Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mag 05, 2022 8:10 am

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mag 05, 2022 8:11 am

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mag 05, 2022 8:12 am

7)
La Russia di Putin è una delle potenze in cui si articola maggiormente il male della terra.

Essa ha ereditato e proseguito il male della Russia suprematista e imperialista dell'URSS che tanto danno ha fatto e ancora fa all'umanità intera.
Essa ha scientemente e militarmente diffuso l'infezione social comunista e ha promosso, sostenuto e sostiene tutte le dittature social comuniste della terra da quella cubana a quella cinese a quella coreana di Kim Jong-un, a quella venezuelana di Maduro;
ha promosso, sostenuto e sostiene tutte le dittature nazi maomettane teocratiche e laiche della terra da quella siriana di Assad a quella iraniana degli Ayatollah, al conflitto israelo palestinese con l'invenzione del fantomatico popolo palestine e giustificando il suo terrorismo antisemita e antisraeliano;
essa è la causa principale diretta e indiretta in concorso con la Cina di gran parte dei conflitti in cui sono dovuti intervenire l'ONU, gli USA e la NATO in tutti i continenti:
Afganistan, Corea del Nord, Cuba, Vietnam, Medioriente, Europa balcanica e mille altri conflitti in Africa, America, Asia e Europa.


Anche la nascita del fascismo e del nazismo in Europa trova nella Russia dell'URSS una qualche causa indiretta.



Negli anni '70 Robert Conquest fornì agli Usa le prove dei crimini in Urss, Cina e Vietnam
Ecco quante vite umane è costato il comunismo
Matteo Sacchi
8 Ottobre 2017 - 09:24

https://www.ilgiornale.it/news/ecco-qua ... 50324.html

Milioni di morti. Morti di cui a lungo si è preferito non parlare. Sono le vittime dei regimi comunisti, sviluppatisi a partire dalla rivoluzione Russa del 1917. Le spiegazioni del silenzio su questa violenza totalitaria sono abbastanza ovvie. Dopo la seconda guerra mondiale era facile denunciare gli orrendi crimini del nazismo o del militarismo nipponico. Non erano più parte in causa. Ben diverso il caso dell'Urss, della Cina e dei loro Stati satellite, come Cuba o il Vietnam. Non era facile indagare oltre le cortine, di ferro o di bambù cambia poco. E quindi se l'esistenza della strage era nota restava molto complesso quantificarla. Ed esisteva in Occidente un ampio movimento politico e di opinione che non voleva in alcun modo sentire parlare delle colpe del comunismo. E non soltanto nei Paesi che, come l'Italia, avevano la presenza di un partito comunista politicamente consistente. Anche negli Usa durante la guerra del Vietnam una larga parte dell'opinione pubblica era pronta a stigmatizzare ogni violenza compiuta dalle truppe statunitensi, ma sceglieva di ignorare le violenze dei vietcong o dell'esercito regolare nordvietnamita.

Alla fine fu il parlamento statunitense, quasi cinquant'anni fa, a chiedere agli storici di fare uno sforzo per quantificare il «male» prodotto dai regimi comunisti. Ed è così che è nato il testo che oggi viene ripubblicato in Italia da D'Ettoris Editori: Il costo umano del comunismo (pagg. 200 euro 19,90). Il testo raccoglie testi di Robert A. Conquest, Richard L. Walker, James O. Eastland e Stephen T. Osmer e fu un lavoro assolutamente pionieristico. Ma vediamo di raccontarne un poco la genesi. Agli inizi della presidenza repubblicana di Nixon, il Senato Usa commissionò, attraverso il McCarran Committee tre studi per dotarsi di un argomento forte da opporre alla propaganda comunista. Venne così alla luce nel 1970 The Human Cost of Soviet Communism. A scriverlo fu l'illustre storico britannico Robert Conquest, che della rivoluzione sovietica era uno dei massimi studiosi. Nel 1971 arrivò The Human Cost of Communism in China scritto dall'ambasciatore americano in Corea del Sud, Richard Louis Walker. Il terzo, infine, The Human Cost of Communism in Vietnam arrivò nel 1972 e fu coordinato da James Oliver Eastland, senatore democratico del Mississippi. I numeri che venivano presentati all'interno dei «compendia» - questa la denominazione tecnica senatoria - all'epoca suonarono giganteschi per l'opinione pubblica. Col senno del poi possiamo considerarli spesso sottostimati. In Italia i rapporti vennero notati dalle edizioni del Borghese, fondato da Leo Longanesi e in quel momento diretto da Gianna Preda e Mario Tedeschi, venendo pubblicati nel 1973. Da allora è scomparso dal panorama italiana.

Ovviamente fra i tre, è il saggio di Conquest (1917-2015) ad avere il valore storico più pregnante. Lo storico britannico rielabora qui in breve molti dei materiali del suo celebre Il Grande Terrore pubblicato nel 1968. Conquest espunge dalla sua ricostruzione tutti i morti provocati dagli eventi bellici della Rivoluzione russa e si concentra solo sugli effetti delle azioni politiche mirate e rivolte contro i cittadini dell'Urss stessa. Anche così il numero dei morti provocati dal comunismo, nei vent'anni seguenti alla presa del potere di Lenin, ammonta a più di 21 milioni. Di questi più di 15 milioni morti nei campi di lavoro. I giustiziati tra il 1919 e il 1923 vengono stimati invece in ben 900mila. Sarebbe una cifra enorme se non impallidisse di fronte ai due milioni di giustiziati delle purghe staliniane. Ma non solo numeri. Conquest è bravissimo a ricostruire anche il clima dei processi, il meccanismo delle delazioni. E soprattutto la follia economica dei programmi quinquennali che portò ad affamare, spesso scientemente, intere popolazioni.

Se Conquest è metodologicamente lo studioso più robusto, va però sottolineato che gli altri saggi esplorano ambiti rimasti più a lungo in ombra. Il rapporto sugli effetti del comunismo in Cina arrivò, ad esempio, proprio poco prima della storica visita di Nixon a Pechino, Hangzhou e Shanghai. E fu una voce fuori dal coro rispetto a quella maggioritaria della stampa americana tutta tesa a cantare la forza della Cina o a elogiare la distensione che stava avvenendo a colpi di racchetta da ping-pong. Richard Louis Walker mette invece ben in luce i costi del grande balzo di Mao Tzedong. Solo per prendere il potere, estromettendo i nazionalisti, i comunisti cinesi avrebbero provocato venti milioni di morti. Ed era solo l'inizio. Questo non tanto per l'inevitabile durezza dello scontro ma per una presa di posizione teorica che nel caso di Mao risaliva già al 1927: «Una rivoluzione non è un pranzo di gala, non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo... in parole povere, è necessario creare un breve periodo di terrore in ogni villaggio». L'unica parte di questa teorizzazione a essere messa da parte fu la brevità.

Il rapporto sul Vietnam, Paese satellite e certamente meno importante dei due precedenti, era invece fondamentale per cercare di contenere la pressione dei movimenti pacifisti che premevano per il disimpegno statunitense nel Sud-est asiatico. Non servì allo scopo, però censì per la prima volta i crimini dei vietcong, spiegando quanto la politica del partito comunista vietnamita fosse improntata alla violenza e alla sopraffazione sin dal 1945. Quanto quei foschi precedenti fossero solo un'anticipazione delle violenze future, i vietnamiti del Sud lo vissero sulla loro pelle dopo il ritiro statunitense e la sconfitta. Ma in Occidente si preferì fare finta di niente.




Perché gli Usa potrebbero etichettare la Russia come “Stato terrorista”

Federico Giuliani
20 aprile 2021

https://it.insideover.com/politica/perc ... rista.html

Sfogliando tra le pagine dello Us Department State troviamo una sezione dedicata agli Stati sponsor del terrorismo. Seguono la spiegazione del concetto e una brevissimo elenco formato da quattro Paesi: Cuba, Iran, Siria e Corea del Nord, con relative date di ammissione in questa specie di black list. Ebbene, tra molto gli Stati sponsor del terrorismo potrebbero diventare cinque, complice l’eventuale inserimento della Russia.

Sono considerati Stati sponsor del terrorismo quei Paesi che, a detta di Washington, hanno ripetutamente fornito sostegno a terroristi o compiuto direttamente atti di terrorismo internazionale.

I governi bollati con una simile etichetta devono fare i conti con sanzioni più o meno pesanti, oltre al divieto di esportazioni e vendite nel settore della difesa, controlli sulle esportazioni di prodotti a duplice uso, varie restrizioni finanziarie, all’assistenza straniera e di vario tipo. Le leggi sanzionatorie penalizzano anche persone e Paesi impegnati in determinati scambi commerciali con i suddetti Paesi.

Al momento la lista Usa comprende, in ordine cronologico di inserimento, Siria (1979), Iran (1984), Corea del Nord (2017) e Cuba (2021).

La decisione degli Usa

Negli ultimi giorni è emersa una notizia particolarmente rilevante. Il Dipartimento di Stato Usa sta valutando la possibilità di etichettare la Russia come stato sponsor del terrorismo. Lo ha affermato a chiare lettere il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, in un’intervista a Cnn. “Stiamo guardando ai fatti e alla legge. Se ci saranno le condizioni, e ci verrà data la possibilità legale di agire, lo faremo”, ha detto Price.

La settimana scorsa il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva chiesto al presidente americano Joe Biden di fare questo passo e considerare la Russia uno Stato terrorista. Insomma, non è escluso che gli Stati Uniti possano pensare di inserire Mosca nella stessa lista dove si trovano anche Pyongyang, Damasco, Teheran e l’Havana.

Ma che cosa significherebbe tutto questo per la Russia? In prima battuta, e come in parte anticipato, una nuova serie di sanzioni e restrizioni. Attenzione però, perché non solo sanzioni nei confronti del Cremlino, ma anche rivolte contro tutti quei Paesi che continuano a fare affari con la Russia (pensiamo alla Cina).

Le conseguenze

Neppure durante la Guerra Fredda gli Stati Uniti sono mai stati così vicini a inserire l’Unione Sovietica nella lista degli Stati sponsor del terrorismo. E questo nonostante Mosca, a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, sostenesse gruppi considerati da Washington attori terroristi.

In ogni caso, una misura del genere potrebbe avere impatti rilevanti, tra cui l’imposizione di sanzioni economiche a dozzine di altre nazioni che continuano a fare affari con la Russia, il congelamento dei beni di Mosca negli Stati Uniti – compresi gli immobili – e il divieto di una varietà di esportazioni che hanno usi sia commerciali che militari.

“L’aggiunta della Russia alla lista degli stati sponsor del terrorismo sarebbe l’opzione economica nucleare“, ha scritto Jason Blazakis, un ex funzionario del Dipartimento di Stato ed esperto di designazioni del terrorismo. Dal 1979, le amministrazioni repubblicane e democratiche hanno usato questa etichettatura con parsimonia, prendendo di mira solo una manciata di stati in cui gli Stati Uniti hanno interessi limitati.

Ipotesi possibile?

Certo è che l’etichetta, che richiede una constatazione da parte del Segretario di Stato, può essere applicata a qualsiasi Paese che abbia “fornito ripetutamente supporto per atti di terrorismo internazionale.

Giusto per fare un esempio, Cuba è stata aggiunta dall’amministrazione Trump nel gennaio 2021 per il suo rifiuto di estradare un americano condannato per aver ucciso un agente di stato del New Jersey nel 1973, così come per il suo sostegno a un movimento di guerriglia colombiano.

Come ha sottolineato il Washington Post, l’uccisione di civili da parte della Russia in Ucraina e Siria, i suoi presunti omicidi e tentati omicidi di dissidenti e spie in Paesi stranieri e il suo sostegno ai separatisti in Ucraina accusati dagli Stati Uniti di omicidio, stupro e tortura potrebbero agevolare la procedura nel caso in cui Washington decidesse di procedere lungo questa strada.

La decisione di aggiungere un Paese nella lista è significativa perché, una volta nell’elenco, i Paesi vengono raramente rimossi. Può accadere soltanto di fronte ad un evento straordinario, come il cambio di regime – che ha portato alla rimozione dell’Iraq dalla lista nel 2004 dopo il rovesciamento di Saddam Hussein – o un importante modifica nella politica interna statunitense.
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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mag 05, 2022 8:12 am

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mag 05, 2022 8:12 am

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mag 05, 2022 8:14 am

8)
I demenziali sostenitori del macellaio del Cremlino il russo Putin, che siano nazi fascisti o internazi comunisti, anti USA e anti NATO, sono tutti anche sostenitori del criminale antiamericano e filorusso Assange e sono tutti filo nazi maomettani palestinesi e antisemiti/antisraeliani.



