I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin

I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:33 pm

25)
Giusto boicottare la Russia di Putin, i russi che sostengono Putin, gli sportivi, gli artisti, gli intellettuali russi e le manifestazioni della cultura storica russa come segnale dal Mondo e al popolo russo di riprovazione e di condanna della criminale politica di Putin



I demenziali adoratori, sostenitori e giustificatori del criminale nazifascista russo Putin
viewtopic.php?f=143&t=3009
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0789336381



NOI E LA RUSSIA, UN GRANDE EQUIVOCO
di Ernesto Galli della Loggia, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
11 giugno 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 5930340516

Siamo a favore di un’Ucraina libera e indipendente perché saremmo affetti da russofobia: questa è l’accusa che le autorità russe rivolgono da mesi all’«Occidente»: un termine che per esse comprende ormai tutti i Paesi che condannano la loro guerra d’aggressione contro Kiev. Ed è appunto per ritorsione alla nostra presunta russofobia che l’ex presidente russo Medvedev ha appena dichiarato che lui a noi occidentali ci «odia» e, bontà sua, ci considera una massa di «bastardi e degenerati». Ho fatto allora un esame di coscienza il cui risultato vorrei sottoporre a sua eccellenza Medvedev — tramite i buoni uffici dell’ambasciatore Razov che sono sicuro trametterà tutto a Mosca — per capire se davvero quanto io e insieme a me credo moltissimi altri proviamo nei confronti della Russia sia russofobia o invece magari, vedi caso, qualcos’altro.
Il popolo russo, forse a causa dell’elemento popolare e contadino in esso ancora così forte che ricorda da vicino l’antica condizione contadina del Mezzogiorno, o forse a causa del suo passato di antica miseria e di oppressione, suscita in me un sentimento immediato di simpatia e di amicizia. Come molti italiani non dimentico poi i tanti episodi di umanità di cui quel popolo diede prova verso i nostri soldati durante la loro terribile ritirata dell’inverno 1942-1943, nonostante fossero i soldati di un esercito nemico mandati dal fascismo a combattere in quella che forse è stata la più sciagurata delle sue sciaguratissime imprese militari.
Conta d’altro canto — e come conta! — l’immane tradizione letteraria e culturale russa. Ogni europeo degno di questo nome si è nutrito delle pagine di Herzen e di Turgeniev, di Cechov e di Tolstoj, dei versi di Blok, di Anna Achmatova, di Brodskij. Contraendo un debito che non può essere dimenticato.
Traendone però anche una lezione non meno importante. E cioè che da due secoli, forse con la sola eccezione sia pure rilevantissima di Dostoevskij, quella cultura —la massima espressione della coscienza e dell’anima russa — è stata sempre all’opposizione del governo del proprio Paese. E sempre ne ha ricevuto in cambio censura, persecuzioni di ogni genere, galera e non poche volte addirittura la morte. Se dunque per russofobia s’intende criticare duramente il governo russo, allora, mi pare, Medvedev e i suoi amici dovrebbero innanzi tutto dare uno sguardo al passato (e forse anche al presente) del proprio Paese: la più formidabile tradizione di russofobia non devono andare a cercarla in Occidente. Ce l’hanno in casa.
Né si tratta certo solo del passato. Per essere un governo che si propone di denazificare il mondo a cominciare dall’Ucraina, il governo di Mosca dovrebbe cominciare a spiegare come mai, ad esempio, proprio negli ultimi anni la lista dei suoi oppositori è diventata una lunga lista di morti ammazzati. In perfetta continuità, si direbbe, proprio con i metodi hitleriani. Dovrebbe spiegare come mai da anni le rivoltellate e il polonio costituiscono gli strumenti preferiti che esso adopera nei confronti dei suoi oppositori. Ovvero, per dirne un’altra proprio di queste ore, come mai il rabbino capo della comunità ebraica abbia appena deciso di fuggire dalla Russia. Non sarà che la cosiddetta russofobia degli occidentali «bastardi e degenerati» ha forse qualcosa a che fare con quanto si è appena detto? C’è da pensarci, caro Medvedev.
In realtà il secolare carattere illiberale di chi comanda in Russia, la secolare, abituale brutalità dei suoi metodi, la mancanza da sempre di una magistratura indipendente, di una stampa e di un’autorità religiosa libere, e quindi di un’opinione pubblica in grado di giudicare liberamente, nonché l’assenza di un effettivo multipartitismo, sono dati di fatto irrefutabili. Si dà il caso però che la Russia non sia uno staterello. È il più grande Paese del nostro continente, ricchissimo di materie prime e per l’appunto con una congenita tradizione dispotica. E poiché nel caso di una grande potenza è assai improbabile che possa esserci un’effettiva separazione fra il suo regime interno e la sua politica estera, è fin troppo ovvio che per un’Europa intenzionata a mantenere la propria indipendenza questa Russia rappresenti un formidabile problema geopolitico.
La cui essenza può essere posta in questi termini: o Mosca rinuncia in maniera chiara alla sua vocazione espansionistica, o inevitabilmente il resto dell’Europa è costretta a prendere le misure precauzionali del caso. Misure che se vogliono essere efficaci — dati gli attuali rapporti di forza militari, dato che un eventuale esercito europeo tuttora appartiene al campo dei futuribili, dato che è tuttora (e chissà per quanto tempo) ignoto da chi esso prenderà mai ordini, e dato infine che tale futuribile esercito europeo ben difficilmente disporrà di armi atomiche — non possono che significare una cosa sola: l’alleanza dell’ Europa con gli Stati Uniti.
La cosiddetta russofobia di noi europei che ci riconosciamo nell’Occidente, se ne convinca sua eccellenza Medvedev, non è altro che la consapevolezza dell’insieme e della gravità di tali problemi. Anzi in definitiva di uno solo: della tenace impermeabilità storica del regime russo alla libertà. Ci si può stupire se l’invasione dell’Ucraina ha reso tutto ciò ancora più forte ed evidente?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:33 pm

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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:33 pm

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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:34 pm

26)
Le posizioni demenziali di alcuni intellettuali schierati con Putin e con la sua criminale Russia nazifascista



