Nella questione siriana il grande discrimine per Israele è l'Iran che vuole distruggerlo e cancellarlo; chi sta con l'Iran è sicuramente contro Israele e quindi dalla parte del male.Iran, Islam sciita e ebreiviewtopic.php?f=188&t=2221 Iran, ebrei en Iran, persecuzione, guerra a Israeleviewtopic.php?f=197&t=2237 Siria: il delirio della marionetta. Assad protesta all’ONU per “l’aggressione israeliana”Sarah G. Frankl
10/01/2018
http://www.rightsreporter.org/siria-del ... israelianaSecondo Damasco gli attacchi israeliani in Siria sono finalizzati ad aiutare i terroristi islamici al fine di perseguire “l’occupazione delle terre arabe” da parte di Israele. Un ossimoro che solo la mente bacata di Assad poteva partorire
La Siria si rivolge alle Nazioni Unite dopo l’ultimo presunto attacco israeliano avvenuto ieri nei pressi di Damasco su un deposito di armi presumibilmente destinato a Hezbollah e lo fa in modo letteralmente delirante.
Con una lettera inviata al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il Ministero degli Esteri siriano avverte l’ONU che «l’atteggiamento aggressivo di Israele porterà a una conflagrazione della regione e complicherà la situazione in Medio Oriente». Secondo il regime siriano Israele «fornisce sostegno ai gruppi terroristi islamici e perpetua l’occupazione delle terre arabe».
Già il fatto di sostenere che Israele appoggi gruppi terroristici islamici con lo scopo di occupare le terre arabe è di per se un ossimoro che solo la mente bacata di Assad poteva partorire, ammesso che il coniglio di Damasco possa ragionare con la propria testa e dire ciò che pensa visto che di fatto il suo Paese è sotto amministrazione controllata da parte di Teheran. Il tono della lettera inviata alle Nazioni Unite è quello tipico dei Pasdaran iraniani piuttosto che quello di un ufficio diplomatico. «I ripetuti attacchi israeliani sulla Siria non riusciranno a proteggere le organizzazioni terroristiche usate da Israele come suoi agenti, come ISIS e il Fronte Al-Nusra» c’è scritto ancora nella missiva consegnata alle Nazioni Unite. «Israele non riuscirà a distogliere l’esercito siriano dal realizzare risultati nella lotta contro il terrorismo in tutto il paese e in particolare nelle località Idlib e Quneitra» prosegue ancora la lettera prima di passare alle minacce. «Il governo siriano reitera il suo avvertimento a Israele ammonendo sulle gravi conseguenze di ulteriori attacchi e del continuo sostegno ai gruppi terroristici e lo ritiene responsabile di ogni conseguenza. Il Consiglio di Sicurezza deve condannare gli attacchi israeliani sulla Siria e prendere provvedimenti per fermare la sua aggressione» conclude la lettera.
Sorprende nella lettera del Ministero degli Esteri siriano il riferimento a Idlib essendo la città siriana a nord e lontanissima dalle aree di interesse israeliane, mentre ha un senso il riferimento a Quneitra visto che la città si trova a pochi Km dal Golan e l’intelligence israeliana teme che possa diventare una base permanente iraniana e degli Hezbollah libanesi e a Gerusalemme hanno detto più volte che non permetteranno agli iraniani di basarsi in pianta stabile in Siria, tanto meno a pochi Km dal confine con Israele.
La marionetta siriana esegue diligentemente gli ordini dei padroni iraniani e si va a lamentare alle Nazioni Unite nella recondita speranza di passare da vittima (forse memore delle tattiche palestinesi) mentre quello che sta avvenendo in Siria, di fatto una occupazione iraniana per procura, dovrebbe realmente preoccupare il mondo libero che però nicchia e fa finta di nulla aspettando il momento buono per fare quello che fa sempre, condannare Israele.
Due F-35 israeliani sono entrati nello spazio aereo dell'IranLorenzo Vita
30/03/2018
http://www.occhidellaguerra.it/caccia-israeliani-iran Due F-35 israeliani sono entrati nello spazio aereo dell’Iran lo scorso febbraio. A darne notizia il quotidiano del Kuwait Al-Jarida, subito ripreso dai media israeliani.
Le fonti citate dal quotidiano kuwaitiano hanno dichiarato che due aerei stealth dell’aeronautica israeliana hanno sorvolato lo spazio aereo siriano e iracheno per poi raggiungere l’Iran. Secondo quanto affermato dal sito, gli aerei di Israele hanno sorvolato lo spazio aereo iraniano riuscendo addirittura a passare sopra le città iraniane di Bandar Abbas, Esfahan e Shiraz.
Il rapporto afferma che i due jet hanno volato ad altissima quota sopra i siti del Golfo Persico sospettati di essere associati al programma nucleare iraniano. Il loro obiettivo, dunque, era quello di monitorare le operazioni di quelle località dove Israele sospetta che l’Iran stia continuando a mandare avanti il suo programma nucleare.
Secondo il report, il dato altamente significativo è anche quello secondo cui i due F-35 non sarebbero stati rilevati dai radar. Neanche dal sistema radar russo situato in Siria che è considerato la spina nel fianco della strategia offensiva israeliana nel contesto mediorientale.
La fonte citata dal quotidiano, e ripresa dal Jerusalem Post, ha aggiunto un ulteriore dato estremamente interessante. I sette aerei F-35 in servizio attivo nell’aeronautica militare di Israele hanno condotto una serie di missioni in Siria e sul confine tra Siria e Libano. Un’indicazione che, se confermata, farebbe capire l’aumento di livello dell’offensiva israeliana nel contesto siriano, a tal punto da utilizzare i nuovi F-35. Aerei che non sono stati usati nei bombardamenti in cui è stato abbattuto l’F-16 della Fionda di Davide.
Il significato di questa notizia
Conferma ufficiale da parte israeliana chiaramente non può esserci. È del tutto evidente che le forze armate di Israele non potrebbero in alcun caso ammettere di aver violato lo spazio aereo di una nazione sovrana. Specialmente se questa nazione è l’Iran.
