Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

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Messaggioda Berto » mer mag 18, 2022 9:50 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Messaggioda Berto » mer mag 18, 2022 9:51 pm

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 10:22 am

13)
Le azioni militari, a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale, con invasione di un esercito internazionale e con bombardamenti aerei o navali, intraprese dall'Occidente USA e NATO o da coalizioni di paesi occidentali, in Asia e in Africa, sono state fatte prevalentemente su mandato ONU (e in taluni casi anche quando non è stato possibile il mandato ONU per il veto della Russia o della Cina), queste azioni non sono mai state fatte per predare territori e risorse altri, per schiavizzare popolazioni e sterminare etnie.


Sono sempre state fatte a sostegno dei popoli oppressi, delle minoranze a rischio di pulizia etnica e genocidio (vedasi il caso del bombardamento della Serbia a difesa dei bosniaci e dei kosovari),
contro dittatori criminali e terroristici e i loro regimi canaglia, con gran dispendio di risorse economiche dei cittadini e dei contribuente occidentali, attenuate solo in parte da successive compensazioni dei paesi che hanno tratto beneficio da queste azioni a loro favore (vedasi i casi dell'Afganistan, della Somalia, dell'Iraq, della Libia).
La Russia invece ha sempre intrapreso le sue iniziative militari, contro la volontà internazionale e l'ONU (come oggi nel caso dell'Ucraina), per predare territori, risorse e sovranità politica, per impedire la libertà e l'indipendenza delle popolazioni e dei paesi, per l'imperialismo e il suprematismo nazifascista russo della Grande Russia di Putin, compiendo atroci crimini contro l'umanità, il diritto internazionale e crimini di guerra.
Non vi è alcun possibile paragone tra le azioni militari dell'Occidente e del Mondo Libero e quelle della Russia nazifascista di Putin.





Caso Cecenia e Iraq

QUELLO CHE GILETTI NON HA DETTO
Faccio seguito all'ignobile figuraccia (epic fail) che Massimo Giletti ha rimediato dalla Piazza Rossa, collegato con una portavoce tetragona che ha utilizzato tutto l'armamentario dell'FSB (ex KGB) per una operazione di DISINFORMAZIA brillantemente riuscita causa l'imbelle passività del "BAMBINO" Massimo.