“Europa mentalmente debole, la Russia è forte”. Parla Dugin - Radio Maria

È il minaccioso “cervello di Putin”. “Noi fedeli al cristianesimo, voi avete il gender”. Dentro all’ideologia del Cremlino
Giulio Meotti - Il Foglio
3 Marzo 2022

https://radiomaria.it/europa-mentalment ... a-dugin-2/

Europa e Stati Uniti hanno spesso ricambiato il favore ad Aleksandr Dugin. Un anno fa, il famoso politologo russo è stato messo alla porta in Grecia. Accompagnato dal patriarca di Mosca Kirill per una conferenza sul Monte Athos, Dugin è stato fermato all’aeroporto di Salonicco e gli è stato comunicato che il suo ingresso all’interno dei territori della Ue gli era interdetto. Un anno prima, il Dipartimento del tesoro degli Stati Uniti lo aveva inserito nella lista dei cittadini russi sotto sanzioni per la crisi ucraina. Un mese dopo è il Canada a mettere sotto embargo Dugin. Di lui hanno scritto tutti, da Foreign Policy, che lo chiama “il cervello di Putin”, al Sole 24 Ore, che la settimana scorsa lo ha definito il “Rasputin di Putin”. Figlio di un ufficiale sovietico, dissidente negli anni Ottanta, avversario di Eltsin negli anni Novanta, Dugin è un pensatore russo che un saggio della rivista australiana Quadrant ha definito “un consapevole folle postmoderno”. Ma un folle con accessi politici importanti.

Il suo libro, “Fondamenti della geopolitica”, è usato nelle scuole militari, Dugin è una presenza fissa sulla tv Tsargrad (canale patriottico voluto dal Cremlino e finanziato dal miliardario Konstantin Malofeev) e quando la Turchia ha abbattuto due aerei russi Dugin ha usato i suoi contatti ad Ankara per aiutare Putin a ricucire con Erdogan. Il filosofo coltiva anche relazioni in tutta Europa, come in Grecia, dove è molto amico del ministro degli Esteri, Nikos Kotziás, così come pare ci sia un legame con Steve Bannon, braccio destro di Donald Trump alla Casa Bianca. Dugin ha concesso questa intervista esclusiva al Foglio per spiegare non soltanto le sue idee, ma anche la visione che guida la Russia di Putin. Alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha parlato della nascita di un “ordine postoccidentale”. Questo è puro Dugin. Quanto è vicino a Putin? “E’ difficile rispondere, non sono così vicino al presidente come pensano alcuni, ma molte idee che ho espresso in filosofia, in politica, hanno molto influenzato Putin”, ci dice Dugin. “Non bisogna esagerare, anche se è vero che c’è stata un’influenza autentica delle mie idee sul presidente. Le idee hanno un proprio destino, e possono influenzare la logica della politica e della storia. Le idee sono enti viventi e possono trovare molti modi per arrivare alla gente. Il problema con l’occidente è proprio questo, è che non crede più nelle idee, c’è un mondo spirituale dove vivono le idee e che l’occidente non riconosce più”

Ad Aleksandr Dugin chiediamo dove nasca la sua avversione culturale per l’Europa che tanto sembra aver ispirato Putin. “Oggi l’Europa occidentale sta nella trappola della modernità e della postmodernità, il progetto della modernizzazione liberale va verso la liberazione dell’individuo da tutti i vincoli con la società, con la tradizione spirituale, con la famiglia, con l’umanesimo stesso. Questo liberalismo libera l’individuo da ogni vincolo. Lo libera anche dal suo gender e un giorno anche dalla sua natura umana. Il senso della politica oggi è questo progetto di liberazione. I dirigenti europei non possono arrestare questo processo ma possono solamente continuare: più immigrati, più femminismo, più società aperta, più gender, questa è la linea che non si discute per le élite europee. E non possono cambiare il corso ma più passa il tempo e più la gente si trova in disaccordo. La risposta è la reazione che cresce in Europa e che le élite vogliono fermare, demonizzandola. La realtà non corrisponde più al loro progetto. Le élite europee sono ideologicamente orientate verso il liberalismo ideologico”.

A Mosca, la vittoria di Donald Trump è stata accolta con favore, per usare un eufemismo. “Trump negli Stati Uniti ha preso il potere cambiando un po’ questa situazione, e l’Europa si trova oggi isolata”, continua Dugin. “La Russia oggi è il nemico numero uno dell’Europa perché il nostro presidente non condivide questa ideologia postmoderna liberal. Siamo nella guerra ideologica, ma stavolta non è fra comunismo e capitalismo, ma fra élite liberal politicamente corrette, l’aristocrazia globalista, e contro chi non condivide questa ideologia, come la Russia, ma anche Trump. L’Europa occidentale è decadente, perde tutta l’identità e questa non è la conseguenza di processi naturali, ma ideologici. Le élite liberal vogliono che l’Europa perda la propria identità, con la politica dell’immigrazione e del gender. L’Europa perde quindi potere, la possibilità di autoaffermarsi, la sua natura interiore. L’Europa è molto debole, nel senso dell’intelletto, è culturalmente debole. Basta vedere come i giornalisti e i circoli culturali discutono dei problemi dell’Europa, io non la riconosco più questa Europa. Il pensiero sta al livello più basso del possibile. L’Europa era la patria del logos, dell’intelletto, del pensiero, e oggi è una caricatura di se stessa. L’Europa è debole spiritualmente e mentalmente. Non è possibile curarla, perché le élite politiche non lo lasceranno fare. L’Europa sarà sempre più contraddittoria, sempre più idiota. I russi devono salvare l’Europa dalle élite liberal che la stanno distruggendo”.

“Irrisolta la questione ucraina” Ma la Russia non dovrebbe aspirare ad avvicinarsi all’Europa, come sembrava dopo il crollo del comunismo? “La Russia è una civiltà a sé, cristiana ortodossa. Ci sono aspetti simili fra Europa e Russia. Ma dopo il crollo del comunismo, quando la Russia si è avvicinata all’occidente, abbiamo capito che l’Europa non era più se stessa, che era una parodia della libertà, che era decadente e postmoderna, che versava nella decomposizione totale. Questo occidente non ci serviva più come esempio da seguire, per cui abbiamo cercato un’ispirazione nell’identità russa, e abbiamo trovato che questa differenza è fra cattolicesimo e ortodossia, fra protestantesimo e ortodossia, noi russi siamo ereditari della tradizione romana, greca, bizantina, siamo fedeli allo spirito cristiano antico dell’Europa che ha perso ogni legame con questa tradizione. La Russia può essere un punto di appoggio per la restaurazione europea, siamo più europei noi russi di questi europei. Siamo cristiani, siamo eredi della filosofia greca”. Al centro del pensiero di Dugin, accanto alla lotta al liberalismo, è l’Eurasia, a giustificazione dell’ambizione di Mosca di ritornare nelle terre ex sovietiche, dal Baltico al mar Nero, di restaurare il dominio sulle popolazioni non russe, arrivando a stabilire perfino un protettorato sull’Unione europea.

