Putin, no grazie! La Russia di Putin con il male della terra, come la Russia dell'URSS
Difendiamo il Mondo Libero, difendiamo l'Ucraina!
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Capitolo 27
I falsi buoni, i finti e demenziali pacifisti, quelli che condannano l'aggredito e la vittima e che stanno con il carnefice aggressore, umanità demenziale nazi fascista, internazi comunista e falsamente cristianaIl vizio del pacifismo che rallenta la paceGabriele Barberis
4 marzo 2022
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1646377693D a Biden che si intromette negli affari dell'Ucraina all'Unione europea che finisce per finanziare le milizie neonaziste del paese invaso dai russi. Appena parte un colpo, a sinistra scatta il riflesso di Pavlov del pacifismo, una delle più nobili dottrine della storia moderna ma purtroppo distorta da un'ideologia che l'ha resa uno strumento deleterio nel cogliere il suo scopo: la pace.
C'è sempre uno più progressista di un liberal aperto ed evoluto, ed è appunto il pacifista medio che si scaglia contro la «sedicente sinistra». Copyright di un senatore della Repubblica, Mattia Crucioli, portabandiera di Alternativa. La «sedicente sinistra», vista dai puristi gandhiani, in questo caso è quella di un governo chiamato a fronteggiare una crisi politico-militare che potrebbe sfociare in un conflitto globale. Per i Crucioli rientrati sulla scena con la guerra ucraina, non può che suscitare orrore un ministro della Difesa come Lorenzo Guerini (Pd) che sollecita responsabilmente un aumento delle spese militari. Misura necessaria, a sua volta mutuata da un altro governo di sinistra, anzi sinistra-sinistra, quello tedesco guidato da Scholz che ha appena stanziato 100 miliardi di euro per le forze armate.
La pace è un valore supremo, pari al benessere individuale e alla dignità dell'essere umano. Brandirla strumentalmente come spartiacque tra anime virtuose e guerrafondai di ritorno è soltanto l'ennesimo rigurgito di una componente massimalista che continua a giudicare il riformismo come l'anticamera del fascismo. L'annosa questione dell'esercito comune europeo, spaventosamente in ritardo, è stata frenata negli anni proprio da un oltranzismo pacifista presente nei principali paesi Ue che ha impedito il compiersi di un processo coerente con il progetto degli Stati Uniti d'Europa. Una visione, guarda caso, che è sempre piaciuta più a sinistra che a destra. È bello vivere di emozioni e di parole di condanna: chi non sogna un mondo dove i conflitti possano essere risolti da marce, sit-in e giri di chitarra?
Il mondo è il nostro paradiso terrestre, ma purtroppo resta un luogo pericoloso dove vivere, anche se mille volte più sicuro rispetto all'antichità. Ogni tanto spunta un Putin che organizza invasioni di stati sovrani limitrofi, con buona pace di chi vedeva la Terza guerra mondiale come uno scontro virtuale tra server, super computer e cyber boicottaggi da remoto. La nuova guerra sono i vecchi tank, i vecchi bunker anti aereo, i vecchi missili terra-aria chirurgici come la mannaia di un macellaio sfinito dal cinquantesimo colpo della giornata.
Intralciare le risposte militari, previste dal diritto internazionale, non è la ricetta giusta per replicare alle aggressioni. La dottrina della deterrenza insegna ancora che arsenali pieni e non inferiori al nemico sono il miglior fattore per un equilibrio di potenza che, tradotto in quattro lettere, si chiama pace. Per la Ue la crisi ucraina è il banco di prova per dimostrarsi una potenza militare sovranazionale, temuta e rispettata dal folle invasore di turno. Oggi potrà salvare l'Ucraina, domani qualsiasi Paese bersaglio di un'invasione che sembrava cancellata dai manuali storici e militari. È sempre l'ora della pace. Ma costa più soldi che parole.
UCRAINA, QUELLI CHE NON SCELGONO: NE' CON PUTIN NE' CON LA NATO"di Antonio Polito, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
5 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063In ogni talk show ce n’è uno. Quello che dice: più gli ucraini combattono e più dura la guerra. Siccome alla fine vincerà comunque Putin, prima Putin vince e prima ci sarà la pace. Elementare, Watson. Dunque, per il bene degli ucraini, non aiutiamoli a resistere, né con le sanzioni né con l’invio di armi.
Questa inversione dell’onere della pace, per cui dovremmo essere noi, Occidente, a «cessare» una guerra avviata da Putin, evitando di farlo arrabbiare e fingendo di non sentire — ovviamente per il loro bene — ciò che gli ucraini ci chiedono a gran voce, può avere effetti paradossali.
L’altra sera, per esempio, una valente filosofa, Donatella Di Cesare, cercava di convincere in tv una esterrefatta profuga ucraina, con i familiari sotto le bombe, che «non si conquista la libertà attraverso la guerra» e che «la pace è anche pensare di poter avere torto». Ma gli ucraini la libertà ce l’avevano già, e pure la pace. E tornerebbero volentieri al 23 febbraio, a prima dell’invasione. La guerra non l’hanno cominciata loro. E anche se, adesso che sono stati invasi, combattono per la libertà, negargli questo diritto ci costringerebbe a riscrivere tutti i libri di storia delle nostre scuole, e condannare Mazzini e Garibaldi e le tre guerre di indipendenza, e pure il poeta Byron che andò a battersi e morire per la libertà della Grecia, e strappare centinaia di pagine sulla autodeterminazione dei popoli.
La frase chiave di questo argomento dice: «La pace è più importante di tutto, anche della libertà». È più o meno ciò che pensava la folla plaudente che accompagnò nel 1938 Neville Chamberlain, premier britannico, alla partenza per la conferenza di Monaco; dove, per salvare la pace, cedette a Hitler e gli consegnò la regione cecoslovacca dei Sudeti, che venne annessa al Reich (le minoranze linguistiche sono sempre state un potente afrodisiaco dei tiranni). Si sa come finì: con la guerra mondiale un anno dopo. Winston Churchill, che era un grande giornalista e farebbe un figurone nei talk show dei nostri giorni, spiegò icasticamente che cosa era successo ai governanti inglesi: «Potevano scegliere tra la guerra e il disonore. Hanno scelto il disonore, avranno la guerra». Perché non c’è pace basata sul sopruso.
