Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:25 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:25 pm

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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:26 pm

18)
Stupro dell'Ucraina e violazione dei suoi diritti


Un po' di verità contro le falsificazioni storiche di Putin.
"Il discorso di Putin su Lenin e l’Ucraina: cosa ha detto per dare il via all’invasione, e perché è il più importante degli ultimi 20 anni"
Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
22 febbraio 2022

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

L’idea stessa dell’Ucraina, ha detto Vladimir Putin nel suo discorso televisivo alla nazione, durante il quale ha annunciato il riconoscimento delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, «è un’invenzione» di Lenin.
«L’Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia, dalla Russia bolscevica e comunista», ha sostenuto «lo zar» del Cremlino, in una rilettura storica definita dagli analisti «estrema» persino per i suoi standard, quelli di un leader che ritiene il collasso dell’Unione Sovietica la peggior catastrofe geopolitica del Ventesimo secolo.
«Questo processo è iniziato dopo la rivoluzione del 1917», ha spiegato Putin. «Lenin e i suoi compagni lo hanno portato avanti in modo approssimato rispetto alla Russia, togliendole pezzi del suo territorio storico».

In realtà, i popoli russi e ucraini discendono entrambi dalla Rus di Kiev, tribù slave, baltiche e finniche che nel Nono secolo crearono un’entità monarchica che comprendeva parte dell’attuale territorio ucraino, bielorusso e russo. L’identità e la cultura russa nascono allora: Kiev, la capitale ucraina, venne fondata centinaia di anni prima di Mosca, anche se poi i confini, la religione e la popolazione ucraini mutarono più volte nell’arco di un millennio. Quando però fonda il primo Stato socialista del mondo, il 30 dicembre 1922, Lenin impedisce di fatto la nascita di uno Stato ucraino indipendente: durante l’era Sovietica, poi, la lingua ucraina era vietata nelle scuole e la cultura locale, scrive il New York Times, si poteva tramandare soltanto attraverso buffe caricature dei cosacchi danzanti.
È stata quindi la fatiscente Unione Sovietica guidata da Michail Gorbaciov a permettere all’Ucraina di diventare indipendente «senza condizioni», ha aggiunto Putin, definendo la decisione «una follia».
Ma nel 1991 non fu Mosca a concedere l’indipendenza, quanto il popolo ucraino a prendersela: il 21 gennaio del 1990 oltre 300 mila ucraini organizzarono una catena umana fra Kiev e Leopoli, poi il 24 agosto del 1991 fu dichiarata la nascita di uno Stato ucraino indipendente dall’Urss, e il 1° dicembre gli elettori approvarono il referendum che sanciva l’indipendenza dell’Ucraina. Non si tratta quindi di un «errore storico», come ritiene Putin, quanto di una volontà politica e democratica. Una volontà che l’Unione Sovietica si impegnò poi a rispettare, a patto che Kiev rinunciasse al suo arsenale nucleare.
Se Lenin fu «autore e creatore» dell’Ucraina, secondo Putin anche Iosif Stalin, che governò l’Unione Sovietica dal 1922 fino alla sua morte, avvenuta nel 1953, ebbe la responsabilità di cederle «alcuni territori che prima appartenevano a Polonia, Romania e Ungheria», e poi Nikita «Krusciov nel 1954 prese la Crimea dalla Russia e la diede all’Ucraina. E così — ha dichiarato Putin — che il territorio dell’Ucraina Sovietica fu formato». Questa rilettura storica nasconde in realtà due ossessioni del presidente: da un lato Putin può giustificare un intervento militare, sostenendo che non violerebbe la sovranità di un altro Stato perché, di fatto, l’Ucraina è parte della Russia; dall’altro le sue parole svelano un’ambizione «zarista», l’ossessione di far combaciare cioè i confini del suo Paese con quelli della Russia imperiale.
«Non è più importante quale fosse l’idea dei leader bolscevichi, che fecero a pezzi il Paese», aveva scritto lo scorso anno in un lungo articolo in cui sosteneva che Ucraina e Russia fossero un solo Stato. «Possiamo essere in disaccordo su dettagli minori, sui retroscena e la logica dietro certe decisioni. Ma una cosa è certa: la Russia fu derubata», spiegava Putin, un concetto che ha ripetuto nel discorso di lunedì, con il quale è tornato indietro di 100 anni e che racchiude la visione del presidente russo. Non sono solo gli errori di Lenin, Stalin e Krusciov, elencati quasi con disprezzo, a far trapelare questa ambizione imperiale di Putin, ma anche la scenografia e l'inconografia del Consiglio di sicurezza nazionale trasmesso in finta — gli orologi dei partecipanti segnavano un’ora diversa — diretta televisiva.
Con alle spalle la bandiera dei Romanov — quella con l'aquila a due teste dorata e lo scudo con San Giorgio, simbolo di Mosca, che uccide un serpente con una lancia, tornata nel 1993 dopo 70 anni di riposo — il presidente domina la grande sala circolare al Cremlino.
È seduto su un lato, con i suoi principali— e obbedienti — collaboratori disposti a semicerchio a una decina di metri di distanza che si alzano a turno per parlare al microfono e sostenere la linea di Putin: chi propone un approccio più morbido, come il capo dello spionaggio estero Sergej Naryshkin che suggerisce di dare un’ultima possibilità all’Occidente, viene umiliato dallo «zar» , annoiato e spazientito; altri, come il ministro dell’Interno Vladimir Kolokoltsev, rilanciano suggerendo di prendersi tutto il Donbass, non solo l’area in mano ai filorussi.
All’estrema sinistra del gruppo dei dodici fedelissimi del presidente, poi, c’è l’unica donna, Valentina Matvienko, che fu vice del primo ministro Evgenij Primakov — grande rivale di Putin — fra il 1998 e il 1999, ma che poi si avvicinò al nuovo leader diventando nel 2003 governatrice di San Pietroburgo, ovvero la città di Putin, e poi nel 2011 presidentessa del Consiglio federale, il Senato russo che deve concedere al presidente il permesso di usare l’esercito all’estero. La sua carriera, nota in un lungo thread su Twitter Kamil Galeev, fellow del Woodrow Wilson Center di Washington, aiuta a capire la storia e le dinamiche politiche russe, ma soprattutto le qualità necessarie per fare strada nel Paese di Putin: ubbidienza incondizionata verso i propri capi, chiunque siano, e capacità di sostenere qualsiasi agenda politica e poi, con un'inversione a U, l'esatto opposto.
Al termine del Consiglio di sicurezza nazionale, Putin si è rivolto alla sua Nazione e con tono severo ha «rimesso a posto gli errori» commessi dai leader bolscevichi, ha cancellato l'Ucraina e ha riportato la Russia indietro di 100 anni esatti.
Il presidente ha quindi firmato il decreto che riconosce l'indipendenza — e di fatto l'annessione, come avvenuto nel 2014 con la Crimea — delle repubbliche di Donetsk e Lugansk e ha inviato l'esercito nel Donbass, per risolvere un'emergenza umanitaria di cui parlano soltanto i media di Stato russi. A metà del suo discorso, però, Putin ha lasciato anche un'altra traccia, quando parla della «terribile tragedia di Odessa, dove manifestanti pacifici furono uccisi brutalmente, bruciati vivi nella Casa dei sindacati». Quel giorno, a Odessa, morirono 38 filorussi e «i colpevoli», afferma Putin, «non sono mai stati puniti, ma noi sappiamo i loro nomi, e faremo di tutto per assicurarli alla giustizia». In questo passaggio, alcuni osservatori hanno letto la prossima mossa dello «zar»: arrivare fino a Odessa, ufficialmente per fare giustizia.


"Propaganda alla Stalin. Discorso orwelliano in tv per stravolgere la storia"
Manila Alfano
23 Febbraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1645595680

«Un discorso orwelliano». Lo definisce così, senza mezzi termini l'ucrainista Max Di Pasquale, ricercatore associato dell'Istituto Gino Germani di scienze sociali e studi strategici, il discorso a reti unificate che lunedì ha fatto saltare dalla sedia fior di analisti politici. Una doccia fredda le parole di Putin per molti, a partire dai leader che si sono seduti a quell'ormai famoso, lunghissimo tavolo made in Cantù. Eppure, per Di Pasquale non c'è sorpresa. Lo studioso che in questi anni con le sue pubblicazioni quali Ucraina terra di confine. Viaggi nell'Europa sconosciuta, e Abbecedario ucraino ha fatto conoscere l'Ucraina al grande pubblico italiano, era convinto che «lo zar» non si sarebbe fermato. Dalla Crimea, 8 anni fa, Putin ha messo in atto il primo esempio di guerra ibrida su larga scala ben più pericolosa di una guerra convenzionale fatta non solo di armi ma anche di fake news per spaccare la società. E non si fermerà.

Cosa c'è dietro alle mire russe?

«La paura. Paura che il germe della democrazia si diffonda fin dentro ai confini russi».

Putin parla dell'Ucraina come di una invenzione, creata da Lenin strappando dei territori russi. È così?

«Ma niente affatto. Anzi sarebbe vero il contrario».

In che senso?

«Pura propaganda utilitaristica. Ma non è nuova. Anche Stalin parlava dell'Ucraina come di un'arma in mano all'Occidente. Come vede Putin non si è inventato niente di nuovo. Putin poi in questi anni lo ha detto più volte in diverse occasioni. Secondo la sua narrazione i russi e gli ucraini sarebbero uno stesso popolo. Lo ha dichiarato nel 2014 con la crisi nel Donbass, prendendosi la Crimea».

Ma è la verità?

«No, assolutamente. Una falsità storica, una distorsione a suo uso e consumo. Per far leva su un neanche troppo acceso spirito nazionalistico».

Ma ha ragione nel dire che i russi e gli ucraini sono lo stesso popolo?

«Hanno avuto una storia comune se vogliamo, causa guerre e alleanze, egemonie. Ma i popoli sono distinti. Nel Medioevo la Rus' di Kiev, aveva Kiev capitale, era Kiev la città di riferimento rispetto a Moscovia che nel 1240 subisce poi l'invasione dei Mongoli, una sovranità altamente repressiva, mentre l'Ucraina finisce sotto il Gran Ducato di Polonia e Lituania, più aperto, con uno sviluppo culturale diverso, europeo. Due popoli con uno sviluppo totalmente diverso».

Quindi due identità culturali che si distingueranno nel corso degli anni?

«Sì, già nel '600 l'Ucraina cerca una sua indipendenza e chiaramente si ritrova ad allearsi con i vicini per tornaconti politici. Ma c'è un altro passaggio fondamentale che spiega l'abisso tra le due culture: nel 1709 la battaglia di Poltava segna la fine dell'indipendenza del Cosaccato ucraino, alleato degli svedesi, sconfitto da Pietro il Grande. È l'inizio dell'Impero russo. Inizia l'operazione di russificazione, ma allo stesso tempo, si appropria delle radici culturali della Rus' di Kiev proprio per dare alla Moscovia una identità europea che lui anelava ma che in realtà non le apparteneva».