https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 6871962:83

Riprendo qui le 3 FAKE sganciate dalla portavoce di Lavrov per replicare con dati di fatto documentati.
Maria Zakharova: "Anche voi della Nato avete fatto la stessa cosa con l’Iraq”.
Replica: La Guerra in Iraq venne promossa da 4 paesi: USA, Regno Unito, Australia, Polonia.
Quindi Maria Zakharova La NATO non c'entra una cippa❗
Non esiste nessun atto o risoluzione NATO che riguardi l'invasione dell'Iraq avvenuta tra il 20 marzo e il 1º maggio 2003. Altri paesi sono stati coinvolti successivamente nella fase di occupazione. L'invasione segnò l'inizio della guerra in Iraq.
Secondo l'allora presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, le ragioni dell'invasione erano
1 di disarmare l'Iraq dalle armi di distruzione di massa
2 porre fine al sostegno di Saddam Hussein al terrorismo e
3 raggiungere la "libertà" per il popolo iracheno
È vero...Le armi chimiche non furono mai trovate, peccato che si ometta di specificare che il materiale per produrle in sicurezza venne reperito nell'impianto di al-Muthanna, che si trova nei pressi della citta' di Samarra, sulla riva est del Tigri, circa 100 chilometri a nord dalla capitale Baghdad... La tecnologia e gli impianti erano serigrafati con istruzioni in cirillico, ma la notizia venne diffusa solo nel 2014 quando i ribelli sunniti lo occuparono L'impianto era in funzione tra il 1983 e il 1991, quando produceva migliaia di tonnellate di gas nervino, iprite (gas mostarda), Sarin, Tabun e VX.
L'invasione dell'Iraq causò una divisione politica tra le grandi potenze, che furono divise tra quelle che si opposero attivamente all'invasione, come Francia, Belgio, Germania, Paesi Bassi, Scandinavia (oltre ad altri paesi che mostrarono opposizione passiva), e quelli sostennero pubblicamente gli Stati Uniti, come il Regno Unito, la Spagna, la Polonia, il Portogallo e altre nazioni che costituirono la coalizione.
Le Nazioni Unite non approvarono l'invasione dell'Iraq, tuttavia nell'ottobre dello stesso anno dell'invasione, nella propria risoluzione 1511, agli Stati membri fu raccomandato di fornire alla forza multinazionale presente in Iraq tutta l'assistenza necessaria, compresa quella militare.
ZAK: "Siamo intervenuti su legittima richiesta del capo di stato, Assad”.
Replica:
Ehi ZAK ma funziona così ?
Assad chiama e picciotto risponde ?
Facciamo un discorso serio e vediamo cosa ha portato il Cremlino ad immergersi militarmente nel calderone siriano il 30 settembre 2015.
Il fenomeno delle “Primavere Arabe”, avvenute nel 2011, fu visto con forte senso apprensione da parte del Cremlino. La destabilizzazione di un’area così vasta era molto pericolosa per Mosca. In un famoso articolo pubblicato nel 2013 su VPK, il generale Gerasimov aveva descritto questi eventi come operazioni di regime-change occidentali che avrebbe ridotto la propria influenza nella regione. Il Cremlino, vantava storici legami con il regime guidato da Bashar al-Assad. A livello militare, negli anni Settanta l’URSS aveva ottenuto il permesso di stabilire due installazioni belliche sul territorio siriano: l'unica base nel Mediterraneo, quella di Tartus, sfruttata principalmente come punto logistico di rifornimento per la flotta sovietica ed una base aerea a Latakia. Gli armamenti sovietici erano stati fondamentali per permettere all'esercito Siriano di equipaggiarsi nuovamente dopo le pesanti sconfitte subite ad opera di Israele nel 1967 e nel 1973. Il Cremlino decise di supportare fin da subito il regime di Assad. A livello diplomatico, la Russia riuscì ad evitare in tre occasioni che l’Occidente intervenisse per esautorare il governo siriano colpevole di una atroce repressione verso il suo popolo, ricorrendo al proprio diritto di veto in seno al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e bloccando qualunque risoluzione in tal senso. Ma il maggiore sforzo diplomatico operato dal Cremlino avvenne nell’agosto del 2013, quando l’Occidente accusò il regime di Damasco di essere responsabile di un attacco chimico nei confronti della popolazione siriana. L'attacco chimico di Ghūṭa accadde nella mattina del 21 agosto 2013 durante la guerra civile siriana in cui alcune aree controllate dai ribelli nei sobborghi orientali e meridionali di Damasco, furono colpite da 12 missili contenenti l'agente chimico sarin.
Il numero complessivo di morti è stato fissato in 1290. Il più grave episodio verificatosi dall'attacco chimico di Halabja, durante la guerra Iran-Iraq, ma in quella occasione morirono soldati e non civili inermi. Le indagini svolte dalle Nazioni Unite dal 25 al 31 agosto 2013 rilevarono chiare tracce di gas sarin nel terreno e sui cadaveri nelle zone colpite e accerta che la tipologia di gas era quella contenuto nei depositi siriani, di fabbricazione russa. Gli armamenti chimici e l'avviamento della produzione erano stati forniti proprio dai partner russi.
In termini di assistenza militare, Mosca cominciò a rifornire Damasco a partire dal 2012, quando sembrò evidente che l’esercito siriano stesse perdendo terreno rispetto alle opposizioni. Se inizialmente i russi inviarono essenzialmente armi leggere e munizioni, ben presto, per sostenere lo sforzo bellico di Assad, furono costretti a rifornire i siriani con armamenti più avanzati (droni ed elicotteri). La regolarità di tali rifornimenti fece sì che si parlasse di “Syrian Express” in riferimento ai convogli navali che facevano la spola tra la Russia ed il Paese mediorientale.
Mosca, poi, supportò il regime anche a livello economico, in particolare tramite la coniazione di banconote siriane che venivano convogliate all’interno della nazione al fine di sostenerne le spese belliche.
ZAK: "È stato l'occidente ad armare e sobillare i musulmani ceceni"
Replica: Qui si butta la palla in tribuna cara ZAK che fai finta di non conoscere la storia del tuo paese
L'ostilità cecena nei confronti dei sovietici e dei russi, ha radici culturali profonde, la sintesi perfetta di secoli di conflitti, conquiste e imposizioni. Tuttavia, la regione, che si è spaccata e ricomposta in molte circostanze della storia, ha raccolto i pezzi delle sue diverse identità e li ha sempre rimessi insieme. Si è separata, è stata dominata e, infine, ha cercato la sua indipendenza, maturando un forte sentimento anti-russo, che resiste ancora.
La Cecenia è stata teatro di guerra, luogo di lotta, di reclutamento e di pluralità religiosa. Qui vivono musulmani sunniti e cristiani ortodossi. Da qui, migliaia di persone sono state deportate e confinate in Siberia alla fine degli anni Cinquanta. E, sempre qui sono scoppiate le ultime due guerre contro la Russia, che hanno lasciato il segno.
La prima guerra cecena, combattuta dal 1994 al 1996, terminò con la dichiarazione d’indipendenza della regione dalla Russia e la nascita della Repubblica cecena d’Ičkeria. Il conflitto iniziò nel 1994, quando le forze federali russe cercarono di prendere il controllo delle varie aree montuose della regione. In quella circostanza, nonostante la maggioranza di uomini e la superiorità schiacciante in termini di armamenti, l’esercito russo venne respinto dalla guerriglia cecena e dai raid condotti in pianura. Fu un conflitto sanguinoso, difficile e lungo, che avvilì i soldati e che non fu mai del accettato dall’opinione pubblica. Morirono in 16000, tra militari russi, civili e guerriglieri. E rimasero città smembrate e rovine fumanti.
La seconda guerra cecena, invece, (quella di Putin) fu molto più lunga e subdola, tra il 1999 e il 2009. Ebbe un esito diverso per i russi e vide scontrarsi l’esercito della Federazione contro i separatisti mossi da 80 anni di soprusi e repressioni indicibili
Nel 1922 la Cecenia venne incorporata all’Unione Sovietica, ma gran parte degli accordi che Mosca aveva preso con la Repubblica delle Montagne non venne rispettata. Già dall’anno successivo i tribunali islamici vennero chiusi, diversi leader locali furono posti agli arresti e si aggiunse il divieto di portare il kinzal, il pugnale simbolo dei popoli di quella regione.
Nel 1929 la popolazione di Cecenia, Daghestan e di altre repubbliche vicine scelse di ribellarsi al dominio sovietico, fatto che costrinse Mosca a fare un passo indietro e a moderare le sue ingerenze. Il 25 dicembre del 1936 venne istituita la Repubblica socialista sovietica autonoma della Ceceno-Inguscezia, che aveva il suo centro amministrativo a Groznyj.
L’anno dopo, l’avvio delle purghe staliniane cambiò il profilo sociale della regione: in Cecenia, le persecuzioni decapitarono l’élite culturale e soffocarono l’identità islamica: le moschee vennero distrutte o riconvertite in granai (così come accadde a molti luoghi di culto cristiani) e la sola conoscenza della lingua araba poteva essere motivo di detenzione. Inoltre, furono diversi i tentativi di introdurre l’allevamento di suini nell’area, a sfregio della dottrina musulmana.
All’inizio del 1944, il governo sovietico avviò l’operazione čečevica, che prevedeva la deportazione dell’intero popolo ceceno entro una settimana: il 23 febbraio di quell’anno, con il pretesto di festeggiare il 26° anniversario della fondazione dell’Armata rossa, in tutti i villaggi fu radunata la popolazione e venne letto il comunicato del Comitato governativo di difesa, che annunciava il trasferimento dei cittadini. Più di un milione di ceceni, ingusci e altri popoli caucasici settentrionali furono mandati in Siberia e in Asia centrale, stipati in treni merci, senza cibo o acqua. La motivazione ufficiale era l’accusa di aver collaborato e appoggiato l’invasione della Germania nazista, ma il motivo reale era la PULIZIA ETNICA. La politica staliniana schiacciò l’identità cecena, trasformandola, di fatto, in una “non entità”.
Solo nel 1956, la condanna degli eccessi dello stalinismo al XX° Congresso del Pcus riabilitò e fece tornare in patria i cosiddetti “popoli puniti“ tra cui c'erano (Ohibò) anche gli Ucraini, vittime di analoga deportazione.
Nel 1957, grazie all’intervento di Nikita Cruščev, la re-istituzione della Repubblica Ceceno-Inguscezia aveva permesso l’immediato rientro nella regione dei cittadini ceceni deportati. Ma negli anni della loro assenza, la composizione etnica dell’area era profondamente mutata. Gli ingusci trovarono una parte consistente dei propri territori occupati da popolazioni di etnia osseta, i quali si rifiutarono di lasciarli (uno degli elementi ricorrenti nei conflitti degli anni Novanta). Per riavere case e terra furono costretti a ricomprarle. Molti di loro, per essere maggiormente controllati, vennero inviati dalle autorità sovietiche a vivere in pianura e la crescente tensione fra popolazione russa e cecena nella regione portò comprensibilmente a un aumento dei crimini violenti.
I russi lasciarono le campagne e si trasferirono in massa a Groznyj, dove potevano fornire le competenze tecniche necessarie alla nascente industria. Il fenomeno contribuì alla marginalizzazione della popolazione cecena rispetto al mercato del lavoro nelle aree in via di sviluppo: i giovani, in particolare, vennero completamente tagliati fuori, fatto che contribuì a radicalizzarli e a incasellarli nelle dinamiche più violente del separatismo.
Dopo il crollo dell’Unione Sovietica, nel dicembre del 1991, la Russia divenne una nazione indipendente, percepita come lo Stato successore dell’URSS (anche se perse la maggior parte della sua forza militare e, soprattutto, economica). E mentre l’etnia russa componeva più del 70% della popolazione della Repubblica socialista sovietica federata russa, alla caduta di questo sistema le differenze etniche e religiose in molte regioni dell’ex orbita sovietica costituirono una minaccia per l’integrità politica del nuovo Stato. E fu proprio poco prima del crollo, all’inizio del 1990, che le diversità etniche ruppero con il governo federale.
Il 6 settembre del 1991, alcuni militanti del partito del Congresso nazionale del popolo ceceno, creato dall’ex generale sovietico, Džokhar Dudaev, convocarono una sessione del Soviet supremo (con l’obiettivo di dichiarare l’indipendenza della regione) e uccisero a Groznyj il rappresentante del partito comunista dell’Unione Sovietica, tramite defenestrazione. Poi linciarono altri membri del partito e ufficialmente dissolsero il governo della Repubblica autonoma dell’Unione Sovietica Ceceno-Inguscia. A ottobre dello stesso anno, Dudaev ottenne il sostegno popolare con largo margine (82%) e spodestò l’amministrazione ad interim appoggiata dal governo federale. Presa la carica presidenziale, decretò l’indipendenza dall’URSS e, dopo qualche settimana, l’allora presidente russo in carica, Boris El’cin, inviò truppe corrazzate a Groznyj, costrette a ritirarsi dalle forze di Dudaev.
Dopo che la Cecenia pronunciò l’iniziale dichiarazione di sovranità, nel giugno del 1992, la Repubblica autonoma Ceceno-Inguscia si divise in due. La Repubblica dell’Inguscezia, in seguito, confluì all’interno della Federazione russa, mentre la Cecenia dichiarò la sua piena indipendenza nel 1993 (con il nome, appunto, di Repubblica cecena di Ičkeria).
Direi quindi carissima ZAC, che la rivolta cecena possegga intrinsecamente tutti i crismi per essere definita una lotta di popolo !
Continuare con la BUFALA delle interferenze occidentali offende l'intelligenza e la conoscenza della Storia !