Assange, la reazione dei suoi sostenitori dopo l’ok all’estradizione: “Incredibile che chi ha denunciato i crimini stia scontando la pena”
Mondo - 20 Aprile 2022
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/0 ... a/6565674/
I sostenitori di Julian Assange reagiscono dopo che un tribunale del Regno Unito ha emesso un ordine formale di estradare il fondatore di WikiLeaks negli Stati Uniti per essere processato per la pubblicazione di file segreti relativi alle guerre in Iraq e in Afghanistan. La decisione ora spetta alla ministra dell’Interno britannico Priti Patel (segretario di Stato per gli Affari interni del Regno Unito, ndr), anche se Assange può ancora presentare ricorso entro 14 giorni da qualsiasi decisione di approvazione dell’estradizione.

Perché Assange non è Navalny. E fino a che punto si può infrangere la legge in nome della libertà di espressione
Al di là della giurisprudenza, la questione principale sollevata dalla vicenda Wikileaks ha radici più profonde. Quale è il limite tra giornalismo d’inchiesta e spionaggio
21 Aprile 2022 alle 15:26
https://www.huffingtonpost.it/esteri/20 ... e-9232446/
Palla a Patel. Dopo che ieri la "Westminster magistrates court" di Londra ha emesso, nel corso di un'udienza durata soli sette minuti, l’ordine di estradizione nei confronti del giornalista e attivista australiano Julian Assange, spetta ora alla ministra degli Interni britannica Priti Patel dare il via libera finale al trasferimento del fondatore di WikiLeaks negli Stati Uniti, dove rischia fino a 175 anni di carcere.


Chi difende Assange - Caratteri Liberi
Niram Ferretti
2019/04/12

http://caratteriliberi.eu/2019/04/12/in ... r2FGsCTA_c

Ieri, dopo sette anni, è terminata per Julian Assange la sua permanenza al riparo dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, dove si era rifugiato nel 2012.
Il “combattente per la libertà“, cocco della sinistra radicale, è stato arrestato ieri da Scotland Yard dietro mandato americano con l’accusa di avere cospirato nel 2010 insieme a Bradley Manning, poi, con il cambio di sesso, diventato Chelsa, nel tentativo di ottenere illegalmente documenti secretati militari e diplomatici, la cui diffusione avrebbe potuto essere utilizzata per danneggiare gli Stati Uniti.

Dopo che l’inchiesta nei suoi confronti per un presunto stupro avvenuto in Svezia è stata archiviata nel 2017, Assange ora rischia l’estradizione negli Stati Uniti. Nel 2010, il patron di Wikileakes, totalmente incurante delle conseguenze divulgò, grazie a Manning, chi fossero gli informatori locali degli Stati Uniti, durante la guerra in Afghanistan. L’allora Segretario alla Difesa, Robert Gates e il Capo di Stato Maggiore, Mike Mullen dichiararono: “Il signor Assange può dire quello che vuole sul bene maggiore che lui e la sua fonte stanno procurando, ma la verità è che potrebbero già avere sulle loro mani il sangue di qualche giovane soldato o di una famiglia afghana“.

Ma per una personalità patologicamente narcisista come quella dell’hacker australiano, tutto ciò era irrilevante, l’importante era mostrare al mondo gli arcana imperii, soprattutto se si trattava di quelli americani, e non, quelli di dittature e satrapie, o teocrazie, non avendo lì informatori adeguati a svelare al mondo i loro commerci più segreti.

Di lui, Rich Trzupek, in un articolo pubblicato su Frontpage Magazine, nel 2010, all’epoca dei leakes sull’Afghanistan, scrisse:

“Assange è un esempio primario di quel prodotto peculiarmente specifico delle istituzioni democratiche occidentali: un talento così accecato dalla propria intelligenza, da non vedere nulla di male nel fare a pezzi la società che gli consente la libertà di potere esercitare la propria arroganza, mentre resta beatamente incurante del fatto che le sue azioni forniscano aiuto e agevolazione a un nemico che non tollererà la sua stessa esistenza”.

Non può dunque suscitare meraviglia se in difesa dell’utile idiota antiamericano Assange giunga l’accorato appello del Cremlino attraverso il ministro degli Esteri russo Maria Zakharova, la quale ha fatto sapere che “l’arresto a Londra del fondatore di Wikileaks è un duro colpo alla democrazia”. In un mondo come il nostro, in cui per citare Heinrich Heine, “Dio esiste ed è Aristofane“, capita che arrivino da un paese retto da un cleptocrate autoritario lezioni di democrazia. Non contenta, la Zakharova, ha poi aggiunto su Facebook che “La mano della democrazia strangola la gola della libertà”, quella libertà che in Russia è, come noto, splendidamente garantita.

Alla Zarkharova si può aggiungere Evo Moraels, altro grande liberista e assiduo compulsatore di John Locke, il quale esprime via tweet la sua solidarietà per il “fratello perseguitato dagli Stati Uniti per avere rivelato la loro violazione dei diritti umani, l’assassinio di civili e lo spionaggio diplomatico”. In attesa della solidarietà di Nicolas Maduro, si registra, nek frattempo, l’indignazione di una grande fan di Assange, l’ex bagnina di Baywatch, Pamela Anderson, da tempo anche lei guerriera delle cause giuste e visitatrice assidua del perseguitato all’ambasciata dell’Ecuador a Londra, la quale si scaglia veemente contro il Regno Unito, “puttana dell’America”

Tuttavia la Anderson ha colto nel segno. Assange è l’eroe dei chomskiani impenitenti, e dei vecchi e giovani “anti-imperialisti”, è lo scoperchiatore delle nequizie americane, è il puro e indomito paladino del Bene costi quel che costi, soprattutto se costa agli USA, la vecchia baldracca a stelle e strisce, (per restare nei pressi della Anderson), è il vendicatore dei torti commessi dall’Occidente e dalla sua più grande superpotenza, ed è forse anche per questo motivo che, secondo Il Guardian, nel 2017, alcuni diplomatici russi avevano in mente un piano per farlo fuggire dall’ambasciata dell’Ecuador e portarlo in Russia. Nulla di sorprendente, visto che già nel 2010 dava mandato a un suo collaboratore, Israel Shamir, noto antisemita e negazionista, di procurargli un visto russo.

Dalla Russia con amore, per la libertà e la democrazia, di cui Assange è stato ed è, un grande e disinteressato sostenitore.


???
Davide Lovat il cattolico venetista antiamericano, filorusso e antiucraino
https://www.facebook.com/davide.lovat/p ... 7344902225
Carles Puigdemont e Julian Assange sono le icone odierne di tutti i martiri della democrazia nel mondo.... A livello globale è in corso una riduzione delle libertà fondamentali, dai diritti politici ai diritti civili elementari come la libertà di pensiero e di espressione della parola, ai diritti naturali come l'intangibilità della proprietà proprietà privata e l'intangibilità della famiglia.... Il tutto avviene con violenza e rapidità inaudite, nell'indifferenza anestetizzata delle masse lobotomizzate da smartphone e media istituzionali, dai quali sono teleguidate come automi privi di anima e coscienza.... I giovani, storicamente contestatori, sono i primi conformisti adeguati al sistema.... Per le poche voci fuori dal coro, tanto le autorevoli quanto le minime, scatta la censura o la repressione violenta del "Politically correct".... E noi, resistenti dissidenti e sparuti, siamo sempre più "vox clamantis in deserto".... Ma smetteremo solo da morti....



Magdi Cristiano Allam
9 aprile 2022
https://www.facebook.com/MagdiCristiano ... 3059754080
L’incontro tra un buffone e una nullità è il vuoto. Il precipitare nel vuoto. Il vuoto della nullità che corrisponde alla sommatoria di due zeri. Un buffone elevato a Presidente della Repubblica da una democrazia degradata; una politica di professione elevata a Presidente della Commissione dell’Eurocrazia, una dittatura che spoglia gli Stati membri della sovranità e indipendenza.

Tassilo Del Franco
https://www.facebook.com/tassilo.delfra ... 7303737987
È capitato anche a me con una foto di nazisti russi postata in una discussione come testimonianza della presenza nazista hitleriana nella Russia del nazifascista non hitleriano ma comunista e russo Putin. Il sistema l'ha ritenuta apologia del nazismo e istigazione all'odio razziale.


Marzo 2020 missione russa in Italia.
La maggior parte dei russi erano militari e solo pochissimi i medici. Doveva essere una missione anti-Covid ma la magioranza erano soldati. Nella lista stilata dal generale Sergey Kikot erano ben 230 quelli in uniforme.
In maniera ufficiale, però, nelle relazioni parlamentari si parla di 130 nomi: chi sono i 100 russi in esubero???? Manola Sambo
20 aprile 2022

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 019734:117


Giuseppe Cannarozzi
ma fatela finita con queste menzogne andate a zappare la terra che rende!!

Annalisa Chiereghin
ESATTAMENTE CHE COSA HANNO VERIFICATO ....... TUTTO È PARTITO DAI LABORATORI UCRAINI E CI HANNO NASCOSTO TUTTO !!!!!

Massimo Marchesan
Hanno messo le cimici nelle residenze per anziani, ma fatela finita per cortesia

Daniele Danieletto
Almeno loro qualcosa ci hanno portato come materiale di assistenza, da altre nazioni o dalla UE non abbiamo ricevuto nessun aiuto.
"" Sotto il punto di vista dei materiali, i velivoli russi hanno fino ad ora consegnato all’aeroporto di Pratica di Mare i seguenti aiuti umanitari: 150 ventilatori polmonari (già in parte donati all’ospedale Giovanni XXIII e all’ospedale presso la Fiera di Milano), 330.000 mascherine, 1.000 tute protettive, 2 macchine per le analisi di 100 tamponi rapide, 10.000 tamponi veloci, 100.000 tamponi normali, un laboratorio di analisi, 3 complessi per la sanificazione di mezzi e ambienti e 3 stazioni di sanitizzazione per ampie superfici.""

https://www.difesa.it/Primo_Piano/Pagin ... onale.aspx

Nell’essere grati per tale manifestazione concreta di supporto, non si può, allo stesso tempo, non biasimare il tono inopportuno di certe espressioni utilizzate dal portavoce del Ministero della Difesa russo nei confronti di alcuni articoli della stampa italiana. La libertà di espressione e il diritto di critica sono valori fondamentali del nostro Paese, così come il diritto di replica, mantenendosi entrambi dentro canoni di correttezza formali e sostanziali. In questo momento di emergenza globale il compito di controllo e di analisi della libera stampa rimane più che mai essenziale.

Alberto Pento
Se stavano a casa loro era meglio.
https://www.open.online/2022/04/19/covi ... l-segrete/

https://www.fanpage.it/politica/cosa-e- ... -pandemia/

https://www.repubblica.it/politica/2022 ... 342390833/

https://www.corriere.it/politica/22_mar ... b963.shtml

https://notizie.tiscali.it/politica/art ... mbasciate/


IL FATTO PUTINIANO
Niram Ferretti
22 aprile 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 8203746289

I portatori d’acqua di Mosca, in Italia sono molti. Si tratta di una vera e propria struttura parallela che ha addentellati nella stampa, nelle università, tra gli opinionisti. Un esempio per tutti, “Il Fatto Quotidiano”.
Da house organ del Movimento 5 Stelle è, coerentemente passato a house organ del Cremlino. Non c’è giorno che non riproponga la propaganda russa secondo cui la guerra in Ucraina non l’abbia voluta Putin ma sia stata preparata dagli Stati Uniti. Zelensky, oltre che corrotto, alcolizzato e perché no? drogato (nazista non ancora) sarebbe un semplice passacarte di Joe Biden, che lo usa per prolungare una guerra sporca il cui scopo è indebolire Putin sul fronte interno e portare a un regime change. Che Putin abbia iniziato a preparare questa aggressione almeno dal 2014 con l’annessione della Crimea, che abbia teorizzato in modo esplicito nel saggio pubblicato a luglio del 2021 che l’Ucraina non esiste come Stato, ma è da sempre parte della Russia, che non abbia mai nascosto la sua volontà di mandare a gambe all’aria l’ordinamento internazionale post Guerra fredda, che gli Stati Uniti fossero concentrati sull’Indo-Pacifico e sul dossier cinese e non avessero alcun interesse a impegnare le proprie risorse in una guerra europea, tutto questo non ha alcuna rilevanza. Ciò che conta è unicamente la fabula che racconta come la colpa sia solo occidentale. Emblematico, in questo senso, che il giornale abbia subito assunto Alessandro Orsini, perfetto portavoce della sua linea editoriale. Un docente da opera buffa, il quale, proiettato dal cono d’ombra nel quale si trovava all’improvvisa luce del palcoscenico televisivo, non fa che ripetere dall’inizio della guerra che Putin vincerà e che dunque è perfettamente inutile che l’Ucraina si difenda, che la Nato è cosa iniqua, che la colpa del prolungamento della guerra è solo nostra. Si tratta di un utile idiota così sopra le righe da essere persino caricaturale, ma ciò non gli impedisce di essere presentato come qualcuno che dice cose degne di essere ascoltate.
Se un livello di propaganda così grossolano riesce a fare breccia, significa che i nostri anticorpi sono deboli, e lo sono perché in questo paese l’antiamericanismo ha sempre avuto un largo seguito, a sinistra come a destra (sempre più oggi a destra, in un suo generale smottamento iperpopulista e nostalgico dell’uomo forte), e in una parte assai cospicua del mondo cattolico, sia quello progressista, il maggioritario, sia quello reazionario.
La guerra in Ucraina, la più grave aggressione nei confronti di un paese, dalla fine della Seconda guerra mondiale, l’ha riportato prepotentemente a galla. La feccia che risale il pozzo e ci sommerge.