Perchè?

«Pietro il Grande guardava all'Europa più che all'Asia. E non è un caso che eurasisti come Putin odiano Pietro il Grande».

Eppure Putin fa leva sul nazionalismo filo sovietico degli ucraini.

«Una minoranza. Invece è vero che i sentimenti nazionalistici ucraini lavorano da sempre: dal collasso dell'Impero Russo e di quello Austro Ungarico, con la dichiarazione di indipendenza nel 1919. E non si affievolì nemmeno sotto al regime sovietico. Che portò all'indipendenza del 1991».





"Difenderemo la nostra meravigliosa patria": il discorso di Zelensky all'Ucraina

Volodymir Zelensky
23 Febbraio 2022

https://it.insideover.com/politica/la-v ... raina.html


Il 19 febbraio scorso il presidente ucraino Volodymir Zelensky è intervenuto alla 58esima Conferenza sulla Sicurezza di Monaco con un discorso incisivo in cui ha mostrato le ragioni del suo Paese. Abbiamo voluto tradurlo per capire quali sono gli obiettivi e le visioni politiche di Kiev nell’attuale crisi ucraina. Il testo originale è disponibile sul sito ufficiale della presidenza ucraina.

Clicca QUI per il discorso di Vladimir Putin

L’Ucraina vuole la pace. L’Europa vuole la pace. Il mondo dice che non vuole combattere e la Russia dice che non vuole attaccare. Qualcuno sta mentendo. Questo non è un assioma, ma non è più un’ipotesi.

Signore e signori! Due giorni fa ero in Donbass, sulla linea di confine. Legalmente tra l’Ucraina e i territori temporaneamente occupati. Di fatto, la delimitazione tra la guerra e la pace. Dove da un lato c’è un asilo e dall’altro un proiettile che lo ha colpito. Da un lato c’è una scuola, dall’altro un proiettile caduto sul suo cortile.

E vicino ci sono trenta bambini che vanno…no, non nella Nato, ma a scuola. Qualcuno impara la fisica. Imparando le sue leggi fondamentari, anche i bambini imparano quanto siano assurde le affermazioni che i bombardamenti avvengano dal lato ucraino.

Qualcun altro studia matematica. I bambini possono calcolare la differenza tra i casi di bombardamento negli ultimi tre giorni e le menzioni dell’Ucraina nel Rapporto sulla Sicurezza di Monaco senza una calcolatrice.

E qualcuno impara la storia. E quando nel cortile della scuola appare un cratere di una bomba, i bambini si chiedono una cosa: il mondo ha dimenticato gli errori del XX secolo?

A cosa portano i tentativi di appeasment? A trasformare la domanda “Perché morire per Danzica?” nella necessità di morire per Dunkerque e altre dozzine di città in Europa e nel mondo. Al costo di decine di milioni di vite.

Queste sono terribili lezioni della storia. Voglio solo essere sicuro che io e voi abbiamo letto gli stessi libri. Dunque, abbiamo la stessa comprensione della risposta alla principale domanda: come possa accadere nel XXI secolo che l’Europa sia di nuovo in guerra e le persone stiano morendo? Perché [la guerra in Donbass, ndt] è durata più della seconda guerra mondiale? Come siamo precipitati nella più grande crisi securitaria dalla Guerra Fredda? Come presidente di una nazione che ha perso parte del territorio e migliaia di persone e sui cui confini sono appostate 150mile truppe russe e armamenti pesanti, la risposta è ovvia.

L’architettura securitaria globale è fragile e va aggiornata. Le regole a cui il mondo si è adeguato decenni fa non funzionano più. Non riescono a gestire nuove minacce. Non sono efficaci per superarle. Sono come uno sciroppo della tosse quando servirebbe un vaccino per il Covid. Il sistema securitario è lento. Si è schiantato di nuovo. Le cause sono diverse: autoreferenzialità, eccessi di confidenza, irresponsabilità di Stati al livello globale. Come risultato, abbiamo i crimini di qualcuno e l’indifferenza degli altri. E l’indifferenza rende complici. Ed è simbolico che io ve ne stia parlando qui. Qui quindici anni fa la Russia ha annunciato la sua intenzione di sfidare la sicurezza globale. Cosa ha detto il mondo? Appeasment. Il risultato? Come minimo, l’annessione della Crimea e l’aggressione al mio Paese.

Le Nazioni Unite, che dovrebbero difendere la pace e la sicurezza globali, non sanno difendersi quando la loro Carta è violata. Quando un membro del Consiglio di Sicurezza annette il territorio di uno dei fondatori dell’One. E l’Onu stesso ignora la Piattaforma Crimea, la cui meta è la fine pacifica dell’occupazione della Crimea e la tutela dei diritti dei suoi abitanti.

Tre anni fa, qui Angela Merkel ha detto: “Chi gestirà il naufragio dell’ordine globale? Solo tutti noi assieme!”. L’uditorio rispose con un’ovazione. Ma l’applauso collettivo, sfortunatamente, non è sfociato in un’azione collettiva. E adesso, quando il mondo parla della minaccia di una grande guerra, una domanda emerge: c’è ancora qualcosa da salvare? L’architettura securitaria nel mondo e in Europa è quasi del tutto distrutta. Ed è troppo tardi per pensare ad aggiustarla, va costruito un nuovo sistema. L’umanità lo ha già fatto due volte, pagando un prezzo troppo alto: due guerre mondiali.

Possiamo rompere questa tendenza prima che diventi un percorso tracciato. E costruire un nuovo sistema prima di dover piangere milioni di vittime. Con la lezione delle due guerre mondiali non possiamo sperimentarne una terza. Dio ce ne scampi.

Ne ho parlato qui ieri, e di fronte all’Onu. Nel XXI secolo nessuna guerra è straniera. L’annessione della Crimea e la guerra in Donbass riguardano il mondo interno. E questa non è una guerra in Ucraina ma una guerra in Europa. L’ho detto a summit e forum. Nel 2019, 2020, 2021. Il mondo mi ascolterà nel 2022?

Questo non è più un’ipotesi, ma non ancora un assioma. Perché? Servono delle prove. Più importanti dei tweet o delle dichiarazioni ai media. Servono azioni. Le chiede il mondo, non noi.

Da soli o col supporto dei partner, difenderemo la nostra terra. Sia che ci siano date migliaia di armi moderne che cinquemila elmetti. Appreziamo ogni aiuto, ma chiunque deve capire che questi non sono contributi di carità che l’Ucraina deve chiedere o di cui ricordarsi

Questi non sono gesti nobili per cui l’Ucraina dovrebbe inchinarsi. Questo è il vostro contributo alla sicurezza dell’Europa e del mondo. Di cui l’Ucraina è stato uno scudo affidabile per otto anni. E per otto anni ha contenuto uno degli eserciti più grandi del mondo. Schierato ai nostri confini, non a quelli dell’Ue.

I missili Grad colpiscono Mariupol, non le città europee. E dopo quasi sei mesi di combattimento, a essere distrutto è stato l’aeroporto di Donetsk, non quello di Francoforte. Ed è sempre calda la situazione della zona industriale di Avdiivka, non quella di Montmartre. Nessuna nazione europea sa che cosa significa la celebrazione di funerali militari ogni giorno in ogni regione [dell’Ucraina]. Nessun leader europeo sa cosa voglia dire incontrare regolarmente le famiglie dei caduti.

Difenderemo la nostra meravigliosa patria, non importa se avremo 50, 150mila o un milione di soldati di qualsiasi esercito al confine. Per aiutare davvero l’Ucraina, non è necessario dire quanti uomini e quanti materiali ci siano al confine. Diteci che numeri abbiamo noi.

Per aiutare davvero l’Ucraina non è necessario parlare solo delle date della possibile invasione. Difenderemo la nostra terra il 16 febbraio, l’1 marzo, il 31 dicembre. Diamo maggior valore ad altre date. Ed ognuno capisce bene quali.

Domani [il 20 febbraio, ndt] in Ucraina è il Giorno dei Cento Eroi Celesti. Otto anni fa, gli ucraini hanno fatto la loro scelta e molti sono morti per essa. Otto anni dopo, perché l’Ucraina deve continuamente chiedere il riconoscimento di una prospettiva europea? Dal 2014 la Russia ha diffuso l’idea che abbiamo scelto il percorso sbagliato, che nessuno in Europa ci stesse aspettando. Non dovrebbe forse l’Europa dire e dimostrare con i fatti che questo è falso? Non dovrebbe l’Ue dire che i suoi cittadini sono favorevoli all’ingresso di Kiev nell’Unione? Perché evitiamo la domanda? Non meritiamo forse risposte dirette e oneste?

Ciò riguarda anche la Nato. CI è stato detto: la porta è aperta! Ma per ora solo a chi ha l’accesso autorizzato. Se non tutti i membri dell’Alleanza ci vogliono dentro o se tutti non ci vogliono ammettere, siate onesti. Le porte aperte sono buona cosa, ma a noi servono risposte chiare, non domande che restano aperte per anni. Non è forse il diritto alla verità una delle nostre grandi opportunità? Il momento della verità sarà il prossimo summit di Madrid.

La Russia afferma che l’Ucraina vuole unirsi alla Nato per ottenere con la forza il ritorno della Crimea. Risulta gratificante che il concetto di “ritorno della Crimea” appaia in questa retorica. Ma non hanno letto con attenzione l’Articolo 5 della Carta Nato: l’azione collettiva è protettiva, non offensiva. La Crimea e il Donbass torneranno certamente all’Ucraina, ma pacificamente.

L’Ucraina ha applicato con consistenza gli accordi di Minsk e quelli del Formato Normandia. La loro base sta nell’innegabile riconoscimento dell’integrità territoriale e dell’indipendenza del nostro Stato. Cerchiamo una soluzione diplomatica al conflitto armato. Solamente sulla base del diritto internazionale.

Come va per davvero il processo di pace? Due anni fa, abbiamo concordato con i leader di Russia, Francia e Germania un cessate il fuoco completo. A cui l’Ucraina aderisce scrupolosamente. Ci siamo trattenuti il più possibile in un contesto di continue provocazioni. Abbiamo continuamente fatto proposte nel contesto del Quartetto Formato Normandia e del Gruppo Trilaterale di Contatto. E che riceviamo? Granate e proiettili dall’altro fronte. Soldati e civili uccisi e feriti, infrastrutture distrutte.

Gli ultimi giorni sono stati specialmente istruttivi. Centinaia di bombardamenti, spesso con armi proibite dagli Accordi di Minsk. Inoltre è importante che si finisca di restringere l’ammissione di osservatori Ocse in Ucraina. Loro sono minacciati e intimiditi. Ogni azione umanitaria è bloccata.

