquista della Crimea, ma questa legittimità si sta rapidamente affievolendo per l’incapacità dimostrata nel piegare l’Ucraina. Il prossimo zar, a sua volta, dovrà giustificare il suo mandato mettendo a segno la vittoria finale nella guerra sferrata contro il mondo intero. E se per questo Putin la minaccia di ricorrere ad armi nucleari tattiche rientra nella logica della guerra ibrida, per il prossimo Putin il loro utilizzo potrebbe rivelarsi lo strumento indispensabile per restare saldamente al potere.
Anche il prossimo Putin sarà semplicemente un attore incapace di trovare un altro ruolo. Perché il suo ruolo è prescritto dall’intera architettura interna del potere, che non si cura di quante saranno le vittime del conflitto in Ucraina, in Russia o altrove; non si cura delle risorse da spendere, del numero di armi da dispiegare né del tasso di mortalità tra i suoi militari. E se la qualità della vita dovesse crollare in Russia? Pazienza, il regime non si è mai dato pensiero del benessere dei suoi stessi cittadini.
E chiunque faccia parte di questo ingranaggio di potere non teme affatto di attaccare l’Occidente. Dopo tutto, che cosa dovrebbe temere? Se un missile esplode nel territorio di uno stato membro dell’Alleanza atlantica, quali conseguenze? Nuovi colloqui, nuove dichiarazioni, nuovi appelli per la pace. Il mondo libero dovrebbe finalmente rendersi conto che non sta combattendo contro un dittatore pazzo, bensì contro un sistema di potere autonomo, aggressivo e autorigenerante.
L’antica struttura sociale dell’autocrazia russa è stata preservata nel magazzino della storia e tramandata nei secoli. Ed eccola pronta a mutar pelle per ricomparire sotto nuove spoglie: come Khanato dell’Orda d’Oro e lo zarismo di Mosca, come l’impero dei Romanov e l’Unione Sovietica comunista di Stalin, e più di recente la «democrazia controllata» di Putin. Oggi la Federazione russa cambia pelle ancora una volta. Che cosa emergerà dalle fondamenta indisturbate di una dittatura militare invincibile? Forse una libera democrazia costituzionale, che di propria iniziativa metterà al bando le armi nucleari? Ma vi sembra verosimile?
Anche prima della Seconda guerra mondiale la gente voleva la pace, prezzi stabili e vacanze serene. Anche allora gli elettori speravano che i governi democratici di Francia e Inghilterra avrebbero intavolato trattative di pace con Hitler, rinunciando alla guerra. Sappiamo benissimo come sono andate le cose, ricordando il celebre messaggio di Winston Churchill al suo popolo, in tutta la sua brutale e tragica onestà: «Non ho altro da offrirvi che sudore, fatica, lacrime e sangue».
Prima o poi sentiremo riecheggiare promesse simili e al posto delle belle vacanze gli elettori europei dovranno prepararsi ad affrontare grandi sacrifici, rinunce e ristrettezze, perché questo è il prezzo che dobbiamo pagare se vogliamo la pace.



Demografia storica della Crimea e del Donbass
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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 12:21 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 12:22 pm

8 )
Il ponte di Kerch andrebbe distrutto interamente.
L'Ucraina andrebbe messa in condizione di difendersi dagli attacchi missilistici che partono dalla Russia con mezzi antimissili e rifornita di missili in grado di colpire tutte le località russe da cui partono (tutte ma proprio tutte fin nel cuore della Russia).
La Russia dovrebbe essere espulsa ignominiosamente dall'ONU.
La NATO dovrebbe entrare in Ucraina a difenderla.



CI MANCAVANO SOLO CROZZA E LA GABANELLI
Memo Coazio
10 ottobre 2022

https://www.facebook.com/ivana.paisi.75 ... YdrhpUjw3l
Trovo insopportabile oltre che incredibile che si discuta sul fatto che gli ucraini si permettano di rispondere con decisione alla strategia di pulizia etnica, ai massacri di civili, alle sistematiche distruzioni di città e infrastrutture. Per non parlare degli stupri e delle fosse comuni.
Ma come ragionano quelli che dettano la misura di quanto debba essere intensa la risposta di chi si difende?
Una persona massacrata di botte deve opporsi con garbo?
I russi si possono permettere qualsiasi cosa.
Gli ucraini devono stare attenti, non esagerare, essere pacati e usare le dovute maniere.
Non è ancora chiaro chi abbia fatto saltare il ponte di Kerch, ma se fossero stati gli ucraini ci sarebbe solo da esserne contenti. Vorrebbe dire che la loro capacità di difendersi e di mettere in crisi le criminali velleità di Putin crescono sempre di più.
Pensiamo ancora che si debba fare i bravi sennò i russi si arrabbiano?
A questo punto bisogna essere degli stupidi o in mala fede o prezzolati per pensare o per sostenere che Putin aumenterà il livello dello scontro se lo si provoca.
Putin ha applicato, applica e applicherà metodi terroristici perché lo vuole o perché lo può fare. La smetterà solo quando sarà costretto a smetterla.
A questo punto è indiscutibile che ciò non accadrà con le buone o con non meglio precisate trattative e negoziati (tra l'altro - quantomeno - Putin dovrebbe prima piantarla di buttare bombe e razzi su città e civili), ma esclusivamente con le cattive oppure (improbabile, difficilissimo) con la sostituzione dell'attuale leadership con un altra più senziente.
La Crimea non è Russia. Il Donbas non è Russia.
La Crimea è stata occupata militarmente e con la forza e le democrazie in quel momento sbagliarono a non reagire con la dovuta fermezza.
Se gli ucraini riterranno che si debba trattare, se saranno disposti a cedere parti del loro territorio proditoriamente invaso, avranno tutte le ragioni del mondo nell'aprire una trattativa e nessuno si potrà permettere di giudicarli né tantomeno di criticarli.
Ed ora buttiamo l'occhio su ciò che non può apparire altro che grottesco.
Alla schiera di quelli che si sentono in dovere di bacchettare Zelensky e di dare consigli alla Resistenza ucraina, si sono aggiunti la Gabanelli e Crozza.
Non sta né cielo né in terra che le Gabanelli i Crozza e compagnia cantante si mettano a pontificare su quello che Zelensky e il suo straordinario popolo ritengono opportuno fare.
Se a costoro fosse rimasta un minimo di decenza, dovrebbero solo gridare dai loro salotti televisivi e dalle loro belle e sicure case - sulle quali non piovono razzi - che Putin la deve smettere e che i russi se ne devono andare da un Paese che hanno invaso. E a loro si dovrebbero unire tutti quelli che stanno organizzando una manifestazione 'per la pace' che si preannuncia nascere sotto i peggiori auspici e nel nome di un'equidistanza che appare solo e semplicemente oscena.
Perché gli ucraini non hanno nessuna voglia di fare la guerra.
Perché agli ucraini non piace essere bombardati, deportati, derubati, stuprati.
Perché agli ucraini non è mai passato per la testa di invadere e annettersi una qualche provincia russa di confine.
Se Putin deciderà (oppure se sarà in grado) di alzare ancora di più il livello dello scontro, allora questo accadrà perché sente il fiato della sconfitta sul collo e la sua stessa sopravvivenza in gioco.
La Storia, la Storia...
Ricordiamoci di Hitler, di Monaco, della Cecoslovacchia, della Polonia... e poi della Danimarca, della Norvegia, dell'Olanda, del Belgio, della Francia, della Jugoslavia, della Grecia...
E quindi io non la smetto di ripetere
Sláva Ukrayíni! Heróyam sláva!
Слава Україні! Героям слава!


Incollo qui di seguito il thread Twitter su Kerch. Il testo è identico, al netto dei cambiamenti fatti al volo mentre li incollavo. Inserisco le foto, ma non so se funzioneranno anche i link.
Gregory Alegi
8 ottobre 2022

https://www.facebook.com/gregory.alegi/ ... SbH27z9CDl

1/13 È un fatto che ieri il ponte di Kerch sia stato danneggiato dalle fiamme, con crolli parziali. I commenti social, invece, sono perlopiù fantastici. Provo a mettere un po’ d’ordine con un thread. In primis, un ponte è un bersaglio militare legittimo. Con poche o zero vittime, di più.
2/13 L’attacco al ponte è l’ennesima sconfitta tattica, sfida strategica e problema politico per la Russia. Denuncia l’incapacità di controllare i territori occupati/annessi (in questo caso dal 2014), peggiorata dalle dimensioni del territorio. Questo indebolisce Putin.https://twitter.com/i/status/1578636142055870464
3/13 Né si può trascurare il valore simbolico del ponte, paragonabile in qualche modo all’incrociatore Moskva affondato il 22 aprile. Quello però aveva 43 anni, il ponte appena 4. La distruzione dei simboli infragilisce il regime fondato sulla grandeur che esprimevano.
4/13 Oggi ci sono almeno tre fronti aperti a est (zona Kharkiv, per semplificare), sud (Kherson) e retrovie (ovunque). È il frutto della sconsiderata decisione di attaccare lungo tutto il confine anziché su poche direttrici. Per i russi si traduce in ulteriore debolezza.http://isw.pub/RusCampaignOct7
5/13 Se l’esercito si trasforma in forza di controllo del territorio, sguarnisce il fronte e facilita le avanzate ucraine. Se non lo fa, perde il controllo delle retrovie, subisce uno stillicidio (magari di riservisti) e prepara il proprio collasso. L’alternativa del diavolo.
6/13 Gli ucraini possono invece attendere le mosse russe per colpire l’avversario ovunque si sguarnisca, oppure continuare a colpire in punti diversi, costringendolo a scelte sempre più difficili. Un assoluto vantaggio, anche grazie alle info da resistenza e occidente.
7/13 Finora Putin ha gestito l’opinione pubblica con censura, repressione e propaganda (concerti compresi!), e ha finito per credere alle proprie bugie. Ma le sconfitte, ammesse o rivelate dal passaparola, mettono in crisi la capacità di manipolazione e dunque tenuta del regime.
8/13 Rispondere con attacchi a case, scuole, ospedali è illegale in qualsiasi modo si faccia. L’atomica pure, ma peggio. Nel primo caso, la risposta potrebbe essere indiretta o differita, com’è stato sinora; nel secondo, immediata, ancora forse non atomica ma dura.
9/13 In Italia è forte la tradizione anti-americana/occidentale comune a sx/dx. La propaganda russa trova terreno fertile, anche gratis. L’Ucraina è colpevole di resistere, distruggere obbiettivi importanti (escalation!), persino non voler cedere il suo territorio per la “pace”.
10/13 A ciò contribuisce il predominio delle analisi (geo)politiche su quelle tecniche. Il tifo da stadio che esaltava l’inesistente Su-57 a scapito del vero F-35 porta oggi a spiegare la guerra con categorie semplificate e insulti ai leader. La realtà è diversa.
11/13 Pace politica richiede stabilità: l’accordo deve reggere o seguirà crisi più grave. La guerra nasce da nostra debole reazione a occupazione Crimea e abbattimento MH17 (298 morti) nel 2014. Non basta cessare di sparare oggi, perché bisogna evitare di riprendere domani.https://www.youtube.com/watch?v=tHzavUArAXQ
12/13 Concludo. Non è facile trovare una soluzione accettabile per tutti e sostenibile. Credo di vedere le variabili, ma so di non saperle combinare in una proposta organica. Invito a diffidare di chi evoca complotti, la fa troppo facile o troppo complessa.
13/13 Grazie di avermi letto fin qui e scusate gli errori del mio primo thread. Foto da @ilmessaggeroit, @Affaritaliani, @ItalianAirForce



LA NECESSITA' DI NON PERDERE TERRENO
Niram Ferretti
11 ottobre 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... LJXMWXDxKl

Il regime terrorista che governa la Russia rilancia in brutalità e ottiene come risultato quello di incrementare la risposta americana.
«Ho appena parlato con il ministro Kuleba per ribadire il sostegno americano all'Ucraina dopo gli orribili attacchi del Cremlino di questa mattina. Continueremo a fornire assistenza economica, umanitaria e di sicurezza in modo che l'Ucraina possa difendersi e prendersi cura della sua gente», ha dichiarato il segretario di Stato Antony Blinken.
È così che si risponde al terrorismo. Non facendo marcia indietro ma rilanciando. Nessun dialogo possibile. Questa guerra può finire solo in un modo, con la sconfitta della Russia. Non esistono altre soluzioni plausibili, logiche, praticabili.
Sì poteva negoziare con Totò Riina o Raffaele Cutolo? Si poteva negoziare con le Brigate Rosse o la Banda Baader Meinhof?
Quando il terrorismo si insedia in uno Stato e diventa azione va combattuto con fermezza. Bisogna avere paura di Putin? Certo, come di tutti i terroristi, ma Putin ha di fronte a sè la più grande potenza atomica del pianeta che va di pari passo con l'esercito più tecnologizzato. Sarà bene per lui e per i suoi scagnozzi tenerlo bene a mente.

Alberto Pento
Gino Quarelo
Nemmeno con Osama bin Laden e con l'ISIS si poteva negoziare, nemmeno con Maometto e con Hitler



Questi repubblicani filorussi antiucraini e senza alcun rispetto per l'Ucraina e i suoi buoni diritti non mi piacciono affatto e nemmeno Elon Musk.


