I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin

I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:22 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:23 pm

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I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:23 pm

18)
Il cristianismo manipolato del clero ortodosso al servizio dell'imperialismo e del suprematismo russo


La Russia di Putin ma nemmeno quella degli Zar, per non parlare di quella ateo comunista dell'URSS
non è e non è mai stata un Paradiso per i cristiani e per l'umanità cristiana, mai nei secoli.
E oggi la Russia di Putin nonostante le magagne dell'Occidente cristiano, poco cristiano, diversamente cristiano, non cristiano, a egemonia sinistrata e politicamente corretto, è lo stesso una fonte di male assoluto sia per i cristiani di Russia che per i cristiani d'Europa, d'America e del Mondo intero assediati dal Politicamente Corretto e discriminati e sterminati dal nazismo maomettano.
Nulla di buono viene dal cristianismo politico della Russia di Putin per il Mondo cristiano e per l'umanità tutta.


La Russia post URSS dove vigeva un atesimo forzato e la pesecuzione religiosa è divenuta un orrido paese semi teocratico in cui le gerarchie della chiesa cristiana ortodossa sono strumento ideologico al servizio della dittatura putiniana e del suo demenziale suprematismo imperialista con la sua connaturata violenza interna ed esterna.
Il Patriarca moscovità capo dei preti della chiesa ortodossa incita alla guerra santa contro l'Ucraina e l'Occidente, come un qualsiasi califfo o iman nazi maomettano.



"Quelle parate gay...". E il patriarca di Mosca giustifica la guerra
Francesco Boezi
7 marzo 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/pa ... 15872.html
Il patriarca di Mosca Kirill, Cirillo I, è convinto che combattere la guerra in Ucraina sia giusto. Anzi, il vertice della Chiesa ortodossa moscovita, che è molto vicina a Vladimir Putin, ha attribuito al combattimento un significato di carattere "filosofico". E ha citato l'esistenza di una prova di fedeltà.
Dopo aver rimarcato le "sofferenze" provate dal popolo del Donbass, il patriarca di Mosca ha parlato di quella zona come di un luogo "dove c'è un rifiuto fondamentale dei cosiddetti valori che oggi vengono offerti da chi rivendica il potere mondiale". Il vertice religioso, per quel che concerne la prova di fedeltà - quella che ha chiamato "test" - ha iniziato a citare le "parate gay", che sarebbero il simbolo, per Kirill, di quello che il Donbass non vorrebbe diventare e che per qualcuno, sembra di capire, tenendo sempre in considerazione le dichiarazioni espresse nel sermone, dovrebbe diventare.
Kirill, durante la Divina Liturgia nella Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca - così come ripercorso dall'Ansa - , ha dunque individuato in quanto avvenuto di recente in Donbass il principio del conflitto. Non c'è stata - com'era pronosticabile - la ferma condanna per l'invasione di Vladimir Putin, che ha scatenato la guerra, violando con le armi e con le bombe i confini ucraini.
Per Kirill il pendio scivoloso è stato intrapreso quando con "il deterioramento" della situazione del Donbass, si sarebbe offuscata "la primavera" e, al contempo, avrebbero avuto inizio le ostilità. Nessun riferimento, quindi, alla scelta dello Zar. Quella che è arrivata circa due settimane fa.
Poi il discorso si è spostato su un altro piano tematico: "Se l'umanità riconosce che il peccato non è una violazione della legge di Dio - ha argomentato -, se l'umanità concorda sul fatto che il peccato è una delle opzioni per il comportamento umano, allora la civiltà umana finirà lì", ha detto. Di seguito le bordate dirette a quelle che aveva già avuto modo di definire "parate gay": "Sono progettate per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano".
E ancora: "Ecco perché per entrare nel club di quei paesi è necessario organizzare una parata del gay pride - ha insistito il patriarca -. Non per fare una dichiarazione politica "siamo con te", non per firmare accordi, ma per organizzare una parata gay. E sappiamo come le persone resistono a queste richieste e come questa resistenza viene repressa con la forza. Ciò significa che si tratta di imporre con la forza un peccato condannato dalla legge di Dio, e quindi, di imporre con la forza alle persone la negazione di Dio e della sua verità".
Il vertice della Chiesa ortodossa moscovita ha poi esposto quelle che, secondo il suo punto di vista, sono le ragioni filosofiche della battaglia:"Tutto quanto sopra indica che siamo entrati in una lotta che non ha un significato fisico, ma metafisico. So come, sfortunatamente, gli ortodossi, i credenti, scegliendo la via di minor resistenza in questa guerra, non riflettano su tutto ciò a cui pensiamo oggi, ma seguono umilmente la strada che mostrano loro i poteri costituiti".




