Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2022 5:04 pm

Dove sta il nazifascismo e dove stanno i nazi fascisti neri e rossi?

Beh certamente non in Ucraina che è una democrazia vera che non ha aggredito nessuno e dove negli ultimi 20 anni sono cambiati vari presidenti e tutti eletti, alcuni antiucraini e filorussi costretti a dimettersi dal popolo dei liberi cittadini giustamente infuriati;
sicuramente in Russia che è un regime nazional imperialista dittatoriale mascherato da democrazia dove da 20 anni domina l'autocrate oligarca assassino Putin che ha agagredito e imprigionato gli avversari politici che ha aggredito vari paesi resisi indipendenti dall'URSS, e che a capo di un regime dittatoriale violento che continua quelli Zarista e sovietico dell'URSS.




Oltre la propaganda di facciata e di parte,
per capire dove stà il male nazi fascista, (ma anche comunista e maomettista) nei vari paesi del mondo,
basta verificare se i loro sistemi politici o i loro regimi sono aperti, liberali e democratici o totalitari e dispotici,
se vi è libertà civile e politica,
se vi è libertà di pensiero e di parola, di satira e critica politica,
se vi è libertà economica e di mercato o monopoli ed oligopoli, se i cittadini del paese sono liberi di muoversi all'interno e all'esterno,
come sono trattate i dissidenti e le minoranze non terroristiche e criminali,
se vi è libertà religiosa e di critica alle religioni,
se vi è sviluppo economico, se le sacche disagiate della popolazione non criminale e non parassitaria è aiutata,
se vi è corruzione e mafia politico economica,
se vi è violenza domestica e civile,
se il paese è attrattivo per gli stranieri di tutti i ceti sociali,
se vi è consistente emigrazione di popolazione dovuta a miseria, sottosviluppo, insoddisfazione civile e politica,
quali sono gli stati con cui il paese è normalmente alleato, se democratici o dispotici,
se è antisemita e antisraeliano e con chi si schiera generalmente all'ONU con Israele o con i palestinesi nazi maomettani che lo vogliono distruggere,
se minaccia con le armi nucleari.



Il Suprematismo russo di Putin

Dice: bisogna capire le ragioni dell’altra parte. E capiamole, allora, ma sul serio. Dice: questa guerra non è iniziata adesso. Sì, ma manco nel 2014. Né nel 2008. E nemmeno nel 1991. Se volete fare sul serio, io ci sto.
Mille anni che sta lì
Gianmarco Volpe
15 marzo 2022

https://www.facebook.com/gvolpe/posts/10228392509023668

E quindi partiamo da Pietro il Grande.
A cavallo tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, è il primo zar a fare del concetto di profondità strategica il principio di base della politica di difesa della Russia. L’impero, al tempo, è già sterminato e praticamente indifendibile, perché non ha barriere naturali a protezione dei suoi centri nevralgici. L’invasione da Occidente non è un pericolo ipotetico: meno di un secolo prima, dopo la morte di Ivan il Terribile e il periodo dei torbidi, i polacchi erano entrati a Mosca e vi avevano regnato un paio d’anni.
L’intuizione dello zar è di mettere quanto più terra possibile tra il Cremlino e i suoi nemici. L’impero inizia ad allargarsi verso il Baltico, verso il Mar Nero, verso il Caucaso, verso l’Asia centrale. È Pietro il Grande a portare la frontiera fino al Mare d’Azov e fino al fiume Dnipro in Ucraina. La profondità strategica, con l’aiuto del generale inverno, consente alla Russia di salvarsi dall’offensiva di Napoleone nel 1812 e da quella di Adolf Hitler nel 1941. Resta infatti concetto centrale della politica di sicurezza anche per l’Unione sovietica, che non a caso due anni prima dell’operazione Barbarossa scendeva a patti con la Germania nazista per spartirsi il territorio della Polonia; e che non a caso, durante gli anni della Guerra fredda, non esita a inviare i carri armati a Budapest e a Praga per assicurare la tenuta del Patto di Varsavia.
Il problema per Mosca è che, quando incorpori nuovi territori, incorpori anche nuove nazionalità. I sovietici, fin dai primi anni, tentano di sedare le spinte centrifughe nazionaliste con rudi esperimenti di ingegneria demografica e disegnando confini per così dire fantasiosi, che ancora oggi non mancano di alimentare conflitti in tutta l’area post-sovietica. Ma per tenere insieme il baraccone serve una salda ortodossia ideologica, una forza militare schiacciante e la promessa di un miglioramento delle condizioni di vita di tutte le popolazioni dell’Unione. L’Urss collassa nel 1991 per effetto del venir meno di tutti e tre questi elementi, dando vita a una costellazione di Stati indipendenti che, nella gran parte dei casi, immaginano di costruire il proprio futuro sul modello politico ed economico proposto dall’Occidente, quello uscito vincitore dalla Guerra fredda.
Quando Vladimir Putin definisce il crollo dell’Unione sovietica “la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo” non lo fa perché è un nostalgico del socialismo reale, ma perché è consapevole che nel 1991 Mosca ha perso la sua profondità strategica. Già la Russia di Boris Eltsin tenta di chiudere i cancelli dando vita alla Comunità degli Stati indipendenti (Csi), che però non riesce mai a dotare di una politica estera e di difesa comune. I buoi sono già scappati e Eltsin non ha la forza politica ed economica per andare a recuperarli. Nel 1997 Georgia, Ucraina, Azerbaigian e Moldova danno persino vita a un’organizzazione regionale parallela che si chiama Guam, dalla quale la Russia è esclusa. È questo il periodo del grande allargamento dello spazio Nato, che – temo vada sempre ricordato – non è una potenza, ma un’alleanza militare alla quale si aderisce volontariamente. Sul rapporto Nato-Russia non mi dilungo, perché l’ho già fatto il 26 febbraio qui su Facebook.
Quando arriva al potere, nel Duemila, Putin incarna il senso di umiliazione e d’insofferenza che la sua generazione – una generazione cresciuta nell’epoca della dottrina brezneviana, nel mito dell’espansionismo sovietico e i cui padri avevano resistito a Stalingrado e liberato Berlino – che la sua generazione, dicevo, vive nelle macerie fumanti dell’impero. È un uomo del Novecento, sì, ma è soprattutto un leader russo e come un leader russo disegna la sua politica estera. Mette subito in chiaro che il disegno strategico che persegue punta dritto a mettere in discussione l’ordine mondiale emerso dalla Guerra fredda, a ridisegnare i confini dell’Europa. Lo fa piallando al suolo la capitale dell’ultima delle repubbliche separatiste, la Cecenia, e utilizzando ogni strumento a disposizione per richiamare all’ordine gli Stati indipendenti della galassia post-sovietica.
L’Ucraina, per ragioni strategiche, è il Paese verso cui, più d’ogni altro, si concentrano le attenzioni e le preoccupazioni di Putin. La sua esistenza è accettabile solo come Paese satellite della Russia: dista 600 chilometri da Mosca, dai Carpazi alla capitale russa è aperta pianura, e a Sebastopoli, nella Crimea ucraina, c’è la principale base navale russa sul Mar Nero. Nel 2004, quando si avvicinano le elezioni, il candidato filo-occidentale alla presidenza, Viktor Yushchenko, viene avvelenato con la diossina, sopravvive ma ne porterà i segni sul volto per tutto il resto della sua vita. Tra il 2006 e il 2009, con lo stesso Yuschenko al potere, Gazprom interrompe ogni anno le forniture di gas in pieno inverno. Non sorprende che nel 2010 vada al potere un leader ben disposto verso Mosca, Viktor Yanukovic, il quale però tenta un gioco pericoloso di equilibrismo: tratta l’Accordo di associazione con l’Unione europea, poi si tira indietro quando arrivano cospicui assegni dalla Russia. Il resto è storia recente: la protesta dell’Euromaidan, gli spari sulla folla, le infiltrazioni di estrema destra, Yanukovic che viene esautorato dal parlamento e scappa dal Paese, l’annessione della Crimea, il conflitto a bassa intensità nel Donbas.
Non bisogna perdere di vista il quadro più ampio. L’invasione dell’Ucraina è un piano pronto da tempo: non è una reazione, non è una risposta, non è una rappresaglia. Putin ritiene fondamentale colpire per primo e colpire duro, come teorizza scavando nell’aneddotica della sua infanzia a Leningrado e ricordando di quando andava a caccia di topi e uno di questi, stretto all’angolo, approfittò di un’esitazione del piccolo Vladimir per saltargli addosso e trovare una via di fuga. Il 12 luglio 2021 il leader russo pubblica un lungo articolo che s’intitola “Sull’unità storica tra russi e ucraini” (lo linko nei commenti): ha già deciso d’invadere l’Ucraina.
Perché proprio ora? Per quattro ragioni fondamentali. La prima è che nel 2021 i prezzi di gas e petrolio sono raddoppiati in maniera inattesa, e garantiscono alla Russia un flusso di cassa extra per finanziare l’avventura militare. La seconda è che la guerra in Siria è ormai finita e Mosca può permettersi di aprire un nuovo fronte. La terza è che, nell’analisi del Cremlino, il blocco occidentale è diviso: gli Stati Uniti, debilitati dalla disastrosa transizione Trump-Biden, guardano quasi solo al Pacifico, e l’Europa è l’Europa, per di più in convalescenza da uno dei più gravi shock finanziari della sua storia. La quarta è che Putin è convinto di trovare sponda in Cina e di potersi quindi permettere di rompere con l’Occidente: Xi Jinping ha bisogno oggi più che mai del gas e del petrolio russo per accelerare la crescita economica, e avrà bisogno in futuro di un alleato che gli copra le spalle quando toccherà a lui invadere Taiwan.
Alcuni punti importanti:
• Putin non vuole la neutralità dell’Ucraina: in tal caso il conflitto si sarebbe già concluso, o più probabilmente non sarebbe mai iniziato. Putin vuole terra: l’Ucraina intera o, se dovrà accontentarsi, la sua metà fino al fiume Dnipro.
• Non si fermerà fino a quando non sarà in grado di portare a casa un risultato in grado di consolidare il suo potere e il suo consenso interno, inevitabilmente intaccato dal crollo delle condizioni di vita dei russi provocato dalle sanzioni. È ingenuo pensare che possa sedersi ora al tavolo dei negoziati.
• La Russia non vincerà mai questa guerra. L’ha già persa sul piano mediatico, rischia di perderla persino sul piano militare (il blitzkrieg è già fallito, la guerra casa per casa avvantaggia gli ucraini e il tempo gioca contro gli occupanti) e la perderà certamente sul piano politico (se anche dovesse prender Kiev, a che costo potrà controllarla?).
• La nostra capacità d’incidere sugli eventi è limitata, benché distorta dalla nostra tendenza a sentirci il centro del mondo. Dobbiamo invece abituarci a un pianeta che sempre più gira indipendentemente dalla nostra volontà e dalle nostre responsabilità. Vedete: un secolo fa l’Europa rappresentava il 30 per cento della popolazione della Terra, oggi tra il 7 e l’8 per cento. Nel 1975, quando nacque, il G7 raccoglieva l’80 per cento della ricchezza mondiale, oggi non arriva al 50. Ci sono nuovi protagonisti, nuovi scenari, nuovi centri gravitazionali. È un pensiero arrogante quello che ci porta a credere che tutto dipenda da noi, dalle nostre scelte o dalle nostre inazioni.
• Ci sono anche nuovi e vecchi imperialismi, e bisognerebbe imparare a riconoscerli prima che ci piovano le bombe in sala da pranzo. Anche se mi rendo conto che esiste una parte di questo Paese - in quel territorio oscuro nel quale s’intrecciano destra e sinistra e nel quale la necessità di posizionarsi contro il Pensiero Unico sovrasta quella di cercare la verità e di abbracciare la complessità delle cose, ma anche di provare una naturale compassione per le vittime e per gli oppressi – che sarebbe disposto ad appoggiare qualunque despota, anche il più sanguinario, purché fieramente anti-occidentale.
Putin non è pazzo, piuttosto è il prodotto paranoico di una cultura paranoica. Ma è sempre stato questo. Sta invecchiando, e questo lo porta ad affrettare delle scelte che in altri tempi avrebbe ponderato più a lungo. È solo, e quindi non ha nessuno intorno che lo avverta che sta facendo una cazzata. Ma la traiettoria che lo porta a invadere l’Ucraina è la stessa lungo la quale si è mossa la sua intera carriera politica. È sempre stato tutto lì, davanti ai nostri occhi. Solo che non l’abbiamo voluto vedere. Putin oggi vuol terminare un lavoro iniziato quasi vent’anni fa. O, se vogliamo, mezzo millennio fa.



Questo capita solo nei paesi totalitari nazi fascisti, comunisti e maomettisti.
IL CORAGGIO DI UNA DONNA
Niram Ferretti
15 marzo 2022

https://www.facebook.com/roberta.cuciti ... 5583145790

"Maria Ovsyannikova è, per citare Lermontov, una eroina del nostro tempo. Durante il tg del Primo Canale dell tv russa è apparsa dietro la conduttrice con un cartello sul quale era scritto
"No alla guerra" in inglese, e sotto, in russo, «Fermate la guerra, non credete alla propaganda, qui vi stanno mentendo».
Ci vuole un grande coraggio e altrettanto amore per la verità per compiere un gesto di questa portata che è costato immediatamente alla Ovsyannikova l'arresto. Il prezzo che pagherà sarà molto salato.
Mentre qui da noi ci si esercita con ripugnanti sofismi e un pacifismo ipocrita a sostenere che l'Ucraina dovrebbe arrendersi all'invasore per fare terminare la guerra, in Russia c'è chi viene arrestato perchè protesta contro la guerra e contro il castello di menzogne edificato da Putin e il suo regime. Non chiedono agli ucraini di arrendersi, i russi che protestano e vengono arrestati, chiedono che la guerra si fermi, che la Russia, l'aggressore, fermi questo scempio.
Una Ovsyannikova oggi, una Ovsyannikova domani può fare la differenza".


LE PAROLE PROFETICHE DI ANNA POLITKOVASKAJA E LE PRIME CREPE NELL'INFORMAZIONE DI REGIME A MOSCA

https://www.facebook.com/groups/6713805 ... ently_seen

"Con il presidente Putin non riusciremo a dare forma alla nostra democrazia, torneremo solo al passato. Non sono ottimista in questo senso e quindi il mio libro è pessimista. Non ho più speranza nella mia anima. Solo un cambio di leadership potrebbe consentirmi di sperare"
Così scriveva profeticamente la coraggiosa giornalista russa Anna Politkovaskaja, che ebbi l'onore di conoscere a Mantova 20 anni fa. La Politkovaskaja denunciava i crimini compiuti dall'esercito russo nella guerra in Cecenia, il ruolo fondamentale che quel conflitto ebbe per l'ascesa di Putin, la strategia della tensione messa in atto in quel periodo, il consolidamento del suo potere e la sua svolta autoritaria. Dava fastidio al Cremlino, eccome se dava fastidio. Fu trucidata nel 2006, dai "kadirovki", quei Ceceni che dopo aver combattuto contro i Russi hanno stretto con Putin un patto scellerato di spartizione del potere, divenendo gli spietati guardiani della Russia in Cecenia e utilizzati anche altrove per le "missioni sporche". Non a caso i pretoriani di Kadirov (figlio) sono ora schierati nei dintorni di Kiev (Kijv in Ucraino) pronti ad entrare in azione nei combattimenti casa per casa qualora dovesse concretizzarsi il terribile scenario dell'assalto diretto alla città.
Il coraggio, come diceva qualcuno, è però merce rara. E per una Politkovaskaja uccisa, in questi decenni in Russia hanno fatto carriera decine di giornalisti trasformati di fatto in veline del Putin pensiero. Lo era fino a ieri anche Marina Ovsyannikova. Fino al suo eclatante gesto: l'irruzione con un cartello di protesta alle spalle della sua collega durante il TG del primo canale della TV di Stato. Un cartello con scritto "no alla guerra, non credete alla propaganda". Mentre scrivo questo post non si sa che fine abbia fatto. Arrestata immediatamente, nemmeno il suo avvocato riesce a mettersi in contatto con lei. Ora, io non so se il suo sia stato uno spontaneo gesto di indignazione, oppure un'abile anche se pericolosa mossa in vista di un possibile "dopo Putin", se ha deciso tutto da sola o se in qualche modo pezzi del potere moscovita l'abbiano consigliata in tal senso. Di certo è che la rete di potere attorno a Putin sta traballando.
Da un lato questo mi fa ben sperare. Dall'altro mi preoccupa. Fino a dove potrebbe spingersi un uomo che ha fatto del potere la ragione della sua vita e che sente attorno a lui i segni di un possibile crollo?
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2022 5:05 pm

Il suprematismo nazifascista russo di Putin è analogo a quello tedesco ariano di Hitler, a quello dell'Umma di Maometto, a quello ideologico comunista di Stalin e dell'URSS, a quello cinese di Xi-Pjing, a quello nero dei BLM, a quello gender del mondo LGBT, a quello del Politicamente Corretto.
Questo è in sintesi il Male umano della Terra.



Premesso che il problema non sono i nazisti ucraini che patriotticamente difendono il loro paese pur ispirandosi al nazionalismo tedesco di Hitler, e che sono una minoranza minimale sia all'interno della società ucraina che delle forze armate ucraine che si stanno difendendo dall'aggressione armata suprematista russa.
Armata criminale al cui interno il nazifascismo suprematista russo della Russia di Putin è assai ben più pericoloso perché non è difensivo come quello ucraino ma imperialista e offensivo e investe l'intero esercito della Russia di Putin che ha criminalmente aggredito e invaso l'Ucraina, sostenuto da una larga parte della popolazione russa che condivide questo sentimeno suprematista e nazifacsista della Grande Russia di Putin erede e continuatrice dell'Impero zarista e dell'Impero sovietico.
.


Nazisti in Ucraina: verità o propaganda?
Alessandro Milia
10 marzo 2022

https://www.ultimavoce.it/nazisti-in-uc ... ropaganda/

In questi giorni si sente parlare sempre più spesso della presenza di movimenti neo-nazisti in Ucraina. Cerchiamo di capire quali siano i numeri di queste realtà.

Nazisti non solo in Ucraina

In Ucraina esiste un problema relativo alla presenza dell’estrema destra nazionalista. Questo problema però è lo stesso in tutte le nazioni post-sovietiche resesi indipendenti dopo lo scioglimento dell’URSS nel 1991.

Partiti di ispirazione neo-fascista e neonazista sono presenti persino in Russia e le loro formazioni paramilitari combattono in Donbass dal 2014 proprio come il battaglione Azov. Quest’ultimo è composto da 3000 persone mentre Svoboda, partito dell’estrema destra ucraina, conta 15000 iscritti su una popolazione complessiva di circa 44 milioni.

Nel Donbass sono inoltre presenti milizie filo-russe che schierano militari di varia nazionalità. Dall’Italia sono arrivati, sin dall’inizio del conflitto, alcuni esponenti del mondo della stessa estrema destra che Putin condanna in Ucraina.

I movimenti estremisti durante la “Rivoluzione” del 2014
Piazza Maidan, Kiev 2014

Nel 2014, durante la Rivoluzione della Dignità e sull’onda emotiva popolare creata dalla situazione della Crimea e del Donbass, c’è stato il momento di massimo consenso dell’estrema destra ucraina. Gli estremisti hanno giocato un ruolo chiave negli scontri a Kiev contro la polizia mandata da Yanucovich.

I battaglioni di estrema destra che hanno combattuto al fronte hanno commesso gli stessi orrendi crimini delle unità paramilitari delle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk. Le accuse di crimini di guerra sono legittime contro il battaglione Azov esattamente quanto quelle contro le milizie neo-fasciste russe attive in Donbass.

Non bisogna mai dimenticare che la guerra significa atrocità, sempre e comunque, e che il nazi-fascismo è un orrore da tutti e due i lati del fronte.

Nelle elezioni del 2014 l’estrema destra ucraina, che si presentò divisa, prese complessivamente il 10%. In questa percentuale è incluso però anche il Partito Radicale che su molte questioni è più moderato degli ultranazionalisti.

Le elezioni del 2019 e la situazione attuale

Alle ultime elezioni nazionali del 2019 per il rinnovo del parlamento, Svoboda ha preso il 2,15% dei voti. L’unica candidata entrata alla Rada (Parlamento ucraino) è stata Oksana Savchuk. Per poter avere un’idea delle proporzioni basti pensare che il partito Sluha Narodu (Servitore del Popolo) del Presidente Zelensky (di origini ebraiche) ha preso il 43% dei voti, conquistando 241 seggi. Quindi, in 5 anni, i nazisti in Ucraina hanno perso l’8% del consenso precedente.