Due anni fa ho firmato una legge sull’ammissione incondizionata di rappresentanti di organizzazioni umanitarie per il sostegno ai detenuti. Essi non sono ammessi nei territori temporaneamente occupati. Dopo due scambi di prigionieri, il processo è stato bloccato, sebbene l’Ucraina abbia fornito elenchi concordati. Sono diventate un simbolo di violazioni dei diritti umani le torture compiute nella prigione di Donetsk.

I due nuovi checkpoint che abbiamo aperto nel novembre 2020 nella regione di Lugansk non funzionano ancora – e qui avvieneun’ostruzione totale con pretesti forzati.

L’Ucraina sta facendo tutto il possibile per raggiungere progressi nel confronto sulle questioni politiche. Nel GCC, nel processo di Minsk, attraverso disegni di legge abbiamo avanzato le nostre proposte, ma tutto appare bloccato e nessuno ne parla. L’Ucraina chiede da tempo di sbloccare immediatamente il processo negoziale. Ma questo non significa che la ricerca della pace si limiti ad solamente ad esso.

Siamo pronti a trovare la chiave per terminare la guerra in ogni possibile formato: Parigi, Berlino, Minsk, Istanbul, Ginevra, Bruxelles, Pechino, New York, non ha importanza dove il mondo negozia la pace in Ucraina.

Non importa se parteciperanno quattro paesi, sette o cento, la cosa che conta è che Ucraina e Russia siano tra questi. Ciò che è veramente importante è comprendere che la pace è necessaria non solo per noi, il mondo intero ha bisogno della pace in Ucraina. Pace e ripristino dell’integrità territoriale entro i confini internazionalmente riconosciuti. Questa è l’unica strada per risolvere il conflitto. E spero che nessuno pensi all’Ucraina come a una comoda e permanente zona cuscinetto tra l’Occidente e la Russia. Questo non accadrà mai. Nessuno lo permetterà.

Altrimenti – chi sarà il prossimo? I paesi della NATO dovranno difendersi a vicenda? Voglio credere che il Trattato del Nord Atlantico e l’Articolo 5 saranno più efficaci del Memorandum di Budapest. In ogni caso, abbiamo qualcosa. Il diritto di domandare il passaggio oltre una politica di appeasment per garantire sicurezza e pace.

Per tre volte dal 2014 l’Ucraina ha provato a organizzare consultazioni con i garanti del Memorandum di Budapest per ben tre volte. Tutte senza successo. Oggi l’Ucraina lo fa per la quarta volta. Io per la prima volta da Presidente. Ma sia io che l’Ucraina lo facciamo per l’ultima volta.

Sto avviando consultazioni nel quadro del Memorandum di Budapest. Il Ministro degli Affari Esteri è stato incaricato di convocarli. Se i loro risultati non garantiranno la sicurezza per il nostro paese, l’Ucraina avrà tutto il diritto di credere che il Memorandum di Budapest non funzioni e che tutte le decisioni del pacchetto del 1994 sono in dubbio.

Propongo inoltre di convocare un vertice dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nelle prossime settimane con la partecipazione di Ucraina, Germania e Turchia per affrontare le sfide in atto alla sicurezza in Europa. Ed elaborare di conseguenza nuove ed efficaci garanzie di sicurezza per l’Ucraina. Paese che si trova oggi, fintanto che non siamo membri dell’Alleanza e di fatto ci troviamo in una zona grigia – in un vuoto securitario.

Cosa possiamo fare adesso? Sostenere con efficacia l’Ucraina e le sue capacità di difesa. Garantire all’Ucraina una prospettiva europea chiara, gli strumenti disponibili per le nazioni candidate, e chiari e precisi termini temporali per entrare nella Nato.

Servirà sostenere la trasformazione della nazione. Stabilire un Fondo per la Stabilità e la Ricostruzione dell’Ucraina, un programma affitti e prestiti, la fornitura di armi, macchinari e equipaggiamento di ultima generazione per il nostro esercito, che protegge l’intera Europa.

Servirà sviluppare un pacchetto di sanzioni preventive per fungere da deterrente all’aggressione. Garantire la sicurezza energetica ucraina, garantire la sua integrazione dentro il mercato energetico dell’Unione Europea in cui Nord Stream 2 è usato come un’arma.

Tutte queste domande meritano risposta.

Per ora siamo stati in silenzio. E finché c’è silenzio qui, ci sarà silenzio nell’Est del nostro Paese. Questo vale per l’Europa. Questo vale per il mondo. Spero che il mondo finalmente lo capisca, e che lo faccia anche l’Europa.

Signore e signori,

Ringrazio tutti gli Stati che oggi sostengono l’Ucraina.

Con le parole, con le dichiarazioni, con l’aiuto concreto. Tutti coloro che sono oggi dalla nostra parte. Dalla parte della verità e del diritto internazionale. Non vi chiamo per nome, non voglio far vergognare altre nazioni. Ma un conto è il business, un altro il loro karma. E ciò riguarda la loro coscienza. Comunque, non credo che saprebbero spiegare le loro azioni ai due soldati uccisi e ai tre feriti in Ucraina oggi.

E, cosa più importante, a tre ragazze di Kiev. Una di dieci anni, una di sei e la più piccola di solo un anno. Rimaste oggi senza un padre. Alle sei del mattino, ora dell’Europa centrale. Quando il Capitano Anton Sydorov, ufficiale dell’intelligence ucraina, è stato ucciso da un attacco di artiglieria vietato dagli Accordi di Minsk. Non so cosa ha pensato nell’ultimo momento della sua vita. Non ha certamente saputo che agenda qualcuno deve rispettare per porre fine alla guerra.

Ma sapeva certamente la risposta alla domanda che ho posto all’inizio. Sa benissimo chi di noi sta mentendo.

Possa la sua memoria vivere in eterno. Possa la memoria di coloro che sono morti oggi e nella guerra all’Est del nostro Paese vivere per sempre.

Grazie mille.




Donald Trump avverte che “la Guerra mondiale” potrebbe scoppiare mentre la Russia prosegue con l’invasione dell’Ucraina
Donald Trump dice che l’invasione su più fronti di Vladimir Putin in Ucraina potrebbe portare alla prossima guerra mondiale.
4 marzo 2022

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... llucraina/

L’ex presidente Donald Trump ha avvertito che l’invasione su più fronti della Russia in Ucraina potrebbe portare a una “guerra mondiale” ed ha detto a Fox News che l’amministrazione di Joe Biden dovrà “fare molto di più che semplici sanzioni” per fermare il presidente russo Vladimir Putin.

Durante un’intervista esclusiva a tu per tu con Fox News a margine della Conservative Political Action Conference (CPAC) di sabato scorso, l’ex presidente Donald Trump ha detto che la guerra della Russia in Ucraina “non sarebbe mai dovuta accadere“.

“È una cosa orribile. Non sarebbe mai dovuto accadere in nessuna circostanza, ed è quello che penso”, ha detto Donald Trump. “Ma è stato dimostrato un grande coraggio, e penso che stiano facendo un lavoro straordinario – molto più di quanto chiunque avrebbe pensato possibile”.

Quando gli è stato chiesto se avesse un messaggio per Vladimir Putin, l’ex presidente ha detto: “Non ho nessun messaggio“.

“Penso solo che sia una vergogna che questo stia succedendo. È qualcosa che non dovrebbe mai accadere”, ha risposto Donald Trump.

“Migliaia di persone, voglio dire, questa cosa può portare a qualcosa di molto più grande rispetto a quest’area”, ha avvertito Donald Trump. “Questo potrebbe estendersi a molti altri paesi e può portare ad una guerra mondiale“.

Donald Trump ha anche aggiunto che “non si sa mai come si inizia, in una guerra mondiale“.

“Non si pensa mai che ne venga fuori una guerra“, ha continuato. “All’improvviso, si finisce in una guerra mondiale“.

Ha aggiunto: “Questo è un periodo molto pericoloso per la nostra nazione, per il paese”.

Poco prima dell’intervista, gli Stati Uniti, il Canada ed altri alleati europei avevano annunciato ulteriori sanzioni alla Russia, in particolare le banche russe selezionate per essere rimosse dal sistema finanziario SWIFT.

Donald Trump, commentando le sanzioni, ha detto a Fox News: “Dovranno fare più di semplici sanzioni, immagino”.

“Ma le sanzioni non bastano, sapete, Putin sa bene come evitare le sanzioni, e passa attraverso altri paesi“, ha detto Trump a Fox News. “Va in Cina ad esempio“.

Donald Trump, però, ha detto che le sanzioni “devono essere forti, e devono essere rapide, OK? Per usare una parola, perché questa è una sanzione molto potente, come sapete, l’esclusione dallo SWIFT.”

“E se non lo sono, non lo posso certo immaginare – sarà solo una questione di tempo“, ha detto Donald Trump. “È una cosa molto brutta quella che sta avvenendo. Non sarebbe mai dovuta accadere”.

Nel frattempo, Donald Trump ha detto a Fox News che la Cina è rimasta incoraggiata dall’invasione della Russia in Ucraina per quanto riguarda le proprie aspirazioni, cioè prendere Taiwan.

“È vero. Penso che la Cina lo farebbe comunque“, ha detto.

Ma l’ex presidente ha anche ricordato il “modo” in cui l’amministrazione di Joe Biden ha ritirato le truppe e le risorse militari statunitensi dall’Afghanistan, definendolo una “resa“.

“Uscire è stata una buona cosa. Io avevo ridotto il contingente a duemila soldati”, ha detto Donald Trump, riferendosi alla sua decisione come comandante-in-capo di ridurre la presenza delle truppe statunitensi nella regione. “Avevamo l’intenzione di uscire con forza e dignità, ma per togliere i soldati, il grande esercito, in primo luogo, abbiamo portato via il nostro esercito e i Marines. Abbiamo tolto loro per primi e abbiamo lasciato gli americani indietro, lasciato altre persone indietro, lasciato 85 miliardi di dollari di attrezzature indietro.”

“Abbiamo avuto 13 giovani che sono rimasti uccisi, molti che sono stati feriti molto gravemente nel attentato dinamitardo ed un paio di altre cose nel modo in cui sono usciti”, ha detto Donald Trump, riferendosi all’attentato suicida del 26 agosto 2021 fuori dall’aeroporto internazionale Hamid Karzai di Kabul durante il ritiro dove hanno preso la vita di 13 membri del servizio militare americano – tra cui 11 Marines, un marinaio della Marina degli Stati Uniti ed un soldato dell’esercito. Diciotto altri membri delle forze armate americane sono rimasti feriti. L’attentato dinamitardo ha anche lasciato sul terreno più di 150 civili morti.