“I paesi vicini alla Russia erano costruzioni artificiali dopo il crollo dell’Unione sovietica e non esistevano prima del comunismo”, dice Dugin al Foglio. “Sono il risultato del crollo comunista. Erano invece parte di una civiltà euroasiatica e dell’impero russo prerivoluzionario. Non c’è aggressione di Putin, ma restaurazione di una civiltà russa che si era dissolta. Queste accuse sono il risultato della paura che la Russia si riaffermi come potere indipendente e che voglia difendere la propria identità. L’Ucraina, la Georgia, la Crimea, hanno fatto tanti errori contro la Russia e aggredito le minoranze russe che vivono in quei paesi”. Ma le avete invase. “La Russia con grande potere ha risposto alle violazioni dei diritti georgiani, osseti, ucraini, abkhazi, crimei. L’Europa non può comprendere l’atto politico per eccellenza, la sovranità, perché essa stessa ha perso il controllo della propria sovranità. Trump ha cominciato a cambiare la situazione negli Stati Uniti e ha ricordato che la sovranità è un valore e noi russi con Putin abbiamo ricordato questo al mondo prima di Trump”. La Russia quindi metterà gli occhi anche sui paesi della Nato al proprio confine, la questione di Kaliningrad, ex Koenigsberg, la patria di Kant, il cuneo fra est e ovest? “Geopoliticamente, i paesi baltici non rientrano nella sfera di interesse dei russi, con la Georgia siamo in un momento di stabilità, il problema resta con l’Ucraina, perché la situazione non è pacifica, non abbiamo liberato i territori dove l’identità pro russa è dominante, dove è vittima di un misto di neonazisti e neoliberali. L’Ucraina resterà il problema numero uno, ma con Trump c’è la possibilità di uscire dalla logica della guerra”.

Europa e islam. Putin si vanta di aver costruito un concordato con l’islam in Russia, mentre l’Europa è sotto attacco islamista. “Il problema non è con l’islam, ma le élite hanno fatto entrare milioni di musulmani, senza integrarli perché c’è un vuoto senza identità”, prosegue Dugin al Foglio. “In questo liberalismo non c’è più assimilazione culturale, gli europei non possono proporre ai migranti un sistema di valori, ma solo la corruzione morale. Questa politica suicida europea non può essere accettata dai migranti musulmani. E l’Europa si impegna per porre i musulmani, soprattutto i fanatici fondamentalisti, continuando a distruggere l’Europa: islamisti da un lato distruggono l’Europa e dall’altro ci pensano le élite liberal. L’ideologia wahabita e dello Stato islamico è il problema, non l’islam tradizionale che è vittima del fanatismo islamista. Senza questa politica dell’immigrazione, l’islam che esiste nelle sue terre non rappresenterebbe un rischio per l’Europa”. “Putin è forte, ma non lascia eredi”.

Da tre anni, la Russia ha costruito l’immagine di un paese che adotta politiche opposte a quelle dell’Europa. “I matrimoni gay e l’Lgbt sono questioni politiche, non morali. Non a caso l’ideologia liberale vuole destrutturare l’idea di uomo e donna. Putin ha compreso questo molto bene e ha cominciato a reagire contro questa visione che distrugge la società. Questo non è il problema della scelta personale e individuale, non ci sono leggi contro l’omosessualità, ma leggi contro la propaganda di questa ideologia gay che distrugge l’identità collettiva, che distrugge le famiglie, che distrugge la sovranità dello stato cercando di cambiare la società civile. Non è una questione morale o psicologica, ma politica”. Dugin è considerato un grande sostenitore di Putin, ma qui ne rivela i limiti.

“La storia è sempre aperta, non possiamo dire cosa sarà della Russia. Per creare un futuro forte e sano per la Russia dobbiamo fare molti sforzi, niente è garantito, ci sono molte sfide per la Russia e Putin è riuscito a rispondere a molte di queste, vincendo. Il problema del nostro paese consiste nella nostra forza e debolezza, Putin garantisce alla Russia la conservazione della sovranità e dell’identità, il ritorno sulla scena della grande Russia, ma siamo anche deboli, perché Putin rappresenta se stesso, non è riuscito a creare una eredità che possa garantire la sopravvivenza di questa idea della Russia. Finché c’è Putin, la Russia ha speranza di essere forte, ma Putin è un problema perché non ha istituzionalizzato la sua linea di pensiero. La Russia oggi è Putin-centrica”. Dunque, cosa vede in serbo per l’Europa? “Sono un seguace di René Guenon, che ha identificato la crisi della società occidentale europea ben prima del XXI secolo. La forma di degradazione spirituale dell’Europa è cominciata con il modernismo, la perdita dell’identità cristiana, ma è arrivato al culmine negli anni Novanta, quando tutte le istituzioni vennero plasmate dal liberismo di destra in economia e dal liberalismo di sinistra nella cultura. L’approvazione dei matrimoni gay mi hanno fatto capire verso dove stava andando l’Europa. Si arriverà presto al momento finale, dopo ci sarà il caos, la guerra civile, la distruzione. Forse è troppo tardi per ribaltare la situazione”.




