L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì!

Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » ven feb 03, 2023 8:29 am

7)
Il caso del patriora ucraino Mykola Mychnovskiy


UCRAINA, DEDICATA UN'ALTRA VIA A UN ANTISEMITA
La denuncia di Eduard Dolinsky, direttore generale del Comitato ebraico ucraino: «Il Consiglio comunale di Kiev ha rinominato oggi il viale dell'amicizia popolare in viale Mykola Mychnovskiy, in onore dell'ideologo nazionalista ucraino che scrisse: "Tutti i popoli sono vostri fratelli, ma m*sc*v*ti, p*l*cch*, *br*i sono n*m*c* del nostro popolo" e "L'Ucraina è solo per gli *cra*n*".»
https://www.facebook.com/groups/1427379 ... 067551014/


Gino Quarelo

Mykola Mychnovskiy
https://it.frwiki.wiki/wiki/Mykola_Mikhnovsky
(nato il 31 marzo 1873 e morto il 3 maggio 1924) è ricordato dagli ucraini più come patriota e per il suo valore come tale che per il suo antisemitismo che era comunque marginale e che a quel tempo era diffuso in tutta l'Europa cristiana e in molti personaggi della cultura e della politica in ogni paese a cui sono dedicate strade e piazze.

A quel tempo l'Ucraina era in guerra con la Polonia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_polacco-ucraina
https://it.frwiki.wiki/wiki/Mykola_Mikhnovsky
e i rapporti con la Russia moscovita erano pessimi da sempre;
il suo antisemitismo era quello proprio del mondo cristiano e tipico del cristianismo (che è un'eresia dell'ebraismo) fin dal tempo di Cristo e dei primi cristiani che erano tutti ebrei e che odiavano gli ebrei ortodossi non cristiani.
A me pare che questa presa di posizione sia pretestuosa e strumentale e vada contro l'Ucraina.

L'Italia è piena di luoghi con nomi di personaggi antiebraici, antisemiti, antisraeliani a cominciare dagli imperatori romani che hanno invaso Israele, represso le loro rivolte, distrutto Gerusalemme e sterminato gli ebrei.
Poi vi sono i papi, i re, i generali, i letterati, gli intellettuali, ... una sfilza di antisemiti da far paura.
Anche Dante a suo modo era antigiudeo:
https://moked.it/blog/2021/07/07/dante- ... semitismo/

Ma questa è parte della storia e quello che è importante non è cancellare la storia (perché ciò che è stato non si può cancellare e nemmeno dimenticare perché la storia è maestra di vita e serve di lezione) ma combattere il pregiudizio antiebraico (antigiudaico, antisionista e antisraeliano) che ci viene dal cristianismo, dal maomettismo e dalla incultura di sinistra.
Demonizzare oggi il più che giusto nazionalismo ucraino che si sta difendendo dalla criminale aggressione genocidaria nazifascista russa non fa altro che alimentare l'antisemitismo e l'odio per gli ebrei anche laddove non vi è più o è un residuo del passato in via di estinzione.


Questa pagina sottolinkata
è una pagina di sinistrati russo-bruni antiamericani, anti UE, anti NATO, antiucraini e filo Putin, vergogne umane che appoggiano il nazifascismo suprematista e imperialista russo e la sua criminale aggressione all'Ucraina.
Questi sono anche antisemiti e antisraeliani filo nazismo maomettano palestinese che si nascondono e mascherano dietro un demenziale antifascismo ucraino.
https://www.facebook.com/CoordinamentoU ... tifascista

Ucraina: il magnate Kolomojskij e la lotta al separatismo
Osservatorio Balcani e Caucaso
Dnipropetrovsk (Danilo Elia)
16/09/2014

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucr ... smo-155545

Dnipropetrovsk, città russofona del sudest ucraino, è diventata il centro nevralgico dell’offensiva contro i separatisti del Donbass. Il ruolo dell'oligarca e ora governatore Igor Kolomojskij e della locale comunità ebraica. Un reportage

Non puoi fare una passeggiata per Dnipropetrovsk senza inciampare in qualcosa che no sia di Igor Kolomojskij. Proprietario della prima banca ucraina, di una manciata di compagnie aeree, di diversi canali televisivi, industrie metallurgiche e della squadra di calcio Dnipro FC, è da qualche mese anche il governatore della regione, nominato all’indomani della fuga di Janukovič dall’allora presidente ad interim Turčinov. L’uomo più potente della città è anche capo della comunità ebraica, una forte componente di Dnipropetrovsk.

Profondo sudest del paese, popolosa città industriale tutta palazzine prefabbricate e ciminiere, grossa fetta di popolazione russa, assoluta maggioranza di abitanti russofoni. Nata russa, col nome di Ekaterinoslav in onore di Caterina la Grande, è da sempre protesa a est, culturalmente ed economicamente. Per dirne una, è qui che si costruiscono i missili delle testate balistiche intercontinentali russe e i vettori spaziali lanciati dal cosmodromo di Baikonur. Dnipro, come la chiamano qui, qualche mese fa avrebbe potuto diventare una seconda Donetsk. Per molti non è un caso se invece è diventata il centro nevralgico dell’offensiva governativa contro i separatisti.


Oligarchi generosi

Il museo dell’Olocausto ebraico in Ucraina profuma ancora di pittura. Alle pareti e nelle bacheche gli utensili della vita quotidiana di un’operosa comunità si mescolano a cimeli dolorosi, legati a una storia di persecuzione e morte, ai pogrom, alla Shoah. Più stupefacente dell’esposizione, però, è il luogo in cui si trova, non una città occidentale dell’antica Galizia ebraica, non a Leopoli né a Černivtsy.

“Gran parte della collezione la dobbiamo alle generose donazioni del signor Kolomojskij e altri esponenti della comunità”. Igor Ščupak è il direttore del museo, direttore dell’Istituto ucraino per gli studi sull’Olocausto “Tkuma”. Il suo ufficio si trova al ventiduesimo piano del centro ebraico Menorah, un complesso enorme. “Ne andiamo fieri, lo ammetto”.

Ščupak ha tutte le ragioni per non nascondere il proprio orgoglio. La sua terrazza domina tutta la città. All’orizzonte, oltre il maestoso letto del fiume Dnipro, una distesa di stabilimenti a perdita d’occhio sono la fonte di danaro di una ristretta cerchia di super ricchi. Su una distesa di grigi kruščëvky – i prefabbricati a tre piani delle periferie sovietiche che sembravano già vecchi appena finiti – il Menorah si staglia con l’imponenza delle sue sette torri da 50mila metri quadrati. Oltre al museo e alla sinagoga, comprende due alberghi a cinque stelle, una galleria di negozi, ristoranti kosher, un centro conferenze, una sala per concerti e migliaia di metri quadrati di uffici. È il centro ebraico più grande al mondo in un posto del mondo in cui non ti aspetteresti di trovarlo. “Diciamo che la comunità ebraica qui è molto unita”, Ščupak ama gli eufemismi. Il Menorah è costato qualcosa come 70milioni di dollari. Messi da Kolomojskij e da un paio di altri miliardari.


Ebrei e neonazisti

Sono sempre di più i fili che legano Kolomojskij e i suoi alla lotta ucraina contro i separatisti. L’oligarca è il fondatore e primo finanziatore dei battaglioni paramilitari Donbass e Dnipro, per molti nient’altro che una milizia privata al suo comando; ha offerto una taglia 10mila dollari per ogni “sabotatore” russo catturato e in una telefonata intercettata e diffusa da LiveLeaks ha messo in guardia il leader separatista Oleg Tsarev dicendogli che la comunità ebraica aveva staccato un assegno di un milione di dollari per la sua testa. In risposta al suo impegno contro i separatisti, le autorità russe della Crimea hanno sequestrato tutte le sue proprietà nella penisola, mentre lo scorso luglio il tribunale di Mosca ha emesso nei suoi confronti un ordine d’arresto in contumacia con l’accusa di omicidio e organizzazione di attività di guerra.

Sono in molti a riferire che i soldi di Kolomojskij non armano però solo i battaglioni Dnipro e Donbass, ma anche il famigerato battaglione Azov. Con un “dente di lupo” e un “sole nero” (simboli araldici e esoterici legati all’iconografia nazista) nello stemma e radici nei movimenti di estrema destra, il battaglione Azov è la formazione volontaria che più fa parlare di sé tra tutte le forze impegnate nella riconquista del Donbas. Ha stretti legami con gli estremisti del Pravy Sektor e i neonazisti di Patriot Ukraiyny.

Ma questo non sembra creare problemi a Kolomojskij, come non sembra creare problemi l’ingombrante figura di Stepan Bandera, cui si rifà la destra nazionalista. Il controverso personaggio storico che fu a capo dell’esercito partigiano Upa durante la Seconda guerra mondiale per alcuni storici è responsabile della morte di migliaia di ebrei al fianco dei nazisti.

“Quasi sempre gli eroi popolari di una parte sono criminali per un’altra. È normale. Hanno combattuto, hanno ucciso”, dice Ščupak. “Ma se me lo chiedi, ti dico che Bandera non è un mio eroe”. A parlare è adesso il direttore dell’Istituto ucraino per gli studi sull’Olocausto. “L’Upa ha commesso crimini contro gli ebrei? Vero. Gli uomini di Bandera hanno combattuto contro l’occupante sovietico per la libertà del popolo ucraino? Vero. Molti ebrei si sono uniti alla lotta partigiana dell’Upa? Vero. Come vedi, la storia non è sempre lineare. Ciò non toglie che adesso gli ucraini si sentano tutti riuniti sotto una bandiera per combattere un nemico comune”.