“Penso davvero che sia stato il momento più imbarazzante – uno dei punti più bassi nella storia del nostro paese“, ha detto Donald Trump riguardo al ritiro dall’Afghanistan. “E i presidenti Xi e Putin l’hanno guardato, e penso che probabilmente hanno avuto idee che non avrebbero mai avuto prima di vederlo, perché è stato fatto tutto in una maniera grossolanamente incompetente“.

A Donald Trump è stato poi chiesto se un’invasione russa dell’Ucraina si sarebbe verificata sotto la sua amministrazione; che cosa avrebbe fatto, ma ha risposto a Fox News, che non poteva dirlo “in questo momento“.

“Beh, vi dico una cosa, io farei delle cose, ma l’ultima cosa che voglio fare è dirlo adesso, perché se qualcuno me lo chiede è in una posizione in cui può utilizzare qualsiasi cosa io gli dia in mano“, ha detto Donald Trump. “Ma certamente non vorrei parlarne troppo in televisione o ai media”.

E poi ha aggiunto: “Ma ci sono cose che si possono fare che sarebbero molto potenti“.

Donald Trump ha detto che se Joe Biden richiedesse il suo aiuto, lui “certamente lo offrirebbe“, ma ha anche detto che l’amministrazione Biden è “bloccata in questa situazione che non sarebbe mai dovuta accadere, e vedremo come andrà a finire”.

“È molto triste, ma è stata dimostrata una grande quantità di coraggio in questo momento che è stato piuttosto incredibile”, ha detto Donald Trump.

Donald Trump non ha voluto dire se avesse parlato o meno con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. “Non voglio rispondere”, ha detto. “Non voglio proprio rispondere“.

Nel frattempo, passando ai social media, a Donald Trump – che è stato bannato da Twitter, Facebook, Instagram e anche da Snapchat ed ha lanciato una società di social media tutta sua, TRUTH Social – è stato chiesto di fare un commento sulla possibilità che viene data a Vladimir Putin di utilizzare ancora le piattaforme social mentre sta facendo una guerra.

“C’è la morte in Ucraina, e lui è ancora in grado di utilizzare il potere che gli offrono persone molto malate“, ha detto Donald Trump sui dirigenti delle Big Tech. “Queste sono persone molto cattive che li controllano”.

Donald Trump ha detto che “quello che stanno facendo è così dannoso per il nostro paese”.

“Legale o meno, non ne sono sicuro”, ha risposto Donald Trump. “E fa sì che un sacco di gente – vi dirò che quello che hanno fatto è terribile – ma stiamo realizzando TRUTH Social per questo“.

“Truth” (“Verità”), ha detto Donald Trump. “Riguarda la verità e penso che diventerà molto grande, e se si guarda ora, quanto bene sta andando – la gente rimane stupita – è in tendenza come il social numero uno dappertutto, e sarà grande, e ne abbiamo bisogno“.

Donald Trump ha detto che la piattaforma darà indietro la “voce”, dicendo che è necessaria.

“Perché queste persone, c’è qualcosa di sbagliato in loro“, ha detto Donald Trump sui dirigenti delle Big Tech. “Sono quasi, forse, sono malati. Forse sono squilibrati“.

Donald Trump ha anche criticato le aziende dei social media per aver permesso ad “assassini a sangue freddo, teppisti e dittatori – ad un livello molto pericoloso” – di restare sulle loro piattaforme, mentre “il presidente degli Stati Uniti ed altre persone invece non hanno il permesso di starci”.

“È una vergogna“, ha detto. “E sapete, ho avuto centinaia di milioni di persone che mi hanno seguito, ma penso che TRUTH Social sarà un modo per far uscire la nostra voce“. E ha aggiunto: “Sarà molto potente“.

Quando gli è stato chiesto se avrebbe usato direttamente la sua piattaforma ha detto: “La userò. Sì, la userò“.
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Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:27 pm

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Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:27 pm

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Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:28 pm

19)
Paragoni fuori luogo con il bombardamento della Serbia da parte della NATO e altri in Libia, Siria, Iraq.


L'EU-USA-NATO bombardarono la Serbia due volte, perché in buona fede fu ritenuta il male, prima a difesa dei bosniaci e poi dei kosovari giudicati vittime di un tentativo di genocidio di massa da parte dei carnefici serbi.
Bombardamento della Serbia nel 1995 e nel 1999
http://www.filarveneto.eu/forum/viewtop ... 143&t=2996
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Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:28 pm

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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:29 pm

Capitolo 20
I conflitti e la violenza in Ucraina, in Crimea e nel Donbass sono iniziati con l'avvento di Putin al potere in Russia e del Risveglio nazi nazionalista, fascio zarista e imperialista della Grande Russia, a spese dei popoli russi, degli ex paesi liberatisi dall'URSS con il suo crollo e delle aree in precedenza dominio dell'Impero russo degli Zar.



17)
L'espansione della NATO e la presunta minaccia alla Russia




8)
Destabilizzazione dell'Ucraina, del Donbass e della Crimea ad opera della Russia nazi fascista e imperialista di Putin e dei terroristi nazifascisti ucraini russofili



La destabilizzazione dell'Ucraina libera e il sorgere del separatismo russofono e russofilo nelle aree della Crimea e del Donbass, inizia qualche anno dopo il referendo per l'indipendenza dell'Ucraina del 1991 e coincide con l'insediamento e i consolidamneto di Putin alla guida della Russia post URSS nei primi anni del 2000.
Il programma e il compito di Putin è stato ed quello di ripristinare la Grande Russia sconfitta con il crollo dell'URSS, con ogni mezzo lecito e illecito, dalla propaganda menzognera, alla promozione, all'organizzazione e al finanziamento dei movimenti separatisti, a quello dei partiti russofili da insediare al governo dell'Ucraina, come ha sempre fatto la Russia ai tempi dell'URSS.

L'aggressione del regime di Putin all'Ucraina ha tolto il velo anche sull'ipocrisia regnata nel Donbass dal 2014 ad oggi. Quello che, secondo le autorità di Mosca, sarebbe il teatro di un genocidio condotto ai danni della popolazione russofona, altro non è che un buco nero mafioso
Matteo Zola
25/02/2022
(Pubblicato in collaborazione con East Journal )

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Ucr ... sia-216155

Lo scorso 21 febbraio la Russia ha riconosciuto l’indipendenza delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Il giorno seguente l’esercito russo entrava nelle due repubbliche per una missione di peacekeeping che, da un lato, affermava la sovranità russa sui due territori e, dall’altro, preparava l’invasione del resto dell’Ucraina.

Dopo anni di ipocrisie e falsità, è finalmente caduto il velo dal Donbass. Ripercorrere la storia recente di questa regione significa addentrarsi nei meandri di un conflitto definito “a bassa intensità” ma che, dal 2014, non ha smesso di seminare morte associando alla destabilizzazione politica e al controllo militare, pratiche criminali comuni, traffici, regolamenti di conti e violenza. Quello che, secondo le autorità di Mosca, sarebbe il teatro di un genocidio condotto ai danni della popolazione russofona, altro non è che un buco nero mafioso.

Il furto dello stato
Dossier

Vai a tutti i nostri approfondimenti sull'aggressione del regime di Putin all'Ucraina nel dossier "Ucraina: la guerra in Europa"

All’indomani della dissoluzione sovietica molti vecchi esponenti della nomenklatura hanno saputo riciclarsi e trasformarsi in magnati e imprenditori grazie alla spoliazione dei beni pubblici in un processo di privatizzazione selvaggia che il politologo Steven L. Solnick ha chiamato "il furto dello stato". Un fenomeno che ha avuto luogo in molte regioni dell’ex Urss ma che in Donbass ha visto l’emergere di clan oligarchici capaci di prendere il controllo politico e sociale della regione, limitando gravemente la formazione di una società civile. Una regione industriale così ricca di risorse si è rivelata comprensibilmente attraente per le nuove generazioni di dirigenti mafiosi che cercavano di consolidare le proprie posizioni sociali ed economiche assumendo un controllo formale sul mondo della politica e del diritto.

Anni prima che Viktor Yanukovich diventasse presidente dell'Ucraina, lui e la sua famiglia stavano già esercitando il controllo sulla regione di Donetsk. Molti degli attori politici ed economici più influenti dell’Ucraina indipendente provengono da questa regione: gli ex presidenti Kuchma e Yanukovich ma anche Rinat Akhmetov, Oleksandr Yefremov, Borys Kolesnikov, nomi più o meno noti che hanno segnato le sorti della regione e del paese. Grazie a loro il Donbass è divenuto il tempio della corruzione, un luogo in cui soprusi e vessazioni erano il pane quotidiano, e la lotta tra gruppi armati al soldo di opposti magnati insanguinava le strade. La speranza di vita era, poco prima della guerra, due anni inferiore al resto del paese mentre la regione registrava i più alti tassi europei nel consumo di oppiacei e nella diffusione dell’HIV . E tutto questo malgrado la regione valesse un quarto di tutto l’export ucraino. Una ricchezza che però non andava nelle tasche della popolazione.

Regioni filorusse?

È in questo contesto che si svilupparono gli eventi che hanno portato alla nascita delle repubbliche separatiste. Nel momento in cui il presidente Yanukovich fuggì dal paese, cominciarono ad emergere conflitti all’interno del mondo oligarchico che lo sosteneva. Tra la popolazione si diffusero sentimenti contrastanti tra coloro che lo ritenevano un traditore e quelli che sentivano invece di aver perso un punto di riferimento a Kiev . Lo possiamo capire da un sondaggio dell’IRI condotto proprio in quei mesi che testimonia il malessere dei residenti negli oblast di Donetsk e Lugansk: in quelle regioni solo il 40% degli intervistati riteneva l’occupazione della Crimea “una minaccia per la sicurezza nazionale” contro al 90% dei residenti nelle regioni centro-occidentali.

Allo stesso modo, ben il 30% esprimeva la necessità di una “protezione per i cittadini russofoni”. Tuttavia il favore verso l’integrazione con la Russia non era elevato: 33% a Donetsk, 24% a Lugansk e Odessa, 15% a Kharkiv, mostrando come anche nelle regioni orientali del paese sussistessero grandi differenze e non fosse affatto vero, come si è poi affermato e si continua a ripetere da più parti, che nell’est dell’Ucraina la popolazione fosse largamente favorevole all’integrazione con la Russia. Anzi, uno studio del 2018 ha rilevato come la guerra non abbia modificato nella popolazione del Donbass la propria identità ucraina che, quindi, è qualcosa di più di una semplice appartenenza linguistica.

Una guerra civile?