Alberto Pento
Certo, ma questa fu la seconda guerra all'Iraq che non ebbe all'inizio l'approvazione dell'ONU ma nemmeno la condanna, iniziativa bellica che poi l'ONU sostenne:
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_in_Iraq

La prima guerra all'Iraq invece che fece seguito all'invasione del Kuwait da parte di Saddam, fu svolta sotto l'egida dell'ONU e determinò l'atteggiamento successivo di ostilità, di buona parte del mondo verso l'Iraq del dittatore Saddam come stato canaglia:
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_del_Golfo
Questo precedente bellico non va trascurato per inquadrare il contesto storico delle cose e delle relazioni internazionali del caso Iraq.
Parte dei paesi europei che inizialmente si opposero alle ostilità all'Iraq si opposero poi al rigetto degli accordi sul nucleare iraniano da parte di Trump e di Israele, in particolare la Germania e il Belgio.

Poi non vanno dimenticate le stragi etniche dei curdi da parte di Saddam, a cominciare da questa:
https://www.notiziegeopolitiche.net/ven ... ila-curdi/
L'Iraq di Saddam Hussein non era certo un paese civile e democratico esemplare ma un paese canaglia, stragista e terrorista.
E quelle degli occidentali non furono guerre condotte per la predazione di territori e di risorse o per imporre il loro dominio imperialista e coloniale.


Caso Serbia, Bosnia e Kosovo
...


Vedasi Capitolo 8
Le demenzialità, le menzogne e le calunnie contro gli USA e la NATO
viewtopic.php?f=143&t=3005
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 1061722663
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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 10:22 am

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » mer giu 08, 2022 10:22 am

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » dom lug 10, 2022 9:01 am

14)
Caro Donald Trump, sostieni l'Ucraina e il suo Presidente Zelensky contro i nazi fascisti russi che l'hanno aggredita e invasa, come a suo tempo hai sostenuto Israele e il suo Presidente Netanyahu contro i nazi maomettani palestinesi e iraniani che odiano gli ebrei e vogliono la distruzione di Israele, fallo senza se e senza ma e sarai ricordato per sempre come uno dei migliori presidenti che gli USA abbiano mai avuto e come uno degli uomini che hanno fatto il bene dell'umanità.





Pioggia di fuoco sul Donbass. Trump: "Con me in carica nessuna invasione russa"
Federico Giuliani
10 luglio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/pi ... 1657433313

"Non si fermano i brutali attacchi dell'artiglieria russa in Donbass". Volodymyr Zelensky non ha utilizzato giri di parole per descrivere la situazione nel quadrante orientale dell'Ucraina. Dall'Alaska, intanto, Donald Trump è tornato a ripetere che con lui alla Casa Bianca i russi non avrebbero mai invaso l'Ucraina. Nel frattempo tiene banco la vicenda di una turbina a gas tedesca del gasdotto Nord Stream 1, appena riparata dal Canada e restituita a Berlino. Consentirà di accelerare il flusso di gas proveniente dalla Russia, e questo ha mandato su tutte le furie l'Ucraina, che aveva esortato il governo canadese a non restituire il pezzo, affermando che una tale decisione avrebbe violato l'integrità delle sanzioni contro Mosca.


I combattimenti nel Donbass

Andiamo con ordine. Nel suo ormai consueto discorso serale alla nazione, Zelensky ha parlato di "azioni terroristiche" in riferimento ai raid russi nel Donbass. "Possono essere fermati solo con potenti armi moderne ad alta precisione", ha proseguito il presidente ucraino, ringraziando quindi gli Stati Uniti per il sostegno militare dato a Kiev. "Sono grato agli Stati Uniti per la decisione di fornire ulteriori lanciarazzi Himars e altre armi che ci consentono di prendere misure precise antiterrorismo e di ridurre il potenziale d'attacco russo", ha dichiarato. "Faremo di tutto per spezzare il potenziale terroristico degli occupanti", ha quindi concluso Zelensky.

