Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » dom mag 08, 2022 10:23 am

12)
L'inferno imperialista, suprematista, comunista e nazi fascista russo:

dalla Russia degli Zar con i suoi servi della gleba a quella dell'URSS con i suoi gulag e poi a questa del macellaio del Cremlino Putin, l'ex colonnello del KGB sovietico e capo assoluto degli oligarchi al cui cospetto tremano le gambe.
È stato per allontanarsi da questo inferno che l'Ucraina, nei secoli, quando ha potuto ha cercato di liberarsi del dominio russo e nel 1991 al libero referendo ha votato in massa al 90% per l'indipendennza e poi ha cercato aiuto e alleanza con l'Occidente, la UE, gli USA e la NATO, e come dargli torto?




La Russia nazi fascista di Putin
La Russia di Putin e l'Ucraina e la putinlatria
viewtopic.php?f=92&t=2990

Putin, no grazie! Sta con il male della terra.
Putin il dittatore zarista ex comunista che piace ai rosso bruni destro sinistrati dell'Occidente in perenne attesa di un Messia cazzuto e armato.
E tra questi anche i poveri venetisti che sognano il ritorno della Serenissima con la sua aristocrazia cristiana illuminata e che sperano che Putin possa regalargliela come fosse un super Babbo Natale con il magico potere di riportare indietro le lancette della storia e di favorirne un'altra a loro gradita e che a suo tempo Venezia e la sua Serenissima non hanno saputo e voluto costruire.
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 8961991036

1)
A me la Russia imperialista di Putin che sta sempre con il male delle dittature comuniste e maomettiste e i nemici dell'Occidente e degli ebrei (Corea del Nord, Cina, Venezuela, Iran, ...) non mi piace proprio per niente.
Non mi piace il suo imperialismo (zarista, sovietico, putiniano), non mi piace il Putin del KGB, non mi piace la sua arroganza, non mi piace il suo essere sempre anti USA e anti occidente.

Chediamoci perché la Russia che è grande quasi il doppio degli USA, dotata di incommensurabili ricchezze minerarie ed energetiche, con 150 milioni abitanti 2,5 volte gli abitanti dell'Italia e poco meno della metà degli USA, abbia un PIL inferiore a quello italiano e 1/12 di quello USA
Chiediamoci perché la Russia è sostenitrice e il massimo fornitore di armi alle dittature e agli stati canaglia di tutto il mondo che sono prevalentemente nazi comunisti e nazi maomettani.
La Russia di Putin si alimenta del male del Mondo e a sua volta lo alimenta.



Sulla democraticità e la libertà politica della e nella Russia di Putin
vedasi questa classificazione dei vari paesi del mondo dove la Russia si colloca in fondo alla lista molto al di sotto dell'Ucraina:
Russia 20 - Ucraina 60 su una scala di 100 = Finlandia = 100
https://freedomhouse.org/countries/freedom-world/scores


Percezione della corruzione nel Mondo, classifica dei paesi più corrotti

https://it.wikipedia.org/wiki/Indice_di ... corruzione
179 paesi

Il meno corrotto è la Danimarca = 1
il più corrotto è Sudan del Sud = 179

Italia, Grenada, Malta e Isole Mauritius= 52
Ucraina = 117
Russia e Mali = 129


Nella classifica mondiale della Libertà di stampa, agli ultimi posti vi sono tutte le dittature:
Corea del Nord, Cina, Iran, Venezuela e Russia.


L'Italia si posiziona nella parte bassa di questa classifica proprio verso questi paesi dove la Libertà di stampa non esiste e la testimonianza che lo conferma ci viene proprio dall'enorme spazio che in Italia viene dato alla informazione manipolata che disinforma proveniente da questi paesi, dove vige la dittatura più feroce e la censura più ferrea con uccisione e imprigionamento sistematici dei dissidenti e dei giornalisti, specialmente in Russia.

Classifica mondiale Libertà di stampa
https://it.wikipedia.org/wiki/Indice_de ... _di_stampa
da 1 (dove vi è più libertà a 180 dove vi è meno libertà) dati aggiornati al 2019
Norvegia 1
Svizzera 6
Germania 13
Lettonia 24
Sudafrica 31 (?)
Francia 32
Corea del Sud 41
Italia 43
USA 48 (?)
Polonia 59
Tunisia 72 (?)
Israele 88 (?)
Ucraina 102
Nigeria 120
Afganistan 121 (?)
Marocco 135
India 140
Venezuela 148
Russia 149 (?)
Bielorussia 153
Egitto 163
Cuba 169
Cina 177
Corea del Nord 179
Tutkmenistan 180 (?)



Giornalisti uccisi nella Russia di Putin

https://it.wikipedia.org/wiki/Giornalis ... _in_Russia
Il mestiere di giornalista, in Russia, divenne progressivamente più pericoloso a partire dall'inizio degli anni novanta, ma l'opinione pubblica internazionale iniziò a interessarsi al fenomeno solo in seguito all'omicidio della giornalista Anna Politkovskaja, uccisa a Mosca il 7 ottobre 2006, e alla lunga scia di omicidi di giornalisti rimasti ufficialmente senza un colpevole. Mentre alcune associazioni internazionali riferiscono di diverse dozzine di omicidi, altre parlano di oltre duecento uccisioni.

Due rapporti pubblicati da organizzazioni internazionali, disponibili in lingua russa e in lingua inglese, hanno esaminato e documentato la situazione. Un'ampia inchiesta commissionata dall'International Federation of Journalists su questo tema è stata pubblicata nel giugno 2009. Allo stesso tempo l'IFJ ha pubblicato un database direttamente consultabile su internet] che documenta la morte o scomparsa di più di 300 giornalisti a partire dal 1993. Entrambi i report, quello di Partial Justice[4] (versione russa: Частичное правосудие) e quello del database IFJ, si basano su informazioni raccolte da associazioni e fondazioni russe che si occupano di monitorare lo stato dei media in Russia, come la Glasnost Defense Foundation e il Center for Journalism in Extreme Situations.



Dalla Russia con veleno | Tutti i casi di oppositori eliminati dal regime di Mosca
Linkiesta.it
Maurizio Stefanini
21 agosto 2020

https://www.linkiesta.it/2020/08/avvele ... asi-putin/

Il 20 agosto del 1940 a Città del Messico Ramón Mercader diede una picconata in testa a Lev Trotzky, che morì 26 ore dopo. Esattamente 80 anni dopo, il 20 agosto del 1920 Alexei Navalny è in coma, «in condizioni gravi ma stabili». Secondo la sua portavoce Kira Yarmysh, probabilmente «avvelenato da qualcosa mescolato nel suo tè». «Era l’unica cosa che beveva al mattino». «Non aveva alcun sintomo prima del decollo del volo, aveva bevuto solo del tè nero all’aeroporto di Tomsk prima di partire. Poi si è sentito male», ha raccontato al sito Mediazona. Mentre alla radio Eco di Mosca ha ulteriormente puntualizzato: «Navalny ha detto che non stava bene e mi ha chiesto un tovagliolo, era sudato». «Abbiamo chiesto dell’acqua ma ci hanno detto che non lo avrebbe aiutato, poi è andato in bagno e ha perso conoscenza». «I medici dicono che con i liquidi caldi le sostanze tossiche vengono assorbite più velocemente». Il pilota ha chiesto l’atterraggio d’emergenza a Omsk. E poi è venuto il ricovero in ospedale.

Lev Trotzky dopo essere stato un leader della Rivoluzione Russa e l’organizzatore e comandante dell’Armata Rossa era stato sconfitto da Stalin nella contesa per la successione a Lenin, e poi mandato in esilio, dove contro la Terza Internazionale staliniana aveva organizzato una sua Quarta Internazionale. Tre mesi prima dell’omicidio, la sua villa fortificata era stata assalita da un commando di trenta uomini armati guidati dal celebre pittore di murales David Alfaro Siqueiros: rivale dell’altro muralista Diego Rivera, il marito di Frida Kahlo, che invece di Trotzky aveva trattato l’asilo in Messico.

In origine blogger anti-corruzione, Navalny è diventato il leader di riferimento dell’opposizione a Putin. Secondo quanto scrivono i media locali, era andato in Siberia alcuni giorni a raccogliere materiale per un’inchiesta su alcuni deputati del partito di governo Russia Unita.

Sottoposto a continue pressioni, tra cui decine di condanne a pene detentive, già un anno fa aveva denunciato di essere stato avvelenato, mentre era in prigione.

Sicuramente aveva sofferto una grave reazione allergica e un medico aveva confermato che poteva derivare da avvelenamento. Ancora prima, nel 2017, Navalny era stato ustionato agli occhi quando fuori dal suo ufficio alcuni aggressori gli avevano lanciato sul viso una tintura verde disinfettante.

Casuale la ricorrenza? Di Trotzky, è storicamente accertato che fu assassinato da un agente della Gugb: definizione che tra 1934 e 1946 ebbe quella Polizia Segreta che tra 1917 e 1922 si era chiamata Ceka, tra 1922 e 1923 Gou e tra 1923 e 1934 Ogpu, e che sarebbe poi diventata nel 1945 la Mgb, nel 1953 la Mvd e nel 1954 il Kgb. Per poi trasformarsi nel 1991 in Fsk e nel 1995 in Fsb.

Combattente repubblicano in Spagna e zio della madre di Christian De Sica, Ramón Mercader si era fatto passare per militante trotzkysta, e continuerà sempre a dire di essere un «trotzkysta deluso».

Ma si è poi saputo che per tutti i 20 anni della sua detenzione in Messico il governo sovietico aveva continuato a versargli 1000 dollari al mese, e quando il 20 agosto 1960 alla liberazione andò a Mosca vi ricevette la medaglia d’oro di Eroe dell’Unione Sovietica, la tessera del Pcus, una pensione da generale dell’Armata Rossa, un posto a Radio Mosca per la moglie e una dacia. E a Mosca è sepolto, sempre con l’indicazione di Eroe dell’Unione Sovietica.

Sui Navalny invece al momento non è ancora accertato nulla. Gli avvocati del Fondo anti-corruzione che Navalny ha creato per denunciare il malaffare della nomenklatura putiniana hanno però annunciato che chiederanno l’apertura di un’inchiesta al Comitato investigativo secondo l’articolo 277 del codice penale: «Attentato alla vita di uno statista o di un personaggio pubblico, commesso per porre fine alla sua attività pubblica o politica».

Secondo la portavoce, «la reazione evasiva dei medici conferma solo che si tratta di avvelenamento. Solo due ore fa erano pronti a condividere qualsiasi informazione, e ora stanno chiaramente giocando per il tempo e non dicono quello che sanno».

Putin, d’altronde, dal Kgb viene. E molti suoi biografi hanno ricordato che in base al giuramento una volta entrati nel Kgb si rimaneva agenti per tutta la vita.

Il complesso rapporto di Putin con il passato sovietico è stato spesso sintetizzato con la frase a lui attribuita secondo cui «chi non ha nostalgia dell’Unione Sovietica è senza cuore, ma chi la rimpiange è senza cervello».

Dunque, niente rimpianti per l’ideologia marxista-leninista, ma ampia continuità con alcune direttrici geopolitiche che d’altronde risalivano all’epoca zarista.

Massima valorizzazione di alleanze che comunque dalla simpatia per il modello comunista venivano. E anche forte continuità per un certa storia di soppressione fisica di avversari e oppositori. Una vicenda in cui il veleno rappresenta un know-how importante fin da quando nel 1921 Lenin ordinò la creazione di un Laboratorio Numero 12 che si trovava nei sobborghi di Mosca e che era specializzato nelle ricerche su veleni, droghe e sostanze psicotropiche in genere.

Una malignità potrebbe collegare questo know how «chimico-farmaceutico» anche al recente annuncio di Putin della scoperta di un vaccino anti-Covid. Vero è che non solo i Servizi russi hanno fatto ricorso a questo tipo di sistemi: basti pensare a quando nel 1997 agenti israeliani tentarono di uccidere il leader di Hamas Khaled Mashal con una dose letale di Fentanyl, o all’azione con cui nel 2017 Kim Jong-un fece assassinare il suo fratellastro Kim Jong-nam con l’agente nervino VX.

Se il Cremlino non ha l’esclusiva, però, un primato glielo si può certamente attribuire. In modo molto simile a Navalny, ad esempio, il primo settembre 2004 era stata presumibilmente avvelenata su un aereo la giornalista della Novaya Gazeta Anna Politkovskaya. Implacabile denunciatrice della repressione in Cecenia e delle violazioni dei diritti umani, era stata chiamata a mediare sulla crisi degli ostaggi a Beslan, ma dopo aver bevuto un tè datole a bordo venne improvvisamente colpita da un malore e perse conoscenza.

L’aereo fu costretto a tornare indietro per permettere un suo immediato ricovero. La dinamica non è mai stata chiarita del tutto, ma comunque meno di due anni dopo, il 7 ottobre del 2006, Anna Politkovskaya sarebbe stata ritrovata morta nell’ascensore del suo palazzo a Mosca, proprio nel giorno del compleanno di Putin.

Accanto al cadavere furono ritrovati una pistola Makarov Pm e quattro bossoli, uno dei quali del proiettile che aveva colpito la giornalista alla testa.

Fonti di intelligence riferirono che la Politkovskaya sarebbe stata su una lista di persone scomode che il Cremlino avrebbe deciso di fare eliminare, assieme a Alexander Litvinenko e Boris Berezovskij.

Agente dei servizi russi fuggito nel Regno Unito nel 2000, poi autore nel 2002 di un libro in cui accusava Putin di aver fatto organizzare attentati falsamente attribuiti ai ceceni apposta per spianarsi la via per il potere, Litvinenko sarebbe in effetti morto poco dopo, il 23 novembre 2006, in seguito a avvelenamento da polonio-210.

Prima di morire fece in tempo ad accusare Putin di essere il responsabile, e anche il mandante dell’omicidio di Anna Politkovskaja. «L’idea nella nostra agenzia è che il veleno è un’arma utilizzabile esattamente come una pistola», aveva detto due anni prima in una intervista al New York Times. Il polonio provoca una morte particolarmente dolorosa, e quindi il suo utilizzo è stato interpretato come un chiaro avvertimento: forse come il fatto che certe azioni vengano fatte in particolari ricorrenze.

Ingegnere diventato miliardario nel periodo post sovietico, e a sua volta fuggito nel Regno Unito nel 2000 dopo l’arrivo al potere di Putin, condannato in contumacia per frode e appropriazione indebita e sottoposto in Russia a sequestro del suo patrimonio, anche Boris Berezovskij sarebbe poi stato trovato morto in modo misterioso nei pressi di Londra il 23 marzo 2013.

Il medico legale disse che sul corpo non erano presenti segni causati da una lotta e che quindi era presumibile un suicidio. Il coroner, però, emise un open verdict. Qualche sostanza in grado di uccidere senza lasciare tracce?

Riuscì invece a sopravvivere Viktor Juščenko. Già primo ministro ucraino dal 22 dicembre 1999 al 29 maggio 2001, leader dei filo-occidentali, nel corso della campagna elettorale del 2004, cominciò a soffrire di una misteriosa patologia, con una pesante eruzione cutanea che gli lasciò cicatrici permanenti. Scontate dunque le battute su «la bella, il brutto e il cattivo» a proposito del suo «triello» con l’altra leader filo-occidentale Julija Tymošenko e con il leader filo-russo di Viktor Janukovyč.

Vari tossicologi diagnosticarono una presenza di diossina nel sangue in quantità 6.000 volte superiori alla normalità, e lo stesso Juščenko disse di sospettare una cena con i servizi di sicurezza ucraini: per una ultima portata servita, a differenza delle altre, in monoporzioni.

Dopo l’identificazione del particolare tipo di diossina impiegato, lo staff di Juščenko inviò una richiesta di informazioni ai quattro laboratori al mondo in grado di produrlo. L’unico a non rispondere fu quello di Mosca.

E si seppe pure che pochi giorni dopo il supposto avvelenamento qualcuno dei componenti dei servizi di sicurezza presenti quella sera avrebbe lasciato l’Ucraina, per recarsi e vivere stabilmente in Russia.

Comunque Juščenko sarebbe riuscito a diventare presidente, dal 23 gennaio 2005 al 25 febbraio 2010. Sarebbe poi tornato al potere Janukovyč, rimosso nel 2014 dalla rivolta di Maidan.

Recente è stata poi la storia di Sergej Viktorovič Skripal’: colonnello dei Servizi russi, condannato nel 2006 per alto tradimento a favore dei Servizi britannici.

Grazie a uno scambio di spie con gli Usa nel 2010 fu liberato e ricevette non solo la residenza nel Regno Unito, ma anche la cittadinanza. Il 4 marzo del 2018, a Salisbury, lui e sua figlia Julija furono vittime di avvelenamento doloso da gas nervino, con una sostanza detta Novičok. Per il governo britannico «c’è un’alta probabilità» che la Russia sia coinvolta nell’avvelenamento, che ha riguardato ben 21 persone.

Mosca ha sempre respinto le accuse. Il nodo riguarda due turisti russi che i loro passaporti identificavano come Alexander Yevgenievich Petrov e Ruslan Timurovich Boshirov, che si trovavano nella zona con comportamenti sospetti, e che sia il sito inglese Bellingcat che quello russo The Insider hanno chiaramente identificato come due agenti operativi dell’intelligence militare russa: il colonnello Anatoliy Chepiga, Eroe della Federazione Russa, e il medico militare Alexander Mishkin.

E c’è pure Vladimir Kara-Murza, vice-presidente della Ong Open Russia di Mikhail Khodorkovsky: altro ex-oligarca costretto all’esilio nel Regno Unito. Il 26 maggio del 2015 si sentì male improvvisamente nello spazio di 20 minuti durante un meeting. «Passai da uno stato di normalità a un improvvisa condizione di rapida pulsazione cardiaca, pressione altissima, sudore e vomito fino allo svenimento», avrebbe raccontato. I medici gli diagnosticarono un avvelenamento. Ma gli stessi sintomi si presentarono di nuovo il 2 febbraio 2017. E questa volta i medici lo avvertirono che non sarebbe sopravvissuto a un terzo avvelenamento.

All’epoca sovietica risale poi il famoso avvelenamento di Georgi Markov: un dissidente bulgaro ucciso l’11 settembre 1978 in una strada di Londra con una capsula di ricina sparata nelle gambe da un ombrello speciale. Forse l’esecutore fu un bulgaro a sua volta, ma quasi sicuramente il marchingegno era stato ideato dal Kgb.

Il capo guerrigliero ceceno Ibn al-Khattab morì invece nella notte tra il 19 ed il 20 marzo 2002, dopo che gli era stata recapitata una falsa lettera di sua madre avvelenata con gas nervino. Latore un agente del Fsb di nome Ibragim Alauri che era stato addestrato per sei mesi, e che sarebbe stato ucciso un mese dopo da un commando ceceno. L’Fsb rivendicò l’uccisione di al-Khattab come successo di una “operazione speciale”.

Il 10 novembre 2012 morì a Londra Alexander Perepilichny: un uomo d’affari russo che si era recato nel Regno Unito nel 2010 e aveva dato agli inquirenti svizzeri importanti elementi sul ruolo delle autorità russe nello scandalo del fondo Hemitage. Nel suo stomaco sono state trovate tracce del gelsomino della Carolina: un fiore tossico.

È ancora viva invece Karinna Moskalenko: avvocatessa e attivista per i diritti umani che ha difeso tra gli altri Mikhail Khodorkovsky, Garry Kasparov e lo stesso Litvinenko, e che è stata la prima a vincere una causa contro la Federazione Russa alla Corte di Strasburgo. Il 14 ottobre 2008 il marito scoprì che le avevano riempito l’auto di mercurio velenoso.



In Russia, la servitù della gleba cominciò ad affermarsi nel 1601, quando lo zar Boris Godunov limitò la libertà di movimento dei contadini.
https://it.wikipedia.org/wiki/Servit%C3%B9_della_gleba
Già nel 1606, sotto Ivan Isaevič Bolotnikov, vi fu una grande rivolta contadina contro la servitù della gleba. Ma fu solamente con Pietro il Grande che, nel 1723, si giunse a una normativa legale della servitù della gleba che, come spesso accadeva nella legislazione di Pietro il Grande, era basata prevalentemente su modelli occidentali. La situazione dei contadini russi divenne ancora più pesante con Caterina II di Russia, nel tardo XVIII secolo, quando la servitù della gleba venne estesa anche all'Ucraina, dove, sino ad allora, i contadini erano rimasti liberi. La servitù della gleba venne abolita solamente nel 1861, dallo zar riformatore Alessandro II, circa 50 anni più tardi rispetto al resto d'Europa. Spesso questa abolizione non significava maggiore libertà per i contadini, quanto piuttosto una maggiore dipendenza economica, con la perdita, inoltre, della tutela giuridica. Questa situazione non venne compiutamente risolta fino alla rivoluzione d'ottobre, e ne contribuì al successo. Fecero parte dell'Armata rossa (esercito bolscevico, guidato da Trockij) più di 48 milioni di braccianti ex servi della gleba.


Gulag
Gulag (pron. [gu'lag]; in russo: ГУЛаг - Главное управление исправительно-трудовых лагерей?, traslitterato: Glavnoe upravlenie ispravitel'no-trudovych lagerej ascolta[?·info],"Direzione principale dei campi di lavoro correttivi"[1][2] - spesso scritto GULag) è stato il ramo della polizia politica dell'URSS che istituì il sistema penale dei campi di lavoro forzato. Benché questi campi fossero stati pensati per la generalità dei criminali, il sistema è noto soprattutto come mezzo di repressione degli oppositori politici dell'Unione Sovietica.
https://it.wikipedia.org/wiki/Gulag
Complessivamente circa 18 milioni di persone, non solo sovietici, sono passati dai campi.[3] Il numero massimo di prigionieri fu raggiunto nel 1950 con circa 2,5 milioni di reclusi. Il tasso di mortalità nel Gulag prima della seconda guerra mondiale oscillava tra il 2,1% e il 5,4%, picco massimo registrato nel 1933.[4] Durante la seconda guerra mondiale, nel contesto delle scarse condizioni di vita dei prigionieri, si raggiunse un tasso del 24,9%. Nei primi anni '50 il tasso calò intorno allo 0,9% fino a raggiungere lo 0,4% nel 1956.[5]
Fino alla dissoluzione dell'Unione Sovietica non vi erano dati certi sui decessi dei reclusi e diversi media occidentali ipotizzarono diversi milioni di morti,[6][7] alcuni anche in maniera funzionale alla propaganda anticomunista. Secondo i documenti degli archivi sovietici, dove erano stati catalogati gli internati e i decessi, fra il 1930 ed il 1956 si sarebbe registrato un totale di 1.606.748 morti,[5] dei quali 932.268 (il 58% del totale) nel periodo 1941-1945, su circa 18 milioni di persone che, secondo gli storici più accreditati, sono passate nei campi del gulag.


Arcipelago Gulag è un saggio di inchiesta narrativa, edito in tre volumi, scritto tra il 1958 e il 1968 da Aleksandr Solženicyn sul sistema dei campi di lavoro forzato nell'URSS. Durante il regime comunista, l'utilizzo sistematico della giustizia politica disseminò l'Unione Sovietica di campi di concentramento.
https://it.wikipedia.org/wiki/Arcipelago_Gulag




Sterminio URSS in Ucraina


I kulaki (talvolta italianizzato in culachi, sing. culaco[1], dal plurale di kulak, in russo: кула́к? ascolta[?·info], "pugno") erano una categoria di contadini presente negli ultimi anni dell'Impero russo, e nei primi della neonata Unione Sovietica, finché nel 1924, con la morte di Lenin, prese il potere Stalin, che diede il via alla collettivizzazione e i kulaki divennero a tutti gli effetti nemici dello stato. Iniziò così un vero e proprio rastrellamento nelle campagne, e moltissimi finirono nei gulag.
https://it.wikipedia.org/wiki/Kulaki
La parola kulaki inizialmente si riferiva a contadini indipendenti della Russia che possedevano grandi appezzamenti di terreno ed utilizzavano mezzadri; successivamente il termine fu utilizzato spregiativamente dai bolscevichi per indicare i contadini agiati.
Lo storico francese Nicolas Werth sottolinea che per essere classificati come kulaki bastava «l'utilizzo di un operaio agricolo per una parte dell'anno, il possesso di macchine agricole un po' più perfezionate del semplice aratro, di due cavalli e quattro mucche».[2]
I kulaki si convertirono così da possidenti ereditieri per diritto di nascita a lavoratori. Molti kulaki si opposero fermamente alla collettivizzazione, nascondendo le derrate alimentari, macellando il bestiame ed anche imbracciando le armi. Stalin reagì ordinando l'arresto degli oppositori, che venivano condannati, a seconda della gravità dei loro atti, dai 5 ai 10 anni di internamento nei gulag[4]. Secondo gli archivi ufficiali i kulaki internati totali nei gulag furono circa 2,5 milioni di persone[5], dei quali perirono in 600.000[6], la maggior parte tra il 1930 e il 1933.


Memorie ucraine della morte per fame
l’orrore dell’“Holodomor”
Francesco M. Cataluccio
14 marzo 2022

https://www.ilfoglio.it/esteri/2022/03/ ... e-3803834/

Perché gli ucraini scappano dalla guerra? Nella loro storia c’è l’orrore dell’“Holodomor”, la grande carestia dei primi anni Trenta considerata oggi un genocidio provocato dal regime sovietico. I morti furono sette milioni

Nella tragedia ucraina si assiste a una fuga di proporzioni bibliche: migliaia di donne, bambini e anziani abbandonano le loro case e fuggono all’estero, attraverso la Polonia (ma anche la Romania e l’Ungheria), portandosi dietro poche cose, spesso solo il contenuto di una valigia. Gli uomini, volenti o nolenti, rimangono a combattere in patria. Già oltre un milione di persone se ne sono andate. Le organizzazioni umanitarie prevedono che i fuggiaschi potrebbero arrivare a sette milioni, o anche più. La guerra “moderna” si combatte nelle, e contro, le città e prevede di non avere l’“intralcio” dei civili. I massacri sono un’eventualità che i militari preferiscono evitare. Ma i missili e i bombardamenti dal cielo non fanno distinzioni tra le vittime, e già si vede che anche obiettivi come ospedali e scuole non vengono risparmiati. Più passa il tempo e trovano imprevista resistenza, più cruenti si fanno i piani degli invasori (i cosiddetti “corridoi umanitari”, che permetterebbero ai civili di evacuare le città attaccate, non vengono rispettati).

C’è però un aspetto, legato alla memoria storica, che rafforza ancor di più il diritto e l’aspirazione dell’Ucraina a essere una nazione indipendente dalla Russia. Un aspetto che non può essere trascurato se si vuole comprendere una fuga di queste dimensioni e il terrore del potente vicino. Ogni ucraino ha in famiglia vittime degli anni Trenta e Quaranta: morti per guerre, fucilazioni, deportazioni e, soprattutto, per fame.

“Holodomor”, deriva dall’espressione ucraina moryty holodom, che significa “infliggere la morte attraverso la fame”, ed è il nome attribuito alla carestia, non generata da cause naturali, che si abbatté sul territorio dell’Ucraina negli anni dal 1929 al 1933 e che causò circa sette milioni di morti. O anche di più. Ci sono le testimonianze di qualche osservatore straniero, come il console italiano a Karkhov (oggi Kharkiv), Sergio Gradenigo, che nei suoi rapporti diplomatici sostenne di aver saputo da rappresentanti del governo che i morti erano nove milioni. Prendendo come riferimento la definizione giuridica di genocidio, e le diverse testimonianze storiche raccolte dagli anni Trenta a questa parte, gli ucraini sostengono che la carestia del 1932-1934 può essere considerata un “genocidio”, provocato dal regime sovietico, guidato all’epoca da Stalin.