Russia non raccontata: Putin e le milizie del Patriarca
Putin e l’uso dei media
Putin, Kiril I e gli Ortodossi
Putin e Cattolicesimo, Islam, Testimoni di Geova
2 novembre 2017

– Putin e l’uso dei media

https://mcc43.wordpress.com/2017/11/02/ ... patriarca/


Sappiamo tutto di Putin e della sua politica estera, poco di quello che accade dentro la Russia. E’ l’effetto di un meccanismo creato per distrarre la nostra attenzione. Quando, nel 2008, con l’invasione della Georgia i media internazionali fecero a pezzi l’immagine della Russia, Putin ribattè trasformando Russia Today in un congegno guastatore della fede che l’Occidente nutre per il proprio sistema politico. Per raggiungere un’audience globale, la rinominò RT, le assegnò il ruolo di moltiplicatore dei messaggi distruttivi propri dell’estrema destra occidentale, anche inserendosi nelle crisi internazionali, come visto di recente nella questione della Catalogna. (*nota1) Inoltre, dal vecchio canale radiofonico The Voice of Russia nacque l’aggressivo Sputnik News che pubblica in 40 lingue. In qualsiasi social media ci si imbatte in centinaia di rilanci degli articoli di queste testate.
Ai lettori intellettualmente più sofisticati la macchina dell’informazione propagandistica russa provvede con Saker, anche in modesta edizione italiana, e Russia Insider, che si qualifica specializzata in analisi militari, questioni di intelligence, geopolitica russa, ortodossia cristiana tradizionale.
A questi fa eco una fonte che non si dichiara russa: l’aggregatore di articoli Zeroedge, creato dal bulgaro Daniel Ivandjiiski, un ex-analista di hedge fund. Pubblica articoli anonimi – siglati Tyler Durden, un personaggio di Fight Club- caratterizzati da una visione anti-establishment e pessimista sul futuro economico; alla *nota2 in calce il giudizio dell’esperto sull’ambiguità di Zeroedge.
Abbondano, altresì, i think tank filo russi, come Katehon e il Valdai Club Foundation; al Valdai forum del 2017 è intervenuto un candido Putin per rammaricarsi che “Il nostro errore più serio nelle relazioni con l’ Occidente è stato un eccesso di fiducia”!

Il 18 marzo 2018 Putin affronterà le elezioni, necessita pertanto di tutta la potenza pervasiva dei media per sostenere nei confronti del pubblico interno le versioni ufficiali. Si veda ad esempio il malessere giovanile, per la crisi economica la corruzione la diseguaglianza sociale, esploso a marzo 2017 svalutato a fenomeno occasionale su istigazione di Aleksei Navalnii (unico potenziale avversario elettorale di Putin), incarcerato due volte e rilasciato il 22 ottobre.

Ma l’arma mediatica più potente verso la cittadinanza sta diventando TSARGRAD.TV (*nota3), canale religioso in impressionante crescendo di ascolti di proprietà di Konstantin Malofeev. Il fondamento della comunicazione è che la religione cristiano ortodossa ha plasmato l’identità russa e Putin è l’uomo che Dio ha dato alla Russia.
Il caporedattore della tv a proposito del carisma di Putin afferma: “E’ un simbolo. Riflette la società russa, il popolo russo. Rappresenta un’eccezione: non appartiene all’élite globale. Non fa parte di quel milieu satanico e ciò è sufficiente per guardare a lui come a una specie di santo”.
Sicuramente il Presidente si adopera per gonfiare l’orgoglio nazionale. Nel reportage di AlJazeera: Russia: The Ortodox connection si vede il Presidente arringare l’uditorio:
“Siamo una nazione di vincitori, ce l’abbiamo nei nostri geni, lo riceviamo di generazione in generazione. Io vi chiedo: volete voi vincere?” Al che la platea erompe “Sì….”.
Sono meccanismi che a noi italiani ricordano qualcosa.

– Putin, Kiril I e gli Ortodossi
Dopo decenni di persecuzioni staliniane, poi di vessazioni e traversie, la Chiesa Ortodossa di Russia riconquista libertà religiosa dal 1991, con Gorbaciov e Eltsin. ( *nota4 ). Infine arriva Vladimir Putin e crea con Valdimir Michajlovič Gundjaev, Kiril I, uno stretto sodalizio.
Il Patriarca Kiril archivia il passato, 30 anni di lager del nonno e 3 di lavori forzati del padre, e dichiara che Putin è un miracolo di Dio.

Il sodalizio diventa ferreo nel 2013 quando il Parlamento promulga la legge contro la blasfemia : il testo si presta ad applicazioni arbitrarie e commina pene severissime. Il Patriarca, pur considerandola una legge mite, contraccambia intromettendosi nella questione ucraina: prima con la propaganda di Tsargrad, poi con i preti-soldato della Legione Imperiale nel Dombass. Appena proclamata la Repubblica di Donetsk due dipendenti di Maloofeev diventano rispettivamente Ministro della Difesa e Primo Ministro. Ancora più saldi e palesi i vincoli tra i due si fanno allorché Kiril benedice l’intervento russo in Siria: guerra giusta, guerra santa per salvare Damasco.

Kiril I non si appaga della sua autorità morale sull’80% circa della popolazione: “Negli anni 90 gli oligarchi russi volevano avere la loro milizie private, adesso anche il Patriarca sta facendo la stessa cosa e gira sempre attorniato da bodyguard.” A dirlo è Andrei Kuraev, protodiacono dissenziente, a dimostrarlo sono gruppi come Sorok Sorokov.

