13)
Le azioni militari, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, con invasione di un esercito internazionale e con bombardamenti aerei o navali, intraprese dall'Occidente USA e NATO o da coalizioni di paesi occidentali, in Asia e in Africa, sono state fatte prevalentemente su mandato ONU (e in taluni casi anche quando non è stato possibile il mandato ONU per il veto della Russia o della Cina), queste azioni non sono mai state fatte per predare territori e risorse altri, per schiavizzare popolazioni e sterminare etnie.Sono sempre state fatte a sostegno dei popoli oppressi, delle minoranze a rischio di pulizia etnica e genocidio (vedasi il caso del bombardamento della Serbia a difesa dei bosniaci e dei kosovari),
contro dittatori criminali e terroristici e i loro regimi canaglia, con gran dispendio di risorse economiche dei cittadini e dei contribuente occidentali, attenuate solo in parte da successive compensazioni dei paesi che hanno tratto beneficio da queste azioni a loro favore (vedasi i casi dell'Afganistan, della Somalia, dell'Iraq, della Libia).
La Russia invece ha sempre intrapreso le sue iniziative militari, contro la volontà internazionale e l'ONU (come oggi nel caso dell'Ucraina), per predare territori, risorse e sovranità politica, per impedire la libertà e l'indipendenza delle popolazioni e dei paesi, per l'imperialismo e il suprematismo nazifascista russo della Grande Russia di Putin, compiendo atroci crimini contro l'umanità, il diritto internazionale e crimini di guerra.
Non vi è alcun possibile paragone tra le azioni militari dell'Occidente e del Mondo Libero e quelle della Russia nazifascista di Putin.
Caso Cecenia e Iraq
QUELLO CHE GILETTI NON HA DETTO
Faccio seguito all'ignobile figuraccia (epic fail) che Massimo Giletti ha rimediato dalla Piazza Rossa, collegato con una portavoce tetragona che ha utilizzato tutto l'armamentario dell'FSB (ex KGB) per una operazione di DISINFORMAZIA brillantemente riuscita causa l'imbelle passività del "BAMBINO" Massimo.
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6871962:83Riprendo qui le 3 FAKE sganciate dalla portavoce di Lavrov per replicare con dati di fatto documentati.
Maria Zakharova: "Anche voi della Nato avete fatto la stessa cosa con l’Iraq”.
Replica: La Guerra in Iraq venne promossa da 4 paesi: USA, Regno Unito, Australia, Polonia.
Quindi Maria Zakharova La NATO non c'entra una cippa❗
Non esiste nessun atto o risoluzione NATO che riguardi l'invasione dell'Iraq avvenuta tra il 20 marzo e il 1º maggio 2003. Altri paesi sono stati coinvolti successivamente nella fase di occupazione. L'invasione segnò l'inizio della guerra in Iraq.
Secondo l'allora presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, le ragioni dell'invasione erano
1 di disarmare l'Iraq dalle armi di distruzione di massa
2 porre fine al sostegno di Saddam Hussein al terrorismo e
3 raggiungere la "libertà" per il popolo iracheno
È vero...Le armi chimiche non furono mai trovate, peccato che si ometta di specificare che il materiale per produrle in sicurezza venne reperito nell'impianto di al-Muthanna, che si trova nei pressi della citta' di Samarra, sulla riva est del Tigri, circa 100 chilometri a nord dalla capitale Baghdad... La tecnologia e gli impianti erano serigrafati con istruzioni in cirillico, ma la notizia venne diffusa solo nel 2014 quando i ribelli sunniti lo occuparono L'impianto era in funzione tra il 1983 e il 1991, quando produceva migliaia di tonnellate di gas nervino, iprite (gas mostarda), Sarin, Tabun e VX.
L'invasione dell'Iraq causò una divisione politica tra le grandi potenze, che furono divise tra quelle che si opposero attivamente all'invasione, come Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Scandinavia (oltre ad altri paesi che mostrarono opposizione passiva), e quelli sostennero pubblicamente gli Stati Uniti, come il Regno Unito, la Spagna, la Polonia, il Portogallo e altre nazioni che costituirono la coalizione.
Le Nazioni Unite non approvarono l'invasione dell'Iraq, tuttavia nell'ottobre dello stesso anno dell'invasione, nella propria risoluzione 1511, agli Stati membri fu raccomandato di fornire alla forza multinazionale presente in Iraq tutta l'assistenza necessaria, compresa quella militare.