Zelenskyy ha chiesto un attacco internazionale alla Russia?
The National Interest
Mentre il conflitto ucraino si avvia verso un’escalation catastrofica, l’amministrazione Biden si trova di fronte alla crescente sfida di bilanciare il sostegno all’Ucraina con misure volte a contenere le conseguenze della guerra
Tratto e tradotto da un articolo di Mark Episkopos per The National Interest

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... -interest/

Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha invocato un attacco preventivo contro la Russia in un discorso tenuto giovedì scorso. “Ma ciò che è importante è che mi appello ancora una volta alla comunità internazionale, come ho fatto prima del 24 febbraio – abbiamo bisogno di attacchi preventivi, in modo che sappiano cosa accadrà loro se usano le armi nucleari, e non il contrario”, ha detto. “Non aspettate gli attacchi nucleari della Russia e poi dite: “Oh, visto che avete fatto questo, prendetevi indietro questo!“. Riconsiderate il modo in cui fate pressione. Questo è ciò che la NATO dovrebbe fare: riconsiderare l’ordine in cui applica la pressione [sulla Russia]”.

I funzionari di Kiev hanno poi affermato che le parole di Zelenskyy sono state citate erroneamente dai media. “Il presidente ha parlato del periodo precedente al 24 febbraio. In quel periodo era necessario applicare misure preventive per evitare che la Russia iniziasse una guerra. Vi ricordo che le uniche misure discusse in quel periodo erano le sanzioni preventive”, ha scritto l’addetto stampa del presidente ucraino, Serhii Nykyforov. Tuttavia, la spiegazione non corrisponde alle parole del presidente ucraino: secondo qualsiasi interpretazione ragionevole, Zelenskyy stava esortando i membri della “comunità internazionale” a colpire la Russia ora, in modo da non ripetere quelli che lui considera “gli errori del periodo prebellico”.

Lungi dall’essere una gaffe, il sentimento alla base dell’appello di Zelenskyy è stato una parte costante della posizione politica di Kiev dall’inizio della guerra. I più alti funzionari di Kiev, fino a Zelenskyy compreso, hanno per mesi chiesto a Washington di imporre una no-fly zone sull’Ucraina, una mossa che avrebbe quasi certamente trascinato gli Stati Uniti in una guerra contro la Russia. L’amministrazione di Zelenskyy continua inoltre a chiedere l’immediata adesione dell’Ucraina alla NATO, che presumibilmente obbligherebbe l’alleanza ad intervenire sul terreno in Ucraina contro l’invasione delle forze russe.

L’appello di Zelenskyy per un attacco preventivo alla Russia giunge sulla scia di una notizia bomba del New York Times, secondo cui la morte della giornalista russa Daria Dugina in un attentato dinamitardo a Mosca sarebbe stata orchestrata da elementi del governo ucraino. Funzionari statunitensi avrebbero ammonito le loro controparti ucraine in merito all’uccisione, che a loro dire non serve ai legittimi obiettivi ucraini sul campo di battaglia e rischia di provocare attacchi russi di rappresaglia contro funzionari di Kiev.

Nel complesso, gli eventi dell’ultima settimana hanno messo sotto i riflettori le sottili ma significative divergenze di interesse tra Kiev e Washington. La leadership ucraina, impegnata in quella che considera una guerra esistenziale per la sopravvivenza della nazione ucraina, ha segnalato che tollererà qualsiasi rischio e sopporterà qualsiasi costo in nome della vittoria totale sulla Russia. La Casa Bianca, pur investendo pesantemente nel successo dell’Ucraina, ha tracciato rigidi confini militari e politici volti a prevenire un’escalation nucleare e ad impedire che il conflitto si riversi in una più ampia guerra convenzionale sul continente europeo. Anche se Zelenskyy spinge l’Occidente a commettere quello che è de jure un atto di guerra contro la Russia, gli alti funzionari statunitensi esprimono privatamente e pubblicamente la preoccupazione che la guerra russo-ucraina possa esplodere in una catastrofica spirale nucleare.

“Per la prima volta dalla crisi dei missili di Cuba, abbiamo una minaccia diretta dell’uso (di un’arma) nucleare se le cose dovessero continuare sulla strada intrapresa”, ha dichiarato giovedì Joe Biden durante un intervento ad una raccolta fondi dei Democratici. “Non credo che esista la capacità di usare facilmente un’arma nucleare tattica e non finire con l’Armageddon”, ha aggiunto, riferendosi alle notizie secondo cui Mosca potrebbe usare armi nucleari tattiche in Ucraina per riprendere il sopravvento in seguito alle continue battute d’arresto del suo sforzo bellico.

Vladimir Putin ha festeggiato venerdì il suo settantesimo compleanno sullo sfondo di quella che anche le voci pro-Cremlino nei media e nella politica russa riconoscono come una situazione difficile sul campo in Ucraina. Mosca non controlla completamente nessuna delle quattro regioni ucraine che ha annesso il mese scorso – le offensive ucraine ad est e a sud hanno avuto un parziale successo nel respingere lentamente le forze russe. A sette mesi dall’inizio della guerra, il Cremlino sembra essere lontano dal raggiungimento dei suoi principali obiettivi bellici – tra cui la capitolazione incondizionata del governo di Zelenskyy ed il drastico degrado delle capacità militari a lungo termine dell’Ucraina – come non lo è mai stato.

Tuttavia, il leader russo non ha mostrato alcun segno che indichi che stia anche solo contemplando la possibilità di ritirarsi dall’Ucraina di fronte ai crescenti costi militari ed economici. Al contrario, Putin ha dimostrato con le parole e con i fatti di essere cupamente determinato a portare a termine l’invasione. Nell’ultimo mese, Mosca ha mobilitato 300.000 riservisti qualificati, ha riorientato la sua industria della difesa in vista di un conflitto prolungato, ha insistito sul fatto che le discussioni sullo status dei suoi nuovi territori annessi sono “off-limits” ed ha segnalato la volontà di usare le armi nucleari se i suoi interessi fondamentali per la sicurezza verranno minacciati.

Gli eventi delle ultime settimane dimostrano che la guerra è entrata in una nuova pericolosa fase, scatenando nuovi appelli alla de-escalation. “È giunto il momento di fare un passo indietro”, ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, condannando i piani di annessione della Russia. “Ora più che mai, dobbiamo lavorare insieme per porre fine a questa guerra devastante e insensata e sostenere la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale”.

Il miliardario della tecnologia Elon Musk ha scritto su Twitter una formula per la pace che prevede il riconoscimento della Crimea, controllata dalla Russia, il rifacimento dei referendum nelle quattro regioni annesse dalla Russia sotto la supervisione delle Nazioni Unite e la garanzia della neutralità dell’Ucraina.

La proposta di Musk è una variante aggiornata ed un po’ più complessa del piano di pace presentato da Henry Kissinger all’inizio dell’estate. Sebbene differiscano nei dettagli dell’esecuzione, si basano sugli stessi presupposti: non esiste una soluzione militare alla tragedia umana che si sta consumando in Ucraina e i politici devono abbandonare i sogni mal concepiti di pace attraverso una vittoria totale a favore di un serio impegno diplomatico. I prossimi negoziati saranno sicuramente difficili, ma l’alternativa che si profila – uno scontro frontale tra le due maggiori potenze nucleari del mondo – è impensabile.

Mark Episkopos è giornalista esperto di sicurezza nazionale per il The National Interest.


L'Ucraina si riprenderà tutti i territori occupati. Gli scenari del gen. Ben Hodges
Formiche.net
Matteo Turato
11 ottobre 2022

https://formiche.net/2022/10/intervista-ben-hodges/

L’ex comandante generale delle forze statunitensi in Europa: “La Russia spera che l’Occidente prima o poi si stufi di sostenere l’Ucraina. Per questo è necessario continuare ad aiutare la resistenza di Kiev. Non so perché alcune persone a Roma, a Berlino, anche da noi a Washington, strizzino l’occhio a Putin parlando di salvare la faccia del leader e trovargli una via d’uscita. Se vuole una via d’uscita può andarsene quando vuole”

Quali sono gli sviluppi della guerra in Ucraina dopo l’annessione illegale delle quattro regioni sud-orientali da parte russa? Quali sono i principali temi del conflitto? Lo abbiamo chiesto a Frederick Benjamin “Ben” Hodges, ex comandante generale delle forze statunitensi in Europa, oggi docente di Studi Strategici al Center for European Policy Analysis e Senior Advisor dell’organizzazione Human Rights First.

Kiev attaccherà la Crimea nonostante le linee rosse poste dai Russi?

L’Ucraina libererà la Crimea entro la prossima estate, e la Russia continuerà a fare quello che sta facendo ora, ovvero uccidere persone innocenti e tentare di ribaltare l’andamento della guerra in qualche modo. Di certo Putin sta avendo dei grossi problemi a casa, e deve dimostrare di essere ancora al comando e saldamente al potere. Questi attacchi missilistici che stiamo vedendo non portano a nessun risultato militare significativo. Ammazzano le persone e basta, ma appunto, è un modo per Putin di far sentire la sua voce.

L’Ucraina otterrà dall’Occidente i sistemi di difesa missilistica che sono ora tanto necessari?

Sicuramente hanno già dei buoni sistemi, il fatto è che non sono abbastanza. Quindi spero che gli Stati Uniti, la Germania, l’Italia, la Francia, e altri possano inviare più capabilities, perché stiamo parlando di proteggere i cittadini europei da assassini mandati dalla Russia. Servono sistemi di difesa aerea, mezzi aerei e missili.

L’attacco al ponte sullo stretto di Kerch ha fatto pensare alle condizioni delle forze russe nell’area di Cherson, che hanno bisogno di essere rifornite da sud.

Il personale russo presente a Cherson è in una situazione molto pericolosa. Fino ad oggi Putin non ha voluto ritirare quel migliaio di soldati, vedremo se il nuovo comandante in capo adotterà una linea diversa. Se rimangono, saranno distrutti o catturati, se se ne vanno sarà una gigantesca sconfitta russa non solo militare, ma politica.

È possibile che Mosca si riorganizzi per cominciare un’invasione vera?

Se ne avranno l’opportunità potrebbero certamente riorganizzarsi e correggere alcuni dei giganteschi errori e mancanze nei loro sistemi. Ma di certo, l’Ucraina non concederà questa chance, non gli lascerà godere di una lunga pausa. Finché l’Occidente rimane unito nel sostenere Kiev con le armi e le sanzioni contro Mosca, i Russi non saranno in grado di riprendere in mano le sorti del conflitto. Nessuno nella Federazione Russa vuole arruolarsi nell’esercito ora, abbiamo visto mezzo milione di uomini in età militare deportati, più che mobilitati. Non credono in questa guerra, non vogliono prenderne parte. La speranza dei Russi è che l’Occidente si stufi. La volontà di combattere non verrà mai abbandonata dal popolo ucraino che lotta per la propria sopravvivenza. Ma si gioca tutto su questo: un test sulla tenuta dell’Occidente e sulla volontà del Cremlino di continuare a sprecare vite umane nella speranza di arrivare a un punto in cui gli occidentali si stufino.

Putin ha sfruttato principalmente le minoranze etniche russe per combattere in Ucraina. Che ne pensa delle pulsioni separatiste interne alla Federazione di cui si parla oggi?

Di sicuro hanno dei grossi problemi demografici ed etnici, e molte minoranze sono stanche di dover sopportare il peso della guerra con i suoi morti. Le persone a Mosca e a San Pietroburgo non sono state particolarmente toccate dalla guerra, almeno fino alla mobilitazione parziale. La reazione a quella misura ha mostrato che esistono delle faglie nella società russa, che non è monolitica come sembra e che esistono delle reali faide di potere interne al Cremlino. È possibile che alcune aree geografiche vedano questo momento come un’opportunità di allontanarsi dalla Russia.

Putin dovrebbe essere rimosso?

Questo starà ai russi deciderlo. Non sto invocando un colpo di stato, non sono a favore di regime change dettati dall’esterno, deve essere una reazione organica russa. Di certo quel popolo merita di meglio di quanto abbia avuto dalla propria leadership, ma in fondo questo è qualcosa che spetta a loro decidere. Di certo a Mosca non sono a corto di ultra-nazionalisti: la caduta di Putin in quel caso porterebbe a risultati uguali o peggiori a quelli attuali.

Esistono discrepanze tra gli obiettivi ucraini e quelli statunitensi in questa guerra?

Non sono a conoscenza di quanto venga discusso all’interno della Casa Bianca e negli apparati della National Security. Il mio Presidente ha chiaramente detto che la sovranità ucraina è una priorità per gli Stati Uniti, e che vogliamo che la Russia perda. Non so perché alcune persone a Roma, a Berlino, anche da noi a Washington, strizzino l’occhio a Putin parlando di necessità di negoziati e di salvare la faccia del leader, di offrire una via d’uscita. Io credo che Putin abbia creato questa situazione, se vuole una via d’uscita può andarsene quando vuole. Ovviamente dobbiamo, come Stati Uniti e Occidente, pensare alle conseguenze di un possibile tracollo russo, non farci prendere di sorpresa come nel 1991.

Esiste il rischio che la Russia usi il proprio arsenale atomico?

