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nazi islamici seguaci di Moametto e antioccidentali;L’Ucraina non è la Palestina, la Russia non è IsraeleInfopal
8 aprila 2022
https://www.infopal.it/lucraina-non-e-l ... e-israele/I regimi ucraino e israeliano godono del sostegno dello stesso egemone imperiale e globale, sono ostili ai loro vicini.
Nel regno razzista e suprematista, i regimi ucraino e israeliano hanno ironicamente molto in comune.
The Palestine Chronicle. Di Issa Khalaf. La maggior parte delle persone di buona volontà e di forte senso politico-morale che cercano giustizia ed equità, tutti noi che siamo semplicemente umani, desideriamo naturalmente essere coerenti nel modo in cui valutiamo e giudichiamo il mondo al di fuori di noi. Tuttavia non possiamo parlare in modo intelligente senza riconoscere che bisogna navigare nella tensione intrinseca tra coerenza morale-legale, contesto e veridicità.
Non sono mancati gli accademici della teoria della guerra giusta, anche all’interno della ricca tradizione cattolica, che sostennero, a suo tempo, che l’invasione e l’annientamento dell’Iraq da parte degli Stati Uniti nel 2003 fu una guerra giusta, nonostante l’uccisione di centinaia di migliaia di persone, per lo più civili, e il trasferimento forzato di milioni di arabi, per lo più sunniti (che ha decimato il nucleo della borghesia colta, laica, professionale).
Non possiamo che essere rattristati e indignati per i forti che tormentano i deboli. I palestinesi, che sono vittime da quasi 75 anni, sono particolarmente consapevoli e sensibili all’occupazione, all’oppressione, ai profughi, alla guerra.
Ma questa non è la realtà completa in Ucraina. Sì, i civili stanno soffrendo e molti scappano dalle zone di guerra attive, indipendentemente dal contesto o da chi è in colpa, chi è la vittima. In guerra raramente c’è la parte buona e la parte cattiva, cattivi ed eroi. Non sostengo la legalità o meno dell’offensiva russa in Ucraina, o che la guerra preventiva sia legale, né soppeso i meriti legali della “responsabilità di proteggere” della Russia nel Donbass. E no, i civili non dovrebbero essere puniti per l’idiozia sconsiderata dei loro leader.
Né la premessa del “potere che rende giusti” dei “realisti” né gli dei della guerra “dell’ordine internazionale liberale” sono morali o legali. Tuttavia, non possiamo impantanarci nell’esegesi dei diritti.
L’argomento a favore della giustizia e del presunto vittimismo dello Stato ucraino, della sua innocenza e impotenza di fronte al potere russo, suona vuoto.
Ciò che è particolarmente deludente sono quei palestinesi e arabo-americani che sembrano aver accettato la saggezza ricevuta, compresi i giovani che twittano la loro indignazione, trasferendo la loro virtù indicando un luogo del diritto legale e morale, per l’Ucraina, che in molti non riescono a trovare su una mappa. Avanzando argomentazioni di base sui doppi standard e sulle incongruenze nell’applicazione del diritto e delle norme internazionali, vedendo l’Ucraina come il destinatario dell’aggressione e brutalità russa assoluta, sottolineando che il diritto internazionale non può essere applicato selettivamente alla Palestina e all’Ucraina, essi ritengono di poter convincere coloro che mai hanno fatto il loro bene.
La Palestina non otterrà mai riparazione e giustizia dagli Stati Uniti/UE e certamente non con l’aiuto dei fanatici del governo israeliano imbevuti di follia ideologica sionista.
L’appello al diritto internazionale manca dell’essenziale correttezza geopolitica del caso russo, di aggressore e aggredito, aggressore e leso, come manca le implicazioni per la Palestina, il Medio Oriente e il mondo, delle azioni USA/Occidente: in particolare, a questo punto critico nella congiuntura storica, la destabilizzazione dell’ordine e della sicurezza internazionale, l’inasprimento dei conflitti e delle controversie locali, le guerre senza fine e il continuo impoverimento delle classi sociali del mondo.
La Russia ovviamente è una grande potenza, e vi è una grande asimmetria di forza tra essa e l’Ucraina e qualsiasi confronto critico, sfumatura, controllo o contesto ne risultano ostacolati.
Si può sostenere che la Russia agisca per difesa, Israele no. L’Ucraina, sostenuta dalla strisciante e bellicosa espansione USA/NATO ai confini della Russia, che chiede ai suoi sostenitori occidentali prima della guerra di acquisire capacità nucleari è un pericolo reale e attuale per la sicurezza nazionale russa; Israele, armato di armi nucleari, biologiche e chimiche, è una minaccia pericolosa e destabilizzante alla pace regionale e mondiale.
La Russia non sta combattendo uno stato indifeso, ma uno di fatto alleato e armato da USA/NATO, con 300 mila unità di forze armate, compresi i paramilitari; quello di Israele è forse l’esercito più forte del Medio Oriente.