I gemelli eterozigoti!

Agli adoratori di Putin ricordo che questo criminale del Cremlino non è Gesù Cristo ritornato sulla terra:
https://it.wikipedia.org/wiki/Seconda_venuta



L'intellettuale: "L'Ucraina vuole avvicinarsi alla libertà di scelta, dal pensiero al sesso"
"L'Occidente non sia il nemico di se stesso: è il mondo migliore"
Luigi Mascheroni
22 Aprile 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1650606641

La guerra in Ucraina non è solo l'aggressione di uno Stato libero e democratico da parte di uno Stato che libero e democratico non è. È anche la violenta contrapposizione fra un popolo che rivendica i valori del mondo democratico e un'autocrazia che odia l'Occidente, la sua identità e la sua cultura. Lo ha ribadito ieri sulle pagine del Giornale Marina Berlusconi. E lo conferma Pierluigi Battista, intellettuale non militante, ferocemente critico contro tutti gli autoritarismi, bipartisan nello stigmatizzare la sinistra e la destra illiberali.

La guerra ha smascherato una verità per alcuni fastidiosa: che il sistema occidentale, per quanto indebolito, è l'unica opzione possibile.

«No, non possibile. È l'unica opzione desiderabile. Noi che siamo cittadini di un Occidente libero e democratico dobbiamo essere consapevoli che viviamo nella parte del mondo dove è meglio vivere. Dove c'è la maggiore possibilità di esprimersi, dove la ricchezza non è concentrata in poche oligarchie, dove è possibile criticare, contestare, manifestare. E nello stesso tempo dobbiamo ricordarci che tali risultati libertà e benessere - non sono prodotti del caso, ma di processi culturali lunghi, sofferti e cruenti».

La libertà e la democrazia la Storia non te li regala: li paghi coi secoli e il sangue.

«Certo. Ma alla fine siamo diventati quello che siamo, e che altri popoli vorrebbero essere. E infatti a un certo punto molti Paesi dell'Europa dell'Est, come l'Ungheria o la Cecoslovacchia, che erano stati risucchiati nell'orbita di un pianeta dove erano oppressi, hanno cercato la strada verso l'Occidente».

Come ora l'Ucraina.

«Che vuole avvicinarsi a un mondo libero, in cui si può scegliere cosa pensare e cosa consumare, dove le donne sono emancipate, il voto è libero e i governi non sono totalitari. L'Ucraina capisce la differenza. Alcuni di noi non sempre».

Da qui i distinguo sulle ragioni e i torti della Russia, i j'accuse contro la Nato, la fascinazione per lo Zar

«Tra le libertà dell'Occidente c'è anche quella di criticare se stesso, diceva Lucio Colletti. Ed è giusto così. Come è giusto il pluralismo delle voci, come è giusto rifiutare la pretesa di incarnare la Verità. Insomma: si possono fare tutte le autocritiche possibili, ma dobbiamo anche capire che dall'altra parte c'è un leader, Putin, che ha come ideologo il Patriarca della Chiesa ortodossa Kirill, il quale dice che la Russia è intervenuta in Ucraina per scacciare Satana... Il dissenso si può accettare, le follie e la menzogna no. Dovremmo tornare all'idea che il sistema in cui la parola, la cultura, la sessualità e il dissenso sono liberi, è l'unico che vale la pena difendere».

Dovremmo. Ma...

«Ma purtroppo, davvero, l'Occidente a volte è il peggior nemico dell'Occidente stesso. E quando la critica non è più critica legittima del proprio mondo ma delegittimazione di tutto ciò che siamo e siamo stati, allora ecco il delirio della cancel culture, che condanna la storia dell'Occidente senza capire che è proprio per via di quegli errori e di quegli orrori che oggi la nostra è la parte del mondo in cui c'è più ricchezza, meno razzismo, la donna è più tutelata, le arti sono più libere L'Occidente non deve solo fare di esami di coscienza, ma anche confronti con altri mondi».

E invece di cancellare le intolleranze di oggi si vogliono cancellare quelle di ieri.

«In maniera unidirezionale, poi. Mai sentito uno di quelli che vuole usare lo schwa denunciare chessò? la lapidazione nei Paesi islamici o prendere le parti degli omosessuali palestinesi che da Gaza scappano in Israele. Serve una battaglia cultuale per ribadire chi siamo e che il nostro mondo, imperfetto quanto si vuole, è preferibile agli altri. Altrimenti non si capirebbe perché le correnti migratorie puntano in Europa o negli Usa, e non verso la Russia Chi vuole entrare in Occidente non cerca solo il benessere materiale, ma anche una società più libera e pluralista. Cosa che ai filo-putinisti non piace».

Chi sono i filo-putinisti?

«Da una parte è la destra illiberale: un pezzo del mondo che ruota attorno a Salvini o a Marine Le Pen, cosa che poi spinge molti a scegliere con rassegnazione Macron... E dall'altra la sinistra illiberale costituita dai nostalgici dell'Urss e dall'Anpi, una associazione partigiana senza più partigiani che non capisce il valore della Resistenza ucraina... Insomma la sinistra ancora legata alla mitologia comunista che non ha digerito il crollo del Muro. In un caso come nell'altro la difesa dei valori occidentali si ferma davanti alla fascinazione irresistibile per l'autoritarismo. Come se i modi sbrigativi di Putin siamo preferibili alle complicazioni naturali della democrazia».

Al fascino per quella Russia a volte si affianca il fascino per certa Cina

«A cui è ancora più difficile resistere: lì si sommano autoritarismo e sviluppo economico. La Russia ha gas e petrolio; la Cina il dominio dei mercati e il 5G».


Alberto Pento
La libertà di sesso ha dei limiti nel rispetto degli altri, della vita, dei bambini, del buon senso, dell'etica e del fatto che i figli sono fatti dall'amore di una donna e di un uomo e non da due donne o da due uomini.



LA GUERRA IBRIDA DI PUTIN IN ITALIA

Umberto Mosso
30 aprile 2022
https://www.facebook.com/umberto.mosso. ... 9774290737
L’opinione pubblica italiana è sottoposta da anni ad una incessante campagna filorussa, cioè filoPutin, da parte di alcune reti televisive, giornali, siti web, singoli giornalisti e così detti esperti, che hanno indotto in una parte del pubblico alcune convinzioni sbagliate sulla realtà dei fatti accaduti in Ucraina dal 2014 fino ad oggi.
Non sappiamo se questa opera di disinformazione sistematica sia direttamente collegata alle azioni messe in campo dal Cremlino nell’ambito della sua, così detta, guerra ibrida. Sappiamo, tuttavia, che questo tipo di guerra è in atto, in particolare in Italia, secondo una dottrina illustrata dal generale Gerasimov all’Accademia delle Scienze militari di Mosca nel 2013.
La guerra ibrida mira a formare una opinione pubblica occidentale favorevole alla politica di Putin, attraverso la diffusione di false informazioni politiche, storiche e scientifiche.
I canali principali della guerra ibrida non sono solo i siti ufficiali o vicini al Cremlino, o profili social dichiaratamente filorussi. Ciò che conquista di più la buonafede del pubblico sono le prese di posizione che, partendo da una analisi apparentemente obbiettiva, portano a conclusioni favorevoli alle tesi russe, creandone consenso. Oppure opinioni critiche sull’operato dei governi occidentali per creare disorientamento e divisioni nelle loro società.
Per questo si “comprano”, in molti modi, interi partiti o correnti di essi, anchorman/woman, giornalisti, opinionisti ed esperti. Oppure si conta sull’autonomo volontariato ideologico di alcuni di questi, convinti di espletare così la loro militanza politica.
Le menzogne, soprattutto se ben confezionate professionalmente, sono sempre state più convincenti delle verità. Perché queste ultime sono più complesse da cercare e comprendere.
La verità non esce in barca col mare buono, più spesso si trova sfidando il mare in tempesta che non tutti hanno la voglia o il coraggio di affrontare.
La menzogna è più facile da confezionare, non solo perché, per darle credibilità, basta partire da un paio di cose vere e poi stravolgerne il significato, ma soprattutto perché è rivolta a persone che sono predisposte ad accoglierla. Il bugiardo è come una colla speciale che salda solo certe superfici, non altre.
Faccio un esempio pratico su un paio di cavalli di battaglia della guerra ibrida di Putin.
Quante volte abbiamo sentito dire che la rivolta di Euromaydan del 2014 a Kyiv fu un colpo di stato ordito dagli Usa che ha portato a governi illegittimi, compreso quello attuale di Zelensky? Niente di più falso.
Quante volte è stato ripetuto, da presunti esperti e noti corrispondenti, che il governo e l’esercito ucraino hanno sottoposto le popolazioni russofone del Donbass ad ogni sorta di repressione brutale, culturale, politica e fisica, tale da giustificare l’intervento a loro difesa della Russia, l’annessione della Crimea e ora la guerra?
Per accertare la verità dei fatti ha svolto accuratissime e documentate indagini, concluse proprio in questi giorni, l’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa alla quale aderiscono 57 paesi, compresa la Russia.
Migliaia di osservatori di tutti i paesi hanno girato in lungo e in largo in Ucraina e soprattutto nelle regioni del Donbass raccogliendo e documentando prove e testimonianze dirette sulle violazioni dei diritti umani denunciate da entrambe le parti. Senza fare sconti a nessuna, dunque non tacendo neanche su quelle di parte ucraina.
A differenza del governo ucraino, che non ha posto agli osservatori Osce alcuna limitazione, nelle repubbliche autoproclamate filorusse limitazioni ci sono state, come l’impedimento a visitare le carceri e parlare coi prigionieri. Alcuni giorni fa i separatisti hanno arrestato senza alcun motivo alcuni funzionari Osce.
I report di lavoro e le risultanze dell’indagine Osce sono pubblicate sul sito https://www.osce.org/it/
Si tratta di informazioni documentate scrupolosamente che smontano le falsità sulla repressione delle popolazioni ucraine russofone, che infatti oggi resistono assieme ai non russofoni, e denunciano la natura autoritaria e violenta dei regimi separatisti fantocci di Putin.
Tuttavia in Italia si dà spazio alle menzogne dei vari Orsini, Santoro, Capuozzo, Vauro, Belpietro, Berlinguer, Travaglio, Borgonovo, Castellina, Montanari, come se si trattasse di opinionisti indipendenti, mentre non si da notizia dei risultati dell’indagine Osce, evidentemente considerata dagli amici di Putin condizionata dagli Usa.
Il fatto è che questi signori non sono in grado di contestare nel merito i risultati dell’Osce. Quando ci provano riescono solo a fare orride figure come accaduto sui fatti di Bucha.
Chi spaccia menzogne ha mercato tra i tossicodipendenti dalle menzogne, che cercano solo le informazioni che confermino i loro pregiudizi. Consumatori finali di falsità, vittime della guerra ibrida di Putin, appunto.