Il rischio esiste, possiedono testate nucleari, e non gli interessa quante persone innocenti possano morire. Quindi il calcolo sarebbe basato non tanto su ragioni morali o umanitarie, ma sul proprio tornaconto. Il punto cruciale è questo: qual è il beneficio che il regime può ottenere dall’uso di armi atomiche? Non otterrebbero significativi vantaggi militari, in compenso dovrebbero gestire la reazione statunitense che sarebbe terribile. Non vedo grandi vantaggi nell’uso di armi atomiche allo stato attuale. Piuttosto la Federazione Russa continuerà a bombardare con i missili, finché ne sarà in grado. I missili non sono infiniti e, grazie alle sanzioni, non riescono a rimpiazzarli.
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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » mar ott 11, 2022 12:22 pm

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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom ott 23, 2022 8:58 am

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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom ott 23, 2022 8:59 am

9)
Le popolazioni filorusse del Donbass e della Crimea non hanno diritto al alcun referendo per l'indipendenza e/o per l'annessione alla Russia.


Le demenzialità della proposta di un presunto piano di pace di Elon Musk che viola i diritti umani e civili degli ucraini e politici dell'Ucraina e che sarebbe, secondo questo giornale, una variante della proposta di Kissinger diffusa da vari media ma che però Kissinger ha negato di aver mai formulato.

"Il miliardario della tecnologia Elon Musk ha scritto su Twitter una formula per la pace che prevede il riconoscimento della Crimea, controllata dalla Russia, il rifacimento dei referendum nelle quattro regioni annesse dalla Russia sotto la supervisione delle Nazioni Unite e la garanzia della neutralità dell’Ucraina."



Zelenskyy ha chiesto un attacco internazionale alla Russia?
– The National Interest
Mentre il conflitto ucraino si avvia verso un’escalation catastrofica, l’amministrazione Biden si trova di fronte alla crescente sfida di bilanciare il sostegno all’Ucraina con misure volte a contenere le conseguenze della guerra
Tratto e tradotto da un articolo di Mark Episkopos per The National Interest

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... -interest/

Il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha invocato un attacco preventivo contro la Russia in un discorso tenuto giovedì scorso. “Ma ciò che è importante è che mi appello ancora una volta alla comunità internazionale, come ho fatto prima del 24 febbraio – abbiamo bisogno di attacchi preventivi, in modo che sappiano cosa accadrà loro se usano le armi nucleari, e non il contrario”, ha detto. “Non aspettate gli attacchi nucleari della Russia e poi dite: “Oh, visto che avete fatto questo, prendetevi indietro questo!“. Riconsiderate il modo in cui fate pressione. Questo è ciò che la NATO dovrebbe fare: riconsiderare l’ordine in cui applica la pressione [sulla Russia]”.

I funzionari di Kiev hanno poi affermato che le parole di Zelenskyy sono state citate erroneamente dai media. “Il presidente ha parlato del periodo precedente al 24 febbraio. In quel periodo era necessario applicare misure preventive per evitare che la Russia iniziasse una guerra. Vi ricordo che le uniche misure discusse in quel periodo erano le sanzioni preventive”, ha scritto l’addetto stampa del presidente ucraino, Serhii Nykyforov. Tuttavia, la spiegazione non corrisponde alle parole del presidente ucraino: secondo qualsiasi interpretazione ragionevole, Zelenskyy stava esortando i membri della “comunità internazionale” a colpire la Russia ora, in modo da non ripetere quelli che lui considera “gli errori del periodo prebellico”.

Lungi dall’essere una gaffe, il sentimento alla base dell’appello di Zelenskyy è stato una parte costante della posizione politica di Kiev dall’inizio della guerra. I più alti funzionari di Kiev, fino a Zelenskyy compreso, hanno per mesi chiesto a Washington di imporre una no-fly zone sull’Ucraina, una mossa che avrebbe quasi certamente trascinato gli Stati Uniti in una guerra contro la Russia. L’amministrazione di Zelenskyy continua inoltre a chiedere l’immediata adesione dell’Ucraina alla NATO, che presumibilmente obbligherebbe l’alleanza ad intervenire sul terreno in Ucraina contro l’invasione delle forze russe.

L’appello di Zelenskyy per un attacco preventivo alla Russia giunge sulla scia di una notizia bomba del New York Times, secondo cui la morte della giornalista russa Daria Dugina in un attentato dinamitardo a Mosca sarebbe stata orchestrata da elementi del governo ucraino. Funzionari statunitensi avrebbero ammonito le loro controparti ucraine in merito all’uccisione, che a loro dire non serve ai legittimi obiettivi ucraini sul campo di battaglia e rischia di provocare attacchi russi di rappresaglia contro funzionari di Kiev.

Nel complesso, gli eventi dell’ultima settimana hanno messo sotto i riflettori le sottili ma significative divergenze di interesse tra Kiev e Washington. La leadership ucraina, impegnata in quella che considera una guerra esistenziale per la sopravvivenza della nazione ucraina, ha segnalato che tollererà qualsiasi rischio e sopporterà qualsiasi costo in nome della vittoria totale sulla Russia. La Casa Bianca, pur investendo pesantemente nel successo dell’Ucraina, ha tracciato rigidi confini militari e politici volti a prevenire un’escalation nucleare e ad impedire che il conflitto si riversi in una più ampia guerra convenzionale sul continente europeo. Anche se Zelenskyy spinge l’Occidente a commettere quello che è de jure un atto di guerra contro la Russia, gli alti funzionari statunitensi esprimono privatamente e pubblicamente la preoccupazione che la guerra russo-ucraina possa esplodere in una catastrofica spirale nucleare.

“Per la prima volta dalla crisi dei missili di Cuba, abbiamo una minaccia diretta dell’uso (di un’arma) nucleare se le cose dovessero continuare sulla strada intrapresa”, ha dichiarato giovedì Joe Biden durante un intervento ad una raccolta fondi dei Democratici. “Non credo che esista la capacità di usare facilmente un’arma nucleare tattica e non finire con l’Armageddon”, ha aggiunto, riferendosi alle notizie secondo cui Mosca potrebbe usare armi nucleari tattiche in Ucraina per riprendere il sopravvento in seguito alle continue battute d’arresto del suo sforzo bellico.

Vladimir Putin ha festeggiato venerdì il suo settantesimo compleanno sullo sfondo di quella che anche le voci pro-Cremlino nei media e nella politica russa riconoscono come una situazione difficile sul campo in Ucraina. Mosca non controlla completamente nessuna delle quattro regioni ucraine che ha annesso il mese scorso – le offensive ucraine ad est e a sud hanno avuto un parziale successo nel respingere lentamente le forze russe. A sette mesi dall’inizio della guerra, il Cremlino sembra essere lontano dal raggiungimento dei suoi principali obiettivi bellici – tra cui la capitolazione incondizionata del governo di Zelenskyy ed il drastico degrado delle capacità militari a lungo termine dell’Ucraina – come non lo è mai stato.

Tuttavia, il leader russo non ha mostrato alcun segno che indichi che stia anche solo contemplando la possibilità di ritirarsi dall’Ucraina di fronte ai crescenti costi militari ed economici. Al contrario, Putin ha dimostrato con le parole e con i fatti di essere cupamente determinato a portare a termine l’invasione. Nell’ultimo mese, Mosca ha mobilitato 300.000 riservisti qualificati, ha riorientato la sua industria della difesa in vista di un conflitto prolungato, ha insistito sul fatto che le discussioni sullo status dei suoi nuovi territori annessi sono “off-limits” ed ha segnalato la volontà di usare le armi nucleari se i suoi interessi fondamentali per la sicurezza verranno minacciati.

Gli eventi delle ultime settimane dimostrano che la guerra è entrata in una nuova pericolosa fase, scatenando nuovi appelli alla de-escalation. “È giunto il momento di fare un passo indietro”, ha dichiarato il segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres, condannando i piani di annessione della Russia. “Ora più che mai, dobbiamo lavorare insieme per porre fine a questa guerra devastante e insensata e sostenere la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale”.

Il miliardario della tecnologia Elon Musk ha scritto su Twitter una formula per la pace che prevede il riconoscimento della Crimea, controllata dalla Russia, il rifacimento dei referendum nelle quattro regioni annesse dalla Russia sotto la supervisione delle Nazioni Unite e la garanzia della neutralità dell’Ucraina.

La proposta di Musk è una variante aggiornata ed un po’ più complessa del piano di pace presentato da Henry Kissinger all’inizio dell’estate. Sebbene differiscano nei dettagli dell’esecuzione, si basano sugli stessi presupposti: non esiste una soluzione militare alla tragedia umana che si sta consumando in Ucraina e i politici devono abbandonare i sogni mal concepiti di pace attraverso una vittoria totale a favore di un serio impegno diplomatico. I prossimi negoziati saranno sicuramente difficili, ma l’alternativa che si profila – uno scontro frontale tra le due maggiori potenze nucleari del mondo – è impensabile.
Mark Episkopos è giornalista esperto di sicurezza nazionale per il The National Interest.


Elon Musk "eroe" di Mosca per il suo piano di pace che regala la Crimea alla Russia. L'ira di Kiev e della Ue
Massimo Basile
4 ottobre 2022

https://www.repubblica.it/esteri/2022/1 ... 368537591/

NEW YORK - La sua "proposta di pace" lanciata su Twitter ha fatto infuriare il governo ucraino, spinto un ambasciatore tedesco a mandarlo a quel paese, indignato l’Unione Europea e ottenuto gli applausi del Cremlino. Nel dibattito internazionale sul destino dell’Ucraina, a quasi otto mesi dall’invasione da parte della Russia, ha fatto irruzione il miliardario Elon Musk, con un intervento che è piaciuto a Mosca.

Le proposte di Musk

Tra i vari punti del suo sondaggio social, il fondatore del gigante di auto elettriche Tesla e di SpaceX sostiene che l’Ucraina dovrebbe “rimanere neutrale" e concedere alla Russia la Crimea. Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha definito la proposta un “passo positivo” e ricordato all’agenzia Tass che Mosca è “sempre aperta a negoziati per mettere fine al conflitto”, anche se le ultime notizie indicano il movimento di soldati russi in vista di un possibile attacco nucleare. A Mosca, intanto, Musk è diventato un eroe. “Persone come lui - ha detto il deputato della Duma per la Crimea, Mikhail Sheremet - dovrebbero diventare presidente degli Stati Uniti e non come Biden, diventato vergogna del popolo americano, trasformando il Paese in un tiranno e assassino internazionale”.

Secondo Musk, il referendum tenuto a settembre nelle regioni occupate dai russi dovrebbe essere rifatto sotto la supervisione delle Nazioni Unite. Inoltre, l’Ucraina “dovrebbe rimanere neutrale” e riconoscere che la Crimea, annessa in modo illegale dai russi nel 2014, dovrebbe diventare “formalmente parte della Russia”. Il sondaggio, lanciato ai suoi più di 107 milioni di follower, ha registrato finora quasi il 60 per cento di "no" al piano. Hanno votato in più di due milioni e mezzo. Musk, come nel suo stile, non ha accettato il risultato, dando la colpa ai "bot", i software che generano azioni ripetitive, ma senza fornire prove.

La risposta di Zelensky

Tra gli account verificati del social c’è, però, quello del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che ha rilanciato un proprio sondaggio: “Quale Elon Musk preferite? Quello che sostiene l’Ucraina o quello che sostiene la Russia?”. I "sì" alla prima opzione hanno sfiorato l’80 per cento. Il miliardario ha risposto piccato: “Sono assolutamente a favore dell’Ucraina, ma sono convinto che una drammatica escalation della guerra provocherà enormi danni all’Ucraina e al resto del mondo”. Musk ha poi ricordato di aver messo a disposizione di Kiev la rete satellitare Starlink, con una spesa di 80 milioni di dollari (“Il nostro impegno per la Russia - ha aggiunto - ammonta a zero dollari”). Ma le spiegazioni non hanno raffreddato le proteste.

Musk, ha accusato il consigliere di Zelensky, Mikhailo Podolyak, “sta cercando di legittimare i referendum farsa. Le centinaia di migliaia di persone morte a Mariupol voteranno? Quelli finiti nei campi di concentramento?”. “Elon Musk - ha aggiunto Podolyak - lei crea razzi e sogna di colonizzare Marte. La Russia crea forni crematori mobili e sogna che l’Ucraina come nazione sparisca. Non è una questione di voto”. “Coloro che propongono all’Ucraina di rinunciare alla sua gente e alla sua terra - ha commentato duramente il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba - presumibilmente per non ferire l’ego di Putin o per salvare l’Ucraina dalla sofferenza, devono smettere di usare la prola ‘pace’ come un eufemismo per lasciare che i russi uccidano e stuprino di altri ucraini innocenti e prendano altra terra”.


Il "vaffa" dell'ambasciatore

“Questa - ha comentato il commissario Ue all’Ambiente, Virginijus Sinkevicius - non è scienza dei missili: la Russia ha invaso l’Ucraina. Non c’è un’Ucraina senza Crimea così come non c’è una Tesla senza batterie”. L’ambasciatore tedesco in Ucraina, Andrij Melnyk, è stato più diretto e sintetito: “Fanc… è la mia risposta diplomatica”.

Musk ha cominciato a inondare la piattaforma di post. “Vale anche notare - ha scritto - che il risultato di questo conflitto potrebbe essere una guerra nucleare”. Un’ora dopo ha lanciato un altro sondaggio: “Proviamo con questa, allora: la gente che vive nel Donbass e in Crimea dovrebbe decidere se fare parte della Russia o dell’Ucraina?”. I "sì" hanno superato il 58 per cento dei 2 milioni e 200mila voti circa e in questo caso il miliardario non ha registrato presenze di account-robot. Musk ha poi aggiunto un altro commento: “La Russia sta facendo una mobilitazione parziale. La farà in modo totale se la Crimea sarà a rischio. Le morti su entrambi i fronti sarebbero devastanti”. “La Russia - ha concluso - ha tre volte la popolazione dell’Ucraina, quindi la vittoria dell’Ucraina è improbabile in una guerra totale. Se ti sta a cuore il popolo dell’Ucraina, cerca la pace”. La sensazione è che la "diplomazia social" di Musk potrebbe essere solo all’inizio.