Le accuse, come sempre, sono reciproche. Se gli ucraini puntano il dito contro i russi, i filorussi della Repubblica popolare di Donetsk sostengono che l'esercito ucraino abbia bombardato Donetsk con armi occidentali. In particolare, con cannoni di calibro 155 mm, che è un calibro standard della Nato. "Le forze armate ucraine domenica hanno sottoposto le aree residenziali di Donetsk a massicci bombardamenti da cannoni calibro 155 mm, che è un calibro standard della Nato", ha riferito l'ufficio di rappresentanza della Repubblica popolare di Donetsk (DPR). In ogni caso, l'epicentro del conflitto può essere collocato nell'oblast di Donetsk, dove le forze del Cremlino stanno cercando di conquistare gli ultimi insediamenti rimasti sotto il controllo ucraino.


La turbina del disaccordo

La Germania sta affrontando una grave carenza di gas ed è minacciata di un'ulteriore compressione del gas russo da parte di Mosca. A maggior ragione nel caso in cui la turbina a gas del gasdotto Nord Stream 1 – turbina che è di proprietà di Gazprom -, non dovesse esserle restituita riparata. Il Canada dovrebbe provvedere ad aggiustarla e riconsegnarla al governo tedesco. La sua restituzione sosterrà "la capacità dell'Europa di accedere a un'energia affidabile e conveniente mentre (il Vecchio Continente, ndr) si allontana dal petrolio e dal gas russi", si legge in una nota del ministero dell'Energia canadese.

L'invio della turbina dal Canada in Europa, dunque, aumenterà il volume delle forniture di gas attraverso il Nord Stream, che invia carburante dalla Russia alla Germania attraverso il Mar Baltico. Il ministro dell'Economia tedesco, Robert Habeck, aveva chiesto al Canada di risolvere il problema, chiedendo di inviare la turbina in Germania, e non in Russia. La decisione di Ottawa, come detto, rischia di far infuriare l'Ucraina.


Trump: "Con me alla Casa Bianca nessuna invasione russa"

Nel frattempo Donald Trump ha ribadito anche ad Anchorage, in Alaska, che con lui alla Casa Bianca "non ci sarebbe stata l'invasione russa dell'Ucraina". "Se le elezioni fossero andate in modo diverso - ha dichiarato l'ex presidente Usa ai sostenitori - non avremmo lasciato l'Afghanistan in quel modo, lasciando materiale militare per miliardi di dollari, e non ci sarebbe stato il disastro ucraino con centinaia di migliaia di morti". "Dobbiamo vincere nettamente per evitare che questa volta i radicali di sinistra non ci rubino le elezioni", ha affermato il tycoon, promettendo che "nel 2024 ci riprenderemo questa magnifica Casa Bianca".



USA: il bene e il male
Trump e i repubblicani, Biden e i democratici

viewtopic.php?f=196&t=2973
https://www.facebook.com/Pilpotis/posts ... 0440449726


Trump invita alla pace!
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 9003863100


IL POTERE CHE TIENE A BADA
(Il buon potere che tiene a bada il male reinterpreto io)
Niram Ferretti
7 febbraio 2023

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Su "Foreign Affairs", Robert Kagan scrive un articolo capolavoro da incorniciare relativamente alla necessità degli Stati Uniti di sostenere l'Ucraina in questo conflitto e, la conseguente necessità di sconfiggere la Russia. Mette in luce con chiarezza come tutte le guerre a cui gli Stati Uniti hanno paretcipato a partire dalla Prima guerra mondiale, nessuna esclusa, sono state guerre intraprese non perchè gli Stati Uniti si sentivano direttamente minacciati ma perchè era sotto minaccia l'ordine liberale che gli Stati Uniti garantivano e di cui, per il loro stesso interesse, volevano che perseverasse e prosperasse.

A proposito dell'intervento americano in Europa durante la Seconda guerra mondiale:
"Allora come oggi, gli americani non agirono perché si trovavano di fronte a una minaccia immediata alla loro sicurezza, ma per difendere il mondo liberale al di là delle loro coste. La Germania imperiale non aveva né la capacità né l'intenzione di attaccare gli Stati Uniti. Anche l'intervento degli americani nella Seconda guerra mondiale non fu una risposta a una minaccia diretta alla patria. Alla fine degli anni '30 e fino all'attacco giapponese a Pearl Harbor, esperti militari, pensatori strategici e sedicenti "realisti" concordavano sul fatto che gli Stati Uniti erano invulnerabili all'invasione straniera, qualunque cosa accadesse in Europa e in Asia. Prima dello scioccante crollo della Francia nel giugno 1940, nessuno credeva che l'esercito tedesco fosse in grado di sconfiggere i francesi, tanto meno gli inglesi con la loro potente marina, e la sconfitta di entrambi era necessaria prima che si potesse anche solo immaginare un attacco agli Stati Uniti. Come sosteneva il politologo realista Nicholas Spykman, con l'Europa "a tremila miglia di distanza" e l'Oceano Atlantico "rassicurante" nel mezzo, le "frontiere" degli Stati Uniti erano sicure. Queste valutazioni sono ridicolizzate oggi, ma l'evidenza storica suggerisce che tedeschi e giapponesi non intendessero invadere gli Stati Uniti, né nel 1941 né molto probabilmente mai. L'attacco giapponese a Pearl Harbor fu uno sforzo preventivo per prevenire o ritardare un attacco americano al Giappone; non era un preludio a un'invasione degli Stati Uniti, per la quale i giapponesi non avevano le capacità. Adolf Hitler rifletteva su un eventuale confronto tedesco con gli Stati Uniti, ma tali pensieri furono accantonati una volta che si impantanò nella guerra con l'Unione Sovietica dopo il giugno 1941. Anche se la Germania e il Giappone alla fine trionfarono nelle rispettive regioni, c'è motivo di dubitare, come fecero all'epoca gli anti-interventisti, che uno dei due sarebbe stato in grado di consolidare presto il controllo su vaste nuove conquiste, dando agli americani il tempo di costruire le forze e le difese necessarie per scoraggiare una futura invasione. Perfino Henry Luce, uno dei principali interventisti, ammise che "come pura questione di difesa, della nostra patria", gli Stati Uniti "potrebbero diventare un osso così duro da spezzare che tutti i tiranni del mondo messi insieme non oserebbe attaccarci."
Il motivo per cui gli USA stanno dando appoggio all'Ucraina nella sua difesa contro la Russia, è, come vede lucidamente Kagan, lo stesso del 1917, mantenere saldo l'ordine egemonico occidentale di cui essi sono i garanti da allora. Chi non ha capito questo non ha capito nulla della posta in gioco.