Fondata da Vladimir Nosov, campione di boxe e da Andrei Kormukhin, musicista, attivista sociale, l‘organizzazione Sorok Sorokov è il braccio del Patriarca ed ha per mission: aiutare la Chiesa Ortodossa russa ad attuare il programma “200 chiese” a Mosca, promuovere uno stile di vita sano col programma “Ortodossia e Sport”, decostruire l’immagine dell’ortodossia come religione dei deboli.
Questo progetto della costruzione delle chiese comporta talvolta la distruzione di aree verdi, le manifestazioni di protesta dei cittadini vengono represse e gli organizzatori arrestati.
Profondamente convinti che la Russia sia il centro del mondo per la spiritualità e la fede, i membri di Sorok Sorokov organizzano incontri sportivi, festival, esibizioni militaresche in cui anche i bambini si avviano alla famigliarità con l’uso delle armi. Qui la video intervista, sottotitolata in inglese, del fondatore Kormukhin.

– Putin e Cattolicesimo, Islam, Testimoni di Geova

Il Cattolicesimo in Russia è presente con 300 parrocchie, altrettanti sacerdoti e un seminario; i fedeli sono sia minoranza religiosa sia etnica: polacchi, lituani, tedeschi, ucraini. La diplomazia di Papa Francesco sta con prudenza coltivando il rapporto con il Patriarca (*nota5), di conseguenza con Putin. Se per una componente che è appena l’ 1% della popolazione e che guarda a un centro spirituale forte come il Vaticano non si profilano persecuzioni, il senso di opportunità ha imposto ai Cattolici di muoversi in punta di piedi. Nel 1992 la Pontificia commissione “Pro Russia” allo scopo di promuovere un’armoniosa convivenza con la Chiesa ortodossa ha assunto l’impegno di segnalare preventivamente alle gerarchie ecclesiastiche ortodosse tutte le principali iniziative pastorali, in particolare l’istituzione di nuove parrocchie.

All’Islam appartiene, ma i dati sono incerti, un numero di fedeli oscillante fra il 6 e il 14% sparso fra un gran numero di etnie dei 22 stati della Federazione; in almeno 6 stati tutta la popolazione è musulmana. Questa componente religiosa fa parte della storia nazionale e, secondo le località, ha avuto burrascosi trascorsi con l’autorità moscovita (vedere articolo).
Sotto Putin il dato numerico è positivo: sono state aperte circa 7500 moschee in tutto il territorio, tuttavia, in concomitanza con la crescente sfida jihadista internazionale, il Presidente seleziona quali correnti islamiche ammettere o vietare. E’ avvenuto palesemente nel 2016 attraverso Ramzan Kadyrov, suo fedele autocrate della Cecenia. Nella capitale Grozny sono stati chiamati a convegno un centinaio di Ulema per mettere nero su bianco ( vedere articolo ) chi sono i veri Sunniti: solamente quelli che in teologia seguono la scuola del Kalam (Ash’ariti e Maturidites) e aderiscono a uno dei quattro madhhabs (scuole giuridiche). La dichiarazione esorta Putin, il Governo e l’Assemblea della Federazione a vietare “tutto il Salafismo” e equiparare le critiche all’Islam (quello da essi classificato come l’unico vero) ad attività terroristica.

La religione che sotto Putin subisce sia repressione sia persecuzione è quella dei Testimoni di Geova, già perseguitati dal nazismo. Poiché essi considerano Dio l’unica vera autorità, non votano, non partecipano alle cerimonie nazionaliste, rifiutano di compiere violenze e obiettano al servizio militare. I 175mila fedeli sono accusati di praticare una fede radicale e di non essere abbastanza patriottici.
Quest’anno la Corte suprema della Federazione ha vietato ogni loro attività, chiuso le sedi, confiscato i beni a favore dello Stato, e iscritto la congregazione nella lista delle organizzazioni terroristiche, insieme allo Stato Islamico e al Qaida. Avendo la Russia aderito alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali sarebbe tenuta per legge a garantire la libertà religiosa e la libertà di parola. Human Rights Watch si è espressa contro queste violazioni dei diritti umani, l’Onu ha mormorato, ma la sia pur minima eco che il bando ha avuto nei media si deve probabilmente solo all’arresto di un cittadino europeo, Dennis Christensen, nel bel mezzo di una riunione religiosa. La sentenza di bando emessa dalla corte federale contro i Testimoni di Geova viene applicata dalla polizia nei modi più brutali, con irruzioni ovunque si tengano – ormai in condizioni di segretezza – riunioni per la lettura della Bibbia, con percosse e arresti.
La battaglia, pacifica e legale, condotta dall’organizzazione dura da oltre dieci anni, praticamente dal secondo mandato presidenziale di Putin. Secondo alcuni, tanto accanimento potrebbe spiegarsi con il fatto che i JW hanno la loro sede mondiale negli Stati Uniti, ma a spiegarlo potrebbe semplicemente bastare il loro essere apolitici e pacifisti. Una diversità inconcepibile per un militarista come Putin, pertanto atta a suscitare il suo sospetto.