QUESTA FRAGILE DEMOCRAZIA
di Angelo Panebianco, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
5 maggio 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 8719604904

Le ragioni della fragilità delle istituzioni democratiche in generale e di quelle italiane in particolare sono ben rappresentate dal seguente ragionamento tautologico: «La democrazia vive fin quando la maggioranza dei cittadini sceglie, liberamente, di appoggiare leader democratici. Se, altrettanto liberamente, i cittadini scelgono di dare il loro consenso a leader non democratici la democrazia muore».
Si considerino i risultati di un recente sondaggio secondo cui il 35,7 per cento degli italiani parteggia per Putin anziché per gli ucraini e per l’Occidente. I sondaggi, naturalmente, danno solo delle indicazioni di massima e, inoltre, bisogna ricordare che le risposte sono sempre influenzate dal modo in cui sono confezionate le domande. Anche scontando tutto ciò, e anche ipotizzando che una parte di coloro che si sono espressi in questa maniera non disponga di convinzioni profonde e possa facilmente mutare opinione, resta che un trenta per cento almeno dei nostri connazionali la pensa così. Ma simpatizzare con Putin nel momento della guerra di aggressione all’Ucraina non è come esprimere, in tempi normali, un’innocua preferenza per l’uno o l’altro dei leader stranieri. È invece qualcosa di molto inquietante. Significa che una forte minoranza di italiani è schierata contro le democrazie occidentali, preferisce la tirannia alla democrazia o, per lo meno, non vede differenze. Una forte minoranza che un giorno potrebbe rappresentare, circostanze permettendo, la base di massa per qualche nuova avventura autoritaria.
Così tutto si spiega. Per esempio, si spiega perché molti talk show televisivi, per non parlare dei social, diano un così grande spazio a putiniani dichiarati e a cripto-putiniani fintamente pacifisti. Lo spazio che hanno è grande perché lo è anche il loro pubblico di riferimento. Questi putiniani e cripto-putiniani ne sono gli «intellettuali organici», rappresentano e articolano le idee degli italiani che rifiutano la democrazia in versione occidentale. E si spiega così anche il fatto che i Conte, i Salvini, eccetera, cerchino di fare leva su queste propensioni di una parte dell’opinione pubblica. Oltre che sulle paure e le incertezze inevitabilmente presenti in un tornante della storia così drammatico.
Non bisogna cadere nella trappola di ragionare nello stesso modo in cui ragionano i partigiani nostrani di Putin. Come ha osservato Ernesto Galli della Loggia ( Corriere del 30 aprile), costoro trattano gli ucraini da pupazzi degli americani e fanno finta di non sapere che la Polonia e gli altri Paesi ex comunisti non entrarono nella Nato perché costretti dalla volontà di dominio degli Stati Uniti. Così come gli ucraini non sono le marionette di nessuno, combattono per la loro libertà, i Paesi che entrarono nella Nato lo fecero perché i loro cittadini volevano essere protetti dalle possibili minacce di un eventuale, risorgente, imperialismo russo (che è poi puntualmente risorto). In quel trattare le persone da pupazzi, da fantocci manovrati (in questo caso, dagli americani) c’è, in realtà, coerenza: chi detesta la democrazia, chi preferisce la tirannia, assume questa posizione perché crede che le persone comuni non siano in possesso di una autentica capacità di pensare e di volere. Solo chi apprezza la democrazia accetta tale presupposto. È proprio per questa ragione che non bisogna commettere l’errore di pensare che quel trenta per cento di putiniani dichiarati sia tale perché manovrato da politici, che il putinismo, semplicemente, sia stato loro inculcato da quella parte della politica italiana che da anni amoreggia con Putin. Non è così. Anzi, è vero il contrario. Quei politici esistono perché il Paese è fatto così, perché i sentimenti antidemocratici sono sempre stati presenti e diffusi in Italia. Pensare il contrario significherebbe sopravvalutare la capacità della politica di influenzare le convinzioni del pubblico, trattare, per l’appunto, quei nostri connazionali da pupazzi manovrabili a piacere. Non lo sono. La loro presenza è spiegata dalla storia del Paese. Forti correnti antidemocratiche lo hanno sempre percorso. È in realtà un miracolo che la democrazia, malandata quanto volete, sia riuscita a sopravvivere, pur contrastata da quelle correnti, per così tanto tempo, dagli anni Quaranta dello scorso secolo ad oggi. Bisogna semplicemente accettare l’idea che, senza essere i pupazzi di nessuno, tanti nostri connazionali detestino la democrazia liberale.
Non penso che sia (più) una questione di destra e sinistra. Sia se si osserva il mondo politico sia se si considerano i putiniani da talk show, comunque si definiscano (di sinistra o di destra), essi pescano nello stesso stagno, hanno lo stesso pubblico di riferimento. Anche l’antiamericanismo (no alla guerra per dire in realtà no agli Stati Uniti) non è più monopolio di una vecchia sinistra in disarmo. È un atteggiamento trasversale, non più ingabbiato negli antichi schieramenti. È piuttosto un modo, forse il più appariscente, con cui si manifesta una diffusa mentalità antidemocratica e antioccidentale.
Non intendo dire che, necessariamente, tutti coloro che risultano dal sondaggio putiniani dichiarati siano, per così dire, perduti per la causa della democrazia. A una parte di loro, i più tiepidi, occorre certamente parlare. Fidando nel fatto che la democrazia dispone di buoni argomenti. Ma di sicuro esiste anche una parte composta da irriducibili. Questi non li può convincere nessuno. Non c’è, obiettivamente, molto da discutere con chi, scientemente, preferisce la tirannia. Si può solo tentare di sbarrargli la strada, di impedire, con i mezzi leciti che la democrazia mette a disposizione, che i suoi rappresentanti prendano il potere. Da questo punto di vista l’Italia non è messa molto bene. Arginare gli antidemocratici non sarà facile. Se, ad esempio, si pensa agli schieramenti politici in campo si può temere che dopo le prossime elezioni, qualunque coalizione governi, lo possa fare solo accettando un bel po’ di putiniani nelle proprie fila. Con riflessi pesanti sulla politica estera del Paese. L’Italia sarà ancora coerentemente filo-atlantica dopo le elezioni del 2023? È lecito, al momento, avere qualche dubbio. E si ricordi che se e quando cambia la politica estera è improbabile che non ci siano ricadute, cambiamenti all’interno, nella vita pubblica del Paese.
Forse sopravviveremo alla minaccia di guerra nucleare che Putin lancia a giorni alterni. Ma dovremo anche imparare a costruire argini e barriere. Per impedire agli amici dei tiranni di prendere a bastonate questa fragile democrazia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mag 05, 2022 8:14 am

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mag 05, 2022 8:14 am

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » ven mag 06, 2022 8:21 pm

9)
La Russia internazi comunista dell'URSS non ha sconfitto il nazifascismo perché essa stessa era ed è ancora oggi nazifascista.
A suo tempo ha solo combattuto assieme agli alleati contro il nazifascismo tedesco e italiano di cui prima era alleata, nazifascismo italo tedesco che è stato sconfitto principalmente dagli alleati e solo grazie al fondamentale contributo degli USA.
La Russia di ieri dell'URSS e quella di oggi di Putin è una delle fonti principale che alimenta il nazifascismo nazista, comunista e maomettano del Mondo intero
.


Che l’URSS abbia dato un contributo importantissimo alla sconfitta del nazismo, e che abbia pagato un prezzo di sangue mostruoso è verità storica.
Giovanni Bernardini
6 maggio 2022

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 7900555741

Che l’URSS abbia dato un contributo importantissimo alla sconfitta del nazismo, e che abbia pagato un prezzo di sangue mostruoso è verità storica.
Però…
Però il prezzo di sangue è stato altissimo anche perché Stalin ha condotto la guerra senza prestare la minima attenzione, né cercare di contenere, le sofferenze del suo popolo.
Però l’URSS ha favorito lo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel 1939 Stalin si è di fatto alleato con Hitler spartendosi con lui la Polonia. Alla fine del 1939 ha attaccato la Finlandia. Fino all’estate del 1941 l’URSS ha fornito alla Germania nazista materie prime indispensabili allo sforzo bellico.
Però i paesi “liberati” dall’armata rossa si sono visti imporre una dittatura spietata. E sono di fatto diventati colonie europee della Russia sovietica.
Vorrei fare qualche piccola domandina a quegli pseudo liberali che in questi giorni si sono scoperti amici di Putin o “equidistanti” fra Russia ed Ucraina.
Pensate sia un caso che questi tardo comunisti staliniani organizzino e pubblicizzino al massimo manifestazioni per la vittoria proprio ORA, mentre la Russia è impegnata a massacrare il popolo ucraino?
Pensate sia causale quella grande Z che campeggia sul loro manifesto?
Pensate davvero che sbaglino nel loro parallelo fra la vecchia Unione sovietica e l’attuale Russia di Putin?
Meditate gente, meditate...

Henio Machnik
Come sono felice, che non ho mai pensato di trasferirmi in Italia. In Polonia è severamente vietato esporre i simboli di nazismo e del comunismo. In Italia ancora oggi si fa le feste per ricordare l'Armata Rossa, è una vergogna. Avete ancora a Torino Corso della Unione Sovietica?

Corrado Magnone
Henio Machnik purtroppo lo abbiamo ancora, sì. E l'ho sempre trovato scandaloso. Vede, l'Italia è stata invasa dai Nazisti ma non dai Sovietici. Abbiamo conosciuto in prima persona gli orrori dei primi, ma non dei secondi: pertanto molti hanno potuto idealizzare l'URSS, standosene al calduccio in un Paese liberale. Oltretutto, i comunisti fecero parte dei partigiani antifascisti e quindi si sono guadagnati un posto al sole. Chi invece ha subito entrambi i regimi (come i Polacchi) giustamente li respinge entrambi. Ai filosovietici e filoputiniani servirebbe un periodo di tirocinio da residenti nella loro amata Russia, chissà se poi cambierebbero idea...

Alis-Daniela Ghita
Henio Machnik anche în Romania è vietato per leggere esporre i simboli del nazismo e del comunismo.e si,io mi sono trasferita in Italia tanti anni fa e non riesco ancora a capire come un paese democratico ed occidentale può avere atteggiamenti di venerazione quasi verso la Russia.E quando cammino in Via Stalingrado mi viene il vomito....

Kirt Gersen
Come sanno bene i Paesi dell'Europa del'est, l'Unione Sovietica non ha mai "liberato" nessuno. Ha solo sostituito un mostruoso regime criminale con un altro orripilante regime criminale. Il Italia, putroppo, ci siamo sia alleati con il primo regime, sia in larga misura bevuti la propaganda ideologica del secondo. La nostra scarsa cultura liberal-democratica è infatti ben visibile ancora oggi ... e non solo nelle locandine politiche di paese.



LA GRANDE GUERRA PATRIOTTICA
Giovanni Bernardini
9 maggio 2022

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 6863022178

Oggi grande parata della vittoria a Mosca, ed il mondo aspetta di sapere ciò che dirà Putin. Io non mi faccio illusioni, ma… vedremo.
Intanto val la pena di sottolineare la perfetta continuità in tema di celebrazioni fra la Russia di Putin e la vecchia Unione Sovietica.
Oggi la Russia celebra la vittoria sul nazismo, ma tutti sanno che quella vittoria fu conseguita non dalla Russia, ma dall’URSS di Giuseppe Stalin, che, a detta di qualche inguaribile ottimista, sarebbe stata cosa del tutto diversa dalla Russia attuale.
Però nella Russia di oggi, fra il clamore delle celebrazioni, non si fa il minimo accenno alle numerose ombre che gravano sulla vittoria conseguita dall’URSS nella grande guerra patriottica.
Non è mia intenzione fare lunghi discorsi, tralasciando molte cose mi limito telegraficamente a pochi punti.
1) Le responsabilità gravissime dell’Unione sovietica nello scoppio della seconda guerra mondiale. Quello stipulato fra Molotov Ribbentrop non fu un semplice patto di non aggressione. Fu una autentica alleanza. Germania e URSS si divisero la Polonia, Hitler diede a Stalin il permesso di annettersi gli Stati Baltici, dal settembre 1939 al giugno del 1941 l’Unione Sovietica commerciò allegramente con la Germania, fornendole gran quantità di materie prime indispensabili allo sforzo bellico.
2) Katyn, il massacro di miglia di ufficiali polacchi e di una parte importante della classe dirigente polacca. Massacro effettuato a freddo, dopo che la Polonia era stata sconfitta, quindi in una situazione di “pace”, e negato per decenni.
3) L’aggressione sovietica alla Finlandia alla fine del 1939.
4) La cosa forse più orribile di tutte: la sorte infame riservata ai prigionieri di guerra russi al loro ritorno in patria. Lo scrive un grande russo: Aleksandr Solzenycin: in tutti i paesi i prigionieri di guerra liberati vennero accolti a braccia aperte, festeggiati da folle esultanti. In Unione Sovietica no. Per Stalin chi era caduto prigioniero dei tedeschi era un probabile “traditore”. I prigionieri di guerra tornati in Unione sovietica (moltissimi lo fecero A PIEDI) furono reclusi in campi di smistamento e controllo, le loro pratiche attentamente esaminate a decine di migliaia vennero spediti in Siberia, a lavorare a 30 o 40 gradi sottozero. Un numero enorme di sventurati passò dai lager nazisti ai gulag staliniani, un crimine orrendo.
Chi comanda oggi in Russia ha steso una cortina di silenzio su queste ombre che gravano sulla “grande guerra patriottica”. La vittoria viene esaltata come se non ci fosse differenza alcuna fra l’URSS di ieri e la Russia attuale. Putin rivendica per intero l’eredità di Stalin vittorioso, senza prestare la minima attenzione a quanto di ripugnate esiste in quella eredità.
Eppure in Italia ci sono sedicenti “liberali”che continuano a sostenere la tesi di una radicale discontinuità fra la vecchia Unione Sovietica e la Russia di Putin.
Non riesco a capire se sono ignoranti o in malafede. Il risultato comunque non cambia.