Nel marzo 2008 il parlamento dell’Ucraina e 19 nazioni indipendenti (tra le quali l’Italia) hanno riconosciuto le azioni del governo sovietico nell’Ucraina dei primi anni Trenta come atti di genocidio. Una dichiarazione congiunta dell’Onu del 2003 ha definito la carestia come il risultato di politiche e azioni “crudeli” che provocarono la morte di milioni di persone. Il 23 ottobre 2008 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione nella quale ha riconosciuto l’Holodomor come “un crimine contro l’umanità”.

Bisogna risalire ai primi anni del dominio sovietico in Ucraina, e raccontare anzitutto la storia, quasi un romanzo, di uno strano personaggio dalla biografia più complicata degli altri rivoluzionari dell’epoca, che avrebbe potuto forse, con la sua intelligenza e apertura, impedire la catastrofe che si abbatté su quella nazione.

Christian Georgevich Rakovskij (1873-1941), alias Chaim Rakeover (il padre era un commerciante ebreo), nacque a Gradets (Bulgaria) e nel 1880 si trasferì con la famiglia in Romania, dove entrò in contatto con i movimenti socialdemocratici di quel paese. Viaggiò in Svizzera (si iscrisse alla facoltà di Medicina di Ginevra nel 1890), Bulgaria, Germania, Francia, Romania e Russia. Durante la Prima guerra mondiale, aderì alla sinistra internazionalista di Zimmerwald. Arrestato nel 1916, in Romania, per attività antibelliche, venne liberato l’anno successivo dall’esercito russo. Rifugiatosi in Russia, si unì ai bolscevichi. Fu tra i fondatori del Comintern e ricoprì varie cariche diplomatiche. Venne nominato presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo dell’Ucraina nel marzo del 1918, e membro del Comitato centrale del Partito bolscevico nel 1919. Come presidente ucraino sviluppò una politica estera indipendente da quella dell’Urss, concludendo diversi trattati commerciali con vari stati dell’Est europeo. Dopo aver rappresentato l’Urss alla Conferenza di Genova (aprile-maggio 1922), nell’aprile del 1923 si oppose alle nazionalizzazioni forzate di Stalin in occasione del XII Congresso del partito. Nel luglio di quello stesso anno gli furono affidati incarichi diplomatici importanti che miravano però ad allontanarlo dai ruoli decisionali del potere. Amico di Trotzkij, divenuto esponente dell’Opposizione di sinistra, fu inviato d’affari del governo sovietico a Londra (dal settembre del 1923) e ambasciatore a Parigi (dal dicembre del 1925 all’ottobre del 1927). Rakovskij fu espulso dal Partito comunista nel 1927, e, nel gennaio del 1928, deportato ad Astrakhan, poi a Saratov, ed infine a Barnaul (Kazakhstan), nel 1929. Nel febbraio del 1934 si dichiarò fedele alla linea politica staliniana. Rimesso in libertà, fu sottoposto a controlli continui di ogni genere. Venne arrestato nuovamente nella seconda metà del 1937, ma rifiutò di collaborare con gli inquisitori staliniani per diversi mesi, finché cedette alle pressioni e fu costretto ad autoaccusarsi di collaborazionismo con la Germania nazista, nel corso del Terzo processo di Mosca (marzo 1938). Condannato a vent’anni di detenzione, Rakovskij trovò infine la morte tre anni più tardi in un gulag, fucilato per ordine di Stalin. Di quel pentimento estorto a Rakovskij con le torture, durante l’interrogatorio alla vigilia del processo del 1938, i cui materiali non sono mai emersi dagli Archivi dell’Nkvd, circola in rete una paranoica ricostruzione (basata su una trascrizione di 50 pagine, pubblicata negli anni Cinquanta a Madrid, col titolo Sinfonia rossa), nella quale egli avrebbe svelato di “essere stato a conoscenza di una congiura tedesco-ebraico-sovietica, promossa dal Circolo Rothschild-Illuminati, che prevedeva di utilizzare il comunismo per stabilire nel mondo una dittatura dei ricchi ebrei”…

Di paranoie, dalle conseguenze assai più tragiche, in quegli anni ne circolarono parecchie. Gli ucraini, essendo milioni di piccoli contadini, religiosi e nazionalisti, non erano considerati dai russi “affidabili”, mostrando di andare in direzione opposta ai piani sovietici. Allora i bolscevichi misero in piedi un programma di collettivizzazione forzata che si spinse ad affamare un’intera popolazione.

Lo scrittore Vasilij Semënovich Grossman era nato nel 1905 a Berdicev (Berdychiv), a circa 250 chilometri a sud di Chernobyl, che aveva anche dato i natali, nel 1857, allo scrittore anglo-polacco Joseph Conrad (alias Józef Konrad Korzeniowski). Fino alla Prima guerra mondiale, Berdicev era un importante shtetl ucraino (circa l’80 per cento della popolazione era ebrea): dal 1861, con 41.617 abitanti ebrei, era infatti la seconda comunità ebraica dell’Impero russo. Grossman, a differenza ad esempio di Bulgakov, aveva creduto nel comunismo e aveva anche fatto parte della nomenklatura intellettuale sovietica. Quindi, anche nel momento dell’amara resa dei conti con un sistema violento e corrotto, era in grado di capire lucidamente certe motivazioni dei suoi rappresentanti. Dice Grossman nel suo romanzo Tutto scorre…, scritto fra il 1955 e il 1963 e pubblicato postumo in Germania occidentale nel 1970 (Adelphi, 1987): “Arrivarono gli anni Trenta, i giovani, i combattenti della guerra civile si erano fatti uomini quarantenni, dai capelli argentati. Per loro il tempo della rivoluzione, dei comitati dei contadini poveri, del primo e del secondo congresso del Comintern era stato il tempo giovane, felice, romantico della loro vita. Stavano in uffici forniti di telefoni e segretarie, portavano giacca e cravatta in luogo dei giubbotti, andavano in automobile, avevano imparato ad apprezzare il buon vino, le vacanze […]. E purtuttavia la stagione dell’Armata rossa di Budënny, delle giacche di cuoio, della polenta di miglio, degli stivali sfondati, delle idee planetarie e della comune mondiale, restava la stagione sublime della loro vita. Non per amore delle auto e delle dacie essi costruivano un nuovo Stato. Per amore della rivoluzione e di un nuovo mondo, senza proprietari terrieri e capitalisti, immolarono vittime, compirono crudeltà e violenze”.

L’uomo che mise in atto i progetti di Lenin e Stalin fu Lazar’ Moiseevich Kaganovich (1893-1991), figlio di una povera famiglia ebrea ucraina. Da giovane lavorò come calzolaio e, a soli 18 anni, nel 1911, aderì al Partito comunista, dove ricoprì numerosi incarichi tra i quali quello di vice presidente dell’Unione sovietica e di membro del Comitato centrale del Partito. Fu poi ministro dell’Agricolura. Cognato di Stalin, fu uno dei maggiori protettori dell’ucraino Nikita Sergeevich Krusciov, fino a quando quest’ultimo, salito al potere per avviare il processo di destalinizzazione, non lo sacrificò, togliendogli ogni carica. Però, addossando tutte le colpe a Stalin, evitò di trascinarlo in un processo dagli esiti pericolosi: Kaganovich infatti aveva condiviso tutte le scelte di Stalin ed era stato tra i principali responsabili della carestia in Ucraina negli anni 1932-1933. Dopo l’allontanamento, Kaganovich rimase nell’ombra e nel silenzio, fino a un’intervista alla Repubblica (5/X/1990), l’anno prima di morire, dove ribadì il suo granitico punto di vista. Enrico Franceschini gli chiese: “Non ha mai avuto ripensamenti sugli arresti di quell’era, sulle violenze e le vittime della campagna di collettivizzazione delle campagne?”. Kaganovich rispose: “Il primo punto da ricordare è che la collettivizzazione fu il proseguimento di una linea leninista. Ci furono degli eccessi? Sì. Ma dove e quando non ci sono? Ci sono sempre. Quando combatti una guerra, è difficile stabilire in anticipo quante cartucce sparerai. Il nemico occupa una nostra città, dobbiamo riprenderla. Ma dentro la città c’è la nostra gente, degli innocenti che potrebbero essere uccisi nell’attacco. L’esercito griderà ugualmente: all’assalto, perché così deve essere, in tutti i tipi di guerra. Sì, il risultato è che soffrono anche gli innocenti. Ci furono vittime innocenti nella collettivizzazione delle terre. Ma c’erano anche i contadini ricchi, influenti, legati alla chiesa, che perturbavano, ostacolavano. Cosa si doveva fare? E nell’industria c’erano i sabotaggi. Oggi molti storici lo negano, ma era vero. Il sabotaggio c’era, e, dirò di più, c’è anche adesso”.

L’“Holodomor” iniziò (ammesso che certi fenomeni possano avere un inizio preciso e facilmente spiegabile) perché interi villaggi contadini si opposero al progetto di collettivizzazione delle campagne, previsto dal Primo piano quinquennale del 1929. Perciò tutti i contadini (piccoli, grandi e medi) che non accettarono di sottomettersi alla collettivizzazione, vennero bollati, con una campagna di denigrazione molto violenta, come “kulaki” (proprietari), e, soprattutto in Ucraina, vennero trattati come dei veri e propri nemici: caricati a forza sui treni e deportati lontano, con il risultato di impoverire ancor di più le campagne. Ma questi metodi rischiavano di riproporre i problemi sorti già nel 1923, quando si era fatto un primo tentativo di “sistemare i contadini”. Il potere sovietico era stato poi costretto a fare una parziale marcia indietro e frenare lo zelo repressivo dei propri miliziani. Stavolta, anche i comandanti dell’Armata rossa (non ancora “normalizzati”) esprimevano dei forti dubbi sull’utilizzo dei soldati nel reprimere il malcontento contadino. Quindi la collettivizzazione venne rallentata. Così, dal 55 per cento dei terreni collettivizzati del 1929 si scese al 22 per cento nel 1930. Per tornare però al 50 nel 1931 e al 60 per cento nel 1933. Nel 1934, il soviet rurale annunciò che i “kulaki” (che, nel 1928, venivano stimati in 5,6 milioni) erano diventati 149.000.

Grossman, sempre in Tutto scorre…, chiarisce bene come si inceppò la fragile macchina del potere bolscevico e iniziò a produrre fame e sangue. Di fronte al pericolo di nuove carestie, fu chiesto uno sforzo che era impossibile realizzare, proprio perché, per ragioni ideologiche, era stata compromessa la capacità produttiva della campagna, soprattutto di quella ucraina, fondamentale per la riuscita del Piano economico: “Dopo la liquidazione dei kulaki (tra il ‘29 e il ‘30) la superficie coltivata si era assai ridotta e il rendimento s’era abbassato; dai bilanci risultava invece che senza i kulaki la nostra vita era fiorita di colpo. Il Soviet di villaggio mentiva col distretto, il distretto con la regione, la regione con Mosca. Tutto come si deve (…). E a noi, al nostro villaggio, fissarono una quota che neanche in dieci anni avremmo potuto raggiungere! Al Soviet del villaggio anche quelli che non erano usi a bere andavano a ubriacarsi, per vincere la paura. Si vede che Mosca sperava soprattutto nell’Ucraina. E fu più di tutto con l’Ucraina che se la presero, più tardi”.

Nel 1930, compiendo un viaggio nell’Ucraina della collettivizzazione forzata, lo scrittore Isaac Babel’ scrisse ai parenti (il 16 febbraio) di averne riportato un’impressione entusiastica, soprattutto per la grandiosità dell’esperimento che “sorpassa tutto quanto abbiamo visto ai nostri tempi”. Evidentemente era ben cosciente, come si può dedurre da tutto il suo epistolario, che la Censura leggeva tutte le lettere. Infatti, nelle conversazioni private, raccontava un’altra storia. Secondo quanto riferito dallo scrittore di origine ungherese Erwin Sinko, che nel 1936 coabitò con lui a Mosca, Babel’ gli raccontò di aver provato in quei luoghi il senso di un’allucinazione terrificante la cui origine continuava a restargli incomprensibile, finché una notte non si svegliò di soprassalto e comprese di esser stato svegliato dal silenzio percepito nei villaggi visitati: “Villaggi dove non solo non c’era più neanche una vacca, ma nemmeno maiali e galline, e neppure cani, nessun animale vivente”. (E. Sinko, A Novel about a Novel. Moscow Diary, in: Isaac Babel’s Selected Writings, Norton & co, New York 2009).

La descrizione della fame contadina ucraina che fa Grossman, nel 1956 (mentre allora, nel 1933, non aveva visto né detto niente), è terribile: “C’erano coloro che facevano a pezzi i morti e li cuocevano, uccidevano i propri figli e li mangiavano. (…) Dicono che questi li han fucilati tutti quanti. Ma non erano loro i colpevoli, colpevoli erano quelli che riducevano una madre al punto di mangiare i propri figli. E’ per il bene dell’umanità che loro hanno ridotto le madri a quel punto”. Igort, l’attuale direttore del mensile Linus, con la graphic novel Quaderni ucraini. Memorie dai tempi dell’Urss (Mondadori, 2010) ci ha dato un documentato reportage storico, disegnato, di quella tragedia. Raccogliendo testimonianze, in vari soggiorni in Ucraina tra 2008 e il 2009, Igort è riuscito a ridare vita a storie, uniche e allo stesso tempo esemplari. L’ottantenne Serafina Andreyevna inizia a raccontare: “Avevo tra i 4 e i 5 anni quando la carestia arrivò…”. E’ come se parlasse di una grandinata, qualcosa contro la quale i contadini sanno bene che non ci si può ribellare: arriva e basta, si può solo cercare di limitarne i danni. In poco tempo la fame divenne l’ossessiva protagonista di tutto. Il cannibalismo fu una pratica diffusa: “rapivano i bambini, persino gli adulti e li uccidevano per mangiarli”. E anche i morti per fame venivano utilizzati: “C’erano dei bambini con cui giocavo… Morirono uno dopo l’altro. Quando questo avveniva tutti sapevano già… Non c’erano funerali, niente del genere. La casa veniva chiusa e poco dopo vedevi i camini fumare. Era un mondo triste quello in cui la morte di qualcuno portava speranza a qualcun altro”. Poi c’è la storia di Nikolaj Vasilievich, che vende al mercato gli oggetti di casa. La sua è una “memoria dal sottosuolo” reale, di un ucraino medio, sfiancato dalla vita, e dalla malasorte in amore, in salute e nel lavoro, dalla cattiveria degli altri: “All’epoca di Stalin la gente doveva dare ogni anno al kolkoz 300 litri di latte, 50 chili di carne, 300 uova. Ogni casa doveva produrre quel tanto, indipendentemente da quanti ci abitavano. (…) Mia madre era sola, non sarebbe mai arrivata a produrre abbastanza. Neppure se lavorava durissimo. Era un incubo”. Infine: Maria Ivanovna, ridotta a pesare, per pochi spiccioli, la gente al mercato. Da bambina vide, nel 1933, “i carri passare in città, con i cadaveri ammassati, nudi; c’era qualcuno ancora vivo, che cercava di liberarsi, ma era troppo debole per riuscirci; li scaricavano in fosse comuni, venivano lasciati cadere, tutti insieme, per essere ricoperti da poche manciate di terra…”.


Le guerre suprematiste e imperialiste della Russia di Putin

Le guerre di Putin: dalla Cecenia alla Georgia, tutti i conflitti della Russia dopo la fine dell'Unione Sovietica
Enrico Franceschini
10 marzo 2022

https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 340897694/

Quando crollò l’Unione Sovietica, nel 1991, sembrò che l’evento fosse avvenuto senza atroci spasmi, senza violenza, senza sangue. Certo, negli anni precedenti la repressione dell’Armata Rossa nel Baltico e nel Caucaso aveva causato vittime; e anche nel fallito golpe contro Mikhail Gorbaciov nell’estate di quello stesso anno avevano perso la vita tre giovani saliti sulle barricate per ostacolarlo.

Ma la scomparsa dell’Urss, formalizzata a dicembre, facendo sorgere al suo posto quindici nazioni indipendenti compresa la Russia, era stata una faccenda per lo più indolore. Si diceva che la Rivoluzione del 2017, al di là della retorica un golpe della minoranza bolscevica pressoché incruento e circoscritto a Pietrogrado, come si chiamava allora l’ex-San Pietroburgo e la futura Leningrado, era stata comunicata al resto dell’impero degli zar “con un telegramma”: e la fine di quel colossale e per molti versi mostruoso esperimento chiamato Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche era stata simile.

“Abbiamo detto troppo presto che l’Urss era implosa senza spari e senza sangue”, commenta in questi giorni, di fronte alla brutale invasione russa in Ucraina, un diplomatico italiano che era a Mosca in quei giorni di trenta e passi anni fa. Del resto, dopo la rivoluzione del ’17 venne una spaventosa guerra civile fino al 2022, che ebbe per epicentro, corsi e ricorsi della storia, la guerra tra rossi e bianchi proprio in Ucraina. In modo analogo, nei tre decenni trascorsi dalla scomparsa dell’impero sovietico, di sanguinosi conflitti ce ne sono state tanti. Ecco quali sono state le guerre di Vladimir Putin.

Ha cominciato Putin a lanciare iniziative militari, dopo il crollo dell’Urss?

No. Già sotto Boris Eltsin, presidente della Russia, di fatto il successore di Gorbaciov e il predecessore di Putin, Mosca ha mandato le sue truppe a combattere in altre ex-repubbliche sovietiche, per reprimere rivolte o partecipare a conflitti locali: in Georgia nel ’91-’93, in Moldavia nel ’92 (dove si consolidò la Repubblica di Transnistria, un eclave russofono tuttora fedele alla Russia e separato dal resto della piccola nazione), in Inguscezia (una regione russa ai confini del Caucaso) sempre nel ’92, in Tagikistan nel ’92-’97, e soprattutto nella prima guerra cecena nel ’94.’96, quando Eltsin tentò di piegare la ribellione separatista della Cecenia, regione autonoma che produce l’1 per cento del petrolio russo e dunque di cruciale importanza.

L’ultimo conflitto ordinato da Eltsin fu in un’altra regione autonoma separatista russa, il Daghestan, nell’agosto ’99, ma è il caso di notare che dal mese prima al Cremlino, come primo ministro, c’era già anche Putin, che sarebbe diventato presidente a interim, su designazione di Eltsin, il 31 dicembre, poi confermato da un voto popolare tre mesi più tardi.

Dunque quale è stata la prima guerra di Putin?

La seconda guerra cecena, anche quella in realtà iniziata nell’estate del ’99 quando Putin era primo ministro, ma andata avanti con una ferocia senza precedenti fino al 2000 e poi ancora con operazioni limitate contro la guerriglia cecena fino al 2009. La capitale cecena Grozny (che in russo significa “la terribile”, nome imposto dagli zar dopo una guerra dei secoli precedenti) fu quasi completamente rasa al suolo dai bombardamenti russi: un modello per quello che Putin ha fatto in seguito ad Aleppo, in Siria, e per quanto sta facendo in Ucraina. Usando la forza senza limiti, e corrompendo alcuni capi ceceni per portarli dalla propria parte, Putin riuscì a vincere un conflitto che sembrava irrisolvibile.

C’è da notare che a scatenare la seconda guerra cecena o meglio l’attacco russo, violando accordi firmati dopo la prima guerra, furono una serie di attentati che fecero centinaia di morti a Mosca: vari osservatori, tra cui il difensore dei diritti umani Sergej Kovalev e l’ex-agente del Kgb Aleksandr Litvinenko (più tardi assassinato a Londra con il polonio radioattivo nel tè da agenti collegati al Cremlino), sostengono che fu l’Fsb, il servizio segreto russo erede del Kgb sovietico, del quale Putin aveva fatto parte per sedici anni e di cui era stato il capo prima di diventare premier e presidente, a mettere le bombe in edifici di civili, per accusare poi “terroristi ceceni”, suscitare indignazione nella popolazione russa e avere una scusa per ricominciare la guerra con metodi più duri di prima. Si calcola che ci furono tra 50 mila e 80 mila morti.

Ma la prova generale per l’invasione dell’Ucraina è stata un’altra?

Sì, è stata la guerra in Georgia nel 2008. Le somiglianze sono impressionanti. Un governo filo-occidentale, che era stato eletto democraticamente a Tbilisi al posto di uno filo-russo, aveva chiesto di entrare nella Nato per proteggersi dall’onnipresente minaccia di Mosca. Putin reagì invadendo due regioni autonome georgiane, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, dove un conflitto a intermittenza era in corso fin dai tempi dell’Urss, ufficialmente giustificando l’intervento con la necessità di proteggere la popolazione delle due regioni, a maggioranza russa, da discriminazioni del governo georgiano.

Da allora Abkhazia e Ossezia del Sud sono praticamente sotto il controllo del Cremlino e a Tbilisi, come risultato della guerra, si è insediato un governo di nuovo filo-russo. Tuttavia di fronte all’invasione dell’Ucraina ci sono state in Georgia manifestazioni di protesta talmente massicce contro Mosca da indurre l’attuale governo a chiedere, proprio nei giorni scorsi, l’adesione all’Unione Europea, sebbene i commentatori ritengano che si tratti più di una mossa politica per calmare la piazza che di una intenzione reale, poiché il procedimento di adesione richiederebbe comunque molti anni e non è chiaro come si concluderebbe, specie con due aree della Georgia ancora in stato di guerra contro Tbilisi. Un caso da manuale di quello che Putin ha fatto successivamente in Ucraina a partire dal 2014 a oggi.

Come si è svolta la “prima guerra” contro l’Ucraina, se così si può definire?

Con le stesse ragioni usate per l’intervento in Georgia, la protezione della minoranza russa, e le medesime motivazioni reali, impedire la richiesta di adesione alla Nato presentata dal governo filo-occidentale eletto a Kiev dopo un governo filo-russo, Putin ha invaso con le proprie truppe la penisola della Crimea, annettendola quasi immediatamente, e ha usato forze non regolari ma controllate dal Cremlino per invadere parte del Donbass, le regioni autonome di Donetsk e Lugansk, la zona mineraria dell’Ucraina che confina con la Russia ed è storicamente da sempre abitata in prevalenza da una popolazione di etnia e lingua russa. Quella “prima guerra ucraina” ha fatto 7 mila morti e decine di migliaia di feriti, suscitando in Occidente proteste un po’ più forti di quelle che avevano accompagnato l’invasione russa della Georgia nel 2008, ma non abbastanza forti da impensierire Mosca o da causare danni alla sua economia.

Perché la “seconda guerra” contro l’Ucraina è scoppiata proprio ora?

Ci sono varie ipotesi. In Ucraina la situazione era praticamente invariata rispetto al 2014. Ma altrove sono successe cose che possono avere spinto Putin a decidere che fosse il momento giusto per prendersi tutta l’Ucraina o perlomeno per prendersene un pezzo e installare un governo fantoccio a lui fedele nella parte che rimane formalmente indipendente: l’imbarazzante ritiro americano dall’Afghanistan; la Brexit che ha indebolito e diviso l’Europa, separando il Regno Unito dall’Unione Europea; un cancelliere appena insediato in Germania dopo il lungo governo di Angela Merkel; le imminenti elezioni presidenziali in Francia, potenziale distrazione per Parigi. La convinzione, insomma, di poterla fare franca, con una facile vittoria militare sul campo e senza pagare un prezzo troppo alto in sanzioni occidentali.

Ci sono state altre avventure militari sul fronte interno nell’era Putin?

Insurrezioni in varie regioni del Caucaso settentrionale, tra il 2009 e il 2017, hanno provocato l’intervento delle forze russe: non solo in Cecenia, come già detto, ma anche in Daghestan, Inguscezia, Kabardino-Balkaria e Ossezia del Nord. Inoltre Putin ha inviato truppe in Bielorussia e Kazakistan, l’anno scorso e quest’anno, per aiutare il regime autoritario locale a reprimere vaste rivolte popolari, così rimettendo sotto il controllo di Mosca anche quelle due ex-repubbliche sovietiche.

Nel frattempo Putin è entrato in guerra anche all’estero?

Sì, in Siria, in Libia, nella Repubblica Centroafricana, nel Mali, in modo diretto e manifesto oppure occulto, attraverso il dispiegamento del Gruppo Warner, unità di soldati mercenari che in realtà secondo molto osservatori dipendono dal ministero della Difesa e dal ministero degli Interni russo. Ma pure l’Unione Sovietica ha partecipato direttamente o indirettamente a numerosi conflitti durante la guerra fredda, dalla guerra di Corea a quella del Vietnam.

Le guerre di Putin nell’ex-Urss, in conclusione, sono una cosa diversa?

Le guerre di Putin nei territori dell’ex-Urss hanno un altro significato: sono la coda sanguinosa e violenta del crollo dell’Unione Sovietica, il tentativo di Mosca di riprendersi quello che considera suo. L’ossessione del capo del Cremlino: riparare “la più grande tragedia geopolitica del ventunesimo secolo”, come lui definisce la fine dell’impero dei Soviet, che altri leader e altri popoli consideravano invece la liberazione da una dittatura durata settant’anni, il tramonto dell’ultimo impero multi-etnico della terra.





La destabilizzazione politica dell'Ucraina, l'invasione della Crimea, la destabilizzazione del Donbass con l'istigazione del separatismo terroriusta e la guerra civilie, l'invasione dell'Ucraina

Vedasi in questo post i capitoli precedenti:

Antecedenti:
Fine dell'Urss e Indipendenza dell'Ucraina

1)
Le rivoluzioni arancioni. Rivoluzione di Euromaidan o Rivoluzione ucraina del 2014

2)
Leggi anti-protesta

3)
Rivolta di Kiev

4)
Rivoluzione ucraina del 2014 o euromaidan
(diversa articolazione e trattamento di cui anche al capitolo 1)

5)
L'invasione russa e l'annessione forzata della Crimea alla Russia nel 2014

6)
La guerra civile del Donbass, inizio del terrorismo separatista filo russo

7)
L'incendio della Casa dei sindacati di Odessa detta anche Strage di Odessa

8 )
La politica nazifascista di Putin eletto nei primi anni del 2000, incentrata sul suprematismo imperialista russo, il ripristino dell'impero russo che fu dapprima zarista e poi sovietico URSS.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » dom mag 08, 2022 10:26 am

Gli italiani comunisti migrati in Unione Sovietica miraggio del Sol dell'Avvenire si ritrovarono in un inferno e la più parte morì malamente.

L’emigrazione italiana in URSS: storia di una repressione
Elena Dundovich, Francesca Gori ed Emanuela Guercetti
“Difendi tu la mia memoria, io sono innocente”.
Vincenzo Baccalà a Pia Piccioni, Odessa, 1937

https://www.sitocomunista.it/stalinismo ... _urss.html

Furono imprigionati e morirono in molti nei campi più tristemente famosi del sistema concentrazionario sovietico, ma anche in quelli minori, disseminati nelle regioni più remote dell’immenso territorio dell'URSS. Nei campi del nord-ovest: Soloveckij, Belomoro-Baltijskij, Severnyj _eleznodoro_nyj, Mineral'nyj, Severo-Pe_orskij, Re_noj, a Vorkuta, Sege_a, Lok_im, Ust’-Vym, Uchta-Pe_ora, Uchta-I_ma, Inta, Vjatka; in quelli delle regioni centrali: nel Dubravnyj, Temnikovskij, Sibirskij, Severo-Ural’skij e Obskij, a Krasnojarsk e a Karaganda, nonché nella colonia di lavoro dell'NKVD presso il complesso metallurgico di _eljabinsk; altri conobbero i lager della Russia nord orientale: il Severo-Vosto_nyj e il Beregovoj 2.
In questi luoghi scomparvero, stremati dal freddo, dalla fame e dalle torture, molti degli italiani che, soprattutto tra il 1935 e il 1939, rimasero vittime del terrore staliniano. In totale 27 furono i lager in cui vennero imprigionati, 19 le località di confino o i luoghi di deportazione in cui è stato sinora possibile rintracciare la loro presenza. Altri non giunsero mai né ai campi di transito né tantomeno alle destinazioni finali. Subito dopo l’arresto, infatti, soprattutto negli anni del Grande Terrore, cioè tra il 1937 e il 1938, vennero fucilati, quasi sempre senza processo, in base alla sentenza di una trojka o dell'OSO (Consulta speciale) dell'NKVD. Molti dei loro corpi giacciono nelle fosse comuni di Butovo o della Kommunarka 5, due luoghi nei pressi di Mosca tristemente noti dopo il 2000, anno della loro scoperta. Altri forse giacciono fra i trentamila corpi della fossa comune di San Pietroburgo individuata di recente6. Complessivamente furono circa 1000 gli italiani che, tra il 1919 e il 1951, subirono una qualche forma di repressione latu sensu: fucilazione, internamento in un campo di concentramento, deportazione, confino, espulsione, privazione dei diritti civili.