Testimone di Geova

Note

*nota1 L’11 ottobre il portale RT, ha pubblicato la “notizia” che dodici paesi europei avrebbero riconosciuto lo stato della Catalogna, accompagnandola con la mappa colorata della “nuova Europa”. Le strategie di disinformazione sono tradizione in Russia, dall’Okhrana, polizia segreta zarista, al KGB sovietico, e ora si sono arricchite dei mezzi digitali.

*nota2 – Il Dr. Craig Pirrong è direttore di Energy Markets, professore di scienze della finanza presso il College of Business di Bauer dell’Università di Houston. Investiga da anni su ZH e Ivandjiiski.
Nel 2011: “La linea editoriale di ZH sulle economie statunitensi e europee è quasi esattamente quella di RT. Inoltre, anche se ZH non si risparmia nelle critiche a quasi ogni leader occidentale, non sussurra mai la minima parola di rimprovero su Vladimir Putin o la Russia. Infatti, un tweet che menzionava questo fatto quasi immediatamente ha richiamato una risposta da ZH, cioè un collegamento a un pezzo dello stesso ZH che ripeteva pari pari la propaganda russa sulla superiorità fiscale della Russia rispetto agli Stati Uniti. “

*nota3 qualche trasmissione con sottotitoli inglese in YouTube

*nota4 La Chiesa ha subito sotto Stalin persecuzioni efferate e sanguinarie, oltre al tentativo di provocare uno scisma creando il movimento della “chiesa vivente” fedele regime. Durante la II guerra mondiale, Stalin compie un opportunistico rivolgimento: riapre qualche chiesa, dà libertà di azione ai sacerdoti superstiti e comunica a Roosevelt e agli Alleati che la Chiesa era libera e patriottica. Con Krushev e Breznev furono vessazioni: controllo sui riti religiosi, settimana con la festività mobile per allontanare dalla liturgia domenicale, Pasqua giorno lavorativo, ed essere credenti rimase colpa grave che portava emarginazione, se non addirittura gulag o esilio. Altro rivolgimento con Gorbaciov e Eltsin: dal 1991 si riannodarono i fili con la tradizione religiosa e la Chiesa Ortodossa ottenne centralità sociale e politica.

*nota5 Francesco e Kirill si sono incontrati a L’Avana nel 2016 e hanno rilasciato una dichiarazione congiunta; senza aver affrontato le barriere teologiche, pastorali e storiche che separano le due Chiese, hanno espresso comune compiacimento per la sconfitta dei regimi atei: TESTO 14. Nell’affermare l’alto valore della libertà religiosa, rendiamo grazie a Dio per il rinnovamento senza precedenti della fede cristiana che sta accadendo ora in Russia e in molti paesi dell’Europa orientale, dove i regimi atei hanno dominato per decenni.
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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:24 pm

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Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:25 pm

19)
Le guerre imperiali della Russia di Putin e l''aggressione criminale dell'Ucraina.
Nessun confronto possibile tra le guerre nazifasciste, imperialiste e suprematiste della Russia di Putin con le guerre dell'Occidente, degli USA e della NATO dopo la Seconda guerra mondiale.




Tutte le guerre di Putin dal 1999 all'Ucraina di oggi
Barbara Massaro
30 marzo 2022

https://www.panorama.it/news/dal-mondo/ ... na-di-oggi

Da quando lo scorso 24 febbraio la Russia ha invaso l’Ucraina dichiarando, di fatto, guerra all’Occidente (attraverso la Nato) i riflettori del mondo sono tornati a puntare – ancora una volta- sulla cosiddetta polveriera balcanica.

Dal crollo dell’ex Unione Sovietica, infatti, l’intero territorio è stato soggetto a una serie di conflitti, tensioni, guerre e battaglie che – purtroppo - nulla hanno da invidiare al mezzo secolo di Guerra Fredda che ha contrapposto l’Occidente all’ex blocco comunista, contrapposizione, di fatto, mai risolta.

Più o meno sono una ventina i conflitti armati cui la Russia post URSS ha partecipato negli ultimi 30 anni e la maggior parte di questi ha il sigillo della Z di Putin in calce.

A riavvolgere a ritroso il nastro della storia dalla fine dell’URSS la Russia ha firmato una guerra ogni 18 mesi; conflitti giustificati dalla necessità di ristabilire la pace, di sostenere fazioni filo russe o di aiutare alleati in difficoltà, ma in realtà guerre che mal celano il desiderio russo di tornare a dominare l’intero territorio che si snoda al di là degli Urali e di sedare le spinte centrifughe della costellazione di repubbliche nate dal crollo dell’URSS.

La fine dell’era Eltsin

All’alba dell’era Eltsin i cannoni puntati sulla Georgia hanno portato allo scoppio della prima guerra cecena (1994-1996) un genocidio finito con un armistizio che non piaceva a Mosca. Dopo la fine ufficiale degli scontri a fuoco la Cecenia si è trasformata in un far west dove mafia, corruzione e criminalità impedivano il ritorno di qualsivoglia forma di controllo pubblico sul paese. Putin, al momento della sua ascesa al Cremlino – 9 agosto 1999 - senza esitazione, ha preso in mano lo scettro del potere e la guerra è stata la lingua attraverso la quale lo Zar ha regolato le sue relazioni internazionali sia con l’Occidente sia con la costellazione delle repubbliche ex sovietiche.