"Le politiche interventiste del presidente Franklin Roosevelt dal 1937 in poi non furono una risposta a una crescente minaccia alla sicurezza americana. Ciò che preoccupava Roosevelt era la potenziale distruzione del più ampio mondo liberale oltre le coste americane. Molto prima che i tedeschi o i giapponesi fossero in grado di danneggiare gli Stati Uniti, Roosevelt iniziò ad armare i loro oppositori e a dichiarare solidarietà ideologica con le democrazie contro le "nazioni bandite". Procalmò gli Stati Uniti "l'arsenale della democrazia", schierò la Marina degli Stati Uniti contro la Germania nell'Atlantico mentre nel Pacifico interruppe gradualmente l'accesso del Giappone al petrolio e ad altre necessità militari. Nel gennaio 1939, mesi prima che la Germania invadesse la Polonia, Roosevelt avvertì gli americani che "Arriva un momento negli affari degli uomini in cui devono prepararsi a difendere non solo le loro case, ma i principi di fede e umanità su cui le loro chiese, i loro governi , e la loro stessa civiltà è fondata. Nell'estate del 1940, mise in guardia non solo dall'invasione ma dal rischio che gli Stati Uniti diventassero una "isola solitaria" in un mondo dominato dalla "filosofia della forza", "un popolo rinchiuso in prigione, ammanettato, affamato e nutrito attraverso le sbarre di giorno in giorno dai padroni sprezzanti e spietati degli altri continenti”. Furono queste preoccupazioni, il desiderio di difendere un mondo liberale, che portarono gli Stati Uniti a scontrarsi con le due grandi potenze autocratiche ben prima che entrambe rappresentassero una minaccia per quelli che gli americani avevano tradizionalmente inteso come i loro interessi. Gli Stati Uniti, in breve, non si facevano solo gli affari propri quando il Giappone decise di attaccare la flotta del Pacifico degli Stati Uniti e Hitler decise di dichiarare guerra nel 1941. Come disse all'epoca Herbert Hoover, se gli Stati Uniti avessero insistito "nell'infilare spilli nei serpenti a sonagli”, avrebbero dovuto aspettarsi di essere morsi.

E veniamo all'oggi.
"Come sosteneva il pensatore realista britannico E. H. Carr alla fine degli anni '30, se potenze insoddisfatte come la Germania erano intenzionate a cambiare un sistema che le svantaggiava, allora “la responsabilità di fare in modo che questi cambiamenti avvenissero . . . in modo ordinato” poggiava sui sostenitori dell'ordine esistente. Il crescente potere delle nazioni insoddisfatte dovrebbe essere accolto, non contrastato. E ciò significava che la sovranità e l'indipendenza di alcuni piccoli paesi dovevano essere sacrificate. La crescita del potere tedesco, sosteneva Carr, rendeva "inevitabile che la Cecoslovacchia perdesse parte del suo territorio e alla fine la sua indipendenza". George Kennan, che allora prestava servizio come alto diplomatico statunitense a Praga, concordò sul fatto che la Cecoslovacchia era "dopotutto uno stato dell'Europa centrale" e che le sue "fortune a lungo andare devono essere con - e non contro - le forze dominanti in quest'area. " Gli anti-interventisti avvertirono che "l'imperialismo tedesco" veniva semplicemente sostituito dall'"imperialismo anglo-americano". I critici del sostegno americano all'Ucraina hanno avanzato le stesse argomentazioni. Obama ha spesso sottolineato che l'Ucraina è più importante per la Russia che per gli Stati Uniti, e lo stesso si può certamente dire di Taiwan e della Cina. I critici di sinistra e di destra hanno accusato gli Stati Uniti di impegnarsi nell'imperialismo per aver rifiutato di escludere la possibile futura adesione dell'Ucraina alla NATO e incoraggiato gli ucraini nel loro desiderio di unirsi al mondo liberale.

C'è molta verità in queste accuse. Indipendentemente dal fatto che le azioni degli Stati Uniti meritino o meno di essere chiamate "imperialismo", durante la Prima guerra mondiale e poi negli otto decenni dalla Seconda guerra mondiale fino ad oggi, gli Stati Uniti hanno usato il loro potere e la loro influenza per difendere e sostenere l'egemonia del liberalismo. La difesa dell'Ucraina è una difesa dell'egemonia liberale. Quando il senatore repubblicano Mitch McConnell e altri affermano che gli Stati Uniti hanno un interesse vitale in Ucraina, non intendono dire che gli Stati Uniti saranno direttamente minacciati se l'Ucraina cade. Significano che l'ordine mondiale liberale sarà minacciato se l'Ucraina cade".
Ed è esattamente questo il punto fondamentale che Kagan mette in luce mirabilmente. Non un altro. "This is the question". A dargli ragione non è un altro collega con le sue stesse idee, ma Sergey Karaganov, ex consigliere di Putin e oggi a capo del Centre for Foreign and Defense Policy di Mosca, il quale, nell'aprile dell'anno scorso, affermava, "Ci sentiamo tutti parte di un grande evento nella storia, e non si tratta solo della guerra in Ucraina; si tratta del crollo finale del sistema internazionale che si è creato dopo la Seconda guerra mondiale e poi, in modo diverso, è stato ricostruito dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Quindi, stiamo assistendo al crollo di un sistema economico – del sistema economico mondiale – la globalizzazione in questa forma è finita". Parole echeggiate da Alexander Dugin, "L'operazione speciale in Ucraina è diretta soprattutto contro il liberalismo e il globalismo".

E ora veniamo di nuovo a Kagan.
"Tutte le guerre degli Stati Uniti sono state guerre di scelta, le guerre "buone" e le guerre "cattive", le guerre vinte e le guerre perse. Nessuno è stata una guerra necessaria a difendere la sicurezza diretta degli Stati Uniti; tutte in un modo o nell'altro riguardavano la struttura dello scenario internazionale. La Guerra del Golfo nel 1990-91 e gli interventi nei Balcani negli anni '90 e in Libia nel 2011 riguardavano la gestione e la difesa del mondo liberale e il rispetto delle sue regole".