Putin e il 9 maggio, il presidente russo oggi celebrerà un falso storico: ecco perché
Carlo Nordio
9 maggio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/putin ... 76645.html

Non sappiamo se durante la sfilata di oggi Vladimir Putin annuncerà vittorie, proferirà minacce, o farà entrambe le cose. Ma in ogni caso rievocherà l’epilogo della seconda guerra mondiale e dirà ai russi che i tedeschi furono battuti esclusivamente da loro. Una tesi falsa e quasi ridicola, perché se è vero che l’Armata Rossa si batté con estremo valore ed ebbe circa sette milioni di morti, è altrettanto vero che il contributo degli angloamericani alla sconfitta di Hitler fu più determinante di quello di Stalin. Non solo. Mentre a Churchill va riconosciuto il merito di aver tenuto alto il vessillo della democrazia nell’ora più buia, a Stalin va la colpa di avere facilitato, se non addirittura determinato, lo scoppio del conflitto. Su queste conclusioni ormai la gran parte degli storici è sostanzialmente d’accordo. E provo a riassumerli in tre punti.

Primo, la responsabilità politica. Con il trattato di Versailles del 1919 i confini dell’Europa centrale erano stati ridisegnati, e alcuni territori abitati prevalentemente da popoli di lingua tedesca erano stati attribuiti ad altre nazioni, come la Cecoslovacchia e la Polonia. Assunto il potere nel gennaio del 1933, Hitler fece quello che sta facendo ora Putin per la Crimea e il Donbass: pretese la restituzione di quelle zone germanofone. Prima rimilitarizzò la Renana, poi invase l’Austria, e nel 1938, con la codarda abdicazione a Monaco di Chamberlain e del suo “appeasement”, si prese i Sudeti. Violando questo stesso accordo, dopo qualche mese entrò anche a Praga. Poi si riposò, per rafforzare l’esercito, e l’anno successivo avanzò le pretese su Danzica. Solo allora le democrazie occidentali capirono che l’appetito del dittatore era insaziabile, e lo avvertirono che l’invasione della Polonia avrebbe significato la guerra. Hitler esitò, perché temeva le reazione dell’Urss: una guerra sui due fronti era quello che temeva di più. Ed ecco la colpa di Stalin. Invece di sostenere Francia e Gran Bretagna, lo spregiudicato georgiano stipulò, il 23 agosto 1939, il patto di non aggressione con Berlino, con un accordo sottostante che prevedeva l’ennesima spartizione della Polonia. Ed infatti una settimana dopo la Wehrmacht avanzò su Varsavia da tre direzioni. La Russia attaccò da est il 17 settembre.

A METÀ STRADA
La svastica e la bandiera rossa si incontrarono a metà strada e si divisero il bottino. I nazisti cominciarono la caccia agli ebrei, e i comunisti massacrarono a Katyn oltre ventimila dirigenti polacchi, prevalentemente ufficiali dell’esercito sconfitto. Chi oggi critica l’ingresso della Polonia nella Nato farebbe bene a rileggersi quelle pagine di crimini. Per sovrapprezzo, Stalin si mangiò anche Lettonia, Estonia e Lituania, e attaccò la Finlandia. Rassicurato dal suo degno compagno, Hitler nel maggio del 1940 attaccò la Francia e in giugno entrò a Parigi. Stalin si congratulò con lui, e i partiti comunisti occidentali, compresi quelli clandestini perseguitati dai fascisti, plaudirono alla sconfitta dei «capitalisti plutocrati». Non sappiamo se, senza quell’accordo, Hitler avrebbe comunque scatenato la guerra. Ma sappiamo che la scatenò subito dopo averlo firmato.
Secondo, l’aspetto militare. Qui è perfettamente vero che la grande massa dell’esercito tedesco fu impiegata contro i sovietici e logorata dalla loro eroica resistenza. L’invasione dell’Urss nel giugno del 1941 vide la partecipazione di oltre 150 divisioni, che annientarono in poche settimane intere armate sovietiche con centinaia di migliaia di caduti e di prigionieri. L’abilità dei feldmarescialli di Hitler fu comunque assecondata dalla crudeltà di Stalin, che negli anni precedenti aveva fatto fucilare i suoi migliori generali, e dalla sua ostinazione a respingere gli avvertimenti sui preparativi di Hitler.

DA CIELO E MARE
Tuttavia la seconda guerra mondiale si svolse su un teatro gigantesco che va valutato nel suo complesso, senza limitarsi alle steppe bielorusse e ucraine. La Gran Bretagna dominò i mari, e bloccò i rifornimenti alla Germania di fondamentali materie prime, a cominciare dal carburante, e inflisse alla Wehrmacht la prima bruciante sconfitta a El Alamein. Con l’ingresso degli Stati Uniti le città e le industrie tedesche furono rase al suolo da migliaia di bombardieri, riducendo le capacità produttive e paralizzando le comunicazioni. Infine, dopo gli sbarchi in Italia e soprattutto in Normandia, Hitler dovette ritirare dal fronte russo forze cospicue, facilitando le offensive di Zukov e di Konev. Nel giugno del ‘44 le migliori divisioni delle Waffen SS e della Wehrmacht stazionavano in Francia, e nell’autunno di quell’anno l’intero sforzo bellico tedesco fu concentrato nell’imminente offensiva delle Ardenne. Non solo. Mentre i paracadutisti americani gelavano nell’assedio di Bastogne, centinaia di migliaia di fanti e di marines combattevano da soli contro i giapponesi, assistiti da un numero impressionante di navi e di aerei. Se Stalin poté impiegare in Europa anche le truppe siberiane, fu proprio perché il Giappone, occupato a fronteggiare gli Usa, aveva stipulato con lui una conveniente neutralità.

AIUTI DETERMINANTI
Terzo, e più importante di tutti, gli aiuti. A settembre del 1941 l’Urss aveva perduto quasi tutto il suo equipaggiamento militare, e questo fu ricostituito in gran parte dalle forniture gratuite degli angloamericani. Subito dopo l’aggressione di Hitler, infatti, gli inglesi apprestarono, con gravissimi rischi e ad altissimo prezzo, i convogli artici che rifornirono Mosca di armi, trasporti e generi alimentari. In complesso arrivarono oltre cinquemila carri armati, decine di migliaia di veicoli e milioni di tonnellate di munizioni e di grano. Ma l’aspetto più interessante, proprio perché più attuale, è che nel settembre del ‘41 gli Stati Uniti erano ancora neutrali, e continuarono ad esserlo fino a dicembre, quando la Germania dichiarò loro guerra dopo l’attacco a Pearl Harbor. Chissà se oggi Putin si ricorderà che rifornire di armi un paese aggredito non significa per ciò stesso entrare in guerra con l’aggressore.

Concludo. Sarebbe bello se la parata del 9 maggio rendesse onore ai russi, e agli stessi ucraini che combattevano sotto la medesima bandiera, per avere sconfitto la belva nazista accanto agli americani, agli inglesi e alle altre forze alleate. E sarebbe bello se Putin, tra una devota candela e una patriottica omelia del patriarca moscovita, esaltasse il principio della libera autodeterminazione dei popoli e della intangibilità delle frontiere. Ma non lo farà. Al contrario, temiamo che con il suo discorso smentirà la stessa ragion d’esser di questa celebrazione. Ed esaltando la memoria dei soldati di ieri, morti per difendere la Santa Madre Russia, in realtà ne oltraggerà la memoria, perché i suoi soldati di oggi stanno combattendo per sopprimere l’indipendenza dell’Ucraina, e uccidere chi difende i confini della propria Patria.


Alberto Pento
Mi pare che vi siano degli errori, delle imprecisioni e delle approssimazioni nell'analisi di Nordio e alcuni di questi si trovano al primo punto e riguardano il paragonare la ridivisione dei confini europei dopo la sconfitta della Germania e dell'Impero austroungarico nella Prima guerra mondiale che attribuiva alcune aree germanofone ad altri paesi sottraendole alla Germania (Renania, Austria, Danzica) con la situazione geopolitica dei territori dell'ex URSS alla dissoluzione dell'URSS.
Innanzi tutto la germanofonia non è un tratto sufficiente a determinarne l'identità tedesca delle aree e delle popolazioni, poi l'Austria non era Germania ma Austria che non era mai stata tedesca caso mai parte della Germania la Baviera era stata dominio o possesso austriaco; poi per i territori dell'URSS alla dissoluzione di questa, nel caso dell'Ucraina (Crimea e Donbass) queste aree non sono frutto di suddivisioni/attribuzioni territoriali successive alla dissoluzione dell'URSS ma concernono dati di fatto politico amministrativi esistenti già nell'URSS come nel caso dell'Ucraina che poi trovano ulteriore legittimazione nel referendo per l'indipendenza in qui le popolazione di questi territori hanno votato a maggioranza per l'indipendenza dalla Federazione russa.


“Nel corso degli ultimi 20 anni nella Russia di Putin è stato costruito un autentico culto del 9 maggio, il «giorno della vittoria».
Di Yulia Latynina
08 Maggio 2022
La Stampa
https://www.facebook.com/alessandra.cas ... 4447923982