Ucraina, il «piano di pace» proposto da Elon Musk fa infuriare Zelensky
Franco Sarcina
4 ottobre 2022

https://www.ilsole24ore.com/art/ucraina ... y-AEpXGb5B

In un altro post sempre su Twitter, Musk ha chiesto che i falsi referendum condotti dalla Russia nelle aree occupate – che hanno portato Putin ad autorizzarne l’annessione – siano rifatti sotto la supervisione delle Nazioni Unite.

Ucraini arrabbiati, con Zelensky in testa

Immediata la reazione dell’Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky ha risposto pubblicando un suo sondaggio su Twitter chiedendo ai suoi seguaci se preferivano un Elon Musk che sostiene l’Ucraina o la Russia.

Mykhailo Podolyak, consigliere del capo di stato maggiore del presidente ucraino, ha risposto alla querelle che esisteva già «un piano di pace migliore» che includeva la liberazione completa del territorio, compresa la Crimea.

Musk ha twittato, in seguito in risposta a Zelensky, dichiarando il sui sostegno a Kiev ma mantenendo il suo appello. Sin dai primi giorni della guerra, Musk ha fornito piatti Starlink all’Ucraina, una rete che si è rivelata cruciale nel supportare le infrastrutture di comunicazione in tutta l’Ucraina in quanto contrasta la disinformazione che arriva dalla Russia. Musk ha pubblicizzato tale sforzo in un tweet successivo: «Il costo di SpaceX per abilitare e supportare Starlink in Ucraina è di circa $ 80 milioni finora. Il nostro supporto per la Russia è di $ 0. Ovviamente siamo pro Ucraina».

Il Cremlino: «Fatto positivo»

Anche dalla Russia arriva un commento sulla «proposta di pace» di Musk. «Il fatto di per sé è molto positivo», ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. D’altra parte, ha aggiunto Peskov queste iniziative «si infrangono» contro le decisioni del governo ucraino come quella più recente che ha messo nero su bianco l’«impossibilità di negoziare con il presidente russo, Vladimir Putin».





Kissinger chiarisce sull'Ucraina: no, mai chiesto a Zelensky di cedere territori

Federico Punzi
20 Giugno 2022

https://www.nicolaporro.it/atlanticoquo ... -territori

Contrariamente a quanto riportato e titolato da praticamente tutti i media italiani e anche internazionali, nel suo recente intervento al Forum di Davos Henry Kissinger non ha affatto suggerito al presidente ucraino Zelensky di cedere territori alla Russia per porre fine alla guerra.

Lo ha chiarito in modo molto esplicito lo stesso Kissinger, intervistato da Eric Schmidt nell’ambito di un evento del Berggruen Institute che si è tenuto a Venezia dieci giorni fa.

L’interpretazione corretta era quella che avete potuto leggere solo su Atlantico Quotidiano. A Davos Kissinger non stava chiedendo a Zelensky di rinunciare a Crimea e Donbass più di quanto non stesse chiedendo a Putin di ritirarsi dai territori occupati dopo l’invasione del 24 febbraio, che è poi esattamente l’obiettivo di guerra dichiarato da Kiev e supportato dalla Nato e dai governi occidentali.

Cosa aveva detto a Davos

Cosa aveva detto Kissinger a Davos? Che auspicabilmente i negoziati avrebbero dovuto iniziare “entro i prossimi due mesi”, che “l’esito della guerra dovrebbe essere delineato prima che essa provochi disordini e tensioni che sarebbero difficili da superare” e che “idealmente, la linea di confine dovrebbe essere un ritorno allo status quo ante“. Oltre questo punto, la guerra non riguarderebbe più l’Ucraina, ma la Russia e questo a suo avvisto sarebbe pericoloso per i motivi che vedremo.

Kissinger non aveva usato il verbo “rinunciare”, né “cedere”. Il riferimento allo “status quo ante” però era chiaro: il ritorno alle posizioni precedenti l’invasione russa del 24 febbraio.

Cosa significherebbe in concreto? Basta guardare la mappa. Status quo ante vorrebbe dire per la Russia ritirarsi da tutti i territori occupati dopo il 24 febbraio. Dunque, niente corridoio Donbass-Crimea, niente Mariupol, niente Kherson, ritiro delle forze russe anche dal Donbass. Ma come vedremo Kissinger non suggeriva nemmeno di lasciare la Crimea alla Russia.

La smentita di Kissinger

In questa intervista per la riunione del Berggruen Institute, l’ex segretario di Stato afferma di essere stato travisato e che la sua posizione coincide in pratica con quella del presidente ucraino Zelensky. L’Ucraina deve riconquistare i territori occupati dai russi e solo allora, una volta ripristinato lo status quo ante il 24 febbraio, allora dovrà esserci un cessate-il-fuoco e un negoziato sui territori contesi, Crimea compresa.

Su un punto è molto chiaro: “non può essere permesso” che la Russia tragga un guadagno dall’aggressione, i territori che ha occupato con la forza devono essere recuperati.

Mosca ha perso la “guerra strategica”

Duro il giudizio di Kissinger sull’invasione russa. La sua valutazione è che la Russia abbia “già perso la guerra strategica” mancando gli obiettivi iniziali.

Dimostrandosi non in grado di prevalere in una guerra convenzionale contro un suo vicino più debole, le forze armate russe hanno perso la loro “aura” e ciò cambia drammaticamente l’equilibrio di forze su cui si sono basate la geopolitica e la diplomazia europee dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Ora l’esercito ucraino – a maggior ragione insieme a quello polacco – è un fattore significativo in questo equilibrio. E con il riarmo tedesco il quadro muta completamente.

L’errore di Xi Jinping

Ma nell’intervista Kissinger ha parlato anche di Cina. A suo avviso, Xi Jinping ha commesso un errore nel sostenere Putin aspettandosi una rapida vittoria della Russia, cosa che non è avvenuta. E ora questo supporto è dannoso per Pechino.

E ha anche osservato che, “se la storia è una guida, l’attuale allineamento Russia-Cina ‘senza limiti’ non può durare nel lungo termine“.

A suo avviso però Stati Uniti e Cina devono evitare di andare alla deriva in uno stato di “confronto permanente“, in cui un numero qualsiasi di conflitti minori potrebbe degenerare in una guerra catastrofica.

L’unica alternativa a questo corso di eventi che stiamo già seguendo, è coinvolgere la Cina in un sistema internazionale comune. Come minimo, i leader di entrambe le nazioni devono incontrarsi regolarmente e stabilire un mezzo di comunicazione pronto per evitare giudizi errati ed errori di calcolo che potrebbero portare alla guerra.

La trascrizione

Di seguito la trascrizione integrale del ragionamento di Kissinger sulla guerra in Ucraina nell’intervista per la riunione del Berggruen Institute a Venezia:

Dovremmo almeno avere chiari in mente i nostri obiettivi in modo da poter risolvere il conflitto quando sarà arrivato il momento giusto.

Il contesto

La mia valutazione della situazione è questa: la Russia ha già perso la guerra strategica. Non è stata in grado di sconfiggere un vicino più debole ed è stato anche rivelato che le sue forze militari non sono attrezzate per prevalere in una guerra convenzionale contro i suoi vicini.

Questa è un completa divergenza dal ruolo storico che i leader russi hanno recitato nel governare il loro Paese e dal ruolo del loro esercito nell’evoluzione del loro Paese.

Per tutta l’epoca del secondo Dopoguerra, l’Europa è stata traumatizzata dalla paura di un esercito russo che marciasse con forze convenzionali attraverso i suoi confini. Gran parte della diplomazia dei Paesi europei si è basata su quella paura e la Nato è cresciuta in questo contesto.

Tuttavia, ora da questa guerra emerge che l’esercito convenzionale russo è stato privato della sua aura e si è rivelato non molto ben preparato.

Questa consapevolezza influenzerà la diplomazia per l’intera epoca d’ora in avanti. Innanzitutto, crea una nuova costellazione di forze in Europa. Dopo la guerra, l’esercito ucraino e sicuramente una combinazione di eserciti ucraino e polacco, giocheranno un ruolo significativo nell’Europa centrale, e se si aggiungono le forze tedesche dopo che la loro ricostruzione sarà completata, l’equilibrio delle forze in Europa avrà tutto questo drammaticamente.

D’ora in poi, la principale preoccupazione dell’Europa sarà ovviamente quella di proteggersi dalla Russia, ma soprattutto di contribuire alla struttura del mondo rispetto all’Asia, che sarà il grande problema della prossima epoca.

La situazione in Ucraina

Quindi è in quel contesto che ho parlato della fine della guerra in Ucraina. La situazione attuale è che la Russia occupa il 20 per cento del territorio ucraino così com’era il giorno in cui è iniziata l’invasione. Quel territorio non può rimanere nelle mani delle forze russe perché se una parte sostanziale di esso, e direi qualsiasi parte di esso, viene mantenuta, la Russia avrebbe guadagnato dall’aggressione, il che non dovrebbe essere permesso.

C’è un’altra fetta di territorio ucraino che è stata occupata dalla Russia dieci anni fa e su cui il mondo non si è opposto, sebbene io non abbia approvato. E quel territorio include la Crimea. Cercare di riconquistare questo dopo che lo status quo ante è stato raggiunto, che di per sé sarà un grande sforzo, estenderebbe la guerra, da una guerra contro l’Ucraina a una guerra contro la Russia.

E questo ha due aspetti contraddittori: uno l’escalation da parte della Russia, e questo è particolarmente vero per quanto riguarda la Crimea, ma l’altro potrebbe essere che l’esercito russo si disintegri, nel qual caso potrebbe derivarne una situazione caotica in Asia centrale.

La proposta di Kissinger

Quindi, la mia proposta era che quando la Nato avesse raggiunto il punto in cui è iniziata la guerra, quella sarebbe stata l’occasione per un cessate-il-fuoco, e che l’altro territorio conteso diventasse parte di un negoziato di pace, con un esito da definire attraverso i negoziati. Potrebbe benissimo finire come territorio sostanzialmente mantenuto dall’Ucraina, ma ciò dipenderà da come si evolverà la situazione politica.

La mia raccomandazione è che ci siano due negoziati: per un cessate-il-fuoco lungo lo status quo ante, e ciò richiede la riconquista del 20 per cento di territori ucraini ancora in mano russa, e poi un negoziato di pace in cui ogni questione viene sollevata, comprese le sanzioni, e che offre all’Ucraina e all’Occidente l’opportunità di raggiungere qualsiasi obiettivo si prefigge.

La posizione di Zelensky

Questa era l’essenza della mia proposta, ma i giornalisti l’hanno tagliata e semplificata e nel frattempo il presidente ucraino, che in un primo momento ha espresso disaccordo, ha rilasciato una dichiarazione che vorrei leggervi:

“Per me la vittoria è la restaurazione dell’integrità territoriale, assolutamente di tutti i territori, ma non credo che possiamo riconquistare l’intero territorio con mezzi militari … Bisogna tornare almeno alla linea del 24 febbraio, quella è la linea dove è scoppiata la guerra … Dopo di che possiamo parlare di difendere il territorio che resta attraverso la diplomazia”.

Quindi, il presidente Zelensky in pratica stava dicendo quasi esattamente la stessa cosa che avevo detto io.




Nel 1991 è già stato fatto un referendo regolare in Ucraina, libero, senza minacce e senza violenza, per dicidere se stare un meno con la Federazione russa


1991
Il primo dicembre 1991 fu tenuto in Ucraina il referendum sull’indipendenza dalla URSS/Russia
e fu una votazione libera, democratica, senza violenze né brogli.
https://it.wikipedia.org/wiki/Referendu ... a_del_1991
Il referendum riguardo all'indipendenza dell'Ucraina si è svolto il 1º dicembre 1991. L'unica domanda scritta sulle schede era: "Approvi l'Atto di Dichiarazione di Indipendenza dell'Ucraina?" con il testo dell'Atto stampato prima della domanda. Il referendum fu richiesto dal Parlamento dell'Ucraina per confermare l'Atto di Indipendenza, adottato dal Parlamento il 24 agosto 1991.
I cittadini ucraini espressero un sostegno schiacciante per l'indipendenza. Al referendum votarono 31.891.742 (l'84.18% dei residenti) e tra di essi 28.804.071 (il 90.32%) votarono "Sì".
Nello stesso giorno, si tennero anche le elezioni presidenziali, nella quale gli ucraini elessero Leonid Kravčuk (all'epoca Capo del Parlamento) Presidente dell'Ucraina.
https://it.wikipedia.org/wiki/Referendu ... a_del_1991
L'unica domanda scritta sulle schede era: "Approvi l'Atto di Dichiarazione di Indipendenza dell'Ucraina?" con il testo dell'Atto stampato prima della domanda. Il referendum fu richiesto dal Parlamento dell'Ucraina per confermare l'Atto di Indipendenza, adottato dal Parlamento il 24 agosto 1991.
Vinsero i SI con una percentuale del 90,32%.
I SI vinsero in TUTTE le regioni del paese.
E quindi anche nella russofona Crimea e nel russofono Donbass vinsero gli indipendentisti a grande maggioranza:
In Crimea i SI ottennero il 54,19% dei suffragi.
Nel Donbass:
Donec'k- Oblast' di Donec'k 76,85%
Luhans'k - Oblast' di Luhans'k 83,86%
Charkiv- Oblast' di Charkiv 75,83%
Nel Donbass ci vivevano ucraini filo Ucraina e ucraini russi che avevano simpatie per la Russia e nel loro insieme al referendo per l'Indipendenza dell'Ucraina dall'URSS oltre il 70% di loro votò per il Sì. Quindi la sovranità statuale era dell'Ucraina e non della Russia e inoltre vi erano anche i diritti degli ucraini da salvaguardare che i separatisti filo russi hanno violentemente calpestato.


