Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:04 pm

Nella intricata e torbida questione siriana, come orientarsi e con chi stare?
viewtopic.php?f=143&t=2757



Il conflitto siriano nasce in Siria e non altrove e le sue radici stanno tutte all'interno del mondo mussulmano, alle sue storiche e millenarie contrapposizioni politico religiose tra sciiti e sunniti che fanno riferimento all'Iran sciita e all'Arabia sunnita (anche la Turchia è sunnita come pure l'Egitto).
Non dimentichiamo che in Siria il 65% della popolazione è maomettano sunnita e che solo il 16% è maomettano sciita (tra cui gli alawiti di Assad).
Questa secolare contrapposizione islamica è alla base della guerra civile siriana iniziata nel 2011 a cui poi si sono aggiunti come aggravanti altri elementi sia interni (indipendenza dei curdi) che esterni alla Siria (espansione dell'egemonia dell'Iran, dell'Arabia, della Turchia - in parte già presenti nella premessa della contrapposizione radicale generale islamica tra sciiti e sunniti), con in più le derive degli hezbollah libanesi sciiti filo iraniani antisraeliani (e antiebrei), il califfato dell'ISIS a base sunnita e altri terrorismi a base sciita.
Le responsabilità delle potenze occidentali e della Russia sono relativamente recenti e del tutto secondarie nell'alimentare il conflitto e nel ritardare o nell'impedire una soluzione pacifica. I poveri cristiani si trovano tra l'incudine e il martello e non possono che appoggiare il male per loro minore e cioè Assad e gli alawiti (minoranza sciita), il rischio è che gli iraniani diventino i veri padroni della Siria e quindi per loro potrebbe essere peggiore come pure nel caso che vincessero i sunniti con i quali si troverebbero schiacciati più dei copti in Egitto.
Tutti i mussulmani da sempre, da Maometto in poi sono praticanti, diffusori ed esportatori del nazismo maomettano, sia gli sciiti che i sunniti esportano e diffondono l'orrore, il terrore, la violenza e il terrorisno maomettano, coranico.
Non sono solo l'Arabia e il Qatar sunniti ad aver esportato e ad esportare il terrorismo ideologico-politico-religioso assassino e stragista maomettano ma anche l'Iran sciita.

La Siria resta comunque un paese canaglia schierato con i nazi maomettani iraniani, terroristi e antisemiti destabilizzatori di tutta l'area e finanziatori-sostenitori del terrorismo palestinese.


Guerra civile siriana
https://it.wikipedia.org/wiki/Guerra_civile_siriana
La guerra civile siriana (in arabo: الحرب الأهلية السورية‎, al-Ḥarb al-ahliyya al-sūriyya), o crisi siriana, ha avuto inizio il 15 marzo 2011 in Siria con le prime dimostrazioni pubbliche contro il governo centrale, parte del contesto più ampio della primavera araba, per poi svilupparsi in rivolte su scala nazionale e quindi in una guerra civile nel 2012; il conflitto è tuttora in corso.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:06 pm

Non potendo conoscere le cose con precisione e in profondità, per orientarmi ed avere maggior sicurezza di stare dalla parte del meno peggio, del meno ingiusto, seguo il semplice criterio della fiducia, quello di condividere le scelte politiche e militari dello stato di Israele che è uno degli attori più direttamente coinvolti e interessati nell'area mediorientale. Israele, in quest'area bollente è lo stato più democratico e civile, più umano e giusto, dove le minoranze etniche e religiose sono rispettate e possono convivere senza timore alcuno, quello che offre maggiori garanzie di scegliere alleanze e soluzioni più vicine al bene e più lontane dal male nell'intricato conflitto siriano e di tutto il Medio Oriente dove impera il nazismo maomettano con i suoi conflitti interni e il suo razismo anticristiano, antiebraico e anti ogni diversamente religioso e pensante.


Siria
viewtopic.php?f=188&t=619


Israele conferma ufficialmente attacco a reattore nucleare siriano. Perché proprio ora?
21/03/2018

http://www.rightsreporter.org/israele-c ... roprio-ora

Israele ha confermato ufficialmente che la notte tra il 5 e il 6 settembre 2007 attaccò e distrusse il reattore nucleare di al-Kibar, nella regione di Deir ez-Zor, nella Siria orientale.

L’operazione, denominata in codice “Outside the Box”, necessitò di una lunga preparazione (sei mesi) resa più difficoltosa dalla necessita dell’assoluta segretezza.

Era da molto tempo che gli israeliani monitoravano la costruzione, avvenuta in segreto con l’aiuto della Corea del Nord, del reattore nucleare siriano e l’operazione “Outside the Box” scattò nel momento in cui l’intelligence israeliana ritenne che l’opera fosse quasi alla fine. Entro tre mesi il reattore sarebbe infatti diventato operativo.

«Questo è stato in realtà il più significativo attacco israeliano in territorio siriano dopo la guerra dello Yom Kippur» ha detto l’attuale capo di stato maggiore dell’esercito israeliano, il generale Gadi Eizenkot, che all’epoca era a capo del comando settentrionale.

L’IDF ha pubblicato il video dell’operazione con i dialoghi in ebraico tra i piloti e il comando nel quale si sente il pilota dire “Cobra è chiaro, sono sul bersaglio» e il comando rispondere «va bene» e poi tutta la preparazione e infine l’impatto distruttivo.

«Solo poche persone erano al corrente dell’operazione» dice ancora il Generale Gadi Eizenkot. L’attacco non poteva essere più rimandato perché se il reattore fosse entrato in funzione c’era il rischio molto alto che la ricaduta di elementi radioattivi colpisse la popolazione.


Perché l’ammissione arriva proprio ora?

In molti si sono chiesti perché l’ammissione ufficiale da parte di Israele arriva proprio ora dopo che per anni, sebbene tutti sapessero che era una operazione israeliana, il tutto è stato gelosamente custodito nelle più segrete stanze della intelligence israeliana. È una domanda a cui non è facile rispondere. Secondo alcuni osservatori il motivo va ricercato nelle dichiarazioni dell’allora Segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, che secondo un documento pubblicato da Wikileaks nel 2008 disse che gli americani avevano discusso con gli israeliani di questa operazione a livello politico ma che poi la decisione di agire fu tutta israeliana e che solo dopo gli americani vennero messi al corrente. In sostanza gli israeliani vorrebbero ribadire che quando si tratta di sicurezza di Israele non aspettano nessuno e non chiedono il permesso a nessuno anche se questo potrebbe voler dire lo scoppio di un conflitto anche di vaste proporzioni, come quello che all’epoca poteva scoppiare con la Siria.

Non si tratterrebbe quindi di un messaggio all’Iran come può sembrare, o comunque non solo, sembrerebbe più un messaggio all’amministrazione americana per ribadire che se non sarà Washington a risolvere il problema del nucleare iraniano lo farà Israele esattamente come ha fatto con il nucleare siriano.

E a parziale conferma di quanto detto sopra ci sono ancora le parole del capo di Stato maggiore Israeliano: «Oggi, quando guardiamo al Medio Oriente, comprendiamo quanto questa operazione sia stata influente e come abbia cambiato la realtà sul terreno. Immaginate se oggi ci fosse un reattore nucleare in Siria, in che tipo di situazione ci troveremmo» ha detto il Generale Gadi Eizenkot alla stampa. E come dargli torto?




Cosa c'entra Israele con la guerra in Siria
2017/09/15

https://www.ilpost.it/2017/09/15/israele-guerra-siria

C’è un pezzo della guerra in Siria che finora è stato poco raccontato: gli interventi di Israele al di là del suo confine nord-orientale, oltre le Alture del Golan, parzialmente occupate da Israele dal 1967.

Nei sei anni di guerra siriana, Israele è rimasto per lo più a guardare, facendo quasi solo attacchi mirati contro Hezbollah, gruppo sciita libanese nato proprio in funzione anti-israeliana ma da tempo molto attivo in Siria a sostegno del regime di Bashar al Assad. Qualche giorno fa però è successa una cosa nuova: Israele non si è limitato ad attaccare un convoglio di Hezbollah in Siria, o un suo deposito di armi, ma ha colpito un sito militare del regime siriano di Assad. Non è chiaro perché l’abbia fatto – il governo israeliano, come di consueto, non ha confermato l’attacco – anche se alcuni hanno ipotizzato che nel sito militare attaccato fossero sviluppate armi chimiche, oltre che un progetto iraniano-siriano per migliorare la precisione di missili e razzi da fornire poi ad Hezbollah.

C’è stato un po’ di trambusto, i rapporti tra Siria e Israele sono diventati ancora più tesi, ma Hezbollah e Assad non hanno risposto militarmente all’azione israeliana: è rimasto tutto fermo, almeno per ora, ma in futuro le cose potrebbero cambiare. Partiamo dall’inizio.

Israele confina a nord con il Libano e la Siria. Quella parte di territorio compresa tra due linee tratteggiate nella mappa sotto – a nord-est del lago di Tiberiade – corrisponde alle Alture del Golan, buona parte delle quali è occupata da Israele sin dalla Guerra dei Sei Giorni (1967), nonostante siano rivendicate dalla Siria. Le Alture del Golan sono la zona da tenere d’occhio per capire meglio la strategia israeliana in Siria: Israele vorrebbe tenere lontani da quell’area i suoi nemici, cioè Hezbollah, l’Iran e le milizie sciite vicine all’Iran, tutte forze alleate del regime di Assad. Il problema, come si vede dalla mappa qui sotto, è che ai confini delle Alture del Golan c’è un po’ di tutto.

Israele e Siria confinano per circa 70 chilometri, lungo la maggior parte dei quali sono attivi diversi gruppi di ribelli siriani (in verde); nella punta sud c’è un gruppo affiliato allo Stato Islamico (in grigio), mentre in quella nord ci sono le forze alleate ad Assad (in rosso)

Lungo la maggior parte dei 70 chilometri di confine israelo-siriano ci sono diversi gruppi di ribelli siriani (in verde); nella punta sud c’è un gruppo affiliato allo Stato Islamico (in grigio), mentre in quella nord ci sono le forze alleate ad Assad (in rosso). Finora Israele ha cercato di creare una specie di “zona cuscinetto” di qualche decina di chilometri oltre il confine, già in territorio siriano, per evitare che forze nemiche si ammassino vicino alle sue frontiere. Per farlo ha avviato un programma di collaborazione con i siriani al di là del confine. Il programma si chiama “Buon vicinato”, prevede l’assistenza medica ai combattenti e civili siriani feriti nella guerra, oltre che altri tipi di aiuti umanitari. L’intervento israeliano potrebbe però essere andato oltre: a giugno il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo, molto ripreso, che sosteneva che il governo israeliano fornisse soldi, armi e munizioni ad alcuni gruppi di ribelli siriani anti-Assad per tenere lontane dal suo confine le milizie sciite alleate al regime di Damasco e vicine all’Iran.

Da luglio scorso la situazione di quest’area di confine è cambiata, perché nella zona è stata imposta una tregua tra ribelli e forze governative siriane. Il cessate il fuoco è stato promosso da Russia e Stati Uniti, con la collaborazione del governo della Giordania (che si trova a sud della Siria), ma è stata molto criticata da Israele, per diversi motivi.

Per prima cosa il rispetto dei termini dell’accordo è stato affidato alla Russia, che nonostante mantenga dei buoni rapporti con Israele è anche alleata del regime siriano, a sua volta alleato dell’Iran. Quello dei rapporti tra Israele e Russia è un tema delicato: gli israeliani sono rimasti fuori dalla guerra siriana anche perché negli ultimi anni la Russia aveva garantito loro che avrebbe messo un freno alle ambizioni di Hezbollah in Siria. Da qualche parte però sono stati fatti male i calcoli. Grazie alla guerra siriana, Hezbollah è diventata una delle poche forze veramente vincitrici in Siria. Come ha scritto il giornalista Zvi Bar’el su Haaretz, la Russia ha capito da tempo di non poter gestire Hezbollah e le altre milizie legate all’Iran. Per esempio nelle ultime settimane della battaglia di Aleppo, alla fine dello scorso anno, i russi pensarono di poter far rispettare un cessate il fuoco tra ribelli siriani e governo di Assad senza l’approvazione dell’Iran, il cui governo non era stato coinvolto nella firma della tregua; la Russia si accorse presto che i combattenti legati all’Iran e ad Hezbollah impedivano ai ribelli di salire a bordo degli autobus che dovevano essere usati per le operazioni di evacuazione della parte est della città, come invece era previsto dall’accordo.

Lo scetticismo di Israele non dipende però solo dalla complicata posizione della Russia. Il governo israeliano gradisce poco l’accordo perché potrebbe permettere all’Iran e ad Hezbollah di prendere tempo, di ammassare le loro forze militari appena al di là del confine e prepararsi per una guerra contro Israele.

Gli israeliani non sono i soli a sospettare che gli iraniani siano andati in Siria per restarci: da tempo si parla delle ambizioni dell’Iran al di là dei suoi confini, per esempio in Iraq e in Afghanistan. Negli ultimi due anni il regime di Assad ha ottenuto importanti vittorie militari contro i ribelli siriani grazie non solo alla Russia, che ha salvato Assad nel suo momento di maggiore difficoltà, ma anche all’Iran e alle molte milizie sciite che rispondono al suo governo. L’intenzione dell’Iran sembra essere quella di creare un ampio “corridoio” di influenza che colleghi il territorio iraniano al sud del Libano (da dove cioè Hezbollah lancia i suoi razzi contro il nord di Israele), passando dall’Iraq e dalla Siria. Per Israele questo sarebbe lo scenario peggiore, e molti analisti ritengono che il governo israeliano potrebbe anche intervenire militarmente per evitare che succeda.

Due mappe della Siria a confronto: quella a sinistra è del settembre 2015, quella a destra del settembre 2017. Nel giro di due anni l’ISIS (in nero e grigio) ha perso i suoi territori in Siria settentrionale, che sono stati riconquistati dai curdi (in verde chiaro) appoggiati dagli americani. Le forze di Assad e i loro alleati (in rosso) hanno riconquistato Aleppo, sconfiggendo i ribelli (in verde) e sono avanzate verso est, riprendendo Palmira e rompendo l’assedio a Deir Ezzor. Ai ribelli è rimasto poco: controllano ancora la provincia di Idlib, nel nord-ovest, dove però prevalgono le forze jihadiste su quelle moderate (mappe di Thomas van Linge pubblicate sul blog di Pieter Van Ostaeyen)

Finora le tensioni che coinvolgono Israele sono rimaste in secondo piano, dato che tutto il mondo era concentrato sulle altre guerre combattute in Siria (Assad contro ribelli, curdi contro ISIS, turchi contro curdi, ribelli contro ISIS, e così via). Da qualche mese però le cose sono cambiate: dopo la battaglia di Aleppo, i ribelli moderati vengono dati praticamente per sconfitti, e anche lo Stato Islamico ha perso una quantità enorme di territori. I fronti di guerra sono cambiati, così come i rapporti all’interno dei diversi schieramenti. L’aumento dell’influenza di Hezbollah e dell’Iran in Siria potrebbe spingere Israele a ripensare la propria strategia e a reagire militarmente, nel caso in cui ritenesse la propria sicurezza veramente a rischio.




"Gli Stati Uniti devono intervenire in Siria"
Lorenzo Vita
Apr 8, 2018

http://www.occhidellaguerra.it/israele-douma-siria-usa

A poche ore dalle accuse all’esercito siriano sul presunto attacco chimico a Douma, Israele alza la voce e chiede all’alleato americano di attaccare la Siria.

Il ministro degli Affari strategici e della sicurezza pubblica Gilad Erdan, numero due del Likud, parlando alla radio dell’esercito ha detto che auspica che gli Stati Uniti riprendano immediatamente l’azione militare contro il governo di Bashar al Assad. “L’attacco scioccante – dice Erdan riferendosi agli eventi di Douma – mostra l’incredibile ipocrisia della comunità internazionale che si concentra su Israele di fronte all’organizzazione terrorista Hamas che sta inviando civili al nostro muro, quando ogni giorno vengono uccise decine di persone in Siria”. L’attacco, conclude Erdan, “mostra la necessità di rafforzare la presenza degli americani e di altre forze internazionali, perché senza di loro il genocidio che stiamo vedendo si intensificherà”.

Sono parole pesantissime, accuse gravi, e che arrivano a una settimana esatta da quell’annuncio del presidente degli Stati Uniti Donald Trump sulla volontà di ritirare le forze americane dalla Siria. Un annuncio che aveva colpito in negativo il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che aveva telefonato direttamente alla Casa Bianca per discutere con il suo omologo Usa della decisione. E ci sono testimoni che affermano che la telefonata abbia avuto momenti estremamente tesi, con il premier israeliano che ha più volte alzato la voce.

A schierarsi a favore della ripresa degli attacchi Usa in Siria, anche il ministro delle Costruzioni Yoav Galant, ex generale dell’esercito, figura molto vicina a Netanyahu. “Assad è l’angelo della morte, e il mondo starebbe meglio senza di lui”, ha detto Galant. Altre parole che pesano come macigni, soprattutto nei difficili rapporti fra Israele e la Russia, sostenitrice del governo siriano.

Il leader del centrosinistra, Avi Gabbay ha detto di essere rimasto scioccato e addolorato dalle foto di Douma. Il leader dell’opposizione Isaac Herzog (Unione sionista) che scrisse un articolo per The Jerusalem Post proprio per ricordare che Israele doveva intervenire in Siria, ha scritto su Twitter: “Ho lavorato chiesto ripetutamente un’azione internazionale. Abbiamo bisogno della leadership degli Stati Uniti che combini un’azione militare decisiva così come della diplomazia con la Russia “.

Nachman Shai, deputato dell’Unione sionista, ha chiesto una riunione d’emergenza della commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset per discutere della prontezza del Home Front Command israeliano in caso di attacco chimico siriano contro Israele. Ma ha detto una cosa ancora più inquietante, andando a ricordare le maschere antigas distribuite agli israeliani quando ci sono state minacce chimiche dall’Iraq. Un curioso e terribile parallelo che non fa propendere per una soluzione diplomatica in Siria nel medio termine.

Questa levata di scudi israeliana contro la Siria, ma soprattutto l’invito agli Stati Uniti e alle potenze occidentali di intervenire militarmente, deve far riflettere. Israele ha un ruolo fondamentale nella regione. E si conosce perfettamente il peso specifico che ha il suo governo e che hanno i suoi funzionari all’interno dell’attuale amministrazione americana.

La Casa Bianca ha già annunciato misure contro il governo siriano. Trump in un tweet ha parlato di Assad come di un “animale” e ha puntato il dito direttamente contro l’Iran e la Russia come corresponsabili dell’attacco. Un attacco chimico che, come già detto, non avrebbe avuto alcun senso da parte delle forze siriane, ormai prossime alla conquista di Douma e della sacca ribelle. Ma siamo in un momento in cui ogni attacco può scatenare un effetto domino pericoloso e potenzialmente incendiario. La Siria è uno dei tanti campi in cui sta avvenendo uno scontro mondiale. E uno dei terreni in cui Israele e Iran si giocano la loro partita. La speranza è che il popolo siriano non venga inghiottito in una terza fase di una guerra orrenda. E che questa volta le potenze coinvolte non aumentino di numero.



L'ALLEANZA ANTI ASSAD DI TRUMP & CO
di Daniele Raineri, Il Foglio
11/04/2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il presidente americano, Donald Trump, ha annullato il viaggio in Sud America che a partire da venerdì doveva portarlo a Lima in Perù e a Bogotà in Colombia per seguire la crisi in Siria, e anche il capo della Difesa, Jim Mattis, ha annullato i suoi viaggi. Questa coincidenza indica la possibilità molto alta di una rappresaglia militare nei prossimi giorni o già nelle prossime ore da parte dell’America e di alcuni alleati contro la Siria di Bashar el Assad – che potrebbe essere più incisiva di quella dell’aprile 2017 quando tutto si consumò in una notte con una bordata di missili cruise contro un aeroporto militare già semi-evacuato. La Francia è già della partita, il Regno Unito ha messo in allerta la sua base nel sud dell’isola di Cipro e pure l’Arabia Saudita ha detto di essere impegnata in colloqui con i suoi alleati “per decidere assieme una rappresaglia per la strage con armi chimiche a Duma”. Si è creata una coalizione di paesi che si sta prendendo carico di un possibile intervento e c’è un punto da sottolineare. Nessuno parla della necessità di un regime change a Damasco, quindi della volontà di cacciare “Animal Assad” (come l’ha chiamato Trump in un tweet) dal suo posto – si parla piuttosto della necessità di azzerare l’uso delle armi chimiche, dopo tre stragi con molte vittime e altri e più numerosi attacchi troppo piccoli per superare la soglia dell’attenzione mondiale.

Anche il governo siriano legge molto bene la concretezza dell’azione militare in arrivo e tenta di reagire in due modi. Sposta i suoi aerei da guerra nella base di Latakia, che è quella data al corpo di spedizione russo e protetta dai sistemi di difesa gestiti dai russi, nella speranza ben riposta che i raid americani si tengano al largo da quel sito, e ne sposta altri all’aeroporto internazionale di Damasco, nella speranza che sia considerato come un sito civile e non militare, ancorché usato molto spesso per gli spostamenti di materiale bellico e soldati dell’Iran. Il secondo modo di reagire da parte dei siriani è diplomatico: hanno invitato con effetto immediato una missione dell’Organizzazione internazionale per la proibizione delle armi chimiche (Opcw).

Si tratta di una missione cosiddetta fact-finding (Opcw-Ffm), vuol dire che si occuperà di accertare se è stata usata un’arma chimica, il che sarebbe un passo avanti visto che fra le versioni contraddittorie accampate dal governo siriano e dallo sponsor russo c’è che i ribelli si sono autoinflitti l’attacco chimico ma anche che non c’è stato alcun attacco chimico. Ma la missione più importante sarà soltanto la successiva, quella di tipo Opcw-Jim, dove Jim sta per Joint investigative mechanism, che si occupa di stabilire chi ha usato l’arma chimica. Si tratta di una mossa cinica per prendere tempo. Ci vorranno mesi per la squadra di tecnici internazionale per presentare le conclusioni e quando succederà la Siria e la Russia semplicemente le ignoreranno, con il vantaggio di avere guadagnato tempo.