“Nel corso degli ultimi 20 anni nella Russia di Putin è stato costruito un autentico culto del 9 maggio, il «giorno della vittoria». Non ha nulla a che vedere con la storia reale della Seconda guerra mondiale. Si tratta appunto di un culto, il cui postulato principale è: «Il popolo russo è Gesù Cristo, che si è sacrificato per l’umanità intera e ha liberato il mondo dall’incubo nazista. Il mondo ingrato – gli americani, i britannici, i polacchi, gli estoni, gli ucraini e altri – non lo riconosce e non si inchina al popolo russo, perciò vanno puniti». Questo culto non è rivolto al passato, ma al presente. Serve per giustificare qualunque atto orribile nei confronti del mondo che non riconosce e non apprezza il sacrificio del soldato russo.
Di fatto, è il culto del nuovo totalitarismo russo, la cui ideologia è estremamente semplice: i russi sono la nazione più buona, più disposta a sacrificarsi, la più umana. Chi non lo riconosce è un nazista. E i nazisti vanno sterminati, fino all’ultimo, senza pietà. Stalin aveva combattuto in Ucraina i nazisti e i seguaci di Bandera, come fa oggi Putin. Putin è il secondo Stalin. Possiamo replicare, come promette lo slogan della propaganda.
Questo culto è impossibile da combattere senza una revisione abbastanza radicale dei cliché propagandistici sopravvissuti in Occidente dai tempi in cui il «zio Giuseppe» era alleato degli Usa e della Gran Bretagna nella guerra contro Hitler, e i politici, i giornali e il cinema americani si facevano in quattro per presentare gli alleati in una luce migliore, dimenticando che nei primi due anni della Seconda guerra mondiale Stalin era un alleato di Hitler, e che la guerra era iniziata una settimana dopo la firma del patto Molotov-Ribbentrop. La storia vera della Seconda guerra mondiale è un’altra: Stalin stava progettando una guerra per sottomettere tutto il mondo, che si sarebbe conclusa soltanto quando l’ultima repubblica sovietica dell’Argentina fosse entrata nell’Urss. Aveva iniziato a progettarla molto prima dell’arrivo al potere di Hitler. In nome di questa guerra, l’intera Urss venne trasformata in una fabbrica di armi. Produceva soltanto armi: carri armati, oppure acciaio per carri, o energia elettrica necessaria a fondere l’acciaio per i carri. Quando iniziò la guerra, Stalin aveva più carri armati BT di tutti gli altri Paesi al mondo messi insieme.
Per pagare questi carri e fabbriche, Stalin costrinse i contadini a entrare nei kolkhoz collettivi, gli tolse i beni e fece morire di fame decine di milioni di persone. La riduzione dei contadini alla miseria ebbe un’altra importantissima conseguenza: umiliati, diseredati e privati di ogni diritto, divennero il ripieno dell’esercito staliniano. La Prima guerra mondiale era stata segnata da battaglie di posizione durate mesi, dovute alla impossibilità di superare le fortificazioni dell’avversario lungo la linea del fronte. Stalin arrivò a una conclusione molto semplice: le fortificazioni andavano distrutte a suon di corpi, e per farlo bisognava costruire un esercito in cui i soldati sarebbero stati una massa impotente, mandati a morire a migliaia, con una struttura di comando separata. I generali americani sbarcavano con le loro truppe. I generali giapponesi combattevano al loro fianco. Guderian e Rommel guidavano le battaglie. I generali sovietici no. Quando i nostri soldati si imbattono in un campo minato, vanno all’attacco come se le mine non ci fossero, spiegò il generale Zhukov a uno stupefatto Eisenhower. Questo trattamento dei soldati si accompagnava a una politica di terrore nei confronti della popolazione locale. La maggior parte del «movimento partigiano» nelle retrovie tedesche, soprattutto in Ucraina, era di fatto un terrorismo degli infiltrati staliniani, diretto non tanto contro i tedeschi quanto contro la popolazione locale.
Gli ucraini sospettati di simpatie verso il movimento nazionalista venivano scuoiati, accecati, sottoposti a torture disumane, le loro famiglie uccise. Ma perfino questo terrore molto spietato ed efficace – che ha poi ispirato i comunisti cinesi e i vietcong – era niente rispetto al bagno di sangue portato poi in Ucraina dall’Armata Rossa. Il soldato della massa, carne da macello dei generali, sfogava la rabbia sui civili, indipendentemente dalla nazionalità. In Germania i soldati sovietici stupravano le russe deportate dai tedeschi, e le prigioniere dei campi di concentramento che avevano liberato.
È su questo piedistallo di ossa, sangue e carne, che Putin ha innalzato il suo culto della Grande guerra patriottica. Già il nome di questa guerra in russo dice tutto. Per i propagandisti russi la Seconda guerra mondiale – iniziata il 1 settembre 1939, con Stalin a fianco di Hitler – non esiste. Nei primi due anni della Seconda guerra mondiale Stalin – in qualità di alleato di Hitler – ha occupato parte della Polonia, la Lituania, la Lettonia, l’Estonia, l'Ucraina Occidentale, parte della Romania e della Finlandia, territori abitati da 23 milioni di persone. La Grande guerra patriottica è invece iniziata il 22 giugno 1941, quando Hitler attaccò Stalin.
Se confrontiamo la strategia e la tattica di Putin con quella di Stalin, noteremo un’indubbia affinità. Putin imita nello stesso tempo Stalin e Hitler. L’esercito di Putin è ancora staliniano. I generali continuano a sprecare le vite dei soldati, che provengono dai ceti più bassi della società. Sottomessi e demotivati, sfogano la loro paura e il loro odio sui civili. Esistono però anche delle differenze. La più scontata è che la base del regime putiniano sono i fake e le ruberie. Perfino il fascismo di Putin è un fake, come tutto quello che fa. Stalin se ne intendeva di armi, aveva costruito più carri armati di tutti gli altri eserciti del mondo messi insieme. La cerchia putiniana ha costruito solo palazzi e yacht. Putin è riuscito a credere alla propria bugia di un esercito potente e armato di meraviglie.
Stalin era stato capace di costruire un’ideologia totalitaria nella quale la gente aveva creduto ed era pronta a dare la propria vita. In Russia i giovani non fanno la coda ai commissariati militari. Infine, Stalin è riuscito ad avere come alleato l’intero mondo libero, che ha aiutato l'Urss a combattere Hitler, chiudendo gli occhi su quello che erano Stalin, il suo regime e il suo esercito. Stavolta il mondo libero sta aiutando l’Ucraina, e nessuno vuole chiudere gli occhi.”



A 10 anni dalla fondazione, i tre capi del Reggimento degli "Immortali" non hanno partecipato alla parata di Mosca per le celebrazioni del 9 maggio: ecco cosa c'è dietro a questa scelta.
Chi sono gli "Immortali" che non hanno partecipato alla parata di Putin
Alessandro Ferro
9 Maggio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/ch ... 1652100904

Durante la parata del 9 maggio che si è da poco conclusa hanno preso parte anche i componenti del "Reggimento Immortale", in pratica figli, nipoti e pronipoti degli "eroi" della Grande Guerra Patriottica che portano con loro le foto in bianco e nero e i ritratti dei loro cari che sono caduti nel campo di battaglia. Gli "Immortali" sono un popolo numerosissimo che comprende milioni di persone sia in Russia ma anche oltreconfine ed è stato istituito dieci anni fa. Il ricordo dei propri familiari e parenti, però, quest'anno è stato sporcato dalla guerra ordinata da Putin nei territori ucraini. È per questa ragione che i fondatori di questo reggimento non hanno sfilato per le vie di Mosca.

"I bisnonni ci avrebbero maledetto"

Sergej Lapenkov, Igor Dmitriev e Sergej Kolotovkin, i tre fondatori, hanno deciso di incrociare le braccia e bloccare una tradizione che loro stessi avevano lanciato con una nobile motivazione. "Purtroppo assistiamo a fenomeni ed eventi che cambiano il significato originario", hanno scritto sul sito web degli Immortali. Possessori anche di Tv2, chiusa lo scorso 4 marzo per le posizioni anti-putiniane e contro le fake news della propaganda russa, i tre soci non ci stanno. "È la nostra posizione. E non è cambiata. Il guaio è che pochi pensano che in Ucraina siano stati gettati, dall'una e dall'altra parte, i pronipoti di coloro che combatterono allora e che oggi chiamiamo Reggimento Immortale. I nostri bisnonni ci avrebbero maledetto per quello che sta succedendo", ha affermato a Repubblica Lapenkov.

Chi ha boicottato la parata

Oltre alla loro protesta, hanno partecipato alla parata ma per esprimere il loro dissenso anche i componenti di Vesna (Primavera), che avevano già mostrato la loro contestazione in diverse maniere tra le quali l'invito ai loro sostenitori di mettere una scritta sotto i ritratti dei propri familiari morti in guerra: "Non hanno combattuto per questo", riferendosi, ovviamente, al conflitto in Ucraina. È chiaro che il Cremlino ha fatto da spettatore attento in questa vicenda e sta già operando le contromosse come l'arresto del coordinatore di Vesna e altri tre attivisti che rischiano fino a 24 mesi di carcere per la "creazione di un'organizzazione senza scopo di lucro che viola i diritti dei cittadini".

"Da vittorioso a aggressore"

Lo storico Jurij Alekseev, veterano in Afghanistan e in Cecenia, senza mezzi termini ha affermato che lo scorso 24 febbraio la Russia "da Paese vittorioso è diventata aggressore. Che metamorfosi. Che cosa ha a che fare con il 9 maggio?", e che questa aggressione è avvenuta in un giorno in cui sono stati messi in bella mostra i vessilli della "denazificazione" "anche se non so come vogliano denazificare gli ebrei, intendo il presidente Zelensky". Se da un lato c'è stato l'orgoglio e la commozione delle famiglie di chi non c'è più, dall'altro lato la Russia oggi non si è preoccupata della "moralità", come l'ha definita Alekseev. Secondo quanto riferito dall'Agenzia russa Novosti, si sarebbero tenute anche a Kherson alcune manifestazioni degli Immortali, città ucraina occupata dai russi.



Dov'è il nazismo e chi è il nazista in Ucraina e in Russia?

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Dove sta il nazismo e chi è il nazista nella questione Ucraina Russia?
Non è difficile e non ci vuole molto per capirlo.
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 1493516620

Dove sta il nazismo e chi è il nazista nella questione Ucraina Russia?
Non è difficile e non ci vuole molto per capirlo.
La Grande Russia imperiale di Putin, come prima quelle degli Zar e dell'URSS è un pericolo per tutta l'Europa, per Israele, per gli USA e l'Occidente e per la stabilità del Mondo intero, per il futuro dell'umanità.
Lo è per la nostra civiltà libera e democratica, lo è per il nostro benessere materiale e spirituale, lo è per l'uomo di buona volontà universale.
Essa è alleata e sostenitrice dei totalitarismi comunista e nazimaomettano, un pericolo mortale, portatrice perenne di conflitto, di miseria, di inciviltà e di disumanità.
Essa è la negazione del cristianismo.



Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo e nazismo in Ucraina e in Russia
e la Russia nazi fascista e comunista, suprematista e imperialista del falso cristiano Putin il violento e criminale dittatore russo
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https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 9263248411


La Russia nazi fascista di Putin
La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria
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Le demenzialità, le menzogne e le calunnie contro gli USA e la NATO
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https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 1061722663
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » ven mag 06, 2022 8:21 pm

Intervista lunga alla nostra preziosa Aleksievic - Premio Nobel, ma bandita in Patria e odiata in Russia.
"Svetlana Aleksievic: nella Russia di Putin vedo il fascismo."
La Repubblica, il Venerdì del 13 maggio 2022, Ezio Mauro
Tatiana Smith