L’offensiva russa non è motivata da ragioni espansionistiche di ispirazione ideologica; Israele è uno stato di apartheid iper-espansionista e colonizzatore. La Russia non si impegna nell’espropriazione e nella pulizia etnica, lo fanno Israele e l’Ucraina. La Russia non conduce la guerra con la criminalità; Israele e Ucraina sì. La Russia aspira a un quartiere e a un mondo sicuri, equi ed economicamente prosperi, Israele lo ostacola a livello locale e non gliene frega niente a livello globale. (Per i sostenitori estremamente ben organizzati e finanziati da Israele, alias le lobby, a Washington e in altre capitali occidentali, c’è solo uno stato che viene prima).
La Russia non ha un’ideologia istituzionalmente razzista ed esclusivista, Israele e Ucraina ce l’hanno. La Russia non è uno stato religioso-etnico o etnolinguistico, lo sono Israele e l’Ucraina. L’Ucraina non ha una popolazione apolide, occupata e prigioniera, la Palestina sì. Israele è interessato a usare il conflitto ucraino per “radunare” ebrei ucraini per consolidare il suo vantaggio demografico e far sparire la Palestina, la Russia non lo fa in Ucraina o altrove.
I regimi ucraino e israeliano godono del sostegno dello stesso egemone imperiale e globale, sono ostili ai loro vicini e sono estremisti ignari del fatto che la loro sopravvivenza, sicurezza e prosperità a lungo termine dipendono dalla pace e dalla coesistenza con gli altri al loro interno e intorno loro. Entrambi soffrono di miopia suicida.
Con l’eccezione delle persone innocenti che soffrono, c’è poca equivalenza politica o morale tra Palestina e Ucraina, compresi i discorsi da cortile sul diritto dell’Ucraina di aderire alla NATO.
Risiedendo negli Stati Uniti o in altri paesi occidentali, catturato dai centri di potere, saturo di una narrativa monolitica, crederesti che il leader della Russia sia indicibilmente malvagio, persino nevroticamente demente, fuori controllo, e che il popolo russo meriti la punizione. La volgare crudeltà dei russi, i loro metodi rozzi nel condurre la guerra, l’uccisione indiscriminata di civili, donne e bambini inclusi, è la propaganda orwelliana di cui siamo nutriti e, a quanto pare, legioni di americani ed europei hanno interiorizzato queste bugie.
C’è un altro aspetto di questa narrazione raccontata da esperti militari che vale la pena ascoltare: l’offensiva della Russia è progettata per ridurre al minimo l’impatto fisico e immorale della guerra, il suo movimento è metodico, paziente, contenuto. Persegue contemporaneamente la guerra e la diplomazia; non ha preso di mira le infrastrutture fisiche e sociali vitali, compresi i servizi pubblici; città circondate ma non spianate; creato “calderoni” attorno alle grandi formazioni militari del nemico piuttosto che annientarle per effettuare la resa; ha aperto ovunque corridoi umanitari per consentire ai civili di uscire dalle città, ha fornito cibo, acqua, cure mediche; e si è astenuto dall’utilizzare la potenza dell’aria (finora) per ridurre al minimo i danni alla proprietà.
L’obiettivo non è uccidere e distruggere, ma preservare. Kiev non è stata attaccata per questo motivo, i russi mirano a soddisfare le loro richieste politiche, inclusa la neutralità e la smilitarizzazione, ponendo così fine alla guerra. (Rimane da vedere come l’Ucraina si organizzerà politicamente-territorialmente-amministrativamente quando sarà finita).
Sorprendentemente, non si saprebbe mai niente di tutto questo. Il principale quotidiano guerrafondaio, il New York Times, batte la narrativa delle vittime dell’Ucraina mentre insiste sul fatto che l’Ucraina è più forte e la Russia più debole di quanto si pensasse in questa guerra. Cosa sto dicendo? Che le persone vengono davvero uccise e sradicate; che le munizioni vaganti hanno colpito gli edifici civili; che possono verificarsi alcuni crimini di basso livello, ma l’uccisione e la distruzione da parte dell’esercito russo professionale e disciplinato sono relativamente piccole e non intenzionali. Qualcuno nei media americani ha verificato eventuali affermazioni ucraine riguardanti distruzioni di piscine piene di civili, teatri, ospedali, centri commerciali, scuole d’arte o ha indagato sulla versione russa?
Non che una vita perduta sia moralmente difendibile, ma non possiamo elaborare criticamente senza i fatti.
Contrasta la guerra in Ucraina con l’inveterata dimostrazione della barbarie israeliana. Assassinii indiscriminati da aria, terra, mare contro popolazioni indifese, Gaza ne è l’esempio lampante; uso di armi orribili, da bombe a grappolo a bombe al fosforo; distruzione di scuole, ospedali, reti idriche, assedi medievali per punire i civili facendoli morire di fame; uso di scudi umani, cecchini contro vecchi, donne e bambini; e tutti i tipi di crimini contro l’umanità (per non parlare degli attacchi non provocati contro gli stati vicini).