Alla fine di ottobre 2017 la missione Opcw-Jim che ha indagato sulla strage con armi chimiche di Khan Sheikhoun ha stabilito che la responsabilità è del governo siriano: una conclusione che misteriosamente è ignorata da tutti ancora oggi in favore di non meglio specificate teorie alternative. A novembre la Russia con un veto al Consiglio di sicurezza ha bloccato il rinnovo per un altro anno della commissione d’inchiesta dell’Opcw sulle stragi con armi chimiche in Siria e di fatto l’ha eliminata. Il risultato paradossale è che in Siria ci sono ancora stragi con armi chimiche ma la commissione d’inchiesta non c’è più. Così adesso il governo siriano, proprio come aveva precipitosamente aderito alla Opcw nel settembre 2013 quando temeva i raid aerei dell’Amministrazione Obama dopo il massacro di 1.400 civili con il sarin alla periferia di Damasco (salvo invece nascondere scorte di armi chimiche), chiede una nuova missione Opcw per una nuova strage. Se questa diversione diplomatica riuscisse, per la Russia e la Siria sarebbe molto più efficace della minaccia di un confronto militare diretto contro l’America. Gli aerei russi effettuano sorvoli aggressivi a bassissima quota sopra le navi americane in avvicinamento, ma ci sono ragionevoli dubbi sul fatto che accetterebbero il confronto. Quando a inizio febbraio una compagnia di mercenari russi è stata colpita dall’aviazione americana vicino Deir Ezzor e ha subito “decine di vittime”, il governo russo ha insabbiato la faccenda: in pratica non ha reagito.




ISRAELE NON VUOLE LA GUERRA
15/04/2018
https://www.facebook.com/Ebrei-e-Israel ... 9871202295

Le notizie di questa notte hanno lasciato il mondo visibilmente scosso.
Israele NON HA PARTECIPATO in alcun modo all’operazione USA; volta a distruggere l’arsenale chimico Siriano che ha già causato migliaia di morti civili innocenti.
Nemmeno le basi aeree Israeliane sono state usata per l’attacco ma la tensione è alta.
Israele non può tollerare la presenza dello Stato Islamico (Iraniano) alle sue porte.
Nasrallah è armatissimo, e la presenza Iraniana in Siria si fa sempre più consistente e minacciosa.
Su base quotidiana Israele viene bombardata dalla Sirya e Nasrallah ha di recente inviato un drone carico di esplosivo (drone abbattuto) sul territorio Israeliano.

NON VOGLIAMO LA GUERRA.
Non crediamo che la guerra risolva nulla ma I’Iran è grande 81 volte Israele con uno degli eserciti più numerosi del mondo e ricordiamolo, votati al martirio religioso.
Israele non può permettersi il lusso di essere attaccata e dovrà agire preventivamente ma è l’ultima cosa che vorremmo.
Ricordiamo che Israele è uno stato microscopico e che Tel Aviv dista 80 km dal scenario di guerra. Anche un missile rudimentale ed artigianale(come è già successo), può cadere sulle nostre città.
Non vogliamo la guerra ma non avremo alternative se vogliamo continuare a vivere.
La sproporzione delle forze in campo è spaventosa: Israele ha un esercito di soli 3 milioni di soldati (tra uomini e donne dai 18 ai 49 anni): praticamente la metà dei sei milioni di ebrei dello stato di Israele, si mobiliterebbe in caso di guerra contro un esercito super armato di 23 milioni di soldati.

23 milioni contro solo 3 milioni.
Le proporzioni delle guerre di Israele sono sempre state a suo svantaggio e nel conteggio abbiamo incluso anche le donne e soldati 50 enni.
Ovvio che non vogliamo la guerra ma il pericolo ora si fa prossimo e concreto.
Se Israele cade e l’Iran potesse avere uno sbocco sul mediterraneo, diventerebbe la potenza numero uno al mondo ; a questo punto, la minaccia per l’Occidente intero sarà una realtà.



Discorso del Primo Ministro d'Israele

https://www.facebook.com/pagnogno.mosca ... 6948618083

Il Sr. Nethanyahu ha detto:

• 70 anni fa gli ebrei sono stati condotti al macello come pecore
•60 anni fa non avevamo né un paese né un esercito
• 7 paesi arabi hanno dichiarato guerra al nostro piccolo stato, poche ore dopo la sua creazione!
• Eravamo solo 650mila ebrei, contro il resto del mondo arabo! Senza IDF (Forze di difesa israeliane). Senza una forza area potente, ma solo persone coraggiose senza meta
• Il Libano, la Siria, l'Iraq, la Giordania, l'Egitto, la Libia e l'Arabia Saudita ci hanno attaccato allo stesso tempo
• Il paese che ci ha dato le Nazioni Unite equivaleva al 65% del deserto. Il paese si trovava in mezzo al nulla
• 35 anni fa abbiamo lottato contro i 3 eserciti piú potenti del Medio Oriente, e li abbiamo spazzati...sí...in soli 6 giorni
Abbiamo lottato contro varie coalizioni di paesi arabi che possedevano eserciti moderni e molte armi sovietiche, e li abbiamo sempre sconfitti!

Oggi abbiamo:
• Un paese
• Un esercito
• Una potente forza aerea
• Un'economia di stato che esporta milioni di dollari
• Intel - Microsoft - IBM commercializzano i propri prodotti all'interno del paese
• I nostri medici ricevono premi per la ricerca medica
Abbiamo fatto fiorire il deserto, venduto arance, fiori e vegetali in tutto il mondo
Israele ha inviato i suoi satelliti nello spazio! 3 satelliti allo stesso tempo!

Non l'abbiamo mai ammesso ufficialmente, ma tutti sanno, che 60 anni fa, siamo stati condotti, invergognati e senza speranza, a morire nel deserto!
Abbiamo estirpato le rovine fumeggianti dell'Europa, abbiamo vinto le nostre guerre qui, con meno di niente. Abbiamo costruito il nostro piccolo "Impero" dal nulla.

Siamo sopravvissuti al Faraone
Siamo sopravvissuti ai greci
Siamo sopravvissuti ai romani
Siamo sopravvissuti all'inquisizione spagnola
Siamo sopravvissuti ai pogroms in Russia
Siamo sopravvissuti a Hitler
Siamo sopravvissuti ai tedeschi
Siamo sopravvissuti all'Olocausto
Siamo sopravvissuti agli eserciti di sette paesi arabi
Siamo sopravvissuti a Saddam
Continueremo a sopravvivere ai nemici presenti oggi

Ricordati: tutte le nazioni o culture che una volta hanno provato a distruggerci, oggi non esistono piú - mentre noi, viviamo ancora!
• Gli Egizi?
• I Greci?
• Alessandro Magno?
• I romani? (Qualcuno parla ancora in latino oggi?)
• Il Terzo Reich?
Ora guarda noi:
La nazione della Bibbia
Gli schiavi dell'Egitto
Siamo ancora qui!
E parliamo lo stesso idioma. Prima e ora! Gli arabi non sanno ancora ma impareranno che c'é un Dio...mentre conserveremo la nostra identitá sopravviveremo.
Quindi, perdonateci:
*se non ci preoccupiamo
*se non piangiamo
*se non abbiamo paura
Le cose vanno bene da queste parti.
Certamente, potrebbero migliorare.
Nel frattempo: non credere ai media, loro non dicono che le nostre feste continuano ad essere festeggiate, che le persone continuano a vivere, che le persone continuano ad uscire, che le persone continuano a vedersi con gli amici.
Sí, la nostra morale é bassa. E quindi? Soltanto perché piangiamo le nostre morti, mentre gli altri si rallegrano nel versare il nostro sangue?
É per questo che alla fine, noi vinceremo.


Palestina: le ragioni di Israele
viewtopic.php?f=197&t=2271

Gerusalemme capitale storica sacra e santa di Israele, terra degli ebrei da almeno 3 mila anni
viewtopic.php?f=197&t=2472
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:20 pm

DA CHE PARTE STARE
Niram Ferretti
16/04/2018

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 9454327889

In questi giorni sulla stampa nostrana è andato in scena il festival del cretinismo e della malafede, spesso intrecciati in un viluppo inestricabile. Mi riferisco a quanto è stato scritto a proposito dell'intervento americano in Siria. Anche qui sulla mia bacheca si è giunti ad apici di idiozia mirabile.
L'antiamericanismo è quasi sempre abbinato all'avversione per Israele, ma non necessariamente. Gli assadisti e i putiniani nostrani che hanno nel coracon archetipi duceschi, sentono anche un certo afflato per Israele scambiandolo per un bastione anti-islamico. Nella loro rappresentazione onirica della realtà, altri due bastioni analoghi sono appunto Putin e Assad.
Il male, infatti, sarebbero esclusivamente le varie sigle islamiste che si sono date raduno in Siria e contro cui il dittatore alawita con l'appoggio dell'Iran e della Russia combatte. Naturalmente, ci sono anche gli Stati Uniti, ci sono i curdi e i turchi che si combattono tra loro, ci sono gli inglesi e i francesi di supporto. Ci sono interessi incrociati e contrapposti. La Siria è un coacervo di tensioni.
Peccato che poi l'Iran sia il più grande destabilizzatore regionale e che la Siria sia difatto commissariata da Teheran e Mosca. Peccato che ci sia anche Erdogan che voglia la sua fetta della torta. Peccato che Assad non possa spostae neanche una sedia nel suo palazzo senza prima telefonare a Putin o a Rouhani.
Ma nella rappresentazione onirica, una volta che gli ultimi miliziani del Califfato saranno stati scacciati dalla Siria, splenderà non solo il sole perpetuo sul paese ma su tutto l'Occidente. Che l'Iran si insedi in Siria e si rafforzi, che Hezbollah e Hamas ne dipendano cospicuamente, soprattuto Hezbollah, tutto questo è assai poco rilevante. Come è assai poco rilevante se, per affrettare la vittoria, Assad usi le armi chimiche.
Come osano gli americani interferire nell'avanzamento delle magnifiche sorti e progressive? Come osa Israele bombardare obbiettivi ben precisi in Siria? Come si permette Avigdor Liberman, il Ministro della Difesa israeliano di affermare che Assad non ha smesso di usare il sarin quando ha potuto?
Ed ecco che gli assadisti e i putiniani iniziano a scollarsi anche da Israele, la loro immaginaria Sparta ebraica. Come un'onda nera, l'antiamericanismo si abbatte anche su di lui.

Sono infatti Putin ed Assad gli eroi e chi contrasta questa narrativa non può che essere il nemico.


Lanfranco Pessina
Sig. Niram Ferretti io non ho la vostra conoscenza in materia però non è meglio un Dittatore facilmente controllabile in quanto dipende da un altro stato piuttosto che avere un paese pieno di gruppi terroristici islamisti indipendenti fra loro e di conseguenza non controllabili? (Cmq avete ragione al mondo ogni scusa è valida per attaccare Israele e il popolo Ebraico)

Oriana Barbieri
Ecco il mio dubbio!

Niram Ferretti
Lanfranco Pessina, se la scelta è tra il dittatore che con mano forte e risoluta mantiene l'ordine e il caos, meglio il dittatore, ma questo è uno schema astratto. In Siria, dietro Assad c'è una dittatura, quella iraniana che non ha alcuna intenzione di tenere a freno il caos ma di provocarlo. Dunque pongo a lei la seguente domanda. E' un bene che in Siria, una volta che le sigle islamiste che contrastano Assad saranno state sconfitte si instauri l'Iran che è gia radicato in Libano, Iraq e in parte in Yemen?

Lanfranco Pessina
Sig. Niram Ferretti certamente no, pensavo che Assad fosse sotto il controllo dei Russi...Quindi una guerra e inevitabile

Niram Ferretti
È solo questione di tempo.

Federico Selvaggio
Una domanda che sorge a una mente debole e semplice come la mia, in relazione a quanto leggo e per quel poco che riesco a comprendere:"A prescindere tra Putin e Trump;Mosca e Washington;Russia e America; l'intervento in Siria , dopo quelli in Libia e Iraq, potrebbe essere visto come propedeutico a un possibile successivo intervento mirato in Iran , volto a ristabilire un ordine successivo al caos in tutta l'area?.Grazie.

Niram Ferretti
Federico Selvaggio, il regime change non è nelle coordinate di questa amministrazione americana. L'intervento in Siria è stato esclusivamente finalizzato a colpire specifici obbiettivi. Trump non ha alcun interesse a fare cadere Assad che di fatto, ripeto, è come Petain a Vichy, ma di ammonirlo, e ammonendo lui di ammonire la Russia e l'Iran. Tutto il resto è pura fuffa.

Federico Selvaggio
Pertanto escludiamo a priori un intervento nel paese degli ayatollah. Ok grazie.
Comunque questi nuovi scenari post caduta del muro, mi fanno un po' rimpiangere la guerra fredda, quello era vero bipolarismo:o stavi con i buoni Usa o con i cattivi comunisti dell'Urss (sempre stato con chi mi fa mangiare meglio ).

Angelo Vicari
Niram Ferretti ma non è che gli insulti e i giudizi sprezzanti si intendono “ad personam”. No, tu più semplicemente accomuni tutti coloro che esprimono idee diverse dalle tue sulla questione in un bel calderone pieno di “cretinismo” “idiozia” “sindrome ducesca” “complesso da mancanza di figura paterna” e via apostrofando. Tu hai delle qualità. Ma se eviti di ridicolizzare e insultare chi ha opinioni diverse o potrebbe riconoscersi in qualche opinione diversa dalla tua (pur essendo schierato da sempre con Israele e Occidente) ci fai più bella figura e induci a considerare le tue argomentazioni più seriamente.

Luisa Galimberti
Niram Ferretti io sono fra quelli che su Putin e Assad non la pensa come te, quindi sono fra gli idioti mirabili e gli onirici.
Pazienza, cercherò di farmene una ragione, in attesa di eventi chiarificatori.
Intanto l'unico obbiettivo che hai raggiunto con me è stato quello di farmi tirare diritto senza più leggere gli articoli che trovo su FB delle varie pagine che sostengono Israele (o di commuovermi, maledetto il mio cuore che piange per le sirene che suonano ad Israele ricordando) ..
Invece di avvicinarmi ad Israele e alle sue motivazioni per sopravvivere tu mi hai allontanata.
Notevole eh?

מרצ׳לו דל מונטה
Luisa Galimberti Scusa ma cosa centra Israele con Putin, Assad, Iran, Isis, Jihadisti ed altri personaggi che purtroppo ci circondano ?

Niram Ferretti
Angelo Vicari, il "cretinismo" e "l'idiozia" non sono automaticamente dalla parte di chi tifa per Putin e Assad, sono intrinseci a determinati discorsi, a farneticazioni pure. Francamente non ricordo che tu ne sia latore, ma ho letto, qui e altrove cose di una tale stupidità da fare rizzare i capelli. Ridicolizzare chi scrive che Putin è a difesa dell'Occidente è, mi sembra il minimo, perchè è un'idea semplicemente grottesca. Ma, al di là del colore di certe espressioni e del sarcasmo con cui condisco a volte i miei interventi, a me interessa l'analisi dei fatti, e questa può solo essere valida quando è ben documentata. Per questo motivo preferisco leggere Daniele Raineri sul Foglio o Carlo Panella, per fare due nomi di analisti seri e di vasta competenza, che quello che pubblicano i pennivendoli de Il Giornale o di Libero.

Davide Cucciati
Luisa Galimberti, Israele saprà andare avanti anche senza il Suo supporto, se ne farà una ragione e risparmi le lacrime. Ha lacrimato anche per l'F16 israeliano abbattuto da Assad con contraerea di fabbricazione russa?

Luisa Galimberti
Davide Cucciati si può sapere come si PERMETTE? lei non è stato interpellato e non è invitato a blaterare stupidaggini in questo discorso fra me e Niram Ferretti

Niram Ferretti
Luisa, devi solo districarti da qualche contraddizione. Poi vedrai che andrà tutto per il meglio. No, non sono io che ti allontano o ti avvicino a Israele, non darmi questa importanza, è semplicemente la realtà, e la realtà è che per Israele, Assad è un nemico, ma il nemico più grande è l'Iran e Putin è un male necessario, ma prima di tutto per Israele viene la sua propria sicurezza e non l'apologia della Russia. Israele non è un satellite russo, Luisa, fattene una ragione. Cercò Stalin di farlo entrare nel suo novero ma non ci riuscì lui, pensa se ci può riuscire il tuo Putin.


Stefano Pagani
Agostini Anch'io sono stato seccato dalla sua sgarbata risposta alle mie civili ed educate argomentazioni differenti dalle sue tesi. Quindi mi permetterei di consigliarle dei toni più moderati, e una maggiore capacità di dialogo con chi non la pensa come lei. O l'unico risultato sarà catalogarla come un fanatico, o un influencer pagato. E allontanare chi sostiene Israele dalla lettura dei suoi post.

Roberto Scavini
Diciamo che a livello insulti a chi non la pensa come te in entrambi i campi si sono messe in campo le armi migliori, un po' come le parate sulla Piazza Rossa. Prova ad andare in qualunque altro gruppo e far presente che le guerre in medioriente sono tutte combattute con armi sovietico-russe o che santa madre Russia ha per decenni sobillato il terrore per beccarti insulti di ogni genere. Non che io abbia rapporti carnali con gli americani ma lavoro con loro e con i Russi e non è che ho molti dubbi su chi la maggiora parte delle volte abbia ragione. Purtroppo la maggior parte de commentatori ha visto le Olimpiadi di Atlanta in tv e ha fatto un puttan-tour nell'est Europa come massimo esercizio di internazionalizzazione...

Luca Schieppati
Io non sto con gli islamisti. Mi pare ovvio.
Non sto e non simpatizzo con Assad che è un dittatore. Mi pare ovvio.
Io non sto con gli Americani e alleati, perché stanno solo destabilizzando l'area, favorendo l'ingresso diretto sicuramente di Erdogan e probabilmente dell'Iran.
Io non sto con Assad perché vuol dire stare con Teheran. Ed è impossibile stare con Teheran.
Non sto con Putin perché sta dalla parte sbagliata.
Non sto con Erdogan che è il più pericoloso del gruppo.

Non considero Israele parte in causa nella crisi siriana se non per diritto di legittima difesa e guai a chi glielo tocca.
E allora con chi sto?

Sto coi Curdi, che dopo la prima guerra mondiale dovevano avere anche loro uno stato, una Homeland curda esattamente come tutta la Palestina doveva essere la Homeland ebraica, e come gli Armeni che all'epoca non avevano una Patria (l'Armenia era dell'URSS), avrebbero dovuto avere la Homeland armena.

Armeni Ebrei Curdi. Avevano diritti la risposta è stata il genocidio compiuto o tentato.

Niram Ferretti
Stare con i curdi è encomiabile, ma non è questa la questione. Che gli americani stiano destabiizzando la regione è, consentimelo, una sciocchezza enorme, di grazia dove l'avrebbero destabilizzata se l'intervento americano con l'ausilio dell'appoggio curdo è stato determinante nel sud della Siria? Ti è familiare Luca Schieppati, il teatro di guerra siriano?

Luca Schieppati
Secondo me il punto è questo: bisogna staccare Assad da Teheran.
Se Assad fa la fine di Gheddafi ci saranno i turchi a nord e gli iraniani a sud della Siria e in modo diretto e definitivo.
Semplicemente temo questo, per ora hanno mandato quattro missili in croce Ma se creano la situazione di bellum omnium contra omnes non la vedo esattamente bene.
Poi se bisogna per forza scegliere è ovvio che il primo da eliminare in lista è Teheran, secondo me il secondo è Ankara. Sono potenzialmente due guai enormi.

Niram Ferretti
"Staccare Assad da Teheran". Sì, è una bella idea. Peccato che è irrealizzabile, perchè è Teheran che tiene in piedi Assad molto più di Putin. Putin non è centralizzato in Medioriente, l'Iran sì, e gli interessi iraniani non sono quelli russi. La guerra è inevitabile. È solo questione di tempo.

Gino Quarelo
Non dimentichiamo che in Siria il 65% è maomettano sunnita e che solo il 16% è maomettano sciita (tra cui gli alawiti di Assad). Il conflitto principale di base è già storicamente sedimentato da secoli ed è di tipo socio-religioso-politico tra sunniti e sciiti, tutto interno al mondo maomettano. Conflitto che è alla base della guerra civile siriana iniziata nel 2011 a cui poi si sono aggiunti altri elementi sia interni (indipendenza dei curdi) che esterni alla Siria (espansione dell'egemonia dell'Iran, dell'Arabia, della Turchia) con le derive filo iraniane degli hezbollah libanesi sciiti antisraeliani (e antiebrei) e il califfato. Le responsabilità delle potenze occidentali e della Russia sono relativamente recenti e del tutto secondarie nell'alimentare il conflitto e nel ritardare o nell'impedire una soluzione pacifica. I poveri cristiani si trovano tra l'incudine e il martello e non possono che appoggiare il male per loro minore e cioè Assad e gli alawiti (minoranza sciita), il rischio è che gli ianiani diventino i padroni e quindi per loro potrebbe essere peggiore come pure nel caso che vincessero i sunniti con i quali si troverebbero schiacciati più dei copti in Egitto.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Berto
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:21 pm

Nella questione siriana il grande discrimine per Israele è l'Iran che vuole distruggerlo e cancellarlo; chi sta con l'Iran è sicuramente contro Israele e quindi dalla parte del male.


Iran, Islam sciita e ebrei
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Iran, ebrei en Iran, persecuzione, guerra a Israele
viewtopic.php?f=197&t=2237


Siria: il delirio della marionetta. Assad protesta all’ONU per “l’aggressione israeliana”
Sarah G. Frankl
10/01/2018

http://www.rightsreporter.org/siria-del ... israeliana

Secondo Damasco gli attacchi israeliani in Siria sono finalizzati ad aiutare i terroristi islamici al fine di perseguire “l’occupazione delle terre arabe” da parte di Israele. Un ossimoro che solo la mente bacata di Assad poteva partorire

La Siria si rivolge alle Nazioni Unite dopo l’ultimo presunto attacco israeliano avvenuto ieri nei pressi di Damasco su un deposito di armi presumibilmente destinato a Hezbollah e lo fa in modo letteralmente delirante.

Con una lettera inviata al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il Ministero degli Esteri siriano avverte l’ONU che «l’atteggiamento aggressivo di Israele porterà a una conflagrazione della regione e complicherà la situazione in Medio Oriente». Secondo il regime siriano Israele «fornisce sostegno ai gruppi terroristi islamici e perpetua l’occupazione delle terre arabe».