Il terreno Putin se lo stava coltivando bene già da un pezzo. Gioco facile per l’ex tenente colonello del Kgb arrivato a Mosca nel 1996 per ricoprire la carica di capo delegato per la gestione della Proprietà presidenziale. Eltsin allora, alcolizzato e malato, stava affondando la neonata federazione russa con una politica economica scellerata che aveva ridotto i russi in uno stato di povertà assoluta permettendo il dilagare di corruzione e criminalità.

La seconda guerra cecena: 1999-2009

E così Putin ha visto bene di chiudere la questione cecena sedando ogni spiraglio indipendentista della piccola repubblica caucasica. L’occasione è stata fin troppo ghiotta. L’8 agosto 1999 – giorno prima dell’insediamento ufficiale di Putin – erano state inviate truppe russe nella regione caucasica del Daghestan, una della 85 entità amministrative che componevano la Federazione russa per sedare la guerriglia islamista cecena che aveva occupato quattro villaggi. Due giorni dopo i 4 villaggi avrebbero dichiarato l’indipendenza dando il là al via della marcia russa sulla Cecenia. Dopo 4 settimane il Daghestan era riconquistato. Meno di un mese dopo una serie di attentati sospetti a Mosca e in altre città russe furono imputati alle milizie filo islamiste cecene e furono il bottone rosso schiacciato per avviare la macchina da guerra di Putin. Certo, come dimenticare che la giornalista Anna Politkovskaja e l’ex spia Alexander Litvinenko rivelarono come ci fosse l’Fsb, l’ex Kgb, dietro quegli attentati, ma Anna e Alexander vennero ammazzati e con loro anche la verità sull’inizio del massacro ceceno.

L’offensiva russa fu brutale. L’episodio più noto fu la pioggia di bombe sul mercato di Grozny, capitale cecena, il 21 ottobre 1999. Morirono 140 civili, per lo più donne e bambini. Durante un decennio la Russia mosse la sua crociata contro il terrorismo ceceno massacrando la popolazione in nome del ritorno all’ordine. L'esatta stima delle perdite di questa guerra è tuttora sconosciuta, anche se fonti non ufficiali contano un numero di circa 25.000 - 50.000 vittime tra morti, feriti e dispersi, molti dei quali tra i civili.
Il fronte kosovaro

Mentre il fronte ceceno rimaneva aperto Putin (che nel frattempo, nel 2000, era stato confermato al Cremlino con il 53% dei voti) aveva già deciso che la seconda questione da chiudere era quella kosovara. Mosca da un anno faceva parte, insieme ai paesi Nato della Kosovo Force, un’operazione di peacekeeping volta a trovare una soluzione alle tensioni belliche in corso da un decennio tra gli indipendentisti filo albanesi e i fedeli Ortodossi filo serbi vicini alla Russia. Se però i paesi Nato puntavano a favorire l’indipendentismo albanese, il peso sulla Kosovo Force e soprattutto il timore di incendiare un’altra volta la polveriera balcanica hanno determinato la scelta di appoggiare gli ortodossi a scapito degli albanesi. In questo periodo la Russia si è avvicinata tanto all’Occidente da entrare a far parte del G8.

La prima guerra del nuovo millennio: la Georgia

La prima guerra del XXI secolo è rapidissima e violenta. La Georgia cercava da tempo di liberarsi dall’influenza di Mosca, ma per farlo avrebbe dovuto affrancarsi dalle regioni russofile dell’Abkhazia dell’Ossezia del Sud. E così la notte del 7 agosto 2008 la Georgia bombardò la capitale sud-osseta Tskhinvali provocando centinaia di morti e enormi distruzioni.

Mosca non aspettava altro: la mattina dopo la Russia intervenne a fianco dei secessionisti e la Georgia dichiarò lo stato di guerra, nei giorni successivi il conflitto si allargò in Abkhazia. Con la mediazione dell’allora presidente francese Nicolas Sarkozy il 12 agosto fu raggiunto l’accordo per il cessate il fuoco.

Due settimane dopo Mosca riconobbe l’indipendenza delle due repubbliche separatiste.

In quel periodo in realtà al Cremlino la poltrona presidenziale era occupata da Medvedev, stretto collaboratore di Putin. L’ex presidente non aveva potuto ricandidarsi per la terza volta perché non previsto dalla costituzione. Putin era rimasto, però, al Cremlino in qualità di primo ministro ma, di fatto, non aveva mai perso le redini del potere. Alle presidenziali del 4 marzo 2012 Putin si ricandidò vincendo a mani basse con il 64% dei voti. Da allora è sempre stato presidente e ha visto bene di mettere mani alla costituzione garantendosi la poltrona almeno fino al 2035.