Questi crimini sono ovviamente ben documentati, comprese decine di risoluzioni dell’UNSC riguardanti le eclatanti violazioni del diritto internazionale da parte dell’occupazione israeliana, tanto meno qualsiasi parvenza di moralità.
Gli ucraini non sono molto meglio. A parte la loro guerra genocida contro l’etnia russa, inclusa l’indicibile brutalità nel Donbass, il loro esercito e le formazioni naziste più accanite hanno di fatto terrorizzato e ucciso i propri civili per impedire loro di muoversi attraverso i corridoi umanitari (come nel caso del battaglione omicida Azov a Mariupol dove 125 mila civili sono tenuti prigionieri), hanno tenuto in ostaggio l’artiglieria e le formazioni militari nei quartieri per evitare l’attacco russo, hanno occupato edifici civili, utilizzato scudi umani, ucciso i giornalisti ritenuti politicamente scorretti nei confronti della guerra e figure dell’opposizione, bombardato strutture civili, presumibilmente accidentalmente, dando la colpa ai russi, e all’inizio della guerra i servizi di sicurezza del regime uccisero uno dei suoi stessi negoziatori.
Porre fine alla guerra è della massima urgenza, ma il regime di Kiev, sotto la pressione degli Stati Uniti e dei suoi stessi estremisti, si sta bloccando e sta intensificando le sue azioni anche quando il suo esercito è disperso e circondato. L’imperativo degli Stati Uniti è mantenere il flusso in Ucraina di armi letali e di neocombattenti nazisti e altri mercenari assortiti addestrati dalla CIA (e dagli inglesi) almeno dal 2015, e fanno assiduamente gli straordinari per causare un pantano russo anche a rischio crescente di un cataclisma nucleare.
C’è bisogno di ribadirlo: l’élite militare/oligarchica/xenofobica al potere in Ucraina è intensamente corrotta, di estrema destra, sciovinista e non democratica, e impone violentemente la sua autorità a un paese dalle identità intensamente divise.
La base sociopolitica e culturale di questa élite si trova in alcune parti della metà occidentale del paese con il suo anacronistico disgusto galiziano-polacco nei confronti della Russia e dei russi etnici in Ucraina, i cui nazionalisti e cripto-nazisti vedono i russi come bastardi asiatici. Sebbene rappresentino, con i loro sostenitori, circa il 10 per cento della popolazione, i gruppi neonazisti e nazisti all’antica hanno avuto un effetto enorme e smisurato sullo stato.
Molti hanno familiarità con la citazione di un esperto di spicco, il compianto Stephen F. Cohen, secondo cui Kiev “incoraggiava” e “riabilitava” i neofascisti, “perfino commemorando i collaboratori ucraini con i pogrom di sterminio nazisti tedeschi e i loro leader durante la seconda guerra mondiale, ribattezzando le strade in il loro onore, costruendo loro monumenti, riscrivendo la storia per glorificarli…”
Stiamo parlando di monumenti ai nazisti ucraini occidentali che, insieme a quell’altro stato altrettanto virulentemente russofobo, la Polonia, collaborò, nei loro territori, con l’occupazione nazista tedesca nell’assassinio di milioni di ebrei durante l’Olocausto.
Nel regno razzista e suprematista, i regimi ucraino e israeliano hanno ironicamente molto in comune.
A parte le realtà materiali e politiche della guerra, c’è la questione sbalorditiva della “guerra dell’informazione”, così strettamente controllata e orchestrata dall’Occidente e che senza dubbio lascia la Russia nella polvere e la maggior parte di noi non sa distinguere il sopra dal sotto, la criminalità dall’umanità, la vittima dal carnefice, il legale dall’illegale, il falso dal reale. L’intensa propaganda è diretta al pubblico americano e occidentale per convincerlo della necessità della guerra e del sacrificio economico.
Il blackout delle informazioni e la frenetica manipolazione emotiva delle masse da parte dei social media, tra cui un diluvio di disinformazione e storie fabbricate e false immagini provenienti da altri luoghi e conflitti, il terrificante assalto alle voci dissenzienti nel contesto della follia iconoclasta, la paura e la censura di parlare rende tutta questa faccenda disgustosa, piena di ipocrisia e orribilmente spaventosa.
Il che ci porta a Volodymyr Zelensky, quell’ex eroe cinematografico il cui razzismo nei confronti dei palestinesi corrisponde esattamente agli striduli razzisti e assassini anti-palestinesi a capo del governo israeliano. Si potrebbe pensare che un eroe sia empatico, altruista, giusto, altruista, onesto e molto altro. Zelensky pensa invece che Israele, verso il quale sente una stretta parentela, sia il sofferente e la vittima dei palestinesi.