Già il fatto di sostenere che Israele appoggi gruppi terroristici islamici con lo scopo di occupare le terre arabe è di per se un ossimoro che solo la mente bacata di Assad poteva partorire, ammesso che il coniglio di Damasco possa ragionare con la propria testa e dire ciò che pensa visto che di fatto il suo Paese è sotto amministrazione controllata da parte di Teheran. Il tono della lettera inviata alle Nazioni Unite è quello tipico dei Pasdaran iraniani piuttosto che quello di un ufficio diplomatico. «I ripetuti attacchi israeliani sulla Siria non riusciranno a proteggere le organizzazioni terroristiche usate da Israele come suoi agenti, come ISIS e il Fronte Al-Nusra» c’è scritto ancora nella missiva consegnata alle Nazioni Unite. «Israele non riuscirà a distogliere l’esercito siriano dal realizzare risultati nella lotta contro il terrorismo in tutto il paese e in particolare nelle località Idlib e Quneitra» prosegue ancora la lettera prima di passare alle minacce. «Il governo siriano reitera il suo avvertimento a Israele ammonendo sulle gravi conseguenze di ulteriori attacchi e del continuo sostegno ai gruppi terroristici e lo ritiene responsabile di ogni conseguenza. Il Consiglio di Sicurezza deve condannare gli attacchi israeliani sulla Siria e prendere provvedimenti per fermare la sua aggressione» conclude la lettera.

Sorprende nella lettera del Ministero degli Esteri siriano il riferimento a Idlib essendo la città siriana a nord e lontanissima dalle aree di interesse israeliane, mentre ha un senso il riferimento a Quneitra visto che la città si trova a pochi Km dal Golan e l’intelligence israeliana teme che possa diventare una base permanente iraniana e degli Hezbollah libanesi e a Gerusalemme hanno detto più volte che non permetteranno agli iraniani di basarsi in pianta stabile in Siria, tanto meno a pochi Km dal confine con Israele.

La marionetta siriana esegue diligentemente gli ordini dei padroni iraniani e si va a lamentare alle Nazioni Unite nella recondita speranza di passare da vittima (forse memore delle tattiche palestinesi) mentre quello che sta avvenendo in Siria, di fatto una occupazione iraniana per procura, dovrebbe realmente preoccupare il mondo libero che però nicchia e fa finta di nulla aspettando il momento buono per fare quello che fa sempre, condannare Israele.


Due F-35 israeliani sono entrati nello spazio aereo dell'Iran
Lorenzo Vita
30/03/2018

http://www.occhidellaguerra.it/caccia-israeliani-iran

Due F-35 israeliani sono entrati nello spazio aereo dell’Iran lo scorso febbraio. A darne notizia il quotidiano del Kuwait Al-Jarida, subito ripreso dai media israeliani.

Le fonti citate dal quotidiano kuwaitiano hanno dichiarato che due aerei stealth dell’aeronautica israeliana hanno sorvolato lo spazio aereo siriano e iracheno per poi raggiungere l’Iran. Secondo quanto affermato dal sito, gli aerei di Israele hanno sorvolato lo spazio aereo iraniano riuscendo addirittura a passare sopra le città iraniane di Bandar Abbas, Esfahan e Shiraz.

Il rapporto afferma che i due jet hanno volato ad altissima quota sopra i siti del Golfo Persico sospettati di essere associati al programma nucleare iraniano. Il loro obiettivo, dunque, era quello di monitorare le operazioni di quelle località dove Israele sospetta che l’Iran stia continuando a mandare avanti il suo programma nucleare.

Secondo il report, il dato altamente significativo è anche quello secondo cui i due F-35 non sarebbero stati rilevati dai radar. Neanche dal sistema radar russo situato in Siria che è considerato la spina nel fianco della strategia offensiva israeliana nel contesto mediorientale.

La fonte citata dal quotidiano, e ripresa dal Jerusalem Post, ha aggiunto un ulteriore dato estremamente interessante. I sette aerei F-35 in servizio attivo nell’aeronautica militare di Israele hanno condotto una serie di missioni in Siria e sul confine tra Siria e Libano. Un’indicazione che, se confermata, farebbe capire l’aumento di livello dell’offensiva israeliana nel contesto siriano, a tal punto da utilizzare i nuovi F-35. Aerei che non sono stati usati nei bombardamenti in cui è stato abbattuto l’F-16 della Fionda di Davide.

Il significato di questa notizia

Conferma ufficiale da parte israeliana chiaramente non può esserci. È del tutto evidente che le forze armate di Israele non potrebbero in alcun caso ammettere di aver violato lo spazio aereo di una nazione sovrana. Specialmente se questa nazione è l’Iran.

Ma la notizia ha un tempismo non irrilevante. Le tensioni tra Israele e Iran sono in aumento. La situazione in Siria, proprio per l’avanzata dell’esercito siriano e il consolidamento del’asse tra Damasco e Teheran, lascia Israele con molti dubbi. Vorrebbe colpire gli avamposti iraniani, di Hezbollah e siriani prima che sia troppo tardi. Ma l’area di de-escalation ha funzionato, continua a reggere e la Russia garantisce il blocco delle operazioni israeliane. Israele non può farsi nemica la Russia. E questa necessità, attualmente, è l’unico ostacolo a un’offensiva israeliana contro le postazioni siriane considerate avamposti delle forze armate iraniane, in particolare dei Pasdaran.

Ma questo non significa che il governo di Benjamin Netanyahu non sia pronto a riprendere in mano le redini della propria strategia mediorientale. Poche settimane fa, le Israel defense forces hanno autorizzato la pubblicazione del report con cui si confermava che gli autori del raid che distrusse il reattore nucleare siriano di Deir Ezzor nel 2007 erano stati gli aerei israeliani.

Quella notizia non era una semplice ammissione di colpa, ma un messaggio rivolto all’Iran. Confermando quelle voce, Tel Aviv ha inviato a tutti gli Stati limitrofi e a Teheran un segnale inequivocabile, e cioè che è pronto a colpire quando ritiene sia arrivato il punto di non ritorno. E questo misterioso volo dei due caccia sui cieli iraniani può essere letto come un secondo chiaro (più esplicito) messaggio alla Repubblica islamica dell’Iran.


Il fanatismo islamico iraniano è un pericolo per tutti. Negarlo è da stupidi
Gabor H. Friedman
25 febbraio 2018

http://www.rightsreporter.org/fanatismo ... lo-stupidi

Il dottor Ori Goldberg, esperto di teologia politica nel mondo sciita, sostiene che l’Iran non vuole distruggere Israele e conquistare il mondo, ma che cerca solo di “sopravvivere”. Lo scrive questa mattina sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth.

Quindi tutta la politica aggressiva portata avanti negli ultimi anni dagli Ayatollah in Medio Oriente e nel resto del mondo non sarebbe altro che un modo di sopravvivere e in Iran, secondo il dottor Goldberg, non hanno alcuna intenzione né di distruggere Israele né di diffondere l’ideologia della rivoluzione islamica nel mondo.

Ora, non è la prima volta che su uno dei maggiori quotidiani israeliani, qual’è appunto Yedioth Ahronoth, vengono pubblicate analisi che tendono a sminuire il pericolo iraniano e il fanatismo islamico che lo alimenta. Lo hanno fatto anche di recente ripubblicando una analisi critica di FP. La sinistra israeliana a cui fa riferimento Yedioth Ahronoth da anni è ostile alla politica del Premier Netanyahu verso l’Iran e i suoi proxy regionali quali Hezbollah. Hanno appoggiato quasi senza riserve la politica di Obama e Mogherini nei confronti degli Ayatollah e criticato più o meno apertamente quelle che considerano “esagerazioni del Likud”. Non deve quindi meravigliare che uno dei maggiori quotidiani israeliani non veda in Teheran una minaccia reale per Israele e per il mondo intero.

Tuttavia è proprio tra le righe dell’analisi del dottor Goldberg che si notano le crepe del ragionamento secondo il quale l’Iran non rappresenterebbe un pericolo reale per Israele e per il mondo intero. Non puoi sostenere che a guidare le mosse degli Ayatollah sia il fanatismo religioso e “l’obbligo alla sopravvivenza” che la fede sciita impone e poi un minuto dopo dire che quello stesso fanatismo islamico non sia un pericolo per Israele e per il mondo.

La missione principale che si sono dati gli Ayatollah, inserendola anche in Costituzione, è la diffusione in tutto il mondo del principio su cui si basa la Rivoluzione Islamica. L’art. 3 al punto 16 dice con chiarezza che l’Iran si impegna ad adottare «una politica estera basata sui criteri islamici», mentre l’art. 4 afferma con altrettanta chiarezza che «tutte le leggi civili, penali, finanziarie,economiche, amministrative, culturali, militari, politiche e di altro tipo, e tutte le normative, devono essere fondate sui precetti islamici. Il presente articolo si applica in modo assoluto e universale a tutti gli altri articoli della Costituzione come pure ad ogni altra norma e regola, e i teologi esperti di giurisprudenza islamica che compongono il Consiglio di Vigilanza sono giudici in questa materia».

Ora, come lo stesso Goldberg ammette in un altro intervento di qualche tempo fa sul Forum for Regional Thinking di cui è illustre membro, in Iran non puoi separare la politica dalla religione. Sono la stessa cosa. Se quindi tutta la politica iraniana è basata sul concetto di “rivoluzione islamica” e sulla esportazione di tale concetto, affermare che gli iraniani vogliono solo “sopravvivere” è un evidente ossimoro. Sono due concetti totalmente opposti.

La realtà dei fatti è invece quella che vede gli iraniani impegnati a diffondere con ogni mezzo la loro ideologia basata totalmente sul fanatismo islamico, sulla prevaricazione religiosa anche rispetto alle altre correnti islamiche e su una politica estera basata completamente su questi precetti.

Sarebbe quindi ora di finirla con questi tentativi di sminuire il pericolo rappresentato dagli Ayatollah e dalla loro politica aggressiva ed espansionistica. Uno studioso (soprattutto uno studioso) ha il dovere di analizzare la realtà non di viaggiare con la fantasia. La realtà ci dice a chiare lettere che il fanatismo islamico iraniano è il maggior pericolo sia per Israele che per il mondo intero. Negarlo significa negare la realtà.




La Russia accusa Israele del lancio di missili sulla base militare siriana T4
09/04/2018

http://www.progettodreyfus.com/russia-i ... re-siriana

Una base militare siriana nei pressi di Homs, conosciuta come base T4, cento chilometri a nord di Damasco, è stata colpita da un raid aereo, in cui sarebbero morti almeno 12 militari.

In un primo momento sul banco degli imputati erano saliti gli Stati Uniti, accusati dell’attacco come risposta alla strage del giorno precedente a Douma – ultima roccaforte di miliziani anti regime – dove sono morte almeno 100 persone, tra cui donne e bambini.

Strage arrivata a poche ore dal tweet di Donald Trump, che aveva accusato Russia e Iran di appoggiare il regime siriano e etichettava Bashar al-Assad come un “animale” che avrebbe “pagato caro” l’utilizzo di armi non convenzionali.

Il Pentagono, però, ha negato ogni coinvolgimento. A quel punto le “attenzioni” siriani e russe sono state rivolte verso Israele.

Mentre la Siria ha puntato il dito contro lo Stato ebraico in maniera piuttosto generica, Mosca ha fornito, a detta sua, alcuni dettagli specifici: a lanciare una ventina di missili Cruise contro la base militare sarebbero stati due F-15 israeliani. Secondo Mosca, Israele avrebbe avvertito gli Usa prima di compiere l’attacco.

Nel frattempo, Trump ha annunciato decisioni piuttosto importanti dopo le “atrocità intollerabili” accadute a Douma:

“Per me non ci sono molti dubbi su chi sia stato”.

Il segretario Usa alla Difesa, James Mattis, ha affermato di “non escludere nulla” in merito a una possibile azione militare contro il regime di Assad.

La Russia, dal canto suo, tramite il suo ministro degli Esteri Sergey Lavrov, ha sostenuto che i suoi esperti militari non hanno rilevato “tracce di cloro o di altre sostanze chimiche usate contro i civili” a Douma.

Dichiarazioni che hanno fatto da apripista alle parole dell’ambasciatore russo all’Onu Vassily Nebenzia, che nel corso della riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza ha bollato come “fake news” le notizie sulla strage di Douma, avvertendo gli Stati Uniti che ci saranno “gravi ripercussioni” in caso di attacco americano.



Iran, il countdown per la distruzione di Israele: “Mancano 8411 giorni”
teodoro chiarelli
2017/07/05

http://www.lastampa.it/2017/07/05/ester ... agina.html

Un orologio in piazza della Palestina, nel centro di Teheran, per segnare il tempo che manca alla “distruzione di Israele”. Esattamente 8411 giorni. È l’ultima provocazione dei manifestanti che hanno partecipato alla Giornata di Al-Quds, cioè Gerusalemme.

Un milione in piazza
Al canto di “morte a Israele” gli oltranzisti della rivoluzione khomeinista hanno ricordato la “profezia” dell’ayatollah Ali Khamenei, Guida suprema della Repubblica islamica: “niente” rimarrà dello Stato ebraico “entro il 2040”. Alla manifestazione hanno partecipato anche il presidente Hassan Rohani, su posizioni più moderate, e il presidente del Parlamento Ali Larijani che ha attaccato Israele frontalmente, come “madre del terrorismo” e “peggior terrorista di tutti i tempi”.

Missili dei Pasdaran
I dimostranti hanno anche lanciato slogan contro l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, mentre la Guardia rivoluzionaria, i Pasdaran, hanno portato in piazza gli ultimi modelli di missili balistici, compresi quelli usati dieci giorni fa per colpire le postazioni dell’Isis in Siria, nella provincia di Deir ez-Zour. Secondo i media di regime, in piazza c’era un milione di persone.

Accuse incrociate di terrorismo
La giornata di Gerusalemme si tiene ogni anno ed è l’occasione in cui il regime esprime le sue posizioni più ostili nel confronti di Israele. Lo stesso presidente Rohani ha detto in una intervista all’agenzia Irna che “Israele aiuta i terroristi”. Le dichiarazioni si inseriscono nello scontro con il rivale sunnita dell’Iran, l’Arabia Sunnita, che ha accusato Teheran di essere “la punta di lancia del terrorismo globale”.


Israele-Iran: siamo di fronte all'inizio di una guerra?
2018/03/24

https://www.tpi.it/2018/03/24/israele-iran-guerra

La recente violazione dello spazio aereo israeliano da parte di un drone iraniano, e le rappresaglie di Israele contro bersagli siriani ed iraniani, hanno indotto molti osservatori a suggerire che la crescente tensione regionale conseguente a tali episodi potrebbe scatenare una guerra tra Israele ed Iran/Hezbollah, che potrebbe forse inavvertitamente coinvolgere anche la Siria.

Io non sono d’accordo con questa prognosi.

Ritengo che nessuno degli attori coinvolti voglia intraprendere una guerra che infliggerebbe un altissimo livello di distruzione e di vittime senza realizzare alcun guadagno sostenibile a lungo termine.

Ciò, tuttavia, non preclude lo scoppio di una guerra accidentale, causata da un incidente involontario o da errori di valutazione.

A prescindere dall’astio reciproco e dalle minacce lanciate pubblicamente da ogni attore, gli interessi strategici di ciascuno sono tutelati al meglio evitando la guerra.

La domanda diventa allora: che tipo di misure di precauzione dovrebbero prendere tutti gli attori coinvolti, in particolare la Russia, in collaborazione con gli Stati Uniti, per evitare sviluppi tanto nefasti?

L’interesse strategico complessivo dell’Iran è quello di ottenere l’egemonia nella regione, obiettivo che è determinato a realizzare assicurandosi dapprima una striscia di terra contigua dal Golfo al Mediterraneo, in cui la Siria è un cardine fondamentale, e creare un fonte unito per minacciare Israele.

Per proteggere la sua base e la sua influenza in Siria, l’Iran è stato pronto a sfruttare la guerra civile fornendo ad Assad centinaia di milioni di dollari, migliaia di combattenti ben addestrati e le attrezzature militari per aiutarlo a sconfiggere i ribelli e l’Isis.

Avendo subito più di 500 vittime, l’Iran è diventato ancor più determinato a raccogliere i frutti dei suoi sforzi, perseguendo l’istituzione di una presenza militare permanente nel paese.

Il secondo obiettivo dell’Iran è mantenere uno stato di minaccia costante contro il suo più accanito nemico -Israele – cercando di stabilire una presenza militare in prossimità del confine israeliano.

L’Iran usa Israele come grido di battaglia per attrarre violenti estremisti a sostenere le sue guerre per procura e per promuovere i suoi interessi nella regione.

Perciò, conservando l’attacco pubblico contro Israele, l’Iran spera di mantenere l’ostilità e accrescere le preoccupazioni nei confronti della “minaccia israeliana” al mondo musulmano.

Inoltre, l’Iran continua a rimpolpare l’arsenale di Hezbollah in Libano; primo, perché vuole assicurarsi il suo punto d’appoggio in Libano.

Secondo, perché vuole aprire tre fronti strategici – in Siria, Libano e potenzialmente a Gaza tramite Hamas – da cui poter intimidire Israele, metterne alla prova la determinazione, e creare nuove tensioni controllate, come ha fatto di recente facendo volare un drone, rapidamente abbattuto da Israele, sopra i cieli israeliani.

Ciò detto, malgrado la sua spavalderia, Tehran non vuole sfidare Israele sul piano militare, sapendo che le ostilità aperte ora, e anche nell’immediato futuro, potrebbero provocare massicce ritorsioni di molto superiori alla rappresaglia per l’incursione iraniana nello spazio aereo israeliano, col potenziale di infliggere una sconfitta umiliante all’Iran.

Infine, l’Iran vuole preservare l’accordo nucleare con gli Stati Uniti e non vorrebbe dare a Trump motivi per annullarlo.

Detto questo, nonostante Trump potrebbe ancora ritirarsi dall’accordo, l’Iran vuole rimanere nelle grazie degli altri cinque firmatari per impedire la ripresa delle sanzioni, specialmente in un momento in cui il pubblico iraniano è irrequieto ed esige migliori condizioni economiche e maggiori libertà sociali.

Per evitare errori di valutazione che possano portare ad una catastrofica guerra con Israele, l’Iran dovrebbe piuttosto acconsentire ed evitare di stabilire basi militari vicine al confine israeliano, costruendole invece più a nord in Siria.

Così facendo, l’Iran contribuirebbe inoltre a prevenire ogni seria minaccia al potere di Assad, sulle cui richieste l’Iran giustifica la sua continuata presenza nel paese la quale, in ogni caso, ha la massima priorità nel suo schema di egemonia regionale.

Teheran sarebbe saggia a tenere sotto controllo Hezbollah ed impedirgli di provocare Israele, dal momento che ogni conflagrazione tra Israele ed Hezbollah potrebbe distruggere buona parte delle sue infrastrutture e della sua riserva di missili.

Dopotutto, l’Iran è più interessato a mantenere la minaccia contro Israele sul fronte libanese, cosa che fa il suo interesse strategico a lungo termine, consolidando il suo punto d’appoggio in Libano, solo se Hezbollah resta forte.

Hezbollah si è unito all’esercito siriano per combattere i ribelli durante la guerra civile in corso. Sebbene gran parte della sua forza militare sia temprata dalle battaglie, Hezbollah si trova ora sotto crescenti pressioni per ripristinare un po’ di normalità all’interno della più ampia comunità sciita del Libano e, nel frattempo, riorganizzarsi.

Hezbollah ha subito quasi 1300 vittime, e lo stesso Libano ha sofferto ampiamente dalla guerra civile siriana, alla quale sta ancora pagando un pesante tributo nel suo sforzo di ospitare più di un milione di rifugiati siriani.

Hezbollah, con il supporto dell’Iran, manterrà il suo atteggiamento minaccioso nei confronti di Israele proseguendo nei suoi sforzi per accrescere il suo arsenale di armi, ma non lo sfiderà militarmente.

Hezbollah sa che che la soglia di vittime accettabili per Israele è molto bassa, e la morte di 40-50 israeliani per mano degli attacchi missilistici di Hezbollah provocherebbe travolgenti attacchi di rappresaglia che potrebbero fare migliaia di vittime libanesi, cosa che Hezbollah vuole evitare.

In ogni caso, Hezbollah non avvierà ostilità contro Israele senza l’approvazione di Teheran perché una mossa simile nuocerebbe alle ambizioni strategiche dell’Iran nella regione.

In tali circostanze, Israele continuerà ad attaccare i convogli che trasportano le armi dall’Iran ad Hezbollah, e colpirà anche qualsiasi fabbrica di armi sul suolo libanese.

Questo, naturalmente, comporta un certo rischio di inasprire le ostilità. Ma visto che Hezbollah e l’Iran vogliono evitare la guerra, risponderanno agli attacchi israeliani nella stessa maniera in cui hanno risposto a quelli precedenti: dicendo poco e facendo anche meno.

Ciò, tuttavia, non significa che Israele possa fare ciò che desidera a mano libera. Gli attacchi israeliani si misureranno con lo sfondo del contesto complessivo, che viene limitato dal desiderio dello stesso Israele di evitare una guerra aperta, a meno che non sia minacciato nella sua esistenza.

Il regime di Assad: da quando è salito al potere nel 2000, il presidente siriano Assad non ha mai preso in considerazione di intraprendere una guerra contro Israele.

Come suo padre, ha aderito in pieno all’accordo di disimpegno con Israele del 1974. Infatti, per tutta la durata del suo regime, Assad ha fatto numerose aperture di pace nei confronti di Israele, ritenendo che la futura stabilità e prosperità della Siria dipenda dalla pace con Israele, o, almeno, dal mantenimento dell’assenza di ostilità.

Dallo scoppio della guerra civile, Assad si è assicurato di non fornire ad Israele alcuna ragione per entrare nella mischia.

Adesso che è sul punto di vincere contro i ribelli e l’Isis, grazie al decisivo sostegno di Russia ed Iran, è ancor più determinato ad evitare qualsiasi scontro militare con Israele, che la Russia in particolare vuole evitare ad ogni costo.

Assad si trova tuttavia tra la l’incudine e il martello: da una parte sa che la sua sopravvivenza dipende dal perdurare del supporto di Iran e Russia, e dall’altra vuole tenere l’Iran sotto controllo per evitare la guerra con Israele.

Al riguardo si trova perfettamente d’accordo con la Russia, ugualmente intenzionata a tenere l’Iran a debita distanza.

Per evitare errori di valutazione, che potrebbero risolversi in uno scontro diretto tra Israele ed Iran, lo stesso Assad deve avere la meglio sull’Iran ed impedirgli di stabilire impianti bellici vicino ai confini israeliani.

Assad può mettere in chiaro che una simile presenza militare iraniana solleciterebbe attacchi di Israele, che coinvolgerebbero la Siria e danneggerebbero la sua sicurezza nazionale.

A questo proposito, Assad può contare sul supporto della Russia, specialmente perché Mosca stessa non vuole (e non permetterà) che l’Iran abbia mano libera in Siria.