23 anni dopo le popolazioni filorusse del Donbass e dell'Ucraina hanno perso ogni possibile e valido diritto ad effettuare un qualsiasi ulteriore referendo per l'indipendenza dall'Ucraina e l'annessione alla Federazione russa, dopo aver intrapreso una guerra civile fatta di violenza e terrorismo contro la sovranità ucraina e contro i diritti umani, civili e politici delle popolazioni ucraine di questi territori perseguendone la pulizia etnica.
Guerra terroristica in Donbass promossa dalla Russia di Putin e in Crimea con l'invasione militare e la successiva annessione

Se vi è qualcuno che avrebbe l'autorità sovrana a decidere in merito sarebbe unicamente il popolo ucraino, tutti i cittadini dell'Ucraina poiché la proprietà del territorio del Donbass e della Crimea appartiene a loro e non tanto e solo alle popolazioni filorusse di questi territori.



Il Donbass e la Crimea sono parte dell'Ucraina e non della Russia
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1613077124

Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non dei russi e della Russia
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 143&t=3000
https://www.facebook.com/profile.php?id=100078666805876

3)
Demografia etnico linguistica nell'Ucraina, in Crimea e nel Donbass

Demografia del Donbass

Oltre ad essere territorio legittimo dell'Ucraina era ed è abitato prevalentemente da ucraini, nel censimento del 2001 si definivano come ucraini il 78,8%, nel 2015, sempre secondo il Centro Razumkov, l’86%, e oggi il 92%.
Solo una minoranza di costoro, circa il 21%, era di lingua russa e politicamente russofila.

Quindi questa minoranza di lingua russa e politicamente russofila non aveva alcun diritto civile e politico alla sovranità democratica su questa terra.

Da un punto di vista dei diritti umani, civili e politici è la maggioranza della popolazione che determina la sovranità politica e non la minoranza, la quale va solo rispettata nelle sue specificità civili e linguistiche.
La pretesa di questa minoranza alla sovranità politica sul Donbass viola i diritti umani, civili e politici della maggioranza della popolazione che è e si sente ucraina.


Non vi è quindi alcun diritto della minoranza russofono-russofila che sia stato violato dall'Ucraina e dagli ucraini del Donbass.
Caso mai è il contrario questa minoranza minimale con l'appoggio della Russia di Putin ha violato i diritti umani, civili e politici della maggioranza ucraina del Donbass.

Chi sostiene questa minoranza criminale e terroristica viola i diritti umani, civili e politici della maggioranza ucraina del Donbass e dello stato ucraino.


Seconda parte

Demografia del Donbass censimento 2001

Dati demografici, etnico linguistici per farsi un quadro della situazione dell'Ucraina e del Donbass e meglio comprendeene le dinamiche, le implicazioni, i risvolti e le conseguenze

Un sondaggio rivela che più del 90% dei cittadini ucraini si considerano di etnia ucraina
UACRISIS.ORG
22.03.2020

https://uacrisis.org/it/55302-ukraine-identity

Secondo uno studio condotto dal Centro Razumkov, il 92% dei cittadini ucraini si considerano di etnia ucraina. Sono invece il 6% coloro che si identificano come appartenenti all’etnia russa, mentre ad altri gruppi etnici l’1,5 %. Dopo l’indipendenza dell’Ucraina nel 1991, questo è il tasso più alto mai registrato sull’autodeterminazione.
I dati rivelano che l’annessione della Crimea e l’aggressione russa nel Donbass hanno accelerato il processo di autoidentificazione. Infatti, secondo il censimento del 2001 si definivano come ucraini il 78,8%, nel 2015, sempre secondo il Centro Razumkov, l’86%, e oggi il 92%. Secondo lo studio, la percentuale di coloro che si considerano ucraini è più alta tra i più giovani – dai 18 ai 22 anni (96,2%). Tra gli over 60, è invece inferiore al 90%.

Il Vice Direttore Generale del Centro Razumkov Yuriy Yakimenko ha detto che le ragioni per tale cambiamento vanno ricercate nel fatto che il numero dei russi etnici è ridotto a causa dell’annessione della Crimea e dell’occupazione del Donbas. Ma nonostante ciò, l’aggressione russa ha influito sul numero totale, dato che più persone si sono autoidentificate come ucraine.

La “bi-etnia” della popolazione dell’Ucraina

Inoltre, lo studio ha sottolineato l’esistenza di problemi relativi alla multipla identificazione e alla “bi-etnia” come uno degli aspetti più rilevanti della formazione dell’identità etnica.
Nel sondaggio vi era la possibilità di indicare sia la propria etnia che la propria nazionalità.
Il 74% degli intervistati totali in Ucraina sente di appartenere ad una sola etnia, il 12% ritiene di appartenere a due o più nazionalità, il 6% non si sente di appartenere a nessuna nazionalità e l’8% sono gli indecisi.

Tra gli ucraini etnici, il 77% sente di appartenere ad un’unica nazionalità, invece tra i russi etnici solo il 39%. Coloro che invece si sentono contemporaneamente appartenenti a due o più nazionalità, sono rispettivamente il 10% per gli ucraini e il 30% per i russi, mentre a nessuna nazionalità rispettivamente il 5% e il 20%.

Tra coloro che dichiarano di appartenere allo stesso tempo a due o più nazionalità, vi sono in particolare i residenti del Donbas (27%), delle regioni del Sud (24%) e dell’Est (19%) , mentre nell’Ovest e Centro sono solo il 6%.

Inoltre è stato rilevato che nelle regioni del Donbas, del Sud e dell’Est la percentuale di coloro che non si ritengono appartenenti ad alcuna nazionalità è molto più alta, con rispettivamente il 20%, 10% e 12% (contro il 2% dell’Ucraina Centrale e l’1% dell’ovest dell’Ucraina).

I sociologi hanno riportato che si può anche identificare non solo di un rifiuto ma anche un distanziamento rispetto all’autoidentificazione. Ciò sembra essere una caratteristica peculiare dei russi etnici in Ucraina, al pari della bi- o polietnicità.


Terza parte

Lingua madre: ucraino o russo?

Il 68% dei cittadini considera l’ucraino come lingua madre, il 17% entrambe le lingue (ucraino e russo), solo russo il 14%, e lo 0,7% un’altra lingua. Nella regione occidentale, coloro che considerano l’ucraino come lingua madre sono il 93% degli intervistati, nella regione centrale – l’84%, nel Sud il 42%, nell’Est il 36%, nel Donbas il 27%.

Coloro che dichiarano il russo come lingua madre sono localizzati per il 2% in Ucraina occidentale, per il 6% in quella centrale, il 31% nelle regioni del Sud, il 24% nell’Est e il 42% nel Donbas.
Coloro che invece dichiarano ugualmente ucraino e russo sono invece collocati rispettivamente per il 3%, il 10%, il 26%, il 38% e il 29%.

“Il fattore etnico ucraino influenza l’uso più frequente dell’ucraino” ha detto Yuri Yakimenko. Fra gli ucraini etnici, la lingua ucraina viene considerata come lingua madre dal 73% mentre il 18% sono coloro che si dichiarano madrelingua di entrambi gli idiomi.

La nostalgia dell’URSS
Secondo un sondaggio precedente del Centro Razumkov, nel mese di novembre 2016, i due terzi (65%) degli ucraini si sono dichiarati contrari ad un possibile ripristino dell’Unione Sovietica, il 13% hanno dichiarato di volerlo mentre un altro 22% ha risposto “sì, ma capisco che alle condizioni attuali è impossibile.”

Gli ucraini etnici che hanno risposto negativamente sul ripristinare l’Unione Sovietica ammontano al 69%, invece russi etnici solo il 39%.

Secondo l’ultimo sondaggio, il 27% degli intervistati in Ucraina si considerano cittadini dell’ex Unione Sovietica. Più frequentemente si considerano cittadini dell’URSS gli abitanti del Sud (48%) e dell’Est (41%), mentre nelle altre regioni si va solamente dal 17% al 21%.
Il sondaggio è stato condotto dal Centro Razumkov il 3-9 marzo 2017 Sono stati intervistate 2.016 persone in tutte le regioni d’Ucraina, tranne territori occupati.




La popolazione della regione di Donetsk. Popolazione della regione di Donetsk

l'economia 2022

https://ita.agromassidayu.com/naselenie ... age-235284

La regione di Donetsk è una regione con un'alta concentrazione di produzione industriale, trasporti e una significativa densità di popolazione. Secondo il Comitato statale statale, dal 1 ° gennaio 2015 la popolazione della regione di Donetsk è stimata in 4, 31 milioni di persone. Densità di popolazione di 165 persone / km 2 - questa cifra è 2, 2 volte superiore alla media dell'Ucraina (75, 5 persone / km²).

Nessuno risponderà sicuramente alla domanda su quante persone si trovano nella regione di Donetsk. Va tenuto presente che la difficile situazione politica influisce in modo significativo sulla migrazione dei residenti nella regione, quindi il loro numero esatto è attualmente impossibile da calcolare. Al 1 ° gennaio 2013, c'erano 18 distretti nella regione, 52 città (28 delle quali di rilevanza regionale), 131 insediamenti urbani e 1.118 altri insediamenti, in cui vivevano in totale 4.375.000 persone. La popolazione urbana era di 3.964.200 abitanti (91%), la popolazione rurale - 411.000 (9%). Il rapporto percentuale rimane approssimativamente lo stesso, sebbene i dati assoluti siano notevolmente diminuiti.

Sul territorio, che occupa il 4, 4% dell'area dell'Ucraina, circa il 20% di tutte le capacità produttive del paese è concentrato e il 9, 6% della popolazione vive. Dal numero della regione di Donetsk occupava un primo posto incondizionato tra le altre regioni del paese.

Crisi demografica

La popolazione delle regioni di Lugansk e Donetsk a causa di conflitti armati è notevolmente diminuita. I dati provenienti da fonti diverse sono diversi, ma anche stime modeste indicano centinaia di migliaia di rifugiati che hanno lasciato la regione. Le autorità del DPR e LPR parlano di 825.000 rifugiati (450.000 da Donetsk e 375.000 dalle regioni di Lugansk), mentre il Servizio federale per le migrazioni della Federazione Russa ha riferito di 733.000 migranti. I dati delle Nazioni Unite sono molto più modesti: 200.000 sfollati in Russia e 190.000 all'interno dell'Ucraina.

Ma anche prima di questi eventi, è stata osservata una crisi demografica nel Donbass. Pertanto, nel 2013 rispetto al 2012, la popolazione della regione di Donetsk è diminuita di 27.700 persone, di cui 23.200 negli insediamenti urbani, 4.500 negli insediamenti rurali. Sulla base di 1 mila abitanti, la popolazione è diminuita di 6, 3 persone, mentre l'intensità della riduzione nelle aree rurali è 1, 9 volte superiore (11 persone per 1000 abitanti) rispetto agli insediamenti urbani (5, 8 per 1000).

Le dimensioni del declino complessivo della popolazione nel 2012 sono state del 99, 7% a causa del declino naturale (il numero di morti è 1, 6 volte il numero delle nascite) e dello 0, 3% a causa del deflusso migratorio (il numero di morti ha superato lo 0, 1% numero di arrivi).


Dinamica

Negli anni '30, la regione di Donetsk divenne la più grande regione di popolazione dell'Ucraina, davanti alla regione di Vinnitsa. Nel 1959, il 10, 2% della popolazione ucraina viveva qui, nel 1970 e 1979 - il 10, 4%. Nel 1989, la popolazione della regione di Donetsk è scesa al 10, 3%, nel 2014 - al 9, 6%. La percentuale di anziani (oltre 60) nel Donbass è del 10, 7% della popolazione, mentre tra i minori di 14 anni solo l'8, 3%.

Durante gli eventi del 2014, un'entità quasi-statale, la Repubblica popolare di Donetsk, si è formata in una parte del territorio della regione di Donetsk. A partire dal 2015, controllava circa 1/3 dell'area della regione di Donetsk, dove il 55, 8% della sua popolazione viveva prima della guerra.

Le dinamiche storiche dei cambiamenti nella popolazione della regione di Donetsk:

1926: 1.645.000 persone.
1939: 3.099.810
1959: 4.262.048
1970: 4.891.979
1979: 5160641 persone.
1989: 5332395 persone.
2001: 4841074 persone.
2014: 4.343.900

La prima metà del 2015

Sebbene la popolazione della regione di Donetsk non sia conosciuta in modo affidabile, le autorità locali mantengono statistiche su entrambi i lati. I principali indicatori demografici per gennaio-giugno 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014:

La popolazione del Donbass tra le regioni dell'Ucraina è caratterizzata dai più alti tassi di invecchiamento della popolazione. Nel 1989, la popolazione di età inferiore ai 14 anni è diminuita del 50% (in Ucraina - 40%), al di sopra dei 65 anni è aumentata del 31% (in Ucraina - 15%).