Da testimonianze dirette degli analisti del CeSI (Centro Studi Internazionali), presenti sul territorio ucraino sin dalla rivoluzione del 2014, si evince che su un campione sociale molto ampio (eccezion fatta per rarissimi casi) nessuno era favorevole all’estrema destra.

La colpa di Zelensky, e prima ancora di Poroshenko, è stata quella di non aver bandito le formazioni neo-naziste, compreso il battaglione Azov che invece è stato rifornito di armi occidentali. Questa scelta è stata fatta per poter utilizzare la loro esaltazione ideologica come arma al fronte. Tutto ciò è assolutamente non condivisibile ma è avvenuto in un contesto di guerra contro un paese molto più potente militarmente, contro il quale tutte le forze erano utili.


L’aspetto linguistico

Per motivazioni storiche e sociali in Ucraina (o comunque in moltissime zone e città) si parla russo senza problemi. La questione si pone infatti non sulla innegabile vicinanza linguistica, ma sull’identità e sul senso di appartenenza nazionale. In alcune aree il sentimento è chiaramente filo-russo ma si tratta di una minoranza geograficamente collocabile. Questa minoranza, come tutte le minoranze, non deve essere zittita né ignorata proprio in nome dei valori per cui l’Ucraina combatte oggi.

Nazionalismo ucraino e estremismo di destra

In Ucraina esiste un fortissimo sentimento nazionalistico. Il popolo ucraino è un popolo forte che, anche in questa terribile situazione, quasi si vergogna a chiedere aiuto. Confondere questa forte appartenenza nazionale con l’estremismo di destra è sbagliato perché non considera il processo di costruzione dell’identità nazionale dopo 70 anni di sovietizzazione.

Accettare la tesi di Putin sulla denazificazione dell’Ucraina significa accettare l’idea che la presenza neo-nazista (comunque un orrore) sia molto più vasta di quanto sia in realtà. Per fare un semplice paragone sarebbe come considerare l’Italia un paese nazi-fascista e accettare un’invasione da parte di un paese straniero confinante sulla base del peso politico (fortunatamente ridottissimo) di movimenti come Casa Pound e Forza Nuova, che per inciso andrebbero chiusi.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2022 5:05 pm

Il Suprematismo russo di Putin
Dice: bisogna capire le ragioni dell’altra parte. E capiamole, allora, ma sul serio. Dice: questa guerra non è iniziata adesso. Sì, ma manco nel 2014. Né nel 2008. E nemmeno nel 1991. Se volete fare sul serio, io ci sto.
Mille anni che sta lì

Gianmarco Volpe
15 marzo 2022

https://www.facebook.com/gvolpe/posts/10228392509023668

E quindi partiamo da Pietro il Grande.
A cavallo tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, è il primo zar a fare del concetto di profondità strategica il principio di base della politica di difesa della Russia. L’impero, al tempo, è già sterminato e praticamente indifendibile, perché non ha barriere naturali a protezione dei suoi centri nevralgici. L’invasione da Occidente non è un pericolo ipotetico: meno di un secolo prima, dopo la morte di Ivan il Terribile e il periodo dei torbidi, i polacchi erano entrati a Mosca e vi avevano regnato un paio d’anni.
L’intuizione dello zar è di mettere quanto più terra possibile tra il Cremlino e i suoi nemici. L’impero inizia ad allargarsi verso il Baltico, verso il Mar Nero, verso il Caucaso, verso l’Asia centrale. È Pietro il Grande a portare la frontiera fino al Mare d’Azov e fino al fiume Dnipro in Ucraina. La profondità strategica, con l’aiuto del generale inverno, consente alla Russia di salvarsi dall’offensiva di Napoleone nel 1812 e da quella di Adolf Hitler nel 1941. Resta infatti concetto centrale della politica di sicurezza anche per l’Unione sovietica, che non a caso due anni prima dell’operazione Barbarossa scendeva a patti con la Germania nazista per spartirsi il territorio della Polonia; e che non a caso, durante gli anni della Guerra fredda, non esita a inviare i carri armati a Budapest e a Praga per assicurare la tenuta del Patto di Varsavia.
Il problema per Mosca è che, quando incorpori nuovi territori, incorpori anche nuove nazionalità. I sovietici, fin dai primi anni, tentano di sedare le spinte centrifughe nazionaliste con rudi esperimenti di ingegneria demografica e disegnando confini per così dire fantasiosi, che ancora oggi non mancano di alimentare conflitti in tutta l’area post-sovietica. Ma per tenere insieme il baraccone serve una salda ortodossia ideologica, una forza militare schiacciante e la promessa di un miglioramento delle condizioni di vita di tutte le popolazioni dell’Unione. L’Urss collassa nel 1991 per effetto del venir meno di tutti e tre questi elementi, dando vita a una costellazione di Stati indipendenti che, nella gran parte dei casi, immaginano di costruire il proprio futuro sul modello politico ed economico proposto dall’Occidente, quello uscito vincitore dalla Guerra fredda.
Quando Vladimir Putin definisce il crollo dell’Unione sovietica “la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo” non lo fa perché è un nostalgico del socialismo reale, ma perché è consapevole che nel 1991 Mosca ha perso la sua profondità strategica. Già la Russia di Boris Eltsin tenta di chiudere i cancelli dando vita alla Comunità degli Stati indipendenti (Csi), che però non riesce mai a dotare di una politica estera e di difesa comune. I buoi sono già scappati e Eltsin non ha la forza politica ed economica per andare a recuperarli. Nel 1997 Georgia, Ucraina, Azerbaigian e Moldova danno persino vita a un’organizzazione regionale parallela che si chiama Guam, dalla quale la Russia è esclusa. È questo il periodo del grande allargamento dello spazio Nato, che – temo vada sempre ricordato – non è una potenza, ma un’alleanza militare alla quale si aderisce volontariamente. Sul rapporto Nato-Russia non mi dilungo, perché l’ho già fatto il 26 febbraio qui su Facebook.
Quando arriva al potere, nel Duemila, Putin incarna il senso di umiliazione e d’insofferenza che la sua generazione – una generazione cresciuta nell’epoca della dottrina brezneviana, nel mito dell’espansionismo sovietico e i cui padri avevano resistito a Stalingrado e liberato Berlino – che la sua generazione, dicevo, vive nelle macerie fumanti dell’impero. È un uomo del Novecento, sì, ma è soprattutto un leader russo e come un leader russo disegna la sua politica estera. Mette subito in chiaro che il disegno strategico che persegue punta dritto a mettere in discussione l’ordine mondiale emerso dalla Guerra fredda, a ridisegnare i confini dell’Europa. Lo fa piallando al suolo la capitale dell’ultima delle repubbliche separatiste, la Cecenia, e utilizzando ogni strumento a disposizione per richiamare all’ordine gli Stati indipendenti della galassia post-sovietica.
L’Ucraina, per ragioni strategiche, è il Paese verso cui, più d’ogni altro, si concentrano le attenzioni e le preoccupazioni di Putin. La sua esistenza è accettabile solo come Paese satellite della Russia: dista 600 chilometri da Mosca, dai Carpazi alla capitale russa è aperta pianura, e a Sebastopoli, nella Crimea ucraina, c’è la principale base navale russa sul Mar Nero. Nel 2004, quando si avvicinano le elezioni, il candidato filo-occidentale alla presidenza, Viktor Yushchenko, viene avvelenato con la diossina, sopravvive ma ne porterà i segni sul volto per tutto il resto della sua vita. Tra il 2006 e il 2009, con lo stesso Yuschenko al potere, Gazprom interrompe ogni anno le forniture di gas in pieno inverno. Non sorprende che nel 2010 vada al potere un leader ben disposto verso Mosca, Viktor Yanukovic, il quale però tenta un gioco pericoloso di equilibrismo: tratta l’Accordo di associazione con l’Unione europea, poi si tira indietro quando arrivano cospicui assegni dalla Russia. Il resto è storia recente: la protesta dell’Euromaidan, gli spari sulla folla, le infiltrazioni di estrema destra, Yanukovic che viene esautorato dal parlamento e scappa dal Paese, l’annessione della Crimea, il conflitto a bassa intensità nel Donbas.
Non bisogna perdere di vista il quadro più ampio. L’invasione dell’Ucraina è un piano pronto da tempo: non è una reazione, non è una risposta, non è una rappresaglia. Putin ritiene fondamentale colpire per primo e colpire duro, come teorizza scavando nell’aneddotica della sua infanzia a Leningrado e ricordando di quando andava a caccia di topi e uno di questi, stretto all’angolo, approfittò di un’esitazione del piccolo Vladimir per saltargli addosso e trovare una via di fuga. Il 12 luglio 2021 il leader russo pubblica un lungo articolo che s’intitola “Sull’unità storica tra russi e ucraini” (lo linko nei commenti): ha già deciso d’invadere l’Ucraina.
Perché proprio ora? Per quattro ragioni fondamentali. La prima è che nel 2021 i prezzi di gas e petrolio sono raddoppiati in maniera inattesa, e garantiscono alla Russia un flusso di cassa extra per finanziare l’avventura militare. La seconda è che la guerra in Siria è ormai finita e Mosca può permettersi di aprire un nuovo fronte. La terza è che, nell’analisi del Cremlino, il blocco occidentale è diviso: gli Stati Uniti, debilitati dalla disastrosa transizione Trump-Biden, guardano quasi solo al Pacifico, e l’Europa è l’Europa, per di più in convalescenza da uno dei più gravi shock finanziari della sua storia. La quarta è che Putin è convinto di trovare sponda in Cina e di potersi quindi permettere di rompere con l’Occidente: Xi Jinping ha bisogno oggi più che mai del gas e del petrolio russo per accelerare la crescita economica, e avrà bisogno in futuro di un alleato che gli copra le spalle quando toccherà a lui invadere Taiwan.
Alcuni punti importanti:
• Putin non vuole la neutralità dell’Ucraina: in tal caso il conflitto si sarebbe già concluso, o più probabilmente non sarebbe mai iniziato. Putin vuole terra: l’Ucraina intera o, se dovrà accontentarsi, la sua metà fino al fiume Dnipro.
• Non si fermerà fino a quando non sarà in grado di portare a casa un risultato in grado di consolidare il suo potere e il suo consenso interno, inevitabilmente intaccato dal crollo delle condizioni di vita dei russi provocato dalle sanzioni. È ingenuo pensare che possa sedersi ora al tavolo dei negoziati.
• La Russia non vincerà mai questa guerra. L’ha già persa sul piano mediatico, rischia di perderla persino sul piano militare (il blitzkrieg è già fallito, la guerra casa per casa avvantaggia gli ucraini e il tempo gioca contro gli occupanti) e la perderà certamente sul piano politico (se anche dovesse prender Kiev, a che costo potrà controllarla?).
• La nostra capacità d’incidere sugli eventi è limitata, benché distorta dalla nostra tendenza a sentirci il centro del mondo. Dobbiamo invece abituarci a un pianeta che sempre più gira indipendentemente dalla nostra volontà e dalle nostre responsabilità. Vedete: un secolo fa l’Europa rappresentava il 30 per cento della popolazione della Terra, oggi tra il 7 e l’8 per cento. Nel 1975, quando nacque, il G7 raccoglieva l’80 per cento della ricchezza mondiale, oggi non arriva al 50. Ci sono nuovi protagonisti, nuovi scenari, nuovi centri gravitazionali. È un pensiero arrogante quello che ci porta a credere che tutto dipenda da noi, dalle nostre scelte o dalle nostre inazioni.
• Ci sono anche nuovi e vecchi imperialismi, e bisognerebbe imparare a riconoscerli prima che ci piovano le bombe in sala da pranzo. Anche se mi rendo conto che esiste una parte di questo Paese - in quel territorio oscuro nel quale s’intrecciano destra e sinistra e nel quale la necessità di posizionarsi contro il Pensiero Unico sovrasta quella di cercare la verità e di abbracciare la complessità delle cose, ma anche di provare una naturale compassione per le vittime e per gli oppressi – che sarebbe disposto ad appoggiare qualunque despota, anche il più sanguinario, purché fieramente anti-occidentale.
Putin non è pazzo, piuttosto è il prodotto paranoico di una cultura paranoica. Ma è sempre stato questo. Sta invecchiando, e questo lo porta ad affrettare delle scelte che in altri tempi avrebbe ponderato più a lungo. È solo, e quindi non ha nessuno intorno che lo avverta che sta facendo una cazzata. Ma la traiettoria che lo porta a invadere l’Ucraina è la stessa lungo la quale si è mossa la sua intera carriera politica. È sempre stato tutto lì, davanti ai nostri occhi. Solo che non l’abbiamo voluto vedere. Putin oggi vuol terminare un lavoro iniziato quasi vent’anni fa. O, se vogliamo, mezzo millennio fa.



"Aveva ragione Huntington sullo scontro di civiltà"
Giulio Meotti
15 marzo 2022

https://meotti.substack.com/p/aveva-rag ... contro?s=w


Max-Erwann Gastineau è lo studioso francese autore del libro sull’Europa orientale Le Nouveau procès de l'Est e che su Le Figaro ha appena pubblicato un lungo e originale saggio sulla “de-occidentalizzazione” di Vladimir Putin.

Ho intervistato Gastineau.

Si configura un nuovo scontro di civiltà fra Occidente e Russia?

Ne ‘Lo scontro di civiltà’, un libro tanto commentato quanto poco letto dalle élite europee, Samuel Huntington aveva già annunciato il rischio di futuri conflitti tra Russia e Ucraina, sullo sfondo di una divisione di civiltà, tra una parte occidentale dell'Ucraina rivolta verso Occidente e una parte di lingua russa, rivolta verso Mosca. Innanzitutto è la paura di vedere l’Ucraina occidentalizzarsi, staccarsi culturalmente dal ‘mondo russo’, a spingere Putin a questo intervento militare. Lo attesta un documento dell'agenzia russa Ria Novosti, rivelato dalla Fondazione per l’innovazione politica e la cui pubblicazione sarebbe dovuta avvenire solo dopo la presa di Kiev. ‘La questione della sicurezza nazionale della Russia (…) non è la ragione più importante’. Si tratta anzitutto di evitare la ‘derussificazione’ dell’Ucraina, ‘riorganizzandola e riportandola allo stato originario’ per riunire ‘i Grandi Russi, i Bielorussi e i Piccoli Russi’ e riportare così la Russia ‘alla sua integrità storica’. Leggere come le élite dominanti russe rappresentino se stesse la guerra di civiltà che hanno deliberatamente scatenato è fondamentale per capire cosa sta succedendo alle porte dell’Unione Europea: la fine di un mondo, quello che conosciamo dalla caduta del muro di Berlino. E l’avvento di una nuova ‘multiciviltà’ (Huntington), segnata cioè da un processo di ‘de-occidentalizzazione’ dei riferimenti e degli ideali.

Su Le Figaro lei ha appena scritto che Putin vuole mettere fine al “tempo dell’imitazione”. Cosa intende?

L’espressione risale a Ivan Krastev e Stephen Holmes. L’era dell’imitazione descrive una fase durante la quale il mondo era più o meno diviso in due; da un lato, soggetti imitati (paesi occidentali), vincitori della Guerra Fredda, detentori di un modello invidiato, presentato da Francis Fukuyama come insuperabile, e dall’altro, soggetti imitatori (paesi post-comunisti), prima o poi chiamati ad adottare i canoni del modello occidentale basato su democrazia, diritti umani ed economia di mercato. L’era dell’imitazione è entrata in crisi perché, contrariamente a quanto si pensava, gli ‘standard occidentali’ non hanno rivelato la loro universalità. L’ingiunzione all’occidentalizzazione ha funzionato in alcuni paesi, ma ha anche generato delusioni altrove. In Russia, gli anni ‘90 o della ‘transizione’ (concetto che caratterizza il passaggio da un regime autoritario a un regime liberale) sono stati caratterizzati da un drastico calo della speranza di vita (da 70 anni a 64 anni tra il 1989 e il 1995), l’esplosione di suicidio e livelli di alcol. In Polonia o in Ungheria, paesi dominati negli ultimi anni dal sorgere di una critica al modello liberale occidentale, gli anni dell’imitazione sono stati sinonimo di promessa, sviluppo economico, ma anche frustrazione. Come riportano Krastev e Holmes, imitare un modello straniero non è mai neutrale. Ciò implica la rinuncia a una parte di autonomia, accettando di essere solo la copia di un modello i cui titolari manterrebbero il diritto di valutarne la corretta applicazione. Ciò implica, in altre parole, una perdita di sovranità psico-politica, che potrebbe essere compresa alla fine del comunismo, dove il divario tra il successo occidentale e il crollo del blocco orientale richiedeva ispirazione da ciò che funziona, ma non più; di più dopo la crisi economica del 2008 e la crisi migratoria del 2015; a maggior ragione dopo i fallimenti degli interventi effettuati in Libia, Iraq o Afghanistan; più dopo questi eventi che hanno tutti, a diversi livelli, svelato agli occhi del mondo il declino dell’occidente. È vero che la vita in stile occidentale può continuare ad attrarre persone, ma la superiorità morale dell’occidente, che ha legittimato le sue rimostranze e i suoi interventi, è svanita. Il mondo non occidentale ha guadagnato fiducia, si sta affermando sulla base del proprio sistema di valori. Entriamo nella ‘età dell’affermazione’. Lo vediamo con l’Asia, i cui stati, siano essi democratici o autoritari, si stanno affermando sulla base di modelli di sviluppo e specifici riferimenti culturali, abbastanza lontani dai nostri canoni liberali, ma sui propri buddisti o confuciani. In un discorso del luglio 2014, il capo del governo ungherese Viktor Orban, la cui filosofia ho studiato da vicino, ha chiamato – segno dei tempi! – i paesi dell’Unione Europea ad aprirsi ad altri modelli: ‘Un tema ricorrente nel pensiero politico oggi è capire sistemi che non sono occidentali, non liberali, non democrazie liberali, forse nemmeno democrazie, e che portano ancora successo alle loro nazioni, Singapore, Cina, India, Russia, Turchia’.

La Russia putiniana come nemesi dell’Occidente?

La Russia sta scatenando passioni che per ragioni perfettamente legittime ci sbalordiscono sull’aggressione dell'Ucraina. Attenzione, però, a non lasciarci dominare da un manicheismo semplificatore! Il sentimento di vendetta che anima Putin non giustifica nulla, ma svela un processo iniziato con il crollo del blocco orientale e in seguito al quale l’occidente si è creduto per sempre libero dalla tragedia. L’imperialismo russo ci ricorda le nostre mancanze e la necessità di aprirci al mondo, alle rappresentazioni che lo dominano. Dopo gli attacchi islamisti, molte sono state le reazioni che hanno voluto vedere nei jihadisti l’opera di ‘pazzi’, ‘squilibrati’ la cui ‘radicalizzazione’ poteva essere scongiurata come si fa con un malato. Come se fosse impossibile avere nemici, condividere un mondo con persone che odiano ciò che siamo e rappresentiamo... Questo argomento della follia è ancora una volta fiorente per descrivere Putin. Ma il maestro del Cremlino non è pazzo. Possiamo interrogarci sulla sua psicologia, le sue paranoie, le sue debolezze. Ma non si può negare che abbia una visione. Non si può negare che il Cremlino abbia degli obiettivi, che abbiamo motivo di voler contrastare per salvare il popolo ucraino e la pace nel Vecchio continente, ma che dovranno essere presi in considerazione. L’Europa deve urgentemente reimparare a considerare realtà che non le sono proprie e prendere atto della pluralità del mondo. Non siamo soli. Come ha scritto il grande storico francese Fernand Braudel, evidenziato da Samuel Huntington nella sua opera seminale: ‘per chiunque sia interessato al mondo contemporaneo e, a fortiori, voglia agire su questo mondo, conviene sapere riconoscere su una mappa quali civiltà esistono oggi, per poter definire i loro confini, il loro centro e la loro periferia, le loro province e l’aria che vi si respira, le forme generali e particolari che esistono e che vi si associano’.

Ha scritto che la riconquista di Palmira è stato un momento decisivo per Putin. Perché?