Per qualche misteriosa ragione, i più ardenti sostenitori di questa nuova idea di «appeasement» con il tiranno , a prezzo della schiavitù degli ucraini, sono spesso gli stessi che fino a ieri si sono battuti come leoni contro la schiavitù degli italiani, a causa del green pass. E forse si spiega con il fatto che la guerra di Putin riunisce coloro che disprezzano la democrazia: o perché «imbelle» (se sono di destra) o perché «ingiusta» (se sono di sinistra). È un mix di quelli che tifavano per il vaccino Sputnik e quelli che «almeno in Russia non c’è il green pass». Un’antica vena antiparlamentare, ben nota alla storia d’Italia, preferisce l’autoritarismo alla politica democratica. In fin dei conti il movimento dei Fasci è nato qui, ed è nato a sinistra.
Ma quel che più preoccupa è che il tentativo di invertire l’onere della pace non si limita ai talk show. Se ne sente per esempio l’eco anche nel movimento che oggi scende in piazza a Roma con la Cgil. L’altra sera abbiamo ascoltato Maurizio Landini a Tg2Post sostenere, con la sua abituale foga, che «noi dobbiamo cessare questa guerra», ed «evitare la Terza Guerra Mondiale che dice Biden», e che dunque invece di mandare le armi, perché «non si risponde alla guerra con la guerra», «bisogna che scenda in campo l’Onu». Intendiamoci: ottima idea, e lodevoli intenti. Ma chi è che impedisce all’Onu di scendere in campo, se non la Russia che ha posto il veto in Consiglio di sicurezza sul cessate il fuoco? E giustamente, dal suo punto di vista, visto che è il Paese aggressore. Il difetto di queste posizioni «neutraliste», che hanno portato la Cisl a non aderire alla manifestazione, sta proprio nel mettere sullo stesso piano aggredito e aggressore. La riedizione di un vecchio e famigerato slogan degli anni di piombo, «né con lo Stato né con le Br», conclude il documento con cui Rifondazione Comunista ha aderito al corteo di oggi: «Né con Putin né con la Nato». Vi si condanna sì, in due parole, «l’invasione russa dell’Ucraina». E però anche «l’espansionismo della Nato che ha deliberatamente prodotto un’escalation irresponsabile alimentando il nazionalismo ucraino e l’attacco contro le repubbliche del Donbass». Ora, si possono avere tante e legittime opinioni su che cosa sia successo in quella parte dell’Europa fino al 23 febbraio: ma non si può negare che oggi in Ucraina ci siano i carri armati e i missili russi, non la Nato. E se si è contro la guerra, è contro chi la fa che bisogna manifestare.
Questo fronte contesta spesso al governo e al parlamento italiano, e all’Europa tutta, di non avere una strategia: a che serve aiutare la resistenza ucraina? Si possono dare due risposte. La prima: a impedire o ritardare la vittoria dell’aggressore, o a mutilarla nel caso che la ottenga sul campo con migliaia di vittime innocenti, facendogli pagare un tale prezzo politico, economico e morale, da chiedersi se ne sia valsa la pena. La seconda: per evitare che lo rifaccia, lui o il suo successore. Perché dopo la Georgia siamo stati zitti, dopo la Crimea quasi zitti, e se tacciamo anche ora, dopo l’Ucraina — statene certi cari pacifisti — la guerra toccherà anche alla Moldavia, e di nuovo alla Georgia, e magari anche ai Paesi Baltici.
Aiutiamo dunque chi resiste perché è giusto. Ma anche perché amiamo la pace.
MOSCA, ARRESTATI CINQUE BAMBINI: PORTAVANO DISEGNI CONTRO LA GUERRA ALL'AMBACIATA UCRAINAdi Irene Soave, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
3 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Una bambina dallo sguardo atterrito, al tavolo di un’agente in una stazione di polizia di Mosca, che prende le sue generalità. Dietro di lei due cartelli scritti a pennarello, tutti colorati: «Niet voine», no alla guerra. È per questi che la bambina è stata arrestata. È la foto che circola da ieri sui social, ripresa anche dal governo ucraino come misura della difficoltà del rivale russo: «Putin», twitta il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba, «fa la guerra ai bambini». La notizia è di mercoledì, diffusa dapprima dall’antropologa Aleksandra Arkhipova e poi verificata dai media: cinque bambini moscoviti, dai 7 agli 11 anni, sono stati arrestati mentre portavano fiori e scritte per la pace disegnate con dei pennarelli, insieme alle loro mamme, all’ambasciata ucraina di Mosca. La polizia li ha fermati, li ha «separati dalle loro madri», minacciati «di togliere la loro custodia ai genitori» e poi rilasciati dopo qualche ora, denunciando le madri, Ekaterina Zavizion e Olga Alter, a piede libero. La legge russa, in teoria, non permetterebbe di trattenere bambini sotto i 14 anni per più di tre ore in stato di fermo.
Il gruppetto — Liza, Gosha, Matvey, David e Sofya (in ordine di età: 11, 11, 9, 7 e 7 anni) — portava cartelli disegnati con la bandiera russa e quella ucraina vicine a formare un cuore; fiori e disegni a pennarello. Un video dell’arresto che circola su Facebook mostra tre bambini seduti in terra e una che piange, dietro le sbarre, con una donna che le spiega che «l’obiettivo è fare sì che meno persone possibili manifestino contro la guerra».
Il ministro ucraino Dmytro Kuleba ha pubblicato le foto e i video sul suo account Twitter. «Putin fa la guerra ai bambini. In Ucraina, dove i suoi missili hanno colpito asili e orfanotrofi, e anche in Russia. Questi bambini hanno passato la serata in cella per i loro cartelli con scritto “no alla guerra”. Questo è il livello di paura che ha quest’uomo».