Un mix bizzarro, empio, questa storia, caratterizzata da cinismo, immoralità, illegalità, doppiezza:
–Un presidente-attore comico e un oligarca ucraino-israeliano, il più ricco dell’Ucraina, che ha creato e arricchito Zelensky e ha finanziato il suo programma televisivo (così come la sua vera corsa presidenziale) in cui interpretava il presidente e il cui messaggio indottrinante era la meravigliosa utopia dell’adesione alla NATO e all’UE.
–Questo presidente ha un tenue controllo delle forze armate e delle formazioni neonaziste e dei metodi di stato di polizia del ministero degli interni e dei servizi di sicurezza, governando insieme ai nazionalisti radicali e molti nel regime che odiano gli ebrei.
–Tutte le fazioni del regime superrazziste nei confronti dei palestinesi e ferocemente anti-russe.
–Tel-Aviv che effettua l’aliyah-navetta per gli ucraini esclusivamente ebrei, non per altri ucraini, a meno che non si contino i gettoni
–Israele coinvolto nell’armare le milizie neonaziste che odiano la razza e nell’addestrare elementi nefasti.
–Gli israeliani che vanno e vengono, si sentono a casa come se l’Ucraina fosse il loro terreno di gioco degli affari
–Tutte le parti abilitate da un ideologo degli Stati Uniti, il suo “deep state” che proietta massicciamente la sua rabbia di negazione, incapace di empatia strategica, apparentemente disposto a far esplodere l’Europa piuttosto che vedersi negato il controllo globale.
Le vittime qui sono davvero il popolo ucraino maltrattato da tutte le parti, seguito da tutti noi.
Traduzione per InfoPal di Stefano Di Felice
Alberto PentoNo l'Ucraina è come Israele e i russi nazifascisti Putin sono come i nazimaomettani impropriamente detti "palestinesi"
Contro Israele e l'invenzione del Popolo palestinese
Come furono inventati i palestinesi
Robert Spencer
14 Dicembre 2021
Traduzione in italiano di Angelita La Spada
http://www.linformale.eu/come-furono-in ... lestinesi/Nel 1948, il nascente Stato di Israele sconfisse gli eserciti di Egitto, Iraq, Siria, Transgiordania, Libano, Arabia Saudita e Yemen che volevano distruggerlo completamente. Il jihad contro Israele proseguì, ma lo Stato ebraico tenne duro, sconfiggendo ancora Egitto, Iraq, Siria, Giordania e Libano nella guerra dei Sei Giorni nel 1967 e l’Egitto e la Siria ancora una volta nella guerra dello Yom Kippur del 1973. Nell’ottenere queste vittorie contro enormi difficoltà, Israele riscosse l’ammirazione del mondo libero, vittorie che comportarono l’attuazione più audace e su più ampia scala nella storia islamica del detto di Maometto: “La guerra è inganno”.
Per distruggere l’impressione che il piccolo Stato ebraico stesse fronteggiando ingenti nemici arabi musulmani e che stesse prevalendo su di loro, il KGB sovietico (il Comitato sovietico per la sicurezza dello Stato) inventò un popolo ancora più piccolo, i “palestinesi”, minacciato da una ben funzionante e spietata macchina da guerra israeliana. Nel 134 d.C., i Romani avevano espulso gli ebrei dalla Giudea dopo la rivolta di Bar Kokhba e ribattezzarono la regione Palestina, un nome tratto dalla Bibbia, il nome degli antichi nemici degli Israeliti, i Filistei. Ma il termine palestinese era sempre stato riferito a una regione e non a un popolo o a una etnia. Negli anni Sessanta, tuttavia, il KGB e il nipote di Hajj Amin al-Husseini, Yasser Arafat, crearono tanto questo presunto popolo oppresso quanto lo strumento della sua libertà, l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP).
Ion Mihai Pacepa, già vicedirettore del servizio di spionaggio della Romania comunista durante la Guerra Fredda, in seguito rivelò che “l’OLP era stata una invenzione del KGB, che aveva un debole per le organizzazioni di ‘liberazione’. C’era l’Esercito di liberazione nazionale della Bolivia, creato dal KGB nel 1964 con l’aiuto di Ernesto ‘Che’ Guevara (…) inoltre, il KGB creò il Fronte democratico per la liberazione della Palestina, che perpetrò numerosi attacchi dinamitardi. (…) Nel 1964, il primo Consiglio dell’OLP, composto da 422 rappresentanti palestinesi scelti con cura dal KGB, approvò la Carta nazionale palestinese – un documento che era stato redatto a Mosca. Anche il Patto nazionale palestinese e la Costituzione palestinese nacquero a Mosca, con l’aiuto di Ahmed Shuqairy, un influente agente del KGB che divenne il primo presidente dell’OLP”.