Affari e patriottismo

Secondo Ščupak, il risveglio patriottico di Dnipropetrovsk è merito anche dei suoi 50mila appartenenti alla comunità ebraica. Sarà un caso, ma nel tempo è diventato più comune vedere in giro per la città chi non si preoccupa di nascondere la propria osservanza, indossa la kippah o porta i lunghi peot alle orecchie. Non è scontato, l’Ucraina non è un paese antisemita, ma gli atti di antisemitismo non sono rari. Per molti, lo si deve alla popolarità e all’impegno di Kolomojskij.

A sentire i suoi detrattori, Kolomojskij difende solo il proprio business, per altri è un mecenate che finanzia la causa nazionale. “Il signor Kolomojskij dà di più perché può dare di più, ma non è il solo in Ucraina a donare qualcosa per la lotta contro i separatisti”, dice Ščupak. Non sembra sfiorarlo il dubbio che un oligarca che ha accumulato le proprie ricchezze col vecchio regime – e che per questo possa di più degli altri ucraini – sia in una posizione di conflitto tra gli affari, la politica, il ruolo di governatore e, infine, di finanziatore di gruppi paramilitari. “È una cosa normale in Ucraina. Potremmo dire che noi ebrei abbiamo l’oligarca giusto. A Donetsk è andata peggio”, sorride Ščupak.

“La verità è che gli ebrei di Ucraina si sono finalmente resi conto di appartenere a una nazione. Fino a qualche tempo fa molti di noi si sarebbero dichiarati ebrei e basta. Se me lo chiedi adesso, io ti rispondo che sono ebreo ucraino. È questo il paese in cui vivo, la mia casa. Siamo sempre di più a pensarla così”.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » ven feb 03, 2023 8:29 am

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Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » ven feb 03, 2023 8:30 am

8)
Varie



Paolo Porsia
https://grimnir74.livejournal.com/5913972.html

Paolo Porsia
La VERITÀ... LO SAPEVATE DEL BATTAGLIONE EBRAICO IN PRAVY SEKTOR?

Il neonazismo dell’oligarca ebreo ???
Veronica Galster
15 aprile 2022

https://www.areaonline.ch/Il-neonazismo ... o-1811af00

La questione dell’ultranazionalismo ucraino è stata strumentalizzata ad arte da Putin per giustificare l’invasione dell’Ucraina, ma un problema legato alla presenza di gruppi armati di estrema destra esiste, anche se non ai livelli dichiarati dal presidente russo. Per capirne l’effettiva natura, l’influenza che hanno avuto e hanno nel Paese e l’ampiezza del fenomeno, area ha intervistato Matteo Zola, giornalista, direttore responsabile di East Journal ed esperto di Europa centro-orientale e area post-sovietica.

Matteo Zola, come leggere la presenza di gruppi ultranazionalisti di estrema destra in Ucraina senza rischiare di essere tacciati di filorussismo?

La denazificazione dell’Ucraina proclamata da Putin è chiaramente strumentale ed è puramente retorica a fini di propaganda interna. Una cosa che è difficile da capire per chi conosce meno questi Paesi, è che il richiamo alla lotta contro il nazismo è un richiamo molto forte. L’identità russa si è forgiata sulla grande guerra patriottica, cioè sullo sforzo militare della Seconda Guerra mondiale che non era solo per salvare la Russia, ma anche per salvare il mondo dal nazifascismo. Il sentimento nazionale russo è alimentato ed è saldato a questa memoria della lotta al nazifascismo. Quindi, quando Putin parla di “denazificazione” lo fa sapendo che tocca certe leve nel suo popolo, risvegliando antichi ricordi, perché il loro immaginario va immediatamente a quei racconti dei nonni e allo sforzo della liberazione dall’invasione tedesca.

In secondo luogo, è chiaro che c’è una presenza di movimenti di estrema destra in Ucraina. Ci sono movimenti che esistono da quando l’Ucraina è indipendente, quindi ben prima del 2014. Si tratta di un’estrema destra che definirei “tradizionale” e che si rifà all’ultranazionalismo come lo conosciamo anche in altri Paesi d’Europa. Queste destre estreme fanno sempre riferimento a un passato, nel caso ucraino il riferimento è legato a un’identità ucraina di tipo etnico: un’Ucraina fatta di ucraini e dalla quale quindi tutta la componente russofona è esclusa. Questa visione si concentra principalmente nelle regioni occidentali, soprattutto in Galizia, attorno a Leopoli, dove c’è lo zoccolo duro.

Cos’è cambiato dal 2014, dopo la rivoluzione di Maidan?

A partire dal 2014, invece, si sviluppano altri movimenti, il più conosciuto è Pravyi sektor (Settore destro), guidato da Dmytro Jaroš. Inizialmente Pravyi sektor rappresentava solo l’indicazione di dove si trovava questo gruppo all’interno della piazza durante la rivoluzione, non c’era un’ideologia ben definita tra i suoi componenti. Sì, i suoi leader ce l’avevano, ma in quel momento non era importante la politica. Dopo poche settimane invece ha preso una connotazione ideologica molto forte di estrema destra.

Pravy sektor però non è un movimento che ha una grossa influenza politica e alle elezioni parlamentari del 2014 riesce a raccogliere solo l’1,8% dei consensi e il suo leader Dmytro Jaroš, candidato alle presidenziali lo stesso anno, raccoglie solo lo 0,7%.

Non ricevono consenso elettorale, questo significa che il popolo in maggioranza non li sostiene, eppure non sono stati proprio marginali…

Grazie al ruolo importante che questo movimento ha avuto nelle proteste in Piazza Maidan, è comunque riuscito a sfruttare le molte crepe di un sistema democratico vacillante, condizionato dal conflitto e plagiato dalla presenza degli oligarchi. La marginalità istituzionale dell’estrema destra non è sinonimo di debolezza, Pravyi sektor è, ad esempio, all’origine del famigerato battaglione Azov. Questa estrema destra militante e militare ha rappresentato una seria minaccia per la vita politica del paese: cercando di imporre la propria agenda estremista, si è infatti resa protagonista di intimidazioni e violenze verso oppositori di sinistra, gruppi femministi, attivisti Lgbt e minoranze etniche, minando il processo di democratizzazione.

E allora perché questi gruppi sono stati tollerati, se non promossi, dalle autorità politiche dell’Ucraina?

Non dobbiamo dimenticare la presenza di potenti oligarchi che controllano il Paese e promuovono i politici a seconda delle loro necessità. Uno di questi, molto potente e poco conosciuto, è Ihor Kolomojskyj, il cui nome ritorna spesso: è lui che ha favorito l’ascesa di Julija Tymošenko e di Petro Porošenko, con il quale però è poi entrato in conflitto, mettendogli così di fronte un degno avversario come l’attuale presidente Zelenskyj, favorendone l’elezione. Ed è sempre Kolomojskyj che ha finanziato la creazione dei battaglioni ultranazionalisti Azov, Dnipro e Aidar.

Ora, questo potente signore, vale la pena ricordarlo, è un ebreo con cittadinanza ucraina e israeliana, quindi tutto fuorché un neonazista.

Perché allora ha finanziato e armato dei gruppi di stampo neonazista?

Non lo ha certamente fatto per affinità ideologiche, lo scopo era invece quello di creare delle milizie private che, nella grande confusione del 2014-2015, gli servissero per difendere i propri interessi economici e politici nelle regioni orientali, nel momento in cui altre milizie private, orientate più verso gli interessi di Mosca, venivano finanziate da Achmetov e altri oligarchi del Donbass, come il battaglione Vostok. Si capisce quindi l’importanza del ruolo degli oligarchi, più che delle ideologie ultranazionaliste in contrapposizione a quelle filo-russe, nell’apparizione di questi gruppi paramilitari. Inoltre, la presenza di stranieri simpatizzanti dell’estrema destra tra le file di uno e dell’altro schieramento dimostra una volta di più che la chiave di lettura ideologica non regge per spiegare il fenomeno.

L’estrema destra ha sì un’influenza sul paese, ma questa influenza deriva dal fatto che sia collegata al potere oligarchico e risponda quindi anche a interessi che non sono di tipo ideologico-politico, ma piuttosto economico.

La guerra cambierà questi equilibri?

È chiaro che la guerra cambia un po’ tutto: il battaglione Azov è diventato necessario ora per lo Stato ucraino, lo stesso Stato che prima aveva cercato di integrare questa estrema destra per sottrarla al controllo degli oligarchi. L’ex-presidente ucraino Porošenko aveva interesse a far entrare questi battaglioni nell’esercito regolare perché questo significava toglierne il controllo agli oligarchi. Si potevano sciogliere questi battaglioni? No, non si poteva perché lo Stato era ancora debole, le istituzioni democratiche erano ancora deboli e il rischio era enorme, quindi si è cercata una via di compromesso integrandoli, anche se questo significava armare Azov come tutti gli altri battaglioni dell’esercito.

Dire che lo Stato ucraino ha protetto e tollerato l’estremismo di destra è sbagliato, ma lo Stato ucraino è tante cose e ci sono rappresentanti dello Stato che sono oligarchi e che quindi fanno i propri interessi. Si tratta di un discorso complesso e che non va “tagliato con l’accetta”, soprattutto se si parla dell’estrema destra del dopo 2014.