Nel periodo 1989-2014. l'età media nella regione è aumentata di 5, 7 anni (in Ucraina - di 4, 1 anni), l'età media - di 6, 5 anni (in Ucraina - di 5 anni). Qual è il più grande aumento dell'età media della popolazione tra tutte le regioni ucraine.

Nel 2014 l'età media dei cittadini era di 42, 5 anni, ovvero 1, 9 anni in più rispetto alla media ucraina. Con questo coefficiente, la regione di Donetsk occupa il penultimo posto tra le regioni dell'Ucraina, solo nella regione di Chernihiv l'età media della popolazione era maggiore. L'età media della popolazione della regione di Donetsk nel 2014 era di 42, 1 anni - 2, 3 anni in più rispetto all'Ucraina.


Urbanizzazione

Nella regione di Donetsk ha registrato il più alto livello di urbanizzazione tra le regioni dell'Ucraina, oltre il 90% della sua popolazione vive in città. Questo indicatore è rimasto stabile negli ultimi decenni, rispetto al 1979, è cresciuto solo dell'1, 5% e rispetto al 1989 - dello 0, 3%.

Allo stesso tempo, la popolazione urbana della regione di Donetsk, insieme alla vicina Lugansk, è caratterizzata dai più alti tassi di spopolamento in Ucraina. Nel periodo 1989-2014 la popolazione urbana della regione è diminuita del 18, 2%, il doppio rispetto alla media dell'Ucraina (9, 4%). Nella regione di Donetsk nel periodo 1989-2014 ha rappresentato il 27% della riduzione totale della popolazione urbana dell'Ucraina (877.400 di 3.251.000).

Popolazione urbana
...
Percentuale di urbanizzazione
Città più grandi

Elenco delle città di Donbass (2014) per popolazione:

Donetsk: 945.000 persone.
Mariupol: 458.000 persone
Makeevka: 352.000
Horlivka: 254.000 persone
Kramatorsk: 163.000
Slavyansk: 116.000 persone
Enakievo: 81.000 persone
Artyomovsk: 77.000
Konstantinovka: 76.000 persone
Krasnoarmeysk: 64.000 persone
Druzhkovka: 59000 persone.
Khartsyzsk: 58.000 persone


Struttura della lingua etnica

La composizione della popolazione della regione di Donetsk dovuta al ripristino su larga scala delle imprese industriali del dopoguerra, che ha richiesto l'attrazione del lavoro dalle regioni interne dell'URSS, è caratterizzata dalla diversità nazionale.
Sebbene i cittadini che si considerano ucraini siano la maggioranza, la maggioranza della popolazione preferisce parlare russo. Dinamica della lingua madre del Donbass secondo i censimenti:




Composizione etnica dell'Ucraina


https://it.wikipedia.org/wiki/Ucraina
Ucraini 77,5%,
Russi 17,2%,
Rumeni e Moldavi 0,8%,
Bielorussi 0,6%,
Tatari di Crimea 0,5%,
Bulgari 0,4%,
Ungheresi 0,3%,
Polacchi 0,3%,
Armeni 0,2%
Greci 0,2%,
Tatari 0,2%,


https://it.public-welfare.com/3988435-t ... tsk-region


Distribuzione etnica della popolazione della città di Donetsk
https://it.frwiki.wiki/wiki/Donetsk
Distribuzione etnica della popolazione della città di Donetsk: 48,15% russi; 46,65% ucraini; 1,15% bielorussi; 0,99% greci; 0,50% ebrei; 0,49% tartari; 0,40% armeni; 0,20% azero; 0,20% georgiani; altro 1,27%.
Mentre gli abitanti del nord e dell'ovest dell'Ucraina parlano prevalentemente ucraino , in questa regione il russo è la lingua dominante, come lo è per la maggior parte degli abitanti del Donbass, indipendentemente dalla loro posizione.

Per chi ha continuato a credere nella propaganda sulla volontà del Donbass di stare con la Russia.
Alessandra Casula
23 aprile 2022
https://www.facebook.com/alessandra.cas ... 3202852906
Ve lo dicevo che i rifugiati russofoni del Donbass in Italia non raccontavano la storiella di Putin e in cui siete cascati. Poco prima della guerra, “il favore verso l’integrazione con la Russia non era elevato: 33% a Donetsk, 24% a Lugansk e Odessa, 15% a Kharkiv, mostrando come anche nelle regioni orientali del paese sussistessero grandi differenze e non fosse affatto vero, come si è poi affermato e si continua a ripetere da più parti, che nell’est dell’Ucraina la popolazione fosse largamente favorevole all’integrazione con la Russia. Anzi, uno studio del 2018 ha rilevato come la guerra non abbia modificato nella popolazione del Donbass la propria identità ucraina che, quindi, è qualcosa di più di una semplice appartenenza linguistica.
A marzo 2014 si registrarono scontri a Kharkov, Donetsk e Lugansk, con l’occupazione dei municipi e delle istituzioni locali. Secondo gli osservatori OSCE le forze di polizia non intervennero o si mostrarono solidali con i manifestanti filorussi. In aprile vennero occupate le amministrazioni di Kramatorsk, Sloviansk e Mariupol, questa volta con il supporto di uomini armati. Si trattava perlopiù di paramilitari che arrivavano dalla Russia . La provenienza russa dei miliziani e di larga parte dei dimostranti che occuparono le varie municipalità è la prova che non si è mai trattato, fin dall’inizio, di una guerra civile ma di uno “scenario crimeano” fatto di agitatori e truppe irregolari inviate da Mosca per destabilizzare e infine occupare le regioni orientali dell’Ucraina”


I diritti umani, civili e politici degli ucraini violati dai nazifascisti russi
I diritti umani, civili e politici degli ucraini violati dai filorussi e dalla Russia suprematista e imperialista di Putin in Ucraina e nelle sue regioni del Donbass e della Crimea
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 2734682162


Non sono i russi dell'Ucraina l'etnia maltrattata, oppressa e oggetto di pulizia etnica genocidaria come racconta la propaganda nazifascista russa amplificata dai suoi demenziali sostenitori in Occidente, ma sono gli ucraini dell'Ucraina e dei suoi territori del Donbass e della Crimea.
Sono in molti che si sono fatti ingannare: pochi in demenziale buona fede e molti in malvagia malafede l'hanno fatta propria.


10)
Considerazioni sull'autodeterminazione, sul diritto all'autonomia, all'indipendenza, alla secessione, all'annessione ad altri stati e sui relativi referendi



Ieri un'altra pesante condanna della Russia da parte dell'Assemblea Generale dell'ONU.
Giacomo de Feo
13 ottobre 2022

https://www.facebook.com/giacomo.defeo/ ... 5351405864

143 paesi condannano la fraudolenta annessione;
35 si astengono;
contrari solo Bielorussia, Nord Corea, Siria, Nicaragua e qualche italico pupazzetto di Putin, che crede ai suoi referendum farsa


Luca Venturini
I referendum sono più o meno farsa quanto tanti altri simili. Bisogna chiedersi se quelle popolazioni voterebbero nello stesso modo se i referendum fossero un po' meno farsa. Direi che voterebbero nello stesso modo, quindi che i referendum siano farsa o meno diventa di poco interesse.

Elisabetta Cenci
Luca Venturini io propongo di rifarlo con gli ispettori ONU così rivotano per la Russia si cede la Crimea e magari si fa la pace

Luca Venturini
Elisabetta Cenci sì. Uno spreco di tempo e soldi, ma si può fare. Tra l'altro credo che gli ispettori ci fossero, ma pochi.

Giacomo de Feo
Luca Venturini In Donbas il 90% nel ‘91 ha votato per l’indipendenza dell’Ucraina. Ora che conoscono la gestione di Putin una stima conservativa è un buon 95% di favorevoli a restare in Ucraina


Gino Quarelo
Le considerazioni da fare sono molto più complesse e debbono tener conto di vari aspetti e di molti fattori:
1) la variazione demografica per effetto della pulizia etnica
2) la modalità con cui lo stato ha acquisito la sovranità di quel territorio da cui una parte vuole secedere
3) la consistenza storica della parte che vuol secedere
4) i diritti di tutte le minoranze e i pericoli a cui andrebbero incontro in caso di separazione/indipendennza di quel territorio
5) eventuali risarcimenti a compensazione
6) i diritti dello stato e di tutti i suoi cittadini a cui appartiene la sovranità di quel territorio
7) la eventuale perdita del diritto politico alla separazione/indipendenza per indegnità dovuta a gravi comportamenti criminali nei confronti dello stato, e delle altre parti etniche minoritarie o meno di quel territorio
8 ) ...



Un referendum sull'indipendenza è un tipo di referendum in cui i cittadini di un territorio, generalmente rappresentanti una minoranza all'interno dello stato di appartenenza, decidono, concordando con lo Stato, se il territorio debba diventare uno stato sovrano indipendente attraverso un processo di secessione. Un referendum sull'indipendenza non sempre porta all'indipendenza.
https://it.wikipedia.org/wiki/Referendu ... dipendenza
Un referendum per l'indipendenza di solito nasce dopo il successo politico da parte di movimenti politici nazionalisti, separatisti o secessionisti di un territorio circoscritto all'interno di uno stato sovrano. I negoziati per i termini di un referendum sull'indipendenza possono aver luogo tra i nazionalisti e il governo centrale che esercita la sovranità sul territorio. Se i termini vengono concordati dalle due entità, allora il referendum sull'indipendenza può essere tenuto con risultato vincolante e rispettato dalla comunità internazionale. I referendum sull'indipendenza devono essere tenuti col consenso dei governi, ma alcuni vengono eseguiti in maniera illegale e i loro risultati sono solitamente ignorati dalla comunità internazionale. L'unico caso in cui un referendum illegale abbia portato alla creazione di uno nuovo Stato sovrano è quello per l'indipendenza del Kosovo dalla Serbia nel 2008.
Varie questioni possono essere discusse nei negoziati, come la data e il calendario del sondaggio, così come l'eleggibilità degli elettori. Per questi casi, la pratica elettorale comune è spesso ampiamente utilizzata, anche se possono esserci delle deviazioni, come visto con l'abbassamento dell'età del voto per il referendum sull'indipendenza scozzese del 2014.
Tra le altre questioni da negoziare figura spesso la forma con cui viene posto il quesito referendario, possono infatti essere offerte alternative di maggiore autonomia o di mantenimento dello status quo. Nei negoziati viene anche affrontato il livello di approvazione che rende il risultato referendario vincolante all'avvio della secessione. Per alcuni referendum sull'indipendenza è necessaria una maggioranza semplice mentre in altri casi, è possibile utilizzare una determinata percentuale per essere vincolante.

Nel caso di voto favorevole per l'indipendenza, e riconoscimento della validità da parte dello stato sovrano, potrebbero esserci negoziati sui termini della secessione per il territorio dallo stato sovrano. Viene quindi fatta una dichiarazione di indipendenza per un nuovo stato, e possono seguire il riconoscimento internazionale, nonché l'adesione a organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite. In caso di referendum non riconosciuti dall'autorità statale centrale, ciò può portare a una dichiarazione unilaterale di indipendenza, e quindi a stati parzialmente riconosciuti o autoproclamati.
Spesso nel caso di un voto contrario all'indipendenza, si sviluppano delle ulteriori richieste per una replica del referendum sull'indipendenza. Ad esempio, dopo due referendum in Québec, il Parti Québécois ha continuato a sollevare la prospettiva di tenere un altro referendum, il Partito nazionale scozzese ha affermato che ci dovrebbe essere una ripetizione del referendum del 2014 se il Regno Unito lasciasse l'Unione Europea.

Diritto all'autodeterminazione

La legittimità di un quesito referendario per l'indipendenza di un'entità territoriale rispetto allo stato sovrano di cui fa parte richiama spesso il principio di autodeterminazione di un popolo. Il principio in questione è menzionato nella Carta delle Nazioni Unite del 1945, ma la sua portata e il suo contenuto normativo sono il frutto di successivi contributi della giurisprudenza internazionale. L’ambito in cui il principio ha trovato inizialmente applicazione, grazie all'Assemblea generale dell’ONU, è quello del processo di decolonizzazione, affermando l’idea che le popolazioni soggette a dominazione coloniale abbiano il diritto di determinare liberamente la propria condizione politica e di perseguire liberamente il proprio sviluppo economico, sociale e culturale.

Esempi di applicazione del principio di autodeterminazione possono essere ritrovati nei pareri consultivi della Corte internazionale di giustizia rispetto alla Namibia (1971), sul Sahara occidentale (1975), nonché con la successiva sentenza relativa al caso di Timor Orientale (1995). Per completare il quadro si deve aggiungere la sentenza resa nel 1998 dalla Corte suprema del Canada a proposito della questione del Québec. Dovendo infatti valutare, su richiesta del Governo canadese, la legittimità delle pretese di indipendenza tramite secessione del Québec alla luce del diritto costituzionale canadese e del diritto internazionale, la Corte afferma che il principio in questione si applica ai popoli che si trovino in tre situazioni specifiche:

popoli soggetti a dominio coloniale;

popoli il cui territorio è stato occupato da uno Stato straniero;

popoli che all’interno di uno Stato sovrano si vedano rifiutare un accesso effettivo all'esercizio del potere di governo;

Il terzo punto risulta essere il più problematico da decifrare perché oltre alla difficoltà di definire l'espressione “popolo”, risulta complessa l'interpretazione di "libero accesso all'esercizio del potere di governo" e di quali siano i suoi limiti.