La difesa dell'Ucraina non fa alcuna eccezione.
"Gli americani si sono spesso convinti che altri stati avrebbero seguito volontariamente le loro regole preferite: negli anni '20, quando gli americani inneggiarono al Patto Kellogg-Briand che "metteva al bando" la guerra; nell'immediato dopoguerra, quando molti americani speravano che le Nazioni Unite si assumessero l'onere di preservare la pace; e ancora nei decenni successivi alla Guerra Fredda, quando si presumeva che il mondo si stesse muovendo ineluttabilmente sia verso la cooperazione pacifica sia verso il trionfo del liberalismo. L'ulteriore vantaggio, forse anche il motivo, di tali convinzioni era che, se fossero state vere, gli Stati Uniti avrebbero potuto cessare di svolgere il ruolo di garanti liberali del mondo ed essere sollevati da tutti i costi materiali e morali che ciò comportava".
Il problema è che non è così. Il problema era l'idealismo e l'ingenuità di questa prospettiva. "L'inferno" diceva Hobbes, "è la verità vista troppo tardi".
"Questa immagine confortante del mondo è stata periodicamente fatta esplodere dalle brutali realtà dell'esistenza internazionale. Putin è stato trattato come uno statista astuto, un realista, che cercava solo di riparare all'ingiustizia fatta alla Russia dall'accordo post Guerra Fredda e con alcuni argomenti ragionevoli dalla sua parte, fino a quando non ha lanciato l'invasione dell'Ucraina, che ha dimostrato non solo la sua disponibilità usare la forza contro un vicino più debole ma, nel corso della guerra, a utilizzare tutti i metodi a sua disposizione per devastare la popolazione civile ucraina senza il minimo scrupolo. Come alla fine degli anni '30, gli eventi hanno costretto gli americani a vedere il mondo per quello che è, e non è il posto ordinato e razionale che i teorici hanno postulato.
Nessuna delle grandi potenze si comporta come suggeriscono i realisti, guidate da giudizi razionali sulla massimizzazione della sicurezza. Come le grandi potenze del passato, agiscono in base a convinzioni e passioni, rabbia e risentimento. Non ci sono interessi "statali" separati, solo gli interessi e le credenze delle persone che abitano e governano gli stati.
...
Le invasioni seriali di Putin negli stati vicini non sono state guidate dal desiderio di massimizzare la sicurezza della Russia. La Russia non ha mai goduto di maggiore sicurezza sulla sua frontiera occidentale come durante i tre decenni successivi dala fine della Guerra Fredda. La Russia è stata invasa da ovest tre volte nel diciannovesimo e ventesimo secolo, una dalla Francia e due dalla Germania, e ha dovuto prepararsi alla possibilità di un'invasione occidentale durante la Guerra Fredda. Ma in nessun momento dalla caduta del Muro di Berlino nessuno a Mosca ha avuto motivo di credere che la Russia si trovasse di fronte alla possibilità di un attacco da parte dell'Occidente.
Il fatto che le nazioni dell'Europa orientale desiderassero cercare la sicurezza e la prosperità entrando a fare parte dell'Occidente dopo la Guerra Fredda potrebbe essere stato un duro colpo per l'orgoglio di Mosca e un segno della debolezza della Russia post Guerra Fredda, ma non ha aumentato il rischio per la sicurezza russa. Putin si è opposto all'espansione della NATO non perché temesse un attacco alla Russia, ma perché quell'espansione gli avrebbe reso sempre più difficile ripristinare il controllo russo nell'Europa orientale. Oggi come ieri gli Stati Uniti sono un ostacolo all'egemonia russa e cinese. Non una minaccia per l'esistenza della Russia e della Cina".
L'egemonia, la lotta per l'egemonia. Siamo ancora a Hobbes? Sì, siamo ancora a Hobbes, non ne siamo mai usciti. L'egemonia del liberalismo contro quella dell'autoritarismo, l'egemonia della democrazia contro quella dell'autoritarismo.
L'ostacolo maggiore per i Putin di questo mondo, per gli Xi Jinping, per i Khamenei, sono sempre gli Stati Uniti, come lo erano un secolo fa per i despoti e i tiranni europei. L'antiamericanismo è la malattia rabbiosa di chi vorrebbe che l'uomo venisse schiacciato sotto il tallone delle dittature o dei regimi autoritari.
"Nonostante le frequenti affermazioni contrarie, persistono le circostanze che hanno reso gli Stati Uniti il fattore determinante negli affari mondiali un secolo fa. Proprio come due guerre mondiali e la guerra fredda hanno confermato che gli aspiranti autocrati egemoni non erano in grado di realizzare le loro ambizioni fintanto che gli Stati Uniti erano un giocatore della partita, così Putin ha scoperto la difficoltà di raggiungere i suoi obiettivi fintanto che i suoi vicini più deboli possono cercare un supporto virtualmente illimitato da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati. Potrebbe esserci motivo di sperare che anche Xi ritenga che non sia il momento giusto per sfidare l'ordine liberale direttamente e militarmente.
...
"Il primo passo, tuttavia, è riconoscere la posta in gioco. La traiettoria naturale della storia in assenza della leadership americana è stata perfettamente evidente: non è andata verso una pace liberale, uno stabile equilibrio di potere o lo sviluppo di leggi e istituzioni internazionali. Porta invece alla diffusione della dittatura e al continuo conflitto tra grandi potenze.
Ecco dove si stava dirigendo il mondo nel 1917 e nel 1941. Se gli Stati Uniti dovessero ridurre il loro coinvolgimento nel mondo oggi, le conseguenze per l'Europa e l'Asia non sono difficili da prevedere. Il conflitto tra grandi potenze e la dittatura sono stati la norma nel corso della storia umana, la pace liberale una breve aberrazione. Solo la potenza americana può tenere a bada le forze naturali (e malvage aggiungo io) della storia".
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » dom lug 10, 2022 9:02 am

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio ott 06, 2022 1:48 am

15)
Adesione dell'Ucraina alla NATO



Nato divisa, Usa spaccati sull'adesione dell'Ucraina: si teme guerra mondiale. Bloccata anche la Svezia

Alessandro Rosi
Domenica 2 Ottobre 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/nato_ ... refresh_ce

Nato divisa. La richiesta di Zelensky di aderire all'Alleanza è stata accolta con reazioni contrastanti all'interno dell'Alleanza. A Washington non tutti sono d'accordo. E si è creata una spaccatura tra i parlamentari statunitensi, secondo quanto indicato Politico. Quando è stato chiesto alla presidente della Camera degli Stati Uniti Nancy Pelosi se sostiene la richiesta di Kiev di aderire alla Nato, ha risposto che gli Usa "sono molto impegnati per la democrazia in Ucraina".

Nato divisa, i timori di una guerra nucleare

Molti funzionari occidentali temono che se Kiev diventasse un membro della Nato a pieno titolo, non solo provocherebbe la Russia, ma attirerebbe anche Washington e Mosca in una guerra diretta. La Carta dell'Alleanza afferma che un attacco a un membro è considerato come offensiva contro l'intera alleanza. E l'unico caso in cui questo principio è stato applicato è stato dopo gli atti di terrorismo dell'11 settembre contro gli Stati Uniti. Per entrare a far parte dell'Allenza, tuttavia, è necessaria l'approvazione unanime di tutte le 30 nazioni che ne fanno parte.

Le nazioni favorevoli e contrarie

Solo alcune nazioni hanno dato parere favorevole all'ingresso dell'Ucraina nella Nato. E sono: Polonia, Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Macedonia settentrionale, Montenegro, Romania e Slovacchia. Le altre? Attendono. Ma potrebbero non dare pare positivo. Anche perché lo stesso sta capitando in questi giorni a Svezia e Finlandia.