Se quando la guerra finirà l’Ucraina esisterà ancora, io credo che si riaccenderà il sentimento nazionalista, anche radicale, è inevitabile, ma non sarà necessariamente un nazionalismo di tipo etnico.



Ihor Kolomojskyj
https://it.wikipedia.org/wiki/Ihor_Kolomojs%27kyj
Ihor Valerijovyč Kolomojs'kyj (in ucraino: Ігор Валерійович Коломойський?; in russo: Игорь Валерьевич Коломойский?, traslitterato: Igor' Valer'evič Kolomojskij; in ebraico: איגור קולומויסקי‎?; Dnipropetrovs'k, 13 febbraio 1963) è un imprenditore e politico ucraino israeliano e cipriota, miliardario, presidente del Parlamento ebraico europeo, comproprietario di PrivatBank, proprietario del FC Dnipro e di Jewish News One. Dal marzo 2014 al marzo 2015 è stato governatore dell'oblast' di Dnipropetrovs'k.
È considerato tra le persone più ricche dell'Ucraina con un patrimonio netto stimato di 1,8 miliardi di dollari nel 2022, ha una tripla cittadinanza (ucraina, israeliana, cipriota) nonostante la legge penalizzi la doppia cittadinanza in Ucraina per i funzionari di Stato. A titolo di spiegazione, Kolomojs'kyj ha affermato che "la costituzione proibisce la doppia cittadinanza, ma la tripla cittadinanza non è proibita".
Nel 2022, il governo Zelens'kyj, in base alla legge di "deoligarchia", lo ha aggiunto nell'elenco degli "imprenditori che hanno influenza nella vita politica del Paese (oligarchi)".


Discussione oggi su un Forum privato. Guerra in Ucraina e Nazismo.
Paola Farina
4 gennaio 2022

https://www.facebook.com/paola.farina.3 ... nXk6qhiGLl

Quello che va preso in considerazione, a mio avviso, è che a morire sono Persone, Gente Comune.
Gli ucraini saranno anche nazisti, ci sono tracce storiche che lo confermano e molti dei Kapò dei campi di sterminio, erano prima prigionieri politici, poi ebrei, soprattutto verso il termine del conflitto, quando la necessità di manodopera qualificata per l'industria bellica tedesca si fece più pressante e il processo di sterminio subì un rallentamento, non mancarono casi di Kapo ebrei e molti erano ucraini.

È provato anche che allo Yad Vashem, ci sono 2.691 giusti ucraini fra le nazioni e 217 russi.
Per cui, dire che gli ucraini sono antisemiti non è corretto.

La storia dice questo, che lo condividiate o meno e trascritta molto brevemente: L’Olocausto in “Ucraina” vede, purtroppo l’assassinio di circa 1.600.000 ebrei ad opera della Germania Nazista con la forte partecipazione di collaborazionisti ucraini. Le uccisioni avvennero in Ucraina perché la maggior parte degli ebrei sovietici prima della seconda guerra mondiale viveva nella cosiddetta "Zona di residenza", di cui l'Ucraina era la parte più grande. La zona di residenza era il termine dato alla regione dell’Impero Russo, lungo il suo confine occidentale, in cui gli ebrei avevano il permesso di risiedere in maniera stanziale e oltre la quale di solito la residenza era loro interdetta. Nella zona di residenza gli ebrei potevano vivere discretamente purchè non dessero nell’occhio, non a caso molti ebrei arrivarono in Israele “senza circoncisione” e furono circoncisi dopo aver fatto ‘ Aliyah . Lo sterminio avvenne principalmente nel Reichskommissariat Ukraine, nel Governatorato Generale, nel Governorato Generale della Crimea e in alcune aree sotto controllo militare ad est del Reichskommissariat Ukraine, anch'esse sottomesse alla Germania nazista, e anche nel Governatorato della Transnistria e nella Bucovina settentrionale (entrambe occupate e quest'ultima annessa alla Romania) e la Rutenia subcarpatica (allora parte dell'Ungheria) nella seconda guerra mondiale. Le aree elencate fanno oggi parte dell'Ucraina.
Io ero convinta che la famiglia di mia nonna materna fosse originaria di San Pietroburgo, questa orribile guerra mi ha insegnato che di fatto, la famiglia era originaria dal Donbass.
Adesso, prima di dare del nazista a tizio o a caio, fermatevi a riflettere che a morire sono Persone, Gente Comune e lo ripeto.
Un caro saluto
Paola Farina




Ilya Kaminsky: scrivere, come antidoto alla guerra
Renato Minore
8 gennaio 2023

https://morasha.it/ilya-kaminsky-scrive ... la-guerra/

Fuggire dalle persecuzioni, dall’odio, da un Paese non più accogliente. È questo quello che ha fatto il poeta ucraino Ilya Kaminsky con il suo ultimo libro “Repubblica sorda”, che è al tempo stesso un romanzo e una raccolta poetica.

Non si può non pensare alla terribile guerra in Ucraina, leggendo Repubblica sorda, l’ultimo libro di Ilya Kaminsky pubblicato in Italia da La Nave di Teseo. Spari, posti di blocco, plotoni di esecuzione, elogi funebri, i capitoli scandiscono la storia della quotidianità durante la guerra, in un tempo indefinito e in una città immaginaria occupata da un esercito che, con violenza, prende il controllo della vita degli abitanti. Ilya Kaminsky (foto in alto) è un poeta ucraino, nato a Odessa nel 1977, sordo per una parotite a quattro anni, non udente fino a sedici anni. Di origine ebraica, vive negli Stati Uniti dove insegna. Lo incontriamo a L’Aquila, dove ha ricevuto il “Premio Letterario Internazionale BPER Banca Laudomia Bonanni”.


Kaminsky, lei è cresciuto a Odessa e poi si è trasferito all’estero con la sua famiglia. Era difficile per una famiglia ebrea vivere in una città ucraina?

La mia famiglia è stata vittima di antisemitismo, sì. Mia madre riceveva lettere anonime al lavoro che dicevano che gli ebrei dovevano lasciare il Paese. Come tanti altri bambini ebrei, a scuola mi picchiavano. Alla porta di casa venne appiccato il fuoco. Erano i primi Anni ’90, un’epoca strana. Alcuni temevano nuovi pogrom. Allora i miei genitori decisero di andarsene. La mia è una delle tante storie di migliaia di ebrei che hanno lasciato l’Est europeo. La gente dice che l’Ucraina è cambiata a partire dagli Anni ’90. Forse è vero. Non sono la persona migliore per giudicare. Mia madre non è mai voluta tornare. Alcune cose sono troppo difficili da perdonare.

Lei però non si è mai distaccato completamente da queste radici cosi dolorose?

Ho degli amici lì, quindi torno tutte le estati. Odessa è la mia città. Lì mi sono innamorato per la prima volta. Lì ho scritto le mie prime poesie. Ciò che posso dire è questo: sì, l’Ucraina è un paese complicato, ma i Paesi complicati hanno tutto il diritto ad essere indipendenti, i Paesi complicati hanno tutto il diritto di non essere bombardati. Lanciare bombe sui civili è un crimine contro l’umanità. E ciò che la Russia di Putin sta facendo è un crimine contro l’umanità.

Lei e i suoi genitori hanno lasciato il Paese quando aveva 16 anni. Chi sarebbe diventato se i suoi genitori fossero rimasti in Ucraina?

Rivedo il 1984, quando i bambini giocavano a fare la guerra: vedo una bambina di cinque anni fare un ronzio, fa finta di essere un elicottero che atterra facendosi spazio tra la folla al mercato del pesce. Poi c’è un altro elicottero. Entrambi volano basso, scrutano attraverso le finestre. Un elicottero immaginario vola in alto, sulla città, nell’aorta blu del cielo. Cosa ne sarebbe stato della mia famiglia se fossimo rimasti? I miei genitori sarebbero ancora vivi? Torno in Ucraina ogni anno. Sono tornato anche quest’estate, con la guerra. Cammino per le strade come se cercassi un eco, e qualcuno che lo emette: magari si tratta di un ragazzo ucraino che fissa un signore nordamericano scrivere queste pagine al computer?

Tutto ciò per dire: la guerra non è mai finita.

Quando ero piccolo: un fiume di rifugiati dalla Transnistria, come ho detto prima. Quando continuavo a tornare ad Odessa, in estate, negli ultimi otto anni, c’era sempre un fiume di rifugiati dal Donbas, e adesso sono gli abitanti di Odessa ad essere anche loro dei rifugiati; i miei zii, che vivono ancora ad Odessa, che non vogliono andarsene, mi scrivono per mail che c’è stata un’esplosione, un palazzo affianco al loro è stato bombardato. Il cimitero di Odessa, dove è sepolta mia nonna, anche quello è stato bombardato. Si, la guerra non è mai finita. Dopo l’inizio del conflitto, in primavera, Kiev è stata bombardata: un’amica di Kiev mi dice che passa notti intere nelle stazioni della metropolitana, che vengono usate come rifugi antibombe, recitando poesie a se stessa e quelli intorno a lei per non perdere la ragione. Quando è stanca comincia a tradurre quelle poesie in altre lingue, è solo un modo per andare avanti.
Una poesia, un romanzo, un libro illustrato. Repubblica sorda sembra combinare diversi generi. Prosa, poesia e linguaggio dei segni dovrebbero fondersi, giusto?