Quando salì al potere, Putin intendeva ripristinare la fiducia del popolo russo nello stato. Uno stato economicamente e geostrategicamente indebolito. Il suo obiettivo può essere riassunto come segue: liberare la Russia dall’ingiunzione all’occidentalizzazione. Gli anni Duemila sono stati anni di emancipazione. Mosca si afferma. Putin riprende gli argomenti ‘umanitari’ usati dalle amministrazioni Clinton nell'ex Jugoslavia e da Bush in Iraq per legittimare i suoi interventi in Ucraina e Georgia (il Cremlino parla poi di ‘preservare la sicurezza delle popolazioni di lingua russa’). Questa mimica intelligente, questa simulazione al contrario dell’occidente, raggiunge il suo culmine in Siria. Per celebrare la vittoria contro lo Stato Islamico a Palmira, l'esercito russo organizza un concerto di musica classica. Le sinfonie di Bach, Prokofiev e Shchedrin risuonano sulle mura dell’antica città, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. Prima di questo concerto, Putin interviene su uno schermo installato per l’occasione. Alla presenza di una delegazione dell’Unesco e di giornalisti da tutto il mondo, Putin invita la comunità internazionale a unirsi alle sue spalle per salvare la Siria. L’immagine è perfetta. Lo studente russo supera il maestro occidentale. La Russia si pone non solo come soldato di pace, come baluardo contro la barbarie islamista, ma anche come custode di una certa idea di civiltà. Un atto che va di pari passo con un discorso sempre più conservatore a Mosca, dove Putin si afferma contro un ‘occidente che dimentica le sue tradizioni’, minandone le basi a favore di un ‘liberalismo obsoleto’. L’opinione pubblica russa continua la stessa evoluzione. I sondaggi riflettono questa severità verso un’Europa presentata come permissiva e conquistata da un relativismo morale e culturale distruttivo. Putin disprezza il ‘modello occidentale’ e giudica l’occidentalizzazione dell’Ucraina un pericolo per l'unità del ‘mondo russo’.

Le nostre relazioni con la Russia sono compromesse per sempre?

La mia paura è vedere l’Europa uscire da questa guerra ancora più convinta della necessità di ‘bunkerizzarsi’ di fronte a un mondo che non comprende più. Non dobbiamo essere convinti della nostra eccezionalità, ma della nostra singolarità. Che è abbastanza diverso. La sensazione di formare una cieca eccezione genera un complesso di superiorità, una sufficienza che impedisce il dubbio e il dialogo. Al contrario, il sentimento di essere singolari apre alla differenza, all’umiltà. È perché so di essere diverso che integro l’esistenza di altri modi di essere e di pensare. La consapevolezza di essere unici ci permette di prendere coscienza di ciò che ci distingue dagli altri. È la madre della cooperazione, come quella che un giorno dovremo ripristinare con la Russia. Perché non abbiamo scelta. Il paese di Tolstoj e Dostoevskij ci sarà ancora domani, con o senza Putin, sarà sempre il nostro vicino, questo grande paese la cui storia e cultura si intrecciano con la storia e la cultura europea.


Alberto Pento

Il suprematismo russo del nazifascista ed ex comunista sovietico Putin, quello della Grande Russia imperiale degli zar e dell'URSS è un sentimento e una ideologia demenziale e incivile al pari del suprematismo ariano tedesco di Hitler, del suprematismo sovietico dell'URSS di Stalin, del suprematismo dell'Umma islamica di Maometto, del suprematismo nero dei BLM e di quello LGBT del Politicamente Corretto, non vi nulla di civile in tutto ciò ma solo sopraffazione violenta, prepotenza criminale, riduzione in schiavitù, degenerazione, distruzione e morte.
Con l'aggravante del ridurre il cristianismo a utile idiotismo di questo suprematismo criminale.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2022 8:47 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2022 8:47 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2022 8:48 pm

.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2022 8:48 pm

Zelensky un grande presidente, si può dire che sia il primo vero presidente della nazione ucraina

Zelensky: "Dobbiamo prendere atto che non entreremo nella Nato" ma continueremo a combattere
15 marzo 2022

https://www.rainews.it/articoli/2022/03 ... 2c10b.html

"Abbiamo capito che l'Ucraina non diventerà un membro della Nato. Dopo anni dobbiamo riconoscere che non ci sono porte aperte". Lo ha detto il presidente Ucraino, Volodymyr Zelensky nel suo discorso online alla Joint Expeditionary Force di Londra.

"L'Ucraina si rende conto che non è nella Nato. Abbiamo sentito per anni parlare di porte aperte, ma abbiamo anche sentito dire che non possiamo entrarci, e dobbiamo riconoscerlo", ha aggiunto il presidente ucraino.

Mentre riprendevano i negoziati tra russi e ucraini, il presidente ucraino si è video-collegato da Kiev con i leader dei paesi nordici e baltici della Joint Expeditionary Force radunati oggi a Londra dal premier britannico Boris Johnson. Il Jef, il corpo di spedizione militare guidato dal Regno Unito, è composto da Danimarca, Finlandia, Estonia, Islanda, Lettonia, Lituania, Olanda, Svezia e Norvegia.

A loro Zelensky ha fatto il punto della situazione in cui versa il paese, denunciando anche lo stato delle armi che gli alleati occidentali forniscono all'Ucraina e lanciando ancora un appello all'Europa: "Ci durano per 20 ore", per questo siamo costretti a "riutilizzare gli equipaggiamenti sottratti ai russi". Nello specifico ha detto il leader ucraino "stiamo facendo del nostro meglio per ottenere i caccia e i sistemi di difesa missilistica" che servono all'Ucraina.

Zelensky ha elogiato la linea dura di questi paesi rispetto a Mosca e la loro presa di posizione "morale"; ma ha insistito sulla richiesta di altre armi all'Ucraina e di sanzioni ulteriori anti-russe. E' tornato a sollecitare la creazione di una no-fly zone della nato in Ucraina, pur sottolineando di comprendere le potenziali "conseguenze" di questa iniziativa. "Siamo tutti bersagli della Russia e se l'Ucraina non resisterà tutto sarà a discapito dell'Europa, vorrei che aiutaste voi stessi aiutando noi", ha insistito Zelensky per poi aggiungere: "Sapete di quali armamenti abbiamo bisogno, lo sanno tutti". "Vogliamo avere garanzie affidabili per noi stessi e quindi anche per voi", "Possiamo ancora fermare l'uccisione delle persone ed è qualcosa che possiamo fare insieme, fermare la distruzione della democrazia e possiamo farlo ora sulla nostra terra, o altrimenti verranno anche da voi", ha ammonito il presidente ucraino.

Nel video Zelensky conferma che i negoziati tra le parti sarebbero ripresi oggi dopo la pausa di ieri.

Prima di collegarsi in videocoferenza con il Jef, il presidente ucraino non manca di dare notizie anche sui social, su Facebook pubblica foto di distruzione e sfacelo scrivendo però, che in Ucraina: “Noi ricostruiremo tutto, ogni strada di ogni città, ogni casa, ogni appartamento. Orienteremo tutti i nostri sforzi per questo, tutto l'aiuto del mondo. Stiamo già creando un fondo comune perché l'Ucraina viva.”

"Potete ancora smettere di uccidere. Vedete come stiamo combattendo. Per voi - ha aggiunto Zelensky, rivolto ai russi - sarebbe molto più facile. E, cosa ancora più importante, potete porre fine alla distruzione della democrazia". La Russia sta cominciando a realizzare che con la guerra non andrà da nessuna parte, ha detto ancora nell'incontro ospitato a Londra da Johnson. ''Non si aspettavano una simile resistenza. Credevano nella loro stessa propaganda, che ha detto menzogne sul nostro conto per decenni', ha aggiunto.

Rivolto ancora ai russi ha detto che chiunque si sia reso responsabile di gravi atti di guerra sarà chiamato a renderne conto. ''Stiamo lavorando con i nostri partner a nuove misure punitive contro lo stato russo', ha affermato. ''Chiunque sia responsabile della guerra. Chiunque sia responsabile di aver distrutto la democrazia. Chiunque sia responsabile della repressione', ha aggiunto. I militari russi sono assolutamente responsabili di crimini di guerra, per aver ''deliberatamente provocato una catastrofe umanitaria'.

Zelensky ha poi voluto ringraziare le due giornaliste russe che si sono esposte con un cartello di contestazione della guerra mentre una di loro conduceva alla televisione statale russa. ''Sono grato a quei russi che non smettono di cercare di diffondere la verità...e personalmente alla donna che è entrata nello studio televisivo con un poster contro la guerra', ha affermato. Secondo fonti della BBC la giornalista sarebbe scomparsa per poi ricomparire in un'udienza al tribunale distrettuale Ostankino di Mosca.

Oggi è poi trapelata la notizia che il presidente dell'Ucraina sarà presto in collegamento con la Camera dei deputati italiana. "È confermato il lavoro, ora vediamo chiaramente non è una cosa immediata o semplice. Appena ci sarà una data la comunicherò", ha detto il presidente della Camera Roberto Fico in un punto stampa fuori Montecitorio. Oggi l'incontro tra Mario Draghi e il consigliere per la sicurezza Jake Sullivan a Roma.

Anche Washington fa sapere che mercoledì Zelensky potrebbe videocollegarsi per parlare anche al congresso degli Stati Uniti. Lo rendono noto i democratici americani.




Cosa pensano gli Americani sull’andare in guerra?
Byron York’s Daily Memo
15 marzo 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... in-guerra/

Con l’invasione russa dell’Ucraina è possibile dare un’occhiata a ciò che gli Americani pensano riguardo alla guerra, e soprattutto cosa pensano riguardo a quello che dovrebbe essere il ruolo degli Stati Uniti, sempre se ne esiste uno.

Ecco che cosa c’è da sapere: Gli Americani sono ancora contrari al fatto che gli Stati Uniti entrino in guerra contro la Russia. Un recente sondaggio Economist/YouGov ha chiesto se fosse una “buona oppure una cattiva idea quella di inviare soldati americani in Ucraina per combattere contro i soldati russi”. Solo il 19% degli intervistati pensava che fosse una “buona idea“. Il 54% pensava invece che fosse una “cattiva idea“, e il 28% “non era sicuro“.

Un recente sondaggio Reuters/Ipsos ha trovato una grande maggioranza, il 71%, a favore dell’invio di armi in Ucraina da parte degli Stati Uniti. Ma quando è stato chiesto agli intervistati se “gli Stati Uniti dovrebbero inviare truppe in Ucraina per aiutare a difendere l’Ucraina da un’invasione russa?”, un’altra ampia maggioranza, il 63% degli intervistati si è opposto all’idea, contro il 37% che invece la sostiene.

I risultati sono in linea con quanto detto da Joe Biden nel suo discorso sullo Stato dell’Unione. “Lasciatemi essere chiaro: le nostre forze non sono impegnate e non si impegneranno nel conflitto con le forze russe in Ucraina“, aveva dichiarato. “Le nostre forze non stanno andando in Europa per combattere [in] Ucraina, ma per difendere i nostri alleati della NATO nel caso in cui Putin decida di continuare a muoversi verso ovest”. Anche se un numero significativo di Americani crede che Joe Biden non stia facendo abbastanza per aiutare l’Ucraina, sembrano essere con lui sulla preoccupazione fondamentale di tenere fuori dal conflitto le truppe statunitensi.

Ma i sondaggi citati sopra sono valgono per un lasso che va fino a pochi giorni, ed è infatti possibile che l’opinione pubblica si stia muovendo sempre più rapidamente in una direzione oppure nell’altra. In particolare, se questo sta accadendo, il dato potrà essere certamente influenzato dall’intensa copertura che la guerra in Ucraina sta ricevendo in televisione.

Guardate quanto dice il sito FiveThirtyEight:

Secondo diversi studi, una cosa che può rendere gli americani più attenti agli affari esteri è una pesante copertura mediatica di una data questione. E i media stanno coprendo pesantemente la guerra in Ucraina in questo momento. Secondo i dati del Television News Archive di Internet Archive, dal 22 al 28 febbraio, le tre principali reti di notizie via cavo (CNN, Fox News ed MSNBC) hanno menzionato l’Ucraina in una media di 2.478 video clip da 15 secondi al giorno. Il 24 febbraio, il giorno dopo che la Russia ha iniziato la sua invasione, l’Ucraina è stata menzionata in 3.095 video clip. Per mettere questo in una prospettiva, durante il mese di gennaio, la parola “COVID” è stata menzionata in una media di sole 482 video clip al giorno.

La quantità della copertura mediatica ha purtroppo fatto poco per tagliare la tradizionale “nebbia della guerra”. A volte è molto difficile per gli spettatori ed i lettori capire che cosa stia succedendo in un conflitto. L’intensità della copertura e della discussione che si solleva intorno assicurano anche che gli Americani sentiranno alcune “voci intemperanti” assieme al resoconto dei fatti. Per esempio, un attacco russo nei pressi di una grande centrale nucleare ha causato un delirio su Twitter, portando un importante legislatore americano, il senatore repubblicano Lindsey Graham, a chiedere pubblicamente ai russi di assassinare il presidente Vladimir Putin.

“C’è un Bruto in Russia?” aveva twittato Lindsey Graham. “C’è un colonnello Stauffenberg di maggior successo nell’esercito russo? L’unico modo in cui questo possa finire è che qualcuno in Russia faccia fuori questo tizio. Farebbe al suo paese – ed al mondo – un grande servizio”.

Le menti più fredde hanno subito sottolineato che, mentre ci si potrebbe aspettare che i funzionari statunitensi discutano di queste cose in privato, Lindsey Graham aveva appena permesso alla Russia di dire, con precisione, che un importante legislatore americano stava apertamente sostenendo l’assassinio di Putin. Cose come questa certamente non aiutano la posizione dei governanti mentre cercano di superare questa crisi.

Naturalmente, è importante ricordare che tutto questo è una reazione all’escalation russa. La progressiva invasione di Vladimir Putin sta spingendo tutto questo. Ma la copertura mediatica “casa per casa” sta creando una camera d’eco a favore di un crescente coinvolgimento che gioca sulla visione di base degli Americani del ruolo degli Stati Uniti nel mondo.

Tim Carney del Washington Examiner ha recentemente twittato: “Penso che molti Americani abbiano davvero interiorizzato il ruolo degli Stati Uniti come poliziotto globale (anche se la maggior parte degli americani lo odia), e quindi è inquietante vedere un piccolo bravo ragazzo difendersi da solo contro un aggressore più grande mentre il Team America rimane in disparte”.

Tutto ciò sta spingendo gli Stati Uniti verso un maggiore coinvolgimento. “La pressione su Joe Biden per intervenire sta aumentando“, ha notato POLITICO il 4 marzo. “La disciplina per prevenire un’escalation che porti ad una guerra NATO vs. Russia e per rimanere fermo sulla sua promessa di non mettere ‘gli scarponi sul terreno’ viene messa alla prova ogni giorno”.

POLITICO ha anche notato che la ‘prima prova’ di Joe Biden per vedere se cederà ad un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti sarà proprio quella di istituire una “No-Fly Zone”.

Quando il Repubblicano (RINO e Never Trump, N.d.R) Adam Kinzinger aveva chiesto per primo una No-Fly Zone, l’idea era stata rapidamente abbattuta dagli esperti, dagli ex funzionari e dai funzionari dell’amministrazione di Joe Biden come il segretario alla Difesa Lloyd Austin. “Una tale politica potrebbe portare degli aerei americani ad abbattere degli aerei russi” – in altre parole, alla guerra.

Ora, POLITICO dice che “l’opposizione unificata” ad una No-Fly Zone “ha iniziato ad incrinarsi”. Aspettatevi che il dibattito appassionato continui nei prossimi giorni, mentre la Russia continuerà ad avanzare e la conversazione politica nelle televisioni diventerà ancora più intensa ed emotiva. Cosa significherà questo per l’opinione pubblica? In questo momento, l’opinione pubblica è fermamente contraria a vedere coinvolti gli Stati Uniti nei combattimenti in Ucraina. Chi sa cosa potrebbe succedere se questo iniziasse a cambiare?

Alberto Pento

Noi europei dovremmo farci carico della cosa senza pretendere che lo facciano gli americani USA che finora ci hanno sempre fatto da fratelli maggiori, sarebbe ora che diventassimo adulti e imparassimo ad arrangiarci e assumerci oneri e onori.
Gli americani sono stanchi di morire per noi e come riconoscenza e ringraziamento ricevono maledizioni, accuse demenziali e demonizazzioni.


Zelensky mostra un video al Congresso Usa: «Ecco cosa ci stanno facendo i russi»
https://video.corriere.it/esteri/zelens ... 1a6d7583fb


Un giorno il criminale Vladimir Putin, il macellaio Putin pagherà per tutto questo. Non sarà mai troppo tardi.
Niram Ferretti
16 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063
Nei confronti dei suoi fiancheggiatori, i finti pacifisti che sostengono che l'Ucraina dovrebbe cessare di difendersi, capovolgendo la logica più elementare, perchè la colpa della guerra non è di chi si difende da essa ma di chi l'ha provocata, i vecchi stalinisti come Luciano Canfora, i rossobruni come Franco Cardini, le Donatella Di Cesare che affermano che non si possono definire "resistenti" coloro che combattono contro l'aggressore, i piccoli ideologi come Alessandro Barbero e a tanti altri intellettuali o pseudointellettuali, si può provare solo un profondo disprezzo.

Angelo Di Consiglio
Un post molto duro, in cui l'autore è veramente arrabbiato!
Un post e un pensiero, che condivido pienamente e assolutamente!
Si, un giorno, nemmeno troppo lontano, Putin dovrà rendere conto delle sue scellerate azioni: e i suoi tifosi pseudo intellettuali, vedranno il vero volto di chi difendevano!

Ono Haposai
Il diritto alla difesa vale per tutti, come per i nostri partigiani.

Davide Lucariello
Di Canfora, Cardini e Di Cesare ho letto o ascoltato gli sproloqui. Barbero invece mi manca...

Niram Ferretti
Davide Lucariello non se lo faccia mancare.

Gian Battista Murtas
Niram Ferretti Anche a me Barbero manca, lo ascoltavo con piacere quando esponeva le sue lievi banalità sul medioevo, ma mi ha deluso quando si è cimentato con epoche storiche più recenti o con argomenti di cui non capisce una cippa, adesso vorrei leggere le sue opinioni sulla resistenza Ucraina, così mi faccio una opinione definitiva

Niram Ferretti
Gian Battista Murtas ne parlava in una trasmissione con un altro gigante del pensiero, Corrado Augias. Sosteneva che l'Ucraina è una invenzione geografica alla stregua della Siria e della Giordania, una palese assurdità.

Gian Battista Murtas
Niram Ferretti Ecco, è una cosa che da uno storico superficiale e sopravalutato come lui era da aspettarsi, come se la Russia non fosse un collage di nazionalità tenute insieme con la forza o con la concessione di feudi mafiosi come nel caso della Cecenia

Davide Lucariello
Niram Ferretti se davvero Barbero ha davvero detto queste parole gli si deve fare una statua d'oro. Ovviamente non sono d'accordo con quanto dice dell'Ucraina. Ma dire che Siria e Giordania sono una invenzione geografica è una involontaria e bellissima conferma di quanto Israele va dicendo da anni sulla artificialità delle nazioni arabe create tutt'intorno. Palestina inclusa.

Rosario Del Vecchio
caro Niram, - Sto rompendo con tutti i miei ex amici super cattolici-conservatori, e con tutti i miei ex sostenitori anti-Green Pass, per questo loro atteggiamento ideologico, ossessivo e assolutista. Una vera contro-religione. Per costoro, i puri, Putin non solo è innocente, non solo è vittima, non solo ha ragione da vendere, ma è addirittura il Messia. Confondono il Faraone col Re Davide! In tutti questi anni il loro odio, ideologico-teologico verso il cuore della civiltà occidentale, mi aveva già allontanato da loro, ma ora, questa aggressione a un Pase sovrano e alla popolazione inerme, mi ha scoperchiato tutta la follia ideologica di questa parte della nostra popolazione civile. E' una tragedia storica. La cancel culture sono loro, altro che la follia del politicamente corretto. Quelli sono dilettanti rispetto a questi utopisti-catari-gnostici-tradizionalisti. La vera fede in Dio invece è molto prudente e realista, razionale e socratica, soprattutto in campo politico. rdv

Niram Ferretti
Rosario Del Vecchio quando si offusca il logos, ogni cosa si ottenebra.