Mosca e le guerre degli altri

Oltre ai conflitti diretti intrapresi da Mosca c’è anche da tenere conto delle volte in cui il Cremlino ha fornito appoggi più o meno indiretti a conflitti in corso determinandone la sorte come nel caso della Siria. Putin scese in campo a gamba tesa a favore del Presidente Assad in un momento che, il numero uno siriano, ormai fiaccato avrebbe perso a breve le redini del Paese. Dopo undici anni di guerra, 400mila morti, undici milioni di profughi grazie a Putin il dittatore di Damasco riuscì a ribaltare il fronte e a ricacciare fazioni ribelle e jihadisti.

Ripercorrendo tutti gli interventi armati di questi decenni Putin con le sue armate era sempre presente dalla contesa del Batken fra kirghizi e tagiki (1999), agli scontri etnici nel sud del Kirgizistan (2010) il Cremlino ha utilizzato la guerra come canale di comunicazione del suo potere sul mondo


La guerra in Crimea 2014

Per capire come si è arrivati alla guerra in Ucraina di queste settimane bisogna però ricordare quanto accaduto a Sochi, in Russia, nel 2014 durante lo svolgimento dei primi giochi olimpici in territorio russo della storia. In quell’occasione gli scontri presso la tendopoli pro-Ue di Maidan a Kiev provocarono il ribaltamento del governo filo-russo di Yanukovic.

La reazione di Putin – come sempre immediata - fu quella di mandare soldati russi senza mostrine né bandiere – i cosiddetti mercenari del Gruppo Wagner - a occupare militarmente la penisola di Crimea, annettendola ufficialmente il 18 marzo.

Le conseguenze di questi fatti, con gli anni di guerriglia separatista nel Donbass e i mercenari a orologeria intervenuti sullo scacchiere sono la premessa delle bombe di oggi su Kiev.

Il penultimo intervento militare russo risale solo a due mesi fa, quando Putin è intervenuto a favore dell’enorme area ex sovietica del Kazakhstan. A gennaio (e i piani per l’Ucraina erano già in fase di avanzata composizione) il Cremlino ha inviato le forze armate ad aiutare il presidente Kassym-Jomart Tokayev a far rientrare i violenti moti di protesta innescati dall’aumento dei prezzi dell’energia. Una mossa astuta che ha permesso a Mosca di sedare il clima teso nella zona e mantenere gli equilibri della regione come richiesto dalla vicina Cina che, guarda caso, oggi si dimostra morbida e dialogante sul tema Ucraina..



Le guerre di Putin: dalla Cecenia alla Georgia, tutti i conflitti della Russia dopo la fine dell'Unione Sovietica
Enrico Franceschini
10 marzo 2022

https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 340897694/

Quando crollò l’Unione Sovietica, nel 1991, sembrò che l’evento fosse avvenuto senza atroci spasmi, senza violenza, senza sangue. Certo, negli anni precedenti la repressione dell’Armata Rossa nel Baltico e nel Caucaso aveva causato vittime; e anche nel fallito golpe contro Mikhail Gorbaciov nell’estate di quello stesso anno avevano perso la vita tre giovani saliti sulle barricate per ostacolarlo.

Ma la scomparsa dell’Urss, formalizzata a dicembre, facendo sorgere al suo posto quindici nazioni indipendenti compresa la Russia, era stata una faccenda per lo più indolore. Si diceva che la Rivoluzione del 2017, al di là della retorica un golpe della minoranza bolscevica pressoché incruento e circoscritto a Pietrogrado, come si chiamava allora l’ex-San Pietroburgo e la futura Leningrado, era stata comunicata al resto dell’impero degli zar “con un telegramma”: e la fine di quel colossale e per molti versi mostruoso esperimento chiamato Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche era stata simile.

“Abbiamo detto troppo presto che l’Urss era implosa senza spari e senza sangue”, commenta in questi giorni, di fronte alla brutale invasione russa in Ucraina, un diplomatico italiano che era a Mosca in quei giorni di trenta e passi anni fa. Del resto, dopo la rivoluzione del ’17 venne una spaventosa guerra civile fino al 2022, che ebbe per epicentro, corsi e ricorsi della storia, la guerra tra rossi e bianchi proprio in Ucraina. In modo analogo, nei tre decenni trascorsi dalla scomparsa dell’impero sovietico, di sanguinosi conflitti ce ne sono state tanti. Ecco quali sono state le guerre di Vladimir Putin.

Ha cominciato Putin a lanciare iniziative militari, dopo il crollo dell’Urss?

No. Già sotto Boris Eltsin, presidente della Russia, di fatto il successore di Gorbaciov e il predecessore di Putin, Mosca ha mandato le sue truppe a combattere in altre ex-repubbliche sovietiche, per reprimere rivolte o partecipare a conflitti locali: in Georgia nel ’91-’93, in Moldavia nel ’92 (dove si consolidò la Repubblica di Transnistria, un eclave russofono tuttora fedele alla Russia e separato dal resto della piccola nazione), in Inguscezia (una regione russa ai confini del Caucaso) sempre nel ’92, in Tagikistan nel ’92-’97, e soprattutto nella prima guerra cecena nel ’94.’96, quando Eltsin tentò di piegare la ribellione separatista della Cecenia, regione autonoma che produce l’1 per cento del petrolio russo e dunque di cruciale importanza.