Ma la notizia ha un tempismo non irrilevante. Le tensioni tra Israele e Iran sono in aumento. La situazione in Siria, proprio per l’avanzata dell’esercito siriano e il consolidamento del’asse tra Damasco e Teheran, lascia Israele con molti dubbi. Vorrebbe colpire gli avamposti iraniani, di Hezbollah e siriani prima che sia troppo tardi. Ma l’area di de-escalation ha funzionato, continua a reggere e la Russia garantisce il blocco delle operazioni israeliane. Israele non può farsi nemica la Russia. E questa necessità, attualmente, è l’unico ostacolo a un’offensiva israeliana contro le postazioni siriane considerate avamposti delle forze armate iraniane, in particolare dei Pasdaran.
Ma questo non significa che il governo di Benjamin Netanyahu non sia pronto a riprendere in mano le redini della propria strategia mediorientale. Poche settimane fa, le Israel defense forces hanno autorizzato la pubblicazione del report con cui si confermava che gli autori del raid che distrusse il reattore nucleare siriano di Deir Ezzor nel 2007 erano stati gli aerei israeliani.
Quella notizia non era una semplice ammissione di colpa, ma un messaggio rivolto all’Iran. Confermando quelle voce, Tel Aviv ha inviato a tutti gli Stati limitrofi e a Teheran un segnale inequivocabile, e cioè che è pronto a colpire quando ritiene sia arrivato il punto di non ritorno. E questo misterioso volo dei due caccia sui cieli iraniani può essere letto come un secondo chiaro (più esplicito) messaggio alla Repubblica islamica dell’Iran.
Il fanatismo islamico iraniano è un pericolo per tutti. Negarlo è da stupidiGabor H. Friedman
25 febbraio 2018
http://www.rightsreporter.org/fanatismo ... lo-stupidi Il dottor Ori Goldberg, esperto di teologia politica nel mondo sciita, sostiene che l’Iran non vuole distruggere Israele e conquistare il mondo, ma che cerca solo di “sopravvivere”. Lo scrive questa mattina sul quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth.
Quindi tutta la politica aggressiva portata avanti negli ultimi anni dagli Ayatollah in Medio Oriente e nel resto del mondo non sarebbe altro che un modo di sopravvivere e in Iran, secondo il dottor Goldberg, non hanno alcuna intenzione né di distruggere Israele né di diffondere l’ideologia della rivoluzione islamica nel mondo.
Ora, non è la prima volta che su uno dei maggiori quotidiani israeliani, qual’è appunto Yedioth Ahronoth, vengono pubblicate analisi che tendono a sminuire il pericolo iraniano e il fanatismo islamico che lo alimenta. Lo hanno fatto anche di recente ripubblicando una analisi critica di FP. La sinistra israeliana a cui fa riferimento Yedioth Ahronoth da anni è ostile alla politica del Premier Netanyahu verso l’Iran e i suoi proxy regionali quali Hezbollah. Hanno appoggiato quasi senza riserve la politica di Obama e Mogherini nei confronti degli Ayatollah e criticato più o meno apertamente quelle che considerano “esagerazioni del Likud”. Non deve quindi meravigliare che uno dei maggiori quotidiani israeliani non veda in Teheran una minaccia reale per Israele e per il mondo intero.
Tuttavia è proprio tra le righe dell’analisi del dottor Goldberg che si notano le crepe del ragionamento secondo il quale l’Iran non rappresenterebbe un pericolo reale per Israele e per il mondo intero. Non puoi sostenere che a guidare le mosse degli Ayatollah sia il fanatismo religioso e “l’obbligo alla sopravvivenza” che la fede sciita impone e poi un minuto dopo dire che quello stesso fanatismo islamico non sia un pericolo per Israele e per il mondo.
La missione principale che si sono dati gli Ayatollah, inserendola anche in Costituzione, è la diffusione in tutto il mondo del principio su cui si basa la Rivoluzione Islamica. L’art. 3 al punto 16 dice con chiarezza che l’Iran si impegna ad adottare «una politica estera basata sui criteri islamici», mentre l’art. 4 afferma con altrettanta chiarezza che «tutte le leggi civili, penali, finanziarie,economiche, amministrative, culturali, militari, politiche e di altro tipo, e tutte le normative, devono essere fondate sui precetti islamici. Il presente articolo si applica in modo assoluto e universale a tutti gli altri articoli della Costituzione come pure ad ogni altra norma e regola, e i teologi esperti di giurisprudenza islamica che compongono il Consiglio di Vigilanza sono giudici in questa materia».
Ora, come lo stesso Goldberg ammette in un altro intervento di qualche tempo fa sul Forum for Regional Thinking di cui è illustre membro, in Iran non puoi separare la politica dalla religione. Sono la stessa cosa. Se quindi tutta la politica iraniana è basata sul concetto di “rivoluzione islamica” e sulla esportazione di tale concetto, affermare che gli iraniani vogliono solo “sopravvivere” è un evidente ossimoro. Sono due concetti totalmente opposti.
La realtà dei fatti è invece quella che vede gli iraniani impegnati a diffondere con ogni mezzo la loro ideologia basata totalmente sul fanatismo islamico, sulla prevaricazione religiosa anche rispetto alle altre correnti islamiche e su una politica estera basata completamente su questi precetti.
Sarebbe quindi ora di finirla con questi tentativi di sminuire il pericolo rappresentato dagli Ayatollah e dalla loro politica aggressiva ed espansionistica. Uno studioso (soprattutto uno studioso) ha il dovere di analizzare la realtà non di viaggiare con la fantasia. La realtà ci dice a chiare lettere che il fanatismo islamico iraniano è il maggior pericolo sia per Israele che per il mondo intero. Negarlo significa negare la realtà.
La Russia accusa Israele del lancio di missili sulla base militare siriana T409/04/2018
http://www.progettodreyfus.com/russia-i ... re-siriana Una base militare siriana nei pressi di Homs, conosciuta come base T4, cento chilometri a nord di Damasco, è stata colpita da un raid aereo, in cui sarebbero morti almeno 12 militari.