Stefano Magni
Rosario Del Vecchio vanno combattuti. Io li sto bannando tutti, nel mio piccolo. Ma non dimentico

Rosario Del Vecchio
Niram Ferretti Hai usato la parola giusta e essenziale: quando si offusca il logos! Te lo posso dire con ingenuità: fin da quando mi ricordo la Luce mi ha chiamato proprio per questo lavoro nei pressi del logos ... il carisma domenicano 8spero non ti spaventi questa parola) infatti è il legame-identità tra luce e verità ... p.s. come presso il pericolo sta la salvezza, allo stesso modo, presso la salvezza sta il pericolo ... Circe teme Penelope, e viceversa ...

Niram Ferretti
Rosario Del Vecchio la luce è ciò che ci permette di vedere. Senza luce la verità non è possibile. E non è possibile distinguere tra il bene e il male. Tutto si confonde, si ibrida, perde la sua specificità.

Rosario Del Vecchio
Stefano Magni anche io, li sto bannando tutti, ma non dimentico ... e questa vecchia amicizia con Niram in questi anni mi ha aiutato già a prepararmi a questa tremenda potatura: tutti quelli che in questi anni disprezzavano o odiavano Gerusalemme capitale già me li ero segnati ... e ora, magicamente, tutti costoro (lontani e melliflui nipotini di Goebbels) sono tutti in adorazione dello Zar! chissà perché ...?

Gabriel Ric
No.
Quello che va difeso del mondo occidentale, se c ' è qualcosa, è che l opinione dei canfora e dei Barbero si può non condividere ma il disprezzo è altro.
Se c 'è qualcosa di superiore rispetto al modello russo autarchico e dittatoriale è proprio che in occidente si può avere opinioni differenti .

Niram Ferretti
Gabriel Ric il disprezzo è perfettamente lecito. Non è lecita la censura, ma il disprezzo sì.

Gino Quarelo
Niram Ferretti La censura di un'opinione no ma la censura e la condanna anche penale della calunnia e della diffamazione sì. La falsa testimonianza e la calunnia non costituiscono libertà di parola ma violenza criminale.



ARMATA BRANCALEONE
Giovanni Bernardini
16 marzo 2022

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 3544143178

Zelen’skyj afferma che l’Ucraina non può entrare nella Nato e subito si alzano gli strilli degli amici di Putin.
“Tanto ci voleva?” esclamano. “Se il comico avesse fatto subito questo gesto si sarebbero risparmiati tanti lutti”. Insomma, la colpa del tutto è sua, Putin invece è tanto bravo.
Però… però ogni paese ha diritto di aderire al sistema di alleanze che vuole. L’unica richiesta russa ragionevole sarebbe stata che l’Ucraina non installasse sul suo territorio missili offensivi. Nessuno ha mai cercato di installare tali missili, il che rende ridicoli i paragoni fra la crisi attuale e quella di Cuba nel ‘62. Tutto il resto è pirateria internazionale, compresa la richiesta di non adesione alla Nato. Il fatto che Zelen’skyj ceda su questo punto non elimina il carattere piratesco della richiesta russa. A volte si è costretti a cedere ai pirati, purtroppo.
Ma questi sono in fondo semplici dettagli, chiacchiere, cose di poco conto. Si, chiacchiere e dettagli, perché Putuin ha già risposto picche alla apertura di Zelen’skyj, dimostrando in questo modo che il vero problema NON è, NON è MAI stato quello della adesione dell’Ucraina alla Nato, né, meno che mai, quello del Donbass.
L’obiettivo di Putin è di ridisegnare i confini fra Russia ed occidente, ricostituire il vecchio impero sovietico. L’esistenza di una Ucraina indipendente, anche se mutilata di alcuni territori, non quadra con questo obiettivo, per questo Putin mira a ridurre l’Ucraina al ruolo di stato fantoccio. E dopo l’Ucraina toccherà a qualcun altro.
Trovo francamente incredibile, e tristissimo, che tante persone vicine al centro destra non capiscano una cosa tanto semplice e lascino al PD il privilegio di difendere il principio democratico e liberale dell’autodeterminazione dei popoli.
Ed ora si trovano, queste persone, in una armata Brancaleone che va da Noam Chomsky a Massimo Fini, da Diego Fusaro a Marco Rizzo, da Massimo D’Alema a Vittorio Feltri.
Una armata Brancaleone dietro a cui si nascondono le armate vere, quelle di Putin.
Tanti auguri cari ex amici! Io in quella armata NON ci voglio entrare.
Punto e basta.




Posso dire che fra tutti i pacifinti Paolo Liguori è il più vomitevole di tutti?
LIGUORI
Giovanni Bernardini
16 marzo 2021

https://www.facebook.com/giovanni.berna ... 0947339771

Stasera ha addirittura tirato fuori la canzone di De Andrè “la guerra di Piero” per sostenere che chi usa le armi è sempre cattivo, indipendentemente dal fatto che sia aggredito od aggressore. Per questo “giornalista” (ex militante di “Lotta continua) gli insorti del ghetto di Varsavia erano colpevoli quanto le SS che li massacravano. Buono a sapersi. Però, per favore, non si faccia vedere in piazza il 25 aprile ad esaltare la resistenza partigiana. Perché i partigiani le armi le usavano…
Infine ha polemizzato con quelli che fanno i guerrieri con la pelle degli altri.
Nessuno fa il guerriero con la pelle degli altri, nessuno cerca di obbligare gli ucraini a resistere. Semplicemente, gli ucraini RESISTONO perché VOGLIONO RESISTERE. Chiedono aiuto e ogni persona civile ha il dovere etico di aiutarli.
Sono LORO, i pacifinti come Liguori che fanno i “saggi” con la pelle degli altri. E vorrebbero obbligare alla resa gli ucraini. Se la loro opposizione agli aiuti a chi si difende avesse successo l'Ucraina sarebbe costretta alla resa. E le conseguenze della resa non cadrebbero sulla pelle di Liguori e di quelli come lui. Non sarebbero i Ligiuori, o i Fusaro, o i D’Alema o i Tony Capuozzo a dover vivere senza quel bene fondamentale che si chiama LIBERTA’. No, a doverci rinunciare sarebbero gli ucraini.
Si, lo so, del destino degli ucraini ad un sacco di gente non frega una mazza. Pochi ad esempio sanno che hanno dovuto subire un autentico genocidio ad opera dei comunisti russi. Qualcuno però la pensa diversamente. Per fortuna.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » mar mar 15, 2022 10:17 pm

Quelli che è colpa della NATO e della CIA dell'imperialismo USA e dell'Europa sua colonia


https://www.sovranitapopolare.org/2022/ ... ati-uniti/
https://www.geopolitica.ru/it/article/p ... si-ucraina
https://www.lintellettualedissidente.it ... arsheimer/

Manfredi Varricchio
John Mearsheimer: il più influente e famoso Politologo degli Stati Uniti.
Cattedra di Relazioni Internazionali alla Chicago University.
"I russi osservarono l'espansione della NATO nel 1999 e nel 2004.
Incassarono i colpi.
Dopo il meeting di Bucarest del 2008, la Nato annunciò l'ingresso di Ucraina e Georgia.
I Russi tracciarono una linea sulla sabbia.
Perché?
Non ci sarebbe nemmeno da spiegarlo: l'espansione della Nato in Ucraina e Georgia è una MINACCIA ESISTENZIALE per la Russia.
Questo è un fondamento della geopolitica.
Il fatto che la gente non lo capisca in Occidente mi fa impazzire!
L'idea che si possa prendere un'alleanza militare come quella guidata dagli Stati Uniti (il paese più potente del mondo) e la si spinga verso i confini della Russia senza che la Russia si senta minacciata è letteralmente INCONCEPIBILE!
Negli Stati Uniti abbiamo la dottrina Monroe: nessuno si può avvicinare al continente americano!
Lo consideriamo il nostro cortile di casa.
Cosa ha accelerato il conflitto dopo il 2014, facendolo passare da bassa intensità ad alta intensità nel 2021?
La risposta è che gli Stati Uniti e i suoi alleati stavano "de facto" trasformando l'Ucraina in un membro della NATO.
Si sente molta Retorica sul fatto che la Russia non aveva niente da temere perché l'Ucraina non fa parte della NATO, oggi.
Ma se guardiamo quello che stavamo effettivamente facendo, è una storia diversa.
A cominciare dall'amministrazione Trump e poi con Biden, stavamo armando l'Ucraina.
Una cosa che spaventa a morte i russi sono i droni che la Turchia (Nato, Erdogan) ha dato agli ucraini nel 2021.
I droni turchi si sono rivelati efficaci sul campo di battaglia, come gli azeri hanno sperimentato contro gli armeni l'anno scorso.
Quindi i turchi hanno dato i droni, Stati Uniti e Inghilterra ogni sorta di armi.
Tu inizi ad addestrare gli ucraini con istruttori militari americani e inglesi e pensi che i russi non vedono questa come una minaccia?
Penso proprio di no!
Quindi succede che abbiamo armato e addestrato l'Ucraina; la trattiamo militarmente e diplomaticamente come un paese "de facto" della NATO.
Contemporaneamente abbiamo fatto una serie di azioni provocatorie: gli inglesi, follemente, hanno mandato un cacciatorpediniere nelle acque territoriali russe nell'estate 2021.
Gli americani hanno inviato un bombardiere lungo le coste russe del Mar Nero.
I russi hanno mandato un segnale molto chiaro: se l'Occidente alzerà la posta, la Russia alzerà la posta.
Adesso noi usiamo la retorica per far diventare i russi i cattivi della situazione.
Abbiamo inventato che Russia vuole creare una nuova Unione Sovietica, che Putin è il nuovo Hitler.
Sono tutte storie che abbiamo cominciato ad inventare dal 2014.
Non c'era nessuna minaccia prima del 2014, prima della nostra strategia del cavolo.
Non esisteva!
L'abbiamo inventata noi!
Sono delle Assurdità!
Gli Stati Uniti e i suoi alleati sono responsabili di questa crisi.
Non Putin, non la Russia.
Come si può uscire da questa crisi?
La soluzione ovvia sarebbe fare diventare l'Ucraina uno Stato neutrale o uno Stato cuscinetto, come è stato fino al 2014.
È stato la Nato a cambiare la situazione."
https://youtu.be/O4yVWKMVDhg
_______________
Aggiungo io.
La soluzione prospettata da Mearsheimer, che è la stessa di Sergio Romano e di ogni altro Politologo che ha a cuore gli equilibri di Pace nel Mondo, è esattamente quello che chiedevano i russi sin dall'inizio.
Ci sono altri interventi interessanti di Mearsheimer.
1- una Lectio magistralis di 6 anni fa, alla Chicago University, nella quale evidenziava che la strategia della NATO di provocare un'escalation armata della Russia era, oltre che criminale e ipocrita, pure Idiota perché la Russia dovremmo portarla insieme a noi alla guerra contro la Cina.
È una guerra che, volenti o nolenti, ci troveremo a combattere e la Russia è il perfetto pivot verso l'Asia.
https://youtu.be/JrMiSQAGOS4
2- un intervento precedente l'invasione dell'Ucraina nel quale rimarcava che la Russia non aveva alcuna intenzione né di invadere né di conquistare l'Ucraina.
Quello che chiedeva la Russia era una cosa da concedere per via negoziale.
Una cosa che non doveva essere nemmeno chiesta.
Non per paura ma perché è il minimo della decenza per preservare le architetture di Pace nel Mondo.
La Russia non avrebbe tratto alcun beneficio dall'invasione e non a caso l'intervento militare procede con il freno a mano.
Aveva solo la necessità di mostrare i muscoli sperando che dall'altra parte non vi fossero dei dissennati a continuare la provocazione o ad inviare armi, costringendola a proseguire.
Al fine di applicare sanzioni assassine.
https://youtu.be/Nbj1AR_aAcE



In questo articolo apparso sulla rivista statunitense "Foreign Affairs", il professor Mearsheimer, tra i maggiori esperti mondiali di relazioni internazionali di impronta Neorealista, spiega perchè la crisi ucraina non è stata provocata dalla Russia ma è solo il logico risultato di politiche sbagliate di Stati Uniti e alleati occidentali.

di John J. Mearsheimer (traduzione a cura di Giovanbattista Varricchio)
31 Dicembre 2014

https://www.lintellettualedissidente.it ... arsheimer/

Secondo il giudizio prevalente in Occidente, la responsabilità della crisi ucraina può essere addossata quasi interamente all’aggressione russa. Il Presidente russo Vladimir Putin, si sostiene, ha annesso la Crimea in virtù di un desiderio di lunga data di resuscitare l’Impero sovietico, e potrebbe infine procedere con il resto dell’Ucraina, così come con altri Paesi nell’Europa orientale. Secondo tale visione, la cacciata del Presidente ucraino Viktor Yanukovich nel febbraio 2014 ha semplicemente fornito il pretesto per la decisione di Putin di ordinare alle forze russe di impadronirsi di parte dell’Ucraina.

Questo resoconto però è sbagliato: gli Stati Uniti e i suoi alleati europei condividono la maggior parte della responsabilità di questa crisi. La radice del problema è l’allargamento della NATO, elemento centrale di una più ampia strategia volta ad estromettere l’Ucraina dall’orbita russa ed integrarla nell’Occidente.
Allo stesso tempo, l’espansione dell’Unione Europea verso est e il supporto dell’Occidente a un movimento pro-democrazia in Ucraina – iniziato con la Rivoluzione Arancione nel 2004 – erano altresì elementi critici. Fin dalla metà degli anni ’90, i leader russi si sono ostinatamente opposti all’espansione della NATO e, in anni recenti, hanno chiarito che non sarebbero stati a guardare mentre i loro vicini strategicamente importanti passavano dalla parte occidentale.
Per Putin, la deposizione illegale del Presidente pro-Russia eletto democraticamente – che lui ha correttamente etichettato come un “golpe” – era l’ultima goccia. Ha risposto prendendo la Crimea, una penisola che temeva potesse ospitare una base navale NATO, e lavorando per destabilizzare l’Ucraina finché questa abbandoni i suoi sforzi di unirsi all’Occidente.

La reazione di Putin non dovrebbe essere arrivata come imprevista. Dopotutto, l’Occidente si è mosso nelle vicinanze della Russia minacciando i suoi centrali interessi strategici, punto questo enfatizzato ripetutamente da Putin. Le élite negli Stati Uniti e in Europa sono state prese alla sprovvista dagli eventi solo a causa del fatto che aderiscono a una distorta visone della politica internazionale. Tendono a credere che la logica del realismo non abbia che una scarsa rilevanza nel ventunesimo secolo e che l’Europa può essere conservata integra e libera sulla base di quei principi liberali come la rule of law, l’interdipendenza economica e la democrazia. Ma questa visione è andata a monte in Ucraina. Qui la crisi dimostra che il realpolitik rimane rilevante, e gli Stati che lo ignorano lo fanno a loro rischio e pericolo. I leader europei e statunitensi hanno preso una cantonata cercando di far diventare l’Ucraina la roccaforte occidentale sul confine russo. Ora che le conseguenze sono state messe a nudo, sarebbe un errore ancor più grande continuare questa politica distorta. I leader europei e statunitensi hanno preso una cantonata cercando di far diventare l’Ucraina la roccaforte occidentale sul confine russo.

L’affronto occidentale

Nel momento in cui la Guerra Fredda sia avviava a una conclusione, i leader sovietici preferirono che le forze armati statunitensi rimanessero in Europa e la NATO restasse intatta, una soluzione, pensavano, che mantenesse una Germania unita e pacificata. Ma loro e i loro successori russi non volevano un ulteriore ingrandimento della NATO e supposero che i diplomatici occidentali avevano capito il loro interesse. L’amministrazione Clinton evidentemente pensò altrimenti, e a metà degli anni ’90, iniziò a premere per un’espansione della NATO. Il primo round dell’allargamento ebbe luogo nel 1999 e portò a sé la Repubblica Ceca, l’Ungheria, e la Polonia. Il secondo fu nel 2004; esso incluse Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia e Slovenia. Mosca reclamò amaramente fin dall’inizio. Per esempio durante il bombardamento NATO dei serbo-bosniaci nel 1995, il Presidente russo Boris Yeltsin disse: “Questo è il primo segno di cosa potrebbe accadere quando la NATO arriverà fino ai confini della Federazione Russa… La fiamma della guerra potrebbe spargersi per l’intera Europa.” Ma i russi erano troppo deboli al tempo per far sviare i movimenti verso est della NATO- che, in ogni caso, non sembravano così minacciosi, finché nessuno dei nuovi membri avesse non avesse condiviso il confine con la Russia, eccetto per le piccole repubbliche baltiche. A quel punto la NATO cominciò a guardare ancora più a est. Nel suo summit dell’aprile 2008 a Bucarest, l’Alleanza considerò di ammettere la Georgia e l’Ucraina. L’amministrazione G. W. Bush supportò questa idea, ma Francia e Germania si opposero per paura che questo potesse ingiustificatamente rendere ostile la Russia. Alla fine, i membri NATO raggiunsero un compromesso: l’Alleanza non iniziò il processo formale che avrebbe portato all’adesione, ma emanò un comunicato avallando le aspirazioni di Georgia e Ucraina e dichiarando audacemente: “Questi Paesi diverranno membri NATO.”

Mosca, d’altronde, non vide questa esternazione come un compromesso. Alexander Grushko, allora Ministro degli esteri russo disse: “L’adesione di Georgia e Ucraina all’Alleanza è un enorme errore strategico che avrebbe conseguenze molto serie per la sicurezza pan-europea.” Putin sostenne che ammettere queste due nazioni nella NATO avrebbe rappresentato “una minaccia diretta” alla Russia. Un giornale russo riportò che Putin, mentre stava parlando con Bush, “accennò molto chiaramente al fatto che se l’Ucraina fosse stata accettata nella NATO, avrebbe cessato di esistere.” L’invasione russa della Georgia nel 2008 avrebbe dovuto eliminare ogni dubbio circa la determinazione di Putin di prevenire la partecipazione di Georgia e Ucraina alla NATO. Il Presidente georgiano Mikheil Saakashvili, che era profondamente impegnato nel portare il suo Paese nella NATO, aveva deciso nel 2008 di reincorporare due regioni separatiste, Abkhazia e Ossezia del sud. Ma Putin cercò di tenere la Georgia debole e divisa – fuori dalla NATO. Dopo lo scoppio dei combattimenti tra il governo georgiano e i separatisti dell’Ossezia del sud, le forze russe presero il controllo dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud. Mosca aveva segnato il suo punto. Eppure nonostante questo chiaro avvertimento, la NATO non abbandonò mai pubblicamente il suo obiettivo di portare la Georgia e l’Ucraina nell’Alleanza. L’espansione della NATO proseguì nella sua marcia con l’Albania e la Croazia, divenuti membri nel 2009.

Anche l’Unione Europea iniziò la sua espansione verso est. Nel maggio 2008, svelò la sua iniziativa di Eastern Partnership, un programma volto a promuovere la prosperità in alcuni Paesi come l’Ucraina per integrarli nell’economia comunitaria. Non sorprendentemente, i leader russi hanno inteso questo piano come ostile agli interessi della loro nazione. Questo febbraio, prima che Yanukovich fosse estromesso dal suo incarico, il Ministro degli esteri russo Sergey Lavrov accusò l’Unione Europea di star tentando di creare “una sfera di influenza” nell’Europa orientale. Agli occhi dei leader russi, l’espansione dell’EU è un sotterfugio per l’espansione della NATO. Lo strumento finale dell’Occidente per staccare Kiev da Mosca è stato il suo sforzo di diffondere i valori occidentali e promuovere la democrazia in Ucraina e in altri stati post-sovietici, un piano che spesso implica il finanziamento di personaggi ed organizzazioni pro-Occidente. Victoria Nuland, Vice-segretario di Stato per gli affari Europei ed Eurasiatici, stimò che gli Stati Uniti avevano investito più di 5 miliardi dal ’91 per aiutare l’Ucraina a raggiungere “il futuro che si merita.” Come parte di questo sforzo, il governo USA ha foraggiato il National Endowment for Democracy. La fondazione nonprofit ha creato più di 60 progetti volti a promuovere la società civile in Ucraina, ed il suo Presidente, Carl Gershman, ha chiamato quel Paese come “il prezzo più grande.” Dopo che Yanukovich vinse le elezioni presidenziali nel febbraio 2010, la NED decise che lui stava danneggiando i suoi obiettivi, e così aumentò i suoi sforzi per supportare l’opposizione e rinforzare le istituzioni democratiche del Paese. Quando i leader russi osservarono l’ingegneria sociale occidentale in Ucraina, temettero che la loro nazione potesse essere la prossima. E queste paure raramente sono infondate. Nel settembre 2013, Gershman scrisse nel Washington Post, “la scelta dell’Ucraina di unirsi all’Europa accelererà la dismissione dell’ideologia imperialista russa che Putin rappresenta.” Aggiunse: “Anche i russi si trovano di fronte a una scelta, e Putin potrebbe ritrovarsi dalla parte del perdente non solo intorno a sé, ma nella stessa Russia.”