LA STORIA RISCRITTA DA PUTIN CON SOVRANO DISPREZZO DELLA VERITA'
di Ernesto Galli della Loggia, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
8 luglio 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 6005077175

Con Putin è un po’ come con Hitler. Come in mille occasioni, a partire dal Mein Kampf (1925), il Führer non si stancò di dire ai quattro venti e di far capire chi era e quello che intendeva combinare — senza che però in Occidente molti lo prendessero sul serio — allo stesso modo in questi anni Putin si è profuso in decine di discorsi circa i suoi sfrenati progetti nazional-imperialistici senza che però nessuno di noi (o quasi) gli prestasse troppa attenzione. Forse perché molti di quei discorsi riguardavano il passato, erano discorsi storici. Avevamo dimenticato che nel nostro tempo la storia (la sua manipolazione) è lo strumento preferito dai dittatori per affermare la propria visione del mondo e avvalorare le proprie malefatte. Soprattutto per giustificare i propri propositi aggressivi.
E infatti, leggendo oggi i numerosi brani di tali discorsi contenuti in un breve saggio appena pubblicato da un eminente storico slavista francese, Nicolas Werth, (Poutine historien en chef, Gallimard) ci accorgiamo che tutti i conti tornano.
Convinto fin dall’inizio della sua carriera politica che «la principale risorsa della potenza e dell’avvenire della Russia risiede nella nostra memoria storica» e che «per far rinascere la nostra identità nazionale, la nostra coscienza nazionale, dobbiamo ristabilire i legami tra le diverse epoche di una sola storia , ininterrotta, millenaria», Putin si è dedicato appassionatamente a rimodellare tale storia con sovrano disprezzo della verità.
Il suo principale obiettivo è stato innanzitutto quello di «decomunistizzare» per così dire l’esperienza sovietica, riducendo l’Ottobre a un incidente della storia, opera a suo dire di un pugno di criminali privi di veri legami con il Paese e per giunta responsabili soprattutto di aver firmato nel ’18 la pace di Brest-Litovsk con la Germania guglielmina. Cosicché «il nostro Paese si è dichiarato sconfitto nei confronti di un Paese che lui stesso aveva perduto la guerra! — afferma indignato Putin —: un fatto unico nella storia dell’umanità! È stato il risultato del tradimento di coloro che allora governavano il Paese (…); immensi territori, interessi vitali del nostro Paese sono stati svenduti per soddisfare gli interessi di un gruppo che voleva solo rafforzare la propria posizione di potere».
Ripulita dal leninismo l’esperienza sovietica è così pronta per essere collegata direttamente al passato zarista, ridipinto con i colori della più fulgida grandezza. È vero che nell’esperienza sovietica campeggia l’ingombrante figura di Stalin a causa del quale «milioni di nostri concittadini hanno sofferto». Putin lo ammette, ma per aggiungere subito che «non bisogna dimenticare che la demonizzazione di Stalin è una delle direttrici d’attacco dell’Occidente contro la Russia e l’Unione sovietica». È chiaro comunque il motivo per cui l’esperienza sovietica deve essere a tutti i costi salvaguardata: perché è al suo interno che si colloca la vittoria sul nazismo e tale vittoria è chiamata a costituire il fondamento storico irrinunciabile sia della spinta neoimperialistica della leadership putiniana sia dell’ orgoglio nazional-patriottico russo che Putin stesso intende alimentare in ogni modo per sostenere tale spinta.
Credo che non esista al mondo un evento storico protetto da una blindatura penale come quella che in Russia, auspice il despota, protegge la «Grande Guerra patriottica 1941-1945». Una guerra, c’informa tra l’altro Werth, che nell’attuale manuale di storia dell’ultimo ciclo delle scuole russe, è presentata come del tutto avulsa dalla Seconda guerra mondiale nel suo complesso, e quindi senza che si faccia neppure un cenno, per esempio, alla guerra sul fronte occidentale, alla vittoria tedesca sulla Francia, alla battaglia d’Inghilterra o a Pearl Harbour . Un articolo delle leggi memoriali approvate all’indomani dell’occupazione della Crimea nel 2014 commina dunque fino a cinque anni di carcere (cinque anni!) a chiunque, oltre a mettere in dubbio la fondatezza del giudizio del Tribunale di Norimberga, a) «diffonda informazioni scientemente false sulle attività dell’Urss durante la Seconda Guerra mondiale»; b) «diffonda informazioni manifestamente irrispettose sulle date della gloria militare e sulle date memorabili della Russia relative alla difesa della patria o profani i simboli della gloria militare russa».
Non basta. Il 24 febbraio scorso, immediatamente dopo l’attacco all’Ucraina, è stata aggiunta una clausola quanto mai significativa — che potremmo chiamare la clausola della coda di paglia — che vieta esplicitamente «qualunque tentativo compiuto nello spazio pubblico, volto a mettere sullo stesso piano le azioni dell’Unione Sovietica e della Germania nazista durante la Seconda Guerra mondiale». E dopo le leggi sono naturalmente fioccate le condanne: ad esempio a carico di chi aveva osato ricordare il patto Hitler-Stalin dell’agosto del ’39 , o definito «carnefice» il generale Rudenko, che prima di essere procuratore sovietico al processo di Norimberga era stato membro dei tribunali straordinari che negli anni del Grande Terrore staliniano avevano mandato a morte migliaia di innocenti.
Come è facile immaginare l’Ucraina costituisce un soggetto privilegiato del Putin storico. Il cui punto di vista è compendiato in un lungo testo del 2021 che già dal titolo dice tutto: «Circa l’unità storica dei Russi e degli Ucraini». Questi ultimi vengono descritti come un popolo slavo che però l’invasione mongola del XIII secolo rigettò verso ovest, consegnandoli all’influenza della Polonia e del cattolicesimo, mentre i Russi invece fondavano Mosca, destinata a divenire grazie a Pietro il Grande e ai suoi successori il «centro riunificatore» di tutto lo slavismo. Dunque l’Ucraina come entità autonoma non è mai esistita, è stata un’invenzione della «politica bolscevica delle nazionalità a spese della Russia storica» e lasciata a se stessa possiede un’intima vocazione a passare dall’altra parte: con i polacchi, i cattolici, gli svedesi, i nazisti. Sul carattere della progettata «denazificazione» del Paese Putin finora non si è mai espresso in pubblico. Ha preferito lasciar parlare sulle pubblicazioni ufficiali del regime i suoi ideologi come questo Timofei Sergueizev di cui a ragione Werth reputa utile riportare gli agghiaccianti propositi: «La denazificazione consiste in un insieme di misure nei confronti della massa nazista della popolazione che per ragioni tecniche non può essere direttamente perseguita per crimini di guerra (…); è necessario procedere a una pulizia totale (…) ; oltre ai massimi dirigenti è da considerare egualmente colpevole una parte importante delle masse popolari, responsabili di nazismo passivo , di collaborazione con il nazismo (…). La durata della denazificazione non può in alcun caso essere inferiore a una generazione. (…)La denazificazione sarà inevitabilmente una de-ucrainizzazione (…) La denazificazione dell’Ucraina significa anche la sua inevitabile de-europeizzazione».
C’è ancora qualcuno che in nome della «pace» intende negare le armi a chi se la sta vedendo da mesi con simili criminali?
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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:34 pm