Mentre la sconfitta dell’Isis si avvicina, e si allenta la tensione con i ribelli, Assad dovrebbe insistere affinché le milizie iraniane, costituite in maggioranza da non iraniani e la cui lealtà è più rivolta al salario che alla causa dell’Iran, lascino il paese.

Assad dovrebbe mandare ad Israele un messaggio netto, attraverso i canali appropriati, per chiarire che non lo attaccherà militarmente e non sarà persuaso altrimenti dall’Iran. A questo proposito, la Russia fornirà certamente il suo pieno supporto ad Assad.

In più, se Assad vuole ristabilire la stabilità ed avviare un po’ di ricostruzione, il paese dovrebbe essere ripulito da ogni potenziale agitatore.

Ovvero, Assad non dovrebbe permettere una stabile presenza di Hezbollah in Siria, che attirerà solamente attacchi israeliani nel caso in cui qualsiasi ostilità accidentale o premeditata dovesse scoppiare tra Israele ed Hezbollah.

Israele vede l’Iran come il nemico numero uno, votato alla sua distruzione, ed è determinato ad eliminare ogni base militare iraniana in Siria vicina ai suoi confini.

Israele continuerà, come in passato, ad attaccare i convogli che trasportano armi sofisticate dall’Iran a Hezbollah passando per la Siria.

Israele accusa l’Iran di intraprendere regolarmente attività sovversive allo scopo di minare la sua sicurezza e instigare i palestinesi ad opporsi violentemente all’occupazione della sponda occidentale e al blocco su Gaza.

Israele crede che l’Iran sia determinato ad procurarsi armi nucleari allo scadere delle clausole di decadenza del Piano d’azione congiunto globale (il cosiddetto “Accordo sul nucleare iraniano”), particolarmente nella prima fase, al termine della quale all’Iran sarà gradualmente permesso di riprendere (pur con qualche restrizione) l’arricchimento dell’uranio.

Per questa ragione Israele sta compiendo sforzi estremi per convincere l’amministrazione Trump a “risolverlo o bocciarlo” (“fix it or nix it“, per come l’ha posta il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu).

Nonostante Israele sia certo di poter vincere ogni possibile scontro militare con i nemici che lo circondano, ha valutato che non trarrebbe alcun beneficio a lungo termine dallo scagliare attacchi preventivi contro le forze iraniane, siriane o di Hezbollah.

Per distruggere la riserva di Hezbollah di circa 150mila missili a corto e medio raggio, in gran parte incorporata nella comunità civile, Israele dovrà effettuare, almeno in parte, bombardamenti a tappeto che potrebbero comportare la morte di decine di migliaia di civili.

Israele, tuttavia, colpirà preventivamente solo se si troverà a fronteggiare una minaccia imminente.

Israele non ha avversione per il regime siriano in quanto tale, e preferirebbe vedere Assad al potere a patto che riesca a limitare lo spazio di manovra dell’Iran, facendogli capire chiaramente che non lascerà che la Siria diventi il campo di battaglia tra Israele ed Iran/Hezbollah.

Per evitare qualsiasi incomprensione ed errore di calcolo, Israele dovrebbe chiarire che vuole stare alla larga dalla guerra in Siria.

Ciò detto, Israele deve ribadire con forza all’Iran e (tramite la Russia) ad Hezbollah che, trovatosi a fronteggiare una qualsiasi minaccia, risponderà con forza imponente e sproporzionata a qualunque provocazione da entrambe le parti.

Israele dovrebbe definire apertamente che cosa possa costituire una “azione provocatoria”, concetto che dalla prospettiva israeliana include la violazione dello spazio aereo, lanciare missili, o l’infiltrazione di terroristi provenienti dal territorio libanese o siriano.

Israele dovrebbe dire chiaramente che qualunque di queste violazioni costituisce una linea rossa che né l’Iran né alcuno dei suoi surrogati possono superare impunemente.

Israele dovrebbe inoltre rendere inequivocabilmente chiaro a Teheran tramite la Russia che distruggerà qualunque base militare vicina al confine, e che, se l’Iran dovesse contrattaccare, Israele non esiterà, come recentemente dichiarato da Netanyahu, a bombardare specifici bersagli sul ruolo iraniano.

In ogni caso, il pubblico israeliano è psicologicamente abituato alla minaccia iraniana e si aspetta che il governo intraprenda qualunque azione necessaria ad infliggere intollerabili danni al nemico.

La Russia è il principale intermediario in Siria, e nessuna soluzione alla guerra civile siriana né instaurazione di alcun nuovo ordine politico tra le varie fazioni può verificarsi senza il suo consenso.

La Russia è presente in Siria da circa 50 anni, quando Mosca ha costruito la sua base navale a Tartus, e ha sempre avuto l’ambizione di riempire il vuoto creato dall’amministrazione Obama, che aveva scelto di stare per lo più fuori dal conflitto in Siria.

Il Cremlino ha colto l’opportunità di andare in aiuto del regime di Assad, che era sull’orlo del collasso, inviando truppe di terra e forze aeree a bombardare molti dei bersagli ribelli e dell’Isis, cosa che ha sensibilmente cambiato le sorti della guerra in suo favore.

La Russia ora usa la sua presenza dominante in Siria come trampolino da cui esercitare una maggiore influenza sul Medio Oriente, una posizione che ha ricercato negli ultimi dieci anni.

Persino Israele, che tradizionalmente attende il via libera degli Stati Uniti prima di intraprendere qualsiasi azione militare significativa, deve ora ricevere il benestare della Russia prima di attaccare le basi militari dell’Iran e di Assad in Siria.

Nonostante la Russia e l’Iran abbiano unito le forze per difendere Assad, la Russia vuole limitare l’influenza iraniana in Siria – in parte perché vuole restare la principale potenza in Siria, e in parte perché vuole evitare uno scontro violento tra Israele e l’Iran per scongiurare un’ulteriore destabilizzazione della Siria, che potrebbe minare i suoi interessi strategici.

Per sicurezza, Putin vuole salvaguardare la speciale posizione della Russia in Siria, ed è determinato ad impedire ad Iran, Hezbollah, Israele e persino agli Stati Uniti di guastare i suoi guadagni e la sua influenza, e non permetterà a nessuno dei suoi antagonisti di intervenire senza cooperare con la Russia.

Pertanto, la Russia si trova in una posizione unica per evitare errori di valutazione che potrebbero portare ad una guerra non intenzionale, e a tale scopo Putin deve stabilire delle norme di d’ingaggio a cui tutti i combattenti debbano aderire, a meno che si trovino davanti ad un’imminente minaccia esistenziale.

Primo, la Russia deve rendere chiaro all’Iran che non gli permetterà di installare alcuna base militare vicino ai confini israeliani.

Secondo, dovrebbe comunicare chiaramente ad Hezbollah che non deve cadere nella tentazione di provocare Israele, dato che a questo proposito la Russia non può impedire ad Israele di mettere in atto rappresaglie su larga scala, le quali potrebbero minare gli interessi strategici di Mosca.

Terzo, Putin deve persuadere la Turchia a fermare le sue incursioni in territorio siriano e distogliere Erdogan dalla sua missione di sottomettere i curdi siriani, cosa che aggraverebbe e prolungherebbe solo il conflitto in Siria.

Putin è convinto che la Turchia voglia mantenere una presenza permanente in Siria: una ricetta per prolungare la violenza tra le forze turche e il YPG, un ulteriore fattore destabilizzante.

Quarto, Putin deve ora cercare di ottenere il coinvolgimento degli Stati Uniti nella ricerca di una soluzione permanente alla guerra civile siriana.

Gli Stati Uniti restano una potenza regionale dominante e, nonostante la Russia sia il principale intermediario in Siria, l’appoggio degli Stati Uniti resta decisivo anche solo per per i suoi stretti legami con Israele, e per il fatto che potrebbero essere trascinati dentro un’eventuale futura guerra tra Israele ed Iran/Hezbollah.

Gli Stati Uniti: tristemente l’amministrazione Trump, che ha ampiamente seguito la politica di Obama nei confronti della Siria, si trova ora a dover fronteggiare una nuova realtà.

Gli Stati Uniti di Trump sembrano non avere una chiara strategia sul come occuparsi del conflitto.

Inoltre, limitare il coinvolgimento diretto americano nel conflitto ai soli tentativi di dissuadere Assad dall’utilizzare armi chimiche contro il suo popolo, come Trump ha fatto una volta in passato, ha avuto poco impatto sul corso della guerra e sul comportamento di Assad, finché ha potuto contare sull’appoggio russo.

L’attuale situazione in Siria è diversa per quattro motivi:

1) il presidente Assad, escluso dall’amministrazione Obama come parte della soluzione, rimarrà certamente presidente e verrà sicuramente “rieletto” non appena si terranno nuove elezioni;

2) il coinvolgimento diretto dell’Iran nella guerra civile siriana e la sua ambizione di radicarsi completamente nel paese è visto da Israele come una minaccia alla sua sicurezza;

3) anche quando la guerra civile finirà, il conflitto fra sette e la rivalità per il potere continueranno a perseguitare il paese per anni, assicurando una destabilizzazione che colpirà gli alleati locali degli Stati Uniti; e

4) gran parte del paese giace in rovina e avrebbe bisogno di decine di miliardi di dollari per la ricostruzione, la quale richiede per necessità la leadership degli Stati Uniti per raccogliere i fondi necessari.

Per evitare errori di valutazione che possano portare ad una guerra non intenzionale tra Israele ed Iran/Hezbollah, e forse all’accidentale coinvolgimento della Siria, gli Stati Uniti devono:

Mantenere la presenza delle truppe americane e dei consulenti inviati in Siria a combattere l’Isis, e aumentare ulteriormente la presenza per fornire agli Stati Uniti l’influenza di cui hanno bisogno per giocare un ruolo importante nella ricerca di una soluzione, in collaborazione con la Russia.

Riaffermare la propria dedizione alla sicurezza nazionale di Israele. Per di più, nonostante l’attuale coordinazione strategica delle difese dei due stati, l’amministrazione Trump dovrebbe prendere in considerazione di pubblicare un comunicato, seguendo il percorso imboccato col suo impegno nella Nato.
Gli Stati Uniti dovrebbero dichiarare che ogni grande attacco ad Israele costituirà un attacco agli Stati Uniti. Questo scoraggerebbe certamente l’Iran anche solo al contemplare qualsiasi ampia ostilità nei confronti di Israele.

Idealmente, Trump dovrebbe focalizzarsi sulla correzione dell’accordo sul nucleare con l’Iran in collaborazione con gli altri cinque firmatari, e farlo attraverso canali diplomatici invece che lanciando un ultimatum in cui minaccia di ritirarsi completamente dallo stesso entro maggio, cosa che acuirebbe semplicemente le tensioni regionali.
Conoscendo il disprezzo di Trump nei confronti dell’Iran e la sua descrizione dell’accordo come “il peggiore della storia”, potrebbe ancora ritirarsi dal patto. Come minimo, comunque, dovrebbe evitare di ripristinare le sanzioni, in modo che gli altri firmatari abbiano comunque l’opportunità di modificarlo attraverso le negoziazioni.
Altrimenti, la precipitosa ritirata dall’accordo agiterebbe semplicemente gli iraniani e potrebbe spingerli ad abbandonarlo del tutto, cosa che potrebbe potenzialmente condurre alla proliferazione del nucleare nella zona, che gli Stati Uniti e i loro alleati nell’area vogliono evitare.
Inoltre, in un momento in cui gli Stati Uniti vogliono negoziare la denuclearizzazione con la Corea del Nord, non dovrebbero revocare unilateralmente l’accordo con l’Iran per poi aspettarsi che la Corea del Nord si fidi della loro capacità di rispettare gli impegni presi.

L’ironia del tutto è che nessuno degli attori coinvolti in modo diretto o indiretto nella guerra civile in Siria vuole esacerbare il conflitto minacciando Israele, che non si fermerà davanti a niente per proteggere la sicurezza nazionale, specialmente se la minaccia è ritenuta esistenziale.

Ogni fazione sa inoltre che, a prescindere da quanti danni potrebbe incassare Israele in una guerra del genere, ne uscirebbe vittorioso, infliggendo livelli di distruzione forse senza precedenti ai suoi nemici.

In ultima analisi, ogni decisione relativa al conflitto si misura in termini di costi e benefici. Non c’è niente che suggerisca che uno qualsiasi degli attori coinvolti preveda di ottenere benefici strategici a lungo termine che potrebbero giustificare una guerra catastrofica.

La guerra potrebbe scoppiare per colpa di errori di valutazione, che possono però essere evitati. La Russia, in particolare, e gli Stati Uniti devono cooperare e fare forti pressioni sui rispettivi clienti per prevenire simili errori.
Leggi anche: L’Iran sta silenziosamente consolidando le sue forze armate in Siria

Articolo a cura di Alon Ben-Meir, traduzione a cura di Noemi Valentini





Luttwak sull'Iran:
15/01/2018

http://www.linformale.eu/luttwak-procla ... ata-regimi

In una recente intervista all’Informale Daniel Pipes, a proposito dell’Iran, ci ha detto, “In qualsiasi giorno del futuro ci sarà una panetteria senza pane o un distributore senza benzina. Il risultato potrebbe essere un tumulto che si diffonderà attraverso il paese e che finirà per rovesciare il governo. È quello che prevedo, ma ovviamente, non posso sapere quando accadrà. Noi che ci troviamo all’esterno dovremmo intraprendere i passi necessari affinché questo giorno si avvicini”. È d’accordo con lui? L’occidente dovrebbe appoggiare le rivolte Iraniane anche rischiando che questa posizione possa mettere l’ayatollah nella posizione di dare la “colpa” all’occidente?

Beh non so cosa si intende esattamente quando si parla di occidente. L’Italia non ha strumenti per agire in Iran. I britannici un secolo fa erano efficaci a livello di intelligence operativa, ora non più. La CIA dispone di due o tre soggetti capaci di infiltrarsi in Iran, che parlano farsi, ma hanno limitate capacità operative.
Interventi esterni veri e propri sono difficili ed in alcuni casi controproducenti. La realtà iraniana funziona, e funzionerà in futuro in maniera autonoma fino al collasso del regime.
Mi spiego meglio: l’Iran è un paese di 80 milioni di abitanti, per andare avanti solo ed esclusivamente con i proventi del petrolio dovrebbe vendere 20 milioni di barili al giorno, allora sì che il paese sarebbe ricco. Ma con due, tre barili massimo di export al giorno, il guadagno è quasi nullo.
Chiaramente queste esportazioni sono importanti, ma sarebbe come dire che Israele è capace di mantenere tutto il paese esportando due navi piene di cemento al giorno, ovvero un’assurdità. Dunque l’Iran è un paese sostanzialmente povero, ciononostante le “avventure imperiali” dell’Iran in Siria hanno avuto delle spese militari altissime. Per non parlare di quanto costano le Guardie Rivoluzionarie. L’equazione è molto semplice, le spese per condurre questa guerra sono troppe, il paese non può sostenerle e si giungerà molto presto ad un collasso. Tutto ciò che deve fare l’occidente è aspettare il crollo del regime, perché è solo questione di tempo che ciò avvenga in maniera del tutto autonoma. Intervenire non avrebbe senso con queste premesse.


Gli Stati Uniti, con l’Amministrazione Trump, hanno riqualificato l’Iran come il principale stato islamico sponsor del terrorismo. In questo momento in Medioriente c’è un’inedita convergenza tra Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita finalizzata a contrastare la minaccia sciita. Si tratta di un ribaltamento a 180 gradi della dottrina Obama. È d’accordo con questa impostazione? Per quale motivo, secondo lei, l’occidente si è spinto così tanto ad equilibrare i rapporti con l’Iran durante l’amministrazione Obama e quali sono le conseguenze che paghiamo oggi?

L’Iran sembra una grande potenza se si guarda la situazione rispetto alla guerra in Siria, ma questa è solo un’immagine che non corrisponde alla verità. L’Iran mette in campo dodicimila soldati in Siria, sono miliziani appartenenti a gruppi sciiti dove la povertà regna sovrana e che per 3/4 dollari al giorno sono disposti a fare qualsiasi cosa. Vengono reclutati in Iran, Afghanistan, Pakistan.
L’Europa parla continuamente delle capacità iraniane avendo una visione totalmente distorta di questa realtà, e questo perché il regime teocratico è molto bravo a vendersi e a nascondere la propria natura fallimentare. Guardiamo solamente come stanno pubblicizzando l’aumento del prezzo del petrolio, come se una variazione cosi insignificante potesse davvero far fronte alle esigenze della popolazione: è semplicemente assurdo che l’Europa ci creda.
In ogni caso la responsabilità della sottomissione europea all’Iran si deve alla Mogherini, che è innamorata di questi regimi e fa di tutto per non offenderli, come ha fatto negli ultimi giorni non condannando la dura repressione del regime contro le proteste popolari. Negli Stati Uniti, Obama ha concesso l’accordo sul nucleare perché sperava che l’Iran cambiasse atteggiamento e che diventasse un interlocutore credibile. Ma dopo le numerose provocazioni degli iraniani, specialmente nel Golfo Persico, dove più di una volta hanno minacciato di attaccare le portaerei americane, dopo che per anni gli Stati Uniti hanno visto bandiere bruciate e politici inneggiare alla distruzione dell’America, l’amministrazione Trump sta iniziando a comportarsi come avrebbe fatto chiunque sotto minaccia.


Trump crede che un regime del genere, che inneggia alla “morte del grande satana americano” non debba essere considerato un paese amico. Possiamo dargli torto? Chi altri sopporterebbe tanto?

Per quanto riguarda i sunniti è un discorso diametralmente diverso. Queste nazioni sono incredibilmente vulnerabili e dipendono quasi esclusivamente dal petrolio. Quando si è così vulnerabili si ha paura che le proprie risorse vengano attaccate, e la più grande paura delle Monarchie Sunnite, in particolare dell’Arabia Saudita, è che le milizie sciite attacchino le infrastrutture finalizzate all’estrazione e all’esportazione di petrolio. Chiaramente nella loro ottica l’Iran sembra una superpotenza, di conseguenza hanno fatto di tutto per allearsi con Israele, che vuole agire contro l’Iran in maniera più occulta possibile. È chiaro che un via libera, seppur tacito, sugli aeroporti dei paesi del Golfo permetterebbe a Israele di avere un raggio d’azione contro l’Iran infinitamente maggiore.


Il recente voto all’ONU contro la decisione americana di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele ha visto una netta contrapposizione tra Europa e Stati Uniti, con l’eccezione di alcuni paesi dell’Europa dell’Est. USA e Israele da una parte e l’Europa dall’altra. Chi è in grado di rappresentare meglio oggi i valori sui quali si incardina l’Occidente? A cosa si deve questa importante spaccatura?

Durante gli anni della guerra fredda Gerusalemme veniva considerata il centro del conflitto tra le due grandi potenze: Stati Uniti e Unione Sovietica.
Patto di Varsavia e NATO hanno scelto di non combattersi in territorio occidentale, perché si sarebbe consumata una guerra nucleare senza precedenti, e hanno quindi iniziato ad espandere le sfere di influenza in altri continenti appoggiando le posizioni degli attori coinvolti nei conflitti interni. Il fulcro dell’attività strategica è stato per decenni il Medio Oriente e il punto del Medio Oriente più conteso in assoluto nella storia è Gerusalemme.
Oggi Gerusalemme è considerata niente più che una città piena di storia e cultura ma non solletica più gli interessi delle grandi potenze. Solo due figure credono ancora nel ruolo strategico di Gerusalemme, ovvero il Papa e Federica Mogherini. Il primo deve crederci giocoforza, essendo la figura più importante del cattolicesimo. La seconda è stata per anni innamorata di Arafat e non vuole abbandonare l’idea che Gerusalemme debba essere consegnata ai palestinesi. Questo è il motivo per il quale in Europa si è fatta grande notizia sulla questione di Gerusalemme ed anche il motivo per il quale è stata trattata nelle ultime settimane come una città dalla grande rilevanza strategica, ma questo è solo lo specchio di quanto l’Europa sia così indietro.
È totalmente razionale proclamare Gerusalemme capitale di Israele, di fatto è cosi, tutte le altre opinioni restano mere mistificazioni della realtà, del tutto controproducenti e che rendono l’Europa poco credibile.
Il ruolo dell’ONU anche qua è stato totalmente marginale. È necessario rendersi conto che, ad oggi, l’ONU è un “luogo di cerimonie”. Da anni ormai non è più il centro del sistema internazionale, tutto ciò di cui si discute tra quelle mura non ha la minima rilevanza.


Dal Russiagate all’assurda tesi di Biden secondo il quale la Russia avrebbe degli interessi in Italia ( addirittura tanto da accusare Putin di essere intervenuto per i risultati del referendum), sembra che l’Europa sia totalmente ossessionata dalla Russia. Secondo lei a cosa si deve la russofobia europea? Sempre in merito alla Russia, che ruolo si è ritagliato Putin in Medio Oriente? E’ possibile che Israele, Russia e Siria possano trovare un accordo che limiti la presenza iraniana nella zona della Siria più prossima ad Israele e su quali basi potrebbe avvenire un accordo del genere?

Per quanto riguarda il Russiagate, è stato provato che lo sforzo russo di intervenire negli Stati Uniti è stato sotto i venticinquemila dollari. Questo significa che, seppur abbiamo inquadrato un minimo di intervento per influenzare i risultati delle elezioni americane, si parla di una cifra totalmente irrisoria, a fronte di un’esagerazione nella presentazione del caso da parte dei media statunitensi. Non difendo certamente questo tipo di azioni, lo considero uno schifo, ma allo stesso tempo sono realista e confermo che un investimento del genere non ha davvero alcun peso in un paese come gli Stati Uniti.
In Europa questo intervento non c’è mai stato. Angela Merkel non può attribuire i guai dei tedeschi ai russi, perché sono anni ormai che le sue politiche non tengono conto della volontà dei milioni di tedeschi, in primo luogo quelle sull’immigrazione.
In Medio Oriente, invece, la Russia sosterrà Assad fino alla fine, sono stati bravi e hanno dato l’esempio di come chi sostiene i russi non venga mai abbandonato. In generale si stanno muovendo benissimo su tutti i fronti: hanno appena concluso un accordo per la vendita di armi ai sauditi, hanno vinto senza riserve in Siria e contemporaneamente hanno mantenuto buoni i rapporti con Israele. Un accordo operativo mediato dalla Russia tra Siria e Israele è certamente possibile perché in un contesto come questo gli attori non si fidano più solo dei propri alleati, ma anche e soprattutto degli attori competenti.
La Russia può essere vista o meno come un alleato ma non può non essere vista come un attore credibile, efficace, competente. Questo lo hanno capito non solo la Siria e l’Iran, ma anche Israele e l’Arabia




Scoppia il caso Israele, ormai in rotta di collisione con l'Iran
Stefano Cagelli
16 aprile 2018

https://www.democratica.com/focus/caso- ... erra-siria

Un funzionario di Tel Aviv conferma il raid aereo in territorio siriano che ha provocato la morte di sette “consiglieri militari” di Teheran. Cresce il rischio di una resa dei conti

Un salto di qualità nella contrapposizione storica tra Israele e Iran. Potrebbero essere queste le (catastrofiche) “conseguenze regionali” di quanto accaduto negli ultimi giorni in Siria. Come abbiamo già avuto di scrivere all’indomani dell’azione militare coordinata da Stati Uniti, Francia e Regno Unito nei confronti di Damasco – rappresaglia per l’attacco chimico di Douma – e della dura reazione russo-iraniana, il vero rischio in questo momento è la resa dei conti tra lo Stato Ebraico e la Repubblica Islamica.