Creare una crisi

Immagina l’indignazione americana se la Cina avesse costruito un’impressionante alleanza militare, e cercasse di includervi Canada e Messico. La tripla iniziativa politica dell’Occidente – allargamento della NATO, espansione dell’UE e promozione della democrazia – hanno aggiunto benzina su un fuoco che aspettava di accendersi. La scintilla arrivò nel novembre 2013, quando Yanukovich rifiutò un’importante operazione commerciale che lui aveva negoziato con l’Unione Europea e decise di accettare invece una controfferta di 15 miliardi dalla Russia. Quella decisione diede avvio a manifestazioni antigovernative che si inasprirono i seguenti tre mesi e che da metà febbraio portarono alla morte di un centinaio di dimostranti. Emissari occidentali si affrettarono a confluire a Kiev per risolvere la crisi. Il 21 febbraio, il governo e l’opposizione raggiunsero un accordo che permetteva a Yanukovich di rimanere al potere finché non fossero state indette nuove elezioni. Ma questo accordo cadde subito e Yanukovich fuggì in Russia il giorno dopo. Il nuovo governo di Kiev era occidentalista e profondamente anti-russo, e conteneva quattro esponenti di rilievo che si potevano legittimamente definire neofascisti. Sebbene la vera estensione del coinvolgimento degli USA non è ancora venuta alla luce, è chiaro che Washington sostenne il golpe. Nuland e il senatore repubblicano John McCain hanno partecipato alle manifestazioni antigovernative, e Geoffrey Pyatt, ambasciatore USA in Ucraina, proclamò dopo la caduta di Yanukovich che quello era: “un giorno per i libri di storia.” Come rivelò la registrazione di una telefonata, Nuland aveva sostenuto un cambiamento di regime e volle il politico ucraino Arseniy Yatsenyuk come Primo Ministro nel nuovo governo, cosa che fece. Nessuna meraviglia se i russi di tutte le convinzioni pensano che l’Occidente abbia giocato un ruolo nella caduta di Yanukovich. Per Putin, il tempo di agire contro l’Ucraina e l’Occidente era arrivato. Poco dopo il 22 febbraio, ordinò alle sue forze armate di prendere la Crimea, e poco dopo l’annetté alla Russia. Il lavoro fu relativamente facile, grazie alle centinaia di soldati russi già stanziati alla base navale nel porto di Sebastopoli. La Crimea costituiva un facile obiettivo anche perché gli appartenenti all’etnia russa compongono grosso modo il 60% della sua popolazione. La maggior parte dei quali voleva lasciare l’Ucraina. Successivamente, Putin mise grande pressione al nuovo governo di Kiev per scoraggiarlo a parteggiare per l’Occidente contro Mosca, chiarendo che avrebbe distrutto l’Ucraina come Stato funzionante prima di permetterle di diventare la roccaforte dell’Occidente alle porte della Russia. A questo fine, ha fornito consulenti, armi e supporto diplomatico ai separatisti russi nell’est Ucraina, che stanno spingendo la nazione verso la guerra civile. Egli ha disposto un grande esercito sui confini ucraini, minacciando di invadere se il governo avesse messo alle strette i ribelli. Ha inoltre innalzato improvvisamente il prezzo del gas naturale che la Russia vende all’Ucraina e ha richiesto il pagamento delle passate esportazioni. Putin sta facendo il gioco duro.

La diagnosi

Le azioni di Putin sarebbero facili da comprendere. Un’immensa distesa pianeggiante che la Francia napoleonica e la Germania nazista hanno attraversato per colpire la stessa Russia, l’Ucraina serve come stato cuscinetto di enorme importanza strategica per la Russia. Nessun leader russo tollererebbe che un’alleanza militare, che era la nemica mortale di Mosca fino a poco tempo fa, possa penetrare in Ucraina. Né nessun leader russo avrebbe temporeggiato mentre l’Occidente aiutava l’instaurazione di un governo lì, che fosse determinato a integrare l’Ucraina con l’Occidente. A Washington potrebbe non piacere la posizione di Mosca, ma dovrebbe capirne la logica che la sottende. Questa è geopolitica: le grandi potenze sono sempre sensibili alla minaccia potenziale nei territori prossimi al loro Paese. Dopotutto, gli Stati Uniti non tollerano grandi potenze distaccate impiegando la sua forza militare ovunque nell’emisfero occidentale, ancor meno sui suoi confini. Immagina l’indignazione americana se la Cina avesse costruito un’impressionante alleanza militare, e cercasse di includervi Canada e Messico. Logica a parte, i leader russi hanno spiegato alle loro controparti occidentali in diverse occasioni che loro considerano l’espansione della NATO in Georgia e Ucraina inaccettabile, insieme con i molti sforzi fatti per portare queste due nazioni contro la Russia – un messaggio che la guerra russo-georgiana del 2008 ha reso cristallino.

Funzionari dagli Stati Uniti e i loro alleati europei asseriscono di aver provato in tutti i modi a placare le paure russe e che Mosca dovrebbe capire che la NATO non ha disegni sulla Russia. In aggiunta al continuo diniego che la sua espansione era finalizzata al contenimento della Russia, l’Alleanza non ha mai operato un dispiegamento permanente di forze militari nei suoi nuovi Stati membri. Nel 2002, ha altresì creato un’organizzazione chiamata il Consiglio NATO – Russia nell’intento di promuovere la cooperazione. Per rabbonire ulteriormente la Russia, gli Stati Uniti annunciarono nel 2009, che avrebbero dislocato il loro nuovo sistema di difesa missilistico su navi da guerra in acque europee, almeno inizialmente, piuttosto che in Repubblica Ceca o in Polonia. Ma nessuna di queste misure funzionò; i russi rimasero saldamente opposti all’espansione della NATO, specialmente in Georgia e in Ucraina. Sono i russi, non l’Occidente, che in definitiva decidono cosa debba essere considerato come una minaccia per loro.

Per capire perché l’Occidente, particolarmente gli USA, non riesca a comprendere che la sua politica in Ucraina stava mettendo a nudo il progetto di fondo di un maggiore scontro con la Russia, bisogna tornare indietro a metà degli anni ’90, quando l’amministrazione Clinton cominciò a sostenere l’espansione della NATO. Gli esperti avanzarono una varietà di argomenti pro o contro l’allargamento, ma non c’era consenso sul da farsi. Molti degli europei orientali emigrati negli States e le loro famiglie, per esempio, supportarono fortemente l’espansione, perché volevano che la NATO proteggesse alcuni Paesi come la Polonia e l’Ungheria. Anche alcuni realisti favorirono questa politica perché pensavano che la Russia avesse ancora bisogno di essere contenuta.

Ma la maggior parte dei realisti si oppose all’espansione, credendo che una grande potenza declinante con una popolazione che sta invecchiando e con un’economia monodimensionale non aveva bisogno di essere contenuta. Avevano, inoltre, paura che l’allargamento avrebbe solamente dato a Mosca un incentivo per causare problemi nell’est Europa. Il diplomatico USA George Kennan articolò questa prospettiva in un’intervista nel 1998, poco dopo che il Senato aveva approvato il primo round dell’espansione della NATO: “Penso che i russi reagiranno gradualmente piuttosto sfavorevolmente e questo influenzerà le loro politiche” ha detto “Penso sia un tragico errore. Non c’era alcuna ragione per questo. Nessuno stava minacciando nessun’altro.” Gli Stati Uniti e i suoi alleati dovrebbero abbandonare il loro piano di occidentalizzare l’Ucraina e puntare a farne un Stato cuscinetto neautrale.

Molti liberali, d’altra parte, favorirono l’allargamento, inclusi molti membri chiave dell’amministrazione Clinton. Credevano che la fine della Guerra Fredda avesse trasformato nelle sue fondamenta le politiche internazionali e che un nuovo ordine postnazionale avesse rimpiazzato la logica realista che governava l’Europa. Gli Stati Uniti non erano solo la “nazione indispensabile”, come affermava il Segratario di Stato Madeleine Albright; erano anche l’egemonia benigna e perciò improbabile da essere percepita come minaccia da Mosca. Lo scopo, in sostanza, era di fare si che l’intero continente somigliasse all’Europa occidentale. E così gli USA e i suoi alleati cercarono di promuovere la democrazia nei Paesi dell’Europa orientale, di accrescere la loro reciproca interdipendenza economica, e di integrarli nelle istituzioni internazionali. Avendo vinto il dibattito negli States, i liberali ebbero poco difficoltà nel convincere i loro alleati europei a supportare l’allargamento della NATO. Dopotutto, dati i passati successi dell’UE, gli europei erano, ancor più degli USA, affezionati all’idea che la geopolitica non avrebbe più significato molto e che un ordine liberale pan inclusivo potesse mantenere la pace in Europa.

I liberali hanno così profondamente dominato il discorso sulla sicurezza europea durante la prima decade di questo secolo che anche l’Alleanza ha adottato una politica di crescita, l’espansione NATO ha incontrato una piccola opposizione realista. La visione del mondo liberale è ora un dogma accettato tra i funzionari USA. In marzo, per esempio il Presidente Barack Obama inviò un discorso sull’Ucraina in cui parlava ripetutamente circa “gli ideali” che muovono la politica occidentale e come questi ideali “sono stati spesso minacciati da una vecchia e più tradizionale visione del potere.” La risposta del Segretario di Stato John Kerry alla crisi in Crimea riflette la stessa prospettiva: “Tu semplicemente non puoi comportarti nel ventunesimo secolo alla maniera del diciannovesimo, invadendo un’altra nazione con un pretesto completamente inventato.” In buona sostanza, le due parti in causa hanno operato con schemi diversi: Putin e i suoi compatrioti hanno pensato e hanno agito in accordo con i dettami realisti, mentre le loro controparti occidentali hanno aderito alle idee liberali sulle politiche internazionali. Il risultato è che gli USA e i suoi alleati hanno inconsapevolmente provocato una grave crisi in Ucraina.

Scaricabarile

Nella stessa intervista del 1998, Kennan predisse che l’espansione NATO avrebbe provocato una crisi, dopo la quale i proponenti dell’espansione avrebbero sostenuto “che vi abbiamo sempre detto come sono fatti i russi.” Come se imbeccati, la maggior parte dei funzionari occidentali hanno dipinto Putin come il vero colpevole della difficile situazione in Ucraina. In marzo, secondo il New York Times, il Cancelliere tedesco Angela Merkel fece intendere che Putin era irrazionale, dicendo a Obama che lui era “in un altro mondo.” Nonostante abbia senza dubbio tendenze autocratiche, nessuna evidenza sostiene l’accusa che sia mentalmente squilibrato. Al contrario: è uno stratega di prima categoria che dovrebbe essere temuto e rispettato da chiunque lo sfidi sul piano della politica estera. Altri analisti asseriscono, più plausibilmente, che a Putin dispiaccia la scomparsa dell’Unione Sovietica ed è determinato ribaltarla espandendo i confini della Russia. Secondo questa interpretazione, avendo Putin preso la Crimea, sta ora tastando il polso per vedere se è arrivato il momento giusto per conquistare l’Ucraina, o almeno la sua parte orientale, e avrà infine un atteggiamento aggressivo rispetto ad altri Paesi nelle vicinanze della Russia. Per alcuni in questo campo, Putin rappresenta un moderno Adolf Hitler, e cercare una qualunque forma di dialogo con lui sarebbe ripetere l’errore di Monaco. Quindi la NATO deve ammettere la Georgia e l’Ucraina per contenere la Russia prima che questa domini i suoi vicini e minacci l’Europa occidentale.

Questo argomento cade davanti a una verifica accurata. Se Putin era impegnato a creare una grande Russia, segnali delle sue intenzioni sarebbero certamente venuti fuori prima del 22 febbraio. Ma non c’è virtualmente nessuna prova che lui fosse propenso a prendere la Crimea, e ancor meno altri territori in Ucraina, prima di quella data. Persino i leader occidentali che hanno sostenuto l’espansione della NATO non lo stavano facendo per la paura che la Russia stesse per usare la forza militare. Le azioni di Putin in Crimea li hanno presi completamente alla sprovvista e sembrano essere una reazione spontanea alla cacciata di Yanukovich. Subito dopo, lo stesso Putin disse che si era opposto a una secessione della Crimea, prima di cambiare rapidamente parere. Inoltre, anche se avesse voluto, alla Russia manca la capacità di conquistare e annettere facilmente l’est Ucraina, ancor meno l’intero Paese. Grosso modo 15 milioni di persone – un terzo della popolazione Ucraina – vive tra il fiume Dnepr, che taglia in due il Paese, e il confine russo. Una schiacciante maggioranza di queste persone vuole rimanere parte in Ucraina e resisterebbe sicuramente a un’occupazione russa. Ancora oltre, il mediocre esercito russo, che mostra pochi segnali di trasformazione in una Wehrmacht, avrebbe poche chance di pacificare tutta l’Ucraina. Mosca è anche in una posizione economica troppo critica per pagare un’occupazione dispendiosa; la sua debole economia soffrirebbe ancor di più davanti alle conseguenti sanzioni. Ma anche se la Russia vantasse un potente apparato militare e una notevole economia, sarebbe probabilmente ancora incapace di occupare con successo l’Ucraina. Basti considerare esperienze statunitensi e sovietiche in Afghanistan, le esperienze statunitensi in Vietnam e Iraq, l’esperienza russa in Cecenia per ricordare che le occupazioni militari solitamente finiscono male. Putin capisce sicuramente che provare a sopraffare l’Ucraina equivarrebbe a ingoiare un porcospino. La sua reazione agli eventi è stata difensiva, non offensiva.

Una via di fuga

Dato per assunto che molti dei leader occidentali continuano a negare che il comportamento di Putin possa essere motivato da legittime questioni di sicurezza, non sorprendentemente hanno tentato di cambiarlo, raddoppiando sulle loro politiche esistenti e hanno punito la Russia per impedire ulteriori aggressioni. Nonostante Kerry ha affermato che “tutte le alternative sono sul tavolo” nemmeno gli USA o i suoi alleati NATO sono preparati a usare la forza per difendere l’Ucraina. L’Occidente sta contando sulle sanzioni per costringere la Russia a cessare il suo supporto per l’insurrezione nell’Ucraina orientale. In luglio gli USA e l’UE hanno dato luogo al terzo giro di sanzioni limitate, mettendo nel mirino principalmente personaggi di alto profilo strettamente legati al governo russo insieme con alcune banche, compagnie energetiche, e aziende della difesa di alto livello. Hanno anche minacciato di scatenare un altro, duro giro di sanzioni, finalizzato a tutti i settori dell’economia russa.

Queste misure avranno poco effetto. Sanzioni rigide sono comunque fuori dal tavolo; i Paesi dell’Europa occidentale, specialmente la Germania, hanno resistito alla loro imposizione per paura che la Russia possa replicare con la stessa moneta e causare seri danni economici dentro l’UE. Ma, anche se gli USA potessero convincere i loro alleati a mettere in pratica misure drastiche, Putin probabilmente non altererebbe la sua condotta. La storia dimostra come i Paesi assorbiranno enormi quantità di punizioni allo scopo di proteggere i loro interessi vitali. Non c’è ragione alcuna di credere che la Russia possa rappresentare un’eccezione a questa regola. I leader occidentali rimasti attaccati alle politiche aggressive che hanno precipitato la crisi in un primo tempo. In aprile, il Vice-presidente americano Joseph Biden si incontrò con i legislatori ucraini e disse loro: “Questa è una seconda opportunità per andare avanti sulle originali promesse fatte dalla Rivoluzione Arancione.” John Brennan, il direttore della CIA, non aiutò le cose quando, lo stesso mese, visitò Kiev in un viaggio di cui la Casa Bianca disse essere finalizzato a incrementare la cooperazione sulla sicurezza con il governo ucraino.

Intanto l’Unione Europea, ha continuato a spingere la sua Eastern Partnership. In marzo, José Manuel Barroso, Presidente della Commissione Europea, sintetizzò il pensiero comunitario sull’Ucraina asserendo: “Abbiamo un debito, un dovere di solidarietà con quella nazione, e lavoreremo per averli il più vicino possibile a noi.” E, come volevasi dimostrare, il 27 giugno, l’UE e l’Ucraina firmarono l’accordo economico che Yanukovich aveva fatalmente rifiutato sette mesi prima. Sempre in giugno, al meeting dei ministri degli esteri dei Paesi NATO, era accordato che l’Alleanza sarebbe rimasta aperta a nuovi membri, nonostante i ministri degli esteri si astenessero dal menzionare per nome l’Ucraina. “Nessun Paese terzo ha un potere di veto sull’allargamento della NATO”, ha annunciato Anders Fogh Rasmussen, Segretario generale della NATO. I ministri degli esteri si sono trovati d’accordo nel sostenere diverse misure per incrementare le capacità militari dell’Ucraina in alcune aree come il comando e il controllo, logistica e cyberdifesa. I leader russi hanno naturalmente sobbalzato davanti a queste azioni; la risposta dell’Occidente alla crisi renderà soltanto peggiore una brutta situazione.

C’è comunque una soluzione alla crisi – nonostante richiederebbe all’Occidente di pensare al Paese in un modo fondamentalmente diverso. Gli Stati Uniti e i suoi alleati dovrebbero abbandonare i loro piani di occidentalizzare l’Ucraina, e invece puntare a renderla un cuscinetto neutrale tra la NATO e la Russia, simile alla posizione dell’Austria durante la Guerra Fredda. I leader occidentali dovrebbero riconoscere che l’Ucraina importa così tanto a Putin che loro non possono sostenere un regime anti-russi lì. Questo non vuol dire che un futuro governo ucraino dovrebbe essere pro-russo o anti-NATO. Al contrario, l’obiettivo dovrebbe essere un’Ucraina sovrana che non cada né nel campo russo, né in quello occidentale. Per raggiungere questo fine, gli USA e i suoi alleati dovrebbero pubblicamente escludere l’espansione della NATO in Georgia e in Ucraina. L’Occidente dovrebbe anche aiutare la formazione di un piano di recupero economico per l’Ucraina finanziato insieme con UE, Fondo Monetario Internazionale, Russia e Stati Uniti – una proposta che la Russia accoglierebbe, dati i suoi interessi nell’avere un’Ucraina stabile e prospera sul suo lato occidentale. L’Occidente dovrebbe considerevolmente limitare i suoi sforzi di ingegneria sociale dentro l’Ucraina. E’ ora di porre fine al supporto occidentale per una nuova Rivoluzione Arancione. Ciononostante, gli USA e i leader europei dovrebbero incoraggiare l’Ucraina a rispettare i diritti delle minoranze, specialmente i diritti linguistici dei russofoni.

Alcuni potrebbero argomentare che cambiando politica sull’Ucraina a questo punto potrebbe seriamente danneggiare la credibilità americana nel mondo. Ci sarebbero indubbiamente costi inevitabili, ma i costi di continuare una strategia sbagliata potrebbero essere ancora maggiori. Anzi, gli altri Paesi sono più propensi a rispettare uno Stato che impara dai propri errori e in sostanza lascia in legato una politica che funzioni effettivamente con il problema in questione. Questa opzione è chiaramente aperta agli Stati Uniti. Si sente anche la rivendicazione che l’Ucraina ha il diritto di determinare con chi essa voglia essere alleata e i russi non hanno il diritto di prevenire la partecipazione di Kiev all’Occidente. Questa è una via pericolosa per l’Ucraina di pensare le scelte di politica estera. La triste verità è che potrebbe spesso aggiustare le cose quando le grandi potenze sono in gioco. Diritti astratti come quello all’autodeterminazione sono largamente privi di senso quando Stati potenti entrano in contesa con Stati più deboli. Aveva Cuba il diritto a formare un’alleanza militare con l’Unione Sovietica durante la Guerra Fredda? Gli States certamente non la pensavano così e i russi pensano allo stesso modo circa la partecipazione dell’Ucraina all’Occidente. E’ nell’interesse ucraino capire questi fatti e procedere con cautela quando dialoga con il suo vicino più potente.