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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:34 pm

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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:34 pm

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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:35 pm

27)
La buona umanità civile e politica contro la malvagità russa


Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3266258465

Gli USA fondati dagli europei migranti nelle Americhe (a partire dal sedicesimo secolo) e resisi indipendenti dal dominio degli imperi europei e fattisi democratici prima ancora che i paesi Europei nel diciottesimo secolo, sono nostri degnissimi fratelli e cugini.
Eterna riconoscenza agli USA
per avere accolto i nostri migranti europei affamati e in cerca di fortuna lungo i secoli
e per averci hanno liberato dal nazi fascismo,
aiutato nella ricostruzione post bellica,
difesi e salvato per 40 anni dall'internazi comunismo dell'URSS grazie alla NATO,
per aver mantenuto in pace l'Europa promuovendone prima la democratizzazione in ogni paese e poi l'unione politica UE che spero diventi un po' come gli USA e un po' come la Svizzera.
per aversi fatto carico dell'ordine civile mondiale e per aver aiutato il progresso dell'umanità.
Grazie all'America USA nostra alleata per sempre nonostante Biden e il suo Politicamente Corretto che sono un prodotto demenziale del sinistrismo europeo.
Non vi è paragone tra la civile e democratica America USA e l'incivilissima e infernale dittatura della Russia di Putin.
Essa è uno dei pilastri dell'Occidente a cui guardano gli uomini da ogni parte del Mondo, come luogo dell'umanità e della dignità, della speranza e della libertà, della civiltà del progresso e della giustizia da cui si sentono naturalmente e comprensibilmente attratti anche gli ucraini.


Perché io veneto, italiano ed europeo sto con l'Ucraina contro la Russia
https://www.filarveneto.eu/wp-content/u ... 68x327.jpg
Immagine

perché mi hanno insegnato fin da bambino a stare con il bene e non con il male,
con Abele più che con Caino,
con il piccolo Davide e contro il gigante prepotente e sanguinario Golia,
con le umili vittime veramente innocenti piuttosto che con gli arroganti carnefici sopraffattori,
con i veri buoni e non con i malvagi che si danno arie da buoni,
con i derubati e non con i ladri, gli estorsori, i rapinatori, i truffatori, i mafiosi,
con chi vive del suo onesto lavoro e non con i parassiti che campano alla grande depredando il lavoro degli altri anche con le tasse,
con gli schiavi che si vogliono liberare dopo aver pagato abbondantemente i loro debiti e contro gli schiavisti che non lo vogliono lasciarli liberi,
con chi pratica la giustizia sempre contro chi preferisce l'ingiustizia,

perché mi hanno insegnato che il lavoro nobilita l'uomo, migliora la sua vita e quello dell'intera umanità e quindi sto con i lavoratori impenditori e sono contro chi li demonizza perché datori di lavoro, capitalisti e industriali, per poterli depredare,
perché preferisco stare con chi dice il vero che sembra falso a molti e di cui mi posso fidare contro il bugiardo che pare dica il vero ai più e di cui non ci si deve fidare mai,
e sto con chi si difende dalle aggressioni contro il delinquente che aggredisce,
sto con chi entra piano nelle rotatorie, mantiene le distanze di sicurezza e lascia passare gli altri che stanno lì prima di lui,
preferisco stare con chi dà il buon esempio a costo della sua vita,
per questo io veneto sto con l'Ucraina contro la Russia,

e ci sto
perché mi hanno insegnato a disprezzare i bugiardi, i delinquenti, i prepotenti, gli stupratori, gli assassini, i mafiosi, i ladri, i truffatori, gli ingannatori, ...
perché proverei grande vergogna a tare dalla parte del male,
perché gli errori e il male che ho fatto e subito mi hanno insegnato a fare meglio e a preferire il bene,
perché la Russia sta da tanto tempo con il male della terra, con i paesi canaglia che opprimono, uccidono, sterminano, aggrediscono, ... come la Corea del Nord, la Cina, l'Iran dei nazi maomettani ceh vogliono distruggere Israele e sterminare gli ebrei, come il Venezuela di Maduro e la Cuba degli eredi di Castro.




Dopo sei mesi riappare in pubblico l'ex cancelliera tedesca, Angela Merkel, che non risparmia parole pesanti a Putin per la sua "barbara invasione" all'Ucraina: ecco cosa ha detto

"Barbara guerra di aggressione della Russia": Merkel dura contro Putin
Alessandro Ferro
2 Giugno 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/ba ... 1654184366

Torna a parlare dopo tanto tempo e lo fa nel suo stile: l'ex cancelliera tedesca Angela Merkel ha condannato la "barbara guerra di aggressione" che il presidente russo Vladimir Putin sta conducendo sull'Ucraina dal 24 febbraio scorso. Lo ha dichiarato nel suo primo discorso pubblico a sei mesi dalla fine del suo incarico a Berlino nel corso di un evento della Dgb (Confederazione dei Sindacati tedeschi). La Merkel ha definito il conflitto come "un punto di svolta dalle vaste implicazioni".
"Profonda cesura"

L'intervista è poi proseguita al settimanale Die Zeit, dove l'ex cancelliera ha considerato l'attacco di Putin come "una profonda cesura", un taglio netto con il passato soprattutto nei rapporti tra Mosca e il mondo occidentale che, chissà quando e se, potranno essere ricuciti. Certamente non a breve vista l'approvazione del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia. La Merkel ha espresso chiaramente la propria solidarietà a Kiev "che è stata attaccata e invasa dalla Russia, e al sostegno del loro diritto all'autodifesa", sostentendo anche tutti gli sforzi che il governo tedesco, l'Ue, gli Stati Uniti e la Nato stanno facendo pur di provare a fermare Putin e riportare la situazione alla normalità pre-invasione.


"Bucha rappresenta l'orrore"

Ad oggi, nessuno può sapere quando e come finirà il conflitto, quando e come ci si siederà ai negoziati e quali territori ucraini diventeranno definitivamente russi. Le conseguenze, però, sono già sotto gli occhi di tutti a iniziare dalle migliaia di morti civili. Ecco che la Merkel a questo punto ricorda come la città Bucha sia il simbolo "di questo orrore" ma anche parlato di una lumino di speranza "in questa infinita tristezza" che deriva dall'enorme sostegno al popolo ucraino di molti Paesi vicini quali Polonia e Moldova. "Non dovremmo mai dare per scontate la pace e la libertà", ha aggiunto, chiedendo al popolo tedesco di essere parte integrante per l'unità dell'Europa in una situazione, come quella attuale, in cui "è vitale che l'Europa sia coesa".