Una tesi supportata dalle rivelazioni di un funzionario israeliano al New York Times, che, per la prima volta, ha confermato che il raid aereo verso la base T-4, nell’area di Homs in Siria, che ha provocato la morte di almeno sette “consiglieri militari” iraniani, porta la firma dell’esercito con la Stella di David. “Abbiamo attaccato obiettivi iraniani, comprese strutture militari e soldati, in Siria”. Una risposta all’azione di Teheran che, nel mese di febbraio, aveva lanciato un drone carico di esplosivo nello spazio aereo israeliano. “Dopo quell’attacco – ha detto ancora il funzionario al quotidiano newyorchese – si è aperta una nuova era nello scontro tra Israele e Iran”. La mattanza chimica di Assad e la risposta occidentale non hanno fatto altro che accelerare questo processo.

Per Tel Aviv, l’attacco americano, francese e britannico è stato “un importante messaggio contro l’asse del male rappresentato da Iran, Siria e Hezbollah”. Per l’ayatollah Ali Khamenei, storico alleato di Assad, “Trump, Macron e May sono dei criminali” e l’attacco chimico di Douma “un complotto occidentale”.

Quella tra Israele e Iran è la riproposizione su scala regionale del conflitto in corso tra Stati Uniti e Russia, con l’aggravante dello scontro religioso e ideologico. E della contiguità territoriale. A differenza di un anno fa, quando 59 missili americani piovvero dal cielo siriano senza uomini iraniani sul terreno, oggi i pasdaran sono presenti in forze nelle zone di Damasco (che dista solo poche decine di chilometri dalle alture del Golan) e di Aleppo e questo è già di per sé motivo di grande allarme per Israele.

E le parole pronunciate da Bahram Qassemi, portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, secondo il quale “Israele prima o poi la pagherà, perché non può pensare di fare un’azione del genere (l’attacco alla base T-4) e restare impunito”, suonano come un lugubre campanello d’allarme. E’ anche per questo che il ministro della Difesa israeliano, Avidgor Lieberman, intervistato dal sito Walla, ha detto chiaramente che “non permetteremo il consolidamento iraniano in Siria e neppure che la Striscia di Gaza diventi un fronte iraniano”.

Intanto, molto faticosamente, le diplomazie internazionali si muovono per evitare un’escalation del conflitto. Mosca ribatte colpo su colpo alle accuse di Washington, Londra e Parigi ma si dice “pronta al dialogo”. Stati Uniti e Gran Bretagna sostengono però queste parole non siano seguite dai fatti. “Il regime siriano e la Russia non permettono agli ispettori dell’Opac di raggiungere Douma per chiarire quanto accaduto il 7 aprile”, ha denunciato la rappresentanza britannica. “Sono bloccati a causa dell’attacco condotto sabato scorso”, ha risposto il vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov. L’ambasciatore statunitense all’Opac, Kenneth D. Ward, si è detto “preoccupato che la Russia abbia manomesso il sito” dell’attacco e che Mosca “sia stata coinvolta” dal regime. Ieri Washington ha annunciato nuove sanzioni contro la Russia proprio per aver appoggiato il regime di Damasco.

Da Lussemburgo, terminato il Consiglio degli Affari esteri europeo, l’Ue fa sapere di essere “unita nel sostegno al divieto totale” e ribadisce che “l’uso di armi chimiche è inaccettabile”. La Lega Araba condanna sempre l’uso delle armi chimiche ma chiede anche “un’indagine indipendente per ottenere delle prove” senza dunque accusare direttamente il regime di Bashar al-Assad che può contare sempre più sul sostegno iraniano.



Il pressing di Israele per convincere gli alleati: "Il vero nemico è l'Iran"

COME SEMPRE LA GRANDE FIAMMA NIERENSTEIN

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Il possibile, non confermato, attacco israeliano alla base iraniana a gestione Hezbollah, Jabal Azzan nella zona di Aleppo, è stato un "bum" quasi in sordina rispetto alla gran confusione trumpiana. Invece è il botto che potrebbe disegnare più di ogni altro il futuro bellico dopo l'attacco americano alle strutture chimiche di Assad. Sabato notte una grossa, forse la maggiore base armata delle forze straniere in Siria, il sito di rifornimento degli amici di Assad, è diventata cenere, e ci sono anche un paio di decine di morti. Un'esplosione casuale? È stata Israele? Non si sa nulla. Anche gli Hezbollah dicono "se c'ero dormivo": troppa confusione in giro. Tutti preferiscono protestare, e fra loro i peggiori violatori di ogni regola di civiltà, per l' "effrazione delle norme internazionali" per l'attacco della coalizione. E così ha seguitato a fare anche ieri il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif e persino Hassan Nasrallah, il capo degli Hezbollah.

Netanyahu ieri durante la riunione di gabinetto, mentre commentava l'intervento, però ha detto: "L'elemento di sostanziale sovversione, più di ogni altro, è l'Iran. Quando Assad permette a Iran e amici di stabilire una base militare, mette a rischio la Siria e la stabilità di tutto il Medio Oriente". Ovvero, la breve guerra appena conclusasi non ha risolto nessun problema, ma ha contribuito a segnalare la pericolosità di una situazione che esplode ogni momento. È impensabile che Israele consenta al suo nemico genocida, al governo degli ayatollah il cui primo passo nell'obbligo teologico del potere islamico in Terra è la distruzione di Israele, di avanzare il proprio confine irto di missili e strutture venefiche fino quasi a Gerusalemme. E non glielo lascerà fare. L'ha detto e ridetto, ed è vero. Un'altra Shoah non ci sarà.

Il retroterra attuale: ci sono decisioni fatali in vista. Il 12 di maggio l'Europa dovrebbe prendere le sue decisioni su come si potrebbe modificare, perché sia accettabile, il pessimo accordo nucleare con l'Iran. Anche sulla sua base, Trump deciderà cosa fare il 15 di maggio, quando dovrà pronunciarsi sulla sua cancellazione o modifica. L'Iran teme quella data, ma si sente forte del sostegno della Russia che ha basato la sua presa sulla Siria e lo sbocco sul Mediterraneo sul supporto a Assad delle Guardie Rivoluzionarie guidate in persona da Qassem Suleimani, il generale stratega dell'imperialismo iraniano. Suleimani nel 2015 (già dal 2011 l'Iran si aggirava per la Siria) rinvigorì il patto con Putin. Servì anche a rafforzarlo agli occhi di Rouhani, che non è convinto che la forza Quds in Siria sia un'idea vincente. Stare bocca a bocca con Israele non è un giuoco che si vince facilmente, anzi, quasi sempre si perde.

Dopo le centinaia di attacchi ai convogli di armi iraniane agli Hezbollah, sempre riusciti, è un svolta l'attacco alla base T4 dieci giorni fa, in cui sono stati fatti 14 morti, fra cui 7 iraniani, ma soprattutto è stata distrutta la base tecnologica dei droni iraniani, molto avanzati. Israele ci ha messo tanto impegno, fino a perdere uno dei suoi F15 nell'attacco, perche il drone iraniano entrato nel suo cielo il 10 febbraio, adesso si sa, trasportava esplosivo. È stato colpito pochi secondi dopo essere entrato nello spazio aereo israeliano, ma l'intenzione era agghiacciante: l'Iran ha compiuto un atto di guerra diretto. Dopo i sette morti, si aspetta la prossima mossa di Soleimani: probabilmente eviterà una guerra sul confine siriano.

Troppo rumore, troppo fumo da quelle parti. Ma potrebbe sparare un missile Kornet, farlo azionare dagli Hezbollah, o attaccare un'ambasciata o una struttura all'estero, come ha già fatto varie volte, ammazzando centinaia di ebrei nel mondo. Netanyahu ha lungamente, con molti incontri e conversazioni con Putin, cercato di spiegare che Israele non ha intenzione di litigare con la Russia, né la Russia vede qualche vantaggio nello scontro con Israele. Certo, adesso pondera se fornire il sistema antimissilistico S300 ai siriani, e questo impedirebbe le operazioni israeliane contro le armi iraniane. Lo sa anche Putin, per cui non è comodo avere l'Iran sempre nel mezzo, con i guerrieri fanatici Hezbollah, che a loro volte considerano la Russia un impiccio momentaneo rispetto alla guerra santa. Putin forse lo comincia a capire.

Aleppo è un pesante segnale che la guerra non è finita, anzi, è appena cominciata. Quanto a Trump, anche se il suo obiettivo dichiarato sono solo le armi chimiche, ormai Pandora ha rotto il vaso. L'Iran è come le armi chimiche: una violazione esplosiva delle norme di convivenza. Ma può l'America consentire che il Medio Oriente esploda?
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:22 pm

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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:22 pm

Iran


L’Iran, gli iraniani e il regime
2018/01/05

http://www.opinione.it/esteri/2018/01/0 ... me-mashhad

Le nuove manifestazioni in Iran sono iniziate il 28 dicembre a Mashhad; potevano iniziare da qualsiasi altra città e in qualsiasi altra data. In verità il malcontento diffuso nasce dopo pochi mesi dall’insediamento del regime teocratico in Iran. Le manifestazioni di protesta, a carissimo prezzo, ci sono state in molte città iraniane e, negli ultimi mesi, si sono estese per motivi economici. Chi conosce l’Iran, i suoi antichi e orgogliosi abitanti e il suo innaturale regime da decenni al potere, non è stato certo colto di sorpresa. Quando nel febbraio ’79 Khomeini conquistò, con la complicità dell’Occidente, la leadership della rivoluzione democratica degli iraniani contro lo sciah, dopo poche settimane di luna di miele ci fu uno scollamento tra la popolazione e il regime. Infatti la nascita del famigerato Corpo dei pasdaran, con lo scopo di difendere la Repubblica islamica per statuto, risale proprio al maggio 1979. Negli anni Ottanta, oltre le catastrofiche vicende della guerra Iran-Iraq, il regime per mantenersi al potere dovette spedire al patibolo decine di migliaia di dissidenti. Terminata la guerra nel 1988, e soprattutto dopo la morte del fondatore della teocrazia iraniana Khomeini, 3 giugno del 1989, con un Paese economicamente e socialmente al tracollo, partì il fantomatico balletto dei “moderati” vs “oltranzisti”. Il “moderato” Rafsanjani aprì le porte alle privatizzazioni del patrimonio del Paese, consegnandolo in sostanza ai pasdaran e ai suoi familiari e amici. In seguito, dal 2005 con “l’oltranzista” Ahmadinejad la porta fu spalancata ai pasdaran, che già facevano un corpo unico con il vero detentore del potere della teocrazia iraniana la guida suprema Ali Khamenei, in modo da monopolizzare la ricchezza. Insomma il Paese, il suo patrimonio e soprattutto la sua gente furono in balia dell’incapacità endemica degli uomini di regime e della loro insaziabile avidità. Ogni cenno di protesta popolare è stato represso nel sangue, come quello della metà degli anni Ottanta a Mashhad, Ghazvin, Arak e altre città, come quello degli studenti universitari del ’99, e soprattutto la fiumana di protesta nel 2009. Il regime dittatoriale religioso non ammette l’opposizione. Gli screzi tra le fazioni del regime, per accaparrarsi fette di potere e coglierne vantaggi, non hanno nulla a che vedere con i bisogni della gente e non hanno mai rappresentato le sue reali istanze democratiche.

Le proteste del 28 dicembre 2017 di Mashhad, città santa per gli sciiti, si sono allargate in altre città della regione di Khorasan, terra natale di Khamenei, e da lì a tutto il Paese, oltre novanta città e almeno 30 caduti e migliaia di manifestanti arrestati. La rivolta è partita sì contro l’insopportabile carovita, ma subito s’è trasformata in una rivolta dalle istanze politiche tra cui il cambio radicale di tutto il regime. Chi cerca di addossare la paternità del movimento ai pasdaran e perfino a Ahmadinejad o è uno sprovveduto o interessato, mente e sa di mentire. Khamenei blatera il consueto ritornello che le manifestazioni sono opera del nemico straniero. Si vuole camuffare l’evidenza: il desiderio di un popolo che da oltre un secolo si batte per la libertà, che non ha mai accettato il regime religioso, perché questo non può dargli quello che non ha, cioè la libertà. Quando nel primissimo Novecento in Persia la monarchia al potere sconfisse il Movimento dei costituzionalisti a Teheran e in altre città, solo nella città di Tabriz il coraggioso Sattar Khan resisteva strenuamente con meno di venti uomini. Allora il console russo gli propose di issare la bandiera russa sulla sua dimora per aver “salva la vita”. L’orgoglioso combattente rispose: “Generale console, io voglio che sette bandiere si sottomettano alla bandiera dell’Iran. Non andrò mai sotto la bandiera straniera”. Da lì a poco Sattar Khan arriva trionfalmente a Teheran. Era il 1908, altri tempi, ma gli uomini e le donne combattenti dell’Iran sono quelli e la loro dignità è quella. Nella rivolta in atto in Iran additare i patrioti al soldo del nemico straniero è fuorviante oltre che ridicolo. Io stesso che scrivo da tanti anni sull’Iran, potrei rivendicare il diritto d’autore per le posizioni prese in questi giorni dai vari membri dello establishment statunitense. Si tratta di giuste e sacrosante rivendicazioni di un popolo dalla grande dignità. L’espansione del “forte” regime iraniano è segno della debolezza altrui, dove la responsabilità dei governi occidentali è enorme. Bush gli ha regalato l’Iraq e Obama la Siria, ma alla fine i mullà devono fare i conti con gli iraniani in Iran. L’asse Afghanistan - Iraq - Siria - Libano per arrivare ad avere il fiato sul collo di Israele è solo una direttrice lungo la quale scaricare le tensioni interne; gli iraniani con la loro cultura millenaria non hanno mai sopportato il regime liberticida. Il regime iraniano “dona” almeno un miliardo di dollari all’anno ad Hezbollah libanese, e negli ultimi sei anni ha speso da dieci a quindici miliardi all’anno per mantenere il macellaio di Damasco. Ecco dove è andato il denaro scongelato dall’accordo nucleare, col quale Rouhani prometteva il miglioramento della situazione economica della popolazione, compreso un miliardo di dollari in contanti spedito da Obama a Teheran con un aereo militare. Oggi il 70 per cento della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Moltissimi giovani, spesso laureati, sono disoccupati, e la disoccupazione in alcune zone del Paese tocca il 60%. Il regime religioso iraniano fomenta e diffonde odio nel Paese e nella Regione, e questo è in netto contratto con lo spirito dei persiani.

Il regime teocratico al potere da 39 anni non può e né vuole concedere alcuno spazio al popolo. Da qui la sua feroce oppressione e, quando non basta, le sue calunnie. Le istituzioni in Iran, talvolta dalle sembianze democratiche, sono del tutto prive di democrazia. Sotto la pressione interna il regime ha dovuto da subito inventare dei nemici. Morte all’America e morte ad Israele sono strumenti logori con cui cerca di resistere ad un popolo che ha altri progetti, non certo un governo religioso guidato dai corrotti. La rivolta contro un siffatto regime è un dovere sacrosanto.

Questa rivolta è del tutto diversa da quella del 2009. È estesa in un centinaio città, da nord a sud, da est a ovest. I manifestanti appartengono al ceto meno abbiente e molti di loro sono giovani confinati ai margini della vita economica del paese. L’età media degli arrestati è meno di venticinque anni. Soprattutto la rivolta è del tutto autonoma dalle fazioni del regime. Questa rivolta è un corpo estraneo ed antagonista al regime di cui chiede la fine.

Un altro cambiamento significativo è il contesto internazionale mutato. Nel 2009 mentre la gente veniva repressa a sangue a Teheran, il presidente Barack Obama sembrava che stesse a guardare con indifferenza. Dopo s’è saputo che appoggiava Ali Khamenei scrivendogli ripetute lettere di conciliazione. Ora l’Amministrazione statunitense, cominciando da Donald Trump, ed altri politici americani hanno appoggiato la lotta degli iraniani. Perfino John Kerry fa autocritica di aver sottovalutato la situazione interna dell’Iran e Hillary Clinton spende parole in favore dei manifestanti. I Paesi europei, l’Unione europea e perfino l’Italia, anche se con toni conservativi, hanno difeso il diritto dei manifestanti e hanno “invitato” il regime iraniano a rispettare il loro diritto a manifestare. Non è superfluo ribadire che l’Iran sarà liberato dagli iraniani e da nessun altro; che la stabilità del Paese, visti questi anni, avverrà solo con il cambio del regime; che la stabilità dell’Iran contribuisce in misura determinante alla stabilità della Regione. Per queste ragioni e non solo dobbiamo sostenere la lotta degli iraniani per la libertà e la democrazia che, nonostante le brutali repressioni, mai cesserà. Il capo dei pasdaran Jahfari può ancora una volta dichiarare che la rivolta è rientrata e la stampa internazionale fargli eco, ma tutti sanno che non è così. Quando i Diritti fondamentali di un popolo vengono calpestati, quando la dignità di donne e uomini di una terra viene ignorata, allora l’insurrezione diviene per il popolo il più sacro dei diritti e il più necessario dei doveri e merita il sostegno di ogni uomo libero dovunque si trovi.


Il fallimento degli ayatollah
3 gennaio 2018
di Edward Luttwak

http://www.italiaisraeletoday.it/il-fal ... -ayatollah


Ronald Reagan sconvolse l’élite di Washington e spaventò i leader europei rifiutandosi di coesistere con l’Unione Sovietica. E visse abbastanza da vederne il precipitoso declino e collasso. Esiste una buona probabilità che anche Donald Trump, che ha sfidato Obama e i leader europei rifiutandosi di coesistere con l’impero iraniano degli ayatollah, abbia la soddisfazione di vedere la dissoluzione di un regime con il quale Obama, insieme a tanti altri, preferì essere più accomodante.

Non sappiamo se le massicce manifestazioni di questi giorni si diffonderanno, né se una seconda rivoluzione sia ormai imminente, ma in ogni caso i numeri dell’Iran non tornano, e un collasso è fisicamente inevitabile. Con circa 80 milioni di abitanti, e le esportazioni composte all’80 per cento dal petrolio, per far quadrare i conti l’Iran dovrebbe esportare circa 25 milioni di barili al giorno. Riesce però a esportarne appena 2,5 milioni.

Sarebbe più che sufficiente per Paesi come Abu Dhabi, con meno di 800 mila abitanti, ma per l’Iran, con una popolazione più di 100 volte numerosa, è una miseria: non riesce a raggiungere nemmeno la soglia del reddito pro-capite di 6 mila dollari del Botswana.

La destinazione più alla moda per i safari è un Paese bello e ben governato, lontano dalla povertà per i parametri africani, e i suoi cittadini non devono pagare il prezzo della manutenzione degli imponenti impianti nucleari, destinati a produrre una vastissima gamma di armi, dalle più compatte ai missili balistici. Perfino ora che queste strutture vengono conservate in uno stato semicongelato, ogni giorno l’Iran importa costosi strumenti per la loro manutenzione, acquistati per esempio dalla Corea del Sud, nostro prezioso alleato.

Il Botswana poi non organizza spedizioni militari su larga scala in aiuto a un dittatore straniero impegnato in una guerra contro l’80 per cento della propria popolazione, né provvede a generosi finanziamenti della più grande organizzazione terroristica al mondo, gli Hezbollah, che non riescono a pagare le centinaia di migliaia di salari che erogano soltanto con il traffico di droga e il racket che impongono alla popolazione.

Gli ayatollah invece lo fanno, e perciò gli iraniani in realtà sono molto più poveri di quanto il loro reddito pro-capite di 6 mila dollari, da Botswana, potrebbe far pensare. Risulta difficile crederlo guardando le fotografie di Teheran, un’altra capitale rutilante che ingrassa accaparrandosi profitti petroliferi, ma di recente, guidando attraverso le zone rurali dell’Iran, considerate tra le più prospere, ho visto con i miei occhi la povertà del Paese. In un mercatino improvvisato accanto all’area di sosta dei camion degli uomini adulti vendevano anatre. Ciascuno ne aveva tre o quattro, e sembrava che non avessero altro da offrire

Questo è quello che succede in un’economia il cui Pil si assesta sotto i 6 mila dollari di reddito pro-capite: produttività e redditi bassissimi. Perfino i circa 500 mila iraniani impiegati nell’industria automobilistica nazionale non sono abbastanza produttivi da costruire auto concorrenziali da vendere all’estero: il secondo prodotto più esportato del Paese, dopo il petrolio e i suoi derivati, sono i pistacchi. Che ci portano direttamente al secondo problema dell’Iran, dopo quello dell’insufficiente quantità di petrolio: le ruberie degli ayatollah, incluso l’accaparratore delle coltivazioni di pistacchi, Akbar Hashemi «Rafsanjani», ex presidente e per decenni figura di spicco del regime. Non ha peccato di poca modestia aggiungendo al suo nome quello della sua provincia natale Rafsanjan, perché ormai ne possiede la maggior parte, dopo essersi appropriato di enormi distese di coltivazioni di pistacchi.

Suo figlio Mehdi Hashemi, un personaggio di spicco tra gli aghazadeh (i «nobili nati»), i figli e le figlie dei potenti, preferisce una ricchezza di origine industriale, e il suo nome compare nei processi per corruzione a carico di altre persone (uno si è tenuto in Francia). Ha anche avuto un processo a suo carico, per una miseria di un centinaio di milioni, mentre il clan dei Rafsanjani si è preso almeno un paio di miliardi di dollari.