Gli italiani traditi da Stalin
Edoardo Castagna
martedì 17 settembre 2013
https://www.avvenire.it/agora/pagine/gl ... -da-stalin
La lista di Robotti è il ribaltamento della lista di Schindler: sommersi anziché salvati, rossi anziché neri, il punto di vista dei carnefici anziché delle vittime. Quella stilata da Paolo Robotti elencava centoventicinque nomi: tutti comunisti come lui, come lui emigrati in Unione Sovietica, come lui finiti nel mirino della Nkvd. A differenza di lui, però, inghiottiti dal Terrore staliniano, fucilati dalla polizia politica o morti in gulag (capitoli a sé sono quelli della comunità italiana di Crimea, qualche migliaio di emigranti principalmente pugliesi, e dei prigionieri di guerra, internati a migliaia dopo il collasso dell’Armir e rientrati in pochissimi). Le loro storie e quella di centinaia di altri italiani, attratti dalle sirene del “paradiso rosso” e accorsi alla costruzione del Paese del socialismo ma da questo traditi, le racconta Arrigo Petacco in A Mosca solo andata. La tragica avventura dei comunisti italiani in Russia, che esce oggi per Mondadori (pagine 158, euro 19,00). Allo stesso Robotti, presidente del Club degli emigrati, nemmeno l’essere cognato di Togliatti (allora potente numero due del Comintern) bastò per evitare la visita della polizia politica, che lo tenne per mesi in detenzione; torturato (dovette portare per tutta la vita un rigido busto), non cedette alla tentazione di confessare e alla fine la spuntò. Rientrato in Italia nel dopoguerra, tenne per sé la memoria dell’orrore staliniano che pure aveva toccato con mano: ligio alla disciplina di un partito al quale non aveva mai smesso di credere, soltanto dopo la destalinizzazione kruscioviana narrò alle massime sfere del Pci quel che sapeva.Ricevendo in risposta (dallo stesso Togliatti) l’ordine di continuare a tacere. Soltanto dopo la morte del “Migliore” pubblicò le sue memorie, che Petacco usa come bussola per raccogliere le fila delle centinaia di storie individuali, per lo più frammentarie e incerte, dei comunisti italiani che avevano sperato di trovare nella casa madre sovietica la realizzazione delle loro utopie. Il primo impatto era in effetti incoraggiante: gli emigranti erano accolti con calore, venivano subito impiegati (la Russia aveva fame di operai specializzati), trovavano casa e amicizie. Così come, ovviamente, gli alti papaveri del Pci in esilio – Togliatti, Longo, Pastore, Di Vittorio, ... – ospitati dal famoso (e, dopo gli anni Trenta, famigerato) Hotel Lux. Gli altri si barcamenarono alla meno peggio, delusi dal socialismo reale ma ancora fiduciosi nel socialismo in costruzione, fino al dicembre del 1934, quando Stalin avviò le purghe. A quelle contro gli italiani – i pesci piccoli, i grossi furono risparmiati in un’eccezione solo italiana – diede il suo zelante contributo proprio chi avrebbe dovuto difenderli, come Robotti o Antonio Roasio dell’Ufficio quadri. Molte delle “note caratteristiche” del Pci, che descrivevano ogni emigrante e le sue passate “deviazioni”, finirono nella mani dell’Nkvd, diventando ipso facto altrettante sentenze di condanna. Sospetti erano tutti gli emigranti della prima ondata, comunisti ma anche socialisti e anarchici, approdati in Russia perché braccati dalle polizie di mezza Europa. Erano per lo più operai delle grandi città del Nord, ma tra loro c’erano anche figure singolari come il barbiere cuneese Giovanni Germanetto o il giornalista napoletano Edmondo Peluso. Molti presero la cittadinanza sovietica, un un atto di adesione ideologica che si sarebbe rivelata, al tempo del Terrore, un errore: con il passaporto avevano rinunciato a ogni tutela da parte della madrepatria e subirono tutte le vessazioni cui erano soggetti gli altri sovietici. Petacco racconta le loro storie attraverso i frammenti disponibili: qualche lettera, qualche reticente documento ufficiale, le scarse testimonianze di chi ebbe notizie sulla loro sorte e non ne subì una uguale. Come Dante Corneli, il principale testimone italiano del Terrore: veniva da Tivoli, alle porte di Roma, dove nel 1922 aveva ucciso il locale segretario del fascio. In Russia si stabilì a San Pietroburgo e aderì alla fazione anti-staliniana di Trotsky, Zinov’ev e Kamenev. Dopo la loro sconfitta fece autocritica, sposò una donna russa, lavorò in una fabbrica di cuscinetti a sfera. Ma nel 1936 alla sua porta bussò la Nkvd. Sopravvisse a dieci anni di gulag nell’Artico, nel dopoguerra continuò a essere un sorvegliato speciale con tanto di confino, e solo nel 1970 rientrò stabilmente in Italia. Anche le sue memorie, che riuscì a pubblicare solo nel 1977, ebbero vita tormentata, osteggiate o ignorate dal Pci. I centoventicinque che Robotti nel 1961 propose di riabilitare non erano che un frammento del quadro d’insieme molto più ampio. Petacco rievoca la conversazione che ebbe all’epoca con il dirigente comunista: «“Forse erano più di centoventicinque...”, commentai. E lui serafico: “Sì, è vero, ma gli altri non erano compagni: erano anarchici, socialisti, provocatori...”, e liquidò la cosa con un gesto di sufficienza». E comunque nemmeno i centoventicinque furono riabilitati: «Queste sono cose da dimenticare», aveva sentenziato Togliatti. «A differenza degli altri “partiti fratelli” – osserva Petacco – il Pci non riabilitò i comunisti italiani decimati dalle purghe staliniane e impedì anche in seguito, finché gli fu possibile, ogni ricerca negli archivi sovietici. Si voleva cancellare anche la loro memoria e purtroppo ci riuscirono».


Morti al Muro - Berlin.de
https://www.berlin.de/mauer/it/storia/morti-al-muro/
Più di 100.000 cittadini della RDT cercarono di fuggire oltrepassando il confine tra le due Germanie o il Muro di Berlino tra il 1961 e il 1988. Più di 600 di loro furono uccisi dal fuoco dai soldati delle truppe di frontiera della RDT oppure morirono nel corso del tentativo di fuga tra il 1961 e il 1989. Annegarono nei corsi d’acqua, rimasero vittima di incidenti mortali o si suicidarono vedendosi scoperti.
Solo al Muro di Berlino almeno 140 persone vennero uccise a fucilate o persero la vita in diretta relazione con il regime di confine della RDT tra il 1961 e il 1989: 100 fuggiaschi dalla RDT che nel tentativo di superare gli impianti di confine vennero uccisi, morirono in un incidente o si tolsero la vita; 30 persone dall’est o dall’ovest che non volevano fuggire ma vennero uccise a fucilate o morirono in un incidente, 8 soldati delle truppe di frontiera della RDT uccisi in servizio da disertori, da camerati, da un fuggiasco, da un aiutante dei fuggiaschi o da un poliziotto di Berlino ovest . Inoltre morirono almeno 251 viaggiatori dall’est o dall’ovest durante o dopo i controlli ai passaggi di confine berlinesi. Innumerevoli sono le persone che morirono per preoccupazione e disperazione derivanti dagli effetti della costruzione del Muro sulla loro vita.
Ordine di sparare
Leggi, disposizioni e ordini regolavano l’uso delle armi da fuoco anche ai confini esterni della RDT. Così un ordine del Ministero della Difesa della RDT dell’ottobre 1961 diceva che è permesso usare le armi da fuoco “per arrestare persone che non obbediscono alle intimazioni delle sentinelle di frontiera, quando queste persone al grido “Fermo – Rimanga fermo – Sentinella di frontiera!” o dopo lo sparo di un colpo di avvertimento in aria non rimangono fermi, ma invece cercano in modo evidente di infrangere il confine di stato della RDT” e quando “non ci sono altre possibilità per l’arresto”.
Un ordine di sparare nel senso di un dovere a uccidere non c’era, dal punto di vista giuridico. Ma elogi e premi per chi sparava ed uccideva, influenza ideologica sui soldati di leva e sugli altri soldati, leggi penali che definivano il tentativo di fuga come un crimine entro determinate condizioni, tutto questo nella vita quotidiana dei soldati delle truppe di frontiera faceva sì che il permesso dell’uso delle armi venisse portato nelle immediate vicinanze del dovere.
Solo il 3 aprile 1989 le truppe di frontiera der RDT con un annuncio del Segretario Generale Erich Honecker ricevettero l’ordine di non impiegare più “l’arma da fuoco per impedire lo sfondamento del confine”.







Il sistema mafioso di Putin
7 maggio 2022

https://westasiatic.blogspot.com/2022/0 ... l?spref=fb

Putin non è solo un autocrate fanatico e senza scrupoli. È soprattutto un agente del KGB di scarso prestigio, rozzo, ignorante e brutale, che ha scalato i vertici del potere grazie ai legami con la mafia e a un gigantesco apparato corruttivo messo in piedi personalmente a Leningrado sfruttando la posizione che ricopriva nell'Amministrazione Municipale. Probabilmente Putin ottenne quel ruolo chiave grazie alle connessioni sia con il KGB che con la mafia, che all'epoca agivano spesso in tandem. I segreti inconfessabili del Cremlino che sono costati la vita ai pochi che li conoscono o li hanno investigati sono stati rivelati in dettaglio da Craig Unger nel libro "Casa di Putin, Casa di Trump".

La mafia russa si installò in America sin dagli anni '70, quando gli Usa e l'Urss negoziarono un accordo per permettere agli ebrei di emigrare in America e sfuggire alla repressione comunista. Come era nello stile dei banditi installati al Cremlino tra gli ebrei vennero infiltrati agenti del KGB e criminali comuni che avrebbero esportato i metodi delle organizzazioni malavitose forgiatesi nelle durissime carceri siberiane. Infatti appena arrivati a New York le bande di assassini iniziarono a taglieggiare la comunità di immigrati dall'Urss che si era stabilita nel sobborgo di Brighton Beach Era il sobborgo dove operava il padre di un certo Donald Trump, ma questa è un altro lato della storia che affronteremo a suo tempo.

I mafiosi russi alla caduta del comunismo

Alla caduta del comunismo questi mafiosi russi ristabilirono i rapporti con la madrepatria con l'intento di estendere la rete delle loro attività criminali. A Leningrado trovarono terreno fertile e cosche mafiose già fiorenti. Ad una di esse era affiliato l'allenatore di judo di Putin. Nel suo libro autobiografico, "Prima Persona", il tiranno parla con affetto di Leonid Ionovich, o Lyonya, il soprannome di tal Leonid Ionovich Usvyatsov. Nelle pagine del libro Putin spesso omette il cognome dell'allenatore una figura influente nella sua vita. La ragione di tale "smemoratezza" è facile da intuire: voleva evitare che si sapesse chi esattamente fosse Lyonya. Infatti sulla lapide di Leonid Ionovich Usvyatsov nel cimitero di San Pietroburgo è scritto: “Potrei essere morto, ma la mafia è immortale”.

San Pietroburgo fu la prima città russa dove si realizzarono le privatizzazioni. Sfruttando la sua posizione relativamente defilata di Vicesindaco di San Pietroburgo e Presidente della commissione per gli affari esteri (KVS), ottenne il mandato di regolamentare le licenze agli investimenti esteri in enormi imprese precedentemente pubbliche. Azzerato il sistema di razionamento sovietico le autorità avevano un disperato bisogno di trovare beni con cui riempire gli scaffali dei negozi.

Il potere di Putin nel Municipio di San Pietroburgo

Per questo motivo Putin aveva acquisito il potere di determinare chi poteva diventare ricco a San Pietroburgo e in Russia durante la turbolenta fase di disfacimento dell'Urss. Per sfruttare al meglio questo potere organizzò un apparato corruttivo senza uguali, come spieghiamo nel video qui in basso.

Da quell'ignobile furto di ricchezze pubbliche, dalle complicità incrociate che ne derivarono e dai legami inconfessabili nella nomenklatura sovietica cominciò la frenetica scalata alla Presidenza della Federazione Russa approfittando dell'avanzato stato di alcolismo e della debolezza di Yeltsin.

Una scalata propiziata da forze oscure presenti nella chiesa ortodossa e tra i fanatici del panslavismo, rimasti in ombra ma pur sempre influenti durante il regime sovietico.

È una cultura diffusa tra le masse ignoranti, il cui unico sollievo ad una vita miserabile si concretizza nell'illusione della Santa Madre Russia, un impero accerchiato e minacciato. E' una mistificazione plurisecolare diffusa da Pietro il Grande a Alessandro III fino a Stalin e Putin. Si trascinano così in questa abiezione di dipendenza dallo Stato o da un padrone dalla culla alla bara, in cui la libertà non è un valore rispetto alla probabilità di un pezzo di pane quotidiano, Erano servi della gleba all'inizio del 900 e lo sono ancora intellettualmente e moralmente.

Alberto Pento
Non mi piace questo articolo con i rimandi agli ebrei russi migrati negli USA (dati come mafiosi, corrotti e violenti, spie del KGB) e alla famiglia di Trump lasciando aperta l'ipotesi che il padre di Trump fosse colluso con la mafia russa e con questi ebrei corrotti e spie del KGB.

No, proprio non mi piace, perché mancano documenti, testiminianze attendibili e ha tutto il sapore della calunnia!


Questo articolo non mi piace perché demonizza senza prove Donald Trump

Casa di Trump, casa di Putin

http://www.lanavediteseo.eu/item/casa-trump-casa-putin/

Casa di Trump, casa di Putin è la prima indagine completa sulla relazione decennale tra Donald Trump, Vladimir Putin e la mafia russa, un legame che ha aiutato Trump ad arrivare alla Casa Bianca. Una storia avvincente che inizia negli anni settanta – quando Trump fa la sua comparsa nel settore immobiliare di New York, un mondo pieno di soldi e in espansione – e che culmina con la sua elezione a presidente degli Stati Uniti. Quel giorno segna il punto di arrivo del lungo progetto russo di indebolire la democrazia occidentale. Un progetto che è cominciato trent’anni prima, quando la mafia russa puntò le proprietà di Trump per ripulire il proprio denaro, e che ha portato gli oligarchi di Putin e i boss mafiosi a salvare il tycoon da una serie di clamorosi fallimenti dei suoi hotel e casinò ad Atlantic City.
Questa inchiesta conferma i peggiori sospetti americani sulle ingerenze russe ed è la rivelazione sconcertante che la guerra fredda non è finita nel 1991, ma si è semplicemente evoluta: gli affari immobiliari di Trump sono diventati il veicolo perfetto per investire miliardi di dollari dall’Unione Sovietica al collasso.
In Casa di Trump, casa di Putin, Craig Unger segue le tracce dell’alleanza tra le alte sfere della politica americana e i protagonisti del mondo sommerso della mafia russa. Documenta l’ascesa di Trump da magnate immobiliare alla più alta carica del paese. Descrive la rinascita russa dalle ceneri dell’Unione Sovietica così come il suo incessante desiderio di rivalsa contro l’occidente, per reclamare il suo ruolo di superpotenza globale.
Senza Trump, alla Russia sarebbe mancato un elemento chiave per tornare alla sua grandezza imperiale. Senza la Russia, Trump non sarebbe presidente. Questo libro, appassionante come un thriller, è una lettura essenziale per comprendere i veri poteri che manovrano nell’ombra il mondo in cui viviamo.

Craig Unger
Craig Unger è l’autore di House of Bush, House of Saud, best seller del New York Times. Collabora con MSNBC, CNN, ABC Radio Network e molte altre emittenti. Ha diretto il “Boston Magazine” e ha scritto per “Vanity Fair” e “The New Republic”. Si è laureato ad Harvard e vive a New York.





La rivelazione di un ex maggiore del Kgb: «Per 40 anni Donald Trump è stato un nostro uomo»
Open
30 gennaio 2021

https://www.open.online/2021/01/30/dona ... -spia-kgb/

L’Unione sovietica, spie, guerra fredda. Il protagonista di quella sembra la trama di una spy story scritta da John Le Carré è Donald Trump. Il 45esimo presidente americano, secondo quanto rivelato al giornalista Craig Unger dall’ex maggiore russo Yuri Shvets, sarebbe stato per 40 anni «un uomo» del Kgb. Shvets, intervistato dal The Guardian, ha paragonato Trump ai «Cinque di Cambridge», ovvero le spie doppiogiochiste britanniche che durante la seconda guerra mondiale, e all’inizio della Guerra fredda, passarono informazioni segrete a Mosca.

Shvets è una delle principali fonti di American Kompromat, il libro di Unger che ripercorre i legami tra Donald Trump e l’Urss, e anche il suo rapporto con il finanziere Jeffrey Epstein. Shvets, mandato in America come corrispondente dell’agenzia di stampa Tass, ha poi ottenuto nel 1993 la cittadinanza statunitense e ora si occupa di sicurezza per grandi aziende.

Nel libro, Unger spiega che Trump era finito sotto i radar russi nel 1977 quando sposò la sua prima moglie, Ivana Zelnickova, una modella cecoslovacca. Qualche anno dopo il miliardario comprò circa 200 televisori per i suoi hotel da Semyon Kislin, un emigrato sovietico co-proprietario del negozio Joy-Lud, sulla Quinta strada di New York. Ma, secondo Shvets, Joy-Lud era controllata dal Kgb e Kislin aveva identificato Trump come «un promettente giovane uomo d’affari alla ribalta».

Nel 1987, in un viaggio con la moglie in Russia, Trump venne avvicinato dal Kgb: «Avevano molte informazioni su di lui, la sensazione era che fosse intellettualmente vulnerable, e incline alle lusinghe», spiega Shvets. Fu questa caratteristica, dice l’ex maggiore, che i servizi segreti sfruttarono: «Gli fecero credere di essere estremamente impressionati dalla sua personalità e che un giorno sarebbe dovuto diventare presidente perché “sono le persone come te che possono cambiare il mondo”».

Ed è subito dopo il suo ritorno negli Stati Uniti che Trump iniziò a esplorare la possibilità di una candidatura repubblicana alla presidenza. Il primo settembre dello stesso anno acquistò una pagina pubblicitaria sul New York Times, il Washington Post e il Boston Globe pubblicando una lettera aperta contro le posizioni di Ronald Reagan sulla Guerra Fredda, e accusando il Giappone di sfruttare l’alleanza con gli Stati Uniti. Trump espresse inoltre scetticismo sulla presenza degli Usa nella Nato: «L’America deve smettere di spendere soldi per difendere Paesi che si possono difendere da soli».

Posizioni che allora furono considerate bizzarre e che certo attrassero ancora di più l’interesse del Kgb. Trent’anni dopo, durante la campagna presidenziale del 2016, come evidenzia l‘inchiesta di Rober Mueller, ex capo dell’FBI, sul Russiagate, Trump e il suo staff ebbero almeno 272 contatti e almeno 38 incontri con operativi collegati a Mosca. Ma, per Shvets, quel rapporto fu una grande delusione. «Per questo ho condotto la mia inchiesta, ho lavorato con Craig. Ed è da dove il libro ripartirà».



Alberto Pento
Tutte le indagini USA (Commissione del Senato, CIA, FBI e altri uffici) su Trump e il Russiagate non hanno portato a nulla, sono state tutte archiviate.
Nessuna prova è emersa a testimonianza della corruzione, collusione e del tradimento di Trump con la Russia.



Alberto Revelant
Sara Quadrelli
Quelle di Craig e del suo maggiore del KGB sono per lo più parole in libertà che si basano su un assunto piuttosto ovvio ma che non dimostra granchè: nessuno può fare affari in Russia senza il placet del potere putiniano, questo è un dato di fatto.
Ma da questo a dire che Trump fosse un asset del sistema putiniano ci vogliono prove belle sostanziose che nessuno ha prodotto, tanto che tutta la fregnaccia sul Russiagate è poi andata ad arenarsi senza un nulla di fatto.
Ti spiego anche il senso di certe pubblicazioni come il libro di Craig che pur sfondando ampiamente nel calunnioso e diffamatorio vengono comunque pubblicate: Trump non può fargli causa.
In primo luogo perché le cause per diffamazione sono molto difficili da vincere per un personaggio pubblico negli States.
In secondo luogo se domani Trump gli facesse causa, nella fase esplorativa del processo la controparte potrebbe richiedere la produzione di documenti riservati della Trump corporation che diventerebbero di dominio pubblico. Siccome come detto sopra nessuno fa affari in Russia senza avere il placet putiniano, inevitabilmente quei documenti proverebbero contatti tra Trump e Putin o qualche suo vassallo. Ne consegue un'inevitabile casino in termini di PR con un dibattito mediato da media, che (Fox news a parte) da sempre ostili a Trump, se quei documenti provino o no l'assunto che Trump fosse o meno un'agente del KGB ma nel mentre lo sputtanamento continuerebbe imperterrito sulle televisioni.
Per contro a Craig i legali di Trump non potrebbero domandare con successo la produzione di alcun documento perché la carte del KGB che dimostrano l'assunto del libro nessuno può produrle se non il KGB o FSB che di certo non risponde alle corti statunitensi.

Alberto Pento
Tutto l'Occidente ha fatto affari con la Russia post URSS, tutte le grandi industrie, tutti i paesi e i loro governi, tutte le grandi compagnie dei servizi e del commercio, le banche, le assicurazioni, le grandi impresi di costruzione, ...

Le nostre attività in Russia
https://www.eni.com/it-IT/eni-nel-mondo ... ussia.html

Le banche italiane in Russia
https://altreconomia.it/lesposizione-de ... in-russia/

Le aziende italiane in affari con la Russia
https://www.editorialedomani.it/politic ... a-usxur4z5


Sara Quadrelli
Alberto Revelant grazie Alberto per le tue precisazioni. Sempre bello sentirti. Un abbraccio

Sara Quadrelli
Alberto Pento _Tutto l'Occidente ha fatto affari con la Russia post URSS, tutte le grandi industrie, tutti i paesi e i loro governi, tutte le grandi compagnie dei servizi e del commercio, le banche, le assicurazioni, le grandi impresi di costruzione, ..._ come lei ha scritto, è senz' altro vero.
Premetto e ripeto di non aver letto il libro, anzi ne sono a conoscenza proprio dalla divulgazione che ne fanno i miei amici, che ritengo persone con sufficiente spirito critico . Negli estratti da lei condivisi di questo libro si parla di alcuni aspetti dell' ascesa di Trumpo mettendoli in relazione con la Russia di Putin , e di questo si puo parlare. intendo dire che nin sta certo a me dire se è tutto dimostrabile o meno, perche non lo so.
Non possiamo pero ignorare alcune conseguenze dell' ascesa di Putin e della sua politica manipolatoria dell' opinione pubblica occidentale. Cose che hanno accompagnato se non addirittura anticipato le sue mosse attuali
Azioni che ritengo un vero inquinamento , metaforicamente parlando, di tipo mediatico e politico

Alberto Revelant
Sara Quadrelli il libro sembra essere fondamentalmente una continuazione della narrativa nata sul Dossier Steele, un lavoro di intelligence farlocco finanziato dai democratici. Su quello poi l'FBI ha cercato di portare avanti il Russiagate che è andato ad arenarsi nel nulla, con associata figura barbina di Mueller al congresso. Le rivelazioni poi dell'ex membro del KGB come ho scritto sopra lasciano tranquillamente il tempo che trovano.
Per il resto Putin è quello che è, e il sistema russo, ma più in generale quello asiatico, ormai abbiamo capito essere una realtà di cui ci si non ci si può fidare. Adesso come adesso noi in Europa dovremmo porci il problema di chi ci ha portato ad essere dipendenti energicamente dalla Russia, dipendenza che è il principale tallone d'achille strategico che abbiamo nel contrastare questa nuova iterazione dell'autoritarismo asiatico.
Più che su un Trump che nel 2018 avvisava apertamente e pubblicamente gli alleati NATO della pericolosità della loro dipendenza energetica dal despota russo, forse dovremmo guardare a tutta quella galassia di partiti, associazioni, ong che da anni operano per limitare in ogni modo possibile la produzione di combustibili in Europa e lo sviluppo di nuove tecnologie energetiche efficaci ed ingegnerizzabili come il nucleare di nuova generazione.

Fabio Scacciavillani
Il dossier Steele non c'entra niente con il libro. Il primo era una fabbricazione da quattro soldi piena di bufale. Il libro è documentato con tanto di fonti.

Alberto Pento
Fonti come quella del Cremlino o della Clinton?

Sara Quadrelli
Alberto Revelant grazie.
Sul libro non so che dire ma ti invito a leggere la risposta di Fabio Scacciavillani, che non dice mai cose superficiali o senza cognizione di causa.
Sulla dipendenza energetica dalla Russia, sulla stupidità e sulla colpevolezza di tanti responsabili pesudo ecoligisti sono totalmente d'accordo



Il paradiso russo di Putin
8 maggio 2022
https://www.facebook.com/angelo.manna66 ... 0018275682
I deliziosi balilla russi, come sarebbe bello far vivere i nostri figli in una bella dittatura putiniana, come sarebbero felici. Maledetta Nato, maledetto neoliberismo selvaggio.




Classifica libertà di stampa, l’Italia crolla al 58° posto: peggio di Gambia e Moldavia
Alessandro Cipolla
5 maggio 2022

https://www.money.it/Classifica-liberta ... a-58-posto

Qual è lo stato di salute dell’informazione in Italia? Stando al World Press Freedom Index 2022, l’annuale rapporto sulla libertà di stampa di Reporter sans frontier, il nostro Paese non sembrerebbe passarsela molto bene.

La classifica 2022 sulla libertà di stampa stilata da Rsf non lascia troppo spazio alle interpretazioni: l’Italia si trova al 58° posto di questa speciale graduatoria, perdendo ben diciassette posizioni rispetto al rapporto dello scorso anno.

Giusto per rendere l’idea, siamo appena dietro a Romania e Macedonia del Nord e di poco sopra a Niger, Ghana e Kosovo. Se poi prendiamo in considerazione l’Unione europea, peggio di noi sono messi solo Ungheria, Polonia, Cipro, Bulgaria, Grecia e Malta.

Ai primi posti di questa classifica sulla libertà di stampa troviamo invece tutti Paesi nordici: sul podio in rigoroso ordine ci sono Norvegia, Danimarca e Svezia, con Estonia e Finlandia a completare la top 5.