ZAK: "Siamo intervenuti su legittima richiesta del capo di stato, Assad”.
Replica:
Ehi ZAK ma funziona così ?
Assad chiama e picciotto risponde ?
Facciamo un discorso serio e vediamo cosa ha portato il Cremlino ad immergersi militarmente nel calderone siriano il 30 settembre 2015.
Il fenomeno delle “Primavere Arabe”, avvenute nel 2011, fu visto con forte senso apprensione da parte del Cremlino. La destabilizzazione di un’area così vasta era molto pericolosa per Mosca. In un famoso articolo pubblicato nel 2013 su VPK, il generale Gerasimov aveva descritto questi eventi come operazioni di regime-change occidentali che avrebbe ridotto la propria influenza nella regione. Il Cremlino, vantava storici legami con il regime guidato da Bashar al-Assad. A livello militare, negli anni Settanta l’URSS aveva ottenuto il permesso di stabilire due installazioni belliche sul territorio siriano: l'unica base nel Mediterraneo, quella di Tartus, sfruttata principalmente come punto logistico di rifornimento per la flotta sovietica ed una base aerea a Latakia. Gli armamenti sovietici erano stati fondamentali per permettere all'esercito Siriano di equipaggiarsi nuovamente dopo le pesanti sconfitte subite ad opera di Israele nel 1967 e nel 1973. Il Cremlino decise di supportare fin da subito il regime di Assad. A livello diplomatico, la Russia riuscì ad evitare in tre occasioni che l’Occidente intervenisse per esautorare il governo siriano colpevole di una atroce repressione verso il suo popolo, ricorrendo al proprio diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e bloccando qualunque risoluzione in tal senso. Ma il maggiore sforzo diplomatico operato dal Cremlino avvenne nell’agosto del 2013, quando l’Occidente accusò il regime di Damasco di essere responsabile di un attacco chimico nei confronti della popolazione siriana. L'attacco chimico di Ghūṭa accadde nella mattina del 21 agosto 2013 durante la guerra civile siriana in cui alcune aree controllate dai ribelli nei sobborghi orientali e meridionali di Damasco, furono colpite da 12 missili contenenti l'agente chimico sarin.
Il numero complessivo di morti è stato fissato in 1290. Il più grave episodio verificatosi dall'attacco chimico di Halabja, durante la guerra Iran-Iraq, ma in quella occasione morirono soldati e non civili inermi. Le indagini svolte dalle Nazioni Unite dal 25 al 31 agosto 2013 rilevarono chiare tracce di gas sarin nel terreno e sui cadaveri nelle zone colpite e accerta che la tipologia di gas era quella contenuto nei depositi siriani, di fabbricazione russa. Gli armamenti chimici e l'avviamento della produzione erano stati forniti proprio dai partner russi.
In termini di assistenza militare, Mosca cominciò a rifornire Damasco a partire dal 2012, quando sembrò evidente che l’esercito siriano stesse perdendo terreno rispetto alle opposizioni. Se inizialmente i russi inviarono essenzialmente armi leggere e munizioni, ben presto, per sostenere lo sforzo bellico di Assad, furono costretti a rifornire i siriani con armamenti più avanzati (droni ed elicotteri). La regolarità di tali rifornimenti fece sì che si parlasse di “Syrian Express” in riferimento ai convogli navali che facevano la spola tra la Russia ed il Paese mediorientale.
Mosca, poi, supportò il regime anche a livello economico, in particolare tramite la coniazione di banconote siriane che venivano convogliate all’interno della nazione al fine di sostenerne le spese belliche.
ZAK: "È stato l'occidente ad armare e sobillare i musulmani ceceni"
Replica: Qui si butta la palla in tribuna cara ZAK che fai finta di non conoscere la storia del tuo paese
L'ostilità cecena nei confronti dei sovietici e dei russi, ha radici culturali profonde, la sintesi perfetta di secoli di conflitti, conquiste e imposizioni. Tuttavia, la regione, che si è spaccata e ricomposta in molte circostanze della storia, ha raccolto i pezzi delle sue diverse identità e li ha sempre rimessi insieme. Si è separata, è stata dominata e, infine, ha cercato la sua indipendenza, maturando un forte sentimento anti-russo, che resiste ancora.