"Violazione del diritto internazionale"

Parla poco ma quando lo fa ci va giù pesante. La Merkel ha poi definito il conflitto voluto dalla Russia come la "violazione più evidente del diritto internazionale" nella storia dell'Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. La storica cancelliera, che ha governato per 16 annni dal 2005 al 2021, il prossimo 7 giugno parteciperà a un altro evento di discussione politica a Berlino. Rumors dicono che la prossima volta potrebbe prendere di mira maggiormente Vladimir Putin e i suoi rapporti con la Germania prima dell'inizio del conflitto.




Biden scrive al Nyt: “Ecco cosa faremo e non faremo in Ucraina”

Paolo Mauri
2 giugno 2022

https://it.insideover.com/guerra/biden- ... 1654243727

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden martedì 31 maggio ha scritto una lettera aperta al New York Times in cui, spiegando le ragioni per le quali Washington si sta impegnando, e si impegnerà, per sostenere Kiev, ha affermato quello che gli Usa faranno in Ucraina ma soprattutto ha chiarito una volta di più quello che non faranno.

Biden ha detto a chiare lettere che “l’obiettivo dell’America è semplice: vogliamo vedere un’Ucraina democratica, indipendente, sovrana e prospera con i mezzi per scoraggiare e difendersi da ulteriori aggressioni”. Ha ricordato anche che queste guerra finirà definitivamente “solo attraverso la diplomazia”, citando il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, e anche che gli Stati Uniti si sono adoperati rapidamente per “inviare all’Ucraina una quantità significativa di armi e munizioni in modo che possa combattere sul campo di battaglia ed essere nella posizione più forte possibile al tavolo dei negoziati”.

Proprio da quest’ultimo punto di vista nella giornata di mercoledì primo giugno la Casa Bianca, contestualmente all’undicesimo pacchetto di armamenti per Kiev del valore di 700 milioni di dollari, ha espresso l’intenzione di fornire per la prima volta anche i droni MQ-1C Gray Eagle che, grazie alla loro suite di sensori più che al carico bellico, potranno fornire all’esercito ucraino quella capacità di situational awareness che li metterà in grado di colpire autonomamente obiettivi posti, potenzialmente, anche in territorio russo. Riteniamo proprio per questo, e in considerazione dell’invio di alcune batterie di Mlrs (Multiple Launch Rocket System) tipo Himars, che la tenuta della diplomazia come strumento per raggiungere una tregua verrà messa a dura prova.

Questo ultimo invio di armi più sofisticate ed efficaci è stato indirettamente citato dal presidente Biden quando ha detto di aver deciso di fornire agli ucraini “sistemi missilistici e munizioni più avanzate che consentiranno loro di colpire con maggiore precisione obiettivi chiave sul campo di battaglia in Ucraina” pur ricordando, nel corso della lettera, che gli Stati Uniti non stanno “incoraggiando o consentendo all’Ucraina di colpire oltre i suoi confini. Non vogliamo prolungare la guerra solo per infliggere dolore alla Russia”. Un passaggio che invece, al Cremlino, stanno propagandando per rafforzare il consenso interno (già alto) e giustificare le ristrettezze determinate dalle sanzioni internazionali, che sono state ricordate da Biden quando ha affermato che si tratta di quelle “più dure mai imposte a una grande economia”.

Il presidente statunitense ha anche affermato che, per via del conflitto, gli Usa continueranno a rafforzare il fianco orientale della Nato e ha anche colto l’occasione di citare la recente domanda di adesione all’Alleanza di Svezia e Finlandia, accolta “con favore” dall’amministrazione americana in quanto “rafforzerà la sicurezza generale degli Stati Uniti e transatlantica aggiungendo due partner militari democratici e altamente capaci”.

Biden è quindi passato a sottolineare quello che gli Usa non vogliono da questo conflitto, ovvero una guerra tra Nato e Russia e un cambio di regime a Mosca quando ha affermato che “gli Stati Uniti non cercheranno di portare a termine la cacciata (di Putin n.d.r.) a Mosca. Finché gli Stati Uniti o i nostri alleati non saranno attaccati, non saremo direttamente coinvolti in questo conflitto, né inviando truppe americane a combattere in Ucraina né attaccando le forze russe”. Biden però ha anche affermato a chiare lettere che non farà pressioni su Kiev “in privato e in pubblico” affinché faccia concessioni territoriali in quanto una tale mossa giustificherebbe l’uso della forza militare per ottenere conquiste territoriali e “soggiogare altri Paesi” pertanto la Russia dovrà pagare “un prezzo pesante per le sue azioni”, ovvero diventare il simbolo dell’impegno statunitense in difesa delle democrazie ma soprattutto dell’ordine internazionale, che è proprio quello che Mosca vuole cercare di cambiare con questo conflitto: qualcosa che, secondo la Casa Bianca, avrebbe “conseguenze catastrofiche in tutto il mondo”. Un riferimento, nemmeno troppo velato, a un’altra potenza con velleità globali che sta agendo, in modo diverso, per lo stesso fine della Russia: la Cina. Sappiamo infatti che da anni sta cercando di riscrivere le regole del diritto internazionale in un altro scacchiere, quello dell’Indo-Pacifico.

Il presidente ha anche affermato che i colloqui tra Ucraina e Russia non sono bloccati perché Kiev “ha voltato le spalle alla diplomazia” bensì perché Mosca continua a condurre una guerra “per prendere il controllo di quanta più Ucraina possibile” pertanto gli Stati Uniti continueranno a lavorare per rafforzare l’Ucraina e sostenere i suoi sforzi per raggiungere una fine del conflitto attraverso i negoziati, ma da una posizione di forza, come abbiamo potuto vedere.