Finlandia e Svezia in stallo

Mancano solo Turchia e Ungheria. Ma finché non ci sarà anche la loro approvazione, né la Svezia né la Finlandia potranno entrare nella Nato. Erdogan, però, è stato chiaro: un parere positivo non ci potrà essere finché le promesse precedentemente stipulate dai due paesi non saranno state mantenute. Per la Svezia si tratta di consegnare un certo numero di curdi che il regime turco classifica come appartenenti a organizzazioni terroristiche. Non è sufficiente, quindi, la mossa di Stoccolma che ha tolto il divieto di esportazioni di armi ad Istanbul.




Niente NATO per l’Ucraina di Zelensky
The American Conservative
Se l’Occidente cede alle richieste di Zelensky, l’inverno potrebbe diventare da freddo a nucleare
Tratto e tradotto da un articolo di opinione di Bradley Devlin per The American Conservative
5 ottobre 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... servative/

L’ucraino Volodymyr Zelensky ha avanzato una serie di richieste assurde nel corso della guerra del suo Paese contro la Russia. Ha chiesto agli Stati Uniti e ai suoi alleati della NATO jet da combattimento, accesso agli aeroporti della NATO, carri armati, armi antiaeree, una no-fly zone imposta dagli Stati Uniti, boicottaggi all’energia russa e sanzioni paralizzanti. Ma tutte queste cose fanno pena in confronto all’ultima richiesta di Zelensky: un’accelerazione dell’adesione alla NATO.

A prima vista, la proposta è così ridicola che si potrebbe pensare che Zelensky stia giocando per tornare alla sua vecchia professione di cabarettista. Ma l’ultima trovata politica di Zelensky, ben realizzata, non fa ridere. Se l’Occidente cede alle richieste di Zelensky, l’inverno potrebbe diventare da freddo a nucleare.

“Stiamo compiendo il passo decisivo firmando la richiesta di adesione accelerata dell’Ucraina alla NATO”, ha dichiarato Zelensky in un post di venerdì sul suo canale Telegram.

“Di fatto, abbiamo già dimostrato la compatibilità con gli standard dell’Alleanza. Sono reali per l’Ucraina – reali sul campo di battaglia ed in tutti gli aspetti della nostra interazione”, ha proseguito il leader ucraino. “Ci fidiamo l’uno dell’altro, ci aiutiamo e ci proteggiamo a vicenda. Questa è l’alleanza”.

Zelensky, tuttavia, non ha spiegato in che modo l’Ucraina abbia aiutato o protetto gli Stati Uniti negli ultimi tempi. E con l’Ucraina aspramente impegnata in una guerra per il proprio territorio, qualcuno pensa che correrebbe in soccorso dell’America se la patria americana venisse attaccata, per non parlare della capacità (in assenza di massicci trasferimenti occidentali) di fare la differenza? La risposta, ovviamente, è No.

La richiesta di accelerare l’adesione alla NATO è stata accompagnata da mosse coraggiose da parte del Presidente russo Vladimir Putin. Venerdì Putin ha firmato diversi trattati per l’annessione di quattro territori ucraini, Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia, ognuno dei quali ha tenuto un referendum per l’adesione alla Russia, sebbene l’Occidente abbia contestato la validità dei risultati dei referendum. Alla cerimonia della firma del trattato, Putin ha promesso di proteggere le quattro regioni annesse, che costituiscono circa il 15% del territorio ucraino, con “tutti i mezzi disponibili”.

È una minaccia, potenzialmente nucleare, che l’Occidente dovrebbe prendere sul serio, invece di considerarla solo un “bluff”, come ha sostenuto Max Boot del Washington Post, o le macchinazioni di un pazzo a Mosca. Consentire all’Ucraina di entrare nella NATO allo stato attuale farebbe sicuramente scattare l’articolo 5, almeno secondo l’interpretazione che ne dà l’attuale schieramento di élite che presiede la politica estera a Washington.

Se l’Ucraina entra di soppiatto nella NATO, il denaro, gli armamenti, le attrezzature e le truppe fluirebbero in una direzione e in una sola. A quel punto, una guerra convenzionale con la Russia sarebbe, per quanto folle possa sembrare, lo scenario migliore. Lo scenario peggiore è che la Russia dia seguito alle sue minacce, mentre l’alleanza della NATO guidata dagli Stati Uniti lancia le sue forze nella mischia. In questo scenario, chiunque escluda la guerra nucleare manca di immaginazione.

È possibile che la candidatura dell’Ucraina alla NATO sia simbolica. Se questo è il caso, la vergogna è ancora maggiore per Zelensky che ha fatto una trovata politica su una potenziale guerra nucleare. A prescindere da ciò, la richiesta di adesione alla NATO di Zelensky, vera o finta che sia, mostra una spregevole noncuranza per le conseguenze delle sue azioni.

Ma Zelensky è stato incoraggiato dai suoi sostenitori occidentali a presentare domanda di adesione alla NATO come risultato di decenni di politica estera americana mal concepita nei confronti dell’Europa attraverso la NATO. Egli sa che se l’Ucraina riuscirà ad entrare nella NATO, gli Stati Uniti pagheranno permanentemente il conto della difesa nazionale dell’Ucraina. Lo sanno anche tutti gli alleati europei della NATO, come dimostrano le spese abissali del continente per la difesa nazionale.

Se Washington non dice No all’ingresso dell’Ucraina nella NATO, noi americani non guadagneremmo nulla, ma potrebbe costarci tutto.


Gino Quarelo
Non bisogna cedere alle minacce che invece vanno eliminate alla fonte.
Aiutare l'Ucraina è un dovere e una necessità per l'intero mondo libero civile, specialmente per l'Occidente, per la UE e per gli USA.
Non aiutarla e abbandonarla al mostro russo sarebbe non solo una vergogna e un disonore ma una debolezza e una viltà che segnerebbero la fine della nostra civiltà del diritto, democratica, liberale e l'avvio del regno dell'inciviltà della violenza, della prepotenza e dell'ingiustizia.
Cedere a Putin sarebbe come cedere ai ricatti del terroristi nazi maomettani, dei mafiosi e degli invasati da ogni possibile demenza ideologica e teologica.
Tutti i dittatori della terra si sentirebbero invogliati a portare avanti le loro mostruose politiche libertice, omicide, stragiste e predatorie: dalla Corea del Nord, all'Iran, dalla Cina a Maduro.
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Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mar 02, 2023 11:18 pm

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Re: Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE

Messaggioda Berto » gio mar 02, 2023 11:18 pm

L'EUROPA COSTRETTA A RISCHIARE
di Angelo Panebianco, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
2 marzo 2023