La Cecenia è stata teatro di guerra, luogo di lotta, di reclutamento e di pluralità religiosa. Qui vivono musulmani sunniti e cristiani ortodossi. Da qui, migliaia di persone sono state deportate e confinate in Siberia alla fine degli anni Cinquanta. E, sempre qui sono scoppiate le ultime due guerre contro la Russia, che hanno lasciato il segno.
La prima guerra cecena, combattuta dal 1994 al 1996, terminò con la dichiarazione d’indipendenza della regione dalla Russia e la nascita della Repubblica cecena d’Ičkeria. Il conflitto iniziò nel 1994, quando le forze federali russe cercarono di prendere il controllo delle varie aree montuose della regione. In quella circostanza, nonostante la maggioranza di uomini e la superiorità schiacciante in termini di armamenti, l’esercito russo venne respinto dalla guerriglia cecena e dai raid condotti in pianura. Fu un conflitto sanguinoso, difficile e lungo, che avvilì i soldati e che non fu mai del accettato dall’opinione pubblica. Morirono in 16000, tra militari russi, civili e guerriglieri. E rimasero città smembrate e rovine fumanti.
La seconda guerra cecena, invece, (quella di Putin) fu molto più lunga e subdola, tra il 1999 e il 2009. Ebbe un esito diverso per i russi e vide scontrarsi l’esercito della Federazione contro i separatisti mossi da 80 anni di soprusi e repressioni indicibili
Nel 1922 la Cecenia venne incorporata all’Unione Sovietica, ma gran parte degli accordi che Mosca aveva preso con la Repubblica delle Montagne non venne rispettata. Già dall’anno successivo i tribunali islamici vennero chiusi, diversi leader locali furono posti agli arresti e si aggiunse il divieto di portare il kinzal, il pugnale simbolo dei popoli di quella regione.
Nel 1929 la popolazione di Cecenia, Daghestan e di altre repubbliche vicine scelse di ribellarsi al dominio sovietico, fatto che costrinse Mosca a fare un passo indietro e a moderare le sue ingerenze. Il 25 dicembre del 1936 venne istituita la Repubblica socialista sovietica autonoma della Ceceno-Inguscezia, che aveva il suo centro amministrativo a Groznyj.
L’anno dopo, l’avvio delle purghe staliniane cambiò il profilo sociale della regione: in Cecenia, le persecuzioni decapitarono l’élite culturale e soffocarono l’identità islamica: le moschee vennero distrutte o riconvertite in granai (così come accadde a molti luoghi di culto cristiani) e la sola conoscenza della lingua araba poteva essere motivo di detenzione. Inoltre, furono diversi i tentativi di introdurre l’allevamento di suini nell’area, a sfregio della dottrina musulmana.
All’inizio del 1944, il governo sovietico avviò l’operazione čečevica, che prevedeva la deportazione dell’intero popolo ceceno entro una settimana: il 23 febbraio di quell’anno, con il pretesto di festeggiare il 26° anniversario della fondazione dell’Armata rossa, in tutti i villaggi fu radunata la popolazione e venne letto il comunicato del Comitato governativo di difesa, che annunciava il trasferimento dei cittadini. Più di un milione di ceceni, ingusci e altri popoli caucasici settentrionali furono mandati in Siberia e in Asia centrale, stipati in treni merci, senza cibo o acqua. La motivazione ufficiale era l’accusa di aver collaborato e appoggiato l’invasione della Germania nazista, ma il motivo reale era la PULIZIA ETNICA. La politica staliniana schiacciò l’identità cecena, trasformandola, di fatto, in una “non entità”.
Solo nel 1956, la condanna degli eccessi dello stalinismo al XX° Congresso del Pcus riabilitò e fece tornare in patria i cosiddetti “popoli puniti“ tra cui c'erano (Ohibò) anche gli Ucraini, vittime di analoga deportazione.
Nel 1957, grazie all’intervento di Nikita Cruščev, la re-istituzione della Repubblica Ceceno-Inguscezia aveva permesso l’immediato rientro nella regione dei cittadini ceceni deportati. Ma negli anni della loro assenza, la composizione etnica dell’area era profondamente mutata. Gli ingusci trovarono una parte consistente dei propri territori occupati da popolazioni di etnia osseta, i quali si rifiutarono di lasciarli (uno degli elementi ricorrenti nei conflitti degli anni Novanta). Per riavere case e terra furono costretti a ricomprarle. Molti di loro, per essere maggiormente controllati, vennero inviati dalle autorità sovietiche a vivere in pianura e la crescente tensione fra popolazione russa e cecena nella regione portò comprensibilmente a un aumento dei crimini violenti.