Biden ha voluto anche rassicurare in merito alla possibile escalation nucleare quando ha affermato che “molte persone in tutto il mondo sono preoccupate per l’uso delle armi nucleari” precisando che “al momento non vediamo alcuna indicazione che la Russia abbia intenzione di usare armi nucleari in Ucraina, anche se la retorica occasionale della Russia che agita la sciabola nucleare è di per sé pericolosa ed estremamente irresponsabile” ma abbiamo già avuto modo di spiegare come questo espediente sia funzionale a un’attività di propaganda volta a condizionare l’opinione pubblica occidentale, sempre molto sensibile su certi argomenti, che viene ritenuta, a buon diritto, in grado di influenzare la politica governativa. Biden però ha tenuto a sottolineare, in merito al possibile utilizzo di armi atomiche, che “qualsiasi uso di armi nucleari in questo conflitto su qualsiasi scala sarebbe del tutto inaccettabile per noi e il resto del mondo e comporterebbe gravi conseguenze”.

Conseguenze che, come vi abbiamo già detto da queste colonne, potrebbero comportare un intervento diretto della Nato nel conflitto nella peggiore delle ipotesi. Il presidente Usa ha concluso la sua lettera lanciando un monito al suo omologo russo quando ha affermato che “Vladimir Putin non si aspettava questo grado di unità o la forza della nostra risposta. Si sbagliava. Se si aspetta che vacilleremo o ci frattureremo nei mesi a venire, si sbaglia ugualmente”.



COME CAMBIA LA GUERRA SECONDO MILLEY
Pubblichiamo ampi stralci del commencement speech del generale dell’esercito americano Mark Milley all’Accademia militare di West Point.
di Mark Milley, Il Foglio
2 giugno 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 8684254574

I diplomati dell’Accademia militare americana del 2022 sono la risorsa più preziosa degli Stati Uniti: rappresentano ciò che è insito nell’esercito americano”, ha detto il generale dell’esercito Mark A. Milley, presidente del Joint Chiefs of Staff, alla classe dell’Accademia di West Point, a New York. Milley ha detto ai ragazzi diplomandi che sono fondamentali per l’esercito. “Siete diventati una squadra”, ha detto. “E farete affidamento l’uno sull’altro per il resto della vostra vita”.
Milley ha detto ai diplomandi – che sono stati nominati sottotenenti – che rappresentano la qualità che dà all’America la sua forza unica: “Voi siete ciò che rende gli Stati Uniti imperterriti di fronte alle difficoltà e motivati di fronte alle sfide impossibili”.
Alla fine della Seconda guerra mondiale i leader hanno progettato l’ordine internazionale basato sulle regole dell’esercito americano, una struttura che oggi è sottoposta a forti pressioni, “sarà la vostra generazione a portare il fardello e la responsabilità di mantenere la pace, contenere e prevenire lo scoppio di una guerra tra grandi potenze”.

Proprio in questo periodo sta avvenendo un cambiamento fondamentale nel carattere stesso della guerra.
“Ci troviamo di fronte, in questo momento, a due potenze globali: Cina e Russia, ciascuna dotata di notevoli capacità militari, ed entrambe pienamente intenzionate a sconvolgere questo attuale ordine basato sulle regole”. E in Ucraina, stiamo imparando la lezione che “l’aggressione lasciata senza risposta non fa altro che incoraggiare l’aggressore”, ha detto Milley. “Non dimenticheremo mai il massacro a cui abbiamo appena assistito a Bucha, in Ucraina. Conosciamo il massacro avvenuto a Mariupol. E il modo migliore per onorare il loro sacrificio è sostenere la loro lotta per la libertà e opporsi alla tirannia”.
Mentre gli Stati Uniti stanno entrando in un mondo sempre più instabile, c’è la possibilità di un significativo conflitto internazionale tra grandi potenze. “E questa possibilità sta aumentando, non diminuendo”, ha aggiunto. “Siamo anche sul punto di cambiare il carattere fondamentale della guerra. La natura della guerra non cambierà. E’ ancora un atto politico. E’ una decisione degli uomini imporre la propria volontà politica all’avversario con l’uso della violenza”.
Ma il carattere della guerra, come si combatte, dove si combatte e con quali armi, tecnologie, organizzazioni e dottrine – in breve, i modi e i mezzi della guerra – sta subendo un cambiamento fondamentale, profondo e significativo, ha sottolineato il generale. “State entrando in un mondo diverso, gli Stati Uniti stanno affrontando sfide significative in Europa, Asia, medio oriente. Vediamo una Russia revanscista, come abbiamo appena visto con un’altra invasione in Ucraina. In Asia, siamo nel terzo decennio del più grande cambiamento economico globale degli ultimi 500 anni, che ha portato a una Cina in rapida ascesa come grande potenza con una politica estera revisionista sostenuta da un esercito sempre più capace”. Inoltre, in Asia, gli Stati Uniti devono affrontare la Corea del nord, che sta rapidamente aumentando i suoi missili e le sue armi nucleari “mobili”, ha detto, aggiungendo che in medio oriente e in alcune parti dell’Africa continuiamo a vedere in molti luoghi l’instabilità dovuta al terrorismo.
“La maturità delle varie tecnologie che oggi già esistono o sono in fase avanzata di sviluppo, se combinate, cambieranno probabilmente il carattere della guerra. Si combatterà con carri armati, navi e aerei robotizzati”, ha detto. “Abbiamo assistito a una rivoluzione nella letalità e nelle munizioni di precisione. Ciò che un tempo era di esclusiva competenza delle Forze armate statunitensi, ora è a disposizione della maggior parte degli stati che hanno il denaro e la volontà di acquistarle”.
C’è un’ampia varietà di tecnologie in via di sviluppo, come i combustibili sintetici, la fabbricazione in 3D, la medicina, l’ingegneria umana, il cui potenziamento avrà implicazioni militari significative. “E infine, c’è la madre di tutte le tecnologie – l’intelligenza artificiale – con cui le macchine stanno effettivamente sviluppando la capacità di apprendere e ragionare”, ha detto Milley. “Questi sviluppi rapidamente convergenti nel tempo e nello spazio stanno portando a un cambiamento profondo, il più profondo mai avvenuto nella storia dell’umanità. E qualunque sia la superiorità militare di cui godiamo noi Stati Uniti”. Gli Stati Uniti sono “sfidati in ogni ambito della guerra: spazio, cyber, marittimo, aereo e terrestre”.
In futuro, ha detto il generale, potremo, attraverso un’analisi rigorosa, determinare come sarà il mondo. Ci saranno molte sorprese nello sviluppo di forze e armi, ma la struttura e l’organizzazione delle nostre forze congiunte dovranno cambiare drasticamente. Tutti noi dobbiamo avere una mentalità aperta. Non possiamo più aggrapparci a concetti, organizzazioni e armi del passato. “Nel vostro mondo, dovrete diventare più efficienti per il combattimento urbano, non per quello rurale”, ha detto Milley. “Questo avrà enormi implicazioni per la raccolta di informazioni, i veicoli, la progettazione delle armi, lo sviluppo, la logistica, la mimetica e tutti gli altri aspetti del nostro progresso”.
L’esercito americano “deve cambiare i suoi metodi di pensiero, addestramento e combattimento”, ha aggiunto. I concetti di combattimento congiunto in fase di sviluppo aiuteranno a guidare le Forze armate come una tabella di marcia verso il futuro, e l’esercito deve tracciare questa rotta molto rapidamente. “Dobbiamo formare leader che abbiano un carattere incredibile sotto l’intensa pressione dei combattimenti di terra, e non c’è niente di più grande dei leader di combattimento di terra che faranno le migliori scelte morali ed etiche, insieme alle migliori scelte tattiche nell’ambiente più emotivamente carico che avrete mai affrontato”, ha detto ai diplomandi, aggiungendo: “Ognuno di voi è quel leader”. Le sfide che gli Stati Uniti si trovano ad affrontare e il carattere mutevole della guerra sono diversi da qualsiasi cosa la nazione abbia mai affrontato prima.
“A livello globale, si assiste a un aumento del nazionalismo e dei governi autoritari, alle corse agli armamenti regionali e a rivendicazioni territoriali irrisolte, a dispute etniche e settarie e al tentativo da parte di alcuni paesi di ritornare a un concetto settecentesco di equilibrio tra politica di potere e sfere di influenza”, ha detto. “Mentre camminate verso il vostro futuro, abbiate la lungimiranza di cambiare e di evitare che la guerra, in primo luogo, si verifichi”, ha detto. “Mantenere la pace attraverso le Forze armate statunitensi e l’esempio dei nostri valori è il vostro compito, oggi”, ha aggiunto. “Siamo orgogliosi di voi. Avete una strada difficile e pericolosa davanti a voi, e nessuno dovrebbe sottovalutarla”, ha detto il presidente. “Ma avete anche l’opportunità di percorrere queste strade pericolose e di guidare la risorsa più preziosa della nostra nazione: i giovani uomini e donne che vestono i panni di questa nazione, il soldato americano”.