Classifica popoli più ignoranti al mondo, Italia prima in Europa

Libertà di stampa: male l’Italia

Il World Press Freedom Index è una classifica annuale in cui viene valutata la situazione dei vari Paesi, esclusi quelli più piccoli, relativa alla libertà di stampa focalizzandosi soprattutto sulle pressioni e gli attacchi diretti ricevuti dai media.
Alla base del dossier c’è un questionario che è stato inviato alle organizzazioni partner di Reporter sans frontier, oltre che ai suoi 150 corrispondenti in tutto il mondo e a diversi giornalisti, giuristi e attivisti per i diritti umani.
Alla base della valutazione ci sono cinque criteri: contesto politico, quadro normativo, contesto economico, contesto socioculturale e sicurezza. Per ogni voce è stato dato un punteggio che va da 0 a 100.
L’Italia con un punteggio medio di 68.16 di si trova nella fascia “soddisfacente”. Rispetto allo scorso anno c’è stato un netto peggioramento visto che il nostro Paese aveva raggiunto un punteggio di 76.61.
A incidere probabilmente è stata la pandemia ma anche il mutato scenario politico, con la nascita del governo Draghi che vede la quasi totalità dei principali partiti, eccezion fatta per Fratelli d’Italia, far parte della maggioranza.
I peggiori punteggi per l’Italia infatti sono arrivati per quanto riguarda gli indicatori politici ed economici. Nel rapporto specifico sul Bel Paese si fa riferimento anche alle minacce da parte delle organizzazioni mafiose e a una diffusa autocensura da parte dei giornalisti.


Alberto Pento
Anche questo giornale fa parte della disinformatia italiana, infatti non cita nessuna delle dittature che stanno agli ultimi posti tra cui la Russia, la Cina e l'Iran.


19)
Ucraina e Russia
Criteri elementari e universali per orientarsi tra opposte propagande e in contesti sconosciuti dove la menzogna è sempre possibile, in assenza di esperienza diretta, al fine di individuare dove stanno il bene e la verità e il male e la menzogna:

1) amicizie e alleanze geopolitiche delle parti in conflitto
2) democraticità politica e libertà civile ed economica interne alle parti (stati, nazioni, etnie) in conflitto
3) rispetto e tolleranza delle minoranze e dei dissidenti
4) libertà di critica e di satira, di pensiero e di stampa
5) libertà di mercato e di concorrenza, quantità di monopoli e di oligopoli, libertà associative e sindacali, disparità economiche
6) grado di dogmaticità, di fideismo, di coerenza e ragionevolezza interna, di verificabilità delle fonti e di discutibilità della notizia e del racconto
7) uso della censura, della minaccia, della violenza all'interno del paese e all'esterno con i paesi limitrofi
8) la sindrome della colpevolezza e della responsabilità nascosta
9) il metodo/criterio di Salomone



Sulle alleanze e le amicizie della Russia di Putin vedasi capitolo 16 di questo post su Putin e la sua Russia
La triplice alleanza del Male:
Russia nazi fascista di Putin,
Cina/Corea del Nord nazi comunisti,
Iran nazi maomettano ed altri paesi islamici.


Stupri e torture nelle carceri di Putin. E la mafia dei “ladri in legge” reagisce con un documento che riscrive le regole dell’onore e dell’omertà dietro le sbarre
di Carlo Bonini (coordinamento editoriale) e Federico Varese (testo). Coordinamento multimediale di Laura Pertici. Produzione Gedi Visual
13 Gennaio 2022

https://www.repubblica.it/esteri/2022/0 ... 333576704/

"Pace alla nostra Casa comune. Prosperità alla comunità dei ladri-in-legge". Così inizia uno dei documenti più significativi e controversi mai prodotti dalla mafia russa. Apparso nelle principali prigioni della Federazione ai primi di dicembre del 2021, è scritto a mano, in bella grafia, con alcune parole sottolineate ripetutamente. Il testo, il primo ad essere firmato dalla "totalità dei ladri-in-legge" (la comunità dei boss), propone una reinterpretazione radicale dei principi che governano la vita quotidiana nelle carceri russe.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » dom mag 08, 2022 10:26 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » lun mag 16, 2022 8:21 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » lun mag 16, 2022 8:23 am

13)
Aiutare l'Ucraina aggredita dalla Russia nazifascista del criminale Putin, è una necessità imprescindibile e un dovere umano, civile e politico degli Europei e di tutto il Mondo libero.



Grazie America, grazie USA, grazie NATO, grazie UE
viewtopic.php?f=143&t=3007
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 3266258465

Capitolo 4)
Caso Ucraina e il dovere di aiutarla



Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non dei russi e della Russia

http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 143&t=3000
https://www.facebook.com/profile.php?id=100078666805876

Capitolo 17)
Aiutare l'Ucraina un dovere umano, civile e politico imprescindibile come aiutare Israele


Patriottismo, indipendentismo, nazionalismo e nazismo in Ucraina e in Russia
e la Russia nazi fascista e comunista, suprematista e imperialista del falso cristiano Putin il violento e criminale dittatore russo
viewtopic.php?f=143&t=3004
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 9263248411


17)
La gioia e la felicità di potersi difendere anche se si rischia di morire.
Non vi è soddisfazione, onere e onore più grande per l'uomo di buona volontà di quella di difendere la vita, la dignità, la libertà e la sovranità della propria gente e del proprio paese
L'Ucraina attraverso la bocca del suo esemplare e degno Presidente non ha chiesto all'Occidente di mandare i suoi uomini a morire per lei ma semplicemente e dignitosamente di fornirle le armi (a buon rendere e da pagarsi) necessarie agli ucraini (uomini e donne, giovani e vecchi) per potersi difendere dal criminale aggressore russo.
E come si fa a non aiutarli!



Per gli USA e la Gran Bretagna è un dovere assunto nel 1994 con il Memorandum di Budapest


Memorandum di Budapest 1994

Il memorandum di Budapest sulle garanzie di sicurezza è un accordo, firmato il 5 dicembre 1994, con il quale l'Ucraina accettava di smaltire l'enorme scorta di armi nucleari che aveva ereditato in seguito alla dissoluzione dell'URSS, aderendo al trattato di non proliferazione delle armi nucleari. Le testate nucleari (1.900) furono di conseguenza inviate in Russia per lo smantellamento nei successivi due anni.

https://it.wikipedia.org/wiki/Memorandu ... _sicurezza

In cambio, l'Ucraina ha ottenuto garanzie da Russia, Stati Uniti e Regno Unito, successivamente anche da Cina e Francia, per la sua sicurezza, indipendenza ed integrità territoriale; l'effetto vincolante di questo impegno è discusso, almeno nella parte in cui farebbe scattare il casus foederis a carico del Regno Unito.

Contenuto dell'accordo

Secondo il memorandum, la Russia, gli Stati Uniti e il Regno Unito concordano, in cambio dell'adesione dell'Ucraina al trattato di non proliferazione delle armi nucleari e del trasferimento del suo arsenale nucleare in Russia a:

Rispettare l'indipendenza e la sovranità ucraina entro i suoi confini dell'epoca.
Astenersi da qualsiasi minaccia o uso della forza contro l'Ucraina.
Astenersi dall'utilizzare la pressione economica sull'Ucraina per influenzare la sua politica.
Chiedere l'approvazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite se vengono usate armi nucleari contro l'Ucraina.
Astenersi dall'usare armi nucleari contro l'Ucraina.
Consultare le altre parti interessate se sorgono domande su questi impegni.



QUEI PACIFISTI CIECHI E IL PROBLEMA DELLA GUERRA GIUSTA
di Giovanni Sartori, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
7 maggio 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 0106063432

Il testo di questa pagina è stato preparato dal professor Marco Valbruzzi (Università Federico II di Napoli) che da tempo si occupa dell’archivio di Giovanni Sartori (1924-2017) e ha elaborato gli estratti di due articoli del politologo usciti sul Corriere della Sera («Il mondo irreale dei “ciecopacisti”», 18 ottobre 2002, e «Il presidente guerriero», 29 gennaio 2010).
Chi vuole la guerra è un demente che vuole una cosa orribile. E dopo gli spaventosi bagni di sangue delle ultime guerre mondiali, in Europa la guerra non la vuole più nessuno. L’Occidente (salvo eccezioni balcaniche) lo ha capito e ne è profondamente convinto. Ma non è sempre evitabile.
Per questa ragione, chi oggi distingue tra pacifisti e guerrafondai disegna una distinzione fuorviante. La distinzione che ci divide è tra pacifisti incoscienti — che dirò «ciecopacisti» — e pacifisti pensanti. Il ciecopacista non sente ragioni, è tutto cuore e niente cervello. Gino Strada, che è stato il guru dei pacifisti laici, scriveva così: «Può darsi che il movimento per la pace non sia in grado di far cadere un dittatore, ma una cosa è assolutamente certa, che... non ne ha mai creati né aiutati a imporsi». Purtroppo no. Purtroppo Strada era assolutamente certo di cose assolutamente false. I pacifisti degli anni ’30 hanno aiutato Hitler a imporsi, così come i pacifisti della guerra fredda — gridando better red than dead, meglio rossi che morti — invitavano l’Unione Sovietica a invadere una Europa che non si sarebbe difesa.
Il Paternostro recita: «Non indurci in tentazione». Lo recitano ancora, il Paternostro, i nostri pacifisti chiesastici? E se lo recitano, perché non si chiedono se il loro pacifismo assoluto — che è in sostanza un pacifismo di resa — non induca in tentazione i malintenzionati non ancora convertiti in agnelli? Quanto ai nostri ciecopacisti laici, a loro ricordo il detto che è l’occasione che fa l’uomo ladro. Non ci credono? Provino a lasciare spalancate le porte delle loro case. Saranno svaligiate anche e proprio da ladri creati dall’occasione.
Ciò premesso, qual è il senso, oggi, della classica distinzione tra guerra giusta e guerra ingiusta? Mi dispiace per i ciecopacisti — accecati dalla loro ossessione — ma un Paese che si difende dall’attacco di un altro Paese combatte una guerra giusta. Però la nozione di guerra giusta non include soltanto la guerra difensiva. Per esempio una guerra che si propone di abbattere un tiranno e di instaurare la democrazia è una guerra giusta? Questa è sempre stata l’ideologia missionaria degli Stati Uniti invocata da ultimo dal presidente Bush jr per giustificare, in mancanza di meglio, l’assalto all’Iraq. Ma è una dottrina che non ci possiamo più permettere; senza contare che in moltissimi casi è destinata a fallire. Nel caso dell’Iraq il successo è stato di abbattere un tiranno sanguinario e pericoloso per tutti; ma il «successo democratico» di quella guerra è molto dubbio.
E in Afghanistan? Anche lì guerra giusta per imporre democrazia? Per carità, scordiamocene. Lì si trattava di pura e semplice guerra necessaria resa obbligatoria ai fini della salvezza di tutto l’Occidente. Per decenni abbiamo temuto l’annientamento nucleare. Ma il pericolo delle armi atomiche è fronteggiabile. E comunque il pericolo maggiore è diventato quello delle armi chimiche e batteriologiche «tascabili». Qui la cattiva notizia è che mezzo chilo di tossina botulinica potrebbe uccidere un miliardo di persone. E l’Afghanistan conquistato (riconquistato) dai talebani, e al servizio di Al Qaeda, pone questo problema. Pertanto scappare non è stata una buona soluzione. Ma è anche vero che la guerra com’è stata combattuta in Afghanistan, la guerra di occupazione e controllo del territorio contro un nemico invisibile, non può essere vinta.
Fortuna vuole che ai pacifisti incoscienti si contrappongano i pacifisti pensanti che rifiutano la guerra offensiva ma approvano la guerra difensiva, che distinguono tra guerra ingiusta e guerra giusta e che fanno sapere che si difenderanno se attaccati. Il mondo libero deve la sua libertà a questo pacifista con la testa sul collo. Ma anche lui si trova a disagio al cospetto della nuova idea della guerra preventiva.
Mi si dirà che la guerra preventiva è sempre esistita. Sì; ma no. No nel senso che oggi la dottrina della guerra preventiva si fonda su una nuova ragion d’essere che si inserisce in un nuovo contesto: il contesto di quella guerra che Umberto Eco ha battezzato «guerra diffusa». Nelle guerre del passato esistevano due (o più) nemici ben riconoscibili i cui eserciti si fronteggiavano lungo una frontiera che era il limite da superare. Queste guerre erano dunque caratterizzate da una frontalità territoriale. Nella nuova guerra l’attaccante è un terrorismo globale ispirato da un fanatismo religioso – e quindi senza precisa patria – che non si lascia localizzare, che è dappertutto, e che opera nascondendosi. In questa guerra diffusa, latente, ma per ciò stesso sempre pronta a colpire, l’attaccato non sa più chi contrattaccare. O meglio: può solo attaccare le infrastrutture dove vengono prodotte le armi dei terroristi e gli Stati che li «supportano».
L’altro aspetto del problema è che la guerra terroristica dispone di nuove armi chimiche e batteriologiche. Qui la novità è tecnologica. E il fatto è che oggi disponiamo di una tecnologia facilmente nascondibile il cui potenziale distruttivo è terrificante. Prima c’era il cannone e c’era la corazza. Oggi la corazza non c’è quasi più, e il cannone è diventato gigantesco. Una sola persona può avvelenare l’acqua potabile di un milione di persone.
Il ciecopacista non lo vede, ma il problema è questo.
Qui interessa capire quale sia la ragion d’essere di una guerra preventiva. Se questo nuovo diritto di guerra si applichi o no (e con quali procedure) ai vari casi concreti, è una questione a parte. Una cosa per volta. E questa volta il punto è che, a fronte della altissima vulnerabilità e facile «uccidibilità» delle società industriali avanzate, il pacifista di oggi è ancor più cieco e malconsigliante di quello del passato.


IL TOTALITARISMO RUSSO & LA CECITA' DELL'OCCIDENTE
di Oksana Zabuzhko
La Repubblica, 3 Maggio 2022
Andrés Neumann

https://www.facebook.com/andres.neumann ... 8283605261

"Perché?", mi ha chiesto un'amica tedesca mentre guardava inorridita le immagini del massacro di Bucha. "Perché stanno facendo questo?".
Come il grande albero che si nasconde dentro una minuscola gemma, dentro questa domanda si nascondono scaffali interi di libri. Questi libri, con radicali revisioni della storia europea, riempiranno presto le librerie. Senza di essi, sarà impossibile capire come abbia fatto l'Occidente a perdere a tal punto la bussola culturale da ignorare ostinatamente per più di vent'anni un esempio da manuale della crescita e maturazione di un nuovo totalitarismo in Russia, e abbia replicato i modelli comportamentali degli anni 30 che incoraggiarono Adolf Hitler.
Perfino dopo Bucha, il mio feed di notizie su Facebook mi propone l'articolo di John Mearsheimer sull'Economist del 19 marzo che spiega "perché l'Occidente è il principale responsabile della crisi ucraina", con le sue linee guida aggiornate su come rabbonire il Führer dei giorni nostri. Con tutta la mia avversione per Mearsheimer, che dalla lontana Chicago insegna al mondo perché io e altri 40 milioni di ucraini dovremmo essere lasciati alla mercé di un serial killer, e con tutto il mio affetto per la mia amica tedesca, devo ammettere che la pensano in modo simile, come persone cresciute nella stessa cultura, con gli stessi vantaggi e gli stessi punti ciechi che da quei vantaggi derivano.
La mia amica conosce da sua madre le storie sulla brutalità dell'Armata Rossa a Berlino nel 1945. Sa dei civili presi di mira, dei tappeti e degli orologi rubati e rispediti in Russia a vagonate; sa delle madri stuprate di fronte ai loro bambini e delle ragazze con vagine lacerate, le stesse cose che oggi, come in un macabro copia-incolla, sono avvenute nelle cittadine intorno a Kiev appena liberate dai russi. Ma come tutti i tedeschi la mia amica ha un complesso di colpa verso la Russia e cerca spiegazioni per quello che fecero i russi in Europa nel 1945. Noi non li avevamo trattati meglio, è il ragionamento. Ma qual è la scusa della Russia per quello che sta facendo in Ucraina oggi? Non solo l'Ucraina non ha attaccato la Russia, ma è perfino, secondo gli stessi libri di storia russi, una "nazione sorella". Da dove viene allora questa valanga di sadismo? Qual è la ragione degli ordini dei comandanti russi, intercettati dal Servizio di sicurezza ucraino, di "bombardarli senza pietà"?
Come nel caso di Mearsheimer, nella reazione della mia amica si scorge un bisogno chiaro ed elementare, comune a tutti gli occidentali, di razionalizzare il male, di cercare di assumere il punto di vista di chi commette il crimine, di comprendere le sue motivazioni e i suoi scopi, di adottare la posizione scolastica dell'"avvocato del diavolo" (i tentativi incessanti fra menti cartesiane di decodificare "che cosa vuole Putin"). Tutto questo, alla fine, implica il raggiungimento di un'intesa con il male, l'apertura di un dialogo. Dopo tutto, il dialogo è l'aria che la cultura occidentale respira da duemilacinquecento anni e per persone cresciute nell'atmosfera aperta dell'antica agorà è difficile immaginare che alla porta accanto esista anche un'antica cultura in cui la gente respira solo sott'acqua e nutre un banale odio per quelli che hanno polmoni invece di branchie.
Per gli occidentali è difficile anche immaginare che non si tratti semplicemente di un'aberrazione che può essere corretta con "riforme democratiche", che un intero Paese possa essere preda di questa respirazione subacquea, che il monologo dettato dall'alto possa acquisire un potere tale da abbracciare il panorama, l'architettura, il linguaggio, l'ideologia, che possa produrre città, strade e monumenti, film e programmi televisivi tutti identici: una gigantesca cella di prigione governata da una gerarchia brutale. Che l'uovo deposto dall'Unione Sovietica di Stalin nella Corea del Nord possa schiudersi, tre generazioni dopo, in un modello bell'e pronto per la realtà virtuale in diretta tv di un nuovo stalinismo che abbraccia (almeno per il momento) tutta la Russia con l'aggiunta della Bielorussia. Che Bucha non sia stata un eccesso, ma un risultato inevitabile.
Si potrebbero citare decine di ragioni per la cecità dell'Occidente di fronte al totalitarismo russo. Le più ovvie sono, naturalmente, le lezioni inascoltate dell'Unione Sovietica e la narrazione ingannevole della Seconda guerra mondiale, in cui tutti i crimini contro l'umanità sono stati ascritti al totalitarismo sconfitto. Nel frattempo, il totalitarismo vittorioso per quasi cinquant'anni si radicava e si espandeva senza dover sottostare a nessun giudizio legale, al punto che quando la Russia alla fine nominò come suo leader un ufficiale del Kgb, un'organizzazione che dal 1918 in poi era stata responsabile di alcuni dei crimini contro l'umanità più grandi e duraturi della storia moderna, nessuno in Occidente ne fu inorridito come probabilmente sarebbe successo se si fosse trattato di un ex ufficiale della Gestapo. Nessuno, a quanto mi è dato sapere, ha preso in considerazione il fatto che dopo quattro generazioni di terrore di Stato la società russa sarebbe stata pronta ad accettare tutto questo come la norma, perché quattro generazioni sono già un periodo di tempo più lungo dell'arco della memoria di un individuo ("È sempre stato così!").



No Zelensky non ha mai detto nulla di tutto ciò: non ha mai detto che è disposto a cedere la Crimea alla Russia.

“Per qualche motivo questa volta qualcuno ha deciso di interpretare le sue parole come rinuncia alla Crimea pur di giungere alla pace.
Per un osservatore distratto sembrerebbe una notizia come tante, ma in realtà se Zelensky avesse detto questo sarebbe stato grave e gli ucraini lo avrebbero vissuto come un tradimento. Ecco perché gli ucraini con incredulità hanno letto ieri i titoli di giornali e sentito i TG italiani dare questa notizia bassata su un’interpretazione fuorviante.
Far passare questo messaggio o è servito a qualcuno o è stata l’ennesima dimostrazione di superficialità con cui certe testate e canali televisivi affrontano la questione ucraina.”
Tetyana Bezruchenko ha condiviso un post.
8 maggio 2022

https://www.facebook.com/forzaucraina.i ... 6777675275
https://www.facebook.com/groups/4382887 ... 568754140/
https://www.facebook.com/groups/4382887 ... 426494065/

Come nasce la disinformazione (breve esempio pratico).
Nel video possiamo vedere Zelensky ripetere ciò che dice da inizio conflitto ovvero invita a tornare la Russia alle posizioni del 23 febbraio e mettersi al tavolo delle trattative. Zelensky lo ha ribadito molte volte nei suoi discorsi di questi due mesi e più.
Per qualche motivo questa volta qualcuno ha deciso di interpretare le sue parole come rinuncia alla Crimea pur di giungere alla pace.
Per un osservatore distratto sembrerebbe una notizia come tante, ma in realtà se Zelensky avesse detto questo sarebbe stato grave e gli ucraini lo avrebbero vissuto come un tradimento. Ecco perché gli ucraini con incredulità hanno letto ieri i titoli di giornali e sentito i TG italiani dare questa notizia bassata su un’interpretazione fuorviante.
Far passare questo messaggio o è servito a qualcuno o è stata l’ennesima dimostrazione di superficialità con cui certe testate e canali televisivi affrontano la questione ucraina.
Zelensky ha sempre ribadito che l’integrità territoriale ucraina non è in discussione e che è pronto a mettersi al tavolo delle trattative con l’obbiettivo per trovare una soluzione pacifica per il ritorno dei territori ucraini all’Ucraina.
Far passare un messaggio diverso è pericoloso per l’opinione pubblica italiana. Perché? Perché quando domani verrà fuori che Zelensky non cede un millimetro del territorio ucraino, potrà essere vissuto come un’incongruenza con quanto detto in passato poiché si è convinti che avesse già accettato di cedere la Crimea.
Ecco perché l’informazione adesso è un’arma ed è fondamentale essere accurati nel riportare quanto effettivamente viene detto e non distorcere le parole solo perché così fa più notizia.



No, il segretario della NATO non ha mai detto quanto gli viene attribuito da vcerti media.

Leggiamo sui giornali italiani, ripetuti - a pappagallo- due affermazioni, messe in bocca al segretario della NATO, Stoltenberg, ed un'altra, a Zelensky. Sono ambedue inventate di sana pianta. O per compravata ignoranza del tedesco, lingua nella quale fu pubblicato l'intervista a Stoltenberg, oppure, altra spiegazione, per malvagio anti-americanismo che s'arrampica sugli specchi per invertire aggressore e aggredito, per falsificare il percorso della storia. Che giornali come la Repubblica non abbiano nessuno che possono contattare per farsi fare un traduzione fedele, è assai triste.
Ma forse, sta a voi giudicare, vale la seconda delle ipotesi?
Udo Gümpel
8 maggio 2022

https://www.facebook.com/udo.gumpel/pos ... 3065851110

Ecco l'articolo tradotto:

Cosa ha detto il segretario generale della Nato?
Thomas Castangia ha pagato 3 euro visto che l'intervista era dietro paywall e l'ha tradotta
"Molte persone, soprattutto gli anziani, hanno paura di una terza guerra mondiale a causa dell'aggressione russa. Ti senti allo stesso modo?
Stoltenberg: Non si tratta di ciò che mi aspetto, si tratta di mantenere il rischio il più basso possibile. Dobbiamo sempre prendere sul serio il rischio che scoppi una grande guerra. Ecco perché esiste la NATO. la guerra è terribile. Guerra significa annientamento. Il compito dell'alleanza è minimizzare il più possibile il rischio di guerra attraverso la deterrenza e la difesa collettiva e quindi prevenire una guerra su larga scala. Lo facciamo da più di 70 anni.
Ma questo non aiuta l'Ucraina ora.
Stoltenberg: Dobbiamo fare di tutto per garantire che la guerra in Ucraina non si diffonda ad altri paesi. Ecco perché non mandiamo truppe della NATO in Ucraina. Sosteniamo massicciamente il paese, ma la NATO non è deliberatamente un partito di guerra. Allo stesso tempo, stiamo aumentando le truppe e l'equipaggiamento sul fianco orientale della NATO per proteggere i nostri membri. La Germania ha un ruolo di primo piano in questo. Non lasciamo spazio a malintesi o errori di calcolo. Mosca deve essere chiarissima: un attacco a un Paese Nato sarebbe un attacco a tutti e 30 gli Stati membri.
Mosca minaccia di usare armi nucleari. Recentemente è stato sottolineato dalla televisione russa che la Russia potrebbe distruggere Berlino in due minuti. Questo significa seriamente, o è solo un bluff per convincere l'Occidente a smettere di sostenere l'Ucraina?
Stoltenberg: È nostro diritto sostenere l'Ucraina. L'Ucraina è un paese sovrano e secondo la Carta delle Nazioni Unite ogni paese sovrano ha diritto all'autodifesa. Aiutiamo l'Ucraina a far valere questo diritto. Se non lo facessimo, accetteremmo l'uso della forza militare per prevalere. Non voglio vivere in un mondo del genere. Sentiamo la minacciosa retorica nucleare della leadership russa. Questo è irresponsabile e sconsiderato. Una guerra nucleare non può essere vinta e non dovrebbe mai essere combattuta, anche in Russia. Dall'inizio della guerra in Ucraina il 24 febbraio, la NATO non ha visto alcun cambiamento nella strategia nucleare russa.
Quindi non c'è un livello più alto di pericolo per le armi nucleari russe?
Stoltenberg: No, non ne abbiamo alcuna indicazione.
Tuttavia, si teme che Mosca possa effettuare un primo attacco limitato con armi nucleari tattiche e distruggere così un villaggio o grandi impianti industriali, per esempio.
Stoltenberg: È nostro compito ridurre al minimo questo rischio. La NATO è l'alleanza più forte al mondo. E il nostro messaggio è chiaro: se si usassero armi nucleari, ci sarebbero solo perdenti da tutte le parti.
Dal punto di vista dei paesi della NATO, come dovrebbe finire questa guerra, quale soluzione sarebbe concepibile?
Stoltenberg: L' Ucraina deve vincere questa guerra perché sta difendendo il suo Paese. I membri della NATO non accetteranno mai l'annessione illegale della Crimea. Ci siamo sempre opposti al controllo russo di parti della regione del Donbass nell'Ucraina orientale. Gli alleati sostengono la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina entro i suoi confini internazionalmente riconosciuti. Sosterremo l'Ucraina fintanto che il presidente Putin continuerà questa guerra. Alla fine, tuttavia, il governo ucraino e il popolo ucraino devono prendere decisioni sovrane su come può essere una soluzione di pace. Non possiamo farlo noi".
In buona sostanza:
1) Zelensky non ha mai detto alla Russia vabbè tieniti la Crimea facciamo pace https://twitter.com/putino/status/1523074501902487552
2) segretario generale Nato non ha mai detto anche se l'Ucraina cede la Crimea noi non riconosceremo mai l'annessione.

E perché mai l'Ucraina dovrebbe cedere la Crimea alla Russia? Perché è minacciata di morte, perché ha il coltello alla gola ... in questo caso dobbiamo aiutarla affinché questa minaccia sparisca del tutto.


ZELENSKY, LA CRIMEA E LA NATO: NOTA SU UNA BUFALA
Niram Ferretti
8 maggio 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 8695961573

Nella fiction pro-putiniana che vuole Zelensky burattino della Nato, circola in questi giorni l'ennesima bufala, a "dimostrazione" che la Nato terrebbe Zelensky in ostaggio.
Vediamo i fatti.
Due giorni fa, il presidente dell'Ucraina ha aperto alla Russia chiedendo al paese aggressore di tornare ai confini del 23 febbraio.
In una intervista concessa al think tank inglese Chatham House, Zelensky ha detto, "Sono stato eletto presidente dell'Ucraina, non di una mini Ucraina. È un punto molto importante", e poi ha detto che al fine di un accordo di pace, le truppe russe "devono ritirarsi nei confini pre-invasione, ritornare entro la linea di contatto precedente il 24 febbraio".
La Crimea non è stata menzionata. Affermare che si deve ripartire da questi confini, non implica in alcun modo che la situazione in Crimea debba essere lasciata così come è. Questa è una lettura forzata e tendenziosa che non rispecchia affatto le affermazioni di Zelensky.
Il giorno dopo, il Segretario Generale della Nato, Janis Stoltenberg in una intervista a "Die Welt" ha dichiarato una cosa risaputa:
"l'Ucraina deve vincere questa guerra perché difende il suo territorio. I membri della Nato non accetteranno mai l'annessione illegale della Crimea. Ci siamo inoltre sempre opposti al controllo russo su parti del Donbass nell'Ucraina orientale".
L'annessione della Crimea, avvenuta nel 2014 è considerata illegale da TUTTI i membri della Nato, Turchia compresa.
In un incontro con Zelensky, avvenuto ad Ankara il 16 ottobre del 2020, Erdoğan dichiarò:
"Abbiamo sempre sostenuto e sosterremo sempre la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina, anche sulla Crimea".
Dunque nulla di straordinario. Nessun diktat americano o Nato. Questa è sempre stata la posizione Nato dal 2014 ad oggi, essendo l'annessione della Crimea, per il diritto internazionale, illegale a tutti gli effetti.
Zelensky non avrebbe mai, e mai potrebbe contestare questa posizione, figuriamoci suggellare come dato di fatto quello che la Russia si è presa illegalmente.