In un primo momento sul banco degli imputati erano saliti gli Stati Uniti, accusati dell’attacco come risposta alla strage del giorno precedente a Douma – ultima roccaforte di miliziani anti regime – dove sono morte almeno 100 persone, tra cui donne e bambini.
Strage arrivata a poche ore dal tweet di Donald Trump, che aveva accusato Russia e Iran di appoggiare il regime siriano e etichettava Bashar al-Assad come un “animale” che avrebbe “pagato caro” l’utilizzo di armi non convenzionali.
Il Pentagono, però, ha negato ogni coinvolgimento. A quel punto le “attenzioni” siriani e russe sono state rivolte verso Israele.
Mentre la Siria ha puntato il dito contro lo Stato ebraico in maniera piuttosto generica, Mosca ha fornito, a detta sua, alcuni dettagli specifici: a lanciare una ventina di missili Cruise contro la base militare sarebbero stati due F-15 israeliani. Secondo Mosca, Israele avrebbe avvertito gli Usa prima di compiere l’attacco.
Nel frattempo, Trump ha annunciato decisioni piuttosto importanti dopo le “atrocità intollerabili” accadute a Douma:
“Per me non ci sono molti dubbi su chi sia stato”.
Il segretario Usa alla Difesa, James Mattis, ha affermato di “non escludere nulla” in merito a una possibile azione militare contro il regime di Assad.
La Russia, dal canto suo, tramite il suo ministro degli Esteri Sergey Lavrov, ha sostenuto che i suoi esperti militari non hanno rilevato “tracce di cloro o di altre sostanze chimiche usate contro i civili” a Douma.
Dichiarazioni che hanno fatto da apripista alle parole dell’ambasciatore russo all’Onu Vassily Nebenzia, che nel corso della riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza ha bollato come “fake news” le notizie sulla strage di Douma, avvertendo gli Stati Uniti che ci saranno “gravi ripercussioni” in caso di attacco americano.
Iran, il countdown per la distruzione di Israele: “Mancano 8411 giorni”teodoro chiarelli
2017/07/05
http://www.lastampa.it/2017/07/05/ester ... agina.html Un orologio in piazza della Palestina, nel centro di Teheran, per segnare il tempo che manca alla “distruzione di Israele”. Esattamente 8411 giorni. È l’ultima provocazione dei manifestanti che hanno partecipato alla Giornata di Al-Quds, cioè Gerusalemme.
Un milione in piazza
Al canto di “morte a Israele” gli oltranzisti della rivoluzione khomeinista hanno ricordato la “profezia” dell’ayatollah Ali Khamenei, Guida suprema della Repubblica islamica: “niente” rimarrà dello Stato ebraico “entro il 2040”. Alla manifestazione hanno partecipato anche il presidente Hassan Rohani, su posizioni più moderate, e il presidente del Parlamento Ali Larijani che ha attaccato Israele frontalmente, come “madre del terrorismo” e “peggior terrorista di tutti i tempi”.
Missili dei Pasdaran
I dimostranti hanno anche lanciato slogan contro l’Arabia Saudita e gli Stati Uniti, mentre la Guardia rivoluzionaria, i Pasdaran, hanno portato in piazza gli ultimi modelli di missili balistici, compresi quelli usati dieci giorni fa per colpire le postazioni dell’Isis in Siria, nella provincia di Deir ez-Zour. Secondo i media di regime, in piazza c’era un milione di persone.
Accuse incrociate di terrorismo
La giornata di Gerusalemme si tiene ogni anno ed è l’occasione in cui il regime esprime le sue posizioni più ostili nel confronti di Israele. Lo stesso presidente Rohani ha detto in una intervista all’agenzia Irna che “Israele aiuta i terroristi”. Le dichiarazioni si inseriscono nello scontro con il rivale sunnita dell’Iran, l’Arabia Sunnita, che ha accusato Teheran di essere “la punta di lancia del terrorismo globale”.
Israele-Iran: siamo di fronte all'inizio di una guerra?2018/03/24
https://www.tpi.it/2018/03/24/israele-iran-guerraLa recente violazione dello spazio aereo israeliano da parte di un drone iraniano, e le rappresaglie di Israele contro bersagli siriani ed iraniani, hanno indotto molti osservatori a suggerire che la crescente tensione regionale conseguente a tali episodi potrebbe scatenare una guerra tra Israele ed Iran/Hezbollah, che potrebbe forse inavvertitamente coinvolgere anche la Siria.
Io non sono d’accordo con questa prognosi.
Ritengo che nessuno degli attori coinvolti voglia intraprendere una guerra che infliggerebbe un altissimo livello di distruzione e di vittime senza realizzare alcun guadagno sostenibile a lungo termine.
Ciò, tuttavia, non preclude lo scoppio di una guerra accidentale, causata da un incidente involontario o da errori di valutazione.
A prescindere dall’astio reciproco e dalle minacce lanciate pubblicamente da ogni attore, gli interessi strategici di ciascuno sono tutelati al meglio evitando la guerra.
La domanda diventa allora: che tipo di misure di precauzione dovrebbero prendere tutti gli attori coinvolti, in particolare la Russia, in collaborazione con gli Stati Uniti, per evitare sviluppi tanto nefasti?
L’interesse strategico complessivo dell’Iran è quello di ottenere l’egemonia nella regione, obiettivo che è determinato a realizzare assicurandosi dapprima una striscia di terra contigua dal Golfo al Mediterraneo, in cui la Siria è un cardine fondamentale, e creare un fonte unito per minacciare Israele.
Per proteggere la sua base e la sua influenza in Siria, l’Iran è stato pronto a sfruttare la guerra civile fornendo ad Assad centinaia di milioni di dollari, migliaia di combattenti ben addestrati e le attrezzature militari per aiutarlo a sconfiggere i ribelli e l’Isis.