Non si ha notizia di ruberie commesse dal leader supremo Khamenei – del resto, dispone di palazzi ufficiali – ma il suo secondo figlio Mojtaba pare aver attinto dal mucchio ben due miliardi, il terzo figlio Massoud cerca di sbarcare il lunario con 400-500 milioni, il minore, Maitham, non è certo povero con 200 milioni, e le figlie Bushra e Huda hanno ricevuto come dote di fatto qualcosa come 100 milioni a testa. Una dimostrazione del fatto che il regime è guidato da uomini davvero dediti alla famiglia, che accudiscono con amore i loro numerosi figli. Questo però decurta ulteriormente il teorico reddito di 6 mila dollari a testa, perché alcune «teste» iraniane prendono mille volte più degli altri.

Questo è uno dei motivi dietro agli scontri che vediamo oggi: l’amarezza e la rabbia per la corruzione del regime, che impoverisce la popolazione, e che va lontano, ben oltre i figli dei potenti più altolocati: migliaia di religiosi non nascondono la loro ricchezza, a cominciare dalle loro vesti di Tasmania griffate, tremila euro ad abito. Buona parte dell’economia iraniana è in mano alle bonyad, fondazioni islamiche che erogano modeste pensioni alle vedove di guerra e altri indigenti, e grosse somme ai propri amministratori, soprattutto membri del clero e i loro parenti.

La più grande di queste fondazioni, la Mostazafan Bonyad, conta più di 200 mila dipendenti distribuiti tra 350 società di ogni settore, dall’agricoltura al turismo, ed è un datore di lavoro molto generoso per orde di amministratori religiosi. È per questo che la folla oggi urla insulti al clero: non tutti i suoi membri sono corrotti, ma i religiosi con un tenore di vita molto alto sono abbastanza diffusi da incidere pesantemente sui famosi 6 mila dollari che in teoria gli iraniani hanno come reddito pro-capite.

Il motivo principale che provoca la rabbia popolare sono però indubbiamente i pasdaran, le Guardie della rivoluzione islamica, che costano all’Iran molto più di qualche centinaio di aghazadeh, o qualche decina di migliaia di religiosi benestanti. Sono costati innanzitutto migliaia di miliardi di dollari in sanzioni contro il nucleare, provocate dai Pasdaran e abolite dall’amministrazione di Obama.

Continuano a costare miliardi, persi dall’Iran ogni anno a causa delle sanzioni sui missili balistici che Trump non revocherà mai. In più, ci sono i costi variabili delle avventure imperiali dei pasdaran, e quelli fissi delle loro industrie militari, che spendono parecchio sia per le armi convenzionali che per i fiammanti caccia invisibili «stealth» e i sottomarini modernissimi, che però restano in realtà invenzioni della propaganda.

Il militarismo e le avventure imperiali dei pasdaran sono lussi che l’Iran non si può permettere, e i manifestanti non nascondono di volerne fare a meno gridando «no Gaza, no Siria». Comunque vada a finire – se le manifestazioni verranno represse brutalmente, perlomeno stavolta la Casa Bianca non se ne sarà resa complice – i numeri dell’impero degli ayatollah non tornano e non gli permettono di andare avanti come prima, non più di quanto tornassero per l’Urss che non poteva continuare a mantenersi con il petrolio.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:23 pm

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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:25 pm

Russia, Iran, Turchia in Siria



La spartizione della Siria fra Russia, Turchia e Iran (e Assad)
5 aprile 2018

https://www.panorama.it/news/esteri/sir ... rchia-iran

Russia, Turchia e Iran, le tre potenze impegnate a vario titolo sul territorio siriano, si spartiscono la Siria in zone d'influenza. Quel che resta della Siria.

Vladimir Putin, Recep Tayyip Erdogan e Hassan Rohani si sono incontrati ad Ankara per decidere il futuro del Paese del Vicino Oriente, sventrato da oltre sette anni di guerra civile. Oltre 350 mila i morti, di cui 106 mila civili, milioni gli sfollati.

Intanto dall'altra parte del mondo Donald Trump medita di ritirare le truppe statunitensi dalla Siria, lasciando il joystick del destino siriano ancor più in mano ai leader del processo di Astana, ovvero quel canale parallelo a Ginevra, dove si svolgono i negoziati sulla Siria sotto l'egida dell'Onu. Il primo incontro a tre si era svolto a novembre a Sochi, in Russia.

Ecco cosa hanno deciso Putin, Erdogan e Rohani.

L'integrità territoriale della Siria

Turchia, Russia e Iran hanno concordato di "accelerare gli sforzi" per assicurare una tregua sul terreno in Siria e proteggere i civili nelle zone di de-escalation, raggiungendo "un cessate il fuoco duraturo tra le parti in conflitto".

L'incontro di Ankara ha delineato alcuni punti fermi. Il primo: l'integrità territoriale della Siria. No a ogni "agenda separatista che mini la sovranità e l'integrità territoriale della Siria e la sicurezza nazionale dei Paesi vicini".

Smorzato quindi ogni sogno indipendista del Rojava, il cosiddetto Kurdistan siriano, regione del nord-est della Siria che aveva raggiunto un'autonomia de facto tollerata da Damasco ma invisa ai vicini turchi.


Il destino dei curdi

Viene così legittimata l'azione di Ankara contro i "terroristi" dell'enclave curda di Afrin, nel nord della Siria, vicino al confine turco. Offensiva benedetta da Putin, non così gradita al presidente iraniano Rohani, che ha sollecitato il ritiro delle truppe turche dal territorio siriano, proponendo di affidare la zona al controllo dell'esercito di Bashar al-Assad.

Erdogan, invece, vorrebbe proseguire la sua azione contro i curdi dell'Ypg (Unità di Protezione Popolare) verso Tal Rifat e poi Manbij, dove sono insediate le truppe statunitensi proprio per evitare l'avanzata turca. In cambi del lasciapassare, il presidente turco mollerebbe la presa su Idlib, governatorato su cui ha stabilito una postazione di controllo. Putin dovrà mediare tra i compagni di trattativa.

Il futuro dei curdi siriani è tutt'altro che roseo, anche alla luce delle intenzioni di Trump di ritirare i soldati americani dalla Siria: "con l'Isis quasi completamente distrutta", assicura la Casa Bianca, la missione non dovrebbe essere prorogata oltre. I curdi siriani delle Forze Democratiche Siriane (Sdf), che includono anche i curdi siriani dell'Ypg, sono stati importanti alleati degli Usa nella battaglia all'Isis. Forse saranno abbandonati al loro destino.


Il ruolo di Bashar al-Assad

Mentre Mosca e Teheran hanno sostenuto e sostengono politicamente e militarmente il regime del presidente siriano Bashar al-Assad, la Turchia ne ha ripetutamente chiesto la rimozione e ha appoggiato i combattenti dell'opposizione siriana. Pur di avere il via libera contro i curdi, però, Erdogan ha accettato l'ipotesi di una Siria ancora guidata da Assad.

Secondo il presidente turco le Forze Democratiche Siriane, e quindi i combattenti dell'Ypg, sono solo una copertura per i miliziani del Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan che rivendica la creazione di uno Stato curdo e che, secondo Ankara, sarebbe dietro a tanti attentati in terra turca.

"Come Iran abbiamo detto molte volte che la crisi siriana non ha una soluzione militare ma politica", ha spiegato Rohani. "Il futuro della Siria appartiene ai siriani e devono essere i siriani a decidere su una riforma della Costituzione".


Cosa deve fare l'Occidente

Oltre alla difesa delle sue basi strategiche affacciate sul Mediterraneo, Mosca punta a investire nella ricostruzione della Siria. Turchia e Russia hanno promesso la costruzione di un ospedale da campo per garantire le prime cure ai feriti in fuga dalla regione del Ghouta orientale. "Erdogan ha proposto un aiuto umanitario urgente per la Siria. Trovo la proposta molto appropriata", ha commentato Putin.

Il terzetto inoltre sollecita la comunità internazionale a "rafforzare l'assistenza alla Siria inviando ulteriori aiuti umanitari, facilitando l'attività di sminamento, ristrutturando le infrastrutture di base, preservando l'eredità storica". Un progetto a lungo termine di cui Israele si dice "molto preoccupato" perché "aggira l'Occidente", il grande assente dell'incontro.

L'Europa, dal suo canto, è stata già spronata da Ankara a fare la sua parte nell'incontro del 26 marzo a Varna, in Bulgaria. Priorità dell'Ue è garantire che Ankara continui ad attuare l'accordo sui migranti concluso nel marzo 2016, che ha ridotto significativamente il numero di attraversamenti verso l'Europa, in cambio di assistenza finanziaria. Erdogan però lamenta "ritardi" nel pagamento dei tre miliardi di euro concordati, a cui vanno aggiunti altri tre miliardi.

La Turchia ospita oltre tre milioni e mezzo di rifugiati siriani e vorrebbe evitare un ulteriore afflusso in vista delle elezioni del 2019. Il suo obiettivo è collocare parte dei rifugiati in zone sicure della Siria. L'Occidente è avvisato: faccia la sua parte, se non vuole un'ulteriore ondata migratoria sul suo groppone.

Il prossimo vertice dei leader del processo di Astana si terrà a Teheran, in data da definire.



La guerra americana in Siria? Sarà il disastro definitivo dell’Occidente in Medio Oriente
di Alberto Negri
11 Aprile Apr 2018
Pressato da sauditi e Pentagono molto più che dalle armi chimiche, Trump minaccia l'intervento. Ora ha due opzioni: o raid limitati o una (rischiosa) operazione su larga scala. Ma più che una nuova guerra servirebbe capire i problemi del Medio Oriente

http://www.linkiesta.it/it/article/2018 ... ente/37726

C’è una sorta di “cupio dissolvi” nella guerra siriana.

Gli Stati Uniti minacciano un intervento pochi giorni dopo che lo stesso presidente americano Donald Trump aveva annunciato che si sarebbe ritirato al più presto dalla Siria “lasciando che altri se la sbrigassero”. Non solo. Trump aveva risposto sardonicamente al principe ereditario saudita Mohammed bin Salman - il maggiore cliente di armi Usa - che gli aveva chiesto di colpire Assad: «Se i sauditi ci tengono tanto a far cadere il regime che se la paghino loro questa guerra».

Poi, qualche giorno fa, è entrato in campo Israele che ha bombardato una base militare in Siria facendo vittime tra consiglieri militari iraniani. Israele, gratificato dalla dichiarazione Usa di Gerusalemme capitale, per gli Usa di Trump è il vero poliziotto della regione, quello che indica chi e cosa bisogna colpire: il parere dello stato ebraico e quello dei generali del Pentagono, spaventati da un confuso ritiro dalla Siria, ha contato quanto e di più dei morti a Douma, uccisi da presunte armi chimiche sui cui mancano prove concrete e indipendenti.

Trump ha due opzioni se imbocca la strada militare. Una è compiere raid limitati, come già fece un anno fa in un contesto simile lanciando 59 missili su una base siriana. L’altra è quella di colpire le difese siriane a fondo e anche l’aviazione di Assad con un intervento su larga scala che però rischia di incappare in fatali “incidenti” militari o di trasformarsi uno scontro diretto con Mosca, che ha già annunciato di dovere appoggiare il regime di Damasco in base agli accordi militari che hanno concesso ai russi basi aeree e navali per alcuni decenni.

L’aspetto più sconcertante di questo atteggiamento americano è che in Siria gli Usa non sono intervenuti neppure per proteggere i loro alleati curdi siriani colpiti dall’avanzata della Turchia che li ha cacciati da Afrin facendo 200 morti: eppure i curdi sono stati impiegati dagli Usa per combattere il Califfato e conquistare Raqqa, un tempo capitale di Al Baghadi e dell’Isis. Gli Usa hanno sul campo oltre duemila soldati schierati sulla prima linea curda di Manbij: non solo non hanno mosso un dito ma Trump ha anche congelato 200milioni di dollari di aiuti ai curdi siriani.

Gli Stati Uniti mandano messaggi assai ambigui, se non peggio, devastanti e destabilizzanti. Fermo restando che appare improbabile che Assad abbia usato armi chimiche in un’area dove ormai i ribelli delle forze jihadiste di Jaish Al Islam avevano raggiunto un accordo con Damasco per ritirarsi, emerge con sempre maggiore chiarezza la dipendenza di Washington dai suoi rapporti con Israele e con l’Arabia Saudita, che tra l’altro ha sostenuto a piene mani, cioè finanziandoli, i jihadisti anti-regime. In realtà sin dal 2011 il vero scopo della guerra per procura in Siria è l’Iran, il maggiore e storico alleato di Damasco. Questo è il primo obiettivo di israeliani e sauditi. Israele vuole spezzare la continuità della Mezzaluna sciita, l’asse Teheran-Baghdad-Damasco-Hezbollah, proprio perché la guerriglia sciita libanese rappresenta l’insidia maggiore per il governo di Tel Aviv. I sauditi si confrontano da sempre nel Golfo con l’Iran e adesso non riescono a vincere la guerra in Yemen, nel cortile di casa, contro i ribelli Houthi sciiti, nonostante bombardamenti a tappeto sui civili che in Occidente nessuno prende in considerazione. Ma chi ha il coraggio di protestare contro i sauditi, maggiori acquirenti di armi occidentali e investitori di primo piano?

Non ci vuole uno stratega per immaginare che i gruppi jihadisti, appoggiati da Riad, stiano tentando in ogni modo di trascinare gli Stati Uniti sul campo di battaglia siriano.

In questo quadro rientra il gioco della geopolitica regionale che ha visto l’Occidente “perdere” la Turchia. Se è vero che adesso Erdogan usa le stesse parole di Trump contro Assad, non si può certo ignorare che la Turchia, membro storico della Nato, è venuto a patti con Mosca e Teheran, cioè i due nemici dell’Alleanza Atlantica. Questo ha sancito il recente vertice di Ankara. In poche parole a Washington e alla Nato sanno che hanno perso, per il momento, la partita siriana: per avere la rivincita forse più che una nuova guerra servirebbe una maggiore intelligenza e comprensione dei problemi del Medio Oriente. Ma non si può pretendere tanto da una superpotenza che già con la guerra in Iraq nel 2003 e poi con quella in Libia del 2011, con la complicità decisiva della Francia, ha gettato il Mediterraneo “allargato” nel caos.



Douma torna in mano ad Assad
Matteo Carnieletto
12/04/2018

http://www.occhidellaguerra.it/douma-re ... cito-islam

Douma, l’ultima roccaforte della Ghouta in mano all’Esercito dell’islam, è tornata sotto il pieno controllo delle forze governative. “Un evento importante per la storia della Repubblica araba di Siria si è verificato oggi: la bandiera del governo siriano è stata issata su un edificio nella città di Douma e segna il controllo di questa località e quindi della Ghouta orientale nella sua interezza”, ha detto il generale russo Yevgeny Yevtushenko.

I jihadisti di Jaysh al islam hanno consegnato le loro armi pesanti e il leader del gruppo, Issam Buwaydani, ha lasciato l’enclave per andare nel territorio controllato dall’opposizione nel nord della Siria. Un membro di alto rango dell’organizzazione ha detto: “Certamente, l’attacco chimico ci ha spinto ad accettare”. Il riferimento è al presunto attacco di sabato scorso che ha provocato la morte di 40 persone.

Ora la città è presidiata dalla polizia russa, come hanno fatto sapere da Mosca: “Da oggi unità della polizia militare delle forze armate russe lavorano nella città di Douma: sono una garanzia dell’osservanza della legge e dell’ordine in città”.

Il prossimo obiettivo di Damasco potrebbe ora essere Yarmouk, dove si trovano sia gli uomini dello Stato islamico che i ribelli. Proprio per questo, i governativi avrebbero spostato a sud della capitale gli uomini della Tiger Force, che potrebbero essere affiancati dalla Guardia repubblicana e da alcuni gruppi paramilitari palestinesi, secondo quanto riferisce Al Masdar.

Con la caduta della Ghouta, Assad ha, di fatto, dato il colpo di grazia alla rivolta. Ora rimane Daraa, al sud, e Idlib, dove ormai si trova la gran parte delle fazioni ribelli.

Il conflitto siriano sembra quindi ormai aver preso una piega chiara: Damasco ha vinto militarmente. E gli oppositori non possono far altro che arrendersi. A meno che un intervento esterno – ovvero un attacco delle potenze internazionali (Usa, Francia e Gran Bretagna) – non cambi le sorti del conflitto. Ma il rischio di un’operazione simile è quello di dare nuovamente ossigeno alle fazioni jihadiste che da anni guidano quella che, troppo sbrigativamente, ci siamo abituati a chiamare “rivoluzione”.



Iran, Mosca difende l'accordo sul nucleare. Putin: "No a modifiche unilaterali"
Incontro a Teheran fra il presidente russo e Khamenei. Il sostegno dopo l'annuncio di revoca da parte di Trump. Una nota congiunta esorta tutte le parti, fra cui gli Usa, a rispettare gli obblighi
ROSALBA CASTELLETTI
01 novembre 2017

http://www.repubblica.it/esteri/2017/11 ... -179973010

MOSCA - In qualsiasi altro momento la visita del presidente russo Vladimir Putin in Iran sarebbe scivolata via come normale routine diplomatica. Come successe nel 2007 e nel 2015. Non oggi, a poche settimane dall’annunciata revoca da parte del leader della Casa Bianca Donald Trump dell’accordo nucleare con la Repubblica islamica e dalla caduta dell’ultima roccaforte dell’Isis in Siria. A confermarlo anche il tono delle dichiarazioni iniziali.

“L'inadempienza degli impegni internazionali da parte di alcuni Paesi non è accettabile”, ha detto Putin riferendosi alla recente decisione di Trump e approfittando, come già in altri teatri di crisi internazionale, del disimpegno statunitense per accreditarsi come partner affidabile. “Non c’è scusa accettabile – ha continuato – per smantellare unilateralmente l’accordo nucleare”. Il presidente iraniano Hassan Rouhani, dal canto suo, ha rilevato il “grande impatto” della cooperazione russo-iraniana nel “combattere il terrorismo nella regione” e sottolineato che la “cooperazione comune è molto importante anche nelle fasi finali”.

Di fatto, spetterà a Russia e Iran delineare il futuro della Siria una volta liberata del tutto dall’Isis. Insieme hanno salvato il presidente Bashar al-Assad e, con la Turchia, hanno promosso i colloqui di pace nella capitale kazaka Astana. Un successo che ha consentito a Mosca di riguadagnare un ruolo di primo piano sulla scena internazionale con, relativamente, poche perdite: qualche decina di caduti. E che l’ha fatta diventare un alleato prezioso per l’Iran e, soprattutto, un alleato di cui potersi fidare. Tanto che anche la Guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, durante il faccia a faccia con Putin ha ribadito: “La nostra cooperazione può isolare l’America” e “ripristinare la stabilità in Medio Oriente”.

Al centro dell’agenda di Putin, c’era anche un trilaterale Russia-Iran-Azerbaijan, tutti e tre Paesi che si affacciano sul Mar Caspio. Nel corso dei colloqui si è discusso di progetti comuni nell’ambito dei trasporti, a partire dal completamento del cosiddetto “Corridoio Nord-Sud” che collegherà Russia e India passando per Iran e Azerbaijan. Una rotta di fatto alternativa al canale di Suez. Intanto il colosso petrolifero russo Rosneft ha siglato una roadmap con la compagnia iraniana Nioc per progetti congiunti nell’oil&gas per 30 miliardi

di dollari. La Russia parteciperà inoltre al programma nucleare iraniano, collaborando alla costruzione di due nuovi reattori nella centrale nucleare di Bushehr avviata nel 2011 proprio grazie al contributo russo. Si tratta di un progetto decennale stimato 8 miliardi e mezzo di dollari.



La Russia avverte gli Usa: "accordo con l'Iran è una priorità"
da Salvatore Falco
15/01/2018

http://it.euronews.com/2018/01/15/la-ru ... -priorita-

La Russia non si aspetta "nulla di produttivo" dall'incontro di Vancouver sulla Corea del Nord. Il ministro degli Esteri, Serghei Lavrov, boccia il vertice internazionale voluto da Stati Uniti e Canada, ma senza la presenza di Mosca e Pechino.
Definendo "distruttiva" la natura dell'incontro, il capo della diplomazia russa invita ad abbassare i toni.
"Come primo passo, proponiamo a tutti di calmarsi e di congelare ogni attività ostile - ha detto Lavrov - prima fra tutte le esercitazioni militari, siano esse lanci di missili, test nucleari o grandi manovre".
Lavrov esorta i Paesi europei ad aderire all'accordo sul nucleare iraniano "senza eccezioni" nonostante la posizione di Washington.
"Gli Stati Uniti stanno cercando di cambiare la formulazione dell'accordo, includendo elementi che saranno assolutamente inaccettabili per l'Iran - conclude il ministro degli Esteri russo - Noi non li sosterremo e se gli Stati Uniti sbatteranno la porta, allora non voglio nemmeno pensare alle conseguenze perché, sicuramente, in quella situazione l'Iran si considererà libero dai suoi obblighi".




In Siria si è perso il senso della misura. E se Assad e Putin fossero il male minore?
Franco Londei
http://www.rightsreporter.org/in-siria- ... ale-minore



Il regime iraniano e il suo ruolo negli attacchi chimici in Siria
2018/04/15

http://caratteriliberi.eu/2018/04/15/in ... mici-siria

La distruzione dei siti di stoccaggio per armi chimiche del dittatore siriano è un’azione urgente per porre fine alla tragedia in Siria. La completa espulsione dei pasdaran e i paramilitari a loro dipendenti da tutta la Regione deve essere la parte integrante dell’operazione.

Colpire i centri, le strutture e arsenali delle mortali armi chimiche dello spietato dittatore siriano e la distruzione della sua macchina di guerra, è un’azione urgente per porre fine alla tragedia senza precedenti in Siria che in sette anni ha lasciato oltre 500.000 vittime tra donne, uomini e bambini innocenti e inermi e la metà della popolazione siriana a diventare profughi. Il dramma siriano s’è esteso in ben oltre i confini nazionali.

Quest’azione è una richiesta di tutta la popolazione e dei democratici in Siria e in altre paesi della Regione, e deve essere completata coll’espulsione del regime disumano iraniano e i suoi pasdaran e mercenari dalla Siria, lo Yemen, l’Iraq ed altri paesi del Medio Oriente. Il regime iraniano che sostiene e regge il dittatore Assad è la fonte principale del terrorismo e l’estremismo guerrafondaio in Medio Oriente e in ogni parte del mondo.

La nefasta politica di appeasement con la dittatura religiosa al potere in Iran ha fatto si che questi perpetui con mani sciolte i suoi atti efferati e crimini di guerra, in Iran e all’estero, senza pagare alcun prezzo. È giunta l’ora di porre fine alla politica di appeasement. Non è più possibile ignorare questi crimini, che violano palesemente tutte le leggi e standard internazionali.