Mentre a Kiev si andava consolidando il fronte rivoluzionario, nell’est del paese cominciarono i disordini. A marzo 2014 si registrarono scontri a Kharkov, Donetsk e Lugansk, con l’occupazione dei municipi e delle istituzioni locali. Secondo gli osservatori OSCE le forze di polizia non intervennero o si mostrarono solidali con i manifestanti filorussi. In aprile vennero occupate le amministrazioni di Kramatorsk, Sloviansk e Mariupol, questa volta con il supporto di uomini armati. Si trattava perlopiù di paramilitari che arrivavano dalla Russia . La provenienza russa dei miliziani e di larga parte dei dimostranti che occuparono le varie municipalità è la prova che non si è mai trattato, fin dall’inizio, di una guerra civile ma di uno “scenario crimeano” fatto di agitatori e truppe irregolari inviate da Mosca per destabilizzare e infine occupare le regioni orientali dell’Ucraina.

Si arrivò così alla proclamazione di indipendenza delle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk, rispettivamente il 7 e il 27 aprile 2014. Nel mese di maggio un referendum confermativo venne tenuto nelle due repubbliche registrando il 90% dei consensi. Un dato che contrasta fortemente con quello raccolto appena un mese prima dal sondaggio dell’IRI e che appare del tutto inverosimile. Intanto i combattimenti si intensificarono con l’arrivo di mezzi blindati, artiglieria pesante, lanciarazzi e sistemi antimissile di provenienza russa. Nel mese di luglio il volo MH17 della Malaysian Airlines venne abbattuto uccidendo 298 persone. Un’indagine internazionale concluse che l’aereo era stato colpito da un missile terra-aria partito dalla base della 53esima brigata antiaerea di Kursk, in Russia. A quel punto il velo sulla crisi ucraina era già stato squarciato, ma per molto tempo non si è voluto vedere in faccia il responsabile.

Fine prima parte

Seconda parte

Gli sforzi della diplomazia condussero, in settembre, al Protocollo di Minsk, conosciuto come “Minsk I”: venne stabilita la linea di contatto tra l’Ucraina e le due repubbliche separatiste; si stabilì l’immunità per “tutti i partecipanti agli eventi nelle regioni di Donetsk e Lugansk” senza distinzione tra crimini comuni e crimini di guerra; vennero stabilite elezioni locali in presenza di osservatori OSCE (che si tennero infine il 2 novembre senza rispettare nessuna delle condizioni di t
rasparenza previste). Iniziava così una nuova fase di negoziati che, nel febbraio 2015, approdò agli Accordi di Minsk (noti come “Minsk II”).

L’economia dei separatisti

Dopo la stipula degli accordi di Minsk (febbraio 2015) si è avviata una fase di relativa stabilità anche se tra il 2017 e il 2020 si sono registrate più di 900 vittime civili. La situazione economica nelle due repubbliche separatiste era tuttavia resa difficile proprio dagli Accordi di Minsk che impedivano relazioni economiche con Mosca. L’assenza di collegamenti bancari con la Russia impediva alle fabbriche e alle aziende delle “repubbliche popolari” di avere la liquidità necessaria per mantenere la produzione. In questa situazione, l’Ossezia del Sud è diventata l'estrema risorsa: dopo aver stabilito rapporti ufficiali con Mosca, Donetsk e Lugansk, la piccola repubblica separatista georgiana è diventata l’intermediario attraverso cui la Russia versava fondi e pagamenti al Donbass. Tra il 2014 e il 2018, gli investimenti diretti esteri sono stati inferiori all'uno per cento del PIL del Donbass. Le aziende esitano a investire risorse in un'area in cui si verificano quotidianamente scambi di artiglieria. Per questo motivo, l'economia fatica a svilupparsi ed è stata particolarmente colpita dalla pandemia di Covid-19 diffondendo ulteriore malcontento tra la popolazione.

L'economia è stata monopolizzata da imprese di proprietà dei separatisti. I leader locali che si sono succeduti nel tempo hanno avviato una vera e propria economia di rapina, nazionalizzando e controllando le industrie locali. Gli stipendi sono crollati ai minimi storici. Chi ha potuto lasciare le due regioni, l’ha già fatto. Sono quasi due milioni coloro che sono emigrati nel territorio sotto controllo ucraino. Di fronte al crollo dell’economia locale, alla distruzione delle infrastrutture civili e industriali, i leader separatisti hanno agito come veri e propri boss mafiosi , imponendo la propria legge con la violenza. Tra i più noti vale la pena citare Aleksandr Borodai, primo capo della repubblica di Donetsk, che oggi siede alla Duma russa, e Aleksandr Zacharčenko, capace di costruirsi un piccolo impero estorcendo denaro a ristoranti e supermarket, prima di essere ucciso nel 2018 da un’autobomba piazzata da qualche rivale interno.

Le due repubbliche separatiste sono arrivate a costare miliardi di dollari alla Russia, costretta a versare soldi nelle casse dei separatisti, i quali non hanno esitato a farne un uso personale. Il regime semi-coloniale russo nel Donbass sarebbe stato insostenibile sul lungo periodo. Forse anche per questo Mosca ha deciso per il riconoscimento delle due repubbliche, uscendo dagli accordi di Minsk e prendendo il controllo diretto della regione. Ai piccoli boss locali si sostituisce così l’unico vero signore della guerra, Vladimir Putin.


Putin peggio di Hitler e di Stalin insieme
Ecco il suo demenziale programma ideologico politico militare, assai peggio di quello di Hitler esplicato nel suo orrendo Mein Kampf



"Cari russi, è questione di vita o di morte": ecco il discorso di guerra di Putin
Vladimir Putin, 24 febbraio 2022

https://www.nicolaporro.it/cari-russi-e ... -di-putin/

Pubblichiamo la traduzione del video messaggio notturno che ha dato il via alle operazioni russe in Ucraina. Putin si rivolge sia ai cittadini russi che a quelli ucraini. Il video e il testo del discorso sono stati pubblicati sul sito del Cremlino.

SOTTOTITOLI Ucraina, Putin: "Ho deciso di condurre un'operazione speciale"

Cari cittadini russi! Cari amici!

Oggi, ritengo ancora una volta necessario tornare sui tragici eventi accaduti nel Donbass e sulle questioni chiave per garantire la sicurezza della Russia.

Vorrei iniziare con quanto ho detto nel mio discorso del 21 febbraio di quest’anno. Stiamo parlando di ciò che ci provoca particolare preoccupazione e ansia, di quelle minacce fondamentali che anno dopo anno, passo dopo passo, vengono create in modo rude e senza tante cerimonie da politici irresponsabili in Occidente nei confronti del nostro Paese. Intendo l’espansione del blocco NATO ad est, che sta avvicinando le sue infrastrutture militari ai confini russi.

È noto che per 30 anni abbiamo cercato con insistenza e pazienza di raggiungere un accordo con i principali paesi della NATO sui principi di una sicurezza uguale e indivisibile in Europa. In risposta alle nostre proposte, ci siamo trovati costantemente di fronte ora a cinici inganni e menzogne, ora a tentativi di pressioni e ricatti, mentre l’Alleanza del Nord Atlantico, nel frattempo, nonostante tutte le nostre proteste e preoccupazioni, è in costante espansione. La macchina militare si muove e, ripeto, si avvicina ai nostri confini.

Perché sta succedendo tutto questo? Da dove viene questo modo sfacciato di parlare dalla posizione della propria esclusività, infallibilità e permissività? Da dove viene l’atteggiamento sprezzante nei confronti dei nostri interessi e delle nostre esigenze assolutamente legittime?

La risposta è chiara, tutto è chiaro ed ovvio. L’Unione Sovietica alla fine degli anni ’80 del secolo scorso si è indebolita e poi è completamente crollata. L’intero corso degli eventi che hanno avuto luogo allora è una buona lezione anche per noi oggi: ha mostrato in modo convincente che la paralisi del potere e della volontà è il primo passo verso il completo degrado e l’oblio. Non appena abbiamo perso la fiducia in noi stessi per qualche tempo, l’equilibrio di potere nel mondo si è rivelato disturbato.

Ciò ha portato al fatto che i precedenti trattati e accordi non sono più in vigore. La persuasione e le richieste non aiutano. Tutto ciò che non si addice all’egemone, al potere, viene dichiarato arcaico, obsoleto, non necessario. E viceversa: tutto ciò che sembra loro vantaggioso è presentato come la verità ultima, spinta a tutti i costi, rozzamente, con tutti i mezzi. I dissidenti sono messi in ginocchio.

Ciò di cui parlo ora non riguarda solo la Russia e non solo noi. Questo vale per l’intero sistema delle relazioni internazionali, e talvolta anche per gli stessi alleati degli Stati Uniti.

Certo, nella vita pratica, nelle relazioni internazionali, nelle regole per la loro regolamentazione, bisognava tener conto dei mutamenti della situazione mondiale e degli stessi equilibri di potere. Tuttavia, ciò avrebbe dovuto essere fatto in modo professionale, fluido, paziente, tenendo conto e rispettando gli interessi di tutti i paesi e comprendendo la nostra responsabilità. Invece no: (si è visto) uno stato di euforia da assoluta superiorità, una sorta di moderna forma di assolutismo, e anche sullo sfondo di un basso livello di cultura generale e arroganza, di coloro che hanno preparato, adottato e spinto decisioni vantaggiose solo per loro stessi. La situazione ha quindi iniziato a svilupparsi secondo uno scenario diverso.

Non bisogna cercare lontano per trovare degli esempi. In primo luogo, senza alcuna sanzione da parte del Consiglio di sicurezza dell’ONU, hanno condotto una sanguinosa operazione militare contro Belgrado, utilizzando aerei e missili proprio nel centro dell’Europa. Diverse settimane di continui bombardamenti di città civili, su infrastrutture di supporto vitale. Dobbiamo ricordare questi fatti, anche se ad alcuni colleghi occidentali non piace ricordare quegli eventi e quando ne parliamo preferiscono indicare non le norme del diritto internazionale, ma le circostanze che interpretano come meglio credono.

Poi è stata la volta dell’Iraq, della Libia, della Siria. L’uso illegittimo della forza militare contro la Libia, la perversione di tutte le decisioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla questione libica hanno portato alla completa distruzione dello Stato, all’emergere di un enorme focolaio di terrorismo internazionale, al fatto che il Paese è precipitato in una catastrofe umanitaria che non si ferma da molti anni la guerra civile. La tragedia, che ha condannato centinaia di migliaia, milioni di persone non solo in Libia, ma in tutta questa regione, ha dato luogo a un massiccio esodo migratorio dal Nord Africa e dal Medio Oriente verso l’Europa.

Un destino simile era stato preparato per la Siria. I combattimenti della coalizione occidentale sul territorio di questo Paese senza il consenso del governo siriano e senza la sanzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu non sono state altro che una aggressione.