Unità territoriale

Il principio di autodeterminazione si scontra direttamente con il limite rappresentato da un altro principio sancito dal diritto internazionale, relativo all'integrità territoriale degli Stati. I confini sono fondamentali per garantire la sopravvivenza degli Stati e la loro salvaguardia, contro secessioni, invasioni e annessioni, è fondamentale per mantenere la sicurezza nazionale e uno status di equilibrio geopolitico nella comunità internazionale.

Generalmente la salvaguardia dell'unità territoriale è uno dei principi fondativi degli Stati e l'integrità dei confini viene garantita attraverso articoli appositi nelle costituzioni degli Stati.


Politica interna ed estera
Dinamiche interne
La legittimità del diritto di autodeterminazione non può non tenere conto dell'assetto interno dei singoli stati interessati e, in particolare, dei limiti al suo esercizio determinati dal diritto costituzionale dei singoli ordinamenti. Nel rispetto al principio di legalità, è dunque alla luce dell’ordinamento costituzionale interno e del contesto politico centrale che deve essere valutata la legittimità di rivendicazioni indipendentiste che infatti, non a caso, hanno ottenuto risposte diverse nel caso di Scozia o Quebec, dove il governo dello stato centrale ha acconsentito allo svolgersi di un referendum popolare, o per contro in Spagna, dove il Tribunale costituzionale e il governo centrale hanno decretato l’illegittimità del referendum medesimo. Spetta quindi alla politica farsi carico di tali situazioni e utilizzare gli strumenti più adeguati per affrontare la questione non altrimenti sanabile sul solo piano della logica giuridica.

...
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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom ott 23, 2022 8:59 am

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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom ott 23, 2022 9:00 am

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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom ott 23, 2022 9:00 am

10)
Il demenziale e triste esempio di un povero americano filorusso e antiucraino: Ron Paul.
Portato come emblema da tutti i demenziali filorussi dell'Occidente



Gino Quarelo
Ron Paul era (all'epoca e se non si è corretto lo è ancora) un ignorante del diritto internazionale, un bugiardo privo di qualsiasi considerazione per l'Ucraina e di rispetto dei diritti umani, civili e politici degli ucraini. Una vergogna per gli americani e per i libertari e un cattivo esempio e per tutti noi. Ed è tutto fuorché un libertario.
Come fa un libertario ad avere simpatia e ammirazione per dittatori criminali e sanguinari come Saddam Hussein e Vladimir Putin? Cha grado di inciviltà, di disumanità e di inaffidabilità democratica vi è in chi riconosce a questi dittatori una speciale libertà e uno specialissimo diritto alla prepotenza, a uccidere, a sterminare, a sopraffare dissidenti, avversari, cittadini innocenti, vicini liberi e sovrani?
Come fa un libertario e un politico serio e affidabile far propria la propaganda menzognera dei dittatori arrivando ad affermare tutte le demenzialità che troviamo elencate in questo discorso datto da Ron Paul, animato dalla sola e vile preoccupazione di non urtare-irritare-contrastare la Russia imperialista e suprematista di Putin?
I filorussi e i russi non avevano alcun diritto di sottrarre né con la violenza né con un referendo forzato la sovranità dei territori orientali dell'Ucraina come il Donbass e la Crimea. Non esiste la libertà di predare il prossimo con la truffa, l'inganno, il furto, la rapina, la minaccia, la violenza, il ricatto, l'aggressione violenta e l'invasione miltare.


ERA GIÀ TUTTO AMPIAMENTE SCRITTO (DA ALMENO 8 ANNI)

Alex Swan
11 ottobre 2022
https://www.facebook.com/alexswan.it/po ... P8Dnt6bXPl
Il 4 dicembre 2014, il Congresso americano approva (con soli 10 voti contrari!) una risoluzione, la H. Res. 758, in cui si “condanna fermamente l’operato della Federazione Russa, sotto il presidente Vladimir Putin”, accusata di aver “perseguito una politica di aggressione contro i paesi vicini finalizzata al dominio politico ed economico”.
Lo stesso giorno il senatore Ron Paul, in un articolo pubblicato sul R.P. Institute, critica duramente quella risoluzione, ritenendola mera “propaganda di guerra” e accusando il Congresso di voler, “incoscientemente, dichiarare guerra” alla Russia.
Ecco il testo di quell’articolo (dal sito di Maria Missiroli):
“Oggi la Camera americana ha approvato quella che considero una delle peggiori leggi di sempre. La H. Res. 758 è stata espressamente scritta come risoluzione che "condanna severamente le azioni della Federazione Russa, sotto la guida del presidente Vladimir Putin, che ha perseguito una politica di aggressione contro i paesi confinanti finalizzata al dominio politico ed economico".
In realtà, il decreto è costituito da 16 pagine di propaganda di guerra che dovrebbe far arrossire persino i neocon, se fossero capaci di una cosa come arrossire.
Si tratta del tipo di risoluzioni che ho sempre tenuto sott'occhio da vicino quando ero al Congresso, in quanto quello che viene definito come "innocue" dichiarazioni di opinione spesso porta a sanzioni e guerra. Ricordo di aver parlato accesamente, nel 1998, contro l'Iraq Liberation Act perché, come dissi all'epoca, sapevo che avrebbe portato alla guerra. Non mi opponevo alla legge perché ero un ammiratore di Saddam Hussein - così come non sono un ammiratore di Putin o di ogni altro leader politico straniero - ma piuttosto perché sapevo che un'altra guerra contro l'Iraq non sarebbe stata una soluzione ai problemi e avrebbe in tutta probabilità peggiorato le cose. Sappiamo tutti cosa successe poco dopo.
È per questo che mi riesce difficile credere che di nuovo riescano a passarla liscia, questa volta con una posta persino più alta: provocare una guerra contro la Russia potrebbe portare alla distruzione totale!
Se qualcuno pensa che stia esagerando su quanto è deleteria questa risoluzione, lasciate che vi offra qualche esempio dalla legge stessa:
La risoluzione (paragrafo 3) accusa la Russia di un'invasione dell'Ucraina e condanna la violazione della sovranità dell'Ucraina da parte della Russia. L'affermazione è fornita senza alcuna prova. Sicuramente con i nostri satelliti sofisticati che possono leggere una targa d'automobile dallo spazio dovremmo avere video e foto di questa invasione russa. Niente di tutto questo è stato mostrato. Per quanto riguarda la violazione della sovranità dell'Ucraina, perché non si tratta di violazione della sovranità dell'Ucraina se gli Stati Uniti partecipano al rovesciamento del governo eletto del paese come è stato a febbraio? Abbiamo ascoltato tutti le intercettazioni di ufficiali del Dipartimento di Stato che tramavano con l'ambasciatore statunitense in Ucraina per rovesciare il governo. Abbiamo sentito il vice Segretario di Stato Victoria Nuland vantarsi del fatto che gli Stati Uniti hanno speso 5 miliardi di dollari per il cambio di regime in Ucraina. Perché tutto ciò è OK?
La risoluzione (paragrafo 11) accusa la gente dell'Ucraina dell'est di aver tenuto "elezioni fraudolente e illegali" lo scorso novembre. Come mai tutte le volte che delle elezioni non hanno l'esito desiderato dal governo americano esse sono definite "illegali" e "fraudolente"? La gente dell'Ucraina dell'est non ha forse diritto all'autodeterminazione? Non si tratta di un basilare diritto umano?
La risoluzione (paragrafo 13) esige il ritiro delle forze russe dall'Ucraina nonostante il governo americano non abbia fornito alcuna prova che l'esercito russo sia mai stato in Ucraina. Questo paragrafo sollecita inoltre il governo di Kiev a riprendere le operazioni militari contro le regioni orientali che cercano l'indipendenza.
La risoluzione (paragrafo 14) afferma con certezza che il volo 17 della Malaysia Airlines schiantatosi in Ucraina è stato abbattuto da un missile "sparato dai separatisti appoggiati dalla Russia nell'est dell'Ucraina". Questo è semplicemente scorretto, in quanto il rapporto finale dell'indagine su questa tragedia non sarà rilasciato prima del nuovo anno e il rapporto preliminare non afferma che l'aereo sia stato abbattuto da un missile. Il rapporto preliminare (a cui hanno partecipato tutti i paesi coinvolti) non attribuisce responsabilità a nessuna delle due parti.
La risoluzione (paragrafo 16) condanna la Russia per la vendita di armi al governo di Assad in Siria. Non fa menzione, naturalmente, del fatto che queste armi serviranno a combattere l'ISIS - un nostro dichiarato nemico - mentre le armi americane fornite ai ribelli in Siria sono in realtà finite nelle mani dell'ISIS!
La risoluzione (paragrafo 17) condanna la Russia per quello che secondo gli Stati Uniti equivale a sanzioni economiche ("misure economiche coercitive") contro l'Ucraina. Questo nonostante gli Stati Uniti abbiano ripetutamente colpito la Russia con sanzioni economiche e ne stiano prendendo in considerazione altre ancora!
La risoluzione (paragrafo 22) afferma che la Russia ha invaso la Repubblica della Georgia nel 2008. Questo è semplicemente falso. Persino l'Unione Europea - non certo amica della Russia - ha concluso nella sua indagine sugli eventi nel 2008 che era stata la Georgia a "iniziare una guerra ingiustificata" contro la Russia, non viceversa! Come può il Congresso far passare falsità così sfacciate? I deputati non si prendono la briga neanche di leggere queste risoluzioni, prima di votare?
Nel paragrafo 34 la risoluzione comincia persino a diventare comica, condannando la Russia per presunti attacchi alle reti informatiche degli Stati Uniti e "acquisizione illecita di informazioni" sul governo americano. All'indomani delle rivelazioni di Snowden sul livello di spionaggio americano sul resto del mondo, come possono gli Stati Uniti avanzare pretese di autorità morale per condannare altri per tali azioni?
Fa rabbrividire che la risoluzione prenda di mira gli organi di stampa e TV russi finanziati dallo stato, affermando che "distorcono l'opinione pubblica". Il governo americano, naturalmente, spende miliardi di dollari in tutto il mondo per finanziare e sostenere organi di stampa e TV, incluse Voice of America e RFE/RL, oltre a sussidiare media "indipendenti" in innumerevoli paesi oltreoceano. Tra quanto le fonti alternative di informazione come RussiaToday saranno bandite negli Stati Uniti? Questa legge ci porta più vicino al giorno infausto in cui il governo decide il tipo di programmazione che possiamo o non possiamo seguire, al tempo stesso chiamando questa violazione "libertà".
La risoluzione dà il via libera (paragrafo 45) al presidente ucraino Poroshenko affinché riprenda l'assalto militare nelle province orientali indipendentiste, sollecitando il "disarmo delle forze separatiste e paramilitari in Ucraina orientale". Questa mossa significherà molte ulteriori migliaia di morti tra la popolazione civile.
A questo scopo, la risoluzione coinvolge direttamente il governo americano nel conflitto, affidando al presidente americano il compito di "rifornire il governo ucraino di letali e non letali apparati da difesa, di servizi e addestramento necessari per difendere efficacemente il suo territorio e la sua sovranità". Questo significa armi americane nelle mani di forze addestrate dagli americani impegnate in una guerra "calda" al confine della Russia. Suona forse come una buona idea?
In questa legge ci sono troppe altre affermazioni ridicole e raccapriccianti per discuterle in modo completo. Probabilmente, la singola parte più preoccupante di questa risoluzione, tuttavia, è l'affermazione che l'"intervento militare" della Federazione Russa in Ucraina "pone una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale". Questa terminologia non è incidentale: questa frase è la pillola velenosa piantata in questa legge, da cui seguiranno risoluzioni future e più aggressive. Dopo tutto, se accettiamo che la Russia stia ponendo una "minaccia" alla pace internazionale, come si può ignorare una cosa simile? Queste sono le chine scivolose che portano alla guerra.
Questa legge pericolosa è passata oggi, 4 dicembre 2014, con soli dieci (!) voti contrari! Solo dieci legislatori sono preoccupati dall'uso di flagrante propaganda e di falsità per promuovere sciagurati tintinnii di sciabole verso la Russia.
Ecco la lista dei deputati che hanno votato "NO" a questa legge. Se non trovate il vostro rappresentante su questa lista, chiamatelo e chiedetegli perché stanno votando per portarci più vicino alla guerra con la Russia! Se invece il vostro rappresentante è sulla lista, chiamatelo e ringraziatelo per aver tenuto testa ai guerrafondai.