Un genere ibrido: succede quando si ha bisogno di dire qualcosa che non può essere detto diversamente, qualcosa per cui non si riesce a trovare un formato già pronto, ma che deve essere detto nonostante tutto.

E lei doveva scrivere i suoi versi così come li ha scritti?

Se sei un rifugiato, la tua situazione è più o meno questa: le categorie prestabilite non servono a ciò che vuoi dire: non sei in Ucraina, non sei in America, come si fa a smettere di essere un immigrato, pur avendo vissuto in un posto per più di vent’anni? Ecco cos’è il genere ibrido. E la cosa difficile con il genere ibrido è creare uno schema, un motivo, che sia valido sia per la tua parte russa-ucraina-ebrea che per la tua parte americana che vive a nove miglia dal confine a San Diego. In fin dei conti: le poesie contengono informazioni, ma non riguardano quelle informazioni. Una poesia non riguarda un avvenimento; una poesia è un avvenimento.
Il Paese distopico che ha immaginato nel suo libro, quanto è simile a quello attuale: città distrutte, guerra sul territorio, migliaia di morti e uno stato che è sotto gli occhi di tutto il mondo?

Temo che lei abbia risposto alla sua stessa domanda elencando i fatti che illustrano le immagini che si vedono nel libro e fuori dalla finestra. Tuttavia, non sta a me rispondere a questa domanda. I lettori sapranno la risposta.

E il lettore di una cosa è sicuro, comunque: Repubblica sorda, poema visionario e quasi distopico, è a suo modo una lettura impietosa e poetica del presente che si poteva immaginare e di un futuro enigmatico che ci sovrasta. E conferma la forza immaginativa e la poderosa tessitura linguistica di un poeta che già appare tra i più importanti dell’ultimo decennio, con una capacità davvero unica di leggere nelle pieghe e nelle contraddizioni della storia contemporanea.
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Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » ven feb 03, 2023 8:30 am

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Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » ven feb 03, 2023 8:31 am

9)
La giornata della memoria


Zelensky celebra la Giornata della Memoria che ricorda l'Olocausto e rende omaggio al monumento ebraico a Kijv
27 gennaio 2023
https://www.facebook.com/michele.savign ... vTUUaR3dUl


L'Ucraina e il genio del giudaismo
La resistenza secondo Bernard Henri Lévy
Massimo Ankor
opsrSoendtrfl:ihog610e20 23t5fe91g 7a51gln9 f8hl 0994o63ue3glan ·
Traduzione di Mauro Zanon - https://rb.gy/phcy8l
https://www.facebook.com/massimo.ankor/ ... 6530412956
È un brusio di fondo. Un disgustoso ritornello orchestrato dalla propaganda putiniana e dai suoi utili idioti – scrive il filosofo francese Bernard-Henri Lévy sul Point –. Ed è l’idea, in sostanza, che l’Ucraina in guerra e martire sarebbe anche uno dei paesi europei più incorreggibilmente antisemiti. Allora, una volta per tutte, qual è la verità? La verità è che, sicuramente, l’Ucraina degli anni Trenta e Quaranta del Ventesimo secolo è stata una terra di sangue per gli ebrei. E’ che l’Ucraina sovietica, sovietizzata o, più precisamente, combattuta tra sovietismo e hitlerismo, è stata uno dei teatri delle Einsatzgruppen con, solo nel massacro di Babi Yar, 33.711 uomini, donne e bambini ebrei costretti a scavare la fosse dove avrebbero seppellito i loro cadaveri ancora caldi, ancora tremanti, perché non erano ancora morti. E quando dico “sovietico” o “sovietizzato”, non è naturalmente per minimizzare la partecipazione di alcuni compatrioti delle campagne e delle città, ma è per ricordare che ci sono state, e ci sono ancora, due Ucraine. Quella lì, quella che non esisteva ancora come nazione libera e sovrana, e quella che il poeta russo di origine ucraina Evgenij Evtušenko ha dipinto, nel suo requiem ai morti di Babi Yar, come il paese degli “ubriaconi”, assetati di “sangue dei pogrom”, che puzzavano di “vodka e cipolla”, e, quando le vittime, “scaraventate a terra a colpi di stivale”, chiedevano la grazia, incoraggiavano gli assassini: “Colpisci l’ebreo, salva la Russia!”. Eh sì, la Russia… E poi tutta un’altra Ucraina, quella che si è liberata proprio di questa Russia, quella che, dall’esplosione dell’Urss, e in seguito con la rivoluzione di Maidan e l’invasione militare da parte di Putin, rifiuta lo status di vassallo, di umile serva e gemella, di Cenerentola della tundra al quale gli invasori, ebbri del loro “Lebensraum”, vorrebbero relegarla. E quella che, diventata un giovane paese libero, irrevocabilmente schierata nel campo delle democrazie e dell’Europa, sta voltando la pagina del proprio passato.
Questa Ucraina qui sa di essere uno dei quattro paesi a contare, con l’arcivescovo metropolita Andrej Szeptycki e molti altri, il maggior numero di Giusti fra le nazioni. E’ l’Ucraina di Uman, la città del rabbino Nachman di Breslov, dove ho filmato un “rav”, una sorta di Giusti fra le nazioni al contrario, raccontando che è nella sua sinagoga che i contadini dell’oblast di Cherkasy hanno trovato rifugio i primi giorni dell’attacco russo. E’ l’unico paese al mondo dove, il 17 dicembre, primo giorno della festa ebraica di Hannukkah, si sono visti degli hassidim, in piazza Maidan, innalzare una gigantesca menorah, e un popolo intero, con il sindaco di Kyiv in testa, accompagnare l’accensione di quella fiamma che ha illuminato la città bombardata e priva di elettricità. “I russi ci lanciano dei missili balistici” – scherzò un rabbino – “noi manderemo loro dei missili cabalistici!”. E’ il paese del battaglione Azov dove un comandante, Ilya Samoilenko, sopravvissuto all’inferno di Azovstal e soldato dal coraggio infinito, è appena rientrato da Israele dove è andato, a Masada, a trovare le forze che gli servivano per tornare a combattere (…).
E poi questa Ucraina è – non smetteremo mai di ricordarlo – la patria di Volodymyr Zelensky, questo presidente churchilliano eletto da un’ampia maggioranza che è anche un eroe ebreo: la storia di questo discendente di sopravvissuti della Shoah che all’inizio, per affrontare il Gigante, non aveva né carri armati, né apparecchiature, né apparatcik, ma solo la sua difficile libertà non sembra direttamente uscito dal racconto biblico? Non è forse, di fronte al ritorno di Golia il Filisteo, la rinascita del piccolo Davide, maestro di verità e capo della resistenza, artista che sa cantare e incomparabile stratega che all’oltraggio dell’invasione oppone l’intelligenza dei suoi muscoli e delle sue mosse? Non è la storia di Abramo che, secondo il Midrash, combatte da solo gli eserciti dei cinque sovrani che tengono Loth prigioniero? E non è Giuda Maccabeo che segna, dinanzi all’impero, l’impressionante vittoria dei deboli sui forti, degli umili sugli orgogliosi, di chi è in minoranza sulla maggioranza e, alla fine, contro il falso fulgore del tempio profanato, della piccola fiala la cui luce non è quella della potenza ma dell’eccezione?
Astuzia della ragione. Avventura della memoria. Piaccia o no, è questa la realtà. La storia non è sempre una maledizione. Non è l’eterno ritorno del risentimento e del crimine. Se c’è un luogo, in questa guerra, dove, dinanzi al neofascismo russo, si sente l’eco dell’anima ebraica, questo luogo è l’Ucraina.


Il giorno della memoria e la liberazione dei lagher nazisti

In questi giorni si celebra Il giorno della memoria che ricoda lo sterminio degli ebrei nella seconda guerra mondiale e i filo russi fanno a gara nel sostenere che furono i russi a liberare per primi i campi di concentramento nazisti o lagher dove si sterminavano gli ebrei.
In verità non furono i russi ma le armate dell'URSS tra cui quella ucraina che fu la prima ad occupare i territori
dove si trovava Auschwitz e quindi a liberare i prigionieri ivi reclusi o detenuti che non erano solo ebrei.


La liberazione dei campi di concentramento nazisti
Liberation of major Nazi camps, 1944-1945 [LCID: gge72080]
La liberazione dei principali campi di concentramento nazisti: 1944-1945

https://encyclopedia.ushmm.org/content/ ... nazi-camps

Mentre procedevano attraverso l'Europa, in una serie di offensive contro i Tedeschi, le truppe alleate cominciarono a incontrare e a liberare i prigionieri dei campi di concentramento; molti di loro erano sopravvissuti alle marce della morte che li avevano portati nell'interno del territorio germanico. Le forze sovietiche furono le prime a raggiungere uno tra i campi più grandi, quello di Maidanek, vicino a Lublino (Polonia), nel luglio 1944. Sorpresi dalla rapidità dell'avanzata sovietica, i Tedeschi avevano cercato di demolire il campo per eliminare le prove degli assassinii di massa. I Sovietici liberarono anche Auschwitz, Stutthof, Sachsenhausen e Ravensbrück. Forze americane liberarono invece i campi di Buchenwald, Dora-Mittelbau, Flossenburg, Dachau e Mauthausen, mentre i campi costruiti nel nord della Germania, inclusi Neuengamme e Bergen-Belsen, furono liberati dall'esercito inglese.