Affinché Arafat potesse dirigere l’OLP avrebbe dovuto essere un palestinese. Pacepa spiegò che “egli era un borghese egiziano trasformato in un devoto marxista dall’intelligence estera del KGB. Il KGB lo aveva formato nella sua scuola per operazioni speciali a Balashikha, cittadina a est di Mosca, e a metà degli anni Sessanta decise di prepararlo come futuro leader dell’OLP. Innanzitutto, il KGB distrusse i documenti ufficiali che certificavano la nascita di Arafat al Cairo, rimpiazzandoli con documenti falsi che lo facevano figurare nato a Gerusalemme e, pertanto, palestinese di nascita”.
Arafat potrebbe essere stato marxista, almeno all’inizio, ma lui e i suoi referenti sovietici fecero un uso copioso dell’antisemitismo islamico. Il capo del KGB, Yuri Andropov, osservò che “il mondo islamico era una piastra di Petri in cui potevamo coltivare un ceppo virulento di odio antiamericano e antisraeliano, cresciuto dal batterio del pensiero marxista-leninista. L’antisemitismo islamico ha radici profonde… . Dovevamo solo continuare a ripetere i nostri argomenti – che gli Stati Uniti e Israele erano ‘paesi fascisti, imperial-sionisti’ finanziati da ricchi ebrei. L’Islam era ossessionato dall’idea di evitare l’occupazione del suo territorio da parte degli infedeli ed era assolutamente ricettivo al ritratto da noi fatto del Congresso americano come un rapace organismo sionista volto a trasformare il mondo in un feudo ebraico”.
Il membro del Comitato esecutivo dell’OLP, Zahir Muhsein, spiegò in modo più esaustivo la strategia in una intervista del 1977 al quotidiano olandese Trouw:
Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo stato di Israele per la nostra unità araba. In realtà, oggi non c’è alcuna differenza fra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni politiche e strategiche parliamo oggi dell’esistenza di un popolo palestinese, dal momento che gli interessi nazionali arabi esigono che noi postuliamo l’esistenza di un distinto “popolo palestinese” che si opponga al sionismo. Per ragioni strategiche, la Giordania, che è uno stato sovrano con confini definiti, non può avanzare pretese su Haifa e Jaffa mentre, come palestinese, posso indubbiamente rivendicare Haifa, Jaffa, Bee-Sheva e Gerusalemme. Tuttavia, nel momento in cui rivendicheremo il nostro diritto a tutta la Palestina, non aspetteremo neppure un minuto a unire Palestina e Giordania.
Una volta che era stato creato il popolo, il loro desiderio di pace poteva essere facilmente inventato. Il dittatore romeno Nicolae Ceausescu insegnò ad Arafat come suonare l’Occidente come un violino. Pacepa raccontò: “Nel marzo del 1978 condussi in gran segreto Arafat a Bucarest per le istruzioni finali su come comportarsi a Washington. ‘Devi solo far finta di rompere con il terrorismo e riconoscere Israele, ancora, e ancora e ancora’, disse Ceausescu ad Arafat. (…) Ceausescu era euforico all’idea che Arafat e lui potessero riuscire ad accaparrarsi un Premio Nobel per la pace con la loro farsa del ramoscello d’ulivo. (…) Ceausescu non riuscì a ottenere il suo Premio Nobel per la pace. Ma nel 1994 Arafat lo ricevette, proprio perché continuò a interpretare alla perfezione il ruolo che gli avevano affidato. Aveva trasformato la sua OLP terrorista in un governo in esilio (l’Autorità palestinese), fingendo sempre di porre fine al terrorismo palestinese, pur continuando ad alimentarlo. Due anni dopo la firma degli accordi di Oslo, il numero degli israeliani uccisi dai terroristi palestinesi era aumentato del 73 per cento”.
Questa strategia ha continuato a funzionare alla perfezione, attraverso i “processi di pace” negoziati dagli Stati Uniti, dagli accordi di Camp David del 1978 alla presidenza di Barack Obama e oltre, senza posa. Le autorità occidentali non sembrano mai riflettere sul perché siano tutti falliti così tanti tentativi di raggiungere una pace negoziata tra Israele e i “palestinesi”, la cui esistenza storica oramai tutti danno per scontata. La risposta, ovviamente, sta nella dottrina islamica del jihad. “Cacciateli da dove vi hanno cacciato” è un ordine che non contiene alcuna mitigazione e che non accetta nessuno.
Nota: Questo è un estratto esclusivo dal nuovo libro di Robert Spencer, The History of Jihad From Muhammad to ISIS. Tutte le citazioni sono contenute nel libro.
I palestinesi: storia di un popolo completamente inventatoL'Informale
Niram Ferretti
31 Dicembre 2015
http://www.linformale.eu/i-palestinesi- ... inventato/Come Atena nacque dalla testa di Zeus, la fantastoria nacque dall’ideologia. Il nome “Palestina” deriva dai filistei, una popolazione originaria del Mediterraneo Orientale (forse dalla Grecia o da Creta) la quale invase la regione nell’undicesimo e dodicesimo secolo A.C. Parlavano una lingua simile al greco miceno. La zona nella quale si insediarono prese il nome di “Philistia”. Mille anni dopo, i Romani chiamarono la zona “Palestina”. Seicento anni dopo gli Arabi la ribattezzarono “Falastin”.
