La guerra russa e il Messaggio di Fatima
Corrispondenza romana
di Roberto de Mattei
16 Marzo 2022
https://www.corrispondenzaromana.it/la- ... -fatima-2/Il messaggio di Fatima chiave di lettura del nostro tempo
Il messaggio di Fatima è la chiave di interpretazione dei drammatici eventi degli ultimi due anni, e in particolare di quanto sta accadendo in Ucraina.
Si può comprendere che questa prospettiva sia estranea all’uomo contemporaneo immerso nel relativismo, ma ciò che più colpisce è l’accecamento di tanti cattolici, incapaci di elevarsi a quelle altezze che sono le sole a permetterci di comprendere gli eventi nelle ore drammatiche della storia. E noi, dopo la pandemia di Covid, stiamo vivendo l’ora drammatica della guerra.
Il fronte collaborazionista
I fatti sono questi: il 21 febbraio 2022, il presidente russo Vladimir Putin, in un discorso alla nazione, ha annunziato il riconoscimento dell’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, per poi ordinare l’invio di truppe nella regione del Donbass con lo scopo di “assicurare la pace”. Il 24 febbraio, in un nuovo discorso, Putin ha dichiarato di avere autorizzato “un’operazione militare speciale” non solo nel Donbass ma anche nell’est dell’Ucraina. L’invasione russa dell’Ucraina si è presto rivelata ben più ampia e tragica del previsto provocando in tutto il mondo un clima di profonda apprensione.
Qual è stata la reazione dell’Italia e dell’Occidente davanti all’aggressione della Russia all’Ucraina? Da una parte sono esplosi sentimenti di indignazione e di solidarietà per il popolo ucraino. D’altra parte però si è sviluppato un sentimento di simpatia per l’iniziativa di Putin, che ha portato alla creazione di un fronte che definisco “collaborazionista”.
Il termine collaborazionismo indica, nel linguaggio politico, il sostegno ideologico a uno Stato straniero invasore. Questo termine è nato nella Seconda guerra mondiale per indicare la collaborazione con i nazisti nei territori da loro occupati[1]. Il collaborazionismo non è solo un atto di collaborazione: è un’ideologia, esplicita o implicita, che nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina merita di essere analizzata in tre diverse espressioni che ha finora assunto.
Meglio sconfitti che morti?
La prima posizione è quella di chi dice, o pensa, che Putin ha assolutamente torto, ma sta vincendo e resistergli porta l’Ucraina e l’Europa a mali maggiori dell’invasione. Secondo il giornalista italiano, Vittorio Feltri, ad esempio “Zelensky è peggio di Putin a cui ha consegnato il suo popolo impreparato affinché ne facesse una carneficina”[2]; il leader ucraino doveva arrendersi e non resistere. Infatti: “Meglio sconfitti che morti”[3].
Dietro lo slogan “Meglio sconfitti che morti” c’è una filosofia di vita, che è quella di chi antepone il proprio interesse particolare ad ogni altra considerazione di ordine superiore. Non esistono valori o beni, per quanto alti, per i quali valga la pena di sacrificarsi e morire. Se bisogna preferire l’invasione russa alla resistenza contro di essa, vuol dire che la vita, una vita materiale, il più possibile tranquilla e lunga è il bene supremo ed essenziale.
E’ questa la filosofia di vita dei pacifisti che negli anni Ottanta, quando i sovietici installavano i loro missili SS.20 contro l’Europa, si opponevano ai missili della Nato, con lo slogan “Meglio rossi che morti”. E’ la filosofia di vita di chi, nel 1939 si chiedeva se fosse giusto “Morire per Danzica”, secondo uno slogan lanciato dal deputato socialista francese Marcel Déat (1894-1955) per sostenere che non valeva la pena rischiare la guerra per difendere la città di Danzica la cui conquista avrebbe esaurito le ambizioni di Hitler[4]. Il socialista Déat fonderà poi un partito di ispirazione nazionalsocialista e rappresenterà un tipico esempio di collaborazionismo.
Se questa è la posizione che bisogna assumere, di fronte ad un aggressore, bisognerebbe cedere alle richieste di Putin, per evitare la morte e le sofferenze di un popolo, anche se dopo l’Ucraina, invadesse i Paesi Baltici e, sotto il ricatto nucleare, una parte dell’Europa occidentale. La logica è questa.
Gli uomini ucraini che non lasciano il loro paese, o vi ritornano per combattere, dopo aver messo al sicuro la propria famiglia in Occidente, esprimono con la loro scelta un’opposta filosofia di vita, abbandonata dall’Europa relativista e senza radici. La filosofia di chi è disposto a sacrificare la vita per amore della propria fede, per amore della libertà e dell’indipendenza della propria patria, per amore al proprio onore e alla propria dignità personale. Il vero progresso, il vero sviluppo nella vita dei popoli è intimamente legato a questo spirito di sacrificio. Da qui nascono i vertici della santità e dell’eroismo.
Putin ha le sue ragioni?
La seconda posizione collaborazionista si può formulare in questi termini: Putin ha sbagliato, ma i torti non sono solo i suoi. Oppure, il che è lo stesso: anche Putin ha le sue ragioni. Quali sono queste ragioni? Per esempio il fatto che, dopo la caduta del Muro di Berlino, l’Occidente avrebbe umiliato la Russia, circondando il suo territorio con le truppe della Nato.
Sembra un discorso ragionevole, ma se vogliamo essere ragionevoli fino in fondo dobbiamo ricordare che la Nato è nata come un sistema difensivo contro le truppe di Varsavia; che la Russia non ha vinto, ma ha perso, la guerra fredda e che la guerra fredda tra le due superpotenze nasce dalla sciagurata pace di Yalta, del febbraio 1945, quando, con il consenso dei governi occidentali, venne sancita la spartizione dell’Europa in due zone di influenza e il comunismo sovietico divenne padrone assoluto dell’Europa orientale.
La pace di Yalta, che ridefinì i confini dell’Europa dopo la Seconda guerra mondiale, fu a sua volta frutto del Trattato di Versailles che addossava alla Germania la responsabilità della Prima guerra mondiale, le imponeva pesanti sanzioni economiche e consegnava alla Polonia il corridoio di Danzica. Dovremmo dire che Hitler aveva le sue ragioni per invadere la Polonia, perché la città di Danzica, non era meno tedesca di quanto non sia russo il Donbass?