La mossa di Biden che può cambiare tutto: ecco cosa ha firmato
Francesco Boezi
9 Maggio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/or ... 1652134099

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato un provvedimento legislativo che accelererà l'invio di armi agli ucraini. Il provvedimento ricorda una legge contro Hitler che risale al 1941
La mossa di Biden che può cambiare tutto: ecco cosa ha firmato

Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha da poco firmato un provvedimento che serve ad accelerare l'inoltro di armi alle forze ucraine e che è associabile ad un'altra legge che venne sottoscritta nel 1941 per coadiuvare l'esercito britannico nella lotta contro Adolf Hitler.

Il nome della legge - così come ripercorre l'Ansa - è "Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act". L'atto ricorda molto quanto predisposto dall'ex presidente Franklin Delano Roosevelt alle soglie dell'ingresso in guerra degli Stati Uniti, durante il Secondo conflitto mondiale. In relazione alla votazione della legge avvenuta circa trenta giorni fa all'interno della Camera dei Rappresentanti, vale la pena segnalare come soltanto dieci membri dell'organo elettivo abbiano votato contro la legge che Biden ha firmato in queste ore.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ringraziato Biden per la scelta operata e ha garantito la vittoria "insieme".

La scelta del leader Usa segue di poco la replica del Pentagono al discorso pronunciato oggi da Vladimir Putin in occasione della Giornata della vittoria. "Abbiamo sentito le stesse spacconate, le stesse falsità, le stesse bugie, in termini di retorica, che abbiamo sentito dall'inizio", ha fatto presente John Kirby, che svolge l'incarico di portavoce del quartiere generale della Difesa Usa. In merito alle accuse di nazismo che anche oggi lo "Zar" ha continuato a muovere nei confronti dell'Ucraina, Kirby ha detto quanto segue: "Le dichiarazioni di Putin che in Ucraina ci sono i nazisti sono ridicole. In Ucraina ci sono gli ucraini".

Sempre oggi, peraltro, il segretario della Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin ha telefonato al suo omologo ucraino, comunicando che gli Usa continueranno a garantire sostegno anche militare al Paese guidato da Volodymyr Zelensky.

Domani, invece, sarà il giorno dell'arrivo negli Stati Uniti del premier italiano Mario Draghi. I due - come ripercorso dalla fonte citata - affronteranno due argomenti su tutti: "Parleranno di come continuare a imporre sanzioni su Putin e la Russia e di come continuare ad aiutare gli ucraini", ha osservato il portavoce della Casa Bianca. E ancora: "Parleranno anche della cooperazione bilaterale in vari ambiti".


L'Italia entra maggiormente dentro al conflitto con nuovi aiuti all'Ucraina: dall'invio di uomini ai confini a quello di armi e tecnologia, ecco le prossime mosse del nostro Paese per combattere a fianco di Kiev
Droni, antidroni, 600 militari: ecco le "nuove" armi anti Putin dell'Italia
Alessandro Ferro
11 Maggio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1652256516

Oltre alle armi, i propri soldati: l'Italia si schiera ancor di più in prima linea assieme a Kiev nella guerra contro Putin e lo inviando uomini e mezzi militari in maniera più corposa rispetto a quanto fatto finora. È sicuramente un altro segnale sulla vicinanza al popolo di Zelensky e a quanto stanno facendo finora alcuni Paesi Nato come Stati Uniti e Regno Unito che inviano costantemente materiale bellico per combattere in Donbass e difendersi nelle altre zone del Paese.



Centinaia di soldati ai confini

Dal punto di vista degli uomini, è prevista la partenza di almeno 600 soldati nelle prossime settimane che si piazzeranno in Ungheria e Romania, in pratica ai confini con il Paese teatro del conflitto e raggiungendo anche le altre forze Nato a protezione dell'area meridionale. Come si apprende dal Corriere, potrebbe essere affidata all'Italia il comando delle operazioni a Budapest: ne sapremo di più nelle prossime ore quando saranno definiti i dettagli nella cosiddetta "delibera missione" che dovrebbe essere approvata nei prossimi giorni in Consiglio dei ministri per poi avere il via libera definitivo dal Parlamento. Ma il contingente italiano supererà il migliaio di uomini se aggiungiamo anche i 500 previsti per la Bulgaria come spiegato dal ministro della Difesa, Lorenzo Guerini.


"Rafforziamo la sicurezza"

"Abbiamo deciso di rafforzare la postura di deterrenza e rassicurazione, con particolare attenzione sui Paesi del fianco Est. L’Italia già contribuisce a queste misure in maniera significativa, con una componente terrestre in Lettonia, una componente aerea in Romania e Islanda e una componente navale nel Mediterraneo Orientale". Gli uomini che saranno inviati appartengono al reggimento dei lagunari, dei paracadutisti, degli alpini e della Marina Militare del Comsubin (Comando Raggruppamento Subacquei e Incursori Teseo Tesei).


Cosa succede con le armi

Dal punto di vista dell'armamentario bellico, invece, anche se come abbiamo visto sul Giornale.it l'elenco delle armi è secretato per motivi di sicurezza, il Corriere ha ipotizzato quanto di concreto potrà fare il nostro Paese nei prossimi giorni: indiscrezioni parlano di sistemi contro i droni, apparecchi per disturbare le frequenze dei radar ma anche sistemi di difesa che reggano l'onda d'urto di potenziali attacchi alle infrastrutture. L'Italia proverà a far fare il salto di qualità soprattutto dal punto di vista tecnologico con esperti del settore industriale già allertati e pronti all'invio del materiale necessario. La guerra, però, si deve combattere anche con i mezzi di terra come carri armati e armi di vario tipo. Un decreto legge approvato il 1° marzo in parlamento nonostante il veto di alcuni gruppi politici consentirà fino al 30 settembre l'invio a kiev di "mortai, lanciatori Stinger, mitragliatrici pesanti Browning , colpi browning, mitragliatrici leggere, lanciatori anticarro, colpi anticarro, razioni K, radio, elmetti, giubbotti" già inviati all'inizio del conflitto ma anche più di recente.




Premessa: fornire le armi ad un Paese aggredito come l'Ucraina è una necessità triste e doverosa
Non solo armi
Augusto Minzolini
11 Maggio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/cronache ... 1652265232

Premessa: fornire le armi ad un Paese aggredito come l'Ucraina è una necessità triste e doverosa. Se si riuscirà a convincere Vladimir Putin a tornare sui suoi passi, ad intraprendere la via del negoziato, lo si dovrà anche a questa decisione, che ha trovato l'Occidente per buona parte unito. Solo che armare l'arsenale ucraino è una necessità, non un programma. Purtroppo, però, specie nel mondo anglosassone, si parla solo di cannoni, elicotteri e carri armati. Invece, bisognerebbe rifornire Kiev in silenzio e immaginare altro: quando la Cina appoggiava in maniera massiccia il Vietnam del Nord e i Viet Cong nella sua guerra contro gli Usa, più di cinquant'anni fa, non gridava ai quattro venti la lista quotidiana delle armi che mandava oltre confine. Ecco, quel che manca è un impegno ugualmente convinto da parte dell'Occidente nell'uso del linguaggio del cessate il fuoco, della tregua, delle trattative e della pace. Continuare con i proclami quotidiani contro il Cremlino serve a poco. L' argomento andrebbe lasciato ai campi di battaglia, mentre ci vorrebbe un'iniziativa diplomatica che raccogliesse i frutti dei successi della resistenza ucraina.

Le tracce di una simile iniziativa sono ancora labili, ma questa lacuna, quest'approccio maniacale alla crisi solo dal punto di vista militare potrebbe a lungo andare logorare il campo occidentale. Putin, sia pure nella sua miopia, se ne è accorto: i toni meno minacciosi rispetto alle previsioni della vigilia del discorso sulla Piazza Rossa, avevano questa ratio. Poi naturalmente il giorno dopo lo Zar è tornato a lanciare missili su Odessa e a bombardare l'acciaieria Azovstal, ma in ogni caso quel cambio di atteggiamento andava rimarcato e i leader europei - non certo gli Usa o l'Inghilterra - in parte lo hanno fatto. Prima il presidente francese Macron e il cancelliere tedesco Scholz. Poi ieri anche Mario Draghi è stato chiaro alla Casa Bianca nel dire a Biden che «la gente vuole parlare di cessate il fuoco e di pace». Del resto una funzione del genere può essere svolta solo dall'Europa. Ma per essere convincente - sia con Putin, sia con Biden - l'Unione non dovrebbe essere divisa o apparire tale. Invece da settimane non riesce ad individuare una posizione comune sulle sanzioni alla Russia sul petrolio, per cui è difficile immaginare che abbia la capacità di diventare protagonista di una mediazione tra Mosca e Kiev.

È proprio l'Europa la grande assente, l'eterna incompiuta. Ieri il ministro degli Esteri ucraino, Kuleba, ha dichiarato: «L'Ucraina nella Ue è una questione di guerra o di pace in Europa». Nulla di più vero. Ma i 27 Paesi sono divisi sui tempi dell'adesione se non addirittura sull'approdo: l'Austria ha già posto una sorta di veto. E si torna al punto di partenza: per dare un ruolo all'Europa c'è bisogno che i Paesi fondatori, quelli che hanno creato l'Unione, facciano un passo avanti, lasciando agli altri la scelta se restare indietro o meno. Anche perché solo un'Europa vera, unita nella politica estera e nella difesa, potrà garantire la pace nel continente.



CON PUTIN POTETE SEDERVI ATTORNO A UN TAVOLO E DISCUTERE DI RIASSETTO MONDIALE, MA NON LO POTETE FARE SULLA PELLE DEL MIO POPOLO, DELL’UCRAINA.
Giorgio Graffieti
13 maggio 2022

https://www.facebook.com/grefojet/posts ... 5965709908

Di salvare la faccia a Putin non me ne importa nulla. Dopo di lui ci sarà ancora la Russia a quella dobbiamo pensare.
La guerra l’ha provocata lui invadendoci. Noi ci difendiamo. Possiamo vincere la guerra sul campo ma l’Europa e l’occidente non devono stancarsi di aiutarci come è necessario.
Un conto è arrivare a un accordo di pace, un conto è dimenticare i crimini di guerra compiuti dall’esercito russo.
Unire le due bandiere al momento per noi non è segno di pace.
Quella bandiera per noi ucraini è segno concreto di aggressione, morte, distruzione; hanno ucciso i nostri anziani, le nostre madri e mogli, hanno stuprato le nostre ragazze, ucciso e deportato bambini, malati; hanno smembrato famiglie.
È disumano chiedere a noi oggi di fare finta che tutto questo non sia successo; la nostra coscienza si rivolta. Siamo psicologicamente non pronti e abbiamo tanta rabbia in corpo nei confronti dei russi per ciò che ci stanno facendo.
Io ho molto rispetto e ammirazione per Papa Francesco ma lui deve comprendere la nostra tragedia e le pesanti conseguenze che essa genera oggettivamente, psicologicamente, oltre la nostra volontà.
Non sono le sanzioni che provocheranno la carestia in Africa. Questo è falso. La causa è Putin che sta bloccando i nostri porti con i bombardamenti. Noi siamo pronti a inviare il nostro grano, lui ce lo impedisce. Questa è la verità.
E tuttavia se Putin ritira il suo esercito dall’Ucraina io sono pronto a trattare la pace.
(Volodymyr Zelens'kyj)
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » lun mag 16, 2022 8:23 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » lun mag 16, 2022 8:24 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » lun mag 16, 2022 8:24 am

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » lun mag 16, 2022 8:25 am

14)
L'andamento della guerra

Il Donbass e la Crimea sono parte dell'Ucraina e non della Russia
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 1613077124
Capitolo 22)
Resistenza e controffensiva dell'Ucraina al suo interno e nel territorio russo contro i suoi aggressori della criminale Russia di Putin

Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non dei russi e della Russia
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 143&t=3000
https://www.facebook.com/profile.php?id=100078666805876




«Noi disertori russi traditi da Mosca e nascosti dai contadini ucraini»
Nello Scavo
sabato 26 marzo 2022

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/no ... ni-ucraini

Succede che in guerra, come in ogni guerra, il nemico braccato talvolta non si presenti con la faccia feroce del combattente, ma mostri i connotati mesti del figlio sperduto. Come Radislav, il soldato russo che in una fattoria ucraina viene nascosto da una coppia di agricoltori di mezza età. Non se la sono sentita di consegnarlo alla polizia. Per i russi è un disertore. Per i militari di Kiev un invasore. Non è il solo. A Mosca sono terrorizzati dalle fughe di notizie.

Ma i casi di diserzione si stanno moltiplicando, mentre molti soldati a contratto si sono dimessi. «Eravamo in Bielorussia, ci avevano detto che era un’esercitazione come le altre. Hanno mentito. In Ucraina ci venivo in vacanza, a trovare i parenti, adesso mi chiedono di ucciderli», ha spiegato Radislav. Fuggiaschi e disertori. Per necessità e per scelta. Attraverso svariate fonti in Europa, in Ucraina e in Russia siamo entrati in contatto con alcune delle famiglie russe, preoccupate per la sorte dei militari mandati allo sbaraglio all’assalto di Kiev. Il morale è ai minimi e le voci di ammutinamento non sono più solo «calunnie del nemico». Il colonnello russo Yuri Medvedev, comandante della 37esima brigata fucilieri motorizzati è stato deliberatamente travolto da uno dei suoi carri armati.

Una rappresaglia interna motivata dall’aver mandato a morte centinaia di ragazzi. Sui social sono state diffuse le immagini dell’ufficiale gravemente ferito e portato in Bielorussia, dove sarebbe morto.

Radislav è stato fortunato, ma non c’è modo di sapere come se la caverà. È stata la contadina che lo ha accolto a rassicurare la madre del soldato, in Russia. L’ha rincuorata e ha promesso che faranno in modo che nessuno gli faccia del male. Il giovanissimo carrista non aveva con sé né documenti né armi. In un filmato si vede la colonna di corazzati cadere in una imboscata.

Le immagini da un drone mostrano alcuni blindati danneggiati ma ancora inesplosi da cui saltano fuori quattro militari. Lo stesso accade più avanti. Scappano tutti dal lato opposto alla traiettoria dei lanciarazzi ucraini. Poi spariscono nella campagna.

Tra i ragazzi impiegati nei primi battaglioni incaricati di superare il confine dalla Bielorussia all’Ucraina non si trovano solo professionisti del combattimento armato. «Un volontario impiegato come musicista in una banda musicale militare – ci racconta una fonte russa vicina alla famiglia – un giorno è stato chiamato per una esercitazione ma poi è stato mandato a combattere al confine con l’Ucraina. I suoi genitori stanno cercando di farlo tornare indietro».

Altri militari di leva sono stati inviati in Bielorussia con il pretesto delle esercitazioni, «ma poi – spiega un attivista che fornisce consigli legali ai militari dissidenti – sono stati costretti a firmare un contratto di arruolamento e in tal modo si sono trasformati in “volontari” che perciò non possono sottrarsi alle battaglie». Ci sono poi i professionisti, «che però non vogliono partecipare a questa guerra e hanno chiesto di rescindere il contratto per motivi di coscienza. Tra questi, molti russi che hanno familiari in Ucraina». Per mettere a tacere questi casi i servizi segreti hanno escogitato una trappola. Nell’autunno del 2021, il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa (Fsb) ha pubblicato una lista di temi non sottoposti a segreto, ma passibili di ritorsioni legali. Se ne può parlare pubblicamente, ma a certe condizioni. Un’esca per incastrare i delatori e scoraggiarne la loquacità.

L’elenco delle «informazioni sensibili» ma non «top secret» contempla lo stato del morale dei militari, le loro condizioni materiali e di salute, le violazioni che avvengono nell’esercito. Chi divulgasse notizie inerenti questi argomenti non è immediatamente sottoposto a indagini, a una sola condizione: non dissentire. Un controsenso che nasconde un avvertimento: chiunque divulga quelle notizie in tono o in ambienti critici viene perseguito con l’accusa di tradimento. Tradotto: si può solo scrivere che il morale delle truppe è alto, che l’equipaggiamento è di prim’ordine, che tutto fila liscio e nessuno si sottrae agli ordini. Queste norme sono una delle leve per la manipolazione preventiva delle informazioni. A cominciare proprio dal nascondere l’esistenza di disertori, renitenti e obiettori di coscienza. Anche solo far conoscere la storia del fuggiasco Radislav, a Mosca costerebbe caro.

Il ministero della Difesa russo aveva assicurato che alla «operazione militare speciale» in Ucraina avrebbero partecipato soltanto i militari professionisti. Il 9 marzo ha poi dichiarato che tutti i coscritti mandati in battaglia – vale a dire i giovani del servizio di leva – erano stati richiamati dall’Ucraina, e per quelli catturati sarebbe stato profuso ogni sforzo affinché tornassero a casa. Affermare il contrario o porre in dubbio queste informazioni costituisce reato di tradimento. Ecco perché non si parla dei militari che si sottraggono ai combattimenti.

Ma a cosa si riferiva il portavoce dell’armata? Le storie ricostruite da Avvenire dopo settimane di ricerche, incontri sul campo, contatti riservati, verifiche incrociate con familiari e conoscenti dei militari in diversi Paesi europei, rivelano di cosa ha paura Mosca e del perché il Cremlino stia imponendo il bavaglio all’informazione. Con l’aiuto di organizzazioni per la libertà di scelta dei militari e del movimento degli obiettori russi sostenuti dalla War Resisters’ International di Londra, e in Italia dal Movimento nonviolento, abbiamo rintracciato molte famiglie che raccontano come «spesso i soldati non hanno con sé nessun documento d’identità militare o civile. Non possono usare la connessione Internet nell’area dell’unità militare e nei campi d’addestramento, e anche il semplice uso del cellulare può essere disciplinato dal comandante». In particolare, alla vigilia dell’invasione «i telefoni dei militari sono stati sequestrati e ogni chiamata deve essere autorizzata e supervisionata da un superiore».

Igor Konashenkov, capo del dipartimento dell’Informazione e delle comunicazioni esterne del ministero della Difesa pochi giorni fa si è espresso con sdegno. «Sfortunatamente alcuni dei fatti che riguardano la presenza di coscritti nelle unità delle Forze armate Russe che partecipano all’operazione speciale militare in Ucraina sono state scoperte».

LA SFIDA E I RISCHI DEGLI ATTIVISTI RUSSI E LA CAMPAGNA INTERNAZIONALE A DIFESA DEI RENITENTI AL COMBATTIMENTO

«Da quando si è capito che in guerra non ci vanno soltanto i militari professionisti, ma anche i coscritti (giovani di leva, ndr), anche chi è fuori età ha paura di essere richiamato. Molte persone stanno chiedendo come possono evitare di essere mandate al fronte, ed è un’occasione per parlare di obiezione di coscienza». Così Elena Popova, attivista di San Pietroburgo con alle spalle diverse denunce e arresti, racconta la preoccupazione di chi in guerra non vuole andarci. La sua voce è rilanciata dal Movimento nonviolento che in Italia e in Europa hanno promosso una iniziativa per l’obiezione alla guerra. Il Movimento nonviolento, aderente a Rete italiana pace e disarmo, propone di firmare una dichiarazione che sarà poi consegnata al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio, allo Stato maggiore dell’esercito. Una libertà di opinione e di scelta che in Russia è una chimera.
Fine prima parte

Seconda parte
«Gli insegnanti devono tenere lezioni speciali per spiegare per quale motivo è stato necessario andare in Ucraina», scrive ancora Popova. «Sono stati creati dei materiali dal ministero dell’Istruzione. Ci sono anche delle videolezioni». Ci sono stati casi in cui gli alunni hanno fatto qualche domanda di troppo, «e subito dopo i poliziotti sono andati a cercare i genitori».







L'esercito ucraino afferma che i nuovi sforzi russi per sfondare diverse aree sono falliti
Miroslav Popov
11 maggio 2022

https://www.facebook.com/groups/3238516 ... 008457714/

Le forze armate dell'Ucraina dicono di aver continuato a resistere agli sforzi domenicali delle unità russe per sfondare in diverse aree.
La principale spinta russa è stata a sud della città di Izium nel tentativo di circondare le truppe ucraine difendendo parti della regione di Luhansk.
Lo Stato maggiore ucraino ha detto che "il nemico ha raggruppato unità e rifornito rifornimenti per aumentare l'offensiva", ma un tentativo di conquistare nuovi territori è stato respinto.
In un'apparente indicazione del cambio di focus russo, gli ucraini hanno detto: "Gli occupanti non stanno più conducendo un'offensiva attiva nella direzione di Kharkiv. "
A Luhansk, lo stato maggiore ha detto che "il nemico si sta preparando ad assaltare Severodonetsk e Lysychansk,
Più di 300 civili sono stati salvati dall'inizio delle evacuazioni dall'acciaieria Azovstal assediata, ha detto sabato il presidente Volodymyr Zelensky nel suo discorso notturno.
Ha segnato la fine della prima fase di evacuazione, iniziata poco più di una settimana fa, suscitando un ringraziamento da parte del leader ucraino.
Almeno 100 civili, considerati principalmente uomini, sono ancora intrappolati nel complesso siderurgico Azovstal a Mariupol, ha affermato un consigliere del sindaco della città. Arriva mentre i soldati ucraini continuano a combattere nell'ultima resistenza nella città meridionale.
L'acciaieria Azovstal di Mariupol è sotto "costante intenso bombardamento" da parte delle forze russe che cercano di conquistare l'ultima roccaforte rimasta nella città portuale, secondo la brigata Azov, che ha tenuto una conferenza stampa online da un nascondiglio nella pianta.
I russi stanno attaccando con "artiglieria, carri armati, mortai, fanteria e cecchini", secondo i soldati. Aerei dell'aeronautica mancati
Domenica, il gruppo dei 7 leader, ha incontrato virtualmente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e lo ha rassicurato che continueranno a fornire assistenza militare ed economica "per aiutare l'Ucraina a garantire il suo futuro libero e democratico" e aumenterà se aiuti finanziari "nelle prossime settimane", secondo la dichiarazione del incontro passato dalla Casa Bianca.
Hanno annunciato nuove sanzioni contro la Russia: ogni membro eliminerà gradualmente le importazioni di petrolio russo.
Zelensky, secondo l'affermazione, ha detto ai leader che l'Ucraina continuerà a proteggersi e che il suo "obiettivo ultimo" è un ritiro completo russo dall'Ucraina.
■ L'Ucraina ha accusato la Russia di aver sganciato una bomba su una scuola nella regione di Luhansk dove 90 persone si stavano rifugiando. Sessanta o poche persone in più si temono morte a seguito di un attacco aereo di sabato.
Serhiy Hayday, il capo dell'amministrazione militare della regione di Luhansk, ha detto che un aereo russo ha sganciato una bomba sulla scuola nel villaggio di Bilohorivka, che si trova a diverse miglia dalla linea del fronte.
■ Sia i militari russi che quelli ucraini hanno rivendicato successi in quello che sembra essere in corso nel Mar Nero, e soprattutto sull'Isola dei Serpenti occupata dai russi.
L'esercito ucraino ha colpito almeno un sistema di difesa aerea russo a Snake Island nel fine settimana, secondo tre ufficiali della difesa statunitensi e un ufficiale ucraino.
L'attacco al sistema di difesa aerea a corto raggio SA-15 si aggiunge agli attacchi su un elicottero russo e una nave da atterraggio, ha affermato un alto funzionario della difesa statunitense.
"Pensiamo che ci siano stati almeno tre obiettivi colpiti dagli attacchi aerei a Snake Island", ha detto l'ufficiale in un briefing lunedì, "ma per quanto riguarda l'effetto generale, penso che stiamo ancora cercando di capire tutto. "
Un ufficiale ucraino ha detto domenica che le forze ucraine avevano distrutto un elicottero e diverse piccole navi.
Serhiy Bratchuk, portavoce dell'amministrazione militare della regione di Odesa, ha detto domenica che diverse dozzine di soldati russi sono stati uccisi.
Il Ministero della Difesa russo domenica ha dato una versione molto diversa degli eventi. Il maggiore generale Igor Konashenkov ha detto che sabato notte, altri due bombardieri Su-24 ucraini, un elicottero Mi-24 e droni dell'aeronautica ucraina sono stati distrutti dai sistemi di difesa aerea russi sull'isola.
■ Il contrattacco ucraino a Kharkiv si svolge: l'esercito ucraino afferma che la Russia sta trattenendo alcune delle sue forze all'interno dei suoi confini per prevenire un contrattacco ucraino che ha fatto qualche progresso ad est di Kharkiv. Dentro Ucraina.
Nel suo ultimo aggiornamento operativo, lo staff generale delle forze armate afferma che "per impedire l'avanzata delle unità delle forze armate dell'Ucraina, il nemico si è concentrato fino a diciannove gruppi tattici di battaglione nella regione di Belgorod" di Russi a. "Società"
Lo staff generale afferma che l'attività più intensa è nella regione di Donetsk, dove le forze russe stanno cercando di avanzare verso la città di Lyman, un importante centro di trasporto.
In altre parti della regione, dice: "il nemico ha aumentato la sua potenza di fuoco e sta cercando di sfondare le difese delle nostre truppe. "
Anche così, dice, le forze russe restano "concentrate sul raggruppamento di unità, rifornimento di munizioni, carburante, [e] manutenzione di posizioni precedentemente occupate. "
Lo stato maggiore dice che si aspetta che i russi riprendano un'offensiva verso il villaggio di Sulyhivka mentre cercano di fare progressi dalla zona di Izium.
Sul fronte di Luhansk, l'aumento dei bombardamenti russi ha causato più vittime civili e ostacolato le operazioni di salvataggio: "Con il supporto di aerei e artiglieria, il nemico ha concentrato i suoi sforzi nel cercare di prendere il controllo di Rubizhne e prepararsi a o la continuazione delle operazioni offensive in direzione di Lysychansk. Il nemico ha aumentato la potenza di fuoco, cercando di sfondare le difese delle nostre truppe".
Funzionari ucraini hanno lanciato l'allarme su un ponte russo eretto qualche giorno fa e potrebbe ora consentire alle forze russe di minacciare le difese ucraine e le rotte di rifornimento nella regione di Luhansk.
Serhiy Hayday, capo dell'amministrazione militare regionale di Luhansk, ha detto lunedì che i russi stavano cercando di togliere "la strada della vita", che collega le linee del fronte ad est intorno a Severodonetsk con la città di Bakhmut, un'importante reazione r base. "I russi hanno trasportato equipaggiamenti sull'altra riva attraverso un pontone attraverso il fiume Siversky Donets", ha detto Hayday.
"Se si consolidano, potranno sviluppare un'offensiva e avvicinarsi alla strada, tagliando fuori la regione di Luhansk.
"Questo significherà la perdita del percorso unico verso la sicurezza e il collegamento con altre regioni. "
Le forze russe hanno fatto solo piccoli guadagni territoriali a Luhansk ma ora hanno il controllo della città in rovina di Popasna.
In un discorso che celebra il Giorno della Vittoria della Russia lunedì, il presidente Vladimir Putin ha dichiarato che l'intervento in Ucraina era necessario poiché l'Occidente stava creando "minacce accanto ai nostri confini" e "si preparava all'invasione della nostra terra. "
L'addetto stampa della Casa Bianca Jen Psaki e altri funzionari del governo statunitense hanno detto lunedì che le osservazioni del presidente russo Vladimir Putin nel suo discorso annuale sulla Giornata della Vittoria a Mosca, incolpando l'occidente per la guerra con l'Ucraina sono "patentemente false e assurde. ”
"Il suggerimento che questa guerra che è stata provocata, diretta dal Presidente Putin, sia stata spinta dall'aggressione occidentale o dai piani occidentali è palesemente falsa e assurda. ”.
■ Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha firmato l'Ucraina Democracy Defense Lend-Lease Act del 2022 in una cerimonia della Casa Bianca lunedì, affiancata dal primo membro ucraino del Congresso, la Repubblicana Victoria Spartz.
La legge è finalizzata a semplificare il processo per ottenere assistenza militare all'Ucraina, mentre la Russia continua la sua invasione.
"Sto firmando un disegno di legge che fornisce un altro importante strumento nei nostri sforzi per sostenere il governo dell'Ucraina e il popolo ucraino nella loro lotta per difendere il loro paese e la loro democrazia contro la brutale guerra di Putin, ed è brutale", ha detto Biden giornalisti nello Studio Ovale. "Voglio ringraziare i membri del Congresso qui per aver fatto passare questo e tutti coloro che hanno sostenuto il disegno di legge - e il disegno di legge dimostra che il sostegno all'Ucraina è un momento fondamentale in questo momento. ”
La Camera dei Rappresentanti statunitense ha approvato una legislazione alla fine di aprile che avrebbe permesso a Biden di utilizzare una legge dell'era della Seconda Guerra Mondiale, nota come Lend-Lease Act del 1941, per fornire rapidamente armi all'Ucraina in prestito. Quella legge è stata inizialmente creata per aiutare le forze che combattono la Germania nazista e riflette l'urgenza del Congresso di sostenere le forze armate ucraine.
■ L'Ucraina afferma che la Russia sta dirottando le truppe a nord nella regione di Kharkiv: le forze armate dell'Ucraina hanno detto che i russi hanno inviato diverse centinaia di truppe dalle aree occupate delle regioni di Donetsk e Luhansk a nord nella regione di Kharkiv.
■ La nuova leadership russa del
La regione ucraina di Kherson prevede di fare una richiesta formale per entrare a far parte della federazione russa.
"Le autorità della regione di Kherson faranno appello al Presidente della Russia con una richiesta di includere la regione in Russia", dice una dichiarazione su un nuovo canale Telegram che sembra collegato all'amministrazione filo-russa.
L'annuncio è stato rapidamente riportato dai media di stato russi.
Nel fine settimana, Stremousov ha dichiarato che "i cittadini residenti nella regione di Kherson avranno il diritto di ottenere la cittadinanza russa. "
"Non stiamo pianificando referendum e non stiamo pianificando la creazione di repubbliche", ha detto.
"Stiamo parlando del fatto che ci integraremo il più possibile nella Federazione Russa secondo tutte le opportunità che abbiamo.
"E tutti quei cittadini che si trovano sul territorio della regione di Kherson avranno diritto di ottenere la cittadinanza russa e il passaporto russo. "