La repressione del dissenso interno alla guerra, in Russia, è diventata molto forte nell’ultima settimana: a oggi, riporta l’osservatorio indipendente Ovd-Info, 6.840 persone sono state arrestate in tutto il Paese per avere manifestato contro l’invasione dell’Ucraina. Tra loro anche ottantenni, come l’attivista Lev Ponomarev, e da ieri anche bambini. La tv indipendente Dozhd, dall’ampio seguito, e la radio «microfono aperto» Eco di Mosca, sono state chiuse lunedì con un decreto di poche righe.
I SOLDATI RAGAZZINI E L'URLO DELLE MADRI CHE HANNO COSTRETTO LA DIESA A SVELARE I DATI DELLE PERDITE: 498 MORTIdi Marco Imarisio, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
4 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063 Le madri dei soldati russi sono la voce dei figli che non possono parlare. E sanno di poterla usare, sanno che loro rappresentano una zona franca, per quel che stanno patendo, per quanto ancora soffriranno. E quindi parlano, e raccontano di ragazzi mandati al fronte all’inganno, catturati, ridotti in lacrime, esibiti come una prova dell’approssimazione di questa guerra, che doveva durare due giorni e invece è già costata molto in termini di vite umane. Sono state loro, con il riconoscimento dei prigionieri, con la scelta di rendere pubblica la disperazione più grande che si possa immaginare, ad avere costretto il ministero della Difesa a svelare i dati delle perdite subite dall’esercito, che non sono stati nemmeno citati dai telegiornali pubblici, quasi una nota a margine nella narrazione trionfale dell’operazione di mantenimento della pace voluta dal Cremlino.
Ma intanto, questi numeri esistono, 498 vittime, 1.540 feriti gravi, una quantità imprecisata di militari catturati dal nemico ucraino. Grazie alle madri, le uniche persone che non possono essere obbligate a tacere. Sarebbero tutte notizie false, senza di loro. Le fake news, termine che viene utilizzato in lingua inglese, come a rimarcare che si tratta di una invenzione altrui, nel mondo rovesciato della Russia di Vladimir Putin sono molto spesso la verità. Anche il ragazzo protagonista suo malgrado del video che ha fatto il giro del mondo, con una donna ucraina che gli offre un thè caldo e una videochiamata con la madre, non doveva esistere. Il suo spavento, anche la sua inadeguatezza, non hanno diritto di cittadinanza. Ma la sua famiglia lo ha riconosciuto e lo ha comunicato attraverso quei pochi social che ancora sfuggono a un controllo sempre più serrato.
La fake news è diventata pura e semplice realtà. In questa che è anche una guerra di propaganda, il ministero della Difesa ucraino ha dimostrato di conoscere una delle poche debolezze della Russia, diffondendo lo scorso 2 marzo sui social un comunicato nel quale si spiega che «i soldati fatti prigionieri saranno resi alle madri che verranno a prenderli a Kiev». Per sapere, basta chiamare il numero mostrato in un volantino, oppure mandare una mail. Chissà se è tutto vero. In questa guerra così social, l’esercizio del dubbio è un dovere. Ma almeno delle madri, non è lecito dubitare. La donna di Uland-Udè, remota città della Siberia meridionale, che si mostra sotto il monumento di Lenin con il cartello No alla guerra dopo avere riconosciuto in un video il figlio Sergey Ochirov fatto prigioniero in Ucraina, non può mentire. «Voglio che la gente capisca che non si tratta di un falso, il mio ragazzo di diciannove anni è stato spedito a combattere con l’inganno, non sapeva neppure dove era diretto». Non possono essere un caso le facce da bambini di militari russi fatti prigionieri o uccisi. Rivelano qualcosa, che sia la convinzione errata che l’invasione fosse una passeggiata da fare anche con reclute poco esperte oppure un livello di preparazione che non sembra essere all’altezza della fama dell’esercito di Putin.
Comunque, si tratta di una nota stonata. E l’hanno fatta suonare le madri dei soldati, rivolgendosi ai due Comitati che portano il loro nome, uno governativo e l’altro no. Valentina Melnikova, che dirige il primo, almeno riconosce che il problema esiste. La partecipazione ad azioni belliche, questo è il suo ragionamento in punta di diritto, deve essere regolata da ordini precisi. «Ma siccome la guerra in Ucraina non è stata dichiarata secondo la Convenzione di Ginevra, mi chiedo se questi ordini, nel caso esistano, siano anche giuridicamente corretti». Andrej Kurochkin, a capo dell’Organizzazione non governativa quasi omonima dell’altra, è più eloquente. «Il numero mai così elevato di ragazzi giovanissimi mandati al fronte senza preavviso dimostra che qualcosa non sta andando per il verso giusto». Rimangono quei video, e queste testimonianze.
Grazie alle madri. Ai tempi della prima guerra in Cecenia ebbero un ruolo nel convincere Boris Eltsin a ritirarsi da quel carnaio senza senso. Si accamparono alla base russa di Khankala, vicino a Grozny. Girarono per i villaggi con le foto dei figli, chiedendo notizie, proponendo scambi di prigionieri. Dissero che non se ne sarebbero mai andate prima di avere loro notizie, o una tomba sulla quale piangerli. Anche durante le fasi seguenti alla tragedia del sottomarino Kursk, 2 agosto 2000, imposero il recupero a ogni costo dei 107 corpi delle vittime. Quel disastro sembrò un simbolo del declino russo. Le autorità volevano tenerlo nascosto. Non ci riuscirono. Alla fine di quel mese, Putin incontrò una delegazione delle madri dei marinai alla base di Vidyayevo. Fu e la prima e unica volta in cui subì una contestazione durante un evento pubblico.
Ucraina, il governo denuncia: «Molte donne violentate dai soldati russi, la Nato deve agire ora»(aggiungo io probabilmente dai soldati russi nazi maomettani)
Venerdì 4 Marzo 2022
https://www.ilmessaggero.it/mondo/ucrai ... 42436.htmlLontano dai tavoli delle trattative la guerra si combatte anche sui corpi, soprattutto quelli dei più fragili, soprattutto quelli delle donne. E così anche in Ucraina donne, bambine e ragazze rischiano di diventare il fronte invisibile del conflitto, le vittime di una violenza non raccontata. Perchè nell'orrore della guerra anche violazioni di diritti inaccettabili come lo stupro e la violenza sessuale possono diventare la normalità, ridotte a un sottprodotto inevitabile della situazione.