US Holocaust Memorial Museum

Mentre avanzvano in l’Europa, nel corso di una serie di offensive contro la Germania Nazista, gli Alleati cominciarono a incontrare sul proprio cammino decine di migliaia di prigionieri provenienti dai campi di concentramento, molti dei quali erano sopravvissuti alle marce forzate che dai campi della Polonia occupata li avevano portati all’interno della Germania. Inoltre, un gran numero di quegli ex-prigionieri era o malato o in grave stato di malnutrizione.

Le forze sovietiche furono le prime ad avvicinarsi ad alcuni tra i campi più importanti, raggiungendo quello di Majdanek, vicino a Lublino (Polonia), nel luglio del 1944. Sorpresi dalla rapida avanzata sovietica, i Tedeschi avevano cercato di nascondere le prove dello sterminio distruggendo il campo. Il personale aveva dato fuoco al grande crematorio usato per bruciare i corpi dei prigionieri uccisi, ma nella fretta dell’evacuazione le camere a gas erano rimaste intatte. Nell’estate del 1944, i Sovietici conquistarono anche le zone in cui si trovavano i campi di sterminio di Belzec, Sobibor e Treblinka, campi che i Tedeschi avevano smantellato nel 1943, dopo l’eliminazione della maggior parte degli Ebrei polacchi.

I Sovietici liberarono Auschwitz, il più grande campo di concentramento e di sterminio, nel gennaio del 1945. Avendo i Nazisti costretto la maggior parte dei prigionieri a marciare verso ovest (in quelle che sarebbero poi divenute famose come “marce della morte”), i soldati Sovietici trovarono, ancora vivi, solo alcune migliaia di prigionieri emaciati e sofferenti, insieme a molte prove degli assassinii di massa compiuti ad Auschwitz. I Tedeschi in ritirata avevano distrutto la maggior parte dei magazzini del campo, ma in quelli rimasti in piedi i Sovietici trovarono gli oggetti personali delle vittime: scoprirono, ad esempio, centinaia di migliaia di abiti maschili, più di 800.000 vestiti da donna e più di 6.000 chili di capelli.

Nei mesi seguenti, i Sovietici liberarono altri campi negli stati Baltici e in Polonia. Poco tempo dopo la resa della Germania, forze sovietiche liberarono i campi di concentramento di Stutthof, Sachsenhausen e Ravensbrück.

Le forze americane liberarono il campo di concentramento di Buchenwald, vicino a Weimar, in Germania, l’11 aprile 1945, pochi giorni dopo che i Tedeschi avevano cominciato ad evacuarlo. Il giorno stesso della liberazione, un’organizzazione clandestina di prigionieri riuscì a prendere il controllo del campo, con l’intento di evitare che le guardie in fuga commettessero ulteriori atrocità. Forze americane liberarono più di 20.000 prigionieri a Buchenwald, giungendo successivamente anche a Dora-Mittelbau, Flossenbürg, Dachau e Mauthausen.

Forze britanniche liberarono alcuni campi di concentramento nel nord della Germania, tra i quali Neuengamme e Bergen-Belsen, vicino a Celle, dove entrarono alla metà di aprile del 1945. Circa 60.000 prigionieri, la maggior parte in condizioni critiche a causa di un’epidemia di tifo, furono trovati ancora vivi. Più di 10.000, però, morirono nelle settimane successive a causa della malnutrizione e delle malattie.

I liberatori si trovarono ad affrontare condizioni indescrivibili nei campi Nazisti, dove mucchi di cadaveri giacevano in attesa di essere seppelliti. Solo dopo la liberazione di questi campi il mondo poté finalmente conoscere le reali dimensioni dell’orrore nazista. La piccola percentuale di prigionieri che era sopravvissuta era estremamente provata dal lavoro forzato, dalla mancanza di cibo e da mesi o anni di maltrattamenti. Molti erano così deboli che erano a malapena in grado di muoversi. Le malattie rimasero uno dei maggiori pericoli per molto tempo e diversi campi dovettero essere bruciati per evitare il diffondersi di epidemie. In breve, i sopravvissuti ai campi di concentramento dovettero affrontare un lungo e difficile cammino prima di raggiungere la completa guarigione.


Mistificazione sovietica (russa più che sovietica)
Sono stati gli ucraini a liberare Auschwitz, non i russi
Linkiesta.it
Maurizio Stefanini
27 gennaio 2023

https://www.linkiesta.it/2023/01/auschw ... sia-campo/

«Già si prepara la polemica per il fatto che la Russia non è stata invitata alla commemorazione di Auschwitz, e la macchina della propaganda si metterà a protestare che erano stati i soldati russi a liberare il lager. Allora, cominciamo subito a ricordare che fu un reparto dell’Armata Rossa che era composto al novanta per cento da ucraini e per il restante dieci per cento da bielorussi». Su questo appello si è chiuso giovedì il convegno “Dezinformacija e misure attive: Le narrazioni strategiche filo-Cremlino in Italia sulla guerra in Ucraina”, a cura dell’Istituto Gino Germani di Scienze Sociali e Studi Strategici. Proprio perché il giorno dopo sarebbe seguita la Giornata della Memoria, che ricorda il giorno in cui l’Armata Rossa arrivò ad Auschwitz. È un elemento forte della narrazione sovietica sulla «Grande guerra patriottica» che è stato rilanciato da Putin, ed è un elemento chiave nella propaganda su questa «operazione speciale» come strumento per «denazificare l’Ucraina».

Per capire una certa suscettibilità che c’è sul tema, basta ricordare il modo in cui su Roberto Benigni rimbalzò l’accusa di “falso storico” lanciata da Mario Monicelli e dall’allora leader dei Comunisti Italiani, Oliviero Diliberto, per aver rappresentato il padre e il figlio di “La vita è bella” liberati dagli americani, invece che dai sovietici.

Un’accusa di manipolazione filo-americana e anticomunista invero curiosa, nei confronti di un regista e attore il cui primo film si era intitolato “Berlinguer ti voglio bene”, e che il leader del Pci Enrico Berlinguer aveva addirittura “preso in collo” durante una famosa Festa dell’Unità.

Indubbia ruffianeria da Oscar a parte, Benigni ebbe buon gioco a puntualizzare che «il film non parla di Auschwitz, e infatti intorno al campo ci sono i monti, che ad Auschwitz invece non ci sono». I monti della Valnerina, perché il campo di concentramento nel film è in realtà una vecchia fabbrica dismessa che fu riadattata come lager per le riprese e che si trova a Papigno, vicino a Terni. «Quello è il campo di concentramento, perché qualsiasi campo contiene l’orrore di Auschwitz, non uno o un altro», disse pure Benigni.

E si può anche ricordare che il film è ispirato a uno zio della moglie di Benigni che era morto davvero a Mauthausen: un lager dove invece i liberatori erano stati gli americani. Ovviamente, la bufala che «Benigni fa entrare gli americani a Auschwitz» è stata ritirata fuori anche per questa polemica.

Ma Auschwitz si trova in Polonia, che è in primissima linea nell’aiuto all’Ucraina. E il museo di Auschwitz ha dunque deciso di escludere la Russia dalla cerimonia per il 78esimo anniversario della liberazione da parte dell’Armata Rossa, il 27 gennaio del 1945, del campo di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau.

Lo ha annunciato il portavoce del sito museale Piotr Sawicki: «Data l’aggressione contro l’Ucraina libera e indipendente, i rappresentanti della Federazione Russa non sono stati invitati a partecipare alla commemorazione. Era ovvio che non potessi firmare alcuna lettera all’ambasciatore russo con un tono invitante, dato il contesto attuale. Spero che cambierà in futuro, ma abbiamo ancora molta strada da fare», ha detto ipotizzando che ci vorrà del tempo affinché Mosca «faccia un autoesame molto profondo dopo questo conflitto per tornare ai raduni del mondo civilizzato».

Per il museo, infatti, l’invasione in Ucraina è un «atto barbarico». Auschwitz-Birkenau è diventato un simbolo del genocidio della Germania nazista ma, dai massacri di Bucha alle leggi sull’adozione di bambini ucraini per russificarli, la Russia putiniana in questo momento non solo sta emulando alcuni dei comportamenti peggiori delle truppe naziste, ma sta addirittura violando apertamente la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 9 dicembre 1948.

In effetti, il non invito rappresenta il punto di arrivo di una tensione che iniziò a scalare dopo l’attacco a Crimea e Donbas, quando per i settant’anni dalla liberazione di Auschwitz, nel 2015, Putin non venne per lo sgarbo di non essere stato ufficialmente invitato. Cioè, in realtà l’invito gli era stato mandato. Ma tramite l’ambasciata russa a Varsavia, invece che al Cremlino: cosa che era stata percepita come uno sgarbo, e in effetti lo era. Appunto, come reazione a quel primo attacco all’Ucraina. «Si è cercato di non invitarlo, benché lo si sia invitato», spiegò alla Bbc Konstanty Gebert, editorialista della Gazeta Wyborcza, il principale giornale polacco. La Russia, comunque, fu presente. Al posto di Putin, andò il capo dell’amministrazione presidenziale, Sergej Ivanov.