Quali che fossero le sue ragioni, Hitler aveva un progetto altrettanto espansionistico che quello di Putin e lo storico di oggi, come l’uomo politico di ieri, non dà ragione a Neville Chamberlain che il 30 settembre 1938 tornò trionfante da Monaco, con in mano una fragile pace, ma a Winston Churchill che disse: “potevate scegliere fra il disonore e la guerra. Avete scelto il disonore e avrete la guerra”.
Putin combatte una guerra giusta?
E’ forse per evitare questa facile obiezione che il collaborazionismo cade in una terza formulazione, più coerente, ma allo stesso tempo più aberrante delle prime due. Molto semplicemente: la guerra di Putin è una guerra giusta. E se è una guerra giusta è ingiusta la resistenza del popolo ucraino e sono ingiuste le sanzioni dell’Occidente alla Russia, perché le sanzioni si applicano a chi ha torto, non a chi ha ragione.
Perché Putin avrebbe ragione? Perché la sua sarebbe una guerra giusta? Non solo perché egli difende l’interesse nazionale del suo Paese, mortificato dall’Occidente, ma perché la sua guerra ha una dimensione etica, come ci assicura la chiesa ortodossa russa, per bocca del Patriarca di Mosca Kiril, il quale ha detto che Putin combatte contro un Occidente depravato che autorizza i Gay Pride. Lo stesso Putin, del resto, si è spesso presentato come difensore della famiglia e dei valori tradizionali abbandonati dall’Occidente. Però, nel discorso al Valdai Club del 22 ottobre 2021, in cui ha attaccato la teoria del gender e la cancel culture, Putin ha ammesso che la Russia ha conosciuto, ben prima dell’Occidente, la degradazione morale che egli ora denuncia. Il 7 dicembre 1917, poche settimane dopo la conquista del potere da parte dei bolscevichi, venne introdotto in Russia il divorzio; l’aborto fu legalizzato nel 1920; era la prima volta nel mondo che ciò avveniva senza alcuna restrizione. Ed è in Russia che venne attuato il passaggio dalla Rivoluzione politica alla Rivoluzione sessuale[5], con l’asilo sperimentale di Vera Schmidt (1889-1937), creato nel 1921 nel centro di Mosca, dove i bambini venivano iniziati alla sessualità precoce[6].
A frenare il divorzio, l’aborto, la Rivoluzione sessuale, non è stato Putin, ma Stalin, nel 1936, quando si rese conto che la sua politica di potenza sarebbe stata pregiudicata dal crollo della moralità in Russia. Putin è su questa linea. Oggi la Russia è un Paese abortista e divorzista, con il più alto tasso di divorzi al mondo, anche se proibisce i Gay Pride. E quali sono i valori tradizionali a cui Putin si ispira? Sono quelli del Patriarcato di Mosca che si appoggia oggi a Putin come ieri si appoggiava a Stalin. Putin, come Stalin, si appoggia a sua volta, al Patriarcato di Mosca. Il Patriarcato di Mosca utilizza la potenza politica per difendere il primato dell’Ortodossia; lo Stato si avvale della Chiesa per consolidare il senso di identità e di patriottismo del popolo russo.
La “missione imperiale” della Russia non corrisponde solo alle ambizioni geopolitiche di Putin, ma anche alla richiesta del Patriarca Kiril, che ha affidato a Putin la missione di realizzare la “Terza Roma” euroasiatica, sulle rovine della seconda Roma cattolica, destinata a sparire come tutto l’Occidente. Può un cattolico accettare questa prospettiva?
Dispiace profondamente che un eminente arcivescovo cattolico, come mons. Carlo Maria Viganò, presenti la guerra di Putin come una guerra giusta per sconfiggere l’Occidente. L’Occidente è il figlio primogenito della Chiesa, oggi sempre più sfigurato dalla Rivoluzione, ma pur sempre primogenito. Un europeo che lo rinnega, con il pretesto di combattere il Nuovo Ordine Mondiale, è come un figlio che ripudia la propria madre[7].
Del resto il Nuovo Ordine Mondiale è una vecchia utopia che è stata sostituita da quella del Nuovo Disordine Mondiale[8]. Vladimir Putin è, come George Soros, un agente del disordine mondiale. Putin come osserva l’analista internazionale Bruno Maçaes, è convinto che il caos sia la fondamentale energia di potere e,” a giusta ragione, egli può essere considerato come il Yaldabaoth, il demiurgo gnostico, Figlio del Caos e capo degli spiriti inferi”[9].
La Chiesa e la caduta dell’Impero romano d’Occidente
Il Nuovo Disordine Mondiale ci ricorda quello vissuto dall’Impero romano d’Occidente sotto l’urto delle invasioni barbariche. Tra le date che sono entrate nella storia, vi è il 31 dicembre 406, quando una massa di popoli germanici attraversò il fiume Reno ghiacciato, e irruppe dentro i confini dell’Impero.
Uno di questi popoli, i Vandali dilagò in Gallia, superò i Pirenei, attraverso lo stretto di Gibilterra, devastò le province dell’Africa romana.
L’Impero romano era immerso nel relativismo e nell’edonismo, come lo è oggi l’Occidente. Uno dei centri di maggior corruzione era Cartagine, la capitale dell’Africa romana, che godeva della reputazione di essere il “paradiso” degli omosessuali. Un autore cristiano coevo, Salviano di Marsiglia (400-451), scrive che “mentre le armi dei barbari sferragliavano attorno alle mura di Cartagine, la comunità cristiana di Cartagine si dava alla pazza gioia nei circhi e si smidollava nei teatri! Fuori delle mura c’era chi veniva sgozzato, all’interno chi fornicava”[10]. I Vandali, invece, come i popoli germanici descritti da Tacito, vivevano “in riservata pudicizia, non corrotti da seduzioni di spettacoli o da eccitamenti conviviali (…). Perché là i vizi non fanno sorridere e il corrompere e l’essere corrotti non si chiama moda”[11].
Che cosa avrebbero dovuto fare i cristiani? Aprire le porte ai Vandali?