Molotov contro gli uffici di leva. È la rivolta per non combattere in Ucraina
Roberto Vivaldelli
11 maggio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/ru ... 33421.html

Si moltiplicano, in Russia, gli attacchi contro gli uffici di leva dislocati in tutto il Paese. La Federazione Russa richiede, infatti, a tutti i cittadini maschi dai 18 ai 27 anni di iscriversi alla coscrizione, per la durata di un anno, prima di passare allo stato di riserva obbligatoria dell'esercito, al fine di raggiungere l'obiettivo di reclutare 134.500 uomini entro il 15 luglio. Tuttavia, alcune giovanissime reclute - soprattutto provenienti dalle aree più remote della Russia - non intendono partire, con il timore di essere proiettate nel Donbass, magari in prima linea nella guerra contro le truppe ucraine. Segnale che un certo malcontento verso la guerra, da parte delle giovani generazioni, è reale, anche se la maggioranza dei russi semberebbe approvare l'operato del presidente russo, Vladimir Putin.

L'ultimo degli attentati contro i centri di reclutamento risale a pochi giorni fa: secondo quanto riportato dal settimanale d'opposizione di lingua inglese, the Moscow Times, due uomini sarebbero in fuga dopo aver attaccato un ufficio di leva nella Siberia occidentale con delle bombe molotov. In un video condiviso dal canale Telegram Baza nei giorni scorsi, la coppia è stata vista lanciare almeno sette molotov contro la finestra di un ufficio di leva nella città di Nizhnevartovsk. Nel filmato, le fiamme possono essere notate sia all'interno dell'edificio, sia nella hall. Si ritiene che nessuno sia rimasto ferito nell'attacco che sarebbe avvenuto nelle prime ore della mattinata di mercoledì 4 maggio.

Altri attacchi molotov contro gli uffici di leva in Russia

Con quello di Nizhnevartovsk salgono a sei gli attacchi con bombe molotov ai danni di altettanti centri di leva in tutta la Federazione russa. Alla fine di aprile, un attentato è stato registrato nella remota regione della Mordovia. Le bombe molotov hanno distrutto diversi computer e un database di coscritti nell'insediamento di Zubova Polyana. A marzo, i residenti locali hanno danneggiato gli uffici di arruolamento militare nelle regioni di Voronezh, Sverdlovsk e Ivanovo, sempre con l'impiego di bombe molotov. I giovani autori degli attacchi a Sverdlovsk e Ivanovo hanno affermato di aver cercato di interrompere la campagna di reclutamento per protestare contro la guerra in Ucraina. Secondo quanto riportato dal Moscow Times, quattro giorni dopo l'ingresso delle truppe russe in Ucraina, il 28 febbraio, un 21enne ha appiccato il fuoco all'ufficio di reclutamento nella città di Lukhovitsy, nella regione di Mosca. In seguito ha dichiarato che il suo obiettivo era quello di distruggere gli archivi per impedire la mobilitazione dei coscritti. I giovani arrestati devono affrontare accuse penali che vanno dal danno alla proprietà al tentato omicidio, fino alla pesantissima accusa di terrorismo.


Le rassicurazioni di Shoigu. Ma c'è un problema

Alla fine di marzo, parlando della "seconda fase" del conflitto in Ucraina, il ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, ha voluto rassicurare la popolazione sula fatto che "i coscritti russi non saranno dispiegati nelle zone di combattimento". Come ha sottolineato su InsideOver, il 9 marzo scorso il ministero della Difesa aveva dovuto riconoscere che alcuni erano stati inviati in Ucraina dopo che Putin lo aveva negato in varie occasioni, sostenendo che erano stati inviati solo soldati e ufficiali professionisti. C'è però un problema, al netto delle rassicurazioni del generale, che il Cremlino dovrà affrontare prossimamente: come nota l'analista militare Rob Lee su Twitter, infatti, il presidente Putin dovrà prendere una decisione sulla mobilitazione.

La Russia ha impegnato l'80% dei suoi BTG - gruppi tattici di battaglione - in questa guerra e non ha abbastanza unità di terra con soldati a contratto per una rotazione sostenibile. Ciò non significa necessariamente che la Russia condurrà una mobilitazione completa, ma potrebbe autorizzare il dispiegamento di unità di leva proprio in Ucraina. Senza dispiegare questi battaglioni di leva, che sono di qualità inferiore rispetto ai BTG professionisti, osserva Lee, la Russia potrebbe avere difficoltà a mantenere il territorio che attualmente controlla in Ucraina nei prossimi mesi.


Aegis Combat System, il sistema di difesa Nato che può spazzare via le armi nucleari di Putin in pochi secondi. Come è fatto
11 maggio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/armi_ ... 82791.html

L'ultimo allarme sul rischio di attacco nucleare da parte della Russia lo ha lanciato l'intelligence statunitense. Putin userebbe l'atomica in caso di “minaccia esistenziale” a Mosca e la sconfitta in Ucraina potrebbe essere una causa scatenante. Negli Stati Uniti studiano questa eventualità dall'inizio dell'invasione, tanto che il presidente Joe Biden ha formato una task force che deve analizzare ogni possibile scenario, compreso l'attacco con armi nucleari appunto. E anche la Nato non sarebbe colta alla sprovvista e potrebbe azionare uno dei suoi sistemi di difesa più avanzato.

Svezia e Finlandia a un passo dalla Nato, Johnson: «Le sosterremo in caso di attacco della Russia»

L'Italia e le armi all'Ucraina, arriva un sistema cibernetico in grado di catturare i droni russi


Il sistema di difesa della Nato

In caso di attacco nucleare, la Nato potrebbe ricorrere all'Aegis Combat System, un sistema di difesa che opera nei domini marittimi, aerei, terrestri, spaziali e informatici. Attualmente prodotto dal gigante delle armi Lockheed Martin, questo sistema statunitense è integrato principalmente nei sistemi di armi navali e viene utilizzato per tracciare e guidare le armi che devono distruggere i bersagli nemici. «L'Aegis Weapon System è il sistema di combattimento più distribuito al mondo e la sua architettura di sistema flessibile gli consente di svolgere una varietà di missioni», spiega l'azienda che lo produce.

Questo sistema è costituito dal RIM-161 Standard Missile-3 (SM-3), dal RIM-174 Standard Missile-6 (SM-6) e dal sistema di combattimento Aegis. Più di recente, gli Stati Uniti hanno stipulato un contratto da 92,5 milioni di dollari per la produzione di sistemi radar e di difesa aerea Aegis, forniti alla Marina. Oltre ad essere schierato su navi da guerra navali, il sistema è anche in grado di essere adattato a sistemi terrestri.

Le navi militari equipaggiate con i sistemi di difesa missilistici balistici di Aegis possono prendere di mira le minacce utilizzando i RIM-161 Standard Missile 3 (SM-3), che intercetteranno i missili balistici in arrivo nello spazio, ma anche durante la loro fase finale, quando iniziano il rientro nell'atmosfera terrestre. Sebbene i costi dei sistemi Aegis siano difficili da determinare, l'anno scorso il Pentagono ha annunciato la vendita di quattro sistemi di difesa missilistica Aegis prodotti da Lockheed Martin per un valore fino a 1,7 miliardi di dollari.




Azovstal, ore cruciali. «È circondata dai tank». Zelensky: ripresi oltre 1.200 chilometri di confine
Mauro Evangelisti
12 maggio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/ucrai ... 82317.html

Johnson dice che il Regno Unito è pronto a un intervento militare se Putin attaccherà Svezia e Finlandia; Mosca ribatte minacciosa che osserva con molta attenzione il processo di adesione alla Nato dei due Paesi scandinavi. A Sud l’esercito di occupazione di Putin prosegue nell’opera di russificazione, tanto da preparare la procedura di annessione di Kherson, la diffusione del rublo e il rilascio di passaporti russi ai cittadini dell’area. Proprio ieri sera nell’area e nella vicina Mykolaiv sono state udite forte esplosioni, segnalati lanci di missili da parte dei russi. Intanto, le due repubbliche fedeli al Cremlino, Lugansk e Donetsk, hanno bloccato sia Facebook sia Instagram. Ma è sempre a Mariupol che si vivono ore drammatiche.
Assedio

Sul destino dei mille soldati ucraini asserragliati all’interno delle acciaierie Azovstal, in buona parte feriti e senza cure, si sta giocando una doppia partita. I russi fanno sapere: «Ormai non ci sono più civili all’interno, possiamo entrare e spazzarli via». I bombardamenti continuano, stanno avanzando anche i carri armati e ieri dall’area industriale si è alzata una gigantesca colonna di fumo. Dall’altra parte, per gli ucraini ieri sera ha parlato il numero due dello stato maggiore, il generale Oleksiy Hromov, che ha proposto una analisi molto brutale sull’ipotesi di organizzare un’operazione militare per liberare i soldati sotto assedio nei sotterranei delle acciaierie: «Ad oggi, una simile azione richiederebbe un considerevole numero di truppe perché i soldati ucraini si trovano ad una distanza di 150-200 chilometri». Sintesi della giornata: «Azovstal viene attaccata, non solo dal cielo e con l’artiglieria, ma anche con i tank - spiega su Telegram il consigliere comunale Petro Andriushchenko - Tutti siamo in debito con i difensori di Mariupol». Se l’assedio al battaglione Azov è divenuto un evento simbolo di questa guerra, il quadro generale è meno enfatico e chiama in causa gli equilibri geopolitici.

Equilibrio

Gli americani stanno dicendo, da giorni, che la guerra è in una fase di stallo: le prossime settimane saranno quelle cruciali, ma il conflitto che potrebbe durare ancora a lungo. Gli ucraini provano a rinvigorire il morale della popolazione rilanciando alcuni risultati ottenuti. Ieri ha spiegato in una conferenza stampa il direttore del Dipartimento per la protezione delle frontiere di Stato, Leonid Baran: «Abbiamo ripreso il controllo di 1.200 chilometri di confine nelle regioni di Kiev, Sumy e Chernihiv. Per due terzi si tratta di confine con la Russia». A inizio invasione, l’avanzata delle colonne di mezzi militari di Putin verso Kiev sembrava inarrestabile, nei giorni successivi la situazione è cambiata, la resistenza ucraina ha prima fermato i russi, poi li ha costretti a tornare indietro. Ora anche il controllo delle frontiere è stato ripristinato. Zelensky sostiene anche che ci sono «buone notizie» dal Nord: «Le forze di occupazione vengono gradualmente allontanate».


Manovre

Secondo Vadym Denysenko, consigliere del ministro dell’Interno ucraino, intervistato dalla Cnn, «la Russia ha raggruppato circa 20 unità tattiche di battaglioni a Belgorod, vicina al confine ucraino, ed è preoccupata per la possibilità di contrattacchi ucraini. Temono la nostra controffensiva nella regione di Kharkiv, nel nord della regione di Kharkiv, per essere precisi». Siamo nel Nord-Est dell’Ucraina, dove gli ucraini hanno riconquistato (valore molto simbolico) il villaggio di Pitomnyk. A Sud l’esercito russo vuole provare a guadagnare posizioni, mentre nella regione del Lugansk, ha denunciato il capo dell’amministrazione regionale Sergiy Gaidai, «i soldati di Mosca hanno aperto il fuoco su Horske. L’edificio della scuola dove studiano bambini con bisogni speciali è stato colpito. E ieri sono state bombardate per quindici volte aree residenziali». Gaidai non ha parlato di vittime nella scuola.


Scandinavia

La guerra continua, ma in parallelo c’è la diplomazia al lavoro. Boris Johnson, primo ministro del Regno Unito, ieri era in visita in Svezia e Finlandia. I due paesi scandinavi stanno meditando di richiedere l’adesione alla Nato per prevenire azioni di Putin. Nel frattempo ieri, sia pure con formule differenti, Svezia e Finlandia hanno siglato un patto militare con Londra. Johnson ha spiegato: l’accordo del Regno Unito con la Finlandia, come l’analoga dichiarazione solenne sottoscritta con la Svezia, prevede la possibilità di assistenza militare diretta nel caso di un ipotetico attacco della Russia. «Nell’eventualità di un disastro, di un attacco a uno dei nostri Paesi, ciascuno interverrebbe per dare assistenza all’altro: assistenza militare inclusa, se richiesta». Il presidente finlandese Sauli Niinisto ha commentato l’ipotesi di richiesta di adesione alla Nato: «L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato il quadro. La Russia ha dimostrato di essere pronta ad attaccare i paesi vicini e di conseguenza la Finlandia sta ora valutando di aderire all’Alleanza Atlantica». Ha aggiunto rivolto ai russi: «Siete voi che avete causato questo. Guardatevi allo specchio». Nella tappa a Stoccolma, Boris Johnson ha assicurato il sostegno al processo di adesione di Finlandia e Svezia alla Nato. Quasi subito da Mosca sono giunti segnali di nervosismo: «La Russia segue da vicino qualsiasi sviluppo che possa incidere sulla configurazione della Nato ai suoi confini» ha detto, gelido, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, lanciando una sorta di avvertimento.

E il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, quello che si è fatto intervistare da una tv italiana per dichiarare che secondo lui Hitler era ebreo, tanto da costringere perfino Putin a presentare le scuse a Israele, ieri ha spiegato: «La Russia non vuole la guerra in Europa». Non è rassicurante, perché Lavrov aveva detto lo stesso prima dell’aggressione all’Ucraina e perché lui non la considera «guerra» ma «operazione militare speciale». Lavrov ha anche parlato dei futuri equilibri del pianeta: «Speriamo e ci aspettiamo che la finalizzazione della nostra operazione militare e il raggiungimento di tutti i suoi obiettivi contribuiscano a fermare i tentativi dell’Occidente di minare il diritto internazionale e di ignorare e violare i principi della Carta delle Nazioni unite, compreso il principio dell’uguaglianza sovrana degli Stati. Inoltre, costringerà l’Occidente a smettere di spingere per un cosiddetto ordine mondiale unipolare dominato dagli Stati Uniti e dai suoi alleati». Ma non c’è nessuna trattativa tra Mosca e Kiev? «Sono in corso contatti tra Russia e Ucraina nell’ambito dei negoziati», ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Ma Peskov qualche ora dopo ha aggiunto: «I negoziati proseguono, ma sono inefficaci». Le distanze restano profonde. Il presidente ucraino Zelensky ha prima osservato: «Siamo pronti a condurre i negoziati, i colloqui, purché non sia troppo tardi. Ma con ogni nuova Bucha, con ogni nuova Mariupol e nuove atrocità scompare il desiderio e la possibilità di negoziare, così come la possibilità di risolvere questo problema in modo diplomatico».
Obiettivi

In serata Zelensky ha alzato l’asticella spiegando che il conflitto sarà terminato quando l’Ucraina si vedrà restituire tutti i propri territori: «La guerra per il popolo ucraino finirà solo quando avremo indietro ciò che è nostro. Lo dico apertamente: non abbiamo bisogno di nient’altro... Vogliamo riportare la pace nel nostro Paese, nella nostra terra». E lo stato maggiore ucraino è convinto che il Cremlino non abbia rinunciato all’obiettivo di prendere Kiev. Oleksiy Gromov, vice capo dipartimento dello stato maggiore, ha spiegato: «Mosca punta a prendere Odessa, Mykolayiv e in parte Zaporizhzhya. Vuole corridoio terrestre verso la regione transnistriana della Moldova. Vuole conquistare il territorio dell’Ucraina centrale, compresa Kiev, per inscenare elezioni che diano il potere a forze filo-russe. Ma li fermeremo».


Ucraina, ultime notizie in diretta

Ore 20.40 - Ucraina bombarda la Russia. È di un morto e tre feriti il bilancio di un bombardamento delle forze ucraine su un villaggio nella regione russa di Belgorod, vicino alla frontiera. Lo riferisce il governatore, citato dall'agenzia Tass.

Ore 20.20 - Visto l'isolamento dell'acciaieria Azovstal di Mariupol, che si trova a circa 150-200 km dalle linee ucraine, e la massiccia presenza di forze russe nell'area, un'eventuale operazione militare per cercare di liberare i combattenti asserragliati al suo interno sarebbe molto complessa e comporterebbe «perdite significative» per l'esercito di Kiev. Lo ha detto il numero due dello Stato maggiore di Kiev, Oleksiy Hromov, citato da Interfax Ukraine. L'ipotesi di un'azione militare è stata evocata oggi dal responsabile dell'intelligence del reggimento Azov, Ilya Samoilenko.

Ore 20.12 - «La situazione ad Azovstal è molto difficile. Sbloccare la situazione militarmente è impossibile». Ad affermarlo su 'Telegram' è la viceprmier dell'Ucraina Iryna Vereshchuk sottolineando che i militari ucraini nell'acciaieria di Mariupol «non vogliono arrendersi e questo merita rispetto». I russi, sottolinea, «non vogliono accettare la procedura di uscita» dei militari «e non ne siamo sorpresi. Il governo cerca ogni modo possibile per poter trovare la soluzione. Ad ora abbiamo proposto lo scambio: noi portiamo via tutti i feriti e liberiamo i prigionieri russi stando alle ordinarie regole di scambio. Sono in corso i negoziati», aggiunge.

Ore 19.40 - Il presidente Volodymyr Zelensky ha affermato che la guerra con la Russia finirà quando l'Ucraina riguadagnerà i suoi territori, popolo, pace, libertà e scelta. Parlato ad un incontro online con gli studenti delle università francesi - riferisce Ukrinform -, Zelensky ha precisato che «la guerra per il popolo ucraino finirà solo quando avremo indietro ciò che è nostro. Ô vero. Lo dico apertamente: non abbiamo bisogno di nient'altro... Vogliamo riportare la pace nel nostro Paese, nella nostra terra». Zelensky ha poi sottolineato l'importanza della presenza della Russia al tavolo delle trattative.

Ore 18.33 - Un attacco informatico a diversi siti italiani, tra cui quello del Senato e della Difesa, è in corso da parte di hacker russi. L'attacco, rivendicato dal collettivo filo russo 'Killnet', secondo quanto si apprende non avrebbe al momento compromesso le infrastrutture ma starebbe rendendo complicato l'accesso ai diversi siti.

Ore 17.55 - Un video pubblicato da Ukrinform mostra una colonna di denso fumo nero levarsi dall'acciaieria Azovstal. Sempre Ukrinform, citando il consigliere del sindaco di Mariupol, Petro Andryushchenko, aveva parlato di un attacco non solo dal cielo e con l'artiglieria ma anche con i carri armati russi all'acciaieria e sul fatto che era divampato un incendio nel sito.

Ore 17.50 - «L'Europa è l'alleato degli Usa, quindi le sue visioni non sono in contrasto ma stanno cambiando e dobbiamo parlarne. È una riflessione preventiva, bisogna riflettere sugli obiettivi di questa guerra e poi decidere»: lo ha detto il premier Mario Draghi in merito alla guerra ucraina.


Ore 17.22 - Jill Biden ha chiesto a Vladimir Putin di «mettere fine a questa guerra brutale e senza senso». In un articolo scritto di ritorno dalla sua missione in Europa dell'est, la First Lady americana ha raccontato la sofferenza delle famiglie di profughi ucraini incontrati in Romania e Slovacchia e alla fine si è rivolta direttamente al leader del Cremlino dopo aver citato una frase del poeta Kahlil Gibran. «Più in profondità il dolore incide nel tuo essere, più gioia puoi contenere». La mia speranza è che questo sia vero per le madri che ho incontrato, ha scritto Jill. «Ma ciò può accadere solo quando questa guerra finirà».

Ore 17.11 - «La guerra ha cambiato fisionomia, inizialmente era una guerra in cui si pensava ci fosse un Golia e un Davide, essenzialmente di difesa disperata che sembrava anche non riuscire, oggi il panorama si è completamente capovolto, certamente non c'è più un Golia, certamente quella che sembrava una potenza invincibile sul campo e con armi convenzionale si è dimostrata non invincibile». Così il premier Mario Draghi in conferenza stampa dopo l'incontro con Biden alla Casa Bianca.

Ore 17.01 - «L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia è un pericolo per la stabilità e la pace non solo in Europa ma in tutto il mondo». Lo ha detto il capo dello stato maggiore congiunto Usa, il generale Mark Milley, in un'audizione alla Commissione bilancio della Camera con il capo del Pentagono, Lloyd Austin. Il generale ha sottolineato che gli Stati Uniti sono pronti a «difendere gli alleati della Nato e sconfiggere chi li minacci o minacci la sicurezza americana».

Ore 16.06 - L'acciaieria Azovstal «è attualmente attaccata dagli invasori russi non solo con aerei e artiglieria, ma anche con carri armati che stanno cercando di sfondare». Lo riporta Ukrinform citando il consigliere del sindaco di Mariupol, Petro Andryushchenko, su Telegram. «Ora l'Azovstal viene attaccata non solo dal cielo e con l'artiglieria, ma anche con i carri armati. Sul sito c'è un incendio», ha annunciato Andryushchenko.

Ore 15.42 - Le repubbliche filo-russe di Lugansk e Donetsk nell'Ucraina orientale hanno annunciato di aver bloccato l'accesso a Facebook e Instagram. Lo riporta il Guardian precisando che la mossa allinea tali repubbliche alla politica russa nei confronti dei social network. «L'accesso alle risorse informative della società americana Meta, che consente appelli alla violenza contro gli utenti di lingua russa sui suoi social network, è già stato bloccato - ha affermato il ministero delle comunicazioni dell'a repubblica di Donetsk -. Alla luce di ciò, l'accesso ai social network Facebook e Instagram è bloccato sul territorio della repubblica».

Ore 15.35 - Il ministero della Difesa russo ha detto di avere le prove che il Pentagono ha partecipato ad «esperimenti biologici su pazienti di ospedali psichiatrici vicino a Kharkiv», in Ucraina. Lo riferisce la Tass. Negli esperimenti, aggiunge il ministero, sono coinvolti anche Germania e Polonia e le compagnie Pfizer, Moderna e Merck.

Ore 14.32 - Dopo la fine della guerra in Ucraina, che Sergei Lavrov continua a chiamare «operazione militare speciale», «quando saranno stati raggiunti gli obiettivi prefissati», «l'Occidente deve smettere di violare la Carta delle Nazioni Unite, promuovere il cosiddetto mondo unipolare dominato dagli Stati Uniti e dai loro alleati» Dopo il suo arrivo a Muscat, il ministro degli Esteri russo, ha spiegato di aver informato nei dettagli gli interlocutori dell'Oman sugli sviluppi in Ucraina e «la frattura geopolitica che riguarda questa situazione».

Ore 14:14 - L'esercito ucraino libererà Kherson. Lo ha scritto su Twitter Mykhailo Podoliak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky. L'unico ricorso che i Gauleiter della regione di Kherson possono preparare - ha scritto - è una richiesta di grazia dopo la sentenza del tribunale. Gli occupanti potrebbero chiedere di unirsi almeno a Marte o a Giove. L'esercito ucraino libererà Kherson, indipendentemente dai giochi di parole inventati dagli occupanti«. Podialak ha così risposto alle informazioni diffuse dai media russi riguardanti il vice capo dell'amministrazione militare-civile regionale occupante di Kherson Kirill Stremousov, sulla sua intenzione di fare appello al presidente russo Vladimir Putin affinché unisse la regione di Kherson alla Russia.

Cina e Taiwan, intelligence Usa: «Rischio alto invasione entro il 2030, Xi studia errori Putin per evitare lunga guerra»

Ore 14:04 - Londra sosterrà la Svezia e la Finlandia in caso di attacco. Lo ha detto il Primo ministro Boris Johnson intervenendo nel dibattito sull'opportunità che le due nazioni scandinave aderiscano alla Nato. Johnson è arrivato in Svezia dove ha firmato una dichiarazione di solidarietà politica, dopodiché si sposterà in Finlandia dove è previsto siglerà un analogo documento, riporta la BBC. «Siamo fermi e inequivocabili nel nostro sostegno sia alla Svezia che alla Finlandia e la firma di queste dichiarazioni di sicurezza», ha affermato il Premier britannico.

Ore 14.06 - «Dobbiamo ripristinare il dialogo e portare la Russia al tavolo dei negoziati. Siamo pronti a parlare, speriamo non sia troppo tardi». Lo ha dichiarato il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, rispondendo in collegamento video alle domande degli studenti di Sciences-Po.

Ore 12:19 - Il governo della regione meridionale di Kherson chiederà al presidente russo Vladimir Putin di renderla parte della Federazione russa. Lo ha affermato il vice capo dell'amministrazione Kirill Stremousov citato dalla Tass.