Proprio in quell’occasione, però, il ministro degli Esteri polacco Grzegorz Schetyna ricordò che a liberare Auschwitz erano stati in realtà soldati ucraini. Il governo ucraino subito confermò. Mosca protestò: non ancora screditato dall’aver spiegato che «Hitler era ebreo», il ministro degli Esteri russo Lavrov, disse che «sfruttare la storia del lager a fini nazionalistici sia molto cinico», e che «tutti sanno che a liberare Auschwitz fu l’Armata Rossa, composta da soldati di più etnie».

Schetyna ammise che il reparto dell’Armata Rossa che varcò i cancelli dell’inferno di Auschwitz era ovviamente multietnico, ma insistette sul fatto che il suo comandante era di nazionalità ucraina, ed era ucraina la maggior parte dei soldati.

In effetti, il cancello del campo di sterminio di Auschwitz fu aperto dai soldati del 100° battaglione della divisione di Lviv, comandata dal futuro Eroe dell’Ucraina, Anatolyj Shapiro, un ebreo ucraino nato a Poltava. Questo momento storico fu immortalato da un altro ebreo nato in Ucraina, a Kyjiv: Volodymyr Judin, il fotografo del giornale “Per l’onore della patria del Primo Fronte Ucraino dell’Armata Rossa”, cui apparteneva il reparto.


L'ODIO E LA MENZOGNA
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Per qualche strano motivo chi odia non si accontenta di odiare ma sente il bisogno di annichilire l'oggetto del proprio odio deformandone i tratti, negandone l'identità. È per questo che l'odio si accompagna sempre alla menzogna. La menzogna serve ad un duplice scopo: negare la memoria delle vittime e ripulire la coscienza dei carnefici.
E funziona, eccome se funziona. Perché le vittime sono morte e i carnefici, come i loro apologeti, hanno gioco facile nel deformare i fatti.
Oggi è il Giorno della Memoria.
La melma antisemita oggi, normalmente, avrebbe parlato del massacro dei pellerossa americani, o del "genocidio" dei poveri palestinesi. Fateci caso, oggi dei palestinesi e dei pellerossa non gliene frega niente. Oggi sono indignati perché i russi sono stati esclusi dalle celebrazioni che si svolgono ad Auschwitz.
I russi, dicono, hanno "liberato" Auschwitz. E questo sanno tutti, che i russi hanno liberato Auschwitz, e sconfitto i nazisti, e salvato il mondo. E il problema è nei libri di storia, che sono stati scritti da loro, dai carnefici, e dai loro apologeti.
I russi non hanno "liberato" Auschwitz in primo luogo perché non hanno mai liberato nulla e nessuno, ma solo invaso e assoggettato. E in secondo luogo perché i russi arrivarono ad Auschwitz a seguito dell'invasione della Polonia che avvenne non "contro" ma "d'intesa" con i nazisti. Entrarono in Polonia esattamente 16 giorni dopo i nazisti, con i quali avevano stipulato un patto segreto. Anche in quel caso entrarono per condurre una "operazione militare speciale" e senza dichiarare formalmente guerra. E si fermarono esattamente dove, con i nazisti, avevano stabilito di fermarsi, dividendo la Polonia a metà, da buoni amici.
Non solo, il fatto di avere scatenato la Seconda Guerra Mondiale sostenendo i nazisti, non gli ha impedito di finire la guerra dalla parte dei vincitori. Oggi quei territori che la Russia progettava di sottrarre alla Polonia non appartengono più alla Polonia. Ancora una volta: i carnefici hanno vinto, ora devono solo cancellare le tracce del crimine e deformare la storia. Fanno così dalla notte dei tempi, spostano i russi in Crimea e mandano i tatari in Siberia come se fossero pedine degli scacchi. E gli ebrei, i russi non hanno mai smesso di perseguitarli. Né sotto Stalin, né sotto Breznev, né ancora oggi quando gli ebrei russi, temendo che la sconfitta in Ucraina venga risolta secondo le antiche tradizioni sono molto preoccupati e, se possono, fuggono verso Israele.
Israele, rifugio dei perseguitati e dei superstiti, che, casualmente è la prima vittima dell'odio e della menzogna.
(In foto un ufficiale nazista stringe la mano di un ufficiale russo al confine della spartizione della Polonia).
Ricordare, sempre, è un dovere verso noi stessi e le future generazioni oltre che un obbligo verso le vittime dell'odio e della menzogna.
Am Yisrael Chai! - Il Popolo di Israele vive!
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Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » ven feb 03, 2023 8:31 am

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Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » mer mar 01, 2023 9:49 pm

10)
Israele si schiera con l'Ucraina


Il ministro degli Esteri d’Israele a Kiev:
“Siamo al fianco del popolo ucraino”
16/02/2023 - 25 שבט 5783

https://moked.it/blog/2023/02/16/il-min ... o-ucraino/

È iniziata a Bucha, teatro del massacro compiuto dai russi nel marzo scorso, la visita del ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen in Ucraina. Una missione che rappresenta un passaggio importante nei rapporti tra i due Paesi: è la prima di un alto funzionario di Gerusalemme da quando è iniziata, nel febbraio 2022, l’aggressione. Nell’agenda di Cohen, dopo Bucha, un momento di raccoglimento al Memoriale di Babyn Yar (nell’immagine), dove trentamila ebrei furono assassinati dai nazisti tra il 29 e 30 settembre 1941. Poi incontri con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, il suo ministro degli Esteri Dmytro Kuleba e la riapertura ufficiale dell’ambasciata a Kiev.
“Sono arrivato oggi per la prima visita di un ministro israeliano a Kiev dallo scoppio delle ostilità. Nell’ultimo anno Israele è stato al fianco del popolo ucraino e al fianco dell’Ucraina. Oggi alzeremo la bandiera israeliana presso la nostra ambasciata a Kiev, che tornerà ad essere costantemente attiva con l’obiettivo di rafforzare le relazioni tra i Paesi”, il commento di Cohen una volta arrivato in Ucraina. Destinazione raggiunta grazie a un treno notturno partito dalla Polonia. Ad accoglierlo anche il presidente della Federazione delle comunità ebraiche di Ucraina rav Meir Stambler, che sui delicati rapporti tra Kiev e Gerusalemme si era espresso in un’intervista a Pagine Ebraiche. In particolare sulla scelta israeliana di fornire aiuti umanitari, ma non militari. Questo per mantenere con Mosca un canale aperto, necessario alla luce del coordinamento tra israeliani e russi in Siria, ufficializzato nel 2015 dal Premier Benjamin Netanyahu in un incontro con Putin al Cremlino.
“Questa guerra richiede di mettere da parte le proprie comodità”, le parole di rav Stambler nel suo colloquio con Pagine Ebraiche. “Richiede di fare ciò che è giusto, certo senza compromettere la propria esistenza. Ma bisogna scegliere. Non vorrei essere il Premier israeliano, capisco si trovi in una situazione delicata. Però non ho dubbi che sia il momento di stare dalla parte giusta della storia. Penso che Israele lo stia facendo, lentamente. Anche perché non ci sono dubbi su chi sia nella ragione e chi nel torto in questa guerra”. Secondo il sito ynet, Cohen oggi annuncerà un ulteriore pacchetto di aiuti umanitari all’Ucraina. Mentre da Kiev si tornerà a chiedere assistenza militare. Un’estensione degli aiuti che, secondo diverse ricostruzioni giornalistiche, è stata chiesta a Israele anche dagli Stati Uniti.
Per Israel Hayom, giornale considerato vicino al Premier israeliano Netanyahu, la visita odierna di Cohen “è un messaggio che Israele sta prendendo una posizione più chiara a favore dell’Ucraina nel conflitto, questo in contrasto con la linea neutrale adottata dai governi Netanyahu e Lapid-Bennett, fino ad oggi”. Il quotidiano segnala che prima dell’arrivo del ministro, funzionari di Kiev hanno trasmesso un messaggio alla diplomazia israeliana: Cohen porti con sé effettivi strumenti di aiuto, e non solo parole di sostegno. L’entourage del ministro, prosegue Israel Hayom, “si sta preparando in questo contesto anche alle critiche a Israele da parte di Zelensky e dei suoi durante la visita”.
A fare un esempio di quali siano gli effettivi strumenti di aiuto che Kiev si aspetta di ricevere è stato un alto funzionario ucraino, parlando con Haaretz. Tra questi, un prestito di mezzo miliardo di dollari e “il sostegno al prossimo voto alle Nazioni Unite sull’iniziativa di pace di Zelensky, che include la richiesta di un ritiro completo della Russia da tutti i territori ucraini occupati dal 2014, e, infine, aiuti militari”.
Rispetto alla visita di Cohen a Bucha, il Times Of Israel e l’emittente pubblica Kan hanno evidenziato le parole del ministro nel luogo del massacro. “È impossibile rimanere indifferenti di fronte alle dure immagini e alle storie dell’orrore che ho sentito” in merito a quanto accaduto a Bucha. Il capo della diplomazia, evidenziano i media israeliani, non ha fatto riferimenti espliciti alla Russia nelle sue dichiarazioni.
Dopo la commemorazione nel luogo del massacro compiuto dall’esercito di Mosca, il ministro ha incontrato nella vicina città di Hostomel, Janette Butenko, 82 anni. “Tra gli ultimi ebrei rimasti in città”, come ha scritto l’ambasciatore israeliano Michael Brodsky. Butenko ha raccontato di come un missile russo abbia colpito casa sua, distruggendo finestre e danneggiando una parte dell’edificio. Ad aiutarla è stata la Federazione delle comunità ebraiche ucraine e, riporta ynet, Cohen le ha ribadito come Israele sia al suo fianco e al fianco dell’Ucraina.