Avendo subito più di 500 vittime, l’Iran è diventato ancor più determinato a raccogliere i frutti dei suoi sforzi, perseguendo l’istituzione di una presenza militare permanente nel paese.
Il secondo obiettivo dell’Iran è mantenere uno stato di minaccia costante contro il suo più accanito nemico -Israele – cercando di stabilire una presenza militare in prossimità del confine israeliano.
L’Iran usa Israele come grido di battaglia per attrarre violenti estremisti a sostenere le sue guerre per procura e per promuovere i suoi interessi nella regione.
Perciò, conservando l’attacco pubblico contro Israele, l’Iran spera di mantenere l’ostilità e accrescere le preoccupazioni nei confronti della “minaccia israeliana” al mondo musulmano.
Inoltre, l’Iran continua a rimpolpare l’arsenale di Hezbollah in Libano; primo, perché vuole assicurarsi il suo punto d’appoggio in Libano.
Secondo, perché vuole aprire tre fronti strategici – in Siria, Libano e potenzialmente a Gaza tramite Hamas – da cui poter intimidire Israele, metterne alla prova la determinazione, e creare nuove tensioni controllate, come ha fatto di recente facendo volare un drone, rapidamente abbattuto da Israele, sopra i cieli israeliani.
Ciò detto, malgrado la sua spavalderia, Tehran non vuole sfidare Israele sul piano militare, sapendo che le ostilità aperte ora, e anche nell’immediato futuro, potrebbero provocare massicce ritorsioni di molto superiori alla rappresaglia per l’incursione iraniana nello spazio aereo israeliano, col potenziale di infliggere una sconfitta umiliante all’Iran.
Infine, l’Iran vuole preservare l’accordo nucleare con gli Stati Uniti e non vorrebbe dare a Trump motivi per annullarlo.
Detto questo, nonostante Trump potrebbe ancora ritirarsi dall’accordo, l’Iran vuole rimanere nelle grazie degli altri cinque firmatari per impedire la ripresa delle sanzioni, specialmente in un momento in cui il pubblico iraniano è irrequieto ed esige migliori condizioni economiche e maggiori libertà sociali.
Per evitare errori di valutazione che possano portare ad una catastrofica guerra con Israele, l’Iran dovrebbe piuttosto acconsentire ed evitare di stabilire basi militari vicine al confine israeliano, costruendole invece più a nord in Siria.
Così facendo, l’Iran contribuirebbe inoltre a prevenire ogni seria minaccia al potere di Assad, sulle cui richieste l’Iran giustifica la sua continuata presenza nel paese la quale, in ogni caso, ha la massima priorità nel suo schema di egemonia regionale.
Teheran sarebbe saggia a tenere sotto controllo Hezbollah ed impedirgli di provocare Israele, dal momento che ogni conflagrazione tra Israele ed Hezbollah potrebbe distruggere buona parte delle sue infrastrutture e della sua riserva di missili.
Dopotutto, l’Iran è più interessato a mantenere la minaccia contro Israele sul fronte libanese, cosa che fa il suo interesse strategico a lungo termine, consolidando il suo punto d’appoggio in Libano, solo se Hezbollah resta forte.
Hezbollah si è unito all’esercito siriano per combattere i ribelli durante la guerra civile in corso. Sebbene gran parte della sua forza militare sia temprata dalle battaglie, Hezbollah si trova ora sotto crescenti pressioni per ripristinare un po’ di normalità all’interno della più ampia comunità sciita del Libano e, nel frattempo, riorganizzarsi.
Hezbollah ha subito quasi 1300 vittime, e lo stesso Libano ha sofferto ampiamente dalla guerra civile siriana, alla quale sta ancora pagando un pesante tributo nel suo sforzo di ospitare più di un milione di rifugiati siriani.
Hezbollah, con il supporto dell’Iran, manterrà il suo atteggiamento minaccioso nei confronti di Israele proseguendo nei suoi sforzi per accrescere il suo arsenale di armi, ma non lo sfiderà militarmente.
Hezbollah sa che che la soglia di vittime accettabili per Israele è molto bassa, e la morte di 40-50 israeliani per mano degli attacchi missilistici di Hezbollah provocherebbe travolgenti attacchi di rappresaglia che potrebbero fare migliaia di vittime libanesi, cosa che Hezbollah vuole evitare.
In ogni caso, Hezbollah non avvierà ostilità contro Israele senza l’approvazione di Teheran perché una mossa simile nuocerebbe alle ambizioni strategiche dell’Iran nella regione.
In tali circostanze, Israele continuerà ad attaccare i convogli che trasportano le armi dall’Iran ad Hezbollah, e colpirà anche qualsiasi fabbrica di armi sul suolo libanese.
Questo, naturalmente, comporta un certo rischio di inasprire le ostilità. Ma visto che Hezbollah e l’Iran vogliono evitare la guerra, risponderanno agli attacchi israeliani nella stessa maniera in cui hanno risposto a quelli precedenti: dicendo poco e facendo anche meno.
Ciò, tuttavia, non significa che Israele possa fare ciò che desidera a mano libera. Gli attacchi israeliani si misureranno con lo sfondo del contesto complessivo, che viene limitato dal desiderio dello stesso Israele di evitare una guerra aperta, a meno che non sia minacciato nella sua esistenza.
Il regime di Assad: da quando è salito al potere nel 2000, il presidente siriano Assad non ha mai preso in considerazione di intraprendere una guerra contro Israele.
Come suo padre, ha aderito in pieno all’accordo di disimpegno con Israele del 1974. Infatti, per tutta la durata del suo regime, Assad ha fatto numerose aperture di pace nei confronti di Israele, ritenendo che la futura stabilità e prosperità della Siria dipenda dalla pace con Israele, o, almeno, dal mantenimento dell’assenza di ostilità.
Dallo scoppio della guerra civile, Assad si è assicurato di non fornire ad Israele alcuna ragione per entrare nella mischia.
Adesso che è sul punto di vincere contro i ribelli e l’Isis, grazie al decisivo sostegno di Russia ed Iran, è ancor più determinato ad evitare qualsiasi scontro militare con Israele, che la Russia in particolare vuole evitare ad ogni costo.