Ore 12.15 - Lavrov: la Russia non vuole una guerra in Ue

La Russia non vuole una guerra in Europa mentre l'Occidente sostiene che la Russia debba essere sconfitta. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov citato dall'agenzia Tass.

Ore 10.47 - Mogli soldati Azov dal Papa

L'incontro con il Papa è stato «un momento storico. Speriamo tutti insieme che questo possa aiutare a salvare i nostri mariti, i soldati che sono nella Azovstal a Mariupol. Noi speriamo che questo incontro ci dia una chance per salvare le loro vite». Così Katarina e Yulia, due mogli dei soldati del battaglione Azov che hanno appena incontrato Papa Francesco e che sperano che sia data ai loro soldati la possibilità di evacuare dall'acciaieria.

Ore 9.55 - Kiev: colpita scuola per bambini disabili in Luganks

I militari russi hanno sparato su un istituto per bambini con disabilità che hanno bisogno di sostegno nella regione di Lugansk. Lo rende noto il capo dell'amministrazione militare regionale Sergiy Gaidai citato da Ukrinform. «I soldati di Mosca ieri hanno aperto il fuoco su Horske. L'edificio della scuola speciale della regione dove studiano i bambini con bisogni speciali è stato colpito. Grazie ai russi», ha affermato Gaidai. Ieri sono state bombardate per 15 volte aree residenziali e infrastrutture in tutta la regione. Il gasdotto principale di Sieiverodonetsk è stato danneggiato, la città è senza gas e anche in blackout.

Ore 9.40 - Kiev: preoccupazione Mosca per contrattacchi a Kharkiv

La Russia ha raggruppato circa 20 unità tattiche di battaglioni a Belgorod, città russa vicina al confine ucraino ed è preoccupata per la possibilità di contrattacchi ucraini. Lo ha affermato il consigliere del ministro dell'Interno ucraino Vadym Denysenko parlando con le Tv di Kiev, citato dalla Cnn. «Secondo lo Stato maggiore delle forze armate ucraine, i russi sono molto preoccupati per la nostra controffensiva nella regione di Kharkiv, nel nord della regione di Kharkiv, per essere precisi», ha detto Denysenko. Le unità russe, tuttavia, hanno abbastanza forza per un altro attacco nella zona, ha detto.

Ore 9.20 - Papa incontra mogli combattenti battaglione Azov

Al termine dell'udienza generale in Piazza San Pietro, al momento del cosiddetto "baciamano", papa Francesco incontrerà e saluterà stamane le mogli di due ufficiali del Battaglione Azov, l'unità militare ucraina i cui combattenti sono attualmente asserragliati nei cuniculi dell'acciaieria Azovstal di Mariupol, opponendo l'ultima irriducibile resistenza in una città ormai già in mano dei russi. Le giovani mogli dei militari di Azov hanno scritto nei giorni scorsi al Pontefice e a sorpresa è arrivato loro ieri l'invito per l'odierno incontro in udienza. Sono quindi presenti sul sagrato vaticano in attesa del saluto del Papa.

Ore 09.00 - Mosca: contatti Russia-Ucraina sui colloqui

La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha detto che i contatti tra Russia e Ucraina nella sfera dei colloqui procedono. «I contatti sono in corso», ha detto a Radio Sputnik citata dall'agenzia russa Tass.

Ore 08.44 - Putin a Donetsk: fiducia in vittoria con sforzi comuni

Il presidente russo Vladimir Putin si è congratulato con il capo della Repubblica Popolare (autoproclamata, ndr) di Donetsk Denis Pushilin per la festa nazionale della Repubblica di oggi, dicendo in un telegramma pubblicato sul sito del Cremlino di essere fiducioso in una vittoria. Lo riferisce la Tass. «Sono fiducioso che i nostri sforzi congiunti ci permetteranno di superare ogni ostacolo e ottenere una vittoria», si legge nel telegramma.

Ore 08.05 - Kiev: Mosca punta ad avanzare verso sud

Nel 77esimo giorno di guerra, l'esercito russo sta conducendo le ostilità più attive nelle direzioni di Slobozhansky e Donetsk, cercando di prendere piede nella direzione di Kryvyi Rih, in Ucraina meridionale: lo scrive lo Stato maggiore delle forze armate di Kiev nel rapporto della mattina citato dall'Ukrainska Pravda. «Il nemico non interrompe le operazioni offensive nella zona operativa orientale per stabilire il pieno controllo sul territorio delle regioni di Donetsk, Lugansk e Kherson e mantenere il corridoio terrestre tra questi territori e la Crimea occupata. La più grande attività degli occupanti si osserva nelle direzioni di Slobozhansky e Donetsk», afferma il documento. Secondo lo Stato maggiore, le unità russe stanno concentrando i loro sforzi per prevenire l'ulteriore avanzata delle truppe ucraine verso il confine e conducono attività di ricognizione a Nord e Nord-Est della città di Kharkiv.

Gas russo in Ue, stop dell'Ucraina: cosa cambia per l'Italia? Dai prezzi ai trasporti, tutti gli scenari

Ore 7.30 - Gb: Mosca potrebbe dominare nord-ovest Mar Nero

La Russia potrebbe dominare il Mar Nero nord-occidentale se fosse in grado di consolidare la sua posizione sull'Isola dei Serpenti. Lo afferma il rapporto di intelligence del Ministero della Difesa britannico, riportato dal Guardian. «I combattimenti continuano sull'Isola, con la Russia che cerca ripetutamente di rinforzare la sua guarnigione. L'Ucraina ha colpito con successo le difese aeree russe e le navi di rifornimento con i droni Bayraktar». Secondo il rapporto, «le navi di rifornimento di Mosca hanno una protezione minima nel Mar Nero occidentale, dopo la ritirata della Marina russa in Crimea in seguito alla perdita della Moskva». «Gli attuali sforzi della Russia per aumentare le sue forze sull'Isola dei Serpenti offrono all'Ucraina più opportunità di impegnare le truppe russe, ma se Mosca consolida la sua posizione sull'Isola con una difesa aerea strategica e missili da crociera di difesa costiera, potrebbe dominare il Mar Nero nord-occidentale».

Ore 06:15 - Amosov, il campione del mondo di Mma che combatte a Irpin

Yaroslav Amosov, 29 anni, è una leggenda vivente dello sport ucraino, uno fra i campioni in attività più amati nel suo Paese: detiene la corona iridata dei pesi welter nelle arti marziali miste, la disciplina conosciuta con la sigla Mma (Mixed Martial Arts). Per lui, questi, sono giorni particolari. Fino al 20 febbraio era in Thailandia per uno stage di allenamento per affinare le tecniche del Muay Thai, sport di combattimento considerato fra i più efficaci. E il 13 maggio a Londra avrebbe dovuto difendere la corona mondiale contro Michael Page. Dopo 26 vittorie consecutive, sognava di raggiungere il record assoluta di imbattibilità di un altro mito di questo sport, i 29 successi di fila di Khabib Nurmagomedov, lottatore russo. Quattro giorni prima dell'invasione ordinata da Vladimir, però, l'atleta ucraino è tornato in patria, a Irpin, teatro nelle scorse settimane di violenti combattimenti, per mettere in salvo la moglie e il figlio di 6 mesi. E si è arruolato nelle forze territoriali per difendere la sua famiglia, la sua casa, il suo paese. La storia di Yaroslav è stata raccontata dalla Cnn, che ha pubblicato una lunga e toccante intervista esclusiva. «incitamento alla violenza».

Ore 06:13 - All’Eurovision standing ovation per gli artisti ucraini

Standing ovation all’Eurovision di Torino per l’Ucraina. Nella prima serata della prestigiosa competizione canora europea, Kalush Orchestra con la loro «Stefania» sono stati accolti da un boato del pubblico e si sono qualificati per la finale . Il gruppo ucraino è considerato uno dei favoriti per il successo.

Ore 06:12 - Attivista del gruppo Pussy Riot scappa dalla Russia

Masha Alyokhina, una delle componenti del collettivo di protesta Pussy Riot , è riuscita a fuggire dalla Russia, dove era scomparsa e dichiarata latitante dall’aprile scorso. Lo ha detto il suo avvocato all’agenzia Interfax. Secondo il New York Times, la donna, che si nascondeva nell’appartamento di un’amica a Mosca, sarebbe riuscita a fuggire travestendosi da addetta per la consegna del cibo a domicilio e poi è arrivata in Lituania. Alla fine di aprile un tribunale di Mosca aveva ordinato la carcerazione della Alyokhina, 34 anni, per avere violato i termini della libertà vigilata a cui era stata condannata nel settembre del 2021. Ma lei si era resa irreperibile. Il mandato di arresto era solo l’ultimo atto di una lunga vicenda giudiziaria cominciata con una prima condanna nel 2012 per teppismo aggravati dall’offesa a una confessione religiosa (quella ortodossa) per una protesta contro Putin avvenuta nella Chiesa di San Salvatore. Per quell’azione altre due attivisteerano state arrestate e condannate e successivamente amnistiate dalla Duma, ma contro il parere di Putin.

Ore 06:09 - Biden: con Draghi ribadita forte e ampia partnership Usa-Italia

«Oggi pomeriggio ho incontrato il primo ministro italiano Mario Draghi alla Casa Bianca con il quale abbiamo ribadito la forte e ampia partnership tra Stati Uniti e Italia e abbiamo sottolineato il nostro continuo impegno nel sostenere l’Ucraina e imporre costi alla Russia». Lo ha scritto su Twitter il presidente americano Joe Biden a proposito dell’incontro a Washington con il presidente del Consiglio italiano.

Ore 06:06 - Pentagono: armi inviate all'Ucraina molto prima dell'invasione

Gli Stati Uniti hanno inviato armi all'Ucraina «molto prima dell'invasione» da parte della Russia. Lo ha detto il portavoce del Pentagono, John Kirby, alla Fox news. «Gli Stati Uniti hanno detto a tutto il mondo quello che avevano visto fare alla Russia dallo scorso autunno: ammassare truppe al confine con l'intenzione di invadere l'Ucraina», ha detto il portavoce del ministero della Difesa. «Lo abbiamo detto forte e chiaro, da qui ma anche in giro per il mondo, soprattutto in Europa», ha aggiunto Kirby sottolineando che «non tutti ci hanno creduto. Ma avevamo ragione su ciò che la Russia stava per fare».

Ore 06:04 - Servizi Usa confermano la morte di 8-10 generali russi

Anche gli Stati Uniti adesso confermano che dall'inizio dell'invasione russa in Ucraina sono caduti diversi alti ufficiali di Mosca. Secondo il capo dei servizi di intelligence militare Usa, il generale Scott Berrier, 8-10 generali russi sono morti al fronte sotto il fuoco delle forze di Kiev. Il pesante bilancio è dovuto al «ruolo insolito» che i vertici militari di Mosca hanno svolto nella guerra contro l'Ucraina. «Invece di guidare le operazioni a distanza», ha spiegato Berrier, «i generali russi sono dovuti andare al fronte per assicurarsi che i loro ordini fossero eseguiti». Come ricostruito da Michele Farina in questo articolo, era dai tempi di Stalingrado che non si registrava un numero così alto di vittime fra i vertici delle forze armate russe.

Ore 06:02 - L’orrore dei cadaveri dei soldati russi abbandonati in strada

Decine di cadaveri lasciati ammassati in un vagone freezer, altri in strada: le autorità ucraine accusano le truppe di Mosca di aver lasciato i propri morti nelle zone che avevano occupato, senza preoccuparsi né di seppellirli, né di riportarli in patria. Nella precipitosa ritirata dai territori occupati nella prima fase della guerra, l'esercito russo ha preferito abbandonare i propri caduti.

Ore 05:52 - Camera Usa approva aiuti a Kiev per altri 40 miliardi di dollari

La Camera Usa ha approvato a stragrande maggioranza il nuovo pacchetto di aiuti - militari, economici e umanitari - all’Ucraina da 40 miliardi di dollari proposto dal presidente americano Joe Biden. I nuovi finanziamenti sono passati con 368 voti contro 57 e probabilmente sarà approvato dal Senato entro la fine della settimana.

Ore 05:45 - Intelligence Usa, la Russia potrebbe utilizzare armi nucleari

Vladimir Putin potrebbe considerare la prospettiva della sconfitta in Ucraina come una minaccia esistenziale per il suo regime e in questo caso potrebbe fare ricorso all’uso di armi nucleari. E’ il nuovo allarme lanciato dagli apparati Usa, nel corso di un’informativa resa da Avril Hainesal, direttore dell'intelligence, al Senato americano. Gli analisti prevedono una guerra lunga ed estenuante e in quest’ottica, qualora Putin dovesse aver paura di perdere il conflitto (ma anche il potere in Russia) potrebbe dare il via a una nuova escalation militare fino all’uso di armi nucleari, anche se al momento non ci sono segnali in questo senso.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Guerra civile in Ucraina nel 2013/2014, fomentata da Putin

Messaggioda Berto » lun mag 16, 2022 8:25 am

Ucraina Libera
Con l'ufficializzazione della richiesta di adesione alla Nato da parte della Finlandia e la firma di ieri del trattato di protezione nucleare tra Svezia e Gran Bretagna, sempre in relazione all'adesione successiva del paese nordico alla Nato, si possono iniziare a trarre alcune conclusioni.
12 maggio 2022
https://www.facebook.com/massimo.ankor/ ... 7984880398

Gli obiettivi strategici di Putin con la guerra all'Ucraina erano all'inizio sostanzialmente questi:
1) il cambio di regime a Kiev
2) il conseguente inserimento di tutta l'Ucraina nella sfera d'influenza russa
3) il blocco dell'espansione della Nato
4) la riaffermazione della Russia come grande potenza planetaria
5) eventualmente un regime change anche in altri paesi dell'est in modo da ricreare il quanto più fedelmente possibile i vecchi confini del patto di Varsavia.
Bene, ad oggi si può tranquillamente dire che, anche qualora Mosca riuscisse a conquistare il Donbass, la Crimea e la Transinistria, ovvero quello che adesso è diventato l'obiettivo massimo raggiungibile, tutto ciò che la strategia di Putin ha ottenuto è che:
1) a Kiev sicuramente ci sarà un regime liberamente eletto dai cittadini ucraini
2) quello che rimarrà dell'Ucraina libera dopo un eventuale accordo di pace, magari non farà parte della Nato o dell'Ue, ma sicuramente non sarà un alleato di Mosca
3) la Nato continua la sua espansione, come visto con la Finlandia, la Svezia, ma anche dall'altra parte del pianeta, dato che la settimana scorsa la Corea del Sud ha firmato un accordo che prevede l'entrata del servizio di intelligence nazionale sudcoreano nel Centro per la difesa informatica della Nato,
https://www.ansa.it/sito/notizie/tecnol ... 898f4.html
4) con la performance non propriamente esaltante dell'esercito russo, il massimo a cui può aspirare nell'arena internazionale la Russia attuale è di essere trattata come un junior partner della Cina.
E solo se la stessa Cina lo permetterà.
5) beh, qui c'è poco da dire. L'obiettivo era già ridicolo di suo prima di questa guerra. Ad oggi è da ricovero psichiatrico.

Concludendo.
Ieri il ministro degli esteri russo ha detto che dopo la fine della guerra con l'Ucraina il mondo unipolare di prima non ci sarà più.
In effetti questo è vero.
Il mondo unipolare non c'è più.
Ma non c'è più ormai da alcuni anni, ovvero da quando la Cina ha raggiunto un pil pari a 3/4 di quello americano.
Quindi la Cina, non la Russia.
Perchè il sunto vero di quanto visto sopra è che tutti gli obiettivi strategici che aveva la dirigenza russa il 23 febbraio del 2022 non solo non sono stati raggiunti, ma di fatto non verranno mai conseguiti.
Il disastro geopolitico della strategia russa è chiaro e limpido in ogni sua parte.
Solamente l'intellighenzia italiana catto-fascio-socialista, come ripetiamo sempre evolutivamente non adattativa e quindi destinata a portare prima o poi l'Italia al collasso, può ancora raccontarsi la favoletta della Russia come grande potenza e di Putin come grande stratega.
I fatti ci dicono l'esatto contrario: Putin e i suoi collaboratori hanno completamente sbagliato la strategia che ha portato alla guerra con l'Ucraina.
Oserei dire in modo più che dilettantesco.
Non solo: proprio grazie alla follia militaresca russa, il campo occidentale, che era sfilacciato e privo di obiettivi, oggi è più saldo che mai.
E adesso si che si sta espandendo.
E ha chiaro l'obiettivo principale, riassumibile nella difesa e possibilmente nell'espansione della libertà.
Con un unico avversario di lungo termine: la Cina.
E bisogna essere chiari: solo ed unicamente la Cina, in quanto la Russia si è letteralmente suicidata.
Si è suicidata politicamente, visto il sostegno esplicito ormai da parte dei soli paesi "paria" della politica internazionale (Corea del Nord, Venezuela, Iran, etc.).
Si è suicidato socialmente, vista la cancellazione delle libertà interne e la conseguente fuga dal paese di ormai centinaia di migliaia di persone, tutte o quasi con le qualifiche intellettuali più elevate https://www.rainews.it/articoli/2022/05 ... d5b1a.html
Si è suicidata economicamente, visto il collasso dell'economia interna e l'azzeramento della speranza di poter tornare a crescere anche nel lungo termine, per le sanzioni, ma anche proprio per la fuga dei suoi cervelli migliori.
I soliti putiniani di turno amano ripetere la favoletta della Russia abituata alle difficoltà e dotata di immense risorse.
Anche senza ricordare a questi bizzarri soggetti la teoria della crescita endogena, qui https://en.wikipedia.org/wiki/Endogenous_growth_theory o il "male olandese", qui https://en.wikipedia.org/wiki/Dutch_disease , la verità che ci troviamo sotto gli occhi è che Putin ha condannato il suo paese a dover mendicare la carità tecnologica alla Cina e a depredare in stile medievale i paesi occupati per poter sopravvivere alle sanzioni, qui https://lindro.it/ucraina-ladri-di-grano
Massimo Fontana
https://www.grid.news/story/global/2022 ... ew-normal/
https://www.theguardian.com/artanddesig ... f-the-week
https://www.theguardian.com/artanddesig ... f-the-week
Courtesy of Leon Neal/Getty Images: Oksana Malevsky looks toward a framed photograph of her husband as family members mourn at the graveside of soldier Alexander Malevsky during the simultaneous burial of three soldiers in the Field of Mars at Lychakiv cemetery on Friday in Lviv, Ukraine. /Roman Kovalenko, 18, skates next to a shop damaged by a missile explosion in Kramatorsk, Ukraine, on Thursday. (Yasuyoshi Chiba/AFP/Getty Images) / Local children pretend they're at a checkpoint when they play in Chuguiv, Ukraine, on Thursday. (Sergey Bobok/AFP/Getty Images).


Ucraina, i seimila droni (fabbricati in Cina) schierati da Kiev contro i russi: «Mostrano la posizione del nemico con precisione millimetrica»
Valeria Di Corrado
14 maggio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/droni ... 89200.html

La Cina, indirettamente, sta armando l’Ucraina con migliaia di droni. E proprio grazie a questi mini-velivoli l’esercito ucraino sta ottenendo dati in tempo reale sulla posizione degli obiettivi militari russi, che poi vengono colpiti con una precisione senza precedenti dalle armi pesanti. Nella guerra delle tecnologie il Paese presieduto da Zelensky si sta mostrando superiore all’armata russa.

Guerra in Ucraina, la diretta: Azovstal, trattative per evacuare 60 persone. Zelensky: nessuno resterà nelle mani del nemico

Usa-Russia, prove di dialogo: il Pentagono chiama Mosca dopo 3 mesi e chiede il cessate il fuoco
Più di seimila droni prodotti in Cina

«Ogni drone offre l'opportunità di distruggere le truppe nemiche», ha spiegato a Nbcnews Valerii Iakovenko, fondatore di DroneUA, un'azienda tecnologica ucraina che fornisce consulenza al governo sull'uso degli aeromobili a pilotaggio remoto. Iakovenko ha confermato che l'esercito ucraino sta utilizzando più di 6.000 droni, in gran parte fabbricati in Cina. Sebbene varino a seconda del modello, la maggior parte sono velivoli multirotor disponibili in commercio, utilizzati anche in agricoltura, ingegneria e nel campo dell’informazione. Possono volare per un massimo di 30 minuti e fino a 7 chilometri nel territorio nemico.

«Questa è la prima volta in assoluto in cui vediamo un tale livello di robotica utilizzato durante i conflitti», ha affermato Iakovenko. Piccole squadre di soldati ucraini controllano i droni da fuoristrada vicino alla prima linea, trasmettendo la posizione e i dati topografici alle batterie di artiglieria tramite canali militari su Telegram. Forniscono informazioni in tempo reale, in modo che l’obiettivo avversario possa essere centrato con precisione chirurgica al primo colpo.

Stando a quanto riferisce a Nbcnews Ulrike Franke, esperta nell’uso droni nei conflitti presso il Consiglio europeo per le relazioni estere, l'esercito ucraino ha mostrato una maggiore innovazione rispetto al suo avversario russo nell'integrare la tecnologia nella sua risposta armata. «Non stiamo guardando solo ai droni, ma ai droni utilizzati insieme ad altri sistemi come l'artiglieria. Questo è ciò che rende la nuova tecnologia potenzialmente rivoluzionaria. Combinare l’uso dei droni con l'artiglieria – ha confermato Franke – è un'innovazione e ha un impatto concreto».


Dal Moskva ai rifornimenti alle navi

Per esempio, nell'affondamento della nave da guerra russa Moskva, questi mini-velivoli hanno avuto un ruolo fondamentale: i droni ad ala fissa di fabbricazione turca sarebbero stati schierati come esche per ingannare il sistema di difesa aerea della nave. Il ministero della Difesa britannico ha dichiarato mercoledì che l'Ucraina ha utilizzato droni per attaccare la difesa aerea russa e rifornire le navi.

Ormai nel bollettino giornaliero diffuso da Kiev sulle perdite avversarie, viene riportato anche il dato dei droni distrutti. Dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina, sono 27.200 i soldati russi che sono stati uccisi e 1.218 i tank distrutti. Secondo gli ucraini, sono stati distrutti fra l'altro anche 411 droni, 2.934 veicoli corazzati da combattimento, 551 sistemi di artiglieria, 195 sistemi lanciarazzi multipli, 88 sistemi di difesa antiaerea, 200 aerei, 163 elicotteri, 2.059 veicoli a motore autocisterne di carburante, 13 navi e imbarcazioni e 95 missili da crociera.



Comandanti russi «spogliati, legati e portati via». Così il generale Muradov reprime le rivolte dei ribelli
Alessandro Rosi
Sabato 14 Maggio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/coman ... 89666.html


Spogliati, legati e portati via con i camion verso destinazioni sconosciute. Questo è il destino dei comandanti russi che si ribellano a Putin. O almeno è quanto emerge dalle intercettazioni raccolte dal Servizio di sicurezza dell'Ucraina (SBU), pubblicate poi sui social media. Non è la prima volta che si viene a conoscenza delle conversazioni tra i militari russi. Ma stavolta, dai dispositivi utilizzati dagli specialisti dell'esercito di Zelensky, emerge un'altra realtà. Ed è diversa dal rifiuto di combattere e dall'autolesionismo per non proseguire con le atrocità della guerra.


Comandati russi spogliati, gli ammutinamenti

Per capire il contesto in cui stanno avvenendo le repressioni, bisogna fare prima una premessa. Una parte dei soldati russi hanno paura di combattere con le forze ucraine e «per questo gli ammutinamenti stanno assumendo un carattere di massa». Così indica il servizio ucraino in un commento al video con le intercettazioni.


L'intervento di Muradov

Tra giovani che si rifiutano di andare al fronte e soldati che non vogliono combattere, l'esercito russo ha dovuto cercare delle risposte. A questo scopo è stato inviato al fronte il generale Rustam Muradov, vice comandante del distretto militare meridionale della Russia e noto per le sue azioni brutali durante l'intervento russo in Siria. Muradov è finito nelle intercettazioni. Secondo quanto raccontato da un soldato russo a un suo amico, avrebbe organizzato «processi esemplari» durante i quali avrebbe umiliato i soldati che si rifiutano di proseguire la guerra in Ucraina.


Le intercettazioni

«Muradov è venuto e ha fatto un processo esmplare - si sente nell'intercettazione di un soldato russo a suo padre -, perché nessuno voleva andare avanti. I comandanti non volevano portare i loro ragazzi alla morte. Anche i ragazzi non erano pronti. Per esempio, ha spogliato questi comandanti, ha legato loro le mani. Hanno dovuto tirare fuori tutto dalle tasche. Li ha gettati negli autobus e li ha portati via». Un'umiliazione.

Російські окупанти бояться йти у зіткнення з українськими захисниками, тому бунти у ворожій армії набувають масового характеру

Nella parte successiva della conversazione, l'uomo dice che, nonostante queste manifestazioni, i soldati che non vogliono combattere vengono comunque rimandati a casa. Il soldato ha ammesso che anche lui sta aspettando di essere mandato "in licenza". «La Russia non può ammettere ufficialmente di avere così tanti soldati che si rifiutano di combattere in Ucraina».


Chi è il generale Muradov

Il generale Rustam Muradov è una delle numerose figure militari russe sanzionate dall'UE. È stato insignito del titolo di Eroe della Federazione Russa nel 2017, con il premio che gli è stato consegnato personalmente dallo stesso Putin. Attualmente è vice comandante del distretto militare meridionale della Russia ed noto per le sue azioni brutali durante l'intervento russo in Siria.

Putin è «un vecchio pazzo»

In una seconda registrazione, si può sentire un altro uomo - identificato come un soldato russo - che esprime le sue frustrazioni per la situazione in Ucraina a un'amica. La sua principale lamentela sembra essere il discorso di Putin nel Giorno della Vittoria il 9 maggio, che ha visto il presidente russo parlare a un'enorme parata militare annuale per celebrare la fine del coinvolgimento della Russia nella seconda guerra mondiale 77 anni fa. L'amica dice al soldato che pensava che il discorso di Putin fosse «schifoso», aggiungendo che aveva «tremato tutto il giorno» dopo averlo ascoltato. Il soldato russo risponde: «Beh, cosa vuoi, è un vecchio pazzo».