L’ultimo conflitto ordinato da Eltsin fu in un’altra regione autonoma separatista russa, il Daghestan, nell’agosto ’99, ma è il caso di notare che dal mese prima al Cremlino, come primo ministro, c’era già anche Putin, che sarebbe diventato presidente a interim, su designazione di Eltsin, il 31 dicembre, poi confermato da un voto popolare tre mesi più tardi.

Dunque quale è stata la prima guerra di Putin?

La seconda guerra cecena, anche quella in realtà iniziata nell’estate del ’99 quando Putin era primo ministro, ma andata avanti con una ferocia senza precedenti fino al 2000 e poi ancora con operazioni limitate contro la guerriglia cecena fino al 2009. La capitale cecena Grozny (che in russo significa “la terribile”, nome imposto dagli zar dopo una guerra dei secoli precedenti) fu quasi completamente rasa al suolo dai bombardamenti russi: un modello per quello che Putin ha fatto in seguito ad Aleppo, in Siria, e per quanto sta facendo in Ucraina. Usando la forza senza limiti, e corrompendo alcuni capi ceceni per portarli dalla propria parte, Putin riuscì a vincere un conflitto che sembrava irrisolvibile.

C’è da notare che a scatenare la seconda guerra cecena o meglio l’attacco russo, violando accordi firmati dopo la prima guerra, furono una serie di attentati che fecero centinaia di morti a Mosca: vari osservatori, tra cui il difensore dei diritti umani Sergej Kovalev e l’ex-agente del Kgb Aleksandr Litvinenko (più tardi assassinato a Londra con il polonio radioattivo nel tè da agenti collegati al Cremlino), sostengono che fu l’Fsb, il servizio segreto russo erede del Kgb sovietico, del quale Putin aveva fatto parte per sedici anni e di cui era stato il capo prima di diventare premier e presidente, a mettere le bombe in edifici di civili, per accusare poi “terroristi ceceni”, suscitare indignazione nella popolazione russa e avere una scusa per ricominciare la guerra con metodi più duri di prima. Si calcola che ci furono tra 50 mila e 80 mila morti.

Ma la prova generale per l’invasione dell’Ucraina è stata un’altra?

Sì, è stata la guerra in Georgia nel 2008. Le somiglianze sono impressionanti. Un governo filo-occidentale, che era stato eletto democraticamente a Tbilisi al posto di uno filo-russo, aveva chiesto di entrare nella Nato per proteggersi dall’onnipresente minaccia di Mosca. Putin reagì invadendo due regioni autonome georgiane, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, dove un conflitto a intermittenza era in corso fin dai tempi dell’Urss, ufficialmente giustificando l’intervento con la necessità di proteggere la popolazione delle due regioni, a maggioranza russa, da discriminazioni del governo georgiano.

Da allora Abkhazia e Ossezia del Sud sono praticamente sotto il controllo del Cremlino e a Tbilisi, come risultato della guerra, si è insediato un governo di nuovo filo-russo. Tuttavia di fronte all’invasione dell’Ucraina ci sono state in Georgia manifestazioni di protesta talmente massicce contro Mosca da indurre l’attuale governo a chiedere, proprio nei giorni scorsi, l’adesione all’Unione Europea, sebbene i commentatori ritengano che si tratti più di una mossa politica per calmare la piazza che di una intenzione reale, poiché il procedimento di adesione richiederebbe comunque molti anni e non è chiaro come si concluderebbe, specie con due aree della Georgia ancora in stato di guerra contro Tbilisi. Un caso da manuale di quello che Putin ha fatto successivamente in Ucraina a partire dal 2014 a oggi.

Come si è svolta la “prima guerra” contro l’Ucraina, se così si può definire?

Con le stesse ragioni usate per l’intervento in Georgia, la protezione della minoranza russa, e le medesime motivazioni reali, impedire la richiesta di adesione alla Nato presentata dal governo filo-occidentale eletto a Kiev dopo un governo filo-russo, Putin ha invaso con le proprie truppe la penisola della Crimea, annettendola quasi immediatamente, e ha usato forze non regolari ma controllate dal Cremlino per invadere parte del Donbass, le regioni autonome di Donetsk e Lugansk, la zona mineraria dell’Ucraina che confina con la Russia ed è storicamente da sempre abitata in prevalenza da una popolazione di etnia e lingua russa. Quella “prima guerra ucraina” ha fatto 7 mila morti e decine di migliaia di feriti, suscitando in Occidente proteste un po’ più forti di quelle che avevano accompagnato l’invasione russa della Georgia nel 2008, ma non abbastanza forti da impensierire Mosca o da causare danni alla sua economia.

Perché la “seconda guerra” contro l’Ucraina è scoppiata proprio ora?