Zelensky scappato in Polonia? Da Mosca è caccia al presidente, ma Kiev risponde: «È con la sua gente»
Il 4 marzo è stato il ministro degli Esteri Ucraino, Dmytro Kuleba, a lanciare l'allarme su questo rischio, accusando i soldati russi di aver compiuto stupri ai danni di donne ucraine nelle città occupate «Quando i soldati stuprano le donne nei territori occupati, e abbiamo diversi casi - ha detto il ministro al canale televisivo N1 - quando i soldati russi abusano delle donne nelle città ucraina, è chiaramente difficile parlare dell'efficacia della legge internazionale». Una dichiarazione che accende il campanello d'allarme e che rafforza ulteriormente la richiesta di intervento avanzata dallo stesso ministro direttente alla Nato «Non lasciate che Putin trasformi l'Ucraina nella Siria Siamo pronti a combattere. Continueremo a combattere. Ma abbiamo bisogno dell'aiuto concreto e risoluto dei nostri partner, ora» ha scritto su Twitter.
«Monitoraggio internazionale per proteggere donne e bambine»
Non sono pochi i casi nella storia in cui durante un conflitto la violenza di genere e lo stupro sono stati utilizzati come vere e proprie armi, strumenti di dominio da parte di un esercito invasore contro il nemico, rappresaglia per piegare la popolazione se non come mezzo di pulizia etnica o genocidio. Per questo anche in Ucraina come ha ricordato Sima Bahous, presidente dell’Ente delle Nazioni Unite per l'uguaglianza di genere l'attenzione per i più fragili, a partire da donne e minori deve essere una priorità: «La situazione attuale mette a repentaglio la sicurezza di tutti gli ucraini e espone in particolare le donne e le ragazze a un rischio maggiore di violenza sessuale e di genere, in particolare quelle rifugiate o comunque sfollate dalle loro case. Questi fattori devono essere presi in considerazione in tutti gli sforzi per monitorare e rispondere alla situazione in Ucraina, in modo che i primi segnali di allarme dell'impatto ricevano una risposta adeguata e proporzionata».
Lo stupro è un crimine di guerra
Per la Corte penale internazionale lo stupro rientra tra i crimini di guerra, ma la Russia e l'Ucraina non hanno aderito alla sua giurisdizione, istituita nel 2002. In UcrainaGli stupri di guerra non sono un fenomeno nuovo . La Corte penale Internazionale ha già aperto un'indagine sulle violenze sessuali avvenute ai danni dei civili prigionieri in Donbass durante l'invasione della Crimea del 2014. La fase preliminare delle indagini ha concluso che c'è “una base ragionevole per ritenere che siano stati commessi crimini di guerra e crimini contro l'umanità”. Ora che il conflitto è più ampio, il numero di vittime potrebbe aumentare. Tenere alta l'attenzione internazionale su questo argomento è fondamentale.
Ritrovarsi dalla parte sbagliata Non c'è orgoglio nei loro occhi. Non c'è nei soldati che si sono ritrovati a combattere una guerra fratricida.
Vittorio Macioce
4 Marzo 2022
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 14974.html Non c'è orgoglio nei loro occhi. Non c'è nei soldati che si sono ritrovati a combattere una guerra fratricida. Non c'è in chi ha il coraggio di dire no e neppure in quella zona grigia, senza eroi, di quella maggioranza spaurita che abbassa la testa e prega in silenzio, sperando che il flusso della storia li lasci vivi, sopravvissuti. Non c'è più negli oligarchi che hanno condiviso il destino di Putin e ora vorrebbero smarcarsi, ma non ne hanno l'interesse o il coraggio. C'è ancora meno nello loro figlie, come Sofia Abramovich, quando scrive che questa non è la sua guerra. Non c'è orgoglio nella risposta di Artem Dzyuba, capitano della nazionale di calcio, a Vitaliy Mykolenko. Il difensore ucraino dell'Everton scrive: «Mentre tu, bastardo Dzyuba, taci assieme ai tuoi fottuti compagni di squadra, i civili in Ucraina vengono uccisi». E Dzyuba risponde: «Facile parlare quando si ha il culo al caldo in una villa inglese». Il martirio non si può pretendere: cosa fareste voi al suo posto?
Da oggi in Russia ci sarà la legge marziale e chi invoca la pace rischia la vita. Natasha, che vive a Mosca, racconta di un gruppo di bambini, tra i sette e gli undici anni, che hanno portato i fiori davanti all'ambasciata Ucraina. Sono stati arrestati e ai genitori verrà tolta la patria potestà. Ci vuole il coraggio dei bambini, ma non è scontato, non è normale. Allora ai russi alla paura e alla pena si aggiunge la vergogna, quel non sapersi più guardare in faccia, perché lo sai cosa significa girarsi dall'altra parte. Non fare nulla, non dire nulla, sentirti complice del potere senza limite. In Russia il diritto è morto e ci sei abituato da generazioni, da sempre, perché qui le libertà scritte in Occidente sono solo un sogno, un'illusione. È il confine che adesso divide i russi dagli ucraini.
È ritrovarsi dalla parte sporca della storia. Allora ti vengono in mente le parole di Guzel' Jachina in Figli del Volga (Salani). «Davvero aveva vissuto tutti quegli anni senza sapere niente? Ma senza sapere che cosa? Che il Volga era pieno di morte. Che quell'acqua era fatta di sangue e imprecazioni. Che era ferocia pura».
Lucano il delinquente dementeLucano: "Putin colpevole come la Nato. E le armi..."
Francesco Curridori
4 Marzo 2022
https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 15144.htmlMimmo Lucano, ex sindaco di Riace, critica l'invio delle armi della Nato all'Ucraina e prende una posizione di neutralità sulla Russia
Lucano: "Putin colpevole come la Nato. E le armi..."
"Putin e la Nato, l'Occidente, hanno le stesse colpe". A dirlo è Mimmo Lucano, l'assai discusso ex sindaco di Riace, che solo qualche giorno fa aveva proprosto di aprire le case della cittadina calabrese ai profughi che fuggono dall'Ucraina.