A pochi chilometri da Cartagine era la città di Ippona, di cui era vescovo sant’Agostino, che proprio meditando sull’invasione dei barbari compose il suo capolavoro, La Città di Dio. Governatore dell’Africa romana era il conte Bonifacio, un fedele amico di sant’Agostino, definito da Procopio di Cesarea, assieme a Ezio, “l’ultimo vero romano”[12]. Il vescovo di Ippona non incitò alla resa, ma alla resistenza contro i barbari, scrivendo a Bonifacio: “Non si cerca la pace per provocare la guerra, ma si fa la guerra per ottenere la pace. Sii dunque ispirato dalla pace in modo che, vincendo, tu possa condurre al bene della pace coloro che tu sconfiggi”[13].
Bonifacio si trincerò nella cittadella di Ippona assediata dai Vandali. Durante l’assedio, che si protrasse per 14 mesi, sant’Agostino morì, nell’agosto del 430, a settantasei anni. Fu solo quando la sua voce tacque che i Vandali conquistarono la città. La resistenza di Bonifacio permise alle truppe orientali di sbarcare in Africa e di riunire le loro forze a quelle di Bonifacio.
Negli stessi anni altri vescovi incitarono alla resistenza contro i barbari. San Nicasio si fece uccidere nella cattedrale di Reims, sant’Esuperio, vescovo di Tolosa, resisté ai Vandali fino alla sua deportazione, san Lupo difese Troyes di cui era vescovo; sant’Aniano, vescovo di Orléans, organizzò la difesa della sua città contro gli Unni permettendo alle legioni romane di Ezio di raggiungere Attila e sconfiggerlo.
I vescovi cattolici non dissero “Meglio barbari che morti”.
La causa della guerra secondo il messaggio di Fatima
Se vogliamo rimuovere la guerra dobbiamo rimuovere le cause della guerra. E la causa vera e profonda della guerra, della pandemia e della crisi economica che si delinea all’orizzonte, sono i peccati dell’umanità che ha voltato le spalle a Dio e alla sua legge.
Nelle apparizioni di Fatima del 1917 la Madonna aveva detto che l’allontanamento da Dio dei popoli europei conduce al castigo divino della guerra.
“Dio sta per castigare il mondo per i suoi crimini, per mezzo della guerra, della fame e delle persecuzioni alla Chiesa e al Santo Padre. Per impedirla, verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace”[14].
Il messaggio di Fatima non è un generico invito alla preghiera e alla penitenza, è innanzitutto l’annuncio di un castigo e del trionfo finale nella storia della misericordia divina.
Giovanni Paolo II ha consacrato la Russia?
C’è chi pensa che la consacrazione alla Russia sia stata già fatta da Giovanni Paolo II quando il 25 marzo 1984, in piazza San Pietro, consacrò il mondo al Cuore Immacolato di Maria, con un riferimento “ai popoli di cui tu ti aspetti la nostra consacrazione e il nostro affidamento”.
Suor Lucia si disse in un primo tempo insoddisfatta di questa consacrazione in cui non era stata esplicitamente nominata la Russia, ma cambiò successivamente opinione, considerando valido l’atto di Giovanni Paolo II.
L’opinione di suor Lucia è certamente autorevole, ma è in contrasto con le più autorevoli parole della Madonna che ella stessa ci riferisce.
Il 29 agosto 1931, infatti, suor Lucia trasmise al vescovo di Leiria una terribile profezia di Nostro Signore: Essa aveva ricevuto una intima comunicazione secondo cui: “Non hanno voluto accogliere la mia richiesta. Come il re di Francia si pentiranno e lo faranno, ma sarà troppo tardi. La Russia avrà sparso i suoi errori nel mondo provocando guerre e persecuzioni alla Chiesa. Il Santo Padre dovrà soffrire molto”[15].
Sono passati 38 anni dal 25 marzo 1984. La spettacolare autodissoluzione del regime sovietico senza insurrezioni o rivolte, nel 1991, è sembrata essere, e forse è stata, un risultato parziale di quella consacrazione. Ma la Russia non si è convertita e il comunismo non è morto. Vladimir Putin è un nazional-bolscevico che non ha rinnegato gli errori del comunismo e la Cina è una nazione ufficialmente comunista che il 7 marzo 2022, ha dichiarato che la sua amicizia con la Russia è “solida come una roccia”.
Eppure, anche tra i cattolici, c’è chi considera Putin un Kathéchon, un ostacolo alla realizzazione del Nuovo Ordine Mondiale, uno scudo contro l’anticristo che è l’Occidente, che è la Roma di Pietro. La guerra, si dice, ha prorogato lo stato di emergenza della pandemia e questo non può essere un caso.
Rispondiamo che è vero: il susseguirsi della guerra alla pandemia, con il conseguente regime di emergenza, non può essere un caso, perché il caso non esiste, ma chi regge i fili dell’universo non è il Grande Fratello di Orwell, un dio onnisciente e onnipotente come il dio cattivo degli gnostici. Chi regge l’universo e tutto ordina alla gloria di Dio, è la Divina Provvidenza. Da essa provengono i castighi che oggi flagellano l’umanità impenitente: le epidemie, le guerre e domani, una crisi economica planetaria. Tutto ciò non è propedeutico all’avvento dell’anticristo, ma è la realizzazione della profezia inascoltata di Fatima.
I vescovi ucraini hanno chiesto a papa Francesco di consacrare la Russia al Cuore Immacolato di Maria. Ci uniamo con ardore a questo appello che viene da Kiev sotto le bombe.
La nostra speranza
Nessuna luce di speranza viene da Mosca. Può una luce di speranza venire da Kiev?
A Fatima la Madonna profetizzò la conversione della Russia, ma la conversione è un ritorno alle origini e le origini della Russia risalgono alla conversione di san Vladimiro, principe di Kiev. La Russia di Kiev fu una delle prime nazioni ad entrare nella Cristianità medioevale, prima di passare sotto la dominazione dei mongoli e poi dei principi moscoviti che raccolsero l’eredità antiromana di Bisanzio. Una parte del popolo ucraino mantenne la fede cattolica e nei concili di Firenze (1439) e di Brest (1595) ritrovò la strada di Roma. Pio XII, nell’enciclica Orientales omnes Ecclesias del 23 dicembre 1945, esorta gli ucraini ad essere perseveranti nella loro fedeltà a Roma: “Smascherate gli astuti procedimenti di coloro che promettono agli uomini vantaggi terreni e una maggiore felicità in questa vita, mentre poi perdono le loro anime”, perché “Chi tiene conto della sua vita, la perderà, e chi avrà perduto la vita per amor mio, la troverà” (Mt 10, 37ss).