Ucraina e Israele si battono contro lo stesso nemico
Quando Israele combatte il terrorismo palestinese armato dall’Iran e gli armamenti iraniani in Siria, difende anche l'Ucraina
Mark Dubowitz
(Da: Jerusalem Post, 13.2.23)

https://www.israele.net/ucraina-e-israe ... aele-net_1

L’uso da parte della Russia contro l’Ucraina di droni-kamikaze forniti dall’Iran è ormai noto. Meno nota è la complicità della Repubblica Islamica nell’assassinio di cittadini ucraini a 2.000 km di distanza, in Israele. Delle 40 persone uccise dall’ondata di attacchi terroristici palestinesi dell’ultimo anno, almeno tre – più di una ogni 13 – erano ucraine.

Un venerdì sera del mese scorso Irina Korolova si trovava con i fedeli ebrei fuori da una sinagoga nel quartiere Neveh Ya’acov di Gerusalemme quando è stata uccisa, insieme a sei israeliani, da un arabo armato proveniente dalla parte est della capitale. Secondo i resoconti dei mass-media locali, la 60enne ucraina lavorava in Israele come badante. Il 29 marzo 2022 Dmitri Mitrik, 24 anni, e Victor Sorokopot, 32 anni, erano seduti fuori da un negozio di alimentari a Bnei Brak, rilassandosi dopo una giornata di lavoro nell’edilizia, quando un terrorista infiltrato della Cisgiordania li ha uccisi con un fucile d’assalto M-16. Il terrorista ha poi continuato a sparare, uccidendo due civili israeliani e un agente di polizia.

Questi assassini erano palestinesi, ma Teheran ha contribuito a far loro premere il grilletto. La Repubblica Islamica è il principale sponsor straniero dei gruppi terroristici palestinesi Hamas e Jihad Islamica ed è implicata nel traffico di armi da fuoco che affluiscono in Israele e Cisgiordania. Dopo il conflitto di 11 giorni tra Israele e Hamas del maggio 2021, il gruppo terroristico palestinese che controlla Gaza ha pubblicamente ringraziato l’Iran per avergli fornito denaro, armi e tecnologia. Nel 2020, il governo degli Stati Uniti ha riferito che l’Iran fornisce complessivamente 100 milioni di dollari all’anno a gruppi terroristici palestinesi, tra cui Hamas e Jihad Islamica. Nel 2019, gli Stati Uniti hanno sanzionato operatori finanziari legati a Hamas accusati d’aver convogliato decine di milioni di dollari dal regime iraniano al gruppo jihadista per attacchi terroristici originati dalla striscia di Gaza.

La Municipalità di Tel Aviv illuminata coi colori della bandiera ucraina alla fine dello scorso febbraio, nei giorni immediatamente successivi all’inizio dell’aggressione russa

Dopo che i terroristi palestinesi hanno ucciso e mutilato decine di persone con cittadinanza americana, tra cui nel 2016 il 29enne Taylor Force veterano delle forze armate americane, gli Stati Uniti si sono mossi per esigere dalle entità palestinesi risarcimenti decretati in tribunale e varando norme come il cosiddetto Taylor Force Act del 2018, che decurta l’assistenza economica degli Stati Uniti all’Autorità Palestinese a meno che essa non ponga fine alla consolidata pratica di versare vitalizi-premio a terroristi e famiglie di terroristi che hanno preso di mira cittadini americani e israeliani.

Mentre si batte contro la brutale aggressione russa, l’Ucraina dovrebbe allo stesso modo prendere le difese dei suoi cittadini all’estero. Se è comprensibile che sia troppo impegnata nelle battaglie della sua guerra di difesa per perseguire singoli casi, Kiev potrebbe comunque fare un passo avanti rispetto alla semplice condanna verbale della recente ondata di attentati i terroristici palestinesi, e prendere in considerazione una più completa revisione della sua politica sul conflitto israelo-palestinese. L’Ucraina dovrebbe imprimere una svolta rispetto al suo passato comportamento di voto contro Israele sulle risoluzioni delle Nazioni Unite promosse dai palestinesi. Dal 2015, l’Ucraina ha votato contro Israele 105 volte, ovvero nel 79% del totale delle risoluzioni relative allo stato ebraico. Ad esempio, lo scorso novembre una commissione delle Nazioni Unite ha approvato, con il sostegno dell’Ucraina, una risoluzione che disconosce le rivendicazioni israeliane su Gerusalemme e chiede alla Corte Internazionale di Giustizia di esprimersi sulla legittimità della presenza di Israele in Cisgiordania. Quando, alcune settimane dopo, l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato la risoluzione, l’Ucraina non ha partecipato al voto: un timido tentativo di ricucire i legami con Israele senza suscitare le ire della maggioranza automatica delle Nazioni Unite che ha approvato la risoluzione.

Eppure, nella loro lotta comune contro le dittature e relativi gregari terroristi, Ucraina e Israele condividono interessi e valori. E condividono anche legami etnici, con le decine di migliaia di ucraini che vivono in Israele e le centinaia di migliaia di ebrei che vivono in Ucraina, incluso il presidente Volodymyr Zelensky. Quando Kyiv chiede, comprensibilmente, più aiuti per la sua guerra di difesa, dovrebbe tuttavia rendersi conto del fatto che Israele è impegnato a combattere la sua propria guerra di difesa, sin dentro le proprie strade, contro i terroristi sostenuti da Teheran che prendono di mira i suoi civili. Finora Israele non ha raccolto le richieste ucraine di aiuti militari perché è preoccupato che tali armi (specie quelle più sofisticate) possano cadere nelle mani dei russi (e poi dei terroristi), perché non può sguarnire i sistemi necessari per la difesa stessa di Israele e perché non può permettersi che Mosca reagisca negando a Israele la libertà di manovra per colpire le risorse militari iraniane in Siria: cosa che la Russia ha nuovamente minacciato di fare quando ha ribadito che chiunque fornisca armi all’Ucraina sarà considerato un obiettivo legittimo per le forze armate russe (schierate in Siria).

Ma Israele aiuta già l’Ucraina in molti altri modi: ha accolto migliaia di profughi di guerra ucraini, ha colpito la capacità iraniana di armare il presidente russo Vladimir Putin con droni e missili, ha fornito all’Ucraina preziose informazioni di intelligence e ha inviato all’Ucraina ambulanze blindate e altri aiuti umanitari.

Quando Israele combatte contro l’Iran e il terrorismo palestinese sostenuto dall’Iran, agisce anche a difesa dell’Ucraina. Kiev deve riconoscerlo, pubblicamente e inequivocabilmente. Cosa che a sua volta potrebbe rafforzare la sua richiesta di sostegno anche militare da parte di Israele.
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Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » mer mar 01, 2023 9:50 pm

L'Ucraina e il genio del giudaismo
La resistenza secondo Bernard-Henri Levy
Massimo Ankor
30 gennaio 2023