"Quando c'è una guerra, che può diventare una Terza guerra mondiale che mette a repentaglio l'esistenza stessa del pianeta, tutti sono responsabili allo stesso modo", dichiara Lucano intervistato dall'Adnkronos. L'ex sindaco torna a parlare a pochi mesi dalla condanna in primo grado a 13 anni per associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, truffa, peculato e abuso d’ufficio. Lucano ne è sicuro: "Putin ha le sue responsabilità, la Nato e l'Occidente hanno le loro. Ma non serve fare una graduatoria, il pensiero è sempre e solo rivolto a quel mondo, un mondo che ci appartiene, siamo tutti abitanti dello stesso mondo". La guerra in Ucraia "ci riguarda tutti", sentenzia l'uomo che ha creato il 'modello Riace' tanto osannata dalla sinistra."Le stesse case che prima accoglievano gli immigrati, ora possono accogliere gli fugge dalla guerra", spiega Lucano che guarda con preoccupazione al "dramma di persone che per volere e decisione di altri stanno perdendo la vita". Un dramma che tocca le madri "che perdono i loro figli" e, in un tale contesto,"cercare dei colpevoli per quanto sta avvenendo - ribadisce Lucano - renderebbe tutto incomprensibile".
Il tre volte sindaco di Riace, dunque, non solo assume una posizione di neutralità di fronte a un'aggressione voluta dalla Russia, ma non vorrebbe neppure dare all'Ucraina gli strumenti necessari per difendersi da quella che, ogni giorno di più, assume i contorni di una vera e propria invasione militare. "Con le armi si alimenta solo la morte e la distruzione, la parola 'armi' non andrebbe neanche pronunciata+", aggiunge Lucano chiedendosi come si può pensare di fermare la guerra con le armi. "Oggi la cosa importante è che la guerra finisca, il resto viene dopo, dopo si cercheranno i responsabili. La guerra deve essere fermata da chi l'ha provocata, chi l'ha provocata dovrebbe essere illuminato", conclude l'ex primo cittadino a cui Netflix ha dedicato una serie autobiografica.
GLI AMERIKANI, LA GUERRA, I COMPLOTTI E LE SOLITE OSSESSIONINiram Ferretti
5 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063Si leggono in questi giorni cose che noi umani non avremmo mai immaginato di leggere. Si ascoltano anche.
Il complottismo e la dietrologia, verbo dei nostri giorni, che durante i momenti più cupi della pandemia hanno fatto da padroni, oggi si dispiegano al galoppo a proposito della guerra in corso e delle sue "vere ragioni".
La vera ragione è, naturalmente, che gli Stati Uniti hanno voluto questa guerra e che the puppet master sarebbe "Sleepy Joe", "Bidet", anche se poi, alla fine, i veri puppet masters sarebbero altri ben noti, Hillary e Obama e forse, insieme a loro, una rete di pedofili, quelli della nota pizzeria, si intende. Stranamente il più evocativo palindromo di questi nostri tempi, Soros, non è ancora stato evocato, ma apparirà sicuramente. Là dove ci sono una schiera di demoni adunati c'è sempre il loro capo.
Zelensky, l'ebreo"nazista" Zelensky, ostaggio del famigerato battaglione Azov che con 2500 uomini sui 170,000 dell'esercito effettivo ucraino, guida l'offensiva contro i russi, è, ovviamente, un passacarte dei nuovi Neocon che si trovano alla Casa Bianca. Loro gli dicono cosa deve fare e lui, come Ambra all'epoca di "Non è la RAI", esegue ascoltando ciò che gli viene detto negli auricolari.
Federico Rampini, con la consueta lucidità e chiarezza quando parla di cose che conosce (per favore non fatelo parlare di Medioriente) ha spiegato che questa guerra è esattamente l'opposto di quello che avrebbe voluto l'attuale amministrazione. Una guerra alle porte dell'Europa che obbliga gli Stati Uniti ad affacciarsi nuovamente come supervisori su un teatro che avrebbero preferibilmente disertato, avendo comprato tutti i biglietti per uno spettacolo maggiore, quello che ha come palcoscenico l'Indo Pacifico e come attore principale la Cina. La Cina che osserva con estrema attenzione quanto accade e continua a tessere con la solita proverbiale abilità, la propria tela.
Ma si sa, gli Stati Uniti sono sempre al primo posto dei cattivi, popolano da decenni i sogni stanchi della sinistra come della destra, non necessariamente estreme, anche se, sempre Rampini, ha sottolineato come su "Sputnik", uno dei principali canali dell'indottrinamento sovietico (lapsus, intendevo russo) ora chiuso dagli ameriKani, si esibivano con frequenza esponenti di Black Lives Matter per portare acqua al mulino del Cremlino, raccontando gli Stati Uniti come il luogo peggiore al mondo, un paese da fare impallidire il Mordor di Tolkien.
Il vecchio senatore Joseph McCarthy, sì, forse un po' ossessivo, già all'epoca non aveva tutti i torti.
Quelli che invece di condannare l'aggressore carnefice che violenta, stupra e uccide, condannano la vittima perché si difende dalla violenza, dallo stupro e dalla morte, e che la vorrebbero inerme e sottomessa, sono delle vergogne umane, indirettamente complici del criminale aggressore, specialmente se la condanna viene da coloro che giustificano l'aggressore fatto passare ignobilmente per vittima, come se Caino fosse vittima di Abele.
VI PREGO: NON ABUSATE DEL DIRITTO DI ESSERE DIVERSAMENTE INTELLIGENTIGiovanni Bernardini
6 marzo 2022
Le persone (molto) diversamente intelligenti che scrivono in rete che gli ucraini resistono perché Zelen'skyj li obbliga a farlo, si sono mai chieste perché le decine di migliaia di profughi (VERI) che arrivano dall'Ucraina non denunciano al mondo questo crimine di Zelen'skyj nei confronti del suo popolo? Come mai le mogli, le madri, le fidanzate fuggite dall'Ucraina non raccontano che i loro uomini vorrebbero correre incontro ai russi per abbracciarli, ma sono obbligati a combatterli da biechi teppisti agli ordini di Zelen'skyJ che puntano loro una pistola alla tempia ed impediscono la fraternizzazione fra i liberatori russi e gli ucraini oppressi dal loro presidente comico?