Lo scorso fine settimana, un altro attacco chimico è stato lanciato sul popolo siriano, uccidendo decine di civili e ferendone migliaia. Questo attacco, probabilmente condotto dalle forze governative siriane e dai loro alleati iraniani, ha portato il bilancio delle vittime civili nella Ghouta orientale a circa 1.600 da febbraio.

Questo è un richiamo straziante al fatto che gli Stati Uniti e i loro alleati devono lavorare insieme per costringere i responsabili della violenza a renderne conto e ci sono molte opzioni disponibili che punirebbero i colpevoli e contribuirebbero a portare una soluzione alla guerra civile prima che diventi un conflitto globale.

Prima di tutto, gli Stati Uniti dovrebbero tenere sul tavolo tutte le opzioni, inclusi gli attacchi militari, in quanto ciò consentirà una più forte piattaforma negoziale.

Donald Trump dovrebbe anche prendere seriamente in considerazione degli attacchi contro le installazioni militari di Assad, molto maggiori dell’attacco con i missili Tomahawk che inviò in Siria nel 2017 sulla scia di un altro bombardamento chimico. Ciò influenzerebbe seriamente la capacità di Assad di lanciare questi attacchi chimici aerei e invierebbe un messaggio chiaro al regime.

Tuttavia, Trump dovrebbe anche prendere di mira il regime iraniano per il suo ruolo nell’attacco. Il regime iraniano ha investito miliardi di dollari nella guerra civile siriana nel tentativo disperato di mantenere un dittatore amico al potere, fornendo alle forze del governo siriano denaro, addestramento, armi e persino milizie terroristiche sostenute dall’Iran per reprimere la rivolta del popolo siriano .

Il regime iraniano sosteneva di combattere i terroristi o di difendere i santuari, ma la minaccia dell’ISIS è praticamente scomparsa in Siria e le loro truppe non sono affatto vicine ai santuari. Il regime è in guerra per sostenere una dittatura per due motivi:

1. Crede che Assad sarà così grato che gli lascerà trasformare la Siria in uno stato vassallo (come l’Iraq) nella ‘Mezzaluna sciita’ dell’Iran;

2. Crede che schiacciando la ribellione del popolo siriano annullerà la rivolta del popolo iraniano.

L’Iran dovrebbe essere sottoposto a sanzioni paralizzanti, che puniscano il regime per avere aiutato Assad a commettere crimini contro l’umanità e taglino il flusso di denaro al dittatore siriano.

Michael McCaul, presidente della Commissione sulla Sicurezza Nazionale della Camera dei Rappresentanti del Congresso degli Stati Uniti, della quale è membro eletto in Texas, ha scritto su Fox News: “Nella Camera dei Rappresentanti ho già presentato provvedimenti per mettere alle strette il regime iraniano introducendo una legislazione bipartisan che sanziona funzionari governativi per sequestro di ostaggi, corruzione e violazioni dei diritti umani. Ho anche introdotto una legislazione che sanziona il Corpo delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche (IRGC) per il suo sostegno al terrorismo e per il suo continuo sviluppo di missili balistici. Se messe in atto con legge, queste azioni potrebbero aiutare a costringere l’Iran a ritrarre i suoi tentacoli di terrore”.
Questo è il tipo di azioni che gli Stati Uniti dovrebbero intraprendere per ridurre la minaccia iraniana al Medio Oriente e al mondo.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » gio apr 12, 2018 8:26 pm

Gas o non gas


LE PROVE DI MACRON INCHIODANO ASSAD: "UTLIZZATE ARMI CHIMICHE IN SIRIA"
di Paola Peduzzi, Il Foglio

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Il momento “abbiamo le prove” è durato un attimo. Il presidente francese Emmanuel Macron ha detto, durante l'intervista-manifesto rilasciata a Tf1: “Abbiamo le prove che le armi chimiche sono state utilizzate in Siria” e quasi in contemporanea l’Organization for the Prohibition of Chemical Weapons (Opcw, che prese il premio Nobel per la pace nel 2013) ha pubblicato il riassunto del documento frutto dell'inchiesta sul gas usato a Salisbury, nel Regno Unito, richiesta dal governo di Londra (il documento intero è classificato): conferma l'utilizzo di un agente nervino di livello militare a “un alto grado di purezza”, cioè senza contaminanti.

I gas chimici sono quindi stati utilizzati, però quel che interessa è chi li ha utilizzati. Poco dopo la pubblicazione del documento inglese, l'emittente Russia Today, vicina al Cremlino, ha precisato: non si cita il “novichock” esplicitamente e non c'è alcuna accusa ufficiale alla Russia. Ma non era questo che era stato richiesto all'Opcw, che si occupa di proibire e monitorare le armi chimiche, e quindi doveva soltanto stabilire se, come sosteneva l'intelligence britannica, era stato utilizzato un agente nervino sul territorio inglese, anche se una serie di laboratori e tecnici e soprattutto uno scetticismo alimentato dalla propaganda russa e dal partito Labour avevano fatto credere il contrario. A tirare le conclusioni è stata la politica: il ministro degli Esteri inglese, Boris Johnson, ha definito “decisivo” l'esito dell'inchiesta. Impegnato in un incontro con il collega tedesco Heiko Mass e il consiglio dei ministri convocato sulla Siria, Johnson ha dichiarato: “Non ci sono dubbi sull'utilizzo del gas e non restano molte alternative sui responsabili: soltanto la Russia ha gli strumenti, le motivazioni e il passato”.

Macron è stato più diretto: la responsabilità dell'attacco chimico è del rais siriano, Bashar el Assad. Per questo l'intervento in Siria ci sarà, ha detto il presidente francese, in rispetto del diritto internazionale e in difesa dei diritti umani. Guardando avanti, Macron ha detto che il momento dell'attacco sarà scelto per essere “efficace” e che bisogna pensare “alla Siria del futuro”.

Si aspetta la reazione della Russia, che nega entrambe le responsabilità, ma intanto ha chiesto all'Opcw di entrare in Siria per verificare quel che è accaduto a Douma. La settimana scorsa l'organizzazione aveva rifiutato la richiesta dei russi di partecipare all'inchiesta sull'incidente di Salisbury.


Beatrice Gariboldi
Mi fido di Macron come di un cobra nel mio letto

Fausto Grassi
Io molto meno

Niram Ferretti
E io di Putin come di Al Capone e Dillinger.

Francesco Fumarola
Bravo Niram!


Roberto Bartole
Diciamo che come per deporre Gheddafi in Libia è stato peggio il rimedio del danno, al di là di tutto il vero problema sono le vittime la cui morte spesso viene presa a scusa per farne altre, quello mi preoccupa

Niram Ferretti
Roberto Bartole, le guerre provocano sempre vittime. Quella siriana ne aveva provocate nel 2016 circa 400,000. Oggi sono ovviamente di più. Ogni caso è storia a se, l'Iraq e la Libia vengono invocati sempre come precedenti negativi. Ci sarebbe molto da scrivere in proposito. Per quanto riguarda Saddam Hussein la sua eliminazione ha tolto di mezzo un criminale che aveva e avrebbe di nuovo creato molti problemi, l'intervento in Libia invece lo considero un'avventura che si poteva evitare.

Roberto Bartole
Niram Ferretti sono d'accordo, ma i potenti non ascoltano le ragioni ma il vil denaro (quasi sempre)

Niram Ferretti
Macron viene informato degli sviluppi dall'intelligence americana. Le prove della responsabilità di Assad non se le procura lui. In un eventuale attacco in Siria a cui parteciperebbe la Francia, il capo di stato deve essere convinto che ci siano valide ragioni per farlo.

Pino Sana
C'erano ragioni valide anche quando detronizzarono Gheddafi destabilizzando tutti paesi affacciati al Mediterraneo ? A quell'epoca alla Francia interessava il petrolio ma oggi in Siria cosa ricaverebbero? Non dirmi che in loro prevale il senso umanitario.....
Beatrice Gariboldi
Come le armi chimiche in Irak.. deposto Saddam.... ricordiamoci che Bin Laden fu messo dagli americani e L’ ISIS è opera statunitense e che ora scusate vado a prendere mio figlio a scuola sennò chi lo sente se arrivo in ritardo! Buona serata a tutti

Niram Ferretti
Beatrice Gariboldi se vogliamo occuparci di cose in modo serio, bene, ma se devo leggere che gli USA hanno creato l'ISIS non posso proseguire perchè ci troviamo nell'ambito della fumettistica in cui le mie competenze sono, lo confesso, scarse, occupandomi di analisi politica e di storia, non di fantastoria.

Laura Buccino
e avrebbe dimenticato Israele nella creazione dell'ISIS, per coronare il romanzo di fantapolitica d'appendice

Antonello Morganti
Eh ma adesso deve andare,spiegherà meglio un altra volta

Stefano Pagani Agostini
Sono sionista da quando ho l'età della ragione, e filo-israeliano senza se e senza ma. Ma su questa faccenda della Siria le azioni USA mi sembrano semplicemente criminali. Amici Siriani, con parenti nella buona società di Aleppo, mi dicono quanto gli abitanti siano stati grati ai Russi per averli liberati, e quanto Assad sia apprezzato dai cittadini. Sono testimonianze dirette di cui tengo conto. E le porcherie fatte in Iraq e in Libia dagli USA sono un altro fattore da non trascurare.

Niram Ferretti
Stefano Pagani Agostini, questa storia "degli amici siriani che mi dicono", quanto sia buono Assad la sento da mesi. Anche durante la Germania nazista c'erano esponenti della buona società di Berlino che dicevano che Hitler li aveva salvati dai bolscevichi e da chi voleva mettere la Germania in ginocchio, quindi siamo seri per favore. È un argomento che vale quel che vale, poco. Sì, siamo tutti grati ai russi, soprattutto per quello che hanno fatto durante la Seconda Guerra Mondiale sul fronte orientale, ma la Siria è una questione diversa. Di criminale c'è quello che il macellaio alawita ha fatto al proprio popolo, o lei crede che abbia negli anni, torturato e ucciso solo terroristi? Mi sa dire dove era l'ISIS prima del 2013, visto che in Siria non c'e ne era traccia? Lei vuole raccontarmi che le manifestazioni contro Assad del 2011 erano organizzate tutte da terroristi? o che in Siria la vita della popolazione era bella e buona? È mai stato in Siria prima della guerra? Preferisco di gran lunga le "porcherie" fatte dagli USA in Iraq, che poi ci hanno consentito di liberarci di un criminale genocida come Saddam Hussen che se avesse potuto avrebbe raso Israele al suolo, di quelle fatte da Putin in Cecenia e in Ucraina, per non parlare della lunga lista degli assassinii di Stato commessi su suolo russo e fuori di esso. Quindi, nonstante gli errori o alcune malefatte americane sono sempre, automaticamente dalla loro parte, anche quando sbagliano.

Daniel Emme Rossi
non comprendo il nesso con israele ..... qualcosa mi sfugge ?

Dragor Alphandar
Avevano le "prove" anche per le armi di distruzione di massa in Irak. E la "Siria del futuro" sara' come l'Irak.

Niram Ferretti
Dragor Alphandar ti stimo sufficientemente per non pensare che questo refrain tu lo faccia tuo. È come dire che siccome in Iraq non sono mai state trovate le armi chimiche, ognivolta che non c'è una certezza inequivocabile, le prove non ci sono. Tu sai benissimo che qualsiasi tipo di prova può essere reputato falso da chi parte dal presupposto che essa lo sia. Non esistono certezze matematiche che Assad abbia usato armi chimiche, nemmeno che Hitler sia morto nel bunker di Berlino, o che ci sia stato l'allunaggio.

Kla Piper
Niram Ferretti nessuno sembra pensare che l'arma chimica, largamente usata da Saddam sui kurdi e che ha annientato intere regioni agricole e portato alla sterilità 200.000 persone, possa essere giusto stata spostata in Siria... Cercate chi vende (la Tedeschia) e troverete chi compra.

Dragor Alphandar
Niram, non ho detto che c'e' la certezza inequivocabile che le armi chimiche non ci siano. Dico soltanto che non c'è la certezza inequivocabile che ci siano. E che in ogni caso, prima di abbattere un regime relativamente laico con intorno i muzz che premono a 10.000 atmosfere, ci si pensa 2 volte. L'Irak e la Libia erano meglio prima o dopo la cura?

Niram Ferretti
La certezza inequivocabile chi dovrebbe darla? Ripeto. Per chi crede che qualsiasi prova che Assad abbia usato i gas chimichi sia falsa, nessuna prova potrà mai convincerlo del contrario. Gli USA non vogliono abbattere Assad, vogliono date un chiaro segnale alla Russia, Dragor Alphandar, mi sorprende che tu non lo abbia chiaro. Assad è un pretesto. La Russia ha potuto coprirlo fino ad oggi contando sulla propaganda secondo cui i russi sarebbero in Siria per difendere la regione dall'ISIS, quando la realtà è che si trovano lì per consolidare la loro presa in Medioriente e i loro interessi geostrategici. Legittimi interessi. Ma non devono esagerare. Gli USA non hanno nessuna intenzione che la Russia allarghi il proprio campo di influenza in Medioriente. Mi sembra una posizione del tutto ragionevole, o no? Quanto ai "muzz", tu preferisci forse quelli sciiti a quello sunniti. perchè ti vorrei ricordare, en passant, che dietro Assad c'è l'Iran...

Roberto De Bonis
Ok, questi sono argomenti difficili da confutare ma allora perché ricorrere a inverosimili pretesti? E rimane il fatto che quel minchione di Macron andrebbe dietro a chiunque lo preceda come fanno le anatre.

Kla Piper
È ora che Putin si trovi un altro pupazzo per rimpiazzare Assad ed è ora che capisca che gli si passa tutto, tranne l'Iran e i macellai in Siria.

Roberta Italia Fasani
E tu credi ad un Macron qualsiasi ? Non ti è bastato Sarkozy ?

Roberta Italia Fasani
That’s why the NATO is a Trump

Niram Ferretti
Tutte baggianate. Gli Usa anche quando sbagliano sono gli Usa. La Russia è un autocrazia retta da un gangster nazionalista ex agente del Kgb. A ognuno le sue preferenze. Sarkozy non centra un piffero.

Roberta Italia Fasani
Io sono pure Americana, ma non è tanto Trump , quanto i suoi collaboratori !!!!!

Niram Ferretti
Thanks God! Ha messo su una squadra formidabile. Mike Pompeo, John R. Bolton, Nikki Haley. Non si può chiedere di meglio.

Luisa Galimberti
Macron il pupillo di Attali? ah beh allora ...

Niram Ferretti
Mi mancavi da un po' Luisa. Ti ho pensata intensamente.

...

Roberto Riviello
Macron è figlio o nipote di quel Sarkozy che scatenò l' inferno sulla Libia di Gheddafi con le ben note conseguenze...

Miriano Ravazzolo
C'è solo un problema, NON SONO STORICAMENTE CREDIBILI!!!!

Fausto Grassi
Le prove schiaccianti c'erano anche l'altra volta e si sono rivelate una bufala. E tutto fa credere che anche stavolta si sia cercato un casus belli. Non so come si faccia a credere a questa cosa senza prove attendibili. Lasciamo stare per favore Macron che è più falso di Giuda. Solo la babbiona piena di figli che ha sposato fa capire il personaggio. E poi non capisco una cosa: se si uccidono persone e bambini sparandogli va bene, se si usa qualcosa di chimico bisogna scatenare la terza guerra mondiale e fare una strage mille volte più grande? Qualcuno mi può spiegare la logica ?



SULLA RUSSIA GLI USA E LA SIRIA DI CONTORNO
12/04/2018
Niram Ferretti

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Mike Pompeo il nuovo Segretario di Stato USA ed ex direttore della CIA ha dichiarato, "La politica soft verso la Russia è finita".

Quello che pensa della Russia John R. Bolton, il nuovo Consigliere per la Sicurezza Nazionale è noto da tempo. In linea con la tradizionale politica americana degli ultimi settanta anni, considera la Russia una minaccia concreta per gli interessi americani.

Nel 2014 a proposito della crisi Ucraina dichiarò

“Washington dovrebbe rifornire Kiev con le armi oltre a rimettere in campo il piano del 2008 del presidente George W. Bush's 2008 di affrettarsi a fare entrare l'Ucraina nella NATO".

No, una Casa Bianca filoputiniana non sembra essere all'ordine del giorno ultimamente e a Mosca hanno capito bene dove tira il vento.

E ora veniamo alla Siria. Gli assadiani, tutta quella pletora di estimatori del dittatore di Damasco ci spiegano che Assad infondo è un bravo ragazzo perchè contiene la marmaglia integralista sunnita che nell'ISIS, soprattutto condensa il maggiore pericolo per la sopravvivenza dell'Occidente. Ora poi che si è alleato con il grande difensorese della cristianità ortodossa, Vladimir Putin, si possono intonare alti lai.

Questa fiction per oligofrenici è molto in voga e ha un suo fascino, come sempre lo hanno le favole, ma non tiene conto dei fatti. Quando la guerra civile siriana comincia nel 2011 con forze locali che si ribellano a uno dei regimi più sanguinari della regione dei cattivi con la bandiera nera non c'era traccia. Come non c'era traccia del Duce delle steppe. Cavalcava ancora a torso nudo negli Urali e della Siria si occupava poco. Fu in virtù dell'inettitudine di Barack Obama che nel 2011si rifiutò di appoggiare i ribelli antiassadiani e nel 2013 proclamò che se Assad avesse superato la fatidica linea rossa usando armi chimiche, gli USA sarebbero intervenuti.

Assad la superò. Nell'agosto del 2013 usò il gas nervino in un sobborgo di Damasco uccidendo 1.,429 persone, inclusi più di 400 bambini. I bambini non facevano parte dell'ISIS. A quel punto Obama minacciò di bombardare. Assad allora ricorse all'amico russo. Infondo a chi doveva rivolgersi? I rapporti tra la Siria e la Russia risalgono al 1944, intervenne dunque Putin il quale si fece garante di Assad. "Non bombardare, alle armi ci penso io". E Obama, che non aveva mai avuto voglia di bombardare Assad si tirò indietro con un sospiro di sollievo.

E Putin disse ad Assad, "Distruggine un po', quelle che servono per fare scena, ma tieni da parte uno stoccaggio di riserva. Non si sa mai, potrebbero tornare utili al momento giusto. È roba buona".

Lo stoccaggio di riserva è poi servito diverse volte.

Nel dicembre del 2016, il ministro della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman dichiarò pubblicamente che la Siria nascondeva una notevole quantità di armi chimiche, sostanze potenti come il sarin. Israele ne sa qualcosa poiché vuole evitare che parte di questo stoccaggio chimico finisca nelle mani di Hezbollah. Ma certamente Israele mente, Assad ha distrutto tutto e quando lo si accusa di avere usato le armi chimiche come a Khan Shaykhun nell'aprile del 2017 o a Douma recentemente, si tratta di una montatura. Ce lo dicono i russi. Possiamo fidarci.

Ora torniamo alle bellicose intenzioni di Donald Trump di volere bombardare la Siria per colpire "l'animale Assad". Certamente si tratta di mostrare, se l'attacco ci sarà, che non può continuare impunemente ad usare le armi chimiche, ma il destinatario vero del messaggio è Putin, il "garante", è a lui che Trump recapita l'avvertimento di non esagerare, che non è lui a regolare il traffico in Siria, e non sarà lui a regolarlo in Medioriente.

E chiudiamo con Pompeo e la sua dichiarazione sulla fine della politica soft da parte degli USA nei confronti della Russia. L'espulsione massiccia dei diplomatici russi da Washington dopo l'assassinio a Londra di una ex spia russa e di sua figlia è un primo segno. Altri ce ne saranno presto. Ci sono già.

Trump Reagan? Non esageriamo. Ma a Mosca hanno fatto male i conti se pensavano di potere eterodirgire il presidente degli Stati Uniti.




Siria, che fare? stati uniti il timore è quello della risposta militare
Maria Giovanna Maglie per Dagospia
12/04/2018

http://m.dagospia.com/america-fatta-a-m ... are-171331

La seconda guerra di Washington è con la Siria, è guerra vera. Attaccare come? Attaccare quando? Attaccare quanto? Negli Stati Uniti per fortuna il dibattito sul casino siriano non vede una schiera filo Putin e filo Assad, compatta e tragicamente trasversale, come quella che domina in Italia, e che in questi giorni mescola disinvoltamente Siria di oggi e Libia di ieri, Bolton con Kerry, Cina e Russia, agitando pericoli terribili e conflitti apocalittici in arrivo, il tutto senza aver partecipato a un colloquio, senza avere il minimo contatto, senza aver condiviso informazioni, il tutto senza una guida né un governo, insomma come da una navicella alla deriva. Una volta eravamo dei campioni del tenere il piede in due scarpe, ora lo fa Macron.

No, negli Stati Uniti il timore è quello della credibilità e della efficacia di una risposta militare che rischia di essere il replay di quella già fatta un anno fa e che non cambiò molto. Non ha fermato la sicumera di Assad che, vale la pena ricordarlo, non è un dittatore in pensione come era Gheddafi al momento della sciagurata missione di Libia, ma un protagonista pericoloso nello scacchiere mediorientale, affamatore e torturatore del suo popolo, e che sta ancora in piedi non solo grazie all'aiuto di Russia e Iran, anche grazie alla stoltezza e alla vigliaccheria di Barack Obama.

Com'era la linea rossa dell'ex presidente americano osannato in Occidente da quelli che piacciono? Non superabile a chiacchiere, calpestata nella realtà in continuazione.

Ma l'attacco di un anno fa non può oggi essere ripetuto in quella formula solo di avviso, anche perché questa volta a Vladimir Putin il discorso va fatto con chiarezza, un po' come alla Cina sul commercio.

Non è argomento di questo articolo, ma mi pare di aver notato linguaggi e proposte molto ragionevoli da parte dei comunisti di Pechino, segno che forse agitare i pugni e mostrare i muscoli è meglio che porgere la schiena china a qualunque avversario rapace.

Con Mosca questa volta il segnale deve essere più che simbolico, perché è l'unico modo per mostrare a un grande giocatore come Putin che per sedersi prossimamente a un tavolo di trattative complessive è necessario che la Russia ridimensioni la prepotenza che 8 anni di caos le hanno fatto guadagnare.

Il linguaggio, anche alle Nazioni Unite, usato da Nicky Halley, ambasciatore di Trump, è perciò durissimo, come lo è la risposta della Russia che blocca qualunque richiestA di inchieste su quel che accade in Siria.