https://www.facebook.com/naiada.incogni ... 7384498032

Svetlana Aleksievic è nata in Ucraina nel 1948 ma è cresciuta e ha vissuto prevalentemente in Bielorussia. Oppositrice del regime del presidente Aleksander Lukashenko, ha trascorso lunghi periodi in esilio ed è dovuta fuggire in Germania nel 2020. Da giornalista e scrittrice ha raccontato le principali vicende dell'Urss e della Russia nella seconda metà del Novecento in una serie di romanzi corali basati su centinaia di testimonianze. Nel 2015 ha ricevuto il premio Nobel per la Letteratura "per la sua scrittura polifonica, un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo" (dalla motivazione). Su sua iniziativa l'editore Bompiani pubblica ora le sue Opere principali in due volumi a cura di Sergio Rapetti con la traduzione di Rapetti e Nadia Cicognini: Guerre (1.040 pagine, 35 euro) e Tornare al cuore dell'uomo (1.104 pagine, 35 euro, in libreria dal 25 maggio). Ecco il suo colloquio con Ezio Mauro
-- Svetlana Aleksandrovna, lei è cresciuta sovietica, è diventata scrittrice di lingua russa, con padre bielorusso e madre ucraina. Come vive oggi il conflitto tra queste quattro nature, entrate in guerra tra di loro?
"Quando ho ricevuto il premio Nobel dissi che avevo due case, perfino tre: la Bielorussia, l'Ucraina e la cultura russa. Ma erano tempi completamente diversi, e tutti noi eravamo sotto l'influsso grandioso della cultura russa, sentivamo tutto il suo incanto, mentre oggi sembra di essere in un altro mondo. Dobbiamo domandarci, e domandare all'intera élite russa, perché la cultura del Paese è divenuta impotente, perché non aiuta in questa situazione tragica, perché le persone non si rivolgono alla parola della cultura, e non la ascoltano, e invece ascoltano soltanto la televisione".
-- Che cosa è successo?
"Me lo chiedo ogni giorno. Lei sa che si parla sempre della 'misteriosa anima russa', nel Diciannovesimo secolo era un modo di dire molto comune. Oggi, dov'è finita quell'anima? Le faccio un solo esempio che mi ha colpito di recente. I servizi segreti ucraini effettuano continuamente intercettazioni delle conversazioni dei soldati russi con i loro genitori, le loro famiglie. Ed ecco che un soldato russo telefona alla moglie, e la informa: 'Noi qui stiamo rubando, stiamo facendo sciacallaggio. Io non ho con me un borsone, ma qualcosa sono riuscito a prendere. Per esempio, argento non fresco'. 'Argento non fresco? Che vuoi dire?' chiede lei. 'È ad esempio quello che leviamo ai morti. Ma tu riesci a lavorare con l'argento vecchio?'. Risposta: 'Tu prendi, prendi tutto quel che trovi...'. Capito? Ecco dove nasce la mia domanda: come sta operando questa grande cultura russa? Perché oggi non funziona? Perché una propaganda così primitiva come quella della televisione ha preso il sopravvento? Senti che cosa dicono i soldati russi tra loro, o al telefono con i familiari, e ti chiedi: come è potuto accadere, perché abbiamo perso le persone in così poco tempo?".
-- È una mutazione indotta dalla guerra o in atto già da prima?
"Io so che fino a poco tempo fa parlavamo di una nazione spirituale, di un Paese che, come sempre si dice, legge più di ogni altro: ed oggi, ecco, siamo arrivati all'argento non fresco da togliere ai morti... E tenga conto che potrei fare moltissimi esempi come questo. Quando, dopo lo scontro armato, il battaglione ripiega a riposare in Bielorussia, arrivano prima i carri armati colpiti e i blindati ammaccati, e subito dopo li seguono i Kamaz, i camion carichi di lavatrici, frigoriferi, biciclette da bambino... Una razzìa. E io mi sento disperata, e penso a come si può trovare una strada per raggiungere questo tipo di umanità, come scegliere le parole perché la gente capisca che sono cose terribili. La Russia sta facendo quello che i nazisti facevano sul suo territorio: ora abbiamo a che fare col fascismo russo".
-- È una spoliazione?
"Sì, esattamente. I soldati razziano questi beni in Ucraina e li spediscono a casa utilizzando la nostra posta bielorussa. Centinaia di chili. E poi, soprattutto, laggiù le loro mogli, i figli, le famiglie indossano e usano quelle cose. Come ai tempi delle tribù primitive. Un bottino di guerra, un saccheggio dell'anima".
-- Noi parliamo di guerra, ma in Russia non si può. I giornalisti per raccontare quello che vedono al fronte devono usare le formule scelte dal potere. Perché la guerra comincia sempre con l'arresto delle parole?
"Ma perché qualunque guerra è innanzitutto una grande menzogna. Lei deve tener conto, sempre, che Putin vuole appropriarsi del popolo. Per questo non vuole che la gente sappia la verità: che conosca la ragione per cui, ad esempio, la radio Eco di Mosca ha dovuto chiudere le trasmissioni. Ecco, questo è il motivo: la popolazione non deve sapere. La cosa più sorprendente è la reazione dei cittadini a questa confisca della verità. Ho visto in televisione un giornalista che cammina sulla Piazza Rossa, a Mosca, e domanda ai passanti: che ne pensa della guerra in Ucraina? La risposta di uno su due, se non di più, è di sostegno a Putin. Mi ha colpito una donna che ha detto: 'Mia sorella vive a Kharkov, che è stata bombardata e lei è rimasta senza casa, ma io appoggio comunque il nostro Presidente. Perché se non fossimo stati noi ad aggredire saremmo stati aggrediti dagli americani'. Sono mitologie che vengono inculcate nella coscienza delle persone".
-- Ma come spiega questo consenso, è solo frutto della propaganda?
"Certamente no. Vede, io in questo momento sto scrivendo un libro sulla situazione in Bielorussia e sulla guerra in Ucraina, e devo dire che studiando e analizzando quel che accade è sempre più difficile considerare Putin come l'unico colpevole. Ogni russo porta la sua parte di responsabilità. Perché ognuno, anche nel suo isolamento, nella paura, nella sua solitudine, può domandarsi cos'è questa guerra, cosa c'è di giusto in quel che facciamo in Ucraina, e trarre le proprie conclusioni. Fino a scoprire la vera questione: questa guerra chiama in causa una colpa collettiva".
-- Tutti colpevoli, nessun vero colpevole?
"Proprio il contrario. Voglio dire che la finzione di un popolo oppresso e disgraziato è troppo facile, non spiega niente. Bisogna comprendere che anche il popolo è colpevole, e avere il coraggio di dirlo, perché è da qui che si deve ripartire. Ecco per esempio di nuovo un'intercettazione: un soldato russo in Ucraina parla con suo padre, il ragazzo non gli racconta le cose tremende che stanno facendo, ma si lamenta: "Papà, ci hanno detto che ci avrebbero pagato di più, invece ci hanno pagato pochissimo". Ed è di questo che si mettono a discutere lui e il padre, è sui soldi che si sentono ingannati, non sulle ragioni della guerra. Non una parola sulle sofferenze di Mariupol, sulla tragedia di Bucha, sui cinque milioni e più di profughi e rifugiati, sulle centinaia di bambini che sono scomparsi o morti. Il mondo è annichilito da questo dramma e noi siamo davanti a un padre che dice a un figlio di guadagnare il più possibile per quando tornerà a casa. E io, personalmente, come scrittrice sono disperata".
-- Ma lei si aspettava l'invasione dell'Ucraina? In Occidente molti pensavano fosse una minaccia che non sarebbe diventata realtà. Lei aveva capito?
"Io parlo molto con gli ucraini e loro, tutti, se lo aspettavano. Si preparavano. Facevano scorte di cibo, compravano benzina per le auto, partecipavano alle esercitazioni per imparare a sopravvivere in una situazione di guerra. Il fatto è che l'Ucraina da tempo avverte la Russia come un pericolo. Negli anni Trenta Stalin voleva prenderla per fame, oggi Putin la prende con i missili. Io sono ammirata dalla capacità di combattimento degli ucraini. Conosco ragazze e donne ucraine che lavorano qui in Germania, nelle pulizie delle case, mi raccontano che sono arrivate da poco coi bambini e coi mariti, i quali sono subito tornati indietro a combattere. Nessuno li obbligava, ma loro appena messa in salvo la famiglia sono rientrati in quell'inferno. Anche altri, che già da tempo vivevano in Germania, sono tornati in patria per combattere. Sono ammirata da questo popolo".
-- Lei si aspettava una resistenza di questo tipo da parte degli ucraini?
"Io sono cresciuta con la mia nonna ucraina, ho passato molto tempo con lei, conosco la mentalità delle persone in quel Paese. Ma no, non mi aspettavo che avrebbero mostrato questa forza d'opposizione, temevo che si perdessero in un momento così estremo. Pochi avrebbero potuto mettere in campo una resistenza di questo genere. Ricordiamo l'effetto che ha fatto su di noi vedere tutti quei carri armati che arrivavano alla frontiera, quelle colonne in fila dalla Russia: e loro? Mi sembrava logico pensare che avrebbero tremato, anche per la sproporzione delle forze in gioco, potevano disgregarsi. Invece sono rimasti lì, ci sono ancora e continuano a resistere".
-- Ma Putin che cosa vuole con questa guerra? Io non credo che punti a ripristinare lo spazio dell'Unione Sovietica, perché manca il cemento ideologico del comunismo. Piuttosto credo che voglia reinterpretare il sovietismo come esercizio sovrano dell'autorità di Mosca, restituendo la Russia alle dimensioni imperiali di una volta. È questo l'obiettivo, il recupero del ruolo imperiale per il Cremlino?
"Lui vuole ristabilire l'impero zarista. Ha l'idea e il mito della Grande Russia, e noi sappiamo bene come finisce nella Storia l'inseguimento di questo sogno di grandezza, la Grande Serbia, la Grande Germania, e ora la Russia. C'è sempre una premessa vittimistica. Putin continua a ripetere che la Russia è stata offesa, che è stata mortificata, che dobbiamo costringere gli altri a rispettarci, E poi c'è un odio quasi fisico verso l'Ucraina. Che cosa è la Russia senza Ucraina? Non c'è più l'antica Rus' di Kiev, sparisce col suo deposito mitologico di tradizione. Putin, in poche parole, ritiene che l'Ucraina si sia appropriata della storia russa. E vuole riscrivere quella storia. Infatti alla vigilia dell'intervento armato ha dichiarato che la creazione di quello Stato fu un errore commesso da Lenin".
-- Non crede che l'Occidente abbia sbagliato, dopo la fine dell'Unione Sovietica, a ridurre la Russia al rango di potenza regionale, pensando che la dimensione imperiale fosse una sovrastruttura del bolscevismo - mentre invece c'era prima e sopravvive dopo - perché è parte dell'anima russa?
"Io credo che nessuno si sia davvero reso conto di quel che sarebbe rimasto dopo il crollo dell'Impero. Intanto è rimasto un uomo corrotto, l'homo sovieticus - prodotto del bolscevismo - che per prima cosa vuole che lo si rispetti. Ma mi domando: per che cosa va rispettato? Per la quantità di armi nucleari che controlla? Ci sono molte cose per cui si può rispettare un Paese moderno, le idee, la ricerca tecnologica, le sue conquiste scientifiche. Invece no, noi dobbiamo rispettare soltanto la potenza militare, cioè il pericolo rappresentato dall'homo sovieticus: perché così, ridotto ad una sola dimensione, si tratta di un uomo cresciuto nella cultura della violenza, e che solo con la violenza sa risolvere i suoi problemi".
-- Non pensa che Putin, più che la Nato e la sfida territoriale, tema il contagio occidentale della democrazia?
"A giudicare da quel che accadde a Minsk, durante la Rivoluzione bielorussa, quando centinaia di migliaia di persone scesero in piazza, direi che Putin ha aiutato Lukashenko proprio perché aveva molta paura della democrazia. Ha capito che sarebbe dilagata e per questo, poco per volta, le truppe russe hanno occupato la Bielorussia. All'inizio si disse che era per le manovre congiunte, ma poi le truppe non hanno più lasciato il nostro territorio. Oggi è Putin a guidare la Bielorussia, non è Lukashenko a stabilire se i carri armati passeranno di qui o di là e se i missili partiranno".
-- Ma è per questo tornaconto che Putin ha rinunciato al rango di leader di una grande potenza rispettata nel mondo? Per diventare il campione dell'antidemocrazia?
"Io penso che Putin, diciamo così, è un uomo che è stato rinchiuso in un lager per tutta la vita. A un certo punto è uscito da quella gabbia. Eccolo, adesso è fuori, ma questo non vuol dire che superato il cancello del lager riesca a trasformarsi in un uomo libero. E guardi che questo è esattamente ciò che è accaduto a noi, a tutti noi. Siamo usciti dal recinto del lager, ma non sapevamo che cosa fosse la libertà. Neanche Putin lo sa. E non lo sanno i nostri oligarchi. Non lo sanno i nostri eserciti. Secondo un grande filosofo russo, Caadaev, l'idea che la Russia sia un Paese come gli altri è solo un'impressione. In realtà in Russia tutto dipende da chi si trova al vertice, tutto dipende sempre da un uomo solo. Dal suo egoismo, dalla sua idea della vita stessa, dalle sue ossessioni. La Russia di oggi è il riflesso di quello che Putin immagina della vita e del mondo".
-- Quattro anni fa, Putin ha detto che la democrazia liberale dell'Occidente ha fallito, non mantiene le sue promesse: che modello ha in testa?
"Non comprende il principio basilare della democrazia, la sua concezione. Pensa che corrisponda alla discussione aperta nella società, tutto qui. È questa apertura che non capisce, la interpreta come un segno di debolezza. Per lui, tutto ciò che non è forza, è debolezza".
-- Ma la Russia è condannata a non conoscere la democrazia?
"In ogni caso, penso non nella mia generazione. Noi non la vedremo. La via per la democrazia è lunga e costa fatica. Noi negli anni Novanta credevamo che la democrazia fosse lì lì per arrivare, a portata di mano, solo più tardi abbiamo compreso che invece è un percorso senza scorciatoie. Come si dice? Lunga è la strada per la libertà, e non si possono saltare le tappe. E per questo noi paghiamo col nostro sangue, con il nostro tempo nella storia. Sì, sì, siamo ancora in cammino".