Essere diversamente intelligenti è un diritto dell'uomo. Però non se ne dovrebbe abusare.
CHIAREZZAGiovanni Bernardini
7 febbraio 2022
Dobbiamo esser grati a Maurizio Landini: ha fatto chiarezza, se ne sentiva davvero il bisogno.
La manifestazione di ieri a Roma NON è stata di sostegno all’Ucraina, è stata una manifestazione genericamente “per la pace”, senza alcuna distinzione fra aggredito ed aggressore. Senza, o con pochissime, bandiere giallo blu ma con moltissime bandiere arcobaleno e rosse.
Ma c’è di più. E’ stata nei fatti una manifestazione filo Putin. Si, filo Putin perché opporsi all’invio di armi all’Ucraina vuol dire appoggiare Putin, fare ciò che l’autocrate russo desidera.
Né con Putin né con la Nato dicevano ieri a Roma. Splendido slogan che ne ricorda un altro: “né con lo stato nè con le BR”.
Landini ed i suoi non sono né con chi bombarda Kiev né con chi vive nei sotterranei, né con chi invade né con chi è invaso. Però in una situazione come l’attuale non distinguere fra aggressore ed aggredito vuol dire, molto semplicemente, stare con l’aggressore. Chi, come il partito comunista francese, nel settembre del 1939 diceva: né con la Germania né con la Polonia appoggiava di fatto la Germania. Punto.
Mentre i russi assediano e bombardano le città ucraine Landini strilla dal palco che noi dobbiamo “disarmare il mondo”. Fantastico! Ricorda le anime belle che dopo ogni attentato dei fondamentalisti islamici, dopo ogni sgozzamento, dopo ogni bomba belavano: “l’Islam è una religione di pace".
Ormai siamo alla follia, al mondo capovolto. Mentre Landini “disarma” il mondo gli abitanti di Kiev vivono nei sotterranei, ma questi sono particolari privi di importanza...
E poi… a ben pensarci la colpa è loro, degli ucraini o del loro cattivissimo leader che li spinge a combattere. Sarebbe facilissimo far cessare la guerra: basterebbe arrendersi. Se la guerra continua la colpa è di chi scioccamente rifiuta la resa. Un tempo lontano si pensava che per fermare una guerra bisognasse bloccare l’aggressore. Oggi le cose sono cambiate, occorre fermare l’aggredito. Tutto per la “pace”!
Però... anche Hitler voleva la “pace”. Una volta ridotta mezza Europa a colonia del grande Reich ci sarebbe stata la “pace”. Se questa tardava era perché quei fanatici di polacchi, e dopo di loro tanti altri, si permettevano di resistere. Che cattivi! Ostacolavano i piani di pace del fuhrer!
Comunque, le cose sono chiare ormai. La sinistra dura e pura, i vetero, ed anche meno vetero, comunisti hanno fatto la loro scelta di campo. E con loro la hanno fatta gli sparuti nostalgici del ventennio. Sono con Putin. Le loro manifestazioni ostacolano non l’autocrate ma chi lo combatte.
Ci pensino i tanti, troppi, simpatizzanti del centro destra che in questi giorni si sono schierati, più o meno apertamente, con la Russia. E’ bene che TUTTI facciano chiarezza.
ELOGIO DELLA RESA ?Toni Capuozzo
6 marzo 2022
È domenica, nevica, e avrei voluto raccontarvi di questi giorni in Bosnia, a girare tra quel che resta di una guerra lontana. E invece mi torna in mente di quando ero un giovane inviato nelle rivoluzioni dell’America Latina, e non riuscivo a non sorprendermi della crudezza di una parola d’ordine diffusa: “Patria o muerte”. Veniva da un discorso di Fidel Castro nel 1960, ma assomigliava alle storie risorgimentali che mi avevano insegnato a scuola, a un’ idea del sacrificio che mi pareva marmorea, retorica, e fuori dal mio tempo (Non avresti combattuto il nazifascismo ? Credo di sì, ma non è il mio tempo…). Mi è successo tante altre volte di chiedermi se avessero ragione quelli che si apprestavano, o almeno si dichiaravano pronti a morire per qualcosa, da Sarajevo a Gerusalemme, da Kabul a Mogadiscio, dalla Libia alla Siria. Sono uno che prova paura, ed evitavo di chiedermi se la mia distanza fosse viltà, o miseria di valori. Mi dicevo che morirei per salvare i miei figli, e la domanda successiva riapriva il problema: dove arriverei per difendere i figli degli altri ? So come me la cavavo: non morirei, ma neanche ucciderei in nome di una bandiera, in nome di un confine, non c’è nulla che valga la vita di un altro. Questa mia confusione ritorna, in questi giorni. Voglio confessarla semplicemente, come un pensiero banale. Non mi sorprende la voglia di resistenza degli ucraini, anche se penso che la loro esperienza di guerra, prima, fosse solo la guerra sporca del Donbass. Non mi sorprende che resistano con un orgoglio quasi commovente a un’aggressione. Mi sorprende il loro leader, che riscuote tanta ammirazione per un comportamento che ci sembra senza pari, tra i politici nostri, e per la forza delle parole, delle espressioni, della barba trascurata e delle magliette da combattente. Un grande leader, per me, non è chi è pronto a morire. Questo dovrebbe essere il minimo sindacale. Un grande leader è quello che accompagna il suo popolo nella traversata del deserto, lo salva. Ecco, a me pare che Zelensky lo stia accompagnando allo sbaraglio, sia pure in nome della dignità e della libertà e dell’autodifesa, tutte cause degnissime. E dunque mi sorprende ancora di più l’Occidente che lo spinge, lo arma, e in definitiva lo illude, perché non acconsente a dichiarare quella no flight zone che vorrebbe dire essere trascinati in guerra, come a Zelensky non dispiacerebbe. E da questa comoda posizione però incita, fosse mai che la trappola diventi la tomba per Putin: si chiamano proxy war, guerre per interposta persona, che altri combattono in nome tuo. Se va bene, bene, abbiamo vinto. Se va male, che siano curdi o afghani, hanno perso loro. In due parole: credo che sarebbe stato più sensato e utile mediare, provare non a sconfiggere Putin con il sedere degli altri, ma a fermarlo, a scombussolarne i piani. Cosa intendo ? Una resa dignitosa, una trattativa per cedere qualcosa ma non tutto, per raffreddare il conflitto, mettendo in campo caschi blu e osservatori, idee e prese di tempo. E invece vedo che piace l’eroismo, vedo che i nazionalismi non fanno più paura, che patria o morte torna di moda, dopo che anche i presidenti della Repubblica erano passati al termine “Paese”: piacciono le patrie altrui. No, si chiama de escalation: evitare che milioni debbano scappare. Evitare che migliaia debbano morire, salvare il salvabile, le idee e le persone che si fa in tempo a salvare. Però ormai lo scelgono loro. Per quel che riguarda noi, risparmiamoci almeno la retorica.