Assad si trova tuttavia tra la l’incudine e il martello: da una parte sa che la sua sopravvivenza dipende dal perdurare del supporto di Iran e Russia, e dall’altra vuole tenere l’Iran sotto controllo per evitare la guerra con Israele.
Al riguardo si trova perfettamente d’accordo con la Russia, ugualmente intenzionata a tenere l’Iran a debita distanza.
Per evitare errori di valutazione, che potrebbero risolversi in uno scontro diretto tra Israele ed Iran, lo stesso Assad deve avere la meglio sull’Iran ed impedirgli di stabilire impianti bellici vicino ai confini israeliani.
Assad può mettere in chiaro che una simile presenza militare iraniana solleciterebbe attacchi di Israele, che coinvolgerebbero la Siria e danneggerebbero la sua sicurezza nazionale.
A questo proposito, Assad può contare sul supporto della Russia, specialmente perché Mosca stessa non vuole (e non permetterà) che l’Iran abbia mano libera in Siria.
Mentre la sconfitta dell’Isis si avvicina, e si allenta la tensione con i ribelli, Assad dovrebbe insistere affinché le milizie iraniane, costituite in maggioranza da non iraniani e la cui lealtà è più rivolta al salario che alla causa dell’Iran, lascino il paese.
Assad dovrebbe mandare ad Israele un messaggio netto, attraverso i canali appropriati, per chiarire che non lo attaccherà militarmente e non sarà persuaso altrimenti dall’Iran. A questo proposito, la Russia fornirà certamente il suo pieno supporto ad Assad.
In più, se Assad vuole ristabilire la stabilità ed avviare un po’ di ricostruzione, il paese dovrebbe essere ripulito da ogni potenziale agitatore.
Ovvero, Assad non dovrebbe permettere una stabile presenza di Hezbollah in Siria, che attirerà solamente attacchi israeliani nel caso in cui qualsiasi ostilità accidentale o premeditata dovesse scoppiare tra Israele ed Hezbollah.
Israele vede l’Iran come il nemico numero uno, votato alla sua distruzione, ed è determinato ad eliminare ogni base militare iraniana in Siria vicina ai suoi confini.
Israele continuerà, come in passato, ad attaccare i convogli che trasportano armi sofisticate dall’Iran a Hezbollah passando per la Siria.
Israele accusa l’Iran di intraprendere regolarmente attività sovversive allo scopo di minare la sua sicurezza e instigare i palestinesi ad opporsi violentemente all’occupazione della sponda occidentale e al blocco su Gaza.
Israele crede che l’Iran sia determinato ad procurarsi armi nucleari allo scadere delle clausole di decadenza del Piano d’azione congiunto globale (il cosiddetto “Accordo sul nucleare iraniano”), particolarmente nella prima fase, al termine della quale all’Iran sarà gradualmente permesso di riprendere (pur con qualche restrizione) l’arricchimento dell’uranio.
Per questa ragione Israele sta compiendo sforzi estremi per convincere l’amministrazione Trump a “risolverlo o bocciarlo” (“fix it or nix it“, per come l’ha posta il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu).
Nonostante Israele sia certo di poter vincere ogni possibile scontro militare con i nemici che lo circondano, ha valutato che non trarrebbe alcun beneficio a lungo termine dallo scagliare attacchi preventivi contro le forze iraniane, siriane o di Hezbollah.
Per distruggere la riserva di Hezbollah di circa 150mila missili a corto e medio raggio, in gran parte incorporata nella comunità civile, Israele dovrà effettuare, almeno in parte, bombardamenti a tappeto che potrebbero comportare la morte di decine di migliaia di civili.
Israele, tuttavia, colpirà preventivamente solo se si troverà a fronteggiare una minaccia imminente.
Israele non ha avversione per il regime siriano in quanto tale, e preferirebbe vedere Assad al potere a patto che riesca a limitare lo spazio di manovra dell’Iran, facendogli capire chiaramente che non lascerà che la Siria diventi il campo di battaglia tra Israele ed Iran/Hezbollah.
Per evitare qualsiasi incomprensione ed errore di calcolo, Israele dovrebbe chiarire che vuole stare alla larga dalla guerra in Siria.
Ciò detto, Israele deve ribadire con forza all’Iran e (tramite la Russia) ad Hezbollah che, trovatosi a fronteggiare una qualsiasi minaccia, risponderà con forza imponente e sproporzionata a qualunque provocazione da entrambe le parti.
Israele dovrebbe definire apertamente che cosa possa costituire una “azione provocatoria”, concetto che dalla prospettiva israeliana include la violazione dello spazio aereo, lanciare missili, o l’infiltrazione di terroristi provenienti dal territorio libanese o siriano.
Israele dovrebbe dire chiaramente che qualunque di queste violazioni costituisce una linea rossa che né l’Iran né alcuno dei suoi surrogati possono superare impunemente.
Israele dovrebbe inoltre rendere inequivocabilmente chiaro a Teheran tramite la Russia che distruggerà qualunque base militare vicina al confine, e che, se l’Iran dovesse contrattaccare, Israele non esiterà, come recentemente dichiarato da Netanyahu, a bombardare specifici bersagli sul ruolo iraniano.
In ogni caso, il pubblico israeliano è psicologicamente abituato alla minaccia iraniana e si aspetta che il governo intraprenda qualunque azione necessaria ad infliggere intollerabili danni al nemico.
La Russia è il principale intermediario in Siria, e nessuna soluzione alla guerra civile siriana né instaurazione di alcun nuovo ordine politico tra le varie fazioni può verificarsi senza il suo consenso.
La Russia è presente in Siria da circa 50 anni, quando Mosca ha costruito la sua base navale a Tartus, e ha sempre avuto l’ambizione di riempire il vuoto creato dall’amministrazione Obama, che aveva scelto di stare per lo più fuori dal conflitto in Siria.