https://www.facebook.com/massimo.ankor/ ... S97upcb5Ul

È un brusio di fondo. Un disgustoso ritornello orchestrato dalla propaganda putiniana e dai suoi utili idioti – scrive il filosofo francese Bernard-Henri Lévy sul Point –. Ed è l’idea, in sostanza, che l’Ucraina in guerra e martire sarebbe anche uno dei paesi europei più incorreggibilmente antisemiti. Allora, una volta per tutte, qual è la verità?
La verità è che, sicuramente, l’Ucraina degli anni Trenta e Quaranta del Ventesimo secolo è stata una terra di sangue per gli ebrei. È che l’Ucraina sovietica, sovietizzata o, più precisamente, combattuta tra sovietismo e hitlerismo, è stata uno dei teatri delle Einsatzgruppen con, solo nel massacro di Babi Yar, 33.711 uomini, donne e bambini ebrei costretti a scavare la fosse dove avrebbero seppellito i loro cadaveri ancora caldi, ancora tremanti, perché non erano ancora morti. E quando dico “sovietico” o “sovietizzato”, non è naturalmente per minimizzare la partecipazione di alcuni compatrioti delle campagne e delle città, ma è per ricordare che ci sono state, e ci sono ancora, due Ucraine. Quella lì, quella che non esisteva ancora come nazione libera e sovrana, e quella che il poeta russo di origine ucraina Evgenij Evtušenko ha dipinto, nel suo requiem ai morti di Babi Yar, come il paese degli “ubriaconi”, assetati di “sangue dei pogrom”, che puzzavano di “vodka e cipolla”, e, quando le vittime, “scaraventate a terra a colpi di stivale”, chiedevano la grazia, incoraggiavano gli assassini: “Colpisci l’ebreo, salva la Russia!”. Eh sì, la Russia… E poi tutta un’altra Ucraina, quella che si è liberata proprio di questa Russia, quella che, dall’esplosione dell’Urss, e in seguito con la rivoluzione di Maidan e l’invasione militare da parte di Putin, rifiuta lo status di vassallo, di umile serva e gemella, di Cenerentola della tundra al quale gli invasori, ebbri del loro “Lebensraum”, vorrebbero relegarla. E quella che, diventata un giovane paese libero, irrevocabilmente schierata nel campo delle democrazie e dell’Europa, sta voltando la pagina del proprio passato.
Questa Ucraina qui sa di essere uno dei quattro paesi a contare, con l’arcivescovo metropolita Andrej Szeptycki e molti altri, il maggior numero di Giusti fra le nazioni. È l’Ucraina di Uman, la città del rabbino Nachman di Breslov, dove ho filmato un “rav”, una sorta di Giusti fra le nazioni al contrario, raccontando che è nella sua sinagoga che i contadini dell’oblast di Cherkasy hanno trovato rifugio i primi giorni dell’attacco russo. È l’unico paese al mondo dove, il 17 dicembre, primo giorno della festa ebraica di Hannukkah, si sono visti degli hassidim, in piazza Maidan, innalzare una gigantesca menorah, e un popolo intero, con il sindaco di Kyiv in testa, accompagnare l’accensione di quella fiamma che ha illuminato la città bombardata e priva di elettricità. “I russi ci lanciano dei missili balistici” – scherzò un rabbino – “noi manderemo loro dei missili cabalistici!”. È il paese del battaglione Azov dove un comandante, Ilya Samoilenko, sopravvissuto all’inferno di Azovstal e soldato dal coraggio infinito, è appena rientrato da Israele dove è andato, a Masada, a trovare le forze che gli servivano per tornare a combattere (…).
E poi questa Ucraina è – non smetteremo mai di ricordarlo – la patria di Volodymyr Zelensky, questo presidente churchilliano eletto da un’ampia maggioranza che è anche un eroe ebreo: la storia di questo discendente di sopravvissuti della Shoah che all’inizio, per affrontare il Gigante, non aveva né carri armati, né apparecchiature, né apparatcik, ma solo la sua difficile libertà non sembra direttamente uscito dal racconto biblico? Non è forse, di fronte al ritorno di Golia il Filisteo, la rinascita del piccolo Davide, maestro di verità e capo della resistenza, artista che sa cantare e incomparabile stratega che all’oltraggio dell’invasione oppone l’intelligenza dei suoi muscoli e delle sue mosse? Non è la storia di Abramo che, secondo il Midrash, combatte da solo gli eserciti dei cinque sovrani che tengono Loth prigioniero? E non è Giuda Maccabeo che segna, dinanzi all’impero, l’impressionante vittoria dei deboli sui forti, degli umili sugli orgogliosi, di chi è in minoranza sulla maggioranza e, alla fine, contro il falso fulgore del tempio profanato, della piccola fiala la cui luce non è quella della potenza ma dell’eccezione?
Astuzia della ragione. Avventura della memoria. Piaccia o no, è questa la realtà. La storia non è sempre una maledizione. Non è l’eterno ritorno del risentimento e del crimine. Se c’è un luogo, in questa guerra, dove, dinanzi al neofascismo russo, si sente l’eco dell’anima ebraica, questo luogo è l’Ucraina.
Traduzione di Mauro Zanon - https://rb.gy/phcy8l
Fyi Nataliya Gebrich / Marco Taradash / Matteo Zola / Mario Pacifici / Michele Negro
Courtesy of Clodagh Kilcoyne (Reuters): children play along the side of the road, as Russia's attack on Ukraine continues, in Bakhmut, Ukraine
Courtesy of Clodagh Kilcoyne (Reuters): Ukraine called off search and rescue operations in the rubble of an apartment building in the eastern city of Dnipro where at least 44 people were killed in a Russian missile attack.
More photos: reut.rs/3iMOb2y
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Re: L'Ucraina è antisemita e antisraeliana? No, la Russia sì

Messaggioda Berto » mar mar 07, 2023 9:56 pm

A un anno dall'invasione russa, in Ucraina l’ebraismo resiste
Mosaico
Ester Moscati
Anna Lesnevskaya
6 marzo 2023

https://www.mosaico-cem.it/attualita-e- ... o-resiste/

A un anno dall’aggressione di Vladimir Putin, a Kiev e nel Paese, il mondo ebraico lotta e sopravvive malgrado le ferite di guerra, mentre dalla Russia parte una grande aliyah.

Storie di vite spezzate, ma anche di resistenza e speranza è quanto ci restituiscono immagini e voci dall’Ucraina ebraica a un anno dall’inizio dell’aggressione russa. Ecco in una foto Aleksandr Olejnikov, 20 anni, accanto alla chanukkiyah della sinagoga di Mariupol. Un anno dopo lo stesso candelabro è stato ritrovato tra le ceneri del tempio ebraico colpito durante l’offensiva russa che ha raso al suolo la città ed è stato riacceso per Chanukkà. Ma di Aleksandr da marzo 2022 non c’è traccia. Si teme che il ragazzo, coordinatore dei programmi ebraici giovanili nella città, possa essere stato tratto in prigionia dai russi. Finora le ricerche sono proseguite invano.

In un’altra foto di due anni fa c’è Olga Usova, giovane mamma che è entrata in contatto con la comunità ebraica di Kharkiv scoprendosi ebrea e ha deciso di iscrivere suo figlio di sei anni, Zoreslav, alla scuola ebraica. Olga, dentista altamente specializzata, era fuggita da Donentsk nel 2014, per un periodo ha vissuto a Kharkiv per poi trasferirsi, con lo scoppio della guerra, a Dnipro. Qui come volontaria curava gratuitamente i soldati ucraini. Il 14 gennaio scorso insieme a un’amica stava passando accanto a un palazzo residenziale di Dnipro proprio quando è stato colpito da un missile russo. La donna 36enne e la sua amica sono tra le 46 vittime di quell’attacco.

«Questa guerra è una tragedia immane per gli ebrei di Kharkiv, dell’Ucraina e per tutto il popolo ucraino», ci dice il rabbino di Kharkiv Moshe Moskovitz, arrivato nella città più di 30 anni fa. Ai primi di marzo 2022 il rabbino con la sua famiglia ha lasciato la città pesantemente bombardata. Nei tre mesi di esilio non ha mai smesso di sostenere la sua comunità da lontano e alla fine di maggio 2022, appena è stato possibile, è tornato a Kharkiv. La situazione lì rimane difficile, i bombardamenti russi continuano, l’elettricità viene razionata, nei pomeriggi d’inverno la città sprofonda nel buio. La sinagoga, provvista di un generatore, continua a essere un punto di riferimento per la comunità, a distribuire aiuti e ad evacuare gli sfollati.

La comunità ebraica di Kharkiv si è assottigliata a causa della guerra; dei 25mila ebrei, ora ne rimangono circa 15 mila. Ma in mezzo alla desolazione non mancano cenni di speranza. Per Chanukkà il rabbino Moskovitz ha acceso le candele del grande candelabro installato nella metro di Kharkiv e a gennaio 2023, nella comunità, sono avvenuti quattro brit milà. Un ragazzo di 9 anni, Timur (Avraham), che si è sottoposto al rito ha confessato al rabbino che non prega da 8 mesi. La scuola ebraica, chiusa dall’inizio della guerra, era per molti bambini l’unico legame con la vita ebraica, ci spiega il rabbino. Ma nonostante tutto rimane ottimista per il futuro della sua comunità; a preoccuparlo di più è il destino delle piccole comunità in giro per l’Ucraina.

In fuga dalla Russia verso Israele

Se nel 2022 il numero di immigrati in Israele dall’Ucraina è cresciuto di quasi 5 volte, arrivando a 15.213 rispetto ai 3.129 del 2021 (dati dell’Agenzia ebraica), è stato superato di gran lunga dalle aliyot dalla Russia. Nel 2022 43.685 ebrei russi hanno fatto l’aliyah, numero quasi sei volte superiore ai 7.760 olim del 2021. C’è chi fra loro è stato spinto dal forte senso di protesta contro la guerra o dallo sgretolamento di quel poco che restava dalla democrazia, ma molti hanno deciso di lasciare il Paese soprattutto di fronte ai timori per il futuro economico e minacciati dal pericolo della mobilitazione.

«Questa aliyah è una continuazione della cosiddetta ‘aliyah di Putin’ cominciata dopo l’annessione della Crimea nel 2014», ci spiega Arkady Mayofis, lui stesso fuggito dalla Russia verso Israele nel 2015 con solo uno zaino sulle spalle. Nel 1990 Mayofis aveva fondato nella città siberiana di Tomsk una delle prime compagnie televisive private nell’URSS, TV2, che negli anni è diventata una tivù di successo pluripremiata.

Nel solco della stretta sui media indipendenti cominciata nell’era di Putin, TV2 è stata chiusa nel 2015 con il rischio di arresto immediato per il fondatore. In Israele Mayofis si è reinventato e ora guida un’azienda familiare di successo, Yoffi, che si occupa dei souvenir gastronomici israeliani.
«L’‘aliyah di Putin’ è composta da persone laureate, provenienti dalle grandi città, realizzate nella loro professione», ci dice Mayofis. Ma a differenza di quelli che sono partiti dopo l’annessione della Crimea e che hanno pianificato l’espatrio, gli olim della guerra del 2022 sono fuggiti completamente impreparati, spesso senza mezzi economici e molto traumatizzati psicologicamente. Tra loro, tante persone del mondo creativo, ma anche circa 1000 scienziati di fama internazionale. «Molte di queste persone continuano a rimanere col pensiero in Russia e tornerebbero alla prima occasione, – continua Mayofis -. Ma io, che da 8 anni non vivo più lì, sono più razionale e credo che nel prossimo futuro in Russia non ci saranno cambiamenti rilevanti. Prima lo capiranno i nuovi olim e prima disferanno le valigie anche mentalmente, meglio avverrà la loro integrazione in Israele».
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