" Mi sorprende il loro leader, che riscuote tanta ammirazione per un comportamento che ci sembra senza pari, tra i politici nostri, e per la forza delle parole, delle espressioni, della barba trascurata e delle magliette da combattente.Manola Sambo
6 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 8257661927Un grande leader, per me, non è chi è pronto a morire.
Questo dovrebbe essere il minimo sindacale.
Un grande leader è quello che accompagna il suo popolo nella traversata del deserto, lo salva.
Ecco, a me pare che Zelensky lo stia accompagnando allo
sbaraglio, sia pure in nome della dignità e della libertà e dell'autodifesa, tutte cause degnissime.
E dunque mi sorprende ancora di più l'Occidente che lo spinge, lo arma, e in definitiva lo illude, perché non acconsente a dichiarare quella no flight zone che vorrebbe dire essere trascinati in guerra, come a Zelensky non dispiacerebbe.
E da questa comoda posizione però incita, fosse mai che la trappola diventi la tomba per Putin: si chiamano proxy war, guerre per interposta persona, che altri combattono in nome tuo.
Se va bene, abbiamo vinto. Se va male, che siano curdi o afghani, hanno perso loro.
In due parole: credo che sarebbe stato più sensato e utile mediare, provare non a sconfiggere Putin con il sedere degli altri, ma a fermarlo, a scombussolarne i
piani. Cosa intendo? Una resa
dignitosa, una trattativa per cedere qualcosa ma non tutto, per raffreddare il conflitto, mettendo in campo caschi blu e osservatori, idee e prese di tempo.
E invece vedo che piace l'eroismo, vedo che i nazionalismi non fanno più paura, che patria o morte torna di moda, dopo che anche i presidenti della Repubblica erano passati al termine "Paese": piacciono le patrie altrui.
No, si chiama de escalation: evitare che milioni debbano scappare. Evitare che migliaia
debbano morire, salvare il salvabile, le idee e le persone che si fa in tempo a salvare. "
Toni Capuozzo
UCRAINA, QUELLI CHE NON SCELGONO: NE' CON PUTIN NE' CON LA NATO"di Antonio Polito, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
5 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063In ogni talk show ce n’è uno. Quello che dice: più gli ucraini combattono e più dura la guerra. Siccome alla fine vincerà comunque Putin, prima Putin vince e prima ci sarà la pace. Elementare, Watson. Dunque, per il bene degli ucraini, non aiutiamoli a resistere, né con le sanzioni né con l’invio di armi.
Questa inversione dell’onere della pace, per cui dovremmo essere noi, Occidente, a «cessare» una guerra avviata da Putin, evitando di farlo arrabbiare e fingendo di non sentire — ovviamente per il loro bene — ciò che gli ucraini ci chiedono a gran voce, può avere effetti paradossali. L’altra sera, per esempio, una valente filosofa, Donatella Di Cesare, cercava di convincere in tv una esterrefatta profuga ucraina, con i familiari sotto le bombe, che «non si conquista la libertà attraverso la guerra» e che «la pace è anche pensare di poter avere torto». Ma gli ucraini la libertà ce l’avevano già, e pure la pace. E tornerebbero volentieri al 23 febbraio, a prima dell’invasione. La guerra non l’hanno cominciata loro. E anche se, adesso che sono stati invasi, combattono per la libertà, negargli questo diritto ci costringerebbe a riscrivere tutti i libri di storia delle nostre scuole, e condannare Mazzini e Garibaldi e le tre guerre di indipendenza, e pure il poeta Byron che andò a battersi e morire per la libertà della Grecia, e strappare centinaia di pagine sulla autodeterminazione dei popoli.
La frase chiave di questo argomento dice: «La pace è più importante di tutto, anche della libertà». È più o meno ciò che pensava la folla plaudente che accompagnò nel 1938 Neville Chamberlain, premier britannico, alla partenza per la conferenza di Monaco; dove, per salvare la pace, cedette a Hitler e gli consegnò la regione cecoslovacca dei Sudeti, che venne annessa al Reich (le minoranze linguistiche sono sempre state un potente afrodisiaco dei tiranni). Si sa come finì: con la guerra mondiale un anno dopo. Winston Churchill, che era un grande giornalista e farebbe un figurone nei talk show dei nostri giorni, spiegò icasticamente che cosa era successo ai governanti inglesi: «Potevano scegliere tra la guerra e il disonore. Hanno scelto il disonore, avranno la guerra». Perché non c’è pace basata sul sopruso.
Per qualche misteriosa ragione, i più ardenti sostenitori di questa nuova idea di «appeasement» con il tiranno , a prezzo della schiavitù degli ucraini, sono spesso gli stessi che fino a ieri si sono battuti come leoni contro la schiavitù degli italiani, a causa del green pass. E forse si spiega con il fatto che la guerra di Putin riunisce coloro che disprezzano la democrazia: o perché «imbelle» (se sono di destra) o perché «ingiusta» (se sono di sinistra). È un mix di quelli che tifavano per il vaccino Sputnik e quelli che «almeno in Russia non c’è il green pass». Un’antica vena antiparlamentare, ben nota alla storia d’Italia, preferisce l’autoritarismo alla politica democratica. In fin dei conti il movimento dei Fasci è nato qui, ed è nato a sinistra.