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Wang Yi, l’emissario di Xi Jinping, incontra gli americani a Monaco e poi vola a Mosca da Putin. La Cina propone il suo piano di pace a sostegno dell’alleato russo. La guerra in Ucraina si rivela apertamente per ciò che è sempre stata: posta in gioco in una partita triangolare fra Stati Uniti, Cina e Russia. All’Assemblea generale dell’Onu una schiacciante maggioranza di Paesi condanna l’aggressione russa ma esiste anche, guidata da Cina e India, una consistente minoranza (ne fanno parte, fra gli altri, diversi Paesi africani) che si astiene, rifiutando di schierarsi contro Putin. Il G20 si spacca, con la Cina, ancora una volta, al fianco della Russia. Il mondo è diventato multipolare ma, come ha osservato un acuto commentatore, Robert Kagan, c’è poco da stare allegri. I sistemi internazionali multipolari del passato non erano pacifici: le grandi potenze venivano coinvolte con grande frequenza in guerre locali e, periodicamente, entravano in conflitto (armato ) fra loro. La differenza — e che differenza — è che oggi le grandi potenze (e anche qualche media potenza) dispongono di armi nucleari.
L’unico modo che abbiamo noi occidentali per arginare il caos montante in età multipolare, e per difendere i beni di cui abbiamo fin qui goduto (pace, libertà, prosperità) è mantenere, oggi e in futuro, unità e coesione. Proprio ciò che russi e cinesi pensano che non saremo in grado di mantenere a lungo. Le due grandi potenze autoritarie, come recita un antico detto cinese, sono sedute sul greto del fiume e aspettano che passi davanti a loro il cadavere del nemico, del mondo occidentale. E non mancano le ragioni che rendono l’attesa russa e cinese tutt’altro che campata in aria.
Dopo le Presidenze del disimpegno (Obama e Trump) con Biden, causa la guerra di Putin, l’America è tornata, è di nuovo impegnata nella difesa dell’Europa. Ma tutto ciò quanto durerà? Non è affatto sicuro che le prossime Amministrazioni americane confermeranno le scelte di Biden. C’è l’Asia, c’è la Cina da contenere, e c’è una società americana divisa e polarizzata una parte della quale non capisce perché i ricchi europei non debbano difendersi da soli. E c’è per contro un’Europa che non è in grado di stare in piedi autonomamente. L’Europa è in una condizione di stallo. Ci sono, a indebolirla, le sue tante fratture (Paesi nordici/Paesi mediterranei; Europa centrale/Europa occidentale) ora meno visibili a causa della pandemia prima e della guerra poi, ma pronte a riesplodere una volta superata la fase più acuta dell’emergenza. Mentre continuano a gettare sale sulle ferite, nei vari Paesi, le pressioni (dette sovraniste) di chi vorrebbe innalzare ponti levatoi per bloccare la circolazione di persone e merci. Una Europa che, non potendo risolvere i propri problemi di leadership (la Francia non ha la forza per assumerla, la Germania non vuole, la Gran Bretagna se ne è andata), non è in grado di darsi, se non sotto la guida americana, una coesione sufficiente per fronteggiare le sfide esterne. Ogni tanto arriva qualcuno che immagina una difesa europea del tutto autonoma dalla Nato. Come se fosse possibile fare accettare agli europei un gigantesco spostamento di risorse dal welfare alla difesa militare. E come se fosse facile spiegare agli elettori che il sacrificio è reso necessario dal fatto che la kantiana «pace perpetua» che essi credevano ormai un dato acquisito (almeno nella nostra parte del mondo) non aveva nulla di perpetuo.
Un elemento che indebolisce l’Europa è dato dal fatto che una parte dell’opinione pubblica europea (in Italia è più forte che altrove) è impreparata a fronteggiare i rischi crescenti connessi alla nascita di un mondo multipolare. Possiamo distinguere due categorie: quelli che non hanno capito niente e quelli che hanno capito fin troppo. I primi credono di vivere nel Paese dei balocchi, pensano che Zelensky sia un rompiscatole, pensano che se anche in Ucraina vincessero i russi niente cambierebbe nelle loro vite e in quelle dei loro cari. Credono che la pace di cui godono sia una sorta di condizione naturale che nessuno potrà loro sottrarre, pensano che guerra, oppressione e violenza riguardino altri, che non possano esserne neanche sfiorati. Non hanno mai capito che la loro pace e la loro libertà è stata garantita, dal ’45 ad oggi, dalla Nato. In più, sono quelli che «Franza o Spagna», quelli che pensano che nulla di cattivo potrebbe loro succedere se, vincitore Putin in Ucraina, e in ritirata l’America, la Russia estendesse la sua influenza su un’Europa occidentale fragile, divisa, manipolabile. Né pensano che, se andasse in pezzi la Nato, l’insicurezza collettiva crescerebbe ovunque, anche nei Balcani e nel Mediterraneo. Con l’Italia, per inciso, in prima fila fra i Paesi minacciati.
Poi ci sono quelli che hanno invece capito tutto. Sono i nemici occidentali della società occidentale. Detestano, e hanno sempre detestato, il capitalismo, l’individualismo, la nostra «falsa democrazia». Ai tempi della Guerra fredda non vollero mai rispondere a una domanda: perché il muro di Berlino non serviva per impedire ai tedeschi occidentali di «fuggire» ad est, per impedire loro di scappare dall’inferno capitalista? Sono quelli che sperano che russi e cinesi abbiano ragione, che sia cominciato davvero il conto alla rovescia, che l’Europa riuscirà finalmente, prima o poi, a sbarazzarsi della tutela americana. Si ostinano a non chiedersi come sarebbe stata la loro personale esistenza se anziché vivere nella «falsa democrazia» occidentale, ove il potere del governo è limitato e bilanciato da altri poteri, fosse loro toccato in sorte di sottostare al potere illimitato e concentrato di un despota e della sua cricca.
Il futuro, come sempre, è aperto. Le sfide che abbiamo di fronte sono tante. La più urgente è convincere gli europei che non viviamo nel Paese dei balocchi, che pace, libertà e prosperità non sono manna caduta dal cielo ma beni di cui abbiamo goduto grazie a un insieme di circostanze che potrebbero svanire. E abbiamo tutto l’interesse a fare in modo che non svaniscano.
Nel pericoloso mondo multipolare in cui siamo ormai immersi, non può essere stabilito a priori chi abbia più filo da tessere, chi alla fine uscirà vincente nel braccio di ferro fra le democrazie occidentali e le potenze autoritarie. Le nostre scelte e le nostre azioni decideranno del nostro futuro. Decideranno se saremo noi, come è auspicabile, quelli seduti sul greto del fiume.
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