Ucraina, anche il rabbino capo di Mosca scappa dalla Russia: "Pressioni per sostenere il conflitto"
Mauro Indelicato
8 giugno 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/uc ... 1654666933

La notizia più eclatante sulla guerra in Ucraina nella notte è arrivata da Mosca. Il rabbino capo della capitale russa, Pinchas Goldschmidt, ha lasciato il Paese. Il motivo risiederebbe nel fatto che il massimo rappresentante della comunità ebraica avrebbe ricevuto pressioni da parte delle autorità per prendere pubblicamente posizione a favore della guerra in Ucraina. Una presa di posizione però che non è mai arrivata.

A rivelarlo è stata su Twitter la nuora del rabbino, Avital Chizhik-Goldschmidt, giornalista residente negli Stati Uniti. In un post, la cronista ha spiegato che il rabbino capo di Mosca ha ricevuto forti pressioni e ha preferito lasciare il Paese. Un gesto che, in seno alla comunità ebraica russa e non solo, potrebbe avere importanti ripercussioni.


La situazione a Severodonetsk

Sul fronte militare, l'attenzione si è spostata da Severodonetsk a Lysychansk. La distanza tra le due città è breve e anche il loro destino potrebbe essere comune. Quello cioè di diventare il fronte più caldo della guerra in Ucraina. Nella notte e nelle ultime ore sono arrivate nuove notizie dall'oblast di Lugansk, quello dove sono situate le due cittadine nel mirino di Mosca.

In particolare, secondo il governatore di Lugansk Sergj Hayday, i russi starebbero bombardando sistematicamente Lysychansk. “Stanno attuando – ha dichiarato nella serata di ieri – la strategia della terra bruciata, stanno devastando la città”. I soldati del Cremlino, aiutati dai separatisti dell'autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk, stanno colpendo Lysychansk in quanto situata su una piccola altura.

Questo determina, per chi ha in mano il suo territorio, il controllo del fuoco sulla zona circostante, compresa Severodonestk. Le recenti difficoltà russe in quest'ultima città, vero attuale obiettivo strategico per il Cremlino, sono in gran parte dipese proprio dal mancato controllo di Lysychansk. È verosimile quindi che anche i futuri report dalla regione di Lugansk arriveranno soprattutto da qui. Intanto all'interno di Severodonetsk preoccupa la situazione nell'impianto chimico Azot, lì dove sarebbero bloccati almeno 800 civili che avevano qui trovato rifugio dai combattimenti.

Nella notte, a livello di avanzamenti territoriali da parte dei due schieramenti, non sono emerse comunque grandi novità. L'avanzata russa appare rallentata ma sempre attiva, con gli ucraini hanno da un lato rivendicato la possibilità di arginare le forze di Mosca, dall'altro ammesso che al momento la situazione è molto variabile e potrebbe mutare ora dopo ora, in un verso o nell'altro.

Le novità dal resto del Donbass

Battaglie in corso anche su altri fronti del Donbass. A partire da Popasna, dove ucraini e russi si fronteggiano dopo l'avanzata delle truppe del Cremlino nelle scorse settimane in quest'area situata nell'oblast di Donetsk. Una regione, quest'ultima, che secondo il ministro della Difesa russo Sergej Shoigu sarebbe “al 70% controllata da Mosca”.

Da Lyman invece nella notte sono arrivate notizie di scambi di colpi di artiglieria tra le due parti, senza però significative novità. È probabile che i russi stiano solidificando le posizioni conquistate a nord del fiume Seversky Donetsk nei giorni scorsi. Da qui poi potrebbero puntare verso Slovjansk, altra città importante del Donbass.

Nella notte poi non sono mancati nuovi allarmi aerei in varie regioni del Paese, anche nelle regioni occidentali e nella stessa capitale Kiev. Nuovi raid poi sono stati segnalati nella regione di Kharkiv, l'unica dove la controffensiva ucraina ha permesso un allontanamento dei russi, al di fuori ovviamente della regione di Kiev. Le truppe di Mosca sono più lontane dal cuore della seconda città del Paese, ma si continuano a bombardare villaggi e località limitrofe.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:35 pm

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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:36 pm

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