Nel V secolo i Goti, i Vandali gli Unni invasero l’Impero romano per spartirsene le spoglie. Oggi la Russia, la Cina, la Turchia e il mondo arabo vogliono impadronirsi della pingue eredità dell’Occidente, che considerano, come è stato detto, un “malato terminale”[16].
Qualcuno dirà: dove sei Stilicone che hai resistito ai Goti, dove sei Bonifacio che hai difeso l’Africa dai Vandali, dove sei Ezio che hai sconfitto gli Unni? Dove siete guerrieri cristiani che prendeste le armi per difendere un mondo che moriva?
Rispondiamo che contro il nemico che attacca abbiamo delle armi potenti. Contro la bomba nucleare del peccato, la Madonna ha messo in mano al Papa la consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria e ha messo nelle nostre mani il rosario e la devozione ai primi sabati del mese.
Ma soprattutto ha messo nel nostro cuore il desiderio del trionfo del Cuore Immacolato sulle macerie del regime di Putin, del regime comunista cinese, dei regimi islamici e di quelli dell’Occidente corrotto. Solo Lei può farlo; a noi chiede un’incrollabile fiducia che ciò accadrà, perché Lei l’ha infallibilmente promesso. Per questo la nostra resistenza continua.
NOTE:
Cfr. Luigi Cajani, Brunello Mantelli, Una certa Europa: il collaborazionismo con le potenze dell’Asse 1939-1945, Annali della Fondazione Luigi Micheletti, Brescia 1994.
“Libero”, 8 marzo 2021.
“Libero”, 2 marzo 2021.
“L’Œuvre”, 4 maggio 1939.
Cfr. Gregory Carleton, The Sexual Revolution in Russia, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh 2005.
Vera Schmidt, Rapporto sull’asilo sperimentale di Mosca, Androeda, Roma 2016.
Julio Loredo La conversione della Russia, in TFP Newsletter, Speciale Ucraina, 3 marzo 2022.
Roberto de Mattei, 1900-2000. Due sogni si succedono: la costruzione, la distruzione, Edizioni Fiducia, Roma 1990.
Bruno Maçães, Is Vladimir Putin preparing for war?, in “New Statesman”, 21 novembre 2021.
Salviano di Marsiglia, De Gubernatione Dei, VI, 67-68.
Tacito, De origine et situ Germanorum (Germania), 18-19.
Procopio di Cesarea, III, 3.14-15.
S. Agostino, Lettera 189 al conte Bonifacio, cit. da Jakub Grygiel, in La Chiesa insegna che la guerra può essere giusta e necessaria, in “Il Foglio”, 18 maggio 2016.
Documentos de Fatima, a cura del padre Antonio Maria Martins S.J., Porto 1976, pp. 218-220.
Documentos, cit., p. 464. Il riferimento è a Luigi XIV che nel 1689 non raccolse la richiesta di Gesù, trasmessagli da santa Margherita Maria Alacoque, di intronizzare solennemente e pubblicamente il Sacro Cuore, consacrando ad esso il suo regno.
Federico Rampini, “Corriere della Sera”, 21 novembre 2021.
Ecco un esempio dell'ignoranza e dell'abisso pregiudiziale in cui si trova la povera De Mari:
Gentile dott.ssa Silvana De Mari
non posso esimermi dal rispondere alle domande che cortesemente mi pone nella sua lettera (qui) dopo il mio intervento sulla guerra russa e il messaggio di Fatima: (CR, La guerra russa e il messaggio di Fatima).
Ho numerato le sue domande, per rendere più chiare le mie risposte.
De Mari
N. 1: “Citando i fatti, parte dal riconoscimento delle repubbliche di Donetsk e Lugansk a Febbraio 2022 da parte della Russia. Non sarebbe opportuno risalire almeno al 2014, quando un colpo di stato eterodiretto e finanziato, a quanto affermato da Victoria Nuland, con oltre 5 miliardi di dollari ha instaurato un regime fantoccio in Ucraina ed è cominciata contro quelle due repubbliche una guerra che ha causato oltre 14.000 morti fra i civili?”
De Mattei
Mi sembra che a proposito di questi eventi Lei ripeta la narrazione del Cremlino, dimenticando che il reale colpo di Stato fu quello che tentò il presidente filo-russo dell’Ucraina Viktor Yanukovich (2010-2014), quando, tra il 2013 e il 2014, diede ordine di stroncare con la violenza le manifestazioni dette di Euromaidan dal nome della piazza di Kiev dove si radunarono i manifestanti. Le proteste traevano origine dal rifiuto del presidente Yanukovich di firmare un accordo di associazione e libero scambio tra l’Ucraina e l’Unione Europea. Quando il 18 e il 20 febbraio 2014, i dimostranti marciarono verso il parlamento di Kiev, la polizia e le forze speciali aprirono il fuoco uccidendo quasi 100 persone. Yanukovich fu costretto a fuggire in Russia, da dove chiese l’intervento armato di Mosca. Le truppe russe, che non indossavano uniformi regolari, invasero la penisola di Crimea e la regione del Donbass prendendone il controllo. Fu l’inizio di una guerra civile scatenata dalla Russia, e non dall’Ucraina. Lei sembra attribuire ai separatisti russi le 14.000 vittime del conflitto, ma secondo il documento ufficiale dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani questa cifra, riguarda, tra il 14 aprile 2014 e il 31 dicembre 2021, tutte le perdite, civili e militari, subite da entrambe le parti: il governo di Kiev e i separatisti filorussi (
https://ukraine.un.org/sites/default/fi ... 20EN_0.pdf ).
L’intervento propagandistico e militare di Mosca nella crisi è ben superiore a quello che Lei attribuisce alla diplomatica Victoria Nuland, inviata dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama per risolvere la crisi, con scarso successo. Per inquadrare questi eventi nella complessa storia dell’Ucraina, Le consiglio la lettura di un equilibrato studio del dott. Giorgio Cella, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore: Storia e geopolitica della crisi ucraina, Carocci, Roma 2021.
"L'aggressore è Putin, ma noi americani abbiamo usato l'Ucraina per destabilizzare la Russia"
Uno dei più celebri analisti americani ripercorre la storia. "Washington si assumi la responsabilità del suo ruolo nella tragedia. Le piazze e la Cia, il figlio di Biden e il Russiagate di Trump..."