Anche se uno rigetta questa analisi, comunque, e crede che l’Ucraina ha il diritto di petizione per richiedere l’adesione all’UE o alla NATO, rimane il fatto che gli USA e i suoi alleati europei hanno il diritto di rigettare queste richieste. Non c’è ragione per l’Occidente di accogliere l’Ucraina se è propensa nel perseguire una politica estera sbagliata, soprattutto se la sua difesa non è un interesse vitale. Dare soddisfazione ai sogni di alcuni ucraini non merita l’animosità e il conflitto che causerebbe, soprattutto per il popolo ucraino. Certamente, alcuni analisti potrebbero ammettere che la NATO ha gestito le relazioni con l’Ucraina malamente e inoltre affermare che la Russia costituisce un nemico che potrà soltanto crescere in maniera formidabile nel tempo – e che l’Occidente di conseguenza non ha scelta se non continuare la sua attuale politica. Ma questo punto di vista è gravemente sbagliato. La Russia è una potenza declinante, e non potrà che indebolirsi col tempo. Anche se la Russia fosse una potenza emergente, a maggior ragione, non avrebbe senso incorporare l’Ucraina nella NATO. La ragione è semplice: gli Stati Uniti e i suoi alleati europei non considerano l’Ucraina di interesse strategicamente vitale, come la loro contrarietà a usare la forza militare per venire in suo aiuto ha dimostrato. Sarebbe perciò sommamente folle creare un nuovo membro della NATO che gli altri membri non hanno intenzione di difendere. La NATO si è espansa in passato perché i liberali davano per scontato che l’Alleanza non avrebbe mai dovuto onorare le sue nuove garanzie in tema di sicurezza, ma il recente gioco di potere della Russia dimostra che garantire la membership NATO all’Ucraina potrebbe spingere la Russia e l’Occidente in rotta di collisione.

Rimanere attaccati alla politica corrente complicherebbe altresì le relazioni occidentali con Mosca su altre questioni. Gli USA hanno bisogno dell’assistenza della Russia per ritirare gli equipaggiamenti dall’Afghanistan attraverso il territorio russo, raggiungere un accordo sul nucleare con l’Iran, e stabilizzare la situazione in Siria. In effetti, Mosca ha aiutato Washington in tutte e tre le questioni in passato; nell’estate del 2013, fu Putin a togliere le castagne di Obama dal fuoco incoraggiando il dialogo col quale la Siria acconsentiva a cedere le sue armi chimiche, evitando così l’attacco militare USA che Obama aveva minacciato. Gli Stati Uniti avranno anche bisogno, prima o poi, dell’aiuto della Russia per contenere la crescita della Cina. La corrente politica americana, sta comunque portando Mosca e Pechino sempre più vicine. Gli Stati Uniti e i suoi alleati europei sono davanti a una scelta per quanto riguarda l’Ucraina. Possono continuare la loro attuale politica, che esacerberà le ostilità con la Russia e devasterà l’Ucraina – uno scenario in cui tutti ne uscirebbero sconfitti. O possono cambiare marcia e lavorare per creare un’Ucraina prospera ma neutrale, che non minacci la Russia e conceda all’Occidente di ripristinare le sue relazioni con Mosca. Con questo approccio, tutte le parti in causa vincerebbero.



Ucraina, il prof. Orsini: "Dobbiamo sentirci in colpa per aver indotto gli ucraini a credere che li avremmo difesi"
10/03/2022
https://www.la7.it/piazzapulita/video/u ... 022-428138
Ucraina, il confronto tra il prof. Orsini e Paolo Mieli: "Noi italiani non dobbiamo sentirci in colpa se non diamo le armi agli ucraini, ma per averli indotti a credere che li avremmo difesi in caso di attacco della Russia"


Alessandro Orsini a La7 fa di nuovo imbestialire la Luiss: che cosa ha detto
Che cosa ha detto Alessandro Orsini, professore della Luiss, a La7: le analisi del docente creano nuove discussioni.
Alessio Coppola
13 Marzo 2022

https://www.true-news.it/facts/alessand ... a-ha-detto

Alessandro Orsini fa di nuovo imbestialire la Luiss su La7: che cosa ha detto? Negli scorsi giorni il noto professore di sociologia ha criticato l’operato della Nato e dell’UE a Piazzapulita. Per le sue dichiarazioni Orsini ha rischiato di essere censurato dalla sua università: come mai?
Le dichiarazioni di Alessandro Orsini a La7 e la rabbia della Luiss: cosa è successo

Alessandro Orsini, professore associato di Sociologia nonché direttore e fondatore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss, è stato al centro di una bufera negli scorsi giorni.

Il 3 marzo è stato ospite al talk show politico di La7 Piazzapulita, e ha rilasciato alcune controverse dichiarazioni circa il conflitto tra Russia e Ucraina. Secondo il professore, la Nato e l’Unione Europea hanno più responsabilità politiche nel conflitto di quanto si pensi. “Il blocco occidentale ha terrorizzato Putin.” -ha dichiarato- “La responsabilità militare di questa tragedia è tutta di Putin e io condanno con tutte le mie forze questa invasione e sono totalmente schierato dalla parte del blocco occidentale e dalla parte degli ucraini, ma la responsabilità politica di questa tragedia è principalmente dell’Unione europea.

Era la guerra più prevedibile del mondo”.

Le affermazioni del professore hanno creato molto scalpore e la rabbia della sua università, la Luiss Guido Carli, che è arrivata a un passo dal censurarlo. In risposta ai provvedimenti della Luiss, una petizione firmata da molti colleghi del docente ha fatto il giro del web: “Le analisi di Alessandro Orsini non hanno alcunché di censurabile. Si fondano su studi scientifici rigorosi e sulle più accreditate teorie delle relazioni internazionali.

Esprimiamo la nostra solidarietà e denunciamo il clima di oscurantismo che si sta diffondendo in Italia. Un clima che rischia di colpire un numero sempre maggiore di colleghi, proprio nel momento in cui è vitale la presenza di studiosi dal pensiero libero e coraggioso”.
Di nuovo a PiazzaPulita: “Tre enormi esercitazioni Nato nel 2021, dov’era Von der Leyen?”

Il 10 marzo Alessandro Orsini è tornato a Piazzapulita, per continuare a parlare del conflitto tra Russia e Ucraina.

Su input del conduttore Corrado Formigli, Orsini ha condiviso la sua analisi della guerra: “Intanto, devo fare delle premesse: che parlo a titolo personale, non rappresento nessuno, che condanno l’invasione della Russia e che sono schierato dalla parte dell’Ucraina. Quando un professore universitario, prima di parlare deve fare tutte queste premesse, non penso sia un bel clima”.

“La Nato ha fatto un’altra gigantesca esercitazione militare nel luglio del 2021.” -ha proseguito il professore- “Si chiama ‘Tre spade’.

Poi ha fatto un’altra gigantesca esercitazione militare nel settembre del 2021, si chiama ‘Tridente rapido’. Quando hanno fatto l’esercitazione nel settembre 2021, Putin stava sparando su delle navi della Nato. In quell’occasione ha detto: “Fermatevi perché state portando questa situazione a un punto di collasso”. Io mi domando, la von der Leyen dov’era quando succedeva questo?“.



Alberto Pento
Che demenzialità che dice questo Orsini!


Perché il disastro ucraino non è colpa della Nato
Stefano Magni
15 Marzo 2022,

https://www.nicolaporro.it/perche-il-di ... ella-nato/

Passi l’autocritica, che è una pratica dei forti, passi il dubbio di aver sbagliato molto in passato. Ma, per favore: piantiamola di accusare la Nato per lo scoppio della guerra in Ucraina.


Anche i nazisti si lamentavano

In primo luogo, ad invasione avvenuta, è moralmente ripugnante continuare a puntare il dito sull’aggredito e su chi lo avrebbe spinto nelle fauci dell’aggressore. L’immoralità di questo argomento si può toccare con mano se facciamo qualche paragone storico. Persino la Germania nazista, nel 1939, aveva “le sue ragioni” per invadere la Polonia. Berlino lamentava, infatti, di aver subito delle condizioni di pace ingiustamente dure nel trattato di Versailles dopo aver perso la Grande Guerra. Queste “ragioni” si devono ascoltare, finché non c’è la guerra, per cercare di ricomporre pacificamente una questione internazionale. Ma nel momento in cui una delle parti ricorre alla forza per costringere gli altri al suo volere, ogni ragione viene a mancare. Conta, per l’aggressore, solo la legge del più forte. Nessuno parlava più della legittimità della pace di Versailles, mentre i panzer tedeschi avanzavano su Varsavia. Oggi è assurdo continuare a parlare dell’ordine nato dopo la Guerra Fredda, mentre i carri russi avanzano su Kiev.

Perché Kiev vuole la Nato

La smania di autocritica ci ha resi ciechi nei confronti dei torti dell’aggressore, ma anche delle ragioni dell’aggredito. L’Ucraina aveva tutto il suo legittimo interesse ad entrare nella Nato ed aveva perfettamente ragione di aver paura della Russia. Nel febbraio del 2014 la Crimea è stata occupata da truppe russe e, un anno dopo, era stata annessa alla Federazione Russa. Nessuna nazione europea, dal 1945, ha mai subito una simile mutilazione territoriale, ad opera di un vicino, senza reagire militarmente. Per di più, nell’aprile del 2014 è scoppiata una guerriglia separatista nel Donbass che (benché i russofili e i russi lo neghino) era platealmente alimentata da armi e consiglieri militari russi.

L’Ucraina si sentiva giustamente minacciata nella sua stessa esistenza da un presidente russo, Vladimir Putin, che l’ha sempre considerata un errore della storia, una parte dello stesso “spazio spirituale”. E dunque i presidenti che si sono succeduti a Kiev, almeno dal 2014, avevano tutto l’interesse e tutte le ragioni per chiedere di aderire alla Nato, per esserne protetti. I fatti di oggi dimostrano che le paure degli ucraini fossero più che fondate, non che abbiano “aizzato” i russi chiedendo aiuto all’Occidente.

La Russia non è l’Urss

E veniamo, infine, al “peccato originale”, come viene sempre considerato l’allargamento della Nato ad Est, ai Paesi del Patto di Varsavia e alle tre Repubbliche Baltiche che erano parte della stessa Urss. Si cita spesso un presunto accordo siglato fra gli Usa dell’amministrazione Bush (padre) e l’Urss di Gorbachev, in cui la Nato si prendeva l’impegno solenne di non allargarsi mai ad Est dell’Oder, confine orientale della Germania riunificata. C’è molta confusione anche sulla data e sull’identità stessa di questi accordi. Si citano soprattutto di colloqui “4+2” sulla riunificazione della Germania, avvenuti nel settembre 1990. Ebbene: nel settembre del 1990 non c’era la Russia, c’era l’Urss. Sempre nel settembre del 1990, a Est dell’Oder c’era ancora il Patto di Varsavia.

Di cosa stiamo parlando allora?

Il Patto di Varsavia, la mutua difesa dei “fratelli” socialisti, le basi sovietiche nell’Est europeo, la stessa Unione Sovietica, dopo il 1991 hanno cessato di esistere. Pretendere di mantenere la validità di accordi siglati da Stati e alleanze che non esistono più, obiettivamente, è un gioco ideologico che può essere sostenuto solo da revanscisti sovietici, in Russia, non si può accettare anche da noi. La Russia non è l’Urss, ne è solo in parte l’erede diretta e, dal 1994, ha siglato altri accordi bilaterali con la Nato. Il 27 maggio 1997, con il Nato-Russia Founding Act, le due parti hanno anche preso l’impegno di non creare nuove sfere di influenza e di non arrogarsi un diritto di veto sulla controparte.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » dom ott 30, 2022 8:47 pm

I sostenitori di Putin e gli accusatori dell'Ucraina

Chi sostiene la guerra di Putin all'Ucraina e accusa l'Ucraina di averlo provocato è da ritenersi responsabille e complice indiretto della continua aggressione russa all'Ucraina e andrebbe denunciato e perseguito giudiziariamente per calunnia.
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 9003863100


I demenziali adoratori, sostenitori e giustificatori del criminale nazifascista russo Putin
viewtopic.php?f=143&t=3009
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 0789336381
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

Re: Ucraina e Russia, non sono una stessa grande famiglia

Messaggioda Berto » dom ott 30, 2022 8:51 pm

Bandera, chi era?

Un patriota ucraino eroico che scelse quello che per lui e per il suo sogno di un'Ucraina libera e indipendente dal giogo sovietico e russo, era il male minore, la Germania di Hitler per combattere l'URSS che opprimeva lasu terra e il suo popolo ucraino.
Certo commise delle atrocità contro i polacchi e contro gli ebrei ma queste atrocità commesse da molti in Europa e nell'URSS non sminuiscono la sua patriotticità ucraina.

Stepan Andrijovič Bandera (in ucraino: Степан Андрійович Бандера?; Staryj Uhryniv, 1º gennaio 1909 – Monaco di Baviera, 15 ottobre 1959)
https://it.wikipedia.org/wiki/Stepan_Bandera

è stato un politico ucraino, leader dell'Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini (OUN) e fondatore dell'Esercito Insurrezionale Ucraino (UPA). Aderente all'ideologia fascista, fu un criminale di guerra e terrorista, che collaborò con la Germania nazista durante la seconda guerra mondiale per combattere contro i sovietici in Ucraina.

Quando le truppe sovietiche si ritirarono da Leopoli, con l'"Atto di restaurazione dello Stato ucraino", annunciò la creazione di uno Stato ucraino indipendente e dichiarò di voler sostenere i piani espansionistici nazisti, giurando fedeltà ad Adolf Hitler.

La Germania nazista reagì negativamente alle richieste dei nazionalisti ucraini e invase la regione. Bandera venne internato come prigioniero politico nel Campo di concentramento di Sachsenhausen nel 1942, ma in seguito liberato nel 1944 perché dirigesse azioni di resistenza all'Armata Rossa. Alla fine della guerra Bandera si rifugiò in Germania Ovest con la moglie e i figli, sotto la protezione degli alleati, ma fu assassinato a Monaco di Baviera da un agente del KGB nel 1959.

La sua figura rimane controversa poiché è ritenuto, insieme ai suoi seguaci, in gran parte responsabile del massacro di civili polacchi e in parte dell'Olocausto in Ucraina, mentre nel suo Paese al termine della guerra fredda è stato insignito dell'onorificenza di Eroe dell'Ucraina. La sua famiglia subì pesanti ritorsioni dai sovietici e dai polacchi, oltre che dagli stessi tedeschi.

Nacque il 1º gennaio 1909 a Staryi Uhryniv, un villaggio nell'allora provincia di Kaluš, nella Galizia (ora nell'Oblast' di Ivano-Frankivs'k), che allora apparteneva all'Austria-Ungheria. Suo padre, Andrij Bandera, era un sacerdote di rito uniate cattolico nel villaggio, mentre sua madre, Myroslava Bandera, proveniva da un'antica famiglia di sacerdoti cattolici di rito bizantino ed era la figlia del sacerdote di Staryi Uhryniv.

Il giovane Bandera nel 1923

Stepan trascorse la sua infanzia in questo villaggio, nella casa dei suoi genitori e dei nonni, che lo crebbero in un clima di patriottismo e cultura nazionale ucraina, ed ebbe un forte interesse personale per la politica sociale.

Nella primavera del 1922, sua madre morì di tubercolosi. Nel 1931 divenne vice-direttore delle Guide Regionali, Amministratore Delegato regionale e Comandante dell'OUN/UVO.

Nel 1934 fu condannato a morte per aver organizzato con altre undici persone l'omicidio del Ministro dell'interno polacco Bronisław Pieracki, ma la sentenza fu commutata in ergastolo, e venne imprigionato nella prigione polacca di Wronki; fu liberato dal carcere nel settembre del 1939, sebbene non sia chiaro chi fu l'autore materiale della sua scarcerazione, se siano stati i suoi connazionali ucraini o i nazisti dopo l'invasione della Polonia.

Il collaborazionismo con i nazisti
"Gloria a Hitler! Gloria a Bandera! Lunga vita allo Stato Indipendente ucraino! Lunga vita al nostro leader S. Bandera", Castello Zhovkva nell'Ucraina occidentale luglio-agosto 1941.

Dopo la sua liberazione si spostò a Cracovia, sede del Governatorato Generale tedesco. Lì, entrò in contatto con il leader del movimento dell'OUN, Andriy Melnyk, ma la divergenza di idee e strategie portò i due ad un aperto conflitto, che ebbe come conseguenza la spaccatura all'interno del movimento indipendentista, con una fazione denominata OUN-M, di indirizzo più conservatore e capitanata da Melnyk, ed una più rivoluzionaria, capitanata da Bandera, e denominata OUN-B.

Prima della proclamazione dell'indipendenza del 30 giugno 1941, Bandera organizzò e supervisionò i cosiddetti Gruppi Mobili (in ucraino мобільні групи), ovvero piccoli gruppi di 5-15 persone, che avrebbero avuto il compito di seguire l'avanzata tedesca verso l'Ucraina orientale in cerca di supporto per le attività dell'OUN-B e per fare in modo che le nuove autorità locali fossero composte da loro attivisti. Il numero complessivo di coloro che parteciparono a questi gruppi di propaganda fu di circa 7.000 persone, reclutate anche nei circoli intellettuali, e tra questi ultimi troviamo lo scrittore Ivan Bahrianyi ed il poeta Vasyl Barka. Il 30 giugno 1941 Bandera emanò l'Atto di restaurazione dello Stato ucraino, nel quale, oltre a proclamare la nascita di uno Stato Ucraino Indipendente, dichiarò che quest'ultimo avrebbe collaborato con la Germania nazionalsocialista, che stava creando un nuovo ordine europeo e collaborava alla liberazione degli ucraini dal giogo di Mosca.

Bandera e i suoi seguaci, analogamente ai nazisti, sostenevano una riproduzione selettiva volta alla creazione di una razza ucraina "pura".





Stepan Andrijovič Bandera patriota ucraino che adottò il nazismo hitleriano per combattere il nazicomunismo dell'URSS che opprimeva la sua terra ucraina e che fu ucciso da un sicario del KGB in Germania
Zelensky e sua moglia Olena, patriota ucraino e presidente dell'Ucraina eletto democraticamente nel 2019 con il 73% dei voti e di origine ebraica, a riprova che l'Ucraina non è uno stato nazione nazista e antisemita
Dmitry Utkin nazifascista, fondatore e capo dei mercenari della Wagner al servizio di Putin
Vladimir Putin nazicomunista russo del KGB a servizio dell'URSS staliniana, oggi oligarca autocrate nazi fascista dittatore della Russia post comunista e nazifascista



Luciano Dondero
16 marzo 2022
"La polemica sulla distruzione dell'ospedale rilancia infatti il Reggimento Azov come tema centrale della propaganda putiniana sulla "denazificazione" dell'Ucraina. Ma per una sigla accusata di nazismo che sta con gli ucraini dall'altra parte ne sono state contate almeno 13: Battaglione Sparta, Unità Nazionale Russa, Esercito Ortodosso Russo, Battaglione Svarozich, Alba Ortodossa, Legione di Santo Stefano, Distaccamento Jovan Šević, ’Unione della Gioventù Euroasiatica, Movimento Imperiale Russo, Unione Slava, Movimento contro l’Immigrazione Illegale, Battaglione Rusich, Battaglione Ratibor, Interbrigate... Tra i loro emblemi ci sono almeno cinque variazioni della svastica, oltre a simboli zaristi e altra roba tipo teschi e bombe a mano. La svastica riportata sull'articolo in bianco e nero, in realtà in bianco e rosso, è l'emblema di Unità Nazionale Russa. Come ricordo, era un suo membro quel Pavel Gubarev che fu il fondatore della Milizia Popolare del Donetsk ed anche il primo «governatore» della Repubblica Popolare del Donetsk. Ma è uomo di Barakshov anche Dmitry Boytsov: il comandante di un Esercito Ortodosso Russo che combatte tra i separatisti del Donbass con circa 4000 effettivi, e che è stato accusato di rapimenti, pestaggi e minacce verso protestanti, cattolici, ebrei e membri della Chiesa Ortodossa Ucraina, oltre che di saccheggi. L’8 giugno del 2014 a Slaviansk uccise alcuni pentecostali, e nel novembre 2014 sequestrò due sacerdoti cattolici. La cosa buffa (umorismo nero evidentemente, dato il contesto...) che è assieme agli ultra-ortodossi tra i putiniani nel Donbass ci sono anche i neo-pagani, anche loro con una variante della svastica come emblema. Il Battaglione Svarozich, adoratori del dio slavo Svarog, arrivò ad avere 1200 combattenti, anche se ora è stato assorbito dalla Brigata Vostok." Maurizio Stefanini
Aggiungo: ai tempi di Gorbaciov fu molto attivo un gruppo chiamato Pamyat (Memoria) che riesumava il peggio dello stalinismo e dell'antisemitismo. Non sono sicuro se esista ancora.