Il Cremlino ha colto l’opportunità di andare in aiuto del regime di Assad, che era sull’orlo del collasso, inviando truppe di terra e forze aeree a bombardare molti dei bersagli ribelli e dell’Isis, cosa che ha sensibilmente cambiato le sorti della guerra in suo favore.
La Russia ora usa la sua presenza dominante in Siria come trampolino da cui esercitare una maggiore influenza sul Medio Oriente, una posizione che ha ricercato negli ultimi dieci anni.
Persino Israele, che tradizionalmente attende il via libera degli Stati Uniti prima di intraprendere qualsiasi azione militare significativa, deve ora ricevere il benestare della Russia prima di attaccare le basi militari dell’Iran e di Assad in Siria.
Nonostante la Russia e l’Iran abbiano unito le forze per difendere Assad, la Russia vuole limitare l’influenza iraniana in Siria – in parte perché vuole restare la principale potenza in Siria, e in parte perché vuole evitare uno scontro violento tra Israele e l’Iran per scongiurare un’ulteriore destabilizzazione della Siria, che potrebbe minare i suoi interessi strategici.
Per sicurezza, Putin vuole salvaguardare la speciale posizione della Russia in Siria, ed è determinato ad impedire ad Iran, Hezbollah, Israele e persino agli Stati Uniti di guastare i suoi guadagni e la sua influenza, e non permetterà a nessuno dei suoi antagonisti di intervenire senza cooperare con la Russia.
Pertanto, la Russia si trova in una posizione unica per evitare errori di valutazione che potrebbero portare ad una guerra non intenzionale, e a tale scopo Putin deve stabilire delle norme di d’ingaggio a cui tutti i combattenti debbano aderire, a meno che si trovino davanti ad un’imminente minaccia esistenziale.
Primo, la Russia deve rendere chiaro all’Iran che non gli permetterà di installare alcuna base militare vicino ai confini israeliani.
Secondo, dovrebbe comunicare chiaramente ad Hezbollah che non deve cadere nella tentazione di provocare Israele, dato che a questo proposito la Russia non può impedire ad Israele di mettere in atto rappresaglie su larga scala, le quali potrebbero minare gli interessi strategici di Mosca.
Terzo, Putin deve persuadere la Turchia a fermare le sue incursioni in territorio siriano e distogliere Erdogan dalla sua missione di sottomettere i curdi siriani, cosa che aggraverebbe e prolungherebbe solo il conflitto in Siria.
Putin è convinto che la Turchia voglia mantenere una presenza permanente in Siria: una ricetta per prolungare la violenza tra le forze turche e il YPG, un ulteriore fattore destabilizzante.
Quarto, Putin deve ora cercare di ottenere il coinvolgimento degli Stati Uniti nella ricerca di una soluzione permanente alla guerra civile siriana.
Gli Stati Uniti restano una potenza regionale dominante e, nonostante la Russia sia il principale intermediario in Siria, l’appoggio degli Stati Uniti resta decisivo anche solo per per i suoi stretti legami con Israele, e per il fatto che potrebbero essere trascinati dentro un’eventuale futura guerra tra Israele ed Iran/Hezbollah.
Gli Stati Uniti: tristemente l’amministrazione Trump, che ha ampiamente seguito la politica di Obama nei confronti della Siria, si trova ora a dover fronteggiare una nuova realtà.
Gli Stati Uniti di Trump sembrano non avere una chiara strategia sul come occuparsi del conflitto.
Inoltre, limitare il coinvolgimento diretto americano nel conflitto ai soli tentativi di dissuadere Assad dall’utilizzare armi chimiche contro il suo popolo, come Trump ha fatto una volta in passato, ha avuto poco impatto sul corso della guerra e sul comportamento di Assad, finché ha potuto contare sull’appoggio russo.
L’attuale situazione in Siria è diversa per quattro motivi:
1) il presidente Assad, escluso dall’amministrazione Obama come parte della soluzione, rimarrà certamente presidente e verrà sicuramente “rieletto” non appena si terranno nuove elezioni;
2) il coinvolgimento diretto dell’Iran nella guerra civile siriana e la sua ambizione di radicarsi completamente nel paese è visto da Israele come una minaccia alla sua sicurezza;
3) anche quando la guerra civile finirà, il conflitto fra sette e la rivalità per il potere continueranno a perseguitare il paese per anni, assicurando una destabilizzazione che colpirà gli alleati locali degli Stati Uniti; e
4) gran parte del paese giace in rovina e avrebbe bisogno di decine di miliardi di dollari per la ricostruzione, la quale richiede per necessità la leadership degli Stati Uniti per raccogliere i fondi necessari.
Per evitare errori di valutazione che possano portare ad una guerra non intenzionale tra Israele ed Iran/Hezbollah, e forse all’accidentale coinvolgimento della Siria, gli Stati Uniti devono:
Mantenere la presenza delle truppe americane e dei consulenti inviati in Siria a combattere l’Isis, e aumentare ulteriormente la presenza per fornire agli Stati Uniti l’influenza di cui hanno bisogno per giocare un ruolo importante nella ricerca di una soluzione, in collaborazione con la Russia.
Riaffermare la propria dedizione alla sicurezza nazionale di Israele. Per di più, nonostante l’attuale coordinazione strategica delle difese dei due stati, l’amministrazione Trump dovrebbe prendere in considerazione di pubblicare un comunicato, seguendo il percorso imboccato col suo impegno nella Nato.
Gli Stati Uniti dovrebbero dichiarare che ogni grande attacco ad Israele costituirà un attacco agli Stati Uniti. Questo scoraggerebbe certamente l’Iran anche solo al contemplare qualsiasi ampia ostilità nei confronti di Israele.
Idealmente, Trump dovrebbe focalizzarsi sulla correzione dell’accordo sul nucleare con l’Iran in collaborazione con gli altri cinque firmatari, e farlo attraverso canali diplomatici invece che lanciando un ultimatum in cui minaccia di ritirarsi completamente dallo stesso entro maggio, cosa che acuirebbe semplicemente le tensioni regionali.