Giulio Meotti
https://meotti.substack.com/p/laggresso ... source=url Dal Tablet pubblico il lungo saggio del saggista Lee Smith, autore del libro “The Strong Horse: Power, Politics, and the Clash of Arab Civilizations”. Un testo che oggi non sarebbe pubblicato da nessun giornale italiano perché non aderisce alla gratificazione manichea dominante.
Il presidente russo Vladimir Putin ha scelto questa guerra, ha detto Joe Biden. Questo è vero, ma anche le élite statunitensi hanno qualcosa a che fare con la scelta distruttiva di Putin, un ruolo che Democratici e Repubblicani sono ansiosi di nascondere con una retorica sul coraggio dell'esercito ucraino. Sì, i soldati ucraini che si oppongono a Putin sono molto coraggiosi, ma sono stati gli americani a metterli in pericolo usando il loro paese come un’arma, prima contro la Russia e poi l'uno contro l'altro, con poca considerazione per il popolo ucraino che ora sta pagando il prezzo della follia americana.
Non è un'espressione di sostegno alle azioni grottesche di Putin cercare di capire perché gli sembrava opportuno rischiare centinaia di miliardi di dollari, la vita di migliaia di suoi militari e la stabilità del suo stesso regime per invadere un vicino. Dopotutto, la reputazione di Putin fino a questo momento è sempre stata quella di un ex uomo del KGB scaltro che ha evitato le scommesse ad alto rischio a favore di scelte sicure, come entrare in Siria. Allora perché qui ha adottato esattamente la strategia opposta e scelto la strada del confronto aperto ad alto rischio con la superpotenza americana?
Sì, Putin vuole impedire alla NATO di espandersi al confine con la Russia. Ma la risposta più ampia è che considera le relazioni del governo degli Stati Uniti con l'Ucraina davvero minacciose. Questo perché per quasi due decenni, l'establishment della sicurezza nazionale degli Stati Uniti sotto l'amministrazione sia democratica che repubblicana ha utilizzato l'Ucraina come strumento per destabilizzare la Russia e in particolare per prendere di mira Putin.
Mentre la tempistica dell'attacco di Putin all'Ucraina è senza dubbio collegata a una varietà di fattori, tra cui la lettura del dittatore russo sulla politica interna degli Stati Uniti e le preferenze del suo sponsor a Pechino, la sensazione che l'Ucraina rappresenti una minaccia significativa per la Russia non è un prodotto della paranoia di Putin o di un improvviso desiderio di ripristinare il potere e il prestigio dell'Unione Sovietica, per quanto Putin possa desiderare che ciò accada. Piuttosto, è una minaccia geopolitica che è diventata sempre più pressante ed è stata impiegata con incoscienza sia dagli americani che dagli ucraini negli ultimi dieci anni.
Che l'Ucraina si sia lasciata usare come una pedina contro un potente vicino è in parte colpa della classe politica sconsiderata e corrotta di Kiev. Ma l'Ucraina non è una superpotenza che deve una guida giudiziosa agli alleati e agli stati clienti: questo è il ruolo degli Stati Uniti. E in quel ruolo, gli Stati Uniti hanno illuso l'Ucraina. Più in generale, l'uso dell'Ucraina come pungolo contro i nemici interni ed esterni ha sconsideratamente danneggiato la fallimentare ma necessaria architettura di sicurezza europea che l'America ha impiegato 75 anni a costruire.
Perché l'establishment della sicurezza americano non può assumersi la responsabilità del suo ruolo nella tragedia che si sta svolgendo in Ucraina? Perché discutere apertamente della responsabilità americana significherebbe esporre il ruolo dell'establishment della sicurezza nazionale in due distinti e distruttivi colpi di stato: il primo, nel 2014, contro il governo ucraino, e il secondo, due anni dopo, contro il governo degli Stati Uniti.
Nell'ultimo anno ci sono stati due tentativi di colpo di stato “pro-democrazia” negli stati filo-Cremlino ai confini con la Russia: Bielorussia e Kazakistan. Entrambe le cosiddette "rivoluzioni colorate" sono fallite, ma l'Ucraina rappresenta una preoccupazione molto più pressante, soprattutto data la spinta del paese per l'adesione alla NATO, che funzionari di Biden come il Segretario di Stato Antony Blinken hanno pubblicamente incoraggiato lo scorso anno senza alcuna intenzione o possibilità di effettivamente rendendolo possibile. Eppure, invece di costringere gli Stati Uniti a ripensare alla saggezza di piantare la bandiera della NATO al confine con la Russia, la crescente retorica e i movimenti delle truppe di Putin hanno solo fatto scavare più a fondo il team di Biden.
La Casa Bianca e gli esperti di politica estera degli Stati Uniti di entrambe le parti sono uniti nel sostenere che l'Ucraina è un alleato degli Stati Uniti, una democrazia e un faro di libertà, che sono senza dubbio belle parole da sentire quando sei stato lasciato a combattere Putin sul tuo campo. Ma per capire cos'è veramente l'Ucraina, dobbiamo iniziare da dove inizia tutta la geopolitica: guardando una mappa.
L'Ucraina è situata tra due maggiori potenze, la Russia e l'Unione Europea. Ciò rende l'Ucraina uno stato cuscinetto. La logica geopolitica impone che gli stati cuscinetto coltivino e mantengano rapporti cordiali con i maggiori poteri che li circondano, a meno che non vogliano essere inghiottiti da uno di quei poteri. Questo perché schierarsi con un grande potere contro un altro spesso porta alla catastrofe. Il profeta Isaia avvertì gli ebrei di non schierarsi con il faraone nel conflitto con i babilonesi. Isaia aveva ragione: gli ebrei scommisero male e furono trascinati in esilio.
Oggi Israele non è più uno stato cuscinetto; piuttosto, è una potenza regionale. Ma la geografia non è cambiata, il che significa che Israele è ancora un piccolo paese circondato da entità più grandi, come la Turchia e l'Iran. Quindi, come ha fatto lo stato ebraico a trascendere lo status di stato cuscinetto? Perché ha acquisito un grande arsenale nucleare con capacità di trasporto aereo, terrestre e marittimo - la decantata triade nucleare - che lo rende immune al primo attacco del nemico e garantisce, comunque, per il momento, che Israele non è più terreno per gli imperi. Al contrario, l'Ucraina ha rinunciato al suo arsenale nucleare nel 1994 in cambio delle garanzie di sicurezza degli Stati Uniti nel caso in cui i suoi vicini, in particolare la Russia, fossero diventati ostili.