Ci sono varie ipotesi. In Ucraina la situazione era praticamente invariata rispetto al 2014. Ma altrove sono successe cose che possono avere spinto Putin a decidere che fosse il momento giusto per prendersi tutta l’Ucraina o perlomeno per prendersene un pezzo e installare un governo fantoccio a lui fedele nella parte che rimane formalmente indipendente: l’imbarazzante ritiro americano dall’Afghanistan; la Brexit che ha indebolito e diviso l’Europa, separando il Regno Unito dall’Unione Europea; un cancelliere appena insediato in Germania dopo il lungo governo di Angela Merkel; le imminenti elezioni presidenziali in Francia, potenziale distrazione per Parigi. La convinzione, insomma, di poterla fare franca, con una facile vittoria militare sul campo e senza pagare un prezzo troppo alto in sanzioni occidentali.

Ci sono state altre avventure militari sul fronte interno nell’era Putin?

Insurrezioni in varie regioni del Caucaso settentrionale, tra il 2009 e il 2017, hanno provocato l’intervento delle forze russe: non solo in Cecenia, come già detto, ma anche in Daghestan, Inguscezia, Kabardino-Balkaria e Ossezia del Nord. Inoltre Putin ha inviato truppe in Bielorussia e Kazakistan, l’anno scorso e quest’anno, per aiutare il regime autoritario locale a reprimere vaste rivolte popolari, così rimettendo sotto il controllo di Mosca anche quelle due ex-repubbliche sovietiche.

Nel frattempo Putin è entrato in guerra anche all’estero?

Sì, in Siria, in Libia, nella Repubblica Centroafricana, nel Mali, in modo diretto e manifesto oppure occulto, attraverso il dispiegamento del Gruppo Warner, unità di soldati mercenari che in realtà secondo molto osservatori dipendono dal ministero della Difesa e dal ministero degli Interni russo. Ma pure l’Unione Sovietica ha partecipato direttamente o indirettamente a numerosi conflitti durante la guerra fredda, dalla guerra di Corea a quella del Vietnam.

Le guerre di Putin nell’ex-Urss, in conclusione, sono una cosa diversa?

Le guerre di Putin nei territori dell’ex-Urss hanno un altro significato: sono la coda sanguinosa e violenta del crollo dell’Unione Sovietica, il tentativo di Mosca di riprendersi quello che considera suo. L’ossessione del capo del Cremlino: riparare “la più grande tragedia geopolitica del ventunesimo secolo”, come lui definisce la fine dell’impero dei Soviet, che altri leader e altri popoli consideravano invece la liberazione da una dittatura durata settant’anni, il tramonto dell’ultimo impero multi-etnico della terra.



Ucraina, dalla guerra civile nel 2013/14, causata dal nazifascista russo Putin a oggi,dalle stragi di Euromaidan del 2013 a quella di Odessa del 2014
viewtopic.php?f=143&t=3006
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 9099264249

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014 con repressione violenta del governo filorusso dei manifestanti filoeuropei e feroci scontri tra i filo russi e i filo europei, con centinaia di morti e migliaia di feriti.
Con interventi di cecchini, mercenari, infiltrati e squadre speciali russe contro gli ucraini antigovernativi e filoeuropei.
Fu in questo contesto di guerra civile, di repressioni poliziesche e militari, di scontri e violenze generalizzate, tra cui l'invasione russa della Crimea e l'inizio dei moti separatisti terroristici nel Donbass che avvenne anche la Strage di Odessa in cui morirono una quarantina di persone a causa di un incendio di cui non si conosce con certezza l'origine.





Alberto Pento

Le azioni militari, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, con invasione di un esercito internazionale e con bombardamenti aerei o navali, intraprese dall'Occidente USA e NATO o da coalizioni di paesi occidentali, in Asia e in Africa, sono state fatte prevalentemente su mandato ONU (e in taluni casi anche quando non è stato possibile il mandato ONU per il veto della Russia o della Cina), queste azioni non sono mai state fatte per predare territori e risorse altri, per schiavizzare popolazioni e sterminare etnie.
Sono sempre state fatte a sostegno dei popoli oppressi, delle minoranze a rischio di pulizia etnica e genocidio (vedasi il caso del bombardamento della Serbia a difesa dei bosniaci e dei kosovari),
contro dittatori criminali e terroristici e i loro regimi canaglia, con gran dispendio di risorse economiche dei cittadini e dei contribuente occidentali, attenuate solo in parte da successive compensazioni dei paesi che hanno tratto beneficio da queste azioni a loro favore (vedasi i casi dell'Afganistan, della Somalia, dell'Iraq, della Libia).
La Russia invece ha sempre intrapreso le sue iniziative militari, contro la volontà internazionale e l'ONU (come oggi nel caso dell'Ucraina), per predare territori, risorse e sovranità politica, per impedire la libertà e l'indipendenza delle popolazioni e dei paesi, per l'imperialismo e il suprematismo nazifascista russo della Grande Russia di Putin, compiendo atroci crimini contro l'umanità, il diritto internazionale e crimini di guerra.
Non vi è alcun possibile paragone tra le azioni militari dell'Occidente e del Mondo Libero e quelle della Russia nazifascista di Putin.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 9:25 pm

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