I russi lasciarono le campagne e si trasferirono in massa a Groznyj, dove potevano fornire le competenze tecniche necessarie alla nascente industria. Il fenomeno contribuì alla marginalizzazione della popolazione cecena rispetto al mercato del lavoro nelle aree in via di sviluppo: i giovani, in particolare, vennero completamente tagliati fuori, fatto che contribuì a radicalizzarli e a incasellarli nelle dinamiche più violente del separatismo.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, nel dicembre del 1991, la Russia divenne una nazione indipendente, percepita come lo Stato successore dell’URSS (anche se perse la maggior parte della sua forza militare e, soprattutto, economica). E mentre l’etnia russa componeva più del 70% della popolazione della Repubblica socialista sovietica federata russa, alla caduta di questo sistema le differenze etniche e religiose in molte regioni dell’ex orbita sovietica costituirono una minaccia per l’integrità politica del nuovo Stato. E fu proprio poco prima del crollo, all’inizio del 1990, che le diversità etniche ruppero con il governo federale.
Il 6 settembre del 1991, alcuni militanti del partito del Congresso nazionale del popolo ceceno, creato dall’ex generale sovietico, Džokhar Dudaev, convocarono una sessione del Soviet supremo (con l’obiettivo di dichiarare l’indipendenza della regione) e uccisero a Groznyj il rappresentante del partito comunista dell’Unione Sovietica, tramite defenestrazione. Poi linciarono altri membri del partito e ufficialmente dissolsero il governo della Repubblica autonoma dell’Unione Sovietica Ceceno-Inguscia. A ottobre dello stesso anno, Dudaev ottenne il sostegno popolare con largo margine (82%) e spodestò l’amministrazione ad interim appoggiata dal governo federale. Presa la carica presidenziale, decretò l’indipendenza dall’URSS e, dopo qualche settimana, l’allora presidente russo in carica, Boris El’cin, inviò truppe corrazzate a Groznyj, costrette a ritirarsi dalle forze di Dudaev.
Dopo che la Cecenia pronunciò l’iniziale dichiarazione di sovranità, nel giugno del 1992, la Repubblica autonoma Ceceno-Inguscia si divise in due. La Repubblica dell’Inguscezia, in seguito, confluì all’interno della Federazione russa, mentre la Cecenia dichiarò la sua piena indipendenza nel 1993 (con il nome, appunto, di Repubblica cecena di Ičkeria).
Direi quindi carissima ZAC, che la rivolta cecena possegga intrinsecamente tutti i crismi per essere definita una lotta di popolo !
Continuare con la BUFALA delle interferenze occidentali offende l'intelligenza e la conoscenza della Storia !
Alberto Pento
Certo, ma questa fu la seconda guerra all'Iraq che non ebbe all'inizio l'approvazione dell'ONU ma nemmeno la condanna, iniziativa bellica che poi l'ONU sostenne:
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_in_Iraq La prima guerra all'Iraq invece che fece seguito all'invasione del Kuwait da parte di Saddam, fu svolta sotto l'egida dell'ONU e determinò l'atteggiamento successivo di ostilità, di buona parte del mondo verso l'Iraq del dittatore Saddam come stato canaglia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Golfo Questo precedente bellico non va trascurato per inquadrare il contesto storico delle cose e delle relazioni internazionali del caso Iraq.
Parte dei paesi europei che inizialmente si opposero alle ostilità all'Iraq si opposero poi al rigetto degli accordi sul nucleare iraniano da parte di Trump e di Israele, in particolare la Germania e il Belgio.
Poi non vanno dimenticate le stragi etniche dei curdi da parte di Saddam, a cominciare da questa:
https://www.notiziegeopolitiche.net/ven ... ila-curdi/ L'Iraq di Saddam Hussein non era certo un paese civile e democratico esemplare ma un paese canaglia, stragista e terrorista.
E quelle degli occidentali non furono guerre condotte per la predazione di territori e di risorse o per imporre il loro dominio imperialista e coloniale.
Caso Serbia, Bosnia e Kosovo
...
Vedasi Capitolo 8
Le demenzialità, le menzogne e le calunnie contro gli USA e la NATOviewtopic.php?f=143&t=3005 https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 1061722663