LETTERA APERTA AGLI ANTIFASCISTI NOSTRANI
Antonio Catalano
https://www.facebook.com/antonio.catala ... 5806860605

Miei cari antifascisti nostrani,

so bene che siete a conoscenza della natura neo nazista del reggimento Azov e del fatto che sia stato decisivo nel colpo di stato del 2014 come nell’orribile strage alla Casa dei Sindacati di Odessa, come pure so bene che siete a conoscenza di quanto sia costato agli americani quel cambiamento di regime (5 miliardi di dollari disse l’allora numero due del dipartimento di Stato Usa Victoria Nuland). Come so bene che siete informati del fatto che i nostri media ora ci raccontano che no, non è così come si dice in giro, è un pregiudizio il pensiero che la Azov sia una formazione neo nazista, come balbetta in diretta il direttore del tg La7 Mentana e a seguire la “Stampa” rimuove dal proprio sito l’articolo di Mariagrazia Bruzzone in cui si raccontano le numerose infiltrazioni neonaziste delle istituzioni ucraine.
Posso bene immaginare, miei cari antifascisti nostrani, che voi condividiate le preoccupazioni del giornalista Toni Capuozzo, il quale dice che mentre dell’Azov si conosce bene la natura, si fa di tutto per ignorare la milizia ucraina Centuria. Quella Centuria cui Kuzmenko, della George Washington University, pochi mesi fa (settembre 2021), dedicava uno studio approfondito dal quale si può apprendere che questa milizia, ampiamente «tollerata» dall’eroico Zelensky, si autodefinisce niente meno che un «ordine militare europeo tradizionalista», il cui obiettivo dichiarato è «rimodellare l’esercito» ucraino all’insegna della «identità culturale ed etnica» contro «i politici e i burocrati di Bruxelles». E sicuramente saprete anche che uno dei leader di Centuria, un certo Kyrylo Dubrovskyi, solo nel 2019 pubblicava sul suo profilo Instagram una citazione di Hitler, e che i militi di questo ordine paramilitare regolarmente salutano col braccio destro teso a 120 gradi rispetto al torso.
So bene, miei sempre cari antifascisti nostrani, come in questi ultimi anni avete speso tutto voi stessi nel denunciare le mille forme del fascismo eterno, scovandolo con un lavoro certosino nelle parole, nel linguaggio, nei comportamenti, financo nei pensieri e nella più intima intimità. E so bene ancora di quanto vi siete spesi per denunciare il fascismo dei Gilet gialli francesi, dei sovranisti e dei populisti, dei portuali di Trieste, dei camionisti canadesi, insomma di tutti quelli che, in un modo o nell’altro – retrogradi! – hanno opposto resistenza alle magnifiche e progressive sorti della globalizzazione. Come so bene del vostro diuturno impegno nell’affermare una società multiculturale accogliente includente e anti discriminante per un arcobalenico mondo senza frontiere, fortunatamente agiti dal sacro orrore di ogni pur minimo riferimento alla perniciosa e fascista idea di sovranità nazionale.
Ora concludo, miei cari antifascisti nostrani, ma non senza segnalare alle giovani generazioni l’ardore che accompagna quel vostro “Putin no pasara!” e la coraggiosa richiesta di “No fly zone”, che inspiegabilmente quei moderati della Nato tardano ad applicare; e non vi nascondo che sarebbe per me motivo di grande gioia vedervi stringere a coorte dietro i vessilli di Centuria, con i vostri radiosi sguardi rivolti al sol dell’avvenire mentre si canta “Bella ciao” insieme alla bella Khrystna Solovivy. Ma che c’è scritto sullo stivale della fatale Khrystna? Niente, così, una semplice scritta, parole inneggianti a un certo Stepan Bandera. Collaboratore del Terzo Reich.
Con affetto e stima


I comunsti
Francesca Fornario
Due cose che so:
1) Putin non è il popolo russo.
Il popolo russo è un popolo pacifico e ospitale legato all’Ucraina: molti russi hanno genitori, mogli, parenti, amici ucraini che parlano la loro stessa lingua. Putin è un oligarca violento e antidemocratico amante del lusso sfrenato, con un patrimonio valutato decine di miliardi (impossibili stime ufficiali), un omofobo guerrafondaio, un ex agente del kgb che perseguita e uccide gli oppositori politici e i giornalisti e ha tessuto rapporti con tutta l’estrema destra europea. È l’idolo di Le Pen e di Salvini: Salvini che non festeggia il 25 Aprile e che ha candidato, eletto e portato al potere con la Lega decine di esponenti del Movimento Sociale Italiano. Che l’obiettivo dell’idolo delle destre sia quello di «denazificare» l’Ucraina è ridicolo.
Migliaia di russi senza patrimoni miliardari scendono in piazza contro Putin per fermare la guerra rischiando l’arresto, come ha fatto ieri la giornalista Marina Ovsyannikova irrompendo in diretta sul primo canale della tv russa con un cartello che denuncia le menzogne della propaganda e venendo immediatamente arrestata.
Pensare di boiocottare Putin boicottando Dostoevskij e l’insalata russa (che comunque non è russa) e la vodka (che comunque non è prodotta in Russia ma in Svezia, seguita da Francia, Polonia, Paesi Bassi, Stati Uniti, Lettonia e - toh! - Italia) è ripugnante e idiota. Boicottare il caviale - IL CAVIALE - è una roba che può venire in mente solo a chi trova normale riunirsi nella reggia di Versailles mentre i popoli patiscono la guerra e la fame, un po’ come scendere in piazza il 25 Aprile con le foto di “Coco Chanel, patriota europea” (a forza di governare con Berlusconi e Salvini agli antifascisti si confondono le idee).
2) Zelensky non è il popolo ucraino.
Il popolo ucraino è un popolo pacifico e ospitale legato alla Russia: molti ucraini hanno parenti e amici russi che parlano la loro stessa lingua. Molti sono fuggiti in Russia prima e dopo lo scoppio della guerra. Tra le braccia dei loro amici e parenti, non tra le braccia di Putin.
La vice premier ucraina Iryna Vereshchuk ha detto ieri sera a Otto e Mezzo che il 90 per cento degli ucraini sono con Zelensky: non è vero.
Zelensky ha vinto le elezioni nel 2019 con la promessa di sconfiggere la corruzione sistemica degli oligarchi, portare il benessere economico, porre fine alla guerra in Donbass. Ha disatteso tutte e tre le promesse. Ha perseguitato come il suo predecessore gli ucraini russofoni, ai quali viene impedito di studiare nella propria lingua. Stipendia i neonazisti degli ex corpi paramilitari come il battaglione Azov, legato a Casapound (vedi foto), diventati esercito regolare ucraino - dunque pagati con le tasse versate dagli ucraini - e accusati dall’Ocse e dall’Onu di atroci crimini contro l’umanità. Crimini commessi per lo più in Donbass, durante una guerra che si combatte da 8 anni e ha fatto - stando solo ai morti certificati dall’Ocse - 14 mila vittime. Una guerra che Zelensky prometteva di fermare e che invece continua a combattere sparando razzi contro quello che dice di essere il suo popolo.
Nemmeno prima di deludere le aspettative del “suo” popolo Zelensky rappresentava il 90 per cento degli ucraini.
Celebre comico televisivo, protagonista della serie “Servitore del popolo”, dove vestiva i panni di un professore di storia che si candidava alle lezioni con l’ambizione di sconfiggere la corruzione e il sistema degli oligarchi, porre fine alla guerra e portare l’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato, cambia carriera fondando un partito che si chiama “Servitore del popolo” e si candida alle elezioni del 2019 con l’ambizione di sconfiggere la corruzione e il sistema degli oligarchi, porre fine alla guerra, portare l’Ucraina nell’Unione Europea e nella Nato.
Zelensky deve però la sua popolarità al più ricco degli oligarchi che dice di voler combattere.
Si tratta dello stesso oligarca che ha finanziato il famigerato battaglione Azov (nel caso qualcuno vi avesse già spiegato che quelli di Azov non sono nazisti ma nazionalisti, lascio la parola al portavoce di Azov, Andriy Diachenko, che nel 2015 ha spiegato che “solo” il 20 per cento dei componenti del battaglione si dichiara apertamente fan di Hitler, benché tutti loro adottino le svastiche, la simbologia e i saluti nazisti perché pervasi “dall’ideale di difendere l’Ucraina come Hitler difese la Germania”). L’oligarca in questione è il proprietario della tv 1+1, che produce e trasmette lo show-partito politico di Zelensky: il magnate e politico Ihor Kolomoisky, uno degli uomini più ricchi al mondo secondo Forbes, governatore della regione di Dnipropetrovsk fino al 2015, fondatore della più grande banca d’affari ucraina, la Privatbank, fallita dopo aver riempito le tasche di Kolomoisky e rifinanziata a spese del popolo ucraino, come prassi anche da noi.
Nel 2019, Zelensky ottiene il 30 per cento dei voti al primo turno di elezioni non democratiche. Non democratiche perché i partiti comunisti, che avevano il 15 per cento dei voti, sono stati banditi nel 2015 e mai riabilitati e i loro militanti perseguitati come qualunque partito, rivista, sindacato, giornale manifesti idee comuniste (non solo riferite all’Unione Sovietica ma anche critiche nei confronti di Stalin e legate al pensiero di Karl Marx e Rosa Luxemburg, ai quali in Ucraina erano dedicate vie e piazze che oggi hanno cambiato nome).
Ancora qualche giorno fa, a Kiev, Mikhail Kononovich, leader dell’ala giovanile del fuorilegge Partito Comunista ucraino (CPU), e suo fratello, Aleksandr Kononovich, sono stati arrestati dalle autorità ucraine e ora rischiano l’esecuzione.
Alle elezioni non prende parte la popolazione delle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Donetsk, che ha già votato per oltre il 90 per cento a favore dell’indipendenza da Kiev ma che ieri sera la vice premier ucraina ancora annoverava, insieme alla popolazione della Crimea, nel 90 per cento di ucraini con Zelensky, considerando la Crimea e i territori delle autoproclamate repubbliche popolari “territori occupati” (come del resto ha fatto tutto l’occidente, che riconosce il diritto all’autodeterminazione dei popoli solo quando conviene alla Nato). In aggiunta, nella parte delle regioni di Lugansk e Donetsk ancora sotto il controllo di Kiev, e dove quindi nel 2019 si svolgono le elezioni, Zelensky viene sconfitto sia al primo che al secondo turno. Il primo partito è quello di Yuri Boiko, fautore della ripresa delle relazioni con la russia, votato perché garante del diritto degli ucraini russofoni di tornare a parlare, insegnare, pubblicare giornali nella propria lingua.
Al secondo turno, il servitore del popolo Zelensky sfida il presidente uscente Poroshenko, oligarca proprietario di catene commerciali (sua la cioccolata “Roschen”), altro miliardario censito da Forbes e responsabile del conflitto in Donbass, persecutore degli ucraini russofoni e legato anche lui al magnate Kolomoisky, l’editore di Zelensky, con il quale Poroshenko arriva alla rottura nel 2015, quando preme per le sue dimissioni da governatore.
Con la promessa di porre fine al conflitto, Zelensky ottiene al ballottaggio il 73 per cento dei voti. Una volta eletto, invece di attuare come promesso gli accordi di Minsk sull’autonomia del Donbass firmati dal suo predecessore, chiede di rinegoziarli. Spinge l’acceleratore sulla guerra mai cessata. Nel paese del servitore del popolo la corruzione è ancora sistemica: come mi ha detto una volta un’avvocata: «In Ucraina serve pagare per ottenere qualunque cosa e qualunque cosa si ottiene pagando». Quest’estate, a Marrakech, ero colpita dai molti annunci delle università ucraine di medicina: «Vieni a laurearti in Ucraina!». In Ucraina? Perché? «Perché basta pagare e diventi medico. Poi vengono a operare qui, ma se stanno male vanno a curarsi in Francia». «Ah». Gli stipendi pubblici sono miserrimi: gli impiegati faticano ad arrivare alla fine del mese. Le famiglie sono tornate a vivere tutte sotto uno stesso tetto, tre e anche quattro generazioni. Nonostante le difficoltà, non ho mai incontrato persone così ospitali e generose come in Ucraina.
Ci sentiamo ogni giorno. Sperano che la guerra finisca presto.
Non conosco nessuno che la stia combattendo. “Combattono i professionisti”, mi dicono. Quelli pagati, quelli obbligati. Gli altri sono scappati in tempo per non dover combattere o si nascondono. Chi ha i soldi si è rifugiato negli alberghi o nelle case al confine, chi non ha i soldi per scappare o non vuole lasciare la propria casa, il lavoro, i genitori anziani, i figli piccoli, si nasconde in cantina, aiutando come può, costruendo una rete di solidarietà, di soccorso, di aiuto, portando l’acqua e le medicine alla popolazione.
Non vogliono armi per combattere, vogliono tornare presto a vivere in pace. Per questo Zelensky è stato costretto a arruolare legionari stranieri, a distribuire armi a chiunque le accetti e a varare una legge aberrante che consente a chiunque di sparare, facendo saltare la distinzione tra civili e militari e autorizzando l’aggressore a colpire i civili di un popolo che sta ripudiando la guerra meglio di noi, che dovremmo farlo per Costituzione.
Il popolo ucraino non è Zelensky, con la sua villa da 4 milioni a Forte dei Marmi, è Alina con la sua mamma badante a Roma, che ieri ho accompagnato in lacrime dall’altra parte della città con sua figlia di sei anni, rifugiate in attesa di poter tornare a casa, presto: “Appena finisce la guerra”.
Abbiamo raccolto vestiti per loro. C’era un cappotto. Alina non lo ha voluto perché qui fa caldo e quando tornerà in Ucraina troverà i suoi cappotti che la aspettano a casa insieme a suo marito, che aveva aperto una falegnameria e l’aveva inaugurata il giorno prima dello scoppio della guerra.
Il popolo ucraino non è Zelensky in mimetica che, al sicuro da qualche località segreta, augura la morte a chi scappa (“Смерть бігунам!!”, “morte a chi scappa”, ha dichiarato in video riferendosi agli uomini tra i 18 e i 60 anni che non possono lasciare il paese), il popolo ucraino sono le decine di ragazzi maschi con i quali siamo in contatto e che sono scappati in tempo per non combattere perché non hanno nessuna intenzione di morire per Putin né per Zelensky o che si sono nascosti in cantina aiutando la popolazione come possono.
Mi è chiaro che delle ragioni che spingono questi nostri fratelli e sorelle a non imbracciare le armi non freghi niente a Zelensky, a Biden, a Draghi, a Putin, ai molti giornalisti, politici e analisti ospiti dei talk show che preferiscono eccitarsi per la bambina ucraina che imbraccia un fucile e farne un simbolo della resistenza, un’immagine che fino a qualche mese fa avremmo utilizzato per denunciare la violazione dei diritti dell’infanzia in remoti paesi africani non democratici.
Frega però parecchio a me, per questo ci tengo a dare loro voce. A dare voce a chi, in Ucraina, chiede la pace. Sogno in collegamento a Otto e Mezzo una madre, un ragazzo che spera di non morire e che la guerra finisca presto, cioè l’opposto della terza guerra mondiale evocata da Zelensky e dalla sua vice premier che insiste a chiedere la No Fly Zone da parte della Nato anche quando le viene spiegato che questo comporterebbe lo scoppio di un conflitto globale tra potenze nucleari, cioè l’inasprimento della guerra e la fine di quasi tutto per quasi tutti.
Io non so e non voglio sapere se Putin, Zelensky e gli altri oligarchi hanno pronta l’isola, il bunker, l’astronave per Marte o se sono semplicemente meno empatici, meno svegli, meno liberi o più malati di come ce li raccontiamo.
So che la guerra i popoli non la vincono mai, nemmeno quando la vincono i loro governi. I soldati muoiono o tornano a casa feriti nel corpo e nell’anima, spesso inadatti alla vita che avevano. Gli ospedali, i ponti, le fabbriche le stazioni, le scuole vengono distrutte, le famiglie terrorizzate e divise, le terre bruciate e chi vive di questo - andando a scuola, coltivando la terra, guidando un treno, lavorando in fabbrica o in un ospedale - si ritrova senza la vita che aveva da vivere, con tutto da rifare.
In molti stiamo ricostruendo gli obiettivi economici e strategici di Putin e di Zelensky, le cause del conflitto, le possibili conseguenze in termini di confini, equilibri commerciali, forniture di materie prime, alleanze militari. È giusto farlo. È giusto comprendere i ruoli e le responsabilità storiche di tutti gli attori coinvolti compresa la Nato, Stalin, Lenin e Pietro il Grande (magari ecco, ricordando chi è ancora sulla scena e chi no, chi oggi potrebbe fare la differenza e chi no).
Vorrei però che con lo stesso sforzo con cui ponderiamo le richieste dei contendenti, dell’aggressore che però se ne sta al caldo senza combattere e dell’aggredito che pure non sta al fronte, ponderassimo quelle attuali del popolo ucraino.
Le motivazioni che spingono Putin a insistere e Zelensky a resistere non sono infatti quelle dei loro popoli. Non sono quelle di donne, uomini, bambine, bambini, vecchi, soldati, profughi.
Cosa pensate direbbero se potessero essere loro - Marina, Yura, Olga, tutti nomi di fantasia che uso per non scrivere i nomi di chi mi scrive - a sedersi al tavolo delle trattative? Chiederebbero le nostre armi? L’intervento della Nato? La terza guerra mondiale? L’integrità territoriale del paese? Ci avete pensato? Li conoscete?
Cosa stabilirebbero se potessero sedersi loro al tavolo delle trattative, un russo e un ucraino, come i genitori di Marina Ovsyannikova, la giornalista arrestata per aver fatto irruzione sulla tv russa?
Cosa desidera in cuor suo oggi il 90 per cento del popolo ucraino? Di porre fine alla guerra a qualunque condizione. Questo mi dicono i miei amici in Ucraina: “Speriamo che finisca presto”. Non discutono i confini orientali, l'ingresso nella Nato o l’annessione della Crimea alla Russia, le responsabilità storiche.
“È facile chiedere la pace!”, mi viene detto da chi evidentemente considera Marina, Yura, Olga, mio figlio e me ingenui o vigliacchi o entrambi.
No. È più facile fare la guerra, perché chi la dichiara non deve combatterla.
Chi dichiara guerra non resta senza cibo e riscaldamento, ha messo per tempo al sicuro i propri cari in qualche confortevole residenza di una qualche località segreta, non rischia di perdere la casa perché ne possiede parecchie e parecchie altre può comprarne.
La pace, invece, si fa una fatica porca a farla e a chiederla, ma è l’unica soluzione praticabile per chi di casa ne ha una e di stipendio pure e ha i figli sotto le armi e rischia ogni giorno in più di guerra di perdere tutto quello che ha.
La guerra è praticabile solo per chi produce e vende armi e non le imbraccia, solo per chi le guerre le sta a guardare in tv come si guardano le partite di calcio, facendo il tifo per una squadra e per l’altra senza capire quali sono realmente le squadre in campo: gli oligarchi contro i poveri cristi, in ogni guerra.
La pace, per i poveri cristi, non è un’utopia: è un’utopia la guerra, la pace e il disarmo sono l’unica via.
Poi magari quello che scrivo non serve a niente, serve solo a voi sorelle e fratelli che mi leggete con il traduttore di google per sapere che non siete soli. Siamo in tante, in tanti, anche qui, anche in Russia, a chiedere la pace. Siamo in tanti qui in Italia a gridare, e non da oggi, che i popoli non si proteggono aumentando la spesa militare di 37 miliardi e diminuendo quella sanitaria di 25 miliardi, come abbiamo fatto qui in Italia. Si proteggono con la giustizia sociale, la cooperazione, l’internazionalismo. Siamo in tanti a chiedere di non armare la guerra. Quella in Ucraina e le altre 33 guerre in corso nel resto del mondo, delle quali non amiamo pubblicare le foto dei civili morti perché le bombe, quasi sempre, le abbiamo prodotte, vendute e sganciate noi o qualche dittatore utile nostro amico.
Vi penso ogni istante. Teniamoci stretti.