Ma quel che più preoccupa è che il tentativo di invertire l’onere della pace non si limita ai talk show. Se ne sente per esempio l’eco anche nel movimento che oggi scende in piazza a Roma con la Cgil. L’altra sera abbiamo ascoltato Maurizio Landini a Tg2Post sostenere, con la sua abituale foga, che «noi dobbiamo cessare questa guerra», ed «evitare la Terza Guerra Mondiale che dice Biden», e che dunque invece di mandare le armi, perché «non si risponde alla guerra con la guerra», «bisogna che scenda in campo l’Onu». Intendiamoci: ottima idea, e lodevoli intenti. Ma chi è che impedisce all’Onu di scendere in campo, se non la Russia che ha posto il veto in Consiglio di sicurezza sul cessate il fuoco? E giustamente, dal suo punto di vista, visto che è il Paese aggressore. Il difetto di queste posizioni «neutraliste», che hanno portato la Cisl a non aderire alla manifestazione, sta proprio nel mettere sullo stesso piano aggredito e aggressore. La riedizione di un vecchio e famigerato slogan degli anni di piombo, «né con lo Stato né con le Br», conclude il documento con cui Rifondazione Comunista ha aderito al corteo di oggi: «Né con Putin né con la Nato». Vi si condanna sì, in due parole, «l’invasione russa dell’Ucraina». E però anche «l’espansionismo della Nato che ha deliberatamente prodotto un’escalation irresponsabile alimentando il nazionalismo ucraino e l’attacco contro le repubbliche del Donbass». Ora, si possono avere tante e legittime opinioni su che cosa sia successo in quella parte dell’Europa fino al 23 febbraio: ma non si può negare che oggi in Ucraina ci siano i carri armati e i missili russi, non la Nato. E se si è contro la guerra, è contro chi la fa che bisogna manifestare.
Questo fronte contesta spesso al governo e al parlamento italiano, e all’Europa tutta, di non avere una strategia: a che serve aiutare la resistenza ucraina? Si possono dare due risposte. La prima: a impedire o ritardare la vittoria dell’aggressore, o a mutilarla nel caso che la ottenga sul campo con migliaia di vittime innocenti, facendogli pagare un tale prezzo politico, economico e morale, da chiedersi se ne sia valsa la pena. La seconda: per evitare che lo rifaccia, lui o il suo successore. Perché dopo la Georgia siamo stati zitti, dopo la Crimea quasi zitti, e se tacciamo anche ora, dopo l’Ucraina — statene certi cari pacifisti — la guerra toccherà anche alla Moldavia, e di nuovo alla Georgia, e magari anche ai Paesi Baltici.
Aiutiamo dunque chi resiste perché è giusto. Ma anche perché amiamo la pace.
L'AVVENTURISMO PUTINIANO E LA RESISTENZANiram Ferretti
6 marzo 2022
https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063 "Sono stato a fianco di leader per tutta la mia vita. Zelensky è straordinario", così ha dichiarato in una lunga e dettagliata intervista a Il Corriere della Sera, l'Ammiraglio Mike Mullen, ex Capo di Stato Maggiore degli Stati Uniti, la più alta carica militare del paese.
Lo sbeffeggiato, l'ex comico Zelensky oggi, dopo 11 giorni di assedio a capo della resistenza ucraina contro l'invasore.
Arrivati all’undicesimo giorno di invasione dell’Ucraina, «la scala e la forza» della resistenza delle forze armate di Kiev «continua a sorprendere la Russia».
È quanto si legge nel rapporto quotidiano dell’intelligence britannica, diffuso dal ministero della Difesa, che sottolinea come «le forze russe stiano rispondendo prendendo di mira città popolose come Kharkiv, Chirnihiv e Mariupol.
Questo probabilmente rappresenta un tentativo di spezzare lo spirito degli ucraini», aggiunge il rapporto ricordando che la «Russia ha usato in precedenza le stesse tattiche in Cecenia nel 1999 e in Siria nel 2016, effettuando bombardamenti sia da terra che dal cielo».
Sì, non se lo aspettavano, pensavano che sarebbe stato più facile, ma non è stato un Blitzkrieg, affatto.
I russi andranno, ovviamente fino in fondo, seminando distruzione e morte ma la resistenza continuerà.
Sempre secondo Mulley:
"Se in un Paese di 44 milioni di persone hai una resistenza del 10%, fa 4 milioni, sono tanti, e dobbiamo aiutarli. È una lotta molto più difficile di quanto Putin si aspettasse. Ero capo di stato maggiore nel 2008, quando Putin andò in Georgia, un Paese assai più piccolo, ma anche lì fecero esercitazioni in numeri superiori a quelli visti prima e poi entrarono. Non sarà così facile stavolta. In Georgia la battaglia fu abbastanza dura: i russi non combatterono bene, ebbero problemi, ma poi usarono la superiorità numerica sopraffacendo i georgiani. Sospetto che con un aumento del livello d’attacco sulle città ucraine — incoerente e casuale in termini di edifici colpiti e distrutti — ora Putin userà forza massiccia: tutte e 190.000 le truppe sono entrate nel Paese, cercherà di schiacciare le città principali. Se potesse, non distruggerebbe Odessa, non livellerebbe Kiev riducendola in una Stalingrado. Ma io credo che farà quello che farà quello che serve. Ma poi come farà a controllare il Paese? Ci vorranno secondo le stime tre, quattro o cinque volte il numero di truppe che ha adesso. Dove le prende? E se lo fa, c’è questa possibilità spaventosa di truppe russe al confine polacco e romeno, che aumenta notevolmente il potenziale di uno scontro Est-Ovest».
Secondo Edward Luttwak:
«Con 150 mila soldati tu non puoi mettere le mani sul Paese più grande di Europa, puoi al massimo rosicchiare le periferie. Non ci ha messo di più perché credeva alle balle. Ha fatto un piano di guerra basato sulle speranze, mi ricorda Mussolini che invade la Grecia. Per questo motivo gli oligarchi si sono pubblicamente dissociati dalla guerra, correndo il rischio di entrare in conflitto con Putin».
È chiaro che con questa guerra, con questa avventura criminale, Putin si sta giocando tutto, il suo futuro in primis, trascinando con sè il futuro della Russia.