Today : Ukraine special forces use Sweden Carl Gustaf to destroy Russian T-90M tank near Donbas
https://www.youtube.com/watch?v=Imhfkx9TsBs


Guarda l'equipaggiamento militare distrutto della Russia, che ha lasciato Nizhin, Chernhev e Oblast.
https://www.facebook.com/watch/?v=1073969996811397


Torna la pace a Kharkiv.
Dopo oltre 70 giorni d’assedio, costato la vita ad almeno 1000 ucraini, lo sfollamento di almeno 600.000 e la distruzione o il danneggiamento di almeno 2000 edifici, le batterie russe hanno smesso di martellare questa Leningrado degli ucraini.
Peter W. Kruger
14 maggio 2022

https://www.facebook.com/peter.kruger/p ... 2191633312

Le truppe russe, di fatto, hanno abbandonato i territori dell’oblast di Kharkiv, ripiegando oltre confine in Russia. Hanno solo lasciato nella terra di nessuno qualche migliaio di “volontari”, reclutati a forza nelle repubbliche separatiste del Donbas (che i russi erano venuti a “liberare” dal “genocidio” ucraino….), prima usati come carne da macello per le velleità putiniane di conquista e, ora, impiegati come cuscinetto per consentire il ritiro di quel po’ di unità russe non ancora annientate dalla controffensiva ucraina.
Come per Kiev, Chernihiv e Sumy, la pace a Kharkiv, non è arrivata con le chiacchiere. C’è voluta la volontà, la determinazione, la preparazione, l’intelligenza, il coraggio di un intero popolo (con il nostro sostegno, prima ancora finanziario che militare). E, ricordiamolo, Kharkiv è città a stragrande maggioranza russofona.
Ma notate come da noi già vada cambiando il tono di camerati, compagni e chierichetti. Prima ci dicevano che le armi non andavano date perché ciò avrebbe solo avuto l’effetto di alimentare la guerra, di allungare l’agonia ucraina di fronte all’inesorabile vittoria di Putin.
Ora, con la solita faccia tosta che da sempre accompagna le loro girate di frittata, ci dicono che, no, basta, se prima armare gli ucraini era giustificato dall’esigenza di dargli gli strumenti per difendersi (anche se, fino a ieri, sostenevano precisamente il contrario), ora, continuare ad armarli servirebbe solo ad “alimentare la guerra” perché gli ucraini così finirebbero per sperare “addirittura” in una vittoria (ovviamente, il vero obiettivo da sempre dei cattivoni NATO, USA, Biden ecc…). E questo non sia mai che faccia arrabbiare Putin, che, poverino, non va umiliato…
Nota come, gira e rigira, la loro posizione equivale sempre ad auspicare che si mantenga lo status quo del conflitto, una guerra d’attrito, come quella degli ultimi 8 anni in Donbas, solo su una scala infinitamente più ampia (e con rischi ben maggiori di destabilizzazione dell’intera Europa). Che è la cosa più distante da ogni reale pace. Il tutto, ovviamente, in nome del rilancio di fantomatiche iniziative diplomatiche e di trattative che Mosca continua a non dare alcun segno reale di voler concedere.
No, gli ucraini sanno bene che c’è un solo modo modo per ottenere la pace, un solo modo in cui puoi portare Putin al negoziato: batterlo sul campo. Questa guerra, purtroppo, finirà solo quando il Cremlino sentira la propria sopravvivenza come regime più minacciata dalla prosecuzione del conflitto che dalla sua fine.
Non ci siamo ancora, ma ci stiamo arrivando. Più rapidi avanzeranno gli ucraini, prima ci arriveremo…


I mercenari russi venuti dalla Russia per uccidere gli Ucraini nel Donbass si sono rifiutati di combattere quando hanno visto che inferno stava succedendo al fronte.

14 maggio 2022
https://www.facebook.com/groups/3064224 ... 9107793702

Inizialmente si aspettava che l'esercito ucraino sarebbe scappato e non avrebbe resistito particolarmente. Ma vedendo come le forze armate ucraine stavano macchiando i loro colleghi, i russi sono prudentemente tornati in Russia e hanno registrato un appello in cui affermava che erano stati "usati contro uno scopo" e buttati al macello. Ora si lamentano di non avere soldi per tornare a casa in Kamchatka e Sakhalin.
Pian piano, gli occupanti iniziano a rendersi conto in cosa si sono cacciati. Per 8 anni in TV gli è stato detto che l'Ucraina si sarebbe arresa in 3 giorni. In realtà si è rivelato un inutile tritacarne con migliaia di morti. Soloviev non ha avvertito di questo.


Guerra, l'arma segreta degli ucraini sul campo: così Kiev sta stupendo il mondo
Maurizio Stefanini
27 aprile 2022

https://www.liberoquotidiano.it/news/es ... campo.html

«Nel fango insanguinato della schiavitù mongola e non nella gloriosa rudezza dell'epoca normanna è nata quella Moscovia di cui la Russia moderna non è che una metamorfosi», scrisse Karl Marx nel 1857. «Non è ancora morta la gloria dell'Ucraina, né la sua libertà,/ a noi, giovani fratelli, il destino sorriderà ancora./ I nostri nemici scompariranno, come rugiada al sole,/ e anche noi, fratelli, regneremo nel nostro Paese libero./ Daremo anima e corpo perla nostra libertà,/ e mostreremo che noi, fratelli, siamo di stirpe Cosacca», sono le parole dell'inno nazionale ucraino Sce ne vmerla Ukrajiny: composto nel 1862 dall'etnografo ucraino Pavlo Chubynskyj, e musicato l'anno dopo dal sacerdote greco-cattolico Mychajlo Verbyc'kyj. Sono due testi quasi contemporanei, risalenti a quel periodo cruciale in cui vennero a fuoco molte identità nazionali: compresa l'Italia risorgimentale. Anche Vladimir Putin nel momento in cui ha iniziato questa guerra si è rifatto a quelli russi della Rus di Kiev: nata dall'incontro tra una élite guerriera vichinga (i vareghi) e gli slavo, poi illuminata dall'incontro col cristianesimo bizantino di cui dopo la caduta di Costantinopoli i Granduchi di Mosca si proclamano eredi - Terza Roma - come Zar: "Cesari". L'Ucraina è dunque rivendicata come culla di cui la Russia non può fare a meno, e la fede ortodossa è buttata in faccia alla "decadenza" dell'Occidente.

IL GIOGO MONGOLO - Marx però ricordava quell'altra tesi, secondo cui nel 1240 quando la Rus di Kiev è abbattuta dai mongoli quel legame si spezza. La Russia è appunto la zona che finisce sotto il dominio dei conquistatori asiatici, che le danno un micidiale imprinting di autoritarismo da cui non sarebbe in pratica mai riuscita a liberarsi. L'eredita dei normanni, creatori dei più antichi parlamenti del mondo tra Islanda e Inghilterra e Sicilia, resta invece in quelle zone che si sottraggono all'invasione mongola mettendosi rispettivamente sotto la protezione della Polonia (l'Ucraina) e della Lituania (la Bielorussia). Direttore dell'Osservatorio Ucraina all'Istituto Gino Germani e autore di cinque libri sull'Ucraina, Massimiliano Di Pasquale è anche lui dell'idea che l'unione a Polonia e Lituania significhi «l'apertura a una cultura europea dove esiste il Diritto». La fede ortodossa, è vero, mantiene sia in Ucraina che in Bielorussia una identità separata rispetto al cattolicesimo dei dominatori, anche se in Ucraina occidentale questi favoriscono la formazione di una chiesa cattolica di rito orientale. Però in quella Confederazione Polacco-Lituana che all'inizio dell'era moderna è il più grande Stato d'Europa, appunto, le particolarità locali sono salvaguardate dal Sejm: un parlamento che semmai eccede in garantismo. Prevede infatti un voto unanime che paralizza le decisioni, e favorisce tre successiva spartizioni.

LA FINE DEGLI IMPERI - L'Ucraina è così divisa tra una parte orientale integrata nell'Impero zarista, dove il "cattolicesimo greco" è vietato; e una parte occidentale integrata nell'impero asburgico, dove è invece favorito. Tra 1917 e 1918 con lo sfasciarsi dei due imperi si formano le due repubbliche della Ucraina Occidentale e Orientale, che per breve tempo si riunificano, per poi venire di nuovo spartite: l'Est all'Urss; l'Ovest tra Polonia, Cecoslovacchia e Romania. Insomma, l'Ucraina Occidentale non viene integrata nel mondo russo che dopo la Seconda Guerra Mondiale. A tal punto i 47 anni di sovietizzazione non sono riusciti a cancellarne la marcata impronta mitteleuropea, che lo stesso Putin le riconosce quando dice che quella non è «vera Ucraina», e che bisogna «ridarla a Polonia, Ungheria e Romania». Attenzione, però: anche l'Ucraina orientale è integrata nel mondo zarista solo dal XVIII secolo. Pur scritto nella parte mitteleuropea del Paese, l'inno ucraino si ricollega a quel mito cosacco che invece nasce a Est, e che è alla base di quell'immaginario di guerrieri libertari ora riportato in auge dalla resistenza popolare contro l'invasione. Un gruppo di soldati ucraini si è perfino fatto una foto riproducendo in divise moderne "I cosacchi dello Zaporozh' e scrivono una lettera al sultano di Turchia": famoso quadro di Ilya Repin in cui si vedono i cosacchi ucraini rispondere a una intimazione di sottomissione con una serie di insulti.

TRACCE DI OCCIDENTE - Servi della gleba fuggiti nella steppa per recuperare la loro libertà, «rifiutando di riconoscere l'autorità di qualsiasi sovrano, i Cosacchi Zaporoghi si autogovernavano secondo le tradizioni e le abitudini che si erano evolute nel corso delle generazioni», spiega Orest Subtelny nel suo "Ukraine. A History". «Tutti avevano uguali diritti e potevano partecipare ai frequenti e chiassosi consigli (rady) in cui solitamente la spuntava la fazione che gridava più forte. Questi incontri estemporanei eleggevano la leadership cosacca (...). Durante le campagne militari, l'autorità di questi ufficiali (hetman), era assoluta. Ma in tempo di pace il loro potere era limitato». Rady, da cui il termine Rada che oggi designa il parlamento ucraino, viene dal tedesco Rat: "Consiglio". E hetman è dal tedesco Hauptmann: "Capitano". Segnali ulteriori di una mediazione tra cultura slava e mondo mitteleuropeo, che è la scommessa che l'Ucraina di oggi cerca di riproporre.


«Noi disertori russi traditi da Mosca e nascosti dai contadini ucraini»

Nello Scavo
26 marzo 2022

https://www.avvenire.it/mondo/pagine/no ... ni-ucraini

Succede che in guerra, come in ogni guerra, il nemico braccato talvolta non si presenti con la faccia feroce del combattente, ma mostri i connotati mesti del figlio sperduto. Come Radislav, il soldato russo che in una fattoria ucraina viene nascosto da una coppia di agricoltori di mezza età. Non se la sono sentita di consegnarlo alla polizia. Per i russi è un disertore. Per i militari di Kiev un invasore. Non è il solo. A Mosca sono terrorizzati dalle fughe di notizie.

Ma i casi di diserzione si stanno moltiplicando, mentre molti soldati a contratto si sono dimessi. «Eravamo in Bielorussia, ci avevano detto che era un’esercitazione come le altre. Hanno mentito. In Ucraina ci venivo in vacanza, a trovare i parenti, adesso mi chiedono di ucciderli», ha spiegato Radislav. Fuggiaschi e disertori. Per necessità e per scelta. Attraverso svariate fonti in Europa, in Ucraina e in Russia siamo entrati in contatto con alcune delle famiglie russe, preoccupate per la sorte dei militari mandati allo sbaraglio all’assalto di Kiev. Il morale è ai minimi e le voci di ammutinamento non sono più solo «calunnie del nemico». Il colonnello russo Yuri Medvedev, comandante della 37esima brigata fucilieri motorizzati è stato deliberatamente travolto da uno dei suoi carri armati.

Una rappresaglia interna motivata dall’aver mandato a morte centinaia di ragazzi. Sui social sono state diffuse le immagini dell’ufficiale gravemente ferito e portato in Bielorussia, dove sarebbe morto.

Radislav è stato fortunato, ma non c’è modo di sapere come se la caverà. È stata la contadina che lo ha accolto a rassicurare la madre del soldato, in Russia. L’ha rincuorata e ha promesso che faranno in modo che nessuno gli faccia del male. Il giovanissimo carrista non aveva con sé né documenti né armi. In un filmato si vede la colonna di corazzati cadere in una imboscata.

Le immagini da un drone mostrano alcuni blindati danneggiati ma ancora inesplosi da cui saltano fuori quattro militari. Lo stesso accade più avanti. Scappano tutti dal lato opposto alla traiettoria dei lanciarazzi ucraini. Poi spariscono nella campagna.

Tra i ragazzi impiegati nei primi battaglioni incaricati di superare il confine dalla Bielorussia all’Ucraina non si trovano solo professionisti del combattimento armato. «Un volontario impiegato come musicista in una banda musicale militare – ci racconta una fonte russa vicina alla famiglia – un giorno è stato chiamato per una esercitazione ma poi è stato mandato a combattere al confine con l’Ucraina. I suoi genitori stanno cercando di farlo tornare indietro».

Altri militari di leva sono stati inviati in Bielorussia con il pretesto delle esercitazioni, «ma poi – spiega un attivista che fornisce consigli legali ai militari dissidenti – sono stati costretti a firmare un contratto di arruolamento e in tal modo si sono trasformati in “volontari” che perciò non possono sottrarsi alle battaglie». Ci sono poi i professionisti, «che però non vogliono partecipare a questa guerra e hanno chiesto di rescindere il contratto per motivi di coscienza. Tra questi, molti russi che hanno familiari in Ucraina». Per mettere a tacere questi casi i servizi segreti hanno escogitato una trappola. Nell’autunno del 2021, il Servizio federale per la sicurezza della Federazione russa (Fsb) ha pubblicato una lista di temi non sottoposti a segreto, ma passibili di ritorsioni legali. Se ne può parlare pubblicamente, ma a certe condizioni. Un’esca per incastrare i delatori e scoraggiarne la loquacità.

L’elenco delle «informazioni sensibili» ma non «top secret» contempla lo stato del morale dei militari, le loro condizioni materiali e di salute, le violazioni che avvengono nell’esercito. Chi divulgasse notizie inerenti questi argomenti non è immediatamente sottoposto a indagini, a una sola condizione: non dissentire. Un controsenso che nasconde un avvertimento: chiunque divulga quelle notizie in tono o in ambienti critici viene perseguito con l’accusa di tradimento. Tradotto: si può solo scrivere che il morale delle truppe è alto, che l’equipaggiamento è di prim’ordine, che tutto fila liscio e nessuno si sottrae agli ordini. Queste norme sono una delle leve per la manipolazione preventiva delle informazioni. A cominciare proprio dal nascondere l’esistenza di disertori, renitenti e obiettori di coscienza. Anche solo far conoscere la storia del fuggiasco Radislav, a Mosca costerebbe caro.

Il ministero della Difesa russo aveva assicurato che alla «operazione militare speciale» in Ucraina avrebbero partecipato soltanto i militari professionisti. Il 9 marzo ha poi dichiarato che tutti i coscritti mandati in battaglia – vale a dire i giovani del servizio di leva – erano stati richiamati dall’Ucraina, e per quelli catturati sarebbe stato profuso ogni sforzo affinché tornassero a casa. Affermare il contrario o porre in dubbio queste informazioni costituisce reato di tradimento. Ecco perché non si parla dei militari che si sottraggono ai combattimenti.

Ma a cosa si riferiva il portavoce dell’armata? Le storie ricostruite da Avvenire dopo settimane di ricerche, incontri sul campo, contatti riservati, verifiche incrociate con familiari e conoscenti dei militari in diversi Paesi europei, rivelano di cosa ha paura Mosca e del perché il Cremlino stia imponendo il bavaglio all’informazione. Con l’aiuto di organizzazioni per la libertà di scelta dei militari e del movimento degli obiettori russi sostenuti dalla War Resisters’ International di Londra, e in Italia dal Movimento nonviolento, abbiamo rintracciato molte famiglie che raccontano come «spesso i soldati non hanno con sé nessun documento d’identità militare o civile. Non possono usare la connessione Internet nell’area dell’unità militare e nei campi d’addestramento, e anche il semplice uso del cellulare può essere disciplinato dal comandante». In particolare, alla vigilia dell’invasione «i telefoni dei militari sono stati sequestrati e ogni chiamata deve essere autorizzata e supervisionata da un superiore».

Igor Konashenkov, capo del dipartimento dell’Informazione e delle comunicazioni esterne del ministero della Difesa pochi giorni fa si è espresso con sdegno. «Sfortunatamente alcuni dei fatti che riguardano la presenza di coscritti nelle unità delle Forze armate Russe che partecipano all’operazione speciale militare in Ucraina sono state scoperte».

LA SFIDA E I RISCHI DEGLI ATTIVISTI RUSSI E LA CAMPAGNA INTERNAZIONALE A DIFESA DEI RENITENTI AL COMBATTIMENTO

«Da quando si è capito che in guerra non ci vanno soltanto i militari professionisti, ma anche i coscritti (giovani di leva, ndr), anche chi è fuori età ha paura di essere richiamato. Molte persone stanno chiedendo come possono evitare di essere mandate al fronte, ed è un’occasione per parlare di obiezione di coscienza». Così Elena Popova, attivista di San Pietroburgo con alle spalle diverse denunce e arresti, racconta la preoccupazione di chi in guerra non vuole andarci. La sua voce è rilanciata dal Movimento nonviolento che in Italia e in Europa hanno promosso una iniziativa per l’obiezione alla guerra. Il Movimento nonviolento, aderente a Rete italiana pace e disarmo, propone di firmare una dichiarazione che sarà poi consegnata al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio, allo Stato maggiore dell’esercito. Una libertà di opinione e di scelta che in Russia è una chimera.

«Gli insegnanti devono tenere lezioni speciali per spiegare per quale motivo è stato necessario andare in Ucraina», scrive ancora Popova. «Sono stati creati dei materiali dal ministero dell’Istruzione. Ci sono anche delle videolezioni». Ci sono stati casi in cui gli alunni hanno fatto qualche domanda di troppo, «e subito dopo i poliziotti sono andati a cercare i genitori».


"Nei territori del Sud si gioca lo scontro decisivo": il monito del generale
Alessandro Ferro
14 Maggio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/ne ... 1652567719

Il conflitto si sposta e si concentra nei territori del Sud dell'Ucraina: le prossime settimane saranno decisive per capire l'esito finale che dipenderà da alcune mosse. Ecco il parere del generale Domenico Rossi

"Nei territori del Sud si gioca lo scontro decisivo": il monito del generale

Tutti gli sforzi degli eserciti, il russo e l'ucraino, si concentrano adesso soprattutto nel Donbass dopo che, come abbiamo visto sul Giornale.it, gli uomini di Putin si stanno ritirando anche da Kharkiv. Ma quali sono, quindi, i territori sensibili dove dobbiamo aspettarci l'offensiva maggiore? "Lo sforzo principale delle truppe sul terreno sembra essere il Sud, cioè il corridoio che unisce il Donbass alla Crimea e c'è in atto una manovra per tagliare fuori le truppe ucraine. L'esito di questo scontro, influenzato dall'afflusso delle armi occidentali, potrebbe essere decisivo per le sorti del conflitto": l'analisi è stata fatta dal generale Domenico Rossi, già sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito e sottosegretario alla Difesa, all'Ansa.

"Che fase stiamo vivendo"

Dopo gli attacchi insistenti all'acciaieria di Mariupol e la ritirata delle truppe russe, come detto, dalla città di Kharkiv, la concretezza va spostata altrove anche per trovare nuove risorse e non disperderle più in quei territori che gli ucraini hanno saputo difendere con le unghie e con i denti grazie anche agli aiuti occidentali. "In questa fase - ragiona il generale - si sta ripetendo la situazione della prima parte del conflitto, quando i russi si sono ritirati in Bielorussa dopo un tentativo di accerchiare Kiev". Da un lato, quindi, la resistenza e controffensiva ucraina forte delle nuovi armi americane, britanniche ed europee, dall'altro la rimodulazione degli obiettivi russi. Adesso, infatti, "i militari di Putin si sono ritirati dalla regione di Kharkiv, ma per concentrare lo sforzo principale in direzione sud, verso Izjum e Sevierodonetsk".


"Ecco la svolta nel conflitto"

Le perdite dei russi finora sono state ingenti: al di là dei numeri, veri o presunti, sui caduti in battaglia e quante armi e mezzi militari sono stati distrutti e abbattutti dagli ucraini, le truppe di Putin non sono così numerose e corpose da consentire un fronte troppo ampio: devono necessariamente concentrarsi ai territori di Crimea e Mariupol. A quel punto, taglierebbero fuori "10-15mila militari ucraini e potrebbe esserci una svolta nel conflitto", ha spiegato il generale Rossi. Alcune foto dimostrerebbero poi che l'esercito di Zelensky per impedire l'avanzata russa hanno "fatto saltare i ponti sul Donetsk, mentre, dall'altra parte, i russi stanno gettando ponti campali per far passare le loro truppe".


"Una lotta contro il tempo"

Da questa contrapposizione, quindi, potrebbero innescarsi importanti novità sulla tempistica del conflitto "che può cambiare in caso di successo di questa manovra" (riferita ai russi) mentre, se gli ucraini riusciranno a fronteggiare il nemico e temporeggiare un po' come accade da giorni, il tempo continuerà a scorrere inesorabile e diventerebbe "una guerra di logoramento che potrebbe durare anche diversi mesi". Il generale spiega che si tratta di "una lotta contro il tempo, tra chi arriva prima tra le armi occidentali e gli sforzi russi". Tra un paio di settimane saremo a tre mesi dall'inizio della guerra che ha mostrato l'enorme difficoltà di organizzazione e logistica dei russi anche se, sulla carta, avrebbero mezzi e armi più potenti. Il generale conclude pensando che Mosca potrebbe non avere ancora "scatenato il massimo della potenza militare dispiegabile" perchè bombardamenti più pesanti "avrebbero comportato un prezzo più alto da pagare in termini di censura da parte della comunità internazionale".



Il capo dell'intelligence di Kiev, Kyrylo Budanov, si dimostra molto ottimista e fiducioso per l'esito del conflitto a favore degli ucraini. "Ecco quando vinceremo la guerra contro Putin"
La profezia degli 007 ucraini: "Ecco quando vinceremo..."
Alessandro Ferro
15 Maggio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/mondo/vi ... 1652618948

Lo avevamo lasciato ai primi di maggio convinto che la svolta al conflitto in Ucraina sarebbe stata l'uccisione di Vladimir Putin. "È un criminale di guerra per il mondo intero. Questa è la sua fine, si è spinto in un vicolo cieco", aveva dichiarato il capo dell'intelligence della Difesa dell'Ucraina, il generale Kyrylo Budanov, al quotidiano The New Voice of Ukraine. Adesso ha corretto il tiro ma non l'ottimismo per una guerra che l'Ucraina può davvero vincere. In un'intervista esclusiva rilasciata a Sky News, il generale ha affermato di essere molto fiducioso per l'esito finale parlando di vittoria che "arriverà entro fine anno e sarà la premessa per la rimozione di Putin".

Ecco il "punto di non ritorno"

Il periodo chiave sarà in piena estate, quando nella seconda parte di agosto ci sarà "il punto di rottura" e che la maggior parte "delle azioni di combattimento attive saranno terminate entro la fine di quest'anno". Da qui, poi, l'Ucraina riuscirebbe a riappropriarsi di tutti i territori per adesso persi, "inclusi Donbass e Crimea". È chiaro che l'ottimismo sia il profumo della vita, è chiaro che la stanchezza e la decimazione dei russi uniti agli aiuti occidentali possono far pensare ad un esito di guerra favorevole a Zelensky ma non sarà una passeggiata e non è detto che per la pace l'Ucraina non debba cedere proprio i territori sopra menzionati. È straordinariamente giovane per guidare l'agenzia di intelligence militare del suo Paese a soli 36 anni parlando con chi mastica il mestiere da un bel po' di tempo.

"Golpe contro Putin"

Budanov, poi, afferma che sarebbe già in corso un colpo di stato per rimuovere Putin e che il leader russo è gravemente malato di cancro. "Si stanno muovendo in questo modo ed è impossibile fermarlo", spiega all'emittente britannica, sottolineando come lo Zar si trovi in condizioni "psicologiche e fisiche pessime ed è molto malato". Sulle malattie del presidente russo abbiamo parlato in lungo e in largo mentre il Cremlino non smentisce più così come non ha mai confermata alcuna patologia neanche negli anni precedenti.


"Ecco chi sono i russi"

Il generale continua la sua intervista spiegando che le tattiche della Russia non sarebbero mai cambiate nonostante lo spostamento delle truppe verso est e che l'esercito di Putin starebbe continuando a subire enormi perdite. "Sappiamo tutto del nostro nemico. Conosciamo i loro piani quasi mentre vengono realizzati". Le parole più dure, però, le riserva quasi alla fine della sua chiacchierata con i giornalisti. "Combattiamo la Russia da otto anni e possiamo dire che questa potenza russa altamente pubblicizzata è un mito", aggiunge, sottolineando come i soldati agli ordini dello zar siano "un'orda di persone con le armi". Come sappiamo, le forze russe sono state respinte quasi al confine intorno a Kharkiv e un recente attacco alle forze più a sud che cercavano di attraversare il Siverskyy Donets avrebbe causato danni considerevoli.


Putin, la guerra in Ucraina è un salasso: paga 850 milioni al giorno. «Perso un soldato su tre»

Mauro Evangelisti
16 maggio 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/putin ... 91938.html

Il costo di vite umane nella guerra voluta da Vladimir Putin è molto elevato. Si stima che almeno 27mila soldati russi, soprattutto giovani, siano morti nel corso dell'operazione militare in Ucraina. Non solo: secondo il Ministero della Difesa britannico «la Russia ha probabilmente subito la perdita di un terzo delle forze di combattimento sul terreno impegnate a febbraio». Se venisse dimostrata questa stima, che tiene conto anche dei feriti, addirittura si salirebbe a 60mila.

BARATRO
Ma l'invasione dell'Ucraina sta causando anche significative conseguenze economiche. Non sono solo quelle collegate alle sanzioni decise da Stati Uniti ed Europa. Ad aggravare il quadro c'è la spesa quotidiana per finanziare una guerra che, nelle speranze del Cremlino, doveva essere lampo, e invece si sta rivelando lunga e incerta. Significa che il conto finale sarà molto più alto di quanto sperasse Putin. La rivista americana Newsweek ha snocciolato alcuni numeri stimati da Sean Spoonts, caporedattore della testata giornalistica militare Sofrep. Dicono che la Russia spende circa 900 milioni di dollari (850 milioni di euro) al giorno per finanziare la guerra in Ucraina. In altri termini, dall'inizio del conflitto Mosca ha speso oltre 60 miliardi di euro. Secondo Spoonts «la stima si basa sui costi come i salari dei soldati impegnati al fronte, le armi, le munizioni e le riparazioni dell'equipaggiamento militare perso o danneggiato. Ci sono poi le spese per le armi più sofisticate come i missili da crociera, che costano circa 1,5 milioni di dollari l'uno». Certo, anche l'Ucraina sta subendo una perdita economica enorme, sia per la distruzione di alcune città, di quartieri, di infrastrutture, causata dai bombardamenti ordinati da Putin, sia per la mobilitazione del proprio esercito. Non ultimo l'Ucraina deve sostenere un rallentamento della propria economia perché in alcune aree si sono fermati attività produttive e commerciali. Sono bloccati tutti i porti. Ma è facile prevedere che l'Ucraina potrà ricevere solidarietà e sostegno dall'Occidente, mentre l'isolamento a cui Putin ha condannato la Russia rischia di lasciare segni anche in futuro: non sarà sufficiente il rapporto con la Cina o l'India a compensare l'allontanamento da Europa e America. Se è vero che nell'immediato gli effetti sulla quotazione del rublo o sul pericolo di default sono stati ridotti da Mosca, le previsioni a medio termine sono più preoccupanti, con contraccolpi sulla vita quotidiana dei russi, che rischiano di essere ancora più dolorosi lontano dalle grandi città come Mosca e San Pietroburgo.

RECESSIONE
La Banca di Russia prevede che nel corso del 2022 l'inflazione possa crescere tra il 18 e il 23 per cento, con conseguenze evidenti per il potere di acquisto dei cittadini. Il prodotto interno lordo potrebbe ridursi fino al 12 per cento, secondo una previsione interna del ministero delle Finanze russo, di cui parla Bloomberg. Il think tank finanziario Institute of International Finance è più pessimista e ipotizza un crollo del Pil in Russia del 15 per cento. Da una parte ci sono i costi per pagare, ogni giorno, la guerra in Ucraina, dall'altra emergono i contraccolpi sull'economia causati da isolamento e sanzioni: secondo gli analisti questo doppio nodo rischia di mettere in seria difficoltà il Cremlino. E poi, come detto, ci sono i risultati deludenti dell'azione militare. La fonte ovviamente è di parte, l'intelligence britannica, ma comunque l'analisi è in linea con quanto visto fino ad oggi: «Le forze russe sono sempre più limitate dal peggioramento delle capacità, il morale sempre basso e dalla ridotta efficacia nel combattimento. Molte di queste capacità non possono essere rimpiazzate o ricostituite in fretta e probabilmente continueranno ad ostacolare le operazioni russe in Ucraina».
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Guerre

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 1 ospite

cron