Poi ci sono preparativi e prudenze del Pentagono. Anche lì è pieno di non amici del presidente, anche se finalmente la nomina di Bolton e le conseguenti epurazioni di personaggi ambigui stanno sgombrando il terreno.

Tra gli obiettivi che il Pentagono ha presentato alla Casa Bianca spiccano i siti dove sono conservati i prodotti chimici, le basi in mano all'Iran già individuate da Israele, le basi di partenza degli elicotteri, naturalmente piste aeree e depositi, fino al cuore rappresentato dal ministero della Difesa.

Fin qui le ipotesi sul dove, resta da definire il come e quanto. Resta da decidere se assieme alla Siria e indirettamente alla Russia vada pesantemente punito l'avversario Iran, l'accordo con il quale tra breve potrebbe essere stracciato. Questa seconda opzione sta molto a cuore a Israele

Perché la portaerei Truman arrivi, ci vogliono ancora 9 giorni, nell'area però ci sono navi dotate di missili di crociera e sommergibili. Un po' poco, non basta per un'azione militare seria.

Dall'altra parte si preparano aerei di vigilanza e si conta sull'ombrello antiaereo garantito da i russi. E quali anche in questi giorni hanno ripetuto che intrecceranno il cruise usa e faranno azione di contrattacco, contro le piattaforme di lancio.

Trump si è spinto a parlare di missili in arrivo, nuovi e intelligenti, ossia capaci di perforare qualunque scudo. Vedremo.

Tra le sciocchezze che si scrivono impunemente nelle ultime settimane c'è quella che vuole l'arrivo di un John Bolton in grado di piegare e influenzare la volontà di Donald Trump in politica estera. È il contrario, è che finalmente Trump ha potuto vincere l'ostilità del partito repubblicano e degli imbelli nell'Amministrazione e nei ministeri, e scegliersi l'uomo che avrebbe voluto fin dal primo momento.

Affronteranno così, senza desiderio di espansionismo o di super presenza, disco Trump sarebbe un sostenitore dello starsene a casa, la necessità di bilanciare i fallimenti di Barack Obama: la mancata risposta all'attacco siriano, l'inerzia di fronte all'invasione dell'Ucraina e alla annessione della Crimea, il ritiro improvvido dall'Iraq, l'ostilità verso l'alleato storico Israele, la tolleranza verso la Corea del nord, sono queste le decisioni che negli anni hanno convinto dell'impunità prima di tutto Vladimir Putin, poi gli altri.

Fin dai primi mesi di governo il presidente Trump ha provato a fare diversamente, e quando ha avuto un anno fa le prove di un attacco con armi chimiche, ha a sua volta risposto con un attacco simbolico. Le cose però non sono cambiate, oggi è necessario un altro tipo di forza.


Per i distratti o per quelli che raccontano versioni diverse, ricapitolo i fatti:

L'attacco chimico con l'uso di micidiale gas clorino ha colpito sabato scorso la città assediata di Douma. Decine di persone sono morte subito perché intrappolate e per l'impossibilità di rispondere a un tipo di attacco come quello, che provoca soffocamento, cianosi, brucia le cornee.
http://www.vietatoparlare.it/gas-cloro- ... e-dellopcw

Le Nazioni Unite hanno formalmente condannato l’uso di armi chimiche.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato che almeno 500 persone sono state esposte ad agenti tossici.

Lunedì scorso il presidente Donald Trump ha dichiarato che nel giro di 48 ore gli Stati Uniti avrebbero risposto all'attacco colpendo la Siria. Mosca ha reagito minacciando di colpire i missili americani in risposta.

L'ultima reazione di Donald Trump è via tweet, avvisa la Russia di tenersi pronta a missili assai brillanti completamente nuovi nella tecnologia. Domanda anche conto dell'appoggio all'Iran e ad un animale che uccide con le armi chimiche il proprio popolo, così viene definito Bashar Assad.

Sul fronte europeo gli Stati Uniti dovrebbero contare su un appoggio almeno a parole del governo inglese di Theresa May e su un'alleanza definita in questi giorni col presidente francese Macron.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Questione siriana, come orientarsi e con chi stare?

Messaggioda Berto » ven apr 13, 2018 4:01 pm

RISPOSTE AGLI ASSADISTI
di Daniele Raineri, Il Foglio
12/04/2017

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

E’ vero che Assad sta vincendo la guerra e l’esito è ormai scontato, ma ha ancora molte battaglie davanti. E soffre di un problema enorme: la mancanza di soldati. Non lo dicono la Cia o George Soros, l’ha detto lui stesso in un discorso in tv mentre ringraziava pubblicamente la Russia per l’aiuto. Mancano i soldati, sette anni di guerra civile hanno ridotto l’esercito siriano all’ombra di quello che era prima – tra perdite, ammutinamenti e diserzioni. Il che spiega perché soltanto di recente Assad ha cominciato la battaglia per riprendere la zona della Ghouta, che dista soltanto dieci chilometri dal centro della capitale, e così sloggiare le migliaia di guerriglieri locali che in tutti questi anni gli avevano resistito. Ha un bisogno estremo di rimpinguare i suoi reparti. La polizia batte le università e i posti di blocco per cercare giovani che hanno approfittato del caos della guerra per fuggire dal servizio militare, le mazzette per evitare l’arruolamento coatto hanno raggiunto prezzi stellari e tutti i gruppi ribelli che capitolano – grazie ai mediatori russi – e che non accettano il trasferimento verso le zone ancora ribelli sono prontamente riciclati in milizie filogovernative, proprio per supplire alla scarsità di uomini. Tra poco comincerà un’offensiva per liberare il campo di Yarmouk, che è un quartiere a sud della capitale in mano allo Stato islamico e i reparti che saranno mandati avanti sono tutti formati da ex ribelli.

Per vincere Assad doveva prendere Duma, una cittadina che in tempi normali ha centodiecimila abitanti e dista pochi chilometri dal centro di Damasco. Dentro Duma erano ancora trincerati ottomila combattenti del gruppo Jaish al Islam, con almeno trenta pezzi d’artiglieria e centinaia di ostaggi, e il tutto era complicato dalla presenza di quarantamila civili. Questi dati non sono mai citati, ma è chiaro che sarebbe stata una battaglia violentissima. Ricordiamo cos’è successo agli americani quando tentarono di riprendere Fallujah in Iraq nel 2004? Ci vollero quasi due mesi per vincere contro meno di quattromila guerriglieri – e gli americani non ci andarono leggeri: proiettili incendiari al fosforo bianco, munizioni perforanti all’uranio impoverito – e alla fine la città era un cumulo di rovine. E più di recente si può ricordare cosa è successo in Libia, a Sirte, quando seimila combattenti delle milizie locali appoggiati dagli aerei americani provarono a prendere a strappare la città in mano a un numero non meglio definito di fanatici dello Stato islamico – tra i duemila e i tremila. Ci vollero sei mesi di scontri casa per casa e strada per strada e quando finirono, a dicembre 2016, soltanto un combattente libico su sei tornò a casa sulle sue gambe: gli altri cinque o erano feriti o erano morti. Nella guerra civile siriana, dove gli uomini a disposizione sono molti meno, le battaglie si trascinano per tempi lunghissimi. Quando gli assadisti hanno tentato di prendere Darayya, un sobborgo di Damasco in mano a ribelli che non erano né dello Stato islamico né di al Qaida, ci misero tre anni, dal 2013 al 2016, pur con bombardamenti aerei e di artiglieria intensissimi. E finì con un accordo di resa, altrimenti sarebbe andata ancora avanti. E questo ci riporta al problema della scarsità di soldati: il governo siriano può permettersi una battaglia di Fallujah? Sapendo che ce ne saranno anche altre? Chi dice che Assad non aveva ragioni tattiche per usare le armi chimiche dovrebbe prima provare a cacciare il Jaish al Islam da Duma.

Assad ha usato la scorciatoia chimica perché gli mancano gli uomini, ma non c’è soltanto questo motivo. Il rais sta vincendo ma ha il problema enorme di come controllare la popolazione che gli si è rivoltata contro. Quindi ha bisogno di molta manovalanza anche per il dopo, perché prima della guerra civile esercitava un controllo di sicurezza capillare, deve riportare le forze di sicurezza a quel livello. E deve anche spezzare la volontà dei siriani che gli si sono opposti. Chi si è ribellato ed è sopravvissuto dev’essere persuaso che la rivoluzione è impossibile oltre che inutile. I baathisti non cercano soltanto la vittoria, ce l’hanno già quasi in tasca grazie all’aiuto ricevuto dall’Iran e alla Russia, vogliono anche la capitolazione morale e psicologica dei nemici. E’ una versione contemporanea di una lezione che i classici conoscevano bene. Pensate ai romani che spargono il sale sulle rovine di Cartagine in modo che non cresca l’erba e in modo che le rovine stesse restino come ammonimento. Pensate a Omero che racconta di come Achille lega il cadavere di Ettore al suo carro e poi lo fa passare sotto le mura di Troia, in modo da terrorizzare gli assediati che avevano appena perso il loro campione. Oppure pensate ancora al dittatore iracheno Saddam Hussein, che ordinò una rappresaglia tremenda contro gli sciiti quando si ribellarono contro di lui nel 1991 – e aveva appena perso la guerra del Golfo contro gli americani. Quando Human Right Watch ebbe accesso all’Iraq tra il 2003 e il 2006 trovò più di duecento fosse comuni, una secondo le stime conteneva più di diecimila cadaveri. Senza andare lontano, c’è l’esempio di Hama in Siria: nel 1982 quando la rivolta della Fratellanza musulmana era ormai domata il padre di Assad, Hafez, ordinò ai soldati guidati da suo fratello Rifat di radere al suolo un terzo della città con l’artiglieria. Il numero di morti non fu mai chiarito, è fra i diecimila e i quarantamila. La lezione fu recepita. C’è voluta un’altra generazione perché qualcuno si ribellasse alla dinastia Assad.

Duma è caduta grazie all’uso di armi chimiche? Potrebbe essere. Jaish al islam era impegnato in trattative con i russi, ma si erano arenate. I governativi siriani sono intervenuti a modo loro. Il giorno della rottura dei negoziati, nel pomeriggio, ci sono stati due bombardamenti con armi chimiche, alle quattro e alle sette e trenta. Il giorno dopo la strage il gruppo ha accettato la capitolazione. Un combattente del gruppo, Yasser Dalwan, ha detto a Josie Ensor, corrispondente del Telegraph a Beirut: “Certo che l’attacco chimico è stato la cosa che ci ha spinti ad accettare l’accordo”.

Molti dicono che si è trattata di una strage fatta da qualcun altro per incolpare il governo siriano e attirare un intervento internazionale.

Ecco il fatto incredibile: chi dice queste cose – quindi chi sostiene la teoria dell’operazione false flag – rifiuta di portare anche soltanto un piccolo elemento di prova per corroborare la sua tesi. Non spiega chi sarebbe allora il responsabile della strage. E non spiega come avrebbe fatto materialmente a fare la strage. Il mandante misterioso ha inviato una sua squadra provvista di tute e maschere antigas dentro una città assediata fuori da militari dal grilletto facile e dentro piena zeppa di ribelli islamisti – e bombardata dall’alto a ciclo continuo – per soffocare decine di uomini, donne e bambini con armi chimiche tra le quattro e le sette di pomeriggio e poi l’ha fatta uscire, senza che nessuno la vedesse? Oppure ha bombardato Duma dall’alto con aerei invisibili che sono sfuggiti agli altri aerei e ai radar nella zona più sorvegliata del pianeta, da Russia, America, Iran, Siria, Israele e altri? Oppure ha convinto i ribelli a uccidere le loro famiglie – o a suicidarsi assieme a loro – in una strage false flag per far scattare l’intervento internazionale e loro sono stati così scemi da accettare dopo che le due stragi precedenti, 1.400 morti nell’agosto 2013 e cento morti nell’aprile 2017, non hanno impedito a Bashar el Assad di vincere la guerra? Non solo, ma mentre la mano misteriosa faceva questo, due elicotteri siriani dello stesso tipo usato per sganciare barili bomba al cloro sono decollati dalla vicina base aerea di Dumayr e hanno sorvolato la zona colpita. La mano misteriosa non è soltanto intrepida e letale, ha anche un tempismo perfetto (sarcasmo). Ci chiedono di credere a un complotto dalla realizzazione enormemente complessa – non una, ma tre volte – e non c’è un briciolo di prova. Eppure chi ne parla non si sente mai in obbligo di spiegare, anzi crede di fare la figura di quello intelligente. Diciamolo: se il governo americano o il governo israeliano provassero a dire che i loro nemici si sono ammazzati da soli, o che una mano misteriosa li ha ammazzati al posto loro, sarebbero subissati dal ridicolo in eterno. C’è un doppio standard: la Russia e Assad parlano e dovremmo creder loro sulla fiducia.

Non sarà come nel 2003, quando il segretario di Stato americano, Colin Powell, andò alle Nazioni Unite a mostrare la fialetta con l’antrace per giustificare l’invasione americana in Iraq e poi si scoprì che Saddam Hussein non aveva alcuna arma di distruzione di massa?

E’ l’esatto contrario. Colin Powell andò davanti alle Nazioni Unite il 5 febbraio per convincere l’assemblea che Saddam aveva armi di distruzione di massa e che quindi il regime change in Iraq era necessario. In Siria il governo siriano ha ammesso di avere le armi chimiche nel luglio 2012 e le Nazioni Unite hanno dimostrato che il governo siriano ha usato le armi chimiche. A ottobre 2017 la commissione d’inchiesta dell’Opcw ha stabilito che il bombardamento con l’agente nervino che ha ucciso cento persone a Khan Sheikoun vicino Idlib nell’aprile 2017 è responsabilità del governo siriano. Ha inoltre stabilito che l’agente nervino usato nel massacro della Ghouta che uccise 1.400 persone nell’agosto 2013 è lo stesso delle scorte del governo siriano (grazie ad alcuni elementi chimici in comune). Si capisce la differenza no? Colin Powell cercava di convincere le Nazioni Unite che in Iraq c’erano armi di distruzione di massa, ma non furono trovate. In Siria le Nazioni Unite dicono che ci sono armi chimiche (e l’ha detto anche il governo siriano) e ne vediamo gli effetti quando sono usate. Il paragone con la fialetta di Powell è folle.

I russi dicono che non c’è stato alcun attacco chimico.

La posizione del governo russo e di quello siriano è che non c’è nulla di vero. L’attacco è un’invenzione, le vittime con la schiuma alla bocca filmate mentre agonizzano sono un’invenzione, i morti e i funerali pure sono un’invenzione. Una messinscena enorme ordita da potenze straniere. La posizione del governo iraniano invece è diversa, sostiene che la strage c’è stata ma che è stata fatta dai ribelli per incolpare Assad. Mercoledì la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha scritto forse in un momento di confusione che se gli americani attaccano è per cancellare le prove della strage con armi chimiche, quindi in un colpo solo ha ammesso che la strage è vera e ne ha incolpato gli americani. Poi la versione russa è tornata quella di prima: non c’è nulla di vero. Il giorno dopo l’attacco la zona è stata evacuata dai ribelli ed è passata sotto il controllo di governativi siriani e di militari russi. I militari russi hanno detto che non c’è alcun segno di un attacco chimico, anche se esistono i filmati e le foto che mostrano i serbatoi caduti dall’alto con agenti tossici. In realtà i segni ci sono. L’Organizzazione mondiale per la Sanità a Damasco ha detto di avere soccorso cinquecento persone con sintomi di soffocamento. I media internazionali hanno raccolto le testimonianze di chi c’era – anche di medici, che per primi hanno riconosciuto i sintomi – che sono concordanti fra loro e concordano con i video e le fotografie. Damasco e Mosca hanno chiesto all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche di mandare una missione investigativa. Però l’ultima missione investigativa dell’Opcw ha stabilito che il governo siriano è colpevole della strage con armi chimiche dell’aprile 2017 e per questo a novembre 2017 la Russia ha sciolto con un veto alle Nazioni Unite quella commissione. Insomma, chiamare la missione è un espediente per prendere tempo, tanto poi ignoreranno le conclusioni.

Ma anche i ribelli hanno usato le armi chimiche.

Ci sono due grandi equivoci in questa frase. Il primo è che gli attacchi chimici sono di due categorie, quelli rudimentali fatti con le bombe al cloro – che in molti casi non fanno vittime e creano soltanto panico, a uccidere è più che altro l’esplosione – e quelli sofisticati eseguiti con agenti molto complessi da produrre e da custodire come il sarin, che è molto corrosivo e può essere prodotto soltanto poco prima dell’uso. Il secondo equivoco è che non si tratta di “ribelli”: soltanto lo Stato islamico ha usato il cloro per arricchire le sue bombe e creare una zaffata verdognola e tossica post esplosione, e soltanto molto di rado negli anni passati. Gli attacchi di questo tipo non hanno mai fatto vittime su scala comparabile agli attacchi sofisticati del secondo tipo, anzi è proprio difficile trovare dei casi accertati. Gli attacchi con il sarin che uccidono decine di persone sono riconducibili soltanto al governo. I ribelli assediati a Ghouta non erano dello Stato islamico e non usano le bombe al cloro.

Il capo di stato maggiore russo, Valery Gerasimov, il 13 marzo ha detto che ci sarebbe stato un attacco contro i civili con armi chimiche e che sarebbe stato il risultato di un’operazione false flag per incolpare il governo siriano. Ventisei giorni dopo quell’attacco c’è stato. Come la mettiamo?

L’avvertimento del generale russo è facile da spiegare se si conta che in Siria ci sono stati molti più attacchi con armi chimiche di quanti ne abbia registrato l’opinione pubblica mondiale. Dall’agosto 2013 sono stati 85 e di solito sono minori, con il cloro, con pochissime vittime o zero vittime e non riescono a superare la soglia dell’attenzione dei media. Russia e Siria non sono un monolite che prende decisioni all’unisono, a volte divergono senza darlo troppo a vedere. Per esempio Mosca aveva chiesto al presidente Bashar el Assad di non tenere le elezioni presidenziali del 2014, per rendere meno problematici i negoziati, ma lui era andato avanti lo stesso. Se Gerasimov temeva che i siriani avrebbero forzato la mano e usato le armi chimiche, allora conveniva mettere le mani avanti e parlare in anticipo di una messinscena pianificata fuori dalla Siria per dare la colpa ad Assad. Inoltre c’è la possibilità che i siriani non volessero compiere un bombardamento così serio, talmente serio da finire sui media internazionali, ma un attacco in scala minore per mettere pressione sugli assediati. Una bomba con un agente tossico ha sfondato il tetto di un edificio che era affollato di gente che scappava alle bombe convenzionali. Se avesse centrato un altro tetto, il numero delle vittime sarebbe stato molto inferiore.

La Ghouta era infestata da un gruppo di combattenti salafiti, il Jaish al islam, appoggiato dall’Arabia saudita.

Vero. Ma l’ideologia del Jaish al islam – che si è macchiato di delitti e ha sequestrato non soltanto molti alawiti ma anche molti siriani moderati e riformisti che lottavano per cambiare il sistema politico del paese – non cancella il problema centrale: le armi chimiche colpiscono indiscriminatamente tutti, combattenti e civili. Chi le usa in zone assediate e densamente popolate accetta il fatto che donne e bambini e civili che non c’entrano nulla con la guerra e non sono riusciti a scappare moriranno soffocati, con i polmoni progressivamente paralizzati da un agente nervino che impedisce loro di riempirsi d’aria. In quanto all’ideologia molto rigida del Jaish al islam, c’è un velo di ipocrisia da parte degli accusatori. Uno dei migliori alleati di Vladimir Putin è il ceceno Ramzan Kadyrov, che governa la Cecenia imponendo un codice islamico molto stretto e simile – molto vicino al Jaish al islam. L’altro grande alleato della Russia nella guerra siriana è l’Iran, che è una teocrazia sciita impegnata a esportare la rivoluzione khomeinista nella regione mediorientale. Un altro alleato della Russia è il generale Khalifa Haftar, in Libia, che riesce a governare Bengasi e la Cirenaica soltanto grazie a un accordo con le fortissime milizie salafite locali. Se qualcuno provasse a camminare con una donna senza velo a Grozny, a Teheran o a Bengasi, capirebbe che c’è una verità taciuta ed è che gli islamisti sono molto comodi quando sono nostri alleati e sono sempre spaventosi quando combattono a fianco dei nostri nemici. Il Jaish al islam non ha rapporti con lo Stato islamico, anzi nelle zone che controlla lo ha sradicato con efficienza.

Il segretario alla Difesa americana, James Mattis, ha detto in una conferenza stampa a febbraio che non ci sono prove che la Siria abbia usato il gas sarin, come risulta da un articolo del settimanale americano Newsweek.

Si tratta di una bufala. Mattis in quell’occasione disse che non c’erano prove che il governo siriano avesse usato di nuovo il sarin nei mesi intercorsi tra l’attacco dell’aprile 2017 e febbraio 2018. La sua dichiarazione, che è integrale nella trascrizione della conferenza stampa, è stata tagliata per far sembrare che Mattis abbia detto che il governo siriano non ha mai usato l’agente nervino. Ci vuole meno di un minuto per smontare questa bufala, ma gira ancora.

Se l’Amministrazione Trump lancia un raid punitivo contro la Siria, c’è il rischio di una escalation con i russi e di scatenare la Terza guerra mondiale.

Nel 2013, quando l’Amministrazione Obama parlò di un’operazione di rappresaglia contro la Siria per bloccare l’uso di armi chimiche, il segretario di Stato John Kerry precisò che sarebbe stata un’operazione “unbelievably small”, incredibilmente piccola. Poi non ci fu nessuna operazione, ma a Washington sono sempre stati consapevoli che c’è un rischio di escalation e che è necessario evitarlo. Nell’aprile 2017 il raid punitivo autorizzato da Trump fu lanciato soltanto dopo avere avvertito i russi, e a rimetterci furono soltanto sei soldati siriani uccisi dai missili Tomahawk dentro la base a cui facevano la guardia. Anche oggi c’è enorme cautela: i media stanno dicendo che russi e americani si stanno mettendo d’accordo sulla lista dei bersagli e questo fa apparire l’ipotesi terza guerra mondiale molto più remota. Le dichiarazioni dei giorni scorsi erano molto aggressive, la realtà è diversa. Forse è questo il problema di fondo. La minaccia è sempre così blanda e poco credibile che Assad non rinuncia alle armi chimiche, perché sono la sua garanzia di sopravvivenza. E’ la stessa ragione per cui la Corea del nord compie periodicamente test nucleari.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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