-- Come può il Cremlino considerare l'Ucraina legata alla Russia sul piano spirituale e distruggere le sue città massacrando la popolazione civile?
"Nella coscienza del mondo russo, tutto avviene attraverso la violenza. È il metro che misura tutto quello che succede in Russia. Ecco, ora, nei giorni della Pasqua, i russi dipingevano le uova e uccidevano gli uomini. E per loro è normale. Non solo. Arriva il Patriarca di tutte le Russie, Kirill, e benedice la guerra in Ucraina dicendo che il conflitto eviterà che da noi si facciano i Gay Pride: si rende conto?".
-- È l'arruolamento di Dio?
"Si fa perfino fatica a credere che certe persone riescano a pensare cose del genere e che credano in quello che dicono".
-- Che giudizio dà di Zelensky? In Occidente c'è qualcuno che pensa che la resistenza ad oltranza porti ad aumentare il numero delle vittime, e il cinismo della Realpolitik quasi consiglia all'Ucraina di arrendersi. Cosa ne pensa?
"In queste settimane ho avuto molte occasioni di ascoltare gli ucraini, e credo proprio che si difenderanno, come dicono, fino all'ultimo uomo. Perché Putin vuole distruggere il loro Paese, la loro cultura, la loro lingua. Per lui l'Ucraina non è degna di essere uno Stato, di esistere e di sopravvivere. E la gente ha reagito. È un popolo fiero e non accetterà nessuna capitolazione. Per questo è importante che il mondo sostenga l'Ucraina. Che dia armi e tutto ciò che serve, che aiuti".
--Ma Putin ha sbagliato i suoi calcoli? E oggi che cosa può sbloccare la guerra, portare a un cessate il fuoco e a un negoziato serio?
"Vede, Putin non è uno di quelli che accettano una resa. Prima di capitolare spinge il bottone nucleare".
-- Lei pensa che ci sia questo rischio? Che sia concreto?
"Vorrei poterle rispondere che anche in Russia non tutti sono fanatici come lui: perché prima di premere quel bottone bisogna passare attraverso una lunga catena di controllo con soggetti diversi. E tutti hanno figli, nipoti, persone amate, e non spingeranno quel tasto perché sono esseri umani che hanno molto da perdere. Ma è davvero così? Qual è oggi l'equilibrio segreto del potere al Cremlino? Quella catena di comando, è operativa? Ha qualche grado di autonomia da Putin? O è solo lui a decidere? Perché lui sembra non amare nessuno, e agisce come un fanatico".
--- Lei è scesa nell'inferno di Chernobyl con 485 villaggi svuotati dalle radiazioni, due milioni di persone nelle zone contaminate. Cosa ha pensato quando i soldati russi hanno preso il controllo della centrale?
"È stata, che dire, una notte tremenda, perché so bene che cos'è Chernobyl, e lì volavano pallottole, colpi di mortaio. E poi non solo hanno fatto irruzione, ma hanno cominciato a scavare, a toccare la terra, a smuovere ogni cosa, un disastro. Ora se ne sono andati. E però tra i soldati ci sono già molti malati, perché quella terra e quell'erba non si possono toccare e non si può vivere e dormire nelle tende in quel territorio. Questo significa che per Putin la vita di quei soldati non vale niente, tanto che non ha sentito il dovere elementare di consultarsi con gli scienziati: gli avrebbero spiegato che una cosa del genere non si può fare. Che è un suicidio".
-- Chernobyl, la bomba, la guerra: lei ha paura dell'Apocalisse?
"Come posso spiegarle? Io ho già vissuto a lungo, ho visto molte cose. Ho paura per la mia nipotina, per mia figlia: ecco, sì, per loro ho paura. Quel che temo è che l'umanità possa finire per distruggere se stessa".
-- C'è davvero il rischio che questo conflitto degeneri in una terza guerra mondiale?
"Questo rischio esiste, inutile negarlo. Qui bisogna essere molto accorti. Da un lato aiutare l'Ucraina e dall'altro utilizzare tutte le possibilità della diplomazia".
-- È questo che chiede all'Occidente?
"Sì, questo, e con la massima urgenza".
-- Ma Est e Ovest sono condannati ad essere nemici? La Russia può fare a meno dell'Europa e l'Europa può fare a meno della Russia?
"Non bisogna pensare che Putin sia la Russia: non è così. E questa domanda che si ripete sempre - come vivremo senza la Russia? - va aggiornata. Io credo che la politica delle sanzioni sia molto giusta per colpire proprio Putin. Perché si decide il suo destino di leader del Paese. Insisto: la Russia e Putin non sono la stessa cosa, mettiamocelo in testa. Quindi la Russia e l'Occidente torneranno insieme, non ho dubbi: ma quando non ci sarà più Putin".
-- Lei ritiene possibile un cambio di regime ai vertici della Russia?
"Per ora non ho questa sensazione. Bisognerà vedere l'effetto delle sanzioni, e il corso della guerra. Perché se vince l'Ucraina vinciamo tutti, l'Europa, la Bielorussia, tutti: l'Ucraina combatte non solo per sé, ma anche per noi. Per esempio per quanto riguarda la Bielorussia, se vince l'Ucraina, anche il mio Paese avrà una chance".
-- Dipenderà anche dall'effetto che i soldati morti avranno sull'opinione pubblica russa, o ciò che ne rimane. In Ragazzi di zinco lei ha raccontato i viaggi di ritorno dei 15-20 mila caduti in Afghanistan sul "Tulipano nero", l'aereo che trasportava i corpi in patria per le sepolture di notte. E oggi?
"In Ucraina sono apparsi i crematori mobili al seguito dell'esercito russo. Anche questo è un modo per nascondere i morti, per riportarne il meno possibile in Russia. Per non dire la verità sul costo della guerra: nemmeno alle famiglie".
-- Lei racconta che ai tempi dell'Afghanistan i ragazzi non sapevano perché venivano mandati a morire, e volevano solo tornare a casa: è così anche adesso?
"No, non credo. Oggi molti sono in guerra per guadagnare soldi, è proprio cambiato tutto in questi anni. Ascoltiamo di nuovo le intercettazioni, rivelano ogni cosa. Un soldato telefona alla madre. 'Mamma, qui stiamo ammazzando la gente normale'. E la mamma risponde : 'Ma no, io vedo sempre la televisione e voi state facendo una grande opera, state eliminando i nazisti'. E questo inganno per un intero popolo mette paura, non crede?".
-- Per Ragazzi di zinco lei ha subìto un processo perché l'esercito russo l'ha denunciata per diffamazione. Quelle pagine valgono ancora adesso per spiegare questa guerra?
"Sì, anche oggi quelle pagine vengono lette e recitate in molti teatri. Ora finirò questo nuovo libro, il libro uscirà, e credo che mi aspetti un'altra denuncia e un altro processo per quel che racconto sulla guerra in Ucraina".
-- Lei scrive che i ragazzi-soldato russi partivano per Kabul parlando di internazionalismo, e in guerra scoprivano la realtà. Poi ricorda la scritta sul campo di concentramento delle isole Solovki, "Con mano di ferro costringiamo l'umanità alla felicità": è questo il totalitarismo?
"Sì, è il principio del totalitarismo".
- Lei ha raccolto molte voci di persone che hanno patito la Seconda guerra mondiale. Raccontano che quando tornavano nei villaggi distrutti dai nazisti, si vergognavano che gli animali avessero assistito a questo scempio. Gli altri esseri viventi giudicano la nostra abiezione?
"Sì. E io credo che l'esercito russo sarà giudicato. Quando l'Ucraina vincerà, tutto il mondo la ricostruirà. Ma prima ci sarà il giudizio".
-- I suoi libri vengono tradotti in quaranta lingue ma sono banditi in Bielorussia e lei ha dovuto lasciare il suo Paese. Si sente in esilio?
"Sì, un moderno esilio. Oggi vorrei vivere a casa mia, lo vorrei molto".
-- Diceva, pochi anni fa, che siamo tutti uomini e donne "vicini nel tempo", abbiamo gli stessi smartphone in tasca e soprattutto siamo uniti dalle stesse paure e dalle stesse illusioni. Perché questa convivenza civile si è rotta?
"È una domanda complessa. Potrei risponderle che ciò è accaduto perché non abbiamo avuto la forza necessaria per resistere, e cambiare. Negli anni Novanta noi credemmo molto in questa possibilità, ma forse non c'era l'uomo libero, e per costruire la libertà ci vuole un uomo liberato. E allora quest'uomo non esisteva. Perché dal socialismo bolscevico non nasce un uomo libero".
-- Noi abbiamo la stessa età: lei pensa che quando finirà la generazione dell'homo sovieticus, la nostra, le cose cambieranno in Russia?
"Difficile dirlo. Perché anche chi è nato dopo la fine dell'Urss è stato comunque educato da genitori che provengono dall'Urss, in un ambiente che deriva dall'Urss e ne porta ancora tutti i segni. È un processo più lungo di quello che noi avremmo immaginato e voluto. È tutto finito, e nello stesso tempo non sappiamo quando finirà davvero".
-- Suo padre è rimasto comunista fino all'ultimo giorno della sua vita, mentre lei spiega che l'Urss si lascia alle spalle "un mare di sangue e una fossa dove sono sepolti i nostri fratelli": come sono possibili le due cose insieme?
"Lei deve pensare una cosa: le persone che credevano in quel mondo erano persone oneste. Mio padre era un romantico. Mi diceva: l'idea era bella, è stato Stalin a rovinarla. È sempre stato una persona giusta, perbene, entrò nel partito durante la battaglia di Stalingrado, e lui ci credeva. Poi io lo amavo e lui amava me, e con il nostro amore abbiamo superato il fatto che vedevamo la vita in modi diversi".
-- Nei suoi libri mi ha colpito moltissimo proprio quello che lei sta dicendo adesso, la generosità di tante persone che hanno creduto nel comunismo in buona fede. Oggi si sentono ingannate?
"Ma io sono convinta che persone del genere non ci saranno più, già adesso nessuno crede in questa idea. Anzi, ciò che sopravvive di questa idea oggi ha un carattere cinico e mercantile".
-- Scrive a un certo punto: "Siamo stati educati a fidarci della nostra patria". È questa una delle ragioni del consenso?
"Quando sono andata in Afghanistan rimasi molto colpita dal fatto che tra i soldati c'erano moltissimi volontari, ed erano figli dell'intellighenzia, anche contadina. Quelli che avevano sinceramente creduto avevano educato i figli nella stessa convinzione. Solo lì, in Afghanistan, i ragazzi hanno incominciato a capire. E io stessa, quando sono tornata da Kabul, ero un'altra persona, finalmente libera".
-- C'è un passaggio quasi metafisico nel suo libro, quando lei scrive: "Pensavamo che il comunismo fosse morto ma è una malattia cronica", e aggiunge quel che dopo la caduta dell'Urss le ripetevano i vecchi sovietici: "Non ci dovete giudicare in base alle leggi della logica, ma a quelle della fede". Si trattava di questo, una fede?
"Proprio così, come una religione".
-- E questo culto cos'ha lasciato? Lei sostiene che i russi possono parlare di libertà solo per negazione, perché non l'hanno mai conosciuta, e aggiunge: "Il dolore è il nostro dono e la nostra condanna". È la dimensione tragica dell'anima russa vittima e carnefice, immersa in una ordinarietà - lei scrive - sempre eccezionale. Le domando: fino a quando?
"Ciò che posso dirle è che al momento si vive così in Russia. Ho letto recentemente le parole di una madre che stava accogliendo la bara di suo figlio dall'Ucraina. E diceva: 'Io sono orgogliosa di mio figlio, è morto per la Russia'. Non so capire e non so spiegare come tutto si sia confuso così nella sua coscienza di madre, il male e il bene".
-- Dostoevskij si domanda: "Perché diavolo abbiamo bisogno di discernere il bene dal male se ci costa così caro?". E lei aggiunge che "il male non è mai chimicamente puro". Ma l'evidenza di questa guerra non si tradurrà in pedagogia del bene e del male anche per il popolo russo?
"Questa è una guerra che non ha nessuna giustificazione, nulla che possa dimostrare la giustezza delle sue ragioni, una qualche motivazione sensata. Ciò nondimeno, ecco che cosa ha fatto Putin: ha investito nella propaganda un'enorme quantità di denaro, ricavato dalla vendita del gas e del petrolio. È un investimento sulla guerra: e infatti è riuscito a fare quello che voleva".
-- Il premio Nobel Dmitrij Muratov, direttore della Novaja Gazeta, costretta a chiudere dalla censura, ha detto che come non si può rimanere immuni dalle radiazioni se si sosta davanti al gruppo 3 della centrale di Chernobyl, così non si può vivere a Mosca e rimanere immuni dalla propaganda. Ha questo potere totale?
"Qualche settimana fa ho fatto la prova: ho deciso di guardare i programmi della televisione russa per un giorno intero. E ho capito com'è difficile per una persona normale resistere. Molto difficile. Lo so, lei potrebbe dirmi che tocca a noi scrittori e artisti squarciare il velo, trovando le parole giuste. Ma vede, ne troviamo poche".
-- Intanto la guerra conta i suoi morti. Lei ha scritto: "Noi che veniamo dal socialismo abbiamo un rapporto particolare con la morte". Mi spiega che cos'è?
"Io immagino che per uno spagnolo o un italiano o un francese sia molto importante la sua vita. Ecco, per quella madre russa di cui abbiamo parlato prima è più importante l'idea. Ha appena visto morire suo figlio, ma l'idea della Russia prevale sul dolore di madre. Capisce quel che intendo dire?".
-- Ci sono pochi vincitori ma molti vinti. È un suo giudizio di dieci anni fa sul conflitto in Afghanistan. Vale anche come epitaffio anticipato per la guerra in Ucraina?
"Sì. Gli uni riportano i trofei, gli altri le bare. Allo stesso tempo il 68 per cento dei russi sostiene Putin. E quanto più forti sono le sanzioni, tanto più lo sostengono. Perché pensano che la guerra sia la dimostrazione del fatto che intorno al Paese ci sono i nemici: noi siamo vittime dei nostri nemici e dobbiamo compattarci tutti insieme. Tipica, eterna, reazione della Russia quando si sente circondata".
-- Il futuro non è più al suo posto, e lei ci avverte che non possiamo più dichiarare con Cechov che "tra cent'anni il cielo pullulerà di diamanti". Annichilita dalla guerra, è la fine della letteratura?
"Non credo alla fine della letteratura, tanto che sto scrivendo. Ma sicuramente nel buio di questa grande crisi sarà difficile spiegare quel che ci è accaduto: e raccontare non solo la violenza del potere, ma soprattutto l'umiliazione della Russia".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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