Conoscendo il disprezzo di Trump nei confronti dell’Iran e la sua descrizione dell’accordo come “il peggiore della storia”, potrebbe ancora ritirarsi dal patto. Come minimo, comunque, dovrebbe evitare di ripristinare le sanzioni, in modo che gli altri firmatari abbiano comunque l’opportunità di modificarlo attraverso le negoziazioni.
Altrimenti, la precipitosa ritirata dall’accordo agiterebbe semplicemente gli iraniani e potrebbe spingerli ad abbandonarlo del tutto, cosa che potrebbe potenzialmente condurre alla proliferazione del nucleare nella zona, che gli Stati Uniti e i loro alleati nell’area vogliono evitare.
Inoltre, in un momento in cui gli Stati Uniti vogliono negoziare la denuclearizzazione con la Corea del Nord, non dovrebbero revocare unilateralmente l’accordo con l’Iran per poi aspettarsi che la Corea del Nord si fidi della loro capacità di rispettare gli impegni presi.
L’ironia del tutto è che nessuno degli attori coinvolti in modo diretto o indiretto nella guerra civile in Siria vuole esacerbare il conflitto minacciando Israele, che non si fermerà davanti a niente per proteggere la sicurezza nazionale, specialmente se la minaccia è ritenuta esistenziale.
Ogni fazione sa inoltre che, a prescindere da quanti danni potrebbe incassare Israele in una guerra del genere, ne uscirebbe vittorioso, infliggendo livelli di distruzione forse senza precedenti ai suoi nemici.
In ultima analisi, ogni decisione relativa al conflitto si misura in termini di costi e benefici. Non c’è niente che suggerisca che uno qualsiasi degli attori coinvolti preveda di ottenere benefici strategici a lungo termine che potrebbero giustificare una guerra catastrofica.
La guerra potrebbe scoppiare per colpa di errori di valutazione, che possono però essere evitati. La Russia, in particolare, e gli Stati Uniti devono cooperare e fare forti pressioni sui rispettivi clienti per prevenire simili errori.
Leggi anche: L’Iran sta silenziosamente consolidando le sue forze armate in Siria
Articolo a cura di Alon Ben-Meir, traduzione a cura di Noemi Valentini
Luttwak sull'Iran:15/01/2018
http://www.linformale.eu/luttwak-procla ... ata-regimiIn una recente intervista all’Informale Daniel Pipes, a proposito dell’Iran, ci ha detto, “In qualsiasi giorno del futuro ci sarà una panetteria senza pane o un distributore senza benzina. Il risultato potrebbe essere un tumulto che si diffonderà attraverso il paese e che finirà per rovesciare il governo. È quello che prevedo, ma ovviamente, non posso sapere quando accadrà. Noi che ci troviamo all’esterno dovremmo intraprendere i passi necessari affinché questo giorno si avvicini”. È d’accordo con lui? L’occidente dovrebbe appoggiare le rivolte Iraniane anche rischiando che questa posizione possa mettere l’ayatollah nella posizione di dare la “colpa” all’occidente?
Beh non so cosa si intende esattamente quando si parla di occidente. L’Italia non ha strumenti per agire in Iran. I britannici un secolo fa erano efficaci a livello di intelligence operativa, ora non più. La CIA dispone di due o tre soggetti capaci di infiltrarsi in Iran, che parlano farsi, ma hanno limitate capacità operative.
Interventi esterni veri e propri sono difficili ed in alcuni casi controproducenti. La realtà iraniana funziona, e funzionerà in futuro in maniera autonoma fino al collasso del regime.
Mi spiego meglio: l’Iran è un paese di 80 milioni di abitanti, per andare avanti solo ed esclusivamente con i proventi del petrolio dovrebbe vendere 20 milioni di barili al giorno, allora sì che il paese sarebbe ricco. Ma con due, tre barili massimo di export al giorno, il guadagno è quasi nullo.
Chiaramente queste esportazioni sono importanti, ma sarebbe come dire che Israele è capace di mantenere tutto il paese esportando due navi piene di cemento al giorno, ovvero un’assurdità. Dunque l’Iran è un paese sostanzialmente povero, ciononostante le “avventure imperiali” dell’Iran in Siria hanno avuto delle spese militari altissime. Per non parlare di quanto costano le Guardie Rivoluzionarie. L’equazione è molto semplice, le spese per condurre questa guerra sono troppe, il paese non può sostenerle e si giungerà molto presto ad un collasso. Tutto ciò che deve fare l’occidente è aspettare il crollo del regime, perché è solo questione di tempo che ciò avvenga in maniera del tutto autonoma. Intervenire non avrebbe senso con queste premesse.
Gli Stati Uniti, con l’Amministrazione Trump, hanno riqualificato l’Iran come il principale stato islamico sponsor del terrorismo. In questo momento in Medioriente c’è un’inedita convergenza tra Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita finalizzata a contrastare la minaccia sciita. Si tratta di un ribaltamento a 180 gradi della dottrina Obama. È d’accordo con questa impostazione? Per quale motivo, secondo lei, l’occidente si è spinto così tanto ad equilibrare i rapporti con l’Iran durante l’amministrazione Obama e quali sono le conseguenze che paghiamo oggi?
L’Iran sembra una grande potenza se si guarda la situazione rispetto alla guerra in Siria, ma questa è solo un’immagine che non corrisponde alla verità. L’Iran mette in campo dodicimila soldati in Siria, sono miliziani appartenenti a gruppi sciiti dove la povertà regna sovrana e che per 3/4 dollari al giorno sono disposti a fare qualsiasi cosa. Vengono reclutati in Iran, Afghanistan, Pakistan.
L’Europa parla continuamente delle capacità iraniane avendo una visione totalmente distorta di questa realtà, e questo perché il regime teocratico è molto bravo a vendersi e a nascondere la propria natura fallimentare. Guardiamo solamente come stanno pubblicizzando l’aumento del prezzo del petrolio, come se una variazione cosi insignificante potesse davvero far fronte alle esigenze della popolazione: è semplicemente assurdo che l’Europa ci creda.