Per tutta la storia successiva non ci fu mai una nazione chiamata “Palestina” né ci fu mai un popolo chiamato “palestinese”. La regione passò dagli Omayyadi agli Abassidi, dagli Ayyumidi ai Fatimidi, dagli Ottomani agli Inglesi. Durante questo millennio il termine “Falastin” continuò a riferirsi a una regione dai contorni indeterminati e MAI a un popolo originario.
Nel 1695, l’orientalista danese Hadrian Reland scoprì che nessuno degli insediamenti conosciuti aveva un nome arabo. La maggioranza dei nomi degli insediamenti erano infatti ebraici, greci o latini. Il territorio era praticamente disabitato e le poche città, (Gerusalemme, Safad, Jaffa, Tieberiade e Gaza) erano abitate in maggioranza da ebrei e cristiani. Esisteva una minoranza musulmana, prevalentemente di origine beduina, che abitava nell’interno.
Reland pubblicò a Utrecht nel 1714 un libro dal titolo “Palaestina ex monumentis veteribus illustrata”, nel quale non c’è alcuna prova dell’esistenza di un popolo palestinese, né di un’eredità palestinese né di una nazione palestinese. In altre parole, nessuna traccia di una storia palestinese.
Stiamo parlando di un testo uscito nel 1714, non duemila anni fa. Un testo moderno dal quale si evince che all’epoca non esisteva alcun “popolo palestinese”.
Quando nasce dunque questa realtà di cui si parla da decenni?
Dobbiamo avvicinarci ai nostri tempi, più precisamente al periodo in cui gli inglesi crearono, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale e dell’impero ottomano (durante il quale nessuno aveva ancora sentito parlare di questa fantomatica entità), la Palestina mandataria.
Gli arabi protestarono in modo acceso nei confronti della nuova realtà chiamata “Palestina”. Infatti, per loro, la Palestina era inestricabilmente collegata alla Siria. Gli arabi chiamavano la regione “Balad esh sham (la provincia di Damasco) o “Surya-al-Janubiya” (Siria del sud). Per i nazionalisti arabi la Palestina non era altro che la Siria del sud. Punto. I siriani, ovviamente, non potevano che annuire.
Il Congresso Generale Siriano del 1919 sottolineò con forza l’identità esclusivamente siriana degli arabi della “Siria del sud”, quella che gli inglesi chiamavano “Palestina”.
Nel suo libro, “Il Risveglio Arabo” del 1938, George Antonious, il padre della storiografia moderna araba, documenta il tumulto sorto tra gli arabi della “Grande Siria” e dell’Iraq quando inondarono le strade delle città siriane, Gerusalemme inclusa, per protestare contro la divisione geografica che gli inglesi, per ragioni geopolitiche, avevano imposto alla Siria. Antonious, come Reland prima di lui, non fa alcuna menzione di un “popolo palestinese”. Motivo? Di nuovo, non esisteva.
Facciamo un passo indietro. Nel 1920, la Francia conquista la Siria. E’ in questo periodo, durante il controllo francese della Siria, che inizia a prendere forma l’idea di una “Palestina” come stato arabo-musulmano indipendente, e fu il famigerato Mufti di Gerusalemme, Amin-al-Husseini, la personalità di maggior spicco tra i leaders arabi dell’epoca, a creare un movimento nazionalista in opposizione all’immigrazione ebraica determinata dal movimento sionista. In altre parole, fu il sionismo a fare da levatrice al palestinismo nazionalista. Anche allora, tuttavia, nessuno parlava di un “popolo palestinese”. Siamo nel 1920.
Ancora nel 1946, Philip Hitti, uno dei più eloquenti portavoce della causa araba dichiarava al Comitato di Inchiesta Anglo-Americano che un’entità nazionale chiamata Palestina…non esisteva.
Nel 1947, quando le Nazioni Unite stavano valutando la spartizione della Palestina mandataria in due stati separati, uno ebraico, l’altro arabo, numerosi politici e intellettuali arabi protestarono in modo acceso poiché sostenevano che la regione in questione fosse parte integrante della Siria del sud. Non c’era una popolazione “palestinese” in senso proprio, ed era dunque un’ingiustizia smembrare la Siria per creare un’altra entità che di fatto le apparteneva di diritto.
Nel 1957, Akhmed Shukairi, l’ambasciatore saudita alle Nazioni Unite dichiarò che, “E’ conoscenza comune che la Palestina non è altro che la Siria del sud“. Concetto ribadito da Hafez-al-Assad nel 1974, “La Palestina non solo è parte della nostra nazione araba ma è una parte fondamentale del sud della Siria”.
Dal 1948 al 1967, i diciannove anni intercorsi tra la Guerra di Indipendenza e la Guerra dei Sei Giorni, tutto quello che restava del territorio riservato agli arabi della Palestina mandataria britannica, era la West Bank (nome dato dai giordani alla Giudea e alla Samaria), che si trovava in quegli anni sotto il dominio illegale giordano, e Gaza, sotto il dominio illegale egiziano.