Hanno votato “NO” alla H. Res. 758:
1) Justin Amash (R-MI)
2) John Duncan (R-TN)
3) Alan Grayson, (D-FL)
4) Alcee Hastings (D-FL)
5) Walter Jones (R-NC)
6) Thomas Massie (R-KY)
7) Jim McDermott (D-WA)
8 George Miller (D-CA)
9) Beto O’Rourke (D-TX)
10 Dana Rohrabacher (R-CA)”


Ecco alcune delle demenzialità nel discorso di Ron Paul:

Se qualcuno pensa che stia esagerando su quanto è deleteria questa risoluzione, lasciate che vi offra qualche esempio dalla legge stessa:

1)
La risoluzione (paragrafo 3) accusa la Russia di un'invasione dell'Ucraina e condanna la violazione della sovranità dell'Ucraina da parte della Russia. L'affermazione è fornita senza alcuna prova. Sicuramente con i nostri satelliti sofisticati che possono leggere una targa d'automobile dallo spazio dovremmo avere video e foto di questa invasione russa. Niente di tutto questo è stato mostrato.
2)
Per quanto riguarda la violazione della sovranità dell'Ucraina, perché non si tratta di violazione della sovranità dell'Ucraina se gli Stati Uniti partecipano al rovesciamento del governo eletto del paese come è stato a febbraio? Abbiamo ascoltato tutti le intercettazioni di ufficiali del Dipartimento di Stato che tramavano con l'ambasciatore statunitense in Ucraina per rovesciare il governo. Abbiamo sentito il vice Segretario di Stato Victoria Nuland vantarsi del fatto che gli Stati Uniti hanno speso 5 miliardi di dollari per il cambio di regime in Ucraina. Perché tutto ciò è OK?
3)
La risoluzione (paragrafo 11) accusa la gente dell'Ucraina dell'est di aver tenuto "elezioni fraudolente e illegali" lo scorso novembre. Come mai tutte le volte che delle elezioni non hanno l'esito desiderato dal governo americano esse sono definite "illegali" e "fraudolente"? La gente dell'Ucraina dell'est non ha forse diritto all'autodeterminazione? Non si tratta di un basilare diritto umano?
4)
La risoluzione (paragrafo 13) esige il ritiro delle forze russe dall'Ucraina nonostante il governo americano non abbia fornito alcuna prova che l'esercito russo sia mai stato in Ucraina. Questo paragrafo sollecita inoltre il governo di Kiev a riprendere le operazioni militari contro le regioni orientali che cercano l'indipendenza.
5)
La risoluzione (paragrafo 14) afferma con certezza che il volo 17 della Malaysia Airlines schiantatosi in Ucraina è stato abbattuto da un missile "sparato dai separatisti appoggiati dalla Russia nell'est dell'Ucraina". Questo è semplicemente scorretto, in quanto il rapporto finale dell'indagine su questa tragedia non sarà rilasciato prima del nuovo anno e il rapporto preliminare non afferma che l'aereo sia stato abbattuto da un missile. Il rapporto preliminare (a cui hanno partecipato tutti i paesi coinvolti) non attribuisce responsabilità a nessuna delle due parti.
6)
La risoluzione (paragrafo 16) condanna la Russia per la vendita di armi al governo di Assad in Siria. Non fa menzione, naturalmente, del fatto che queste armi serviranno a combattere l'ISIS - un nostro dichiarato nemico - mentre le armi americane fornite ai ribelli in Siria sono in realtà finite nelle mani dell'ISIS!
7)
La risoluzione (paragrafo 17) condanna la Russia per quello che secondo gli Stati Uniti equivale a sanzioni economiche ("misure economiche coercitive") contro l'Ucraina. Questo nonostante gli Stati Uniti abbiano ripetutamente colpito la Russia con sanzioni economiche e ne stiano prendendo in considerazione altre ancora!
8 )
La risoluzione (paragrafo 22) afferma che la Russia ha invaso la Repubblica della Georgia nel 2008. Questo è semplicemente falso. Persino l'Unione Europea - non certo amica della Russia - ha concluso nella sua indagine sugli eventi nel 2008 che era stata la Georgia a "iniziare una guerra ingiustificata" contro la Russia, non viceversa! Come può il Congresso far passare falsità così sfacciate? I deputati non si prendono la briga neanche di leggere queste risoluzioni, prima di votare?



Contestazione punto per punto:

1)
L'invasione della Crimea da parte della Russia è pienamente documentata:
Omini verdi, soldati russi senza mostrine (febbraio-marzo 2024)
https://it.wikipedia.org/wiki/Omini_verdi_(militari)

Anche le infiltrazioni in Donbass, i rifornimenti di armi e di esplosivo e i finanziamentio ai separatisti terroristi è pienamente documentato già all'epoca del discorso di Ron Paul nel dicembre del 2014
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Donbass


2)
Tutta l'Ucraina nel 1991 aveva votato a forte maggioranza il referendo per l'indipendenza dalla Federazione russa. Con l'avvento di Putin e il ritorno della sua Grande Russia imperiale anche in Ucraina si è attivata la minoranza filorussa per contrastare la stragrande maggioranza degli ucraini filo Occidente (EU e USA) ed è iniziata una sorta di guerra civile che nel 2014 sfociò nei moti di piazza che portarono alla destituzione del presidente filo russo:
https://it.wikipedia.org/wiki/Viktor_Janukovy%C4%8D
https://it.wikipedia.org/wiki/Euromaidan
Certamente l'Occidente e in particolare gli USA avevano tutto l'interesse e il dovere di sostenere e di aiutare l'Ucraina democratica e la sua maggioranza filo occidentale e di contrastare la deriva filo russa oligarchica e nazifascista.
Questo aiuto però non si è mai concretizzato come invasione militare simile a quanto accaduto in Crimea con l'invasione dei russi.

3)
Il diritto all'autodeterminazione si articola contemporaneamente in due modi/aspetti/fronti:
uno che riguarda la popolazione del territorio considerato e di tutte le sue etnie e uno che riguarda la sovranità dello Stato e quindi di tutti i suoi cittadini.
Il diritto all'autodeterminazione delle popolazioni filorusse non deve ledere il diritto delle popolazioni ucraine non filorusse e quello di tutti i cittadini dell'Ucraina.
Quindi non esiste alcuna ragionevole legittimità e legalità nelle scelte politiche, elettive e referendarie fatte dalle ninoranze/maggioranze filorusse in Donbass e in Crimea a danno dai cittadini ucraini e delle minoranze/maggioranze ucraine non filorusse.

4)
Le prove c'erano vedasi il Punto 1) ed è più che giusto che un paese libero e sovrano si difenda e contrasti militarmente le criminali derive separatiste e terroriste e le invasioni militari dei paesi vicini.


5)
Il volo Malaysia Airlines 17
https://it.wikipedia.org/wiki/Volo_Malaysia_Airlines_17
Il velivolo perse i contatti con gli enti del controllo del traffico aereo a circa 50 km dal confine tra Ucraina e Russia e precipitò in prossimità dei villaggi di Hrabove, Rozsypne e Petropavlivka nell'Oblast' di Donec'k, in Ucraina, ma a quel tempo controllato da forze secessioniste filo-russe durante la guerra dell'Ucraina orientale. Le investigazioni ufficiali, condotte dal governo olandese, conclusero che l'aereo fu abbattuto da un missile terra aria lanciato da quel territorio.

Abbattimento volo Malaysia Airlines MH17, richiesta di ergastolo Access to the comments
23/12/2021
La richiesta dei procuratori olandesi è il carcere a vita per i 4 imputati per l'abbattimento del volo Malaysia Airlines MH17 sopra l'Ucraina orientale, avvenuto nel 2014, in cui sono morti 208 civili.
Kiev aveva immediatamente accusato i combattenti indipendentisti.
Processati in contumacia sono 4 ribelli separatisti, 3 cittadini russi, Igor Girkin, Sergey Dubinskiy e Igor Pulatov, e 1 ucraino, Leonid Kharchenko. Per loro è stato dunque chiesto l'ergastolo.
https://it.euronews.com/2021/12/23/abba ... -ergastolo


Otto anni dopo l’abbattimento del volo Malaysian MH17 è ancora una ferita aperta

"La Russia continua a seminare dolore e morte sul suolo ucraino. Ma niente resterà impunito" ha dichiarato il presidente Zelensky per ricordare il disastro aereo nel quale persero la vita 298 persone
Tommaso Lecca
17 luglio 2022

https://www.agi.it/estero/news/2022-07- ... -17464850/

AGI - Otto anni dopo la ferita dell'abbattimento di un aereo malaysiano nei cieli dell'Ucraina è ancora una ferita aperta. E anche se non c'erano ucraini a bordo del volo MH17 partito da Amsterdam alla volta di Kuala Lumpur, per il presidente Volodymyr Zelensky quanto accaduto il 17 luglio del 2014 è la prova della impunità di cui gode la Russia, considerata responsabile dell'abbattimento a conclusione di un'inchiesta internazionale.

"Nell'ottavo anniversario dell'incidente aereo MH17, i nostri pensieri sono con i parenti e gli amici di coloro che sono stati uccisi impunemente dalla Russia. Attualmente, la Russia continua a seminare dolore e morte sul suolo ucraino. Ma niente resterà impunito! Ogni criminale sarà assicurato alla giustizia!" ha dichiarato il presidente ucraino in un tweet per ricordare il disastro aereo nel quale persero la vita 298 persone.
"L'Ucraina rimane ferma nel suo impegno nel ricercare verità, giustizia e responsabilità per l'abbattimento del volo MH17", ha aggiunto in una nota del ministero degli Affari esteri dell'Ucraina. Il volo Malaysia Airlines fu abbattuto da un missile di fabbricazione russa nei cieli dell'Ucraina orientale, all'epoca al centro del conflitto tra le forze separatiste russe e Kiev.
"Abbiamo piena fiducia nel procedimento penale indipendente, aperto e imparziale contro i presunti colpevoli nella Procura nazionale olandese e nel procedimento di responsabilità dello Stato presso l'Organizzazione per l'aviazione civile internazionale", si legge ancora nella nota del Paese oggi in guerra con la Russia. Le presunte responsabilità di Mosca sul destino del MH17 non vengono date per certe - come invece fatto nel tweet pubblicato questa mattina da Zelensky - ma la diplomazia di Kiev ha sottolineato che "l'invasione russa in Ucraina è senza dubbio un momento difficile e doloroso per le famiglie e i cari delle tragiche circostanze che circondano l'abbattimento del volo MH17".
"Anche se nulla può riportare indietro coloro che hanno perso la vita, o diminuire il dolore e l'angoscia subiti dalle loro famiglie e dai loro cari, è imperativo perseguire la responsabilità e garantire che un incidente cosi' tragico non si ripeta più", ha concluso il ministero degli Esteri ucraino.


6)
Mi pare giusto che gli USA condannino la Russia per la fornitura delle armi ad Assad contro cui stava combattendo la coalizione occidentale
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_siriana
In ambito ONU si è verificata una profonda spaccatura tra Stati Uniti, Francia e Regno Unito, che hanno espresso sostegno ai ribelli contro il dittatore Assad, e Cina e Russia, che invece sostengono il governo siriano di Assad sia in ambito diplomatico sia in quello militare

7)
Mi pare più che giusto che gli USA abbiano condannato le sanzioni economiche Russe all'Ucraina e che abbiano sanzionato la Russia per questo e per la sua aggressione all'Ucraina


8 )
In Georgia
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_in_Georgia
Nonostante progressi politici significativi, la Georgia ha dovuto ancora affrontare le istanze di indipendenza dell'Abcasia e dell'Ossezia del Sud che minacciavano la stabilità e l'integrità del paese. L'8 agosto del 2008 il presidente Saakashvili mise in campo le truppe georgiane dell'Ossezia del Sud in un tentativo di schiacciare le forze separatiste supportate da Mosca. La Russia reagì mandando la 58ª armata in Ossezia del Sud, ufficialmente per difendere i cittadini russi che risiedevano lì, e così l'11 agosto del 2008 scoppiò la guerra tra Russia e Georgia, con l'aviazione russa che bombardò il territorio georgiano per pregiudicarne la forza offensiva, mentre le truppe di terra attaccarono la città di Gori. Il 15 agosto venne firmato l'accordo per il cessate il fuoco, dopo il quale la Russia ha unilateralmente riconosciuto l'indipendenza delle due repubbliche secessioniste e ha installato presidi militari permanenti, in una mossa che de facto ha tolto alla Georgia la loro sovranità.

Ron Paul al tempo di questo discorso eri una vergogna filo russa e antiamericana altro che libertario!
Essere antiinterventista non implica sostenere il male e le sue menzogne, vergognati Ron Paul!
https://it.wikipedia.org/wiki/Ron_Paul
Ron Paul è per il non-interventismo: vorrebbe il ritiro di tutte le truppe statunitensi presenti in Medio Oriente, in Europa e nel resto del mondo. A tal proposito egli ha indicato come priorità per il governo USA di smettere di essere "il poliziotto del mondo".Nel solco della tradizione libertariana egli è favorevole al neutralismo in politica estera, sostenendo che esso sia garanzia di prosperità economica e sviluppo nella libera circolazione delle merci, una posizione che può essere sintetizzata con il celebre motto di Thomas Jefferson "commercio con tutte le nazioni, alleanza con nessuna".Per questi motivi Ron Paul ha proposto la fine della politica statunitense di embargo contro Cuba.
In merito ai rapporti con Israele Ron Paul ha dichiarato di considerare esso come un semplice partner al pari degli altri Paesi di quella regione, proponendo la cancellazione di ogni sovvenzione verso lo Stato ebraico così come verso ogni altra nazione. È contrario sia al NAFTA sia all'integrazione statale con il Messico, sostenendo che ambedue possano potenzialmente provocare una enorme ondata migratoria e una cessione impropria di sovranità e indipendenza a favore di élite tecnocratiche non controllabili dal popolo. È inoltre per l'uscita degli Stati Uniti da tutte le organizzazioni sovranazionali, quali ONU, NATO, WTO e FTAA.
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