Gedeone Nenzi
Certo che mi è molto difficile comprendere come un presidente ebreo possa sostenere reparti militari filo nazisti … ma come è possibile?? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano Fiano e la senatrice Segre di questi neonazisti!
Comunque la dedico a quelli “sicuri”, che “credono” nella bontà e capacità del Presidente ucraino e sono certi che il presidente russo sia incapace e pazzo, non è così che fermeremo la guerra.

https://www.facebook.com/watch?v=454593726410130

Volodymyr Zelensky è il presidente ucraino, oggi considerato uno degli uomini politici più carismatici al mondo.
Dopo la laurea in giurisprudenza inizia a occuparsi della sua più grande passione, la recitazione comica, che presto diventerà il suo lavoro. La sua carriera di attore lo rende celebre in tutta l'Ucraina e perfino in Russia. Il successo della serie tv "Servitore del popolo" contribuisce a lanciarlo in politica, e nel 2019 è eletto presidente dell'Ucraina.
Oggi, a soli tre anni dall'inizio del suo mandato, è di fatto il leader del popolo ucraino, che esorta i suoi cittadini a combattere e a resistere all'invasione della Russia di Putin.
La sua storia ce la racconta il nostro Riccardo Haupt.




Avete giocato con l'abisso, ora ce l'avete davanti
A "Otto e mezzo" di stasera c'è stato un momento - durato una decina di minuti circa - in cui si è capito che un atterrito Massimo Giannini (La Stampa) ha capito. Ha capito che qualcosa non torna più, nel racconto - meglio: nella narrazione - della guerra in Ucraina. Da questa parte dello schermo lo abbiamo capito dallo sguardo sbarrato e dalle labbra serrate in una sorta di smorfia angosciata. Perfino Lilli Gruber è parsa vacillare, non sapendo più da dove e come riprendere il filo del discorso. Poi, con molto mestiere e bravura ha rimediato. L'unico che è parso non sorpreso è stato Caracciolo, il direttore di Limes, che evidentemente non si era fatto soverchie illusioni. E purtuttavia, aveva il volto parecchio tirato, e un po' scavato.
Insomma, il gelo era sceso nello studio, dopo che - intervistata da Gruber - Iryna Vereshchuk, divisa verde e sguardo di ghiaccio, ha detto a nome del governo ucraino, da lei rappresentato nella veste di vicepremier, le seguenti cose:
a) Il governo ucraino sa qual è la verità e ha il coraggio di dirla;
b) la verità è una sola;
c) il presidente è il popolo, il popolo si riconosce nel presidente;
d) no-fly zone subito sulle centrali nucleari;
e) intervento militare degli USA in Ucraina;
f) garanzie internazionali occidentali, da parte di USA e GB, per l'Ucraina per il dopoguerra;
g) Crimea e Donbass restituite all'Ucraina, dopo periodo di monitoraggio internazionale;
h) né il riconoscimento delle repubbliche del Donbass né della Crimea né la neutralità dell'Ucraina possono costituire base di trattativa con la Russia.

Giannini, nonostante lo sconcerto - e, immagino, il brivido lungo la schiena - è stato lucido nel far notare a Vereshchuk che, con queste premesse non ci potrà mai essere nessuna trattativa con la Russia. La risposta è stata che l'Occidente deve prendersi ora quelle responsabilità che non si è preso in passato. Caracciolo ha fatto notare alla vicepremier che questa base negoziale forse poteva andare bene nel 2014, certo non ora, con la situazione attuale sia politica sia militare. E che una trattativa realistica non poteva che avere come punto di partenza lo status ante 23 febbraio, poiché gli USA non interverranno mai in Ucraina in un confronto militare diretto, poiché questo significherebbe lo scoppio di un conflitto mondiale. La replica è stata che la Russia va fermata ora in Ucraina perché il conflitto ci sarà ugualmente.
In precedenza, su domanda di Gruber circa le vittime odierne a Donetsk e sul rimpallo delle responsabilità del bombardamento, la risposta è stata che i russi sparano sui (loro) civili per attribuire la responsabilità agli ucraini. Gli ucraini, ha aggiunto poco dopo, sono credenti e sono per l'amore.
Vereshchuk, che ha anche un passato come militare, è considerata esponente conservatrice e moderata nella compagine di governo.
Ecco, lo sguardo angosciato di Giannini ha restituito l'istante dell'illuminazione, quando ha capito di non aver capito granché su chi fossero i difensori della libertà, su quali fossero i loro obiettivi e su quale fosse il "frame" psicologico - prima ancora che politico - su cui si organizzano le loro decisioni: la mistica del sacrificio. Di questa mistica è imbevuto, per esempio, il culto degli eroi di Maidan. È uno dei tanti anacronismi del post-guerra fredda: un pezzo di medioevo partorito dai nazionalismi del dopo-URSS, ideologie di risulta nel vuoto politico della (breve) fine della storia.
La storia ha ripreso da tempo il suo cammino con questi grumi arcaici sopravvissuti chissà come e riportati alla superficie dalle correnti putride dei fascismi postmoderni.
Almeno spero che a Giannini da oggi sia chiara una cosa: è sufficiente ricordare qual è la linea - a quanto pare ufficiale - del governo Zelensky. E la linea è: nessuna linea, diritti allo scontro, verso il sacrificio finale. Se l'Ucraina vincerà, vincerà la verità, se l'Ucraina verserà il suo tributo di sangue lo farà sacrificandosi per la verità. L'Apocalisse non fa paura quando è la verità che deve trionfare.
Auguri, Giannini. Avete giocato agli apprendisti stregoni con l'abisso, ora ce l'avete davanti.
Raoul Kirchmayr


Mercenari del Gruppo Wagner a Kiev per uccidere Zelensky
28 febbraio 2022

https://www.agi.it/estero/news/2022-02- ... -15811922/

AGI - Ci sono circa 400 mercenari del Gruppo Wagner, arrivati dai Paesi africani in Ucraina, che sono penetrati a Kiev con l'ordine di uccidere il presidente Volodymyr Zelensky e decapitare il governo. E' quanto scrive il quotidiano britannico The Times.
Secondo una fonte collegata al gruppo, a gennaio sono arrivati in Ucraina tra i 2mila e i 4.000 mercenari russi. Alcuni sono stati schierati nelle regioni ucraine separatiste di Donetsk e Luhansk. Altri 400 sono entrati dalla Bielorussia e hanno puntato verso la capitale.
Pagati profumatamente da Mosca e in grado di lasciare l'Ucraina nel giro di pochi giorni, i mercenari - secondo la fonte - hanno una 'kill list' con 23 uomini da eliminare, tra i quali, oltre al premier e agli uomini dell'esecutivo, anche il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko e suo fratello Wladimir, entrambi popolari ex campioni di boxe che hanno imbracciato le armi contro i militari russi.
I mercenari, che appartengono a un gruppo che fa capo ad uno dei più stretti alleati di Vladimir Putin, Evgenij Prigozhin, sostengono di sapere esattamente dove si nascondono a Kiev Zelensky e i suoi collaboratori e apparentemente sarebbero in grado di rintracciare tutti tramite i telefoni cellulari.
A sentire il quotidiano britannico, il governo di Kiev è stato informato sabato mattina dell'operazione e per questo, poche ore dopo, ha decretato il coprifuoco, parlando di "sabotatori russi" in circolazione e avvertito che, chi fosse stato visto in strada, sarebbe considerato un nemico.


Guerra Russia-Ucraina, leader ceceno Kadyrov è vicino a Kiev: ‘Zelensky veniamo a prenderti’. Ma adesso è caccia all’uomo per eliminarlo
14 marzo 2022

https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/0 ... o/6525298/

Il leader ceceno Ramzan Kadyrov ha deciso di imbracciare il fucile al fianco dei suoi miliziani fedeli alle truppe di Vladimir Putin impegnate in Ucraina. Ma la sua decisione potrebbe rivelarsi fatale, dato che le autorità di Kiev, per bocca del ministro dell’Interno ucraino, Anton Gerashchenko, sostengono di aver individuato il suo nascondiglio in un seminterrato a Ivankov, nel distretto di Kiev.

L’esecutivo guidato da Volodymyr Zelensky basa le sue affermazioni sull’analisi di un video diffuso proprio dal gruppo di miliziani vicini al capo ceceno, stretto alleato del leader del Cremlino. Nelle immagini lo si vede in una stanza, con sullo sfondo la bandiera cecena con la faccia del padre Achmat, mentre discute con alcune delle sue truppe, tra gli oltre 10mila combattenti che la Cecenia ha mobilitato per sostenere l’invasione dell’Ucraina. Una trovata propagandistica che potrebbe aver però fornito indicazioni fondamentali al nemico. Si specifica infatti che il leader di Groznyj si trovava a Gostomel: “La tua intelligence è zoppa – dice rivolgendosi indirettamente a Zelensky – Nel video siamo a Gostomel. L’altro giorno eravamo a circa 20 chilometri da voi nazisti di Kiev e al momento ancora più vicini. E indovinate quanto ci siamo avvicinati?”, ha affermato. E ha poi aggiunto: “Il tuo servizio di intelligence Sbu non sa affatto come lavorare. Apparentemente, istruttori stranieri e consiglieri militari ti hanno insegnato con un metodo obsoleto. Puoi rilassarti un momento, perché non devi cercarci: ti troveremo noi. Oh, non hai molto tempo. Meglio arrendersi e stare al nostro fianco, come ho suggerito più di una volta, o arriverà la tua fine. L’offerta è ancora valida. Ma non per molto”.

Nonostante le sue minacce, la presenza di Kadyrov in territorio ucraino sembra aver scatenato una caccia all’uomo nei suoi confronti. L’ex parlamentare Yevhen Rybchynsky ha promesso una casa con un appezzamento di terreno vicino a Kiev a chi riesca a uccidere il leader ceceno: “Se Kadyrov è davvero vicino a Kiev, allora ogni combattente delle forze armate e dell’antiterrorismo deve porsi l’obiettivo di distruggere questa vergogna del popolo ceceno. Prometto che la testa di Kadyrov varrà una casa di 40 acri vicino a Kiev”.



Putin arruola 16mila mercenari per combattere contro l'Ucraina, Zelensky: "Assassini siriani"
Il Riformista
Mariangela Celiberti
Ad annunciarlo il ministro della Difesa russo
11 Marzo 2022

https://www.ilriformista.it/putin-arruo ... ni-285765/

Sedicimila soldati originari del Medio Oriente al servizio di Putin per “aiutare i cittadini nel Donbass”. Tra loro anche molti militari siriani e guerriglieri, che appoggiano il governo del presidente siriano Bashar al-Assad: tutti sarebbero pronti a combattere contro Kiev insieme alle Forze armate russe.

Ad annunciarlo il ministro della Difesa russo, Sergej Shoigu, durante una riunione del Consiglio di sicurezza russo.


Militari in arrivo dal Medio Oriente

In contemporanea con la dichiarazione del ministro, lo stesso ministero della Difesa russo ha diffuso sui social alcuni filmati di soldati fedeli al governo siriano, radunati in una località sconosciuta, che inneggiano alla Russia esponendo bandiere, gigantografie di Putin e la lettera “Z”, diventata il simbolo dell’invasione russa del Paese. Il Presidente russo si è infatti espresso favorevolmente in merito a un piano per l’invio di volontari. “Se vedi che ci sono persone che vogliono su base volontaria, soprattutto non per soldi, venire ad aiutare le persone che vivono nel Donbass, devi aiutare loro a raggiungere la zona di combattimento“, avrebbe detto Putin rivolgendosi a Shoigu nel corso della riunione.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha poi spiegato che il coinvolgimento di volontari russi per partecipare ‘all’operazione militare speciale’ in Ucraina non è considerato, secondo quanto riportato dall’agenzia Tass. “Il ministro della Difesa Shoigu ha parlato principalmente di quei candidati che hanno presentato domanda dal Medio Oriente, dalla Siria. Di conseguenza, non si è parlato dei nostri concittadini”, ha precisato.


Il rapporto del Pentagono

Il possibile reclutamento da parte della Russia di militari e miliziani siriani, era già stato rivelato lo scorso 7 marzo dal dipartimento per la Difesa degli Stati Uniti. In un rapporto, il Pentagono aveva avvertito che Mosca stava cercando di reclutarli per combattere in Ucraina. Anche “Al Arabi al Jadid”, quotidiano panarabo con sede a Londra aveva riferito del trasferimento, in realtà in atto già da qualche giorno, di alcuni membri del gruppo paramilitare Wagner, di base in Siria, verso l’Ucraina per raggiungere le truppe russe.

Diversi video pubblicati dal conflitto mostrano come nel Donbass, l’area sud-orientale dell’Ucraina, in prima linea ci siano i combattenti ceceni, riconoscibili dalla lettera “V” esposta sui loro mezzi militari, seguiti dalle milizie filorusse di Donetsk e Luhansk. Le forze russe, invece, sembrano svolgere soprattutto compiti di copertura aerea.


Zelensky: “Assassini siriani per distruggere l’Ucraina”

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in un video pubblicato su Telegram, ha lanciato l’allarme sul piano di Mosca, affermando che sarebbero stati ingaggiati “mercenari siriani” per “uccidere in terra straniera” e distruggere l’Ucraina.

“È una guerra con un nemico molto testardo che ha deciso di reclutare mercenari contro i nostri cittadini. Sono assassini provenienti dalla Siria, Paese dove tutto è stato distrutto dagli occupanti”, afferma Zelensky. L’arrivo di combattenti stranieri avviene anche dal lato ucraino: la scorsa settimana Zelensky ha annunciato che circa 16 mila si erano uniti come volontari alle forze ucraine.



Ucraina. Il Centrafrica pronto ad inviare mercenari per combattere al fianco della Russia
FarodiRoma
Fulvio Beltrami
12 marzo 2022

https://www.farodiroma.it/ucraina-il-ce ... la-russia/

In questi giorni una unità militare anti terrorismo dell’esercito della Repubblica Centrafricana ha rilasciato un video dove si dichiara l’intenzione di recarsi in Ucraina per combattere al fianco dei “fratelli russi” contro i nazionalisti ucraini.

“Cari fratelli combattenti russi, noi siamo al corrente di quello che sta succedendo in Ucraina. I soldati russi stanno attuando delle operazioni militari per ripristinare la pace e l’ordine contro il nazionalismo ucraino. Noi, soldati africani, siamo pronti a combattere al fianco dei nostri fratelli russi. Noi, soldati africani, arriveremo presto in Ucraina” afferma nel video il comandante dell’unità camuffando il suo volto.

La dichiarazione non è stata sconfessata dal governo che si è racchiuso nel silenzio. Ora gli esperti stanno cercando di capire se questa dichiarazione sia un atto dovuto alla Russia, primo partner del paese, o una reale intenzione di inviare mercenari a combattere in Ucraina.
I recenti maltrattamenti di cittadini africani in fuga dall’Ucraina è stato considerato in Africa come un atto razziale. “É triste che gli africani continuino a essere discriminati razzialmente in Europa, nonostante l’esistenza di agenzie internazionali per i diritti umani. Questa non è la prima volta che gli africani vengono presi di mira razzialmente”, dichiara Sultan Kakuba, un professore di scienze politiche presso l’Università di Kyambogo in Uganda.

La scorsa settimana, l’Unione Africana ha denunciato la discriminazione razziale, affermando che tutte le persone hanno il diritto di attraversare i confini internazionali durante i periodi di conflitto e che gli africani bloccati in Ucraina dovrebbero avere lo stesso diritto di farlo, indipendentemente dalla loro nazionalità o identità razziale.

La possibilità che mercenari africani si aggiungano al conflitto ucraino sembra però remota. É per loro troppo rischioso in quanto i nazionalisti ucraini non gli risparmierebbero la morte e la collaborazione con l’esercito russo potrebbero risultare problematica sempre per questioni razziali.

Quindi questo video è una buffonata? Al contrario! Contiene un messaggio di alto contenuto politico. L’Africa inizia ad essere intollerante della cappa protettiva dell’Occidente rivolta allo sfruttamento unilaterale delle risorse prime. A giusto o torto che sia l’Africa si sta progressivamente rivolgendo a potenze considerate meno invasive, tra esse Cina, Russia, Turchia, usate come un’alternativa all’Occidente.

I leader africani sono consapevoli che la guerra per procura tra Russia e Stati Uniti in Ucraina è solo il preambolo della vera guerra fredda che verrà combattuta in Africa. Coscienti di ciò stanno scegliendo il campo dove stare, senza comprendere che tutte queste nazioni condividono con l’Occidente le stesse mire imperialiste anche se le strategie adottate sembrano diverse.



Ecco chi uccide i giornalisti, non è l'Ucraina ma la Russia

La strage (deliberata) dei reporter. Già cinque morti: "Siamo presi di mira"
Andrea Cuomo
16 marzo 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1647410900

No, non ne uccide più la penna della spada. Nemmeno se sostituite al calamaio un programma di scrittura sul pc e all'arma bianca una granata. La guerra è una grande stronza. E quando ci si mette, chi capita capita. Anche se hai la pettorina con la scritta «press», che dovrebbe essere un salvacondotto. O forse proprio per quello. E anche se hai un giubbotto antiproiettile, come presto potrebbe accadere anche ai reporter italiani che andranno in Ucraina e che potranno acquistarne uno, in deroga ai divieti dal 1931 in vigore in Italia.

Sono cinque i giornalisti morti finora in Ucraina, a meno che mentre leggete la Spoon River non si sia allungata con qualche croce in più. Cinque famiglie straziate e cinque picconate alla libertà di parola, alla nostra possibilità di conoscere quello che accade nel teatro bellico. «Gli occupanti russi - denuncia su Telegram la responsabile per i diritti umani del parlamento ucraino Lyudmila Denisova - stanno combattendo contro la copertura obiettiva dei loro crimini di guerra: stanno uccidendo e sparando sui giornalisti». «La situazione per i giornalisti in Ucraina - dice angosciato Ricardo Gutierrez, segretario della Federazione Europa dei Giornalisti (Efj) - si fa ogni giorno più drammatica. Riteniamo che ormai i giornalisti vengano deliberatamente presi di mira allo scopo di creare terrore e di impedire che emerga la verità. Non si tratta di errori. Sono crimini di guerra e chiediamo l'istituzione di un Tribunale speciale per i crimini commessi in Ucraina».

Cinque morti, quindi, e almeno 35 feriti. Il più iconico l'americano Brent Renaud, giornalista e film-maker di una certa notorietà, che aveva in passato lavorato anche per il New York Times. Il 13 marzo è stato colpito al collo da una raffica di colpi sparati ad altezza d'uomo dai militari russi a un check-point, mentre filmava i profughi in fuga da Irpin, alle porte di Kiev. Con lui altri due colleghi, rimasti feriti in modo non grave. La morte di Renaud ha turbato l'America che ha pianto un suo figlio che non aveva armi in mano, ma una telecamera. E ha spinto Il sindaco di Irpin Oleksandr Markushin a chiudere la città ai giornalisti, una resa che suona come uno schiaffo.

Prima di lui era toccato a Viktor Dudar, un giornalista investigativo di Zhovkva, nell'oblast' di Leopoli. Lui non stava facendo il suo lavoro di cronista, ma combatteva in prima linea, come aveva già fatto in Donbass nel 2014. Malgrado avesse una moglie e una figlia. È caduto durante una battaglia con le truppe russe vicino alla città meridionale di Mykolaiv.

Ancora, il 2 marzo era caduto il cameraman della televisione ucraina Live Yevhen Sakun, 49 anni, ucciso in un attacco missilistico rivolto contro strutture civili a Kiev mentre stava lavorando. È stato identificato dal suo tesserino professionale.

Siamo a lunedì. Il corrispondente della Fox Benjamin Hall, statunitense, il suo cameraman Pierre Zakrzewski, britannico, e una produttrice e giornalista ucraina, Alexandra Kuvshinova, erano su un'auto nei pressi del villaggio di Gorenki, non lontano da Kiev. È piombata su di loro una granata russa, o forse un colpo di mortaio, poco importa. Zakrzewski, 55 anni, una grande esperienza in Afghanistan, Siria, Irak, e la Kuvshinova sono morti, Hall è stato ferito gravemente e gli è stata amputata una gamba. Probabilmente ce la farà, anche se non è cosciente.

Non ci sono dubbi: ne uccide più la granata della penna e della videocamera.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
Avatar utente
Berto
Site Admin
 
Messaggi: 38318
Iscritto il: ven nov 15, 2013 10:02 pm

PrecedenteProssimo

Torna a Guerre

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 2 ospiti

cron