Tuttavia, un posto speciale in questa serie è occupato, ovviamente, dall’invasione dell’Iraq, anche quella senza alcun fondamento giuridico. Come pretesto, hanno scelto informazioni affidabili presumibilmente disponibili per gli Stati Uniti sulla presenza di armi di distruzione di massa in Iraq. A riprova di ciò, pubblicamente, davanti al mondo intero, il Segretario di Stato americano agitò una specie di provetta con polvere bianca, assicurando a tutti che fosse l’arma chimica sviluppata in Iraq. E poi si è scoperto che tutto questo era una bufala, un bluff: non c’erano armi chimiche in Iraq. Incredibile, sorprendente, ma il fatto resta. C’erano bugie al più alto livello statale e alle Nazioni Unite. E di conseguenza: enormi perdite, distruzione, un’incredibile ondata di terrorismo.

In generale si ha l’impressione che praticamente ovunque, in molte regioni del mondo, dove l’Occidente viene a stabilire il proprio ordine, il risultato siano ferite sanguinanti e non rimarginate, ulcere del terrorismo internazionale e dell’estremismo. Tutto ciò che ho detto è il più eclatante, ma non l’unico esempio di disprezzo del diritto internazionale.

Ci avevano promesso di non espandere la NATO di un pollice a est. Ripeto: mi hanno ingannato. Sì, si sente spesso dire che la politica è un affare sporco. Forse, ma non nella stessa misura, non nella stessa misura. Dopotutto, tale comportamento imbroglione contraddice non solo i principi delle relazioni internazionali, ma soprattutto le norme morali generalmente riconosciute. Dov’è la giustizia e la verità qui? Solo un mucchio di bugie e ipocrisie.

A proposito, politici, scienziati politici e giornalisti americani stessi scrivono e parlano del fatto che negli ultimi anni negli Stati Uniti si è creato un vero e proprio “impero delle bugie”. È difficile non essere d’accordo, è vero. Ma gli Stati Uniti sono ancora un grande Paese, una potenza che fa sistema. Tutti i suoi satelliti non solo danno rassegnato e doveroso assenso, cantano insieme a lei per qualsiasi motivo, ma copiano anche il suo comportamento, accettano con entusiasmo le regole che propone. Pertanto, a ragione, possiamo affermare con sicurezza che l’intero cosiddetto blocco occidentale, formato dagli Stati Uniti a propria immagine e somiglianza, è tutto il vero “impero della menzogna”.

Quanto al nostro Paese, dopo il crollo dell’URSS, con tutta l’apertura senza precedenti della nuova Russia moderna, la disponibilità a lavorare onestamente con gli Stati Uniti e gli altri partner occidentali, e nelle condizioni di un disarmo praticamente unilaterale, hanno subito cercato di metterci alle strette, finirci e distruggerci completamente. Questo è esattamente ciò che è successo negli anni ’90, all’inizio degli anni 2000, quando il cosiddetto Occidente ha sostenuto più attivamente il separatismo e le bande mercenarie nella Russia meridionale. Quali sacrifici, quali perdite ci costò tutto questo allora, quali prove abbiamo dovuto affrontare prima di spezzare finalmente la schiena al terrorismo internazionale nel Caucaso. Lo ricordiamo e non lo dimenticheremo mai.

Sì, infatti, fino a poco tempo fa, non si sono fermati i tentativi di distruggere i nostri valori tradizionali e di imporci i loro pseudo-valori che corroderebbero noi, la nostra gente dall’interno, quegli atteggiamenti che stanno già piantando in modo aggressivo nei loro paesi e che portano direttamente al degrado e alla degenerazione, perché contraddicono la natura stessa dell’uomo. Non succederà, nessuno l’ha mai fatto. Non funzionerà neanche adesso.

Nonostante tutto, nel dicembre 2021, abbiamo comunque tentato ancora una volta di concordare con gli Stati Uniti e i suoi alleati dei principi per garantire la sicurezza in Europa e sulla non espansione della NATO. Tutto è stato vano. La posizione degli Stati Uniti non cambia. Non ritengono necessario negoziare con la Russia su questa questione fondamentale per noi, perseguendo i propri obiettivi, trascurando i nostri interessi.

E ovviamente, in questa situazione, abbiamo una domanda: cosa fare dopo, cosa aspettarsi? Sappiamo bene dalla storia come negli anni Quaranta l’Unione Sovietica abbia cercato in tutti i modi di prevenire o almeno ritardare lo scoppio della guerra. A tal fine, tra l’altro, ha cercato letteralmente fino all’ultimo di non provocare un potenziale aggressore, non ha compiuto o rimandato le azioni più necessarie e ovvie per prepararsi a respingere un inevitabile attacco. E quei passi che furono fatti alla fine si rivelarono catastroficamente ritardatari.

Di conseguenza, il paese non era pronto ad affrontare pienamente l’invasione della Germania nazista, che attaccò la nostra Patria il 22 giugno 1941 senza dichiarare guerra. Il nemico fu fermato e poi schiacciato, ma a un costo colossale. Un tentativo di placare l’aggressore alla vigilia della Grande Guerra Patriottica si è rivelato un errore che è costato caro al nostro popolo. Nei primissimi mesi di ostilità abbiamo perso territori enormi e strategicamente importanti e milioni di persone. La seconda volta che non permetteremo un errore del genere, non abbiamo alcun diritto.

Coloro che rivendicano il dominio del mondo, pubblicamente, impunemente e, sottolineo, senza alcun motivo, dichiarano noi, la Russia, il loro nemico. Infatti, oggi hanno grandi capacità finanziarie, scientifiche, tecnologiche e militari. Ne siamo consapevoli e valutiamo oggettivamente le minacce che ci vengono costantemente rivolte in ambito economico, nonché la nostra capacità di resistere a questo ricatto sfacciato e permanente. Ripeto, li valutiamo senza illusioni, in modo estremamente realistico.

Per quanto riguarda la sfera militare, la Russia moderna, anche dopo il crollo dell’URSS e la perdita di una parte significativa del suo potenziale, è oggi una delle più importanti potenze nucleari del mondo e, inoltre, presenta alcuni vantaggi in una serie di ultimi tipi di armi. A questo proposito, nessuno dovrebbe avere dubbi sul fatto che un attacco diretto al nostro Paese porterà alla sconfitta e alle terribili conseguenze per qualsiasi potenziale aggressore.

Allo stesso tempo, le tecnologie, comprese le tecnologie di difesa, stanno cambiando rapidamente. La leadership in quest’area sta passando e continuerà a passare di mano, ma lo sviluppo militare dei territori adiacenti ai nostri confini, se lo consentiamo, durerà per decenni a venire, e forse per sempre, e creerà un quadro sempre crescente di minaccia inaccettabile per la Russia.

Anche ora, mentre la NATO si espande ad est, la situazione per il nostro Paese sta peggiorando e diventando ogni anno più pericolosa. Inoltre, in questi giorni, la leadership della NATO ha parlato apertamente della necessità di accelerare, accelerare l’avanzamento delle infrastrutture dell’Alleanza fino ai confini della Russia. In altre parole, stanno rafforzando la loro posizione. Non possiamo più semplicemente continuare a osservare ciò che sta accadendo. Sarebbe assolutamente irresponsabile da parte nostra.

L’ulteriore espansione delle infrastrutture dell’Alleanza del Nord Atlantico, lo sviluppo militare dei territori dell’Ucraina che è iniziato, è per noi inaccettabile. Il punto, ovviamente, non è l’organizzazione NATO in sé, è solo uno strumento della politica estera statunitense. Il problema è che nei territori a noi adiacenti, noterò, nei nostri stessi territori storici, si sta creando un sistema “anti-Russia” a noi ostile, che è stato posto sotto il completo controllo esterno, è intensamente colonizzato dalle forze armate dei paesi della NATO ed è dotato delle armi più moderne.

Per gli Stati Uniti e i suoi alleati, questa è la cosiddetta politica di contenimento della Russia, con evidenti dividendi geopolitici. E per il nostro paese, questa è in definitiva una questione di vita o di morte, una questione del nostro futuro storico come popolo. E questa non è un’esagerazione, è vero. Questa è una vera minaccia non solo per i nostri interessi, ma anche per l’esistenza stessa del nostro Stato, la sua sovranità. Questa è la linea rossa di cui si è parlato molte volte. L’hanno superata.

A questo proposito, e sulla situazione nel Donbass. Vediamo che le forze che hanno compiuto un colpo di stato in Ucraina nel 2014 hanno abbandonato la soluzione pacifica del conflitto. Per otto anni, otto anni infiniti, abbiamo fatto tutto il possibile per risolvere la situazione con mezzi pacifici e politici. Tutto invano.

Come ho detto nel mio discorso precedente, non si può guardare ciò che sta accadendo lì senza compassione. Era semplicemente impossibile sopportare tutto questo. Era necessario fermare immediatamente questo incubo: il genocidio contro i milioni di persone che vivono lì, che fanno affidamento solo sulla Russia, sperano solo in noi. Sono state queste aspirazioni, sentimenti, dolore delle persone che sono state per noi il motivo principale per prendere la decisione di riconoscere le repubbliche popolari del Donbass.

C’è poi una cosa che penso sia importante sottolineare ulteriormente. I principali paesi della NATO, al fine di raggiungere i propri obiettivi, sostengono in tutto i nazionalisti estremisti e neonazisti in Ucraina, che, a loro volta, non perdoneranno mai i residenti di Crimea e Sebastopoli per la loro libera scelta: la riunificazione con la Russia.

Ovviamente saliranno in Crimea, e proprio come nel Donbass, con una guerra, per uccidere, proprio come le bande dei nazionalisti ucraini, complici di Hitler, uccisero persone indifese durante la Grande Guerra Patriottica. Dichiarano apertamente di rivendicare un certo numero di altri territori russi.

L’intero corso degli eventi e l’analisi delle informazioni in arrivo mostra che lo scontro della Russia con queste forze è inevitabile. È solo questione di tempo: si stanno preparando, aspettano il momento giusto. Ora affermano anche di possedere armi nucleari. Non permetteremo che ciò avvenga.

Come ho detto prima, dopo il crollo dell’URSS, la Russia ha accettato nuove realtà geopolitiche. Rispettiamo e continueremo a trattare con rispetto tutti i paesi di nuova formazione nello spazio post-sovietico. Rispettiamo e continueremo a rispettare la loro sovranità, e un esempio di ciò è l’assistenza che abbiamo fornito al Kazakistan, che ha dovuto affrontare eventi tragici, con una sfida alla sua statualità e integrità. Ma la Russia non può sentirsi al sicuro, svilupparsi, esistere con una minaccia costante proveniente dal territorio dell’Ucraina moderna.

Permettetemi di ricordarvi che nel 2000-2005 abbiamo respinto i terroristi nel Caucaso, abbiamo difeso l’integrità del nostro Stato, salvato la Russia. Nel 2014 abbiamo sostenuto i residenti della Crimea e di Sebastopoli. Nel 2015, le forze armate sono riuscite a creare una barriera affidabile alla penetrazione dei terroristi dalla Siria in Russia. Non avevamo altro modo per proteggerci.