Che tipo di strategia impone che uno stato consegni la sua sicurezza nei confronti degli attori locali a un paese dall'altra parte del mondo? Nessuna. L'Ucraina non è stata in grado di trascendere la sua geografia come stato cuscinetto e, peggio ancora, uno stato cuscinetto che non è riuscito a prendere sul serio la propria esistenza, il che significava che avrebbe continuato a fare scommesse pessime. Nel 2013, l'Unione Europea ha offerto a Kiev un accordo commerciale, che molti hanno frainteso come un probabile preludio all'adesione all'UE. I giovani ucraini desiderano fortemente entrare nell'UE, perché vogliono l'accesso all'Europa per poter fuggire dall'Ucraina, che rimane uno dei paesi più poveri del continente.
L'accordo commerciale era un progetto dell'UE mal concepito per sparare a Putin con quello che sembrava poco rischioso. L'idea era di inondare il mercato ucraino, e quindi il mercato russo, con merci europee, che avrebbero danneggiato l'economia russa, portando, immaginavano gli artefici di questo piano, a un malcontento popolare che avrebbe costretto lo stesso Putin a lasciare. Putin ha comprensibilmente visto questo stratagemma come una minaccia alla stabilità del suo paese e alla sua sicurezza personale, quindi ha dato al presidente ucraino Viktor Yanukovich un ultimatum: rifiutare l'accordo e accettare il pacchetto di aiuti di Mosca da 15 miliardi al suo posto, o subire misure economiche paralizzanti.
Quando Yanukovich ha rinnegato l'accordo con l'UE, l'amministrazione Obama ha contribuito a organizzare manifestazioni di strada per quella che è diventata l'operazione di cambio di regime più esperta di tecnologia e guidata dalle pubbliche relazioni della storia, commercializzata al pubblico globale in vari modi come Maidan, EuroMaidan, la Rivoluzione della dignità, ecc. Nel febbraio 2014, le proteste hanno costretto Yanukovich all'esilio a Mosca. Di conseguenza, Victoria Nuland e altri funzionari dell'amministrazione Obama hanno lavorato per riunire un nuovo governo ucraino amico degli Stati Uniti e ostile alla Russia.
Alla fine di febbraio, i russi hanno risposto al colpo di stato morbido americano in Ucraina invadendo la Crimea, annettendola e creando il caos nell'Ucraina orientale. L'amministrazione Obama ha rifiutato di armare il governo ucraino. Era giusto evitare il conflitto con Mosca, anche se, lasciando Kiev indifesa, ha dimostrato che la Casa Bianca non aveva mai escogitato tutti i possibili scenari che potrebbero derivare dall'avvio di uno stato cliente sulla strada del conflitto con una grande potenza. Invece, Obama e gli europei hanno messo in luce il loro micidiale errore di calcolo imponendo sanzioni a Mosca per aver approfittato delle condizioni che Obama e gli europei avevano creato.
Nell'aprile 2014, il direttore della CIA John Brennan ha visitato Kiev, sembrando confermare il ruolo dell'agenzia nel colpo di stato. Poco dopo è arrivato il vicepresidente Biden, che ha fatto il giro della vittoria. Naturalmente, un'importante compagnia energetica ucraina, Burisma, che era allora indagata per corruzione, assunse il figlio di Biden Hunter per la protezione.
Legandosi a un'amministrazione americana che si era mostrata sconsiderata e pericolosa, gli ucraini hanno commesso un errore geopolitico che gli statisti studieranno negli anni a venire: uno stato cuscinetto aveva scommesso il suo futuro su una potenza lontana che lo aveva semplicemente visto come un strumento per infastidire il suo potente vicino. La Russia ha quindi tagliato a metà la regione del Donbas al suo confine e ha sottoposto l'Ucraina a una guerra schiacciante, durata otto anni, intesa in gran parte a sottolineare la capacità russa e l'impotenza ucraina e americana.
L'Ucraina ha poi peggiorato ulteriormente la situazione. Quando le stesse persone che li avevano lasciati in preda a Putin hanno chiesto loro di schierarsi in un conflitto politico interno americano, gli ucraini hanno accettato con entusiasmo, invece di correre nella direzione opposta.
Nel 2016, la campagna di Hillary Clinton ha invitato funzionari e attivisti ucraini a prestare un po' di autenticità slava alla sua narrativa di collusione con la Russia contro Donald Trump. In effetti, la trama centrale del ‘Russiagate’ riguardava l'Ucraina. Sì, Trump sarebbe stato compromesso da un sex tape girato a Mosca, ma la ragione apparente di Putin per aiutare Trump a vincere la presidenza era convincerlo a far cadere le sanzioni all'Ucraina. C'era un'altra possibilità per l'Ucraina di attaccarsi a Putin e ottenere il favore di quello che immaginava sarebbe stato il partito vincente alle elezioni americane.
Con Brennan della CIA e una miriade di alti funzionari dell'FBI e del Dipartimento di Giustizia che spingono il Russiagate sulla stampa - conducendo una campagna di spionaggio illegale contro la squadra di Trump - le figure politiche ucraine si unirono volentieri. I partecipanti includevano l'ambasciatore di Kiev a Washington e un membro del Parlamento ucraino che avrebbe contribuito al dossier. La narrativa della collusione è stata rafforzata anche da agenti ucraini americani, come Alexandra Chalupa, legata al complesso delle ong del Partito Democratico. L'idea che questo gioco possa avere conseguenze sulle relazioni dell'Ucraina con il suo vicino più potente non sembra essere entrata nella testa né degli incapaci ucraini né degli agenti politici americani che li hanno cinicamente usati.
Naturalmente, l'Ucraina non è stato l'unico stato cliente americano a impegnarsi nel gioco politico interno. Presentandosi davanti al Congresso degli Stati Uniti per discutere contro l'accordo nucleare di Obama con l'Iran, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu si è schierato con i repubblicani contro un presidente americano in carica, il che sembra un potenziale passo falso ancora più grande.