Durante questo periodo nessuno dei leader arabi prese neanche lontanamente in esame il diritto all’autodeterminazione degli arabi “palestinesi” che si trovavano sotto il loro dominio. Perché? Ancora, perché un “popolo palestinese” per i giordani e gli egiziani…semplicemente non esisteva.
Persino Yasser Arafat fino al 1967 usò il termine “Palestinesi”, unicamente come riferimento per gli arabi che vivevano sotto la sovranità israeliana o avevano deciso di non essere sottoposti ad essa. Nel 1964, per Arafat la “Palestina”, non comprendeva né la Giudea e la Samaria né Gaza, le quali, infatti, dopo il 1948 appartenevano reciprocamente alla Giordania e all’Egitto.
Lo troviamo scritto nella Carta fondante dell’OLP all’articolo 24, “L’OLP non esercita alcun diritto di sovranità sulla West Bank nel regno hashemita di Giordania, nella Striscia di Gaza e nell’area di Himmah”.
L’articolo 24 venne cambiato nel 1968 dopo la Guerra dei Sei Giorni, dietro ispirazione sovietica. Ora la sovranità “palestinese” si estendeva anche alla West Bank e a Gaza. Libero da possibili attriti con la Giordania e l’Egitto, Arafat, protetto dai russi, poteva allargare il campo della propria azione. La “Palestina”, adesso, inglobava anche Giudea, Samaria e Gaza.
La Guerra dei Sei Giorni è stata lo spartiacque per la creazione del “popolo palestinese”. Dopo la Guerra dei Sei Giorni tutto cambia. Da Davide, Israele diventa Golia e i “palestinesi” entrano ad occupare il proscenio della storia come popolo autoctono espropriato della propria terra dai “sionisti imperialisti”.
Questa è la narrazione ormai consolidata e che, come un parassita, si è incistata nella mente di una moltitudine. Potere della menzogna. Potere della propaganda.
“Nella grande menzogna c’è una certa forza di credibilità poiché le grandi masse di una nazione sono molto più facilimente corruttibili nello stato più profondo della loro materia emozionale di quanto lo siano consciamente o volontariamente, e quindi, nella primitiva semplicità delle loro menti diventeranno più facilmente vittime di una grande menzogna piuttosto che di una piccola, poiché essi stessi spesso dicono piccole bugie per piccole cose, ma si vergognerebbero di utilizzare menzogne su larga scala. Non gli verrebbe mai in mente di fabbricare falistà colossali e non crederebbero che altri avrebbero l’impudenza di distorcere la verità in modo così infame”. (Adolf Hiltler, “Mein Kampf”)
Per creare questa nuova realtà del “popolo palestinese”, priva di qualsiasi aggancio con il passato era necessario che il passato venisse interamente fabbricato, o meglio, come in “Tlon, Uqbar, Orbis Tertius” di Borges, bisognava fare in modo che il reale venisse risucchiato dalla finzione.
Dunque ecco apparire i “palestinesi”, i quali fin da un tempo immemorabile hanno sempre vissuto nella regione e addirittura si possono fare risalire ai gebusei o, a piacimento, ai cananei. Questo popolo mitico sarebbe stato poi cacciato dagli invasori sionisti.
Il 31 marzo del 1977, come fosse un colpo di scena in un romanzo giallo, Zahir Mushe’in, membro del Comitato Esecutivo dell’OLP dirà, durante un’intervista
“Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è solo un mezzo per continuare la nostra lotta contro lo stato di Israele in nome dell’unità araba. In realtà oggi non c’è alcuna differenza tra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. Solo per ragioni tattiche e politiche parliamo dell’esistenza di un popolo palestinese, poiché gli interessi nazionali arabi richiedono la messa in campo dell’esistenza di un popolo palestinese per opporci al sionismo”.
Il “popolo palestinese” è una pura invenzione, la quale, con grande abilità propagandistica, è stata trasformata in un fatto che ormai appartiene a tutti gli effetti alla realtà.
Contro gli ebreiQuesta propaganda calunnniosa contro l'Ucraina riproduce quella dei Protocolli dei Savi di Sion per demonizzare e sterminare i giudei o ebrei ed è la stessa che usano i nazimaomettani impropriamente detti palestinesi per demonizzare Israele e giustìticare lo sterminio dei suoi ebrei
https://it.wikipedia.org/wiki/Protocoll ... vi_di_Sion I Protocolli dei Savi di Sion o degli Anziani di Sion o dei savi Anziani di Sion (in russo: Протоко́лы сио́нских мудрецо́в?, traslitterato: Protokoly sionskich mudrecov) sono un falso documentale creato dall'Ochrana, la polizia segreta zarista, con l'intento di diffondere l'odio verso gli ebrei nell'Impero russo. Fu realizzato nei primi anni del XX secolo nella Russia imperiale, in forma di documento segreto attribuito a una fantomatica cospirazione ebraica e massonica il cui obiettivo sarebbe impadronirsi del mondo.