La stessa cosa sta accadendo ora. Semplicemente a te e a me non è stata lasciata alcuna altra opportunità per proteggere la Russia, il nostro popolo, ad eccezione di quella che saremo costretti a sfruttare oggi. Le circostanze richiedono un’azione decisa e immediata. Le repubbliche popolari del Donbass si sono rivolte alla Russia con una richiesta di aiuto.

A questo proposito, ai sensi dell’articolo 51 della parte 7 della Carta delle Nazioni Unite, con l’approvazione del Consiglio della Federazione russa e in applicazione dei trattati di amicizia e assistenza reciproca ratificati dall’Assemblea federale il 22 febbraio di quest’anno con il Donetsk Repubblica popolare e Repubblica popolare di Luhansk, ho deciso di condurre un’operazione militare speciale.

Il suo obiettivo è proteggere le persone che sono state oggetto di bullismo e genocidio da parte del regime di Kiev per otto anni. E per questo ci adopereremo per la smilitarizzazione e la denazificazione dell’Ucraina, nonché per assicurare alla giustizia coloro che hanno commesso numerosi crimini sanguinosi contro i civili, compresi i cittadini della Federazione Russa.

Allo stesso tempo, i nostri piani non includono l’occupazione dei territori ucraini. Non imporremo nulla a nessuno con la forza. Allo stesso tempo, sentiamo che negli ultimi tempi in Occidente ci sono sempre più parole che i documenti firmati dal regime totalitario sovietico, che consolidano i risultati della seconda guerra mondiale, non dovrebbero più essere eseguiti. Ebbene, qual è la risposta a questo?

I risultati della seconda guerra mondiale, così come i sacrifici fatti dal nostro popolo sull’altare della vittoria sul nazismo, sono sacri. Ma questo non contraddice gli alti valori dei diritti umani e delle libertà, basati sulle realtà che si sono sviluppate oggi in tutti i decenni del dopoguerra. Inoltre, non annulla il diritto delle nazioni all’autodeterminazione, sancito dall’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite.

Lascia che ti ricordi che né durante la creazione dell’URSS, né dopo la seconda guerra mondiale, le persone che vivono in determinati territori che fanno parte dell’Ucraina moderna, nessuno si è mai chiesto come vogliono organizzare la propria vita. La nostra politica si basa sulla libertà, la libertà di scelta per ciascuno di determinare autonomamente il proprio futuro e il futuro dei propri figli. E riteniamo importante che questo diritto – il diritto di scelta – possa essere utilizzato da tutti i popoli che vivono sul territorio dell’odierna Ucraina, da chiunque lo desideri.

A questo proposito, mi rivolgo ai cittadini ucraini. Nel 2014, la Russia è stata obbligata a proteggere gli abitanti della Crimea e di Sebastopoli da coloro che tu stesso chiami “nazisti”. I residenti della Crimea e di Sebastopoli hanno scelto di stare con la loro patria storica, con la Russia, e noi lo abbiamo sostenuto. Ripeto, semplicemente non potremmo fare altrimenti.

Gli eventi di oggi non sono collegati al desiderio di violare gli interessi dell’Ucraina e del popolo ucraino. Sono legati alla protezione della stessa Russia da coloro che hanno preso in ostaggio l’Ucraina e stanno cercando di usarla contro il nostro paese e il suo popolo.

Ripeto, le nostre azioni sono autodifesa contro le minacce che si stanno creando per noi e da un disastro ancora più grande di quello che sta accadendo oggi. Per quanto difficile possa essere, vi chiedo di capirlo e di chiedere collaborazione per voltare al più presto questa tragica pagina e andare avanti insieme, per non permettere a nessuno di interferire nei nostri affari, nelle nostre relazioni, ma per costruirli da soli, in modo che crei le condizioni necessarie per superare tutti i problemi e, nonostante la presenza di confini statali, ci rafforzi dall’interno nel suo insieme. Io credo in questo – in questo è il nostro futuro.

Vorrei anche rivolgermi al personale militare delle forze armate ucraine.

Cari compagni! I vostri padri, nonni, bisnonni non hanno combattuto i nazisti, difendendo la nostra Patria comune, affinché i neonazisti di oggi prendessero il potere in Ucraina. Hai giurato fedeltà al popolo ucraino e non alla giunta antipopolare che saccheggia l’Ucraina e deride queste stesse persone.

Non seguire i suoi ordini criminali. Vi esorto a deporre immediatamente le armi e ad andare a casa. Mi spiego meglio: tutti i militari dell’esercito ucraino che soddisfano questo requisito potranno lasciare liberamente la zona di combattimento e tornare dalle loro famiglie.

Ancora una volta, sottolineo con forza: ogni responsabilità per un possibile spargimento di sangue sarà interamente sulla coscienza del regime che regna sul territorio dell’Ucraina.

Ora, alcune parole importanti, molto importanti per coloro che potrebbero essere tentati di intervenire negli eventi in corso. Chiunque tenti di ostacolarci, e ancor di più di creare minacce per il nostro Paese, per il nostro popolo, dovrebbe sapere che la risposta della Russia sarà immediata e porterà a conseguenze mai sperimentate nella tua storia. Siamo pronti per qualsiasi sviluppo di eventi. Tutte le decisioni necessarie al riguardo sono state prese. Spero di essere ascoltato.

Cari cittadini russi!

Il benessere, l’esistenza stessa di interi stati e popoli, il loro successo e la loro vitalità hanno sempre origine nel potente apparato radicale della loro cultura e valori, esperienze e tradizioni dei loro antenati e, ovviamente, dipendono direttamente dalla capacità di adattarsi rapidamente a una vita in continuo cambiamento, sulla coesione della società, sulla sua disponibilità a consolidarsi, a raccogliere tutte le forze per andare avanti.

Le forze sono necessarie sempre – sempre, ma la forza può essere di qualità diversa. Al centro della politica dell'”impero della menzogna“, di cui ho parlato all’inizio del discorso, c’è principalmente la forza bruta e schietta. In questi casi, diciamo: “C’è potere, la mente non è necessaria”.

Tu ed io sappiamo che la vera forza è nella giustizia e nella verità, che è dalla nostra parte. E se è così, allora è difficile non essere d’accordo con il fatto che sono la forza e la prontezza a combattere che stanno alla base dell’indipendenza e della sovranità, sono le basi necessarie su cui puoi solo costruire in modo affidabile il tuo futuro, costruire la tua casa, la tua famiglia, la tua patria. .

Cari connazionali!

Sono fiducioso che i soldati e gli ufficiali delle forze armate russe devoti al loro paese adempiranno al loro dovere con professionalità e coraggio. Non ho dubbi che tutti i livelli di governo, gli specialisti responsabili della stabilità della nostra economia, del sistema finanziario, della sfera sociale, i capi delle nostre aziende e tutte le imprese russe agiranno in modo coordinato ed efficiente. Conto su una posizione consolidata e patriottica di tutti i partiti parlamentari e delle forze pubbliche.

In definitiva, come è sempre stato nella storia, il destino della Russia è nelle mani affidabili del nostro popolo multinazionale. E questo significa che le decisioni prese saranno attuate, gli obiettivi fissati saranno raggiunti, la sicurezza della nostra Patria sarà garantita in modo affidabile.

Credo nel vostro sostegno, in quella forza invincibile che ci dà il nostro amore per la Patria.


Alberto Pento
La prima menzogna di Putin è quella sull'espansione del blocco NATO che è un'organizzazione libera e volontaria con il solo scopo della mutua difesa, infatti la NATO non si è mai espansa in modo imperiale e violento ma solo in modo libero, volontario e pacifico, ogni paese che vi aderisce può liberamente scegliere di non farvi più parte, nessuno lo costringe e lo minaccia di ritorsioni militari.







"Cinico e punta al restauro dell'impero. Lo zar ha già in mente di usare la forza"
Roberto Fabbri
21 Febbraio 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 1645430436

L'analista: "Ragiona secondo categorie ottocentesche come le zone di influenza e considera la guerra come uno strumento legittimo"
"Cinico e punta al restauro dell'impero. Lo zar ha già in mente di usare la forza"

Professor Parsi, ma come funziona la testa di Vladimir Putin? Come minimo possiamo dire che non ragiona come noi...

«Cominciamo col dire che c'è in lui una soglia etica del rapporto mezzi-fini diversa dalla nostra. In altri termini, un cinismo molto maggiore. Non dimentichiamo che ha fatto avvelenare il suo principale oppositore Aleksei Navalny, che a suo tempo non ha esitato a usare il polonio radioattivo per uccidere suoi avversari in piena Londra. Ma anche che ai tempi della crisi cecena usò metodi repressivi estremamente brutali, e che non si fece problemi a causare la morte di centinaia di civili chiusi in un teatro moscovita pur di eliminare i terroristi che li tenevano in ostaggio. Il personaggio è questo».

E venendo alle circostanze odierne, secondo lei Putin cosa vuole ottenere o dimostrare?

«Punta al restauro della grande potenza russa e a ribaltare le conseguenze della Guerra Fredda. Di questo non ha mai fatto mistero fin da quando è asceso al potere. Ma vuole anche legittimazione per il suo sistema autoritario, un obiettivo che condivide soprattutto con i cinesi. Il problema per lui è che in questo la Russia è di gran lunga inferiore a una Cina che vanta ben altra performance in termini di logica argomentativa. Il partito comunista cinese funziona, mentre gli argomenti utilizzati da Putin sono modestissimi. Questa pochezza si è dimostrata in quella lettera di 11 pagine inviata agli Stati Uniti per certificare le pretese russe sull'Ucraina. Era messa insieme malamente, imbarazzante direi».

Questa realtà stride con lo status che molti riconoscono a Putin di stratega vincente, di statista brillante. Lei come spiega questo abbaglio?

«Non si comprende che lui è al potere solo perché a suo tempo ha stretto un patto di acciaio con Eltsin e con un gruppo di oligarchi alleati per farne fuori altri. Che è il punto di sintesi di interessi economico-finanziari giganteschi. Senza offendere nessuno, per capire Putin è più utile guardare i padrini di Corleone che un manuale di scienze politiche. Gli uomini politici che tessono le lodi di questo personaggio hanno qualche interesse per farlo. Faccio l'esempio di George W. Bush, che arrivò a dire di aver guardato negli occhi di Putin e di avervi letto l'affidabilità! La verità è che per condurre la lotta al terrorismo islamico ci si è alleati con chiunque, e ora che quella guerra è finita ne paghiamo il prezzo. Le dirò di più: abbiamo sopravvalutato i pericoli della minaccia islamista, mentre sottovalutiamo quella portata da Putin all'Europa».

Che rischi corriamo?