Tuttavia, le differenze tra le due situazioni sono ancora più evidenti. L'accordo con l'Iran ha toccato un interesse nazionale israeliano centrale. In qualità di alleato degli Stati Uniti, Israele stava sfidando la saggezza di consegnare armi nucleari al suo principale concorrente e rivale regionale (e americano). Al contrario, l'Ucraina non aveva alcun motivo esistenziale o geopolitico per partecipare all'operazione anti-Trump, il che le ha permesso nella migliore delle ipotesi di ingraziarsi una parte dell'establishment DC mentre faceva arrabbiare quella che si è rivelata la parte vincitrice. Il Russiagate era il tipo di progetto di vanità che uno stato cuscinetto con un Pil in caduta libera e un esercito equipaggiato con armi sovietiche vecchie 40 anni in un'area del mondo rischiosa non può permettersi, specialmente uno che mancava di un arsenale nucleare.
E quello era solo l'inizio. Proprio mentre il Russiagate sembrava volgere al termine nel luglio 2019, i funzionari della sicurezza nazionale degli Stati Uniti hanno iniettato un'altra narrativa relativa all'Ucraina nella sfera pubblica per prendere di mira il presidente americano. Questo sembra essere stato avviato dal funzionario ucraino americano della Casa Bianca Alexander Vindman e dal suo collega Eric Ciaramella, un analista della CIA che era stato l'uomo di punta del vicepresidente Biden sull'Ucraina durante l'amministrazione Obama. Quando Vindman ha detto a Ciaramella di una telefonata in cui Trump aveva chiesto informazioni al presidente ucraino in merito alle accuse sulle attività corrotte della famiglia Biden a Kiev, hanno chiesto aiuto ai servizi di intelligence statunitensi, al Dipartimento di Stato, al Pentagono, ai funzionari del Partito Democratico e alla stampa.
Al fine di coprire ciò che Biden e forse altri alti funzionari di Obama avevano fatto in Ucraina, un Congresso democratico ha messo sotto accusa Trump per aver cercato di capire cosa avevano fatto i politici americani in Ucraina nell'ultimo decennio. Quanto agli ucraini, si sono messi di nuovo in mezzo, quando avrebbero dovuto restare a casa.
Il risultato finale era che gli ucraini avevano aiutato un presidente americano che, a differenza di Obama, ha dato loro le armi per difendersi dai russi. Più seriamente, hanno rafforzato il punto di vista di Putin secondo cui, in collaborazione con i Democratici, l'Ucraina non comprendeva il suo vero posto nel mondo come stato cuscinetto e avrebbe continuato a consentire a se stessa di essere utilizzata come strumento dai politici il cui narcisismo e l’imprudenza li rendeva particolarmente inclini a pericolosi errori di calcolo. La vittoria alle elezioni del 2020 di Biden, un uomo la cui famiglia era stata pagata dagli ucraini per proteggerli, può aver fatto ben poco per placare la sensazione di Putin secondo cui l'Ucraina doveva essere messa al suo posto prima che fosse usata ancora una volta come arma contro di lui.
Dal punto di vista dell'establishment della sicurezza nazionale degli Stati Uniti, la vittoria di Biden su Trump ha segnalato che le sue azioni in Ucraina sarebbero rimaste nascoste. Finché i media continuavano ad abbaiare che il 45esimo presidente degli Stati Uniti è il tirapiedi di Putin, nessuno sarebbe ritenuto responsabile di nulla. Tranne che, a quanto pare, gli agenti politici di Washington non sono le uniche persone che possono fare la storia. Può farlo anche Putin. E il popolo ucraino ne uscirà molto peggio.
Alberto Pento
Beh, mi pare che la geopolitica occidentale e specialmente USA contro la Russia di Putin schierata con il male della terra da sempre, sia stata più che giusta.
Non si può certo accusare gli USA di aver indotto e costretto la Russia ad allearsi con il male per indebolirla, perché la Russia in quanto imperialista, totalitaria, antidemocratica, illiberale, antioccidentale, antiUSA da sempre, antisemita e antisraeliana da sempre (la stesura dei falsi Protocolli dei Savi di Sion, invenzione del Popolo palestinese, l'organizazzione del terrorismo palestinese, all'ONU schierata sempre contro Israele, alleata dell'Iran che vuole distruggere Israele), è sempre stata dalla parte del male: dittature comuniste e dittature nazi maomettane, Cina, Corea del Nord, Venezuela di Maduro, Cuba, Iran nazi maomettano, Siria, ... .
Quindi era un dovere dell'Occidente e degli USA mantenere alte le difese contro questa fonte planetaria del male.
Il grande errore geopolitico fatto dall'Occidente non è stato a danno della Russia ma dell'Ucraina e dell'Occidente stesso per l'imprevidenza di non aver accettato l'Ucraina nella UE e nella NATO quando era il momento, prima che la potenza maligna russa potesse riaversi falla fine dell'URSS.
Tra le due potenze lo stato cuscinetto ha senso unicamente se le due potenze sono più o meno similmente civili seppur in competizione tra loro, ma quando le potenze sono molto diverse e una è più incline al male e alla distruzione dell'altra, allora lo stato cuscinetto non ha alcun senso e rischia sempre di essere fagocitato dal male.
L'errore è stato quello di abbassare la guardia e di aver considerato con occhio benevolo la Russia di Putin come non fosse più una fonte di male.
Cameriere, badanti, amanti e surrogate
Giulio Meotti
26 febbraio 2022
https://meotti.substack.com/p/cameriere ... source=url“Cameriere, badanti e amanti”. Così Lucia Annunziata e Antonio Di Bella, due pezzi da novanta del giornalismo (di sinistra) in Italia, hanno definito le donne ucraine durante una diretta tv, senza sapere che il microfono era aperto. Alla lista andrà ora aggiunto “surrogate”.
Il 21 e 22 maggio, Milano per la prima volta ospiterà “Un sogno chiamato bebè”, la versione italiana del salone “Désir d'enfant” di Parigi sull'utero in affitto. Si tratta dell’esordio in Italia delle pance a noleggio. E quando si parla di maternità surrogata, in Europa si parla soltanto di donne ucraine. L’unico paese che consente la commercializzazione di uteri, ovociti e altro “materiale biologico”. “Nel settore della maternità surrogata la crisi ha messo in luce le profonde differenze e le disuguaglianze tra le povere donne ucraine che portano i bambini - e di solito vengono pagate tra i 12.000 e i 18.000 euro - e ricchi genitori biologici all'estero”, scriveva ieri il Sunday Times. “In Ucraina è più facile trovare una donna per una gravidanza surrogata che un tavolo libero in un ristorante di Kiev”, ha detto Albert Mann, direttore della clinica BioTexCom di Kiev, la più nota dell’Ucraina, a cui si sono rivolti centinaia e centinaia di italiani e che parteciperà alla fiera di Milano.