La natura di falso fu appurata già fin dai primi tempi successivi alla pubblicazione di detti Protocolli, avvenuta per la prima volta nel 1903 attraverso un quotidiano di Pavolakij Kruševan; la prima stesura del testo venne scritta da Sergej Aleksandrovič Nilus tra il 1901 e il 1903, che ne diffuse delle copie personalmente in Russia, fino a che non venne pubblicata da Kruševan e iniziò ad avere risonanza anche nel resto d'Europa. Una serie di articoli pubblicati sul Times di Londra nel 1921 dimostrarono che il contenuto dei documenti era falso; gran parte del materiale era frutto di plagio da precedenti opere di satira politica e romanzi[4] non correlati agli ebrei.
Nonostante la comprovata falsità dei documenti, riscossero comunque ampio credito in ambienti antisemiti e antisionisti, e rimangono tutt'oggi la base ideologica, soprattutto tra partiti o movimenti islamisti e fondamentalisti islamici in Medio Oriente, per avvalorare la teoria della cosiddetta cospirazione ebraica. I Protocolli sono considerati la prima opera della moderna letteratura complottista. Presentata come un'esposizione di un piano operativo degli "anziani" ai nuovi membri, descrive i metodi per ottenere il dominio del mondo attraverso il controllo dei media e della finanza e la sostituzione dell'ordine sociale tradizionale con un nuovo sistema basato sulla manipolazione delle masse.
Contro l'America e la NATOLe demenzialità, le menzogne e le calunnie contro gli USA e la NATO
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Non dimentichiamo che furono i nazi maomettani impropriamente detti "palestinesi" alleati dei nazi tedeschi, a consigliare Hitler di sterminare gli ebrei bruciandoli.Il gran Mufti alleato di Hitler contro gli ebreiGiovanni Sabbatucci
20 aprile 2017
https://www.lastampa.it/cronaca/2017/04 ... .34620770/ Il 25 aprile è la data scelta dall’Italia repubblicana per celebrare la fine dell’occupazione nazifascista e la riconquista delle libertà politiche e civili. Naturale che a festeggiare la ricorrenza siano in primo luogo le associazioni partigiane, seppur ormai trasformate, col passare degli anni, in associazioni politico-culturali. Meno naturale che i dirigenti dell’Anpi ritengano doveroso invitare alle celebrazioni nazionali militanti della resistenza palestinese. Succede ormai da qualche anno: e ogni volta i cortei organizzati per festeggiare la liberazione dal nazismo sono diventati occasione per violente, anche se sparute, contestazioni rivolte contro le rappresentanze delle comunità israelitiche, in particolare contro i pochi superstiti della Brigata ebraica che combatterono sul fronte italiano dopo essere sfuggiti avventurosamente alla morte nei lager. Questa volta, le comunità israelitiche hanno deciso di non partecipare al corteo ufficiale e di manifestare per conto proprio. A loro si sono associati - e questa è una novità - i vertici del Partito democratico.
Difficile dar loro torto. Ognuno è libero di scegliere la resistenza che preferisce, o di esaltare i movimenti di liberazione nazionale nati dalle lotte contro il colonialismo, senza troppo badare alle loro credenziali democratiche. Ma associare i combattenti palestinesi alle celebrazioni ufficiali per la sconfitta del nazifascismo significa commettere un clamoroso errore storico oltre che un atto politicamente inopportuno.
È noto, infatti che negli Anni 30 del Novecento, nella sua (legittima) lotta per l’indipendenza, il nazionalismo arabo cercò e ottenne sostegno nell’Italia fascista. E che il gran Mufti di Gerusalemme Amin al-Husseini, una delle più alte autorità dell’Islam sunnita, fu alleato e amico di Hitler e lo incoraggiò, per quanto era in suo potere, a perseguire sino in fondo il programma di sterminio del popolo ebraico. Non si vede allora che senso abbia invitare gli eredi del nazionalismo arabo a celebrare insieme la sconfitta del nazifascismo, che fu in fondo anche la loro sconfitta. E farlo proprio in un momento in cui piccoli e grandi fuochi di antisemitismo tornano ad accendersi anche in Europa.
Non dimentichiamo che gli ebrei e in particolare gli ebrei israeliani, nonostante l'antisemitismo e le persecuzione antiebraiche degli italiani, non hanno mai fatto del male agli italiani e ai cristiani italiani, mentre i nazi maomettani impropriamente detti "palestinesi" sì, con atti terroristici in Italia e fuori dell'Italia a danno degli italiani uccidendone alcuni.L'Italia antisemita e antisraeliana
viewtopic.php?f=197&t=2985 L'Italia sinistrata (atea e cristiana) antisemita: social fascista, social socialista e comunista, grillina e piddina
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