«A differenza dei terroristi, da lì viene un pericolo per la tenuta stessa dei nostri sistemi. Un Paese europeo che usa la forza a livello interstatale per risolvere i suoi problemi non lo si vede dalla seconda guerra mondiale. La civiltà europea si basa su tre principii: la sovranità intangibile degli Stati, la superiorità della legge sulla forza e il ripudio della forza come mezzo di risoluzione dei dissidi internazionali. Putin li sta violando tutti e tre contemporaneamente».

Come giudica la nostra reazione?

«A quelli che dicono che l'Europa ha interessi diversi da quelli americani faccio osservare che tante volte è vero, ma non in questo caso: perfino i francesi si sono allineati con loro davanti alla minaccia ai confini esterni della Nato. Assistiamo a un grande e inatteso risultato: di fronte a una minaccia ai nostri principi base, l'Europa si compatta».

E Draghi cosa dirà a Putin?

«Anche lui gli chiarirà che non ci disallineeremo. Che rischia di mettersi nei guai. Che gli conviene ripensarci».

Ma secondo lei Putin ha già deciso di attaccare?

«Lui ha messo in conto fin dall'inizio di usare la forza se non avesse ottenuto tutto quello che chiedeva. Questo lo distingue da noi: ha in mente categorie ottocentesche come le zone d'influenza e considera la forza come uno strumento legittimo per risolvere i problemi».



Russia come la Corea del Nord e la Cina

Putin ordina la censura di stato: stop a tv e giornali indipendenti. Poi blocca Facebook: «I nostri media sono discriminati»
4 marzo 2022

https://www.ilmessaggero.it/mondo/putin ... 42639.html

L'Autorità russa per le comunicazioni, la Roskomnadzor, ha annunciato il blocco di Facebook in Russia. Lo riporta l'agenzia russa Interfax. Sul proprio sito web l'agenzia ha giustificato il blocco perché «ci sono stati casi di discriminazione nei confronti dei media russi da parte del social network: da ottobre 2020 si sono verificati 26 incidenti di questo tipo», ha affermato la Roskomnadzor. «Negli ultimi giorni, il social network ha limitato l'accesso agli account del canale televisivo Zvezda, dell'agenzia di stampa Ria Novosti, di Sputnik, di Russia Today, di Lenta.ru e Gazeta.ru», afferma il report. Secondo l'agenzia «le azioni di Facebook violano la legge "Sulle misure per influenzare le persone coinvolte in violazioni dei diritti umani e delle libertà fondamentali, dei diritti e delle libertà dei cittadini della Federazione Russa».

Si tratterebbe quindi di una risposta al giro di vite dei principali Big dell'hitech nei confronti della Russia di Putin, sempre più isolata anche dal mondo tecnologico. Meta, il colosso sotto il cui cappello ci sono Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger, ha preso così posizione sull'Ucraina oscurando la propoganda del governo russo.


Putin introduce la censura di stato

Tutto ciò è avvenuto nel giorno in cui il presidente Vladimir Putin ha ufficialmente introdotto la censura di stato e in poche ore, al massimo giorni, non ci saranno più media indipendenti in Russia. La denuncia viene da Meduza, uno degli ultimissimi media indipendenti che ancora pubblicano nella federazione. In un editoriale dal titolo «non ci potete zittire», il sito rivela di avere ancora pochissimo tempo prima che la censura di Stato si abbatta anche su di loro come successo in rapida successione a tanti altri organi di informazione chiusi d'autorità. «La distruzione dei media indipendenti è una delle cose che ha reso possibile questa guerra», sottolineano.

«Stiamo pubblicando questo testo finché c'è ancora tempo - per noi - per far sapere a tutti l'inizio di un altro storico sviluppo: la Russia ha ufficialmente introdotto la censura di stato», scrivono sul sito di Meduza. «Cosa intendiamo per "c'è ancora tempo"?; si chiedono i giornalisti. «In pochi giorni, forse già oggi, è possibile che non ci saranno più media indipendenti in Russia. Molto, molto presto è possibile che chiunque in Russia cerchi informazioni dalle «voci nemiche» di fonti indipendenti dovrà fare gli stessi sforzi che erano richiesti per avere notizie da coloro che vivevano dentro la Cortina di ferro». Infatti, si legge ancora sul sito di Meduza, »la censura federale chiede di raccontare la guerra definendola solo come "un'operazione militare speciale"; i loro ordini intimano di non dare copertura alle azioni militari; hanno deciso di bloccare i siti web di Taiga.info, Doxa, The Village, TV Rain, Ekho Moskvy radio station e molte altre. Ciò è semplicemente censura». «La drammatica situazione in cui il nostro Paese si trova oggi - si legge ancora su Meduza - è uno dei risultati dell'assalto delle autorità ai media indipendenti e alla stessa realtà delle cose. Se abbiamo una minima chance di fermare questa guerra noi abbiamo bisogno della stampa libera».


La Bbc richiama i giornalisti da Mosca

La Bbc ha sospeso temporaneamente il lavoro dei suoi giornalisti in Russia, in risposta a una nuova legge che minaccia di incarcerare chiunque ritenga che la Russia abbia diffuso notizie «false» sulle forze armate. Il direttore generale della Bbc, Tim Davie, ha affermato che la legislazione «sembra criminalizzare il lavoro del giornalismo indipendente».


Newsguard: la propaganda russa utilizza oltre 100 siti

La propaganda russa può contare su oltre 100 siti e sono almeno dieci le principali bufale diffuse. Lo spiega un report del Centro di monitoraggio della disinformazione sul conflitto Russia-Ucraina diffuso da NewsGuard. Ad oggi, il team del network giornalistico sta monitorando 116 domini che hanno pubblicato propaganda e disinformazione filo-russa. «I tre siti più influenti noti per essere finanziati e gestiti dal governo russo - scrive Newsguard - sono le fonti dei media statali RT, TASS e Sputnik News, ma ci sono anche siti anonimi, fondazioni e siti di ricerca gestiti con finanziamenti non chiari, alcuni dei quali potrebbero avere collegamenti non dichiarati con il governo russo».

Il network «monitora queste fonti e queste strategie dal 2018», usate anche con la pandemia, e analizza «le principali false narrazioni sull'invasione dell'Ucraina».
Newsguard ha anche individuato le 10 principali bufale sulla guerra Russia-Ucraina su cui ha fatto fact-checking:
i residenti di lingua russa del Donbas sono stati vittime di un genocidio;
sabotatori di lingua polacca hanno tentato di bombardare un impianto di trattamento delle acque reflue nel Donbas;
le forze ucraine hanno bombardato un asilo nel Lugansk il 17 febbraio 2022;
la Russia non ha preso di mira infrastrutture civili in Ucraina;
il nazismo, sostenuto dalle autorità di Kiev, è prevalente nella politica e nella società ucraine;
l'Occidente ha organizzato un colpo di stato per rovesciare il governo ucraino filorusso nel 2014;
gli Stati Uniti possiedono una rete di laboratori di armi biologiche nell'Europa orientale;
la Nato ha una base militare a Odessa;
la Crimea si è unita alla Russia legalmente;
l'Ucraina moderna è stata interamente creata dalla Russia comunista.


Il giro di vite dei social

Giro di vite dei principali Big dell'hitech nei confronti della Russia di Putin, sempre più isolata anche dal mondo tecnologico. Meta, il colosso sotto il cui cappello ci sono Facebook, Instagram, WhatsApp e Messenger, prende posizione sull'Ucraina mentre i primi terminali di Starlink di Elon Musk arrivano nel paese per connettersi a Internet anche nel caso di attacchi a infrastrutture critiche. Nelle ultime ore con un'azione quasi congiunta Meta, YouTube e Twitter hanno bloccato i canali di informazione legati a Russia Today e Sputnik, spesso accusati di diffondere disinformazione nell'invasione russa. Nick Clegg, presidente per i global affairs di Meta ha espresso «profonda preoccupazione per la guerra in Ucraina» e ha detto che i suoi «pensieri e quelli di tutti in Meta sono con il popolo ucraino. Stiamo lavorando per assicurarci che i nostri servizi continuino a essere disponibili per le persone, nonostante il tentativo del governo russo di limitarli, lavoriamo a stretto contatto con i governi e rispondiamo alle loro richieste per combattere la disinformazione e la propaganda dannosa». Nelle scorse ore la società ha implementato misure per rafforzare la sicurezza e la privacy come il blocco del profilo. «In questi anni Putin ha imposto la sua visione del mondo sostenendo in Russia e in tutti gli stati dell'ex Unione Sovietica VK (Vkontakte, il Facebook russo, ndr) e usando RT e Sputnik per fare la stessa cosa sulle piattaforme occidentali. Ora, dopo la reazione di Meta, TikTok e YouTube, gli resta Telegram, il cui Ceo russo Pavel Durov, non ha mai preso posizione sull'invasione e si è dichiarato impossibilitato a contrastare la disinformazione sulla sua piattaforma», spiega all'ANSA Vincenzo Cosenza, esperto di social media. Tante le aziende tecnologiche che sono schierate in queste ore. Pure Microsoft sta rimuovendo Russia Today dal suo app store, Netflix non rispetterà in Russia l'obbligo di trasmettere in diretta venti canali locali, mentre le chat cinese TikTok ha spiegato di aver limitato l'accesso ai media statali russi sulla sua piattaforma nell'Ue. Intel e Amd, che producono microprocessori, avrebbero informato verbalmente i partner russi che aderiranno alle sanzioni decise dagli Stati Uniti. E il Mobile World Congress, la grande fiera della telefonia che si sta svolgendo in questi giorni a Barcellona, ha detto che non ci sarà il padiglione russo e che «condanna fermamente l'invasione dell'Ucraina». Solidarietà arriva invece all'Ucraina che, secondo un report della società di sicurezza Check Point Research ha subito un aumento degli attacchi verso il governo e il settore militare del 196%. Google Maps ha bloccato funzionalità che forniscono informazioni in tempo reale su eventuali concentrazioni, per proteggere le persone. Anonymous ha invitato a usare alcuni escamotage tecnologici per bypassare la censura e anche ad approfittare dello spazio per le recensioni dei ristoranti russi per raccontare cosa sta accadendo nel conflitto. L'obiettivo non è danneggiare le attività commerciali ma fare circolare le informazioni censurate. Airbnb, invece, ha annunciato che offrirà gratuitamente alloggi ai 100.000 rifugiati in fuga dall'Ucraina. In queste ore un aiuto concreto è arrivato all'Ucraina da Elon Musk. I terminali Starlink hanno raggiunto il paese in risposta ad un appello di Mykhailo Fedorov, vice primo ministro ucraino. L'azienda ha inviato un camion pieno di router da distribuire a enti, organizzazioni e civili, in modo da poter restare connessi a internet. Starlink gestisce una costellazione di oltre 2.000 satelliti che garantiscono l'accesso a internet a livello globale indipendentemente dalle connessioni terrestri.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Il Donbass è degli ucraini e dell'Ucraina e non della Russia

Messaggioda Berto » dom mar 06, 2022 3:30 pm

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