Dunque, noi italiani abbiamo così a cuore la sorte delle donne ucraine che consentiamo che si celebri la loro schiavitù in nome dei “nuovi diritti riproduttivi”. Racconta Marianne che all’ultima fiera di Parigi “l'agenzia ucraina IVMED Fertility promette una surrogata molto più conveniente, a 39.000 euro. A cui andranno eventualmente aggiunti 2.000 euro di risarcimento per la madre surrogata in caso di nascita di gemelli, e 1.500 di risarcimento ‘in caso di perdita di organi’”.
Uno studio del Journal of public and international affairs di Princeton spiega che l’Ucraina ha in mano un quarto del business mondiale della surrogata.
Il Guardian ha raccontato una storia esemplare. “Proteggono solo i figli dei committenti, di noi a loro non importa nulla”, ha detto la surrogata ucraina Tetiana Shulzhynska. Aveva bisogno di soldi, per i due figli e per ripagare un debito. La Biotexcom, che sarà alla fiera di Milano, le trova una coppia italiana committente. Quattro embrioni, quattro bambini, avevano iniziato a vivere nel ventre di Tetiana. La coppia italiana però ne aveva ordinato uno, così la clinica asportò chirurgicamente gli embrioni in eccesso. Tetiana dà alla luce una bambina in cambio di 9.000 euro. Sette mesi dopo torna in ospedale con dolori addominali: cancro alla cervice uterina. I medici, spiegò al Guardian, dovevano amputarle una gamba.
Manifestazione a Parigi contro la fiera del bambino in vendita
Ma la preoccupazione del sindaco di Milano Beppe Sala in queste ore è un’altra.
La Scala ha avuto Claudio Abbado, che suonò per il compleanno di Fidel Castro nel bunker del Consiglio di stato dell’Avana. Il “comandante” celebrò i 73 anni assieme al direttore italiano, commuovendosi quando i fiati dell’orchestra gli improvvisarono un allegro – con variazioni – “Happy birthday to you”. Musica e politica alla Scala di Milano hanno sempre trovato casa (Maurizio Pollini suonava per i Vietcong). Ora Beppe Sala vuole che il più grande direttore d’orchestra del mondo, il russo Valery Gergiev, abiuri l’amicizia con Vladimir Putin o se ne vada dalla Scala. Non importa che Gergiev sia l’erede di Herbert von Karajan. A una première della “Iolanta” di Caikovskij al Metropolitan, tempio newyorchese della musica, il direttore russo è stato accolto al grido di “Gergiev è un omofobo”. “In Russia facciamo tutto il possibile per proteggere i bambini”, aveva detto Gergiev a difesa della legge di Putin contro le adozioni alle coppie omosessuali.
Un vero cattivone, l’osseta Gergiev che ha suonato Bach fra le rovine di Palmira strappate dai russi all’Isis. Non come noi progressisti che consentiamo che a Milano, la città più tollerante d’Italia, si organizzino i “mercati della carne” ucraina, come li ha definiti la filosofa femminista francese Sylviane Agacinski.
Inorridiamo giustamente per la guerra che mette in fuga i bambini e le madri ucraine. Consideriamo un “progresso” una ideologia e una pratica così violenta da mettere un codice a barre sui loro uteri e i loro bebé.
Alberto Pento
A me pare che Meotti in altre recenti occasioni abbia demenzialmente preso le difese dell'idolatra e falso cristiano nazifascista Putin (uccisore di cristiani ucraini) e abbia dimostrato poca empatia per la povera Ucraina vittima della sua aggressione, che secondo Meotti però avrebbe delle responsabilità che giustificherebbero l'azione di Putin.
Ma in questo articolo di Meotti sulle povere donne ucraine, credo che abbia prevalso non tanto il filoputinismo ma il suo integralismo cattolico in fatto di maternità surrogata e che si sia fatto prendere la mano dimenticando la contingenza diventando indelicatemente offensivo e dando l'impressione di essersi allineato ai demenziali Lucia Annunziata e Antonio Di Bella.
Però una critica a Meotti sul suo integralismo cristiano cattolico romano gliela si potrebbe fare relativamente al fatto che il suo eroe Putin (e genio del male per Trump) ha aggredito i poveri ucraini già in miseria costringendo le loro donne alla "prostituzione" del loro ventre per sopravvivere.
Meotti ha dimostrato di essere a sua volta un cattivo cristiano e di avere poca carità cristiana e nessuna compassione umana per queste povere donne.
L'umanità cristiana di Meotti non mi pare affatto migliore di quella di Bergoglio che lui critica aspramente.
CONGEDO
Niram Ferretti
26 febbraio 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Mi dispiace doverlo dire pubblicamente, ma si è superato il limite del tollerabile. Lo ha superato Giulio Meotti, di cui ho avuto sempre stima per la sua indefessa difesa di Israele, per il contributo di valore che ha saputo dare in questo campo, ma la narrativa che sta proponendo da giorni sulla sua bacheca, in cui non so con quale intenzionalità o consapevolezza presenta l'Ucraina come uno Stato Untermensch, mi dispiace, non la posso più tollerare. Il suo ultimo post in cui scrive testualmente:
"Cameriere, badanti, amanti e surrogate. Alla lista orrenda stilata in diretta tv da Annunziata e Di Bella va aggiunta la fiera a Milano delle pance a noleggio (in Europa sono tutte donne ucraine). Ma per Beppe Sala la schiavitù delle surrogate è un progresso, mentre vuole bandire dalla Scala il grande musicista russo Gergiev (Claudio Abbado che suonava per il compleanno di Fidel Castro andava bene...)" è un invito al disprezzo e al dileggio.
La critica legittima al parto surrogato non può condurre alla messa alla berlina delle donne ucraine, a una sorta di Lettera scarlatta da appiccicargli addosso come fossero delle ree. Non sarà un progresso, ma nemmeno un orrore abominevole.
Così si ripropone Salem. Siamo agli Auto da fè e si porta solo acqua al mulino di un criminale russo che molti ottenebrati vedono come il ristoratore dell'ordine e della civiltà, la giusta purga per il nostro occidente "dissoluto".
Dunque, mi congedo da Giulio Meotti, e lo faccio con sincero dispiacere, augurandogi buona vita e soprattutto che possa uscire da questo offuscamento di cui è preda.