In ogni caso la responsabilità della sottomissione europea all’Iran si deve alla Mogherini, che è innamorata di questi regimi e fa di tutto per non offenderli, come ha fatto negli ultimi giorni non condannando la dura repressione del regime contro le proteste popolari. Negli Stati Uniti, Obama ha concesso l’accordo sul nucleare perché sperava che l’Iran cambiasse atteggiamento e che diventasse un interlocutore credibile. Ma dopo le numerose provocazioni degli iraniani, specialmente nel Golfo Persico, dove più di una volta hanno minacciato di attaccare le portaerei americane, dopo che per anni gli Stati Uniti hanno visto bandiere bruciate e politici inneggiare alla distruzione dell’America, l’amministrazione Trump sta iniziando a comportarsi come avrebbe fatto chiunque sotto minaccia.
Trump crede che un regime del genere, che inneggia alla “morte del grande satana americano” non debba essere considerato un paese amico. Possiamo dargli torto? Chi altri sopporterebbe tanto?
Per quanto riguarda i sunniti è un discorso diametralmente diverso. Queste nazioni sono incredibilmente vulnerabili e dipendono quasi esclusivamente dal petrolio. Quando si è così vulnerabili si ha paura che le proprie risorse vengano attaccate, e la più grande paura delle Monarchie Sunnite, in particolare dell’Arabia Saudita, è che le milizie sciite attacchino le infrastrutture finalizzate all’estrazione e all’esportazione di petrolio. Chiaramente nella loro ottica l’Iran sembra una superpotenza, di conseguenza hanno fatto di tutto per allearsi con Israele, che vuole agire contro l’Iran in maniera più occulta possibile. È chiaro che un via libera, seppur tacito, sugli aeroporti dei paesi del Golfo permetterebbe a Israele di avere un raggio d’azione contro l’Iran infinitamente maggiore.
Il recente voto all’ONU contro la decisione americana di dichiarare Gerusalemme capitale di Israele ha visto una netta contrapposizione tra Europa e Stati Uniti, con l’eccezione di alcuni paesi dell’Europa dell’Est. USA e Israele da una parte e l’Europa dall’altra. Chi è in grado di rappresentare meglio oggi i valori sui quali si incardina l’Occidente? A cosa si deve questa importante spaccatura?
Durante gli anni della guerra fredda Gerusalemme veniva considerata il centro del conflitto tra le due grandi potenze: Stati Uniti e Unione Sovietica.
Patto di Varsavia e NATO hanno scelto di non combattersi in territorio occidentale, perché si sarebbe consumata una guerra nucleare senza precedenti, e hanno quindi iniziato ad espandere le sfere di influenza in altri continenti appoggiando le posizioni degli attori coinvolti nei conflitti interni. Il fulcro dell’attività strategica è stato per decenni il Medio Oriente e il punto del Medio Oriente più conteso in assoluto nella storia è Gerusalemme.
Oggi Gerusalemme è considerata niente più che una città piena di storia e cultura ma non solletica più gli interessi delle grandi potenze. Solo due figure credono ancora nel ruolo strategico di Gerusalemme, ovvero il Papa e Federica Mogherini. Il primo deve crederci giocoforza, essendo la figura più importante del cattolicesimo. La seconda è stata per anni innamorata di Arafat e non vuole abbandonare l’idea che Gerusalemme debba essere consegnata ai palestinesi. Questo è il motivo per il quale in Europa si è fatta grande notizia sulla questione di Gerusalemme ed anche il motivo per il quale è stata trattata nelle ultime settimane come una città dalla grande rilevanza strategica, ma questo è solo lo specchio di quanto l’Europa sia così indietro.
È totalmente razionale proclamare Gerusalemme capitale di Israele, di fatto è cosi, tutte le altre opinioni restano mere mistificazioni della realtà, del tutto controproducenti e che rendono l’Europa poco credibile.
Il ruolo dell’ONU anche qua è stato totalmente marginale. È necessario rendersi conto che, ad oggi, l’ONU è un “luogo di cerimonie”. Da anni ormai non è più il centro del sistema internazionale, tutto ciò di cui si discute tra quelle mura non ha la minima rilevanza.
Dal Russiagate all’assurda tesi di Biden secondo il quale la Russia avrebbe degli interessi in Italia ( addirittura tanto da accusare Putin di essere intervenuto per i risultati del referendum), sembra che l’Europa sia totalmente ossessionata dalla Russia. Secondo lei a cosa si deve la russofobia europea? Sempre in merito alla Russia, che ruolo si è ritagliato Putin in Medio Oriente? E’ possibile che Israele, Russia e Siria possano trovare un accordo che limiti la presenza iraniana nella zona della Siria più prossima ad Israele e su quali basi potrebbe avvenire un accordo del genere?
Per quanto riguarda il Russiagate, è stato provato che lo sforzo russo di intervenire negli Stati Uniti è stato sotto i venticinquemila dollari. Questo significa che, seppur abbiamo inquadrato un minimo di intervento per influenzare i risultati delle elezioni americane, si parla di una cifra totalmente irrisoria, a fronte di un’esagerazione nella presentazione del caso da parte dei media statunitensi. Non difendo certamente questo tipo di azioni, lo considero uno schifo, ma allo stesso tempo sono realista e confermo che un investimento del genere non ha davvero alcun peso in un paese come gli Stati Uniti.
In Europa questo intervento non c’è mai stato. Angela Merkel non può attribuire i guai dei tedeschi ai russi, perché sono anni ormai che le sue politiche non tengono conto della volontà dei milioni di tedeschi, in primo luogo quelle sull’immigrazione.
In Medio Oriente, invece, la Russia sosterrà Assad fino alla fine, sono stati bravi e hanno dato l’esempio di come chi sostiene i russi non venga mai abbandonato. In generale si stanno muovendo benissimo su tutti i fronti: hanno appena concluso un accordo per la vendita di armi ai sauditi, hanno vinto senza riserve in Siria e contemporaneamente hanno mantenuto buoni i rapporti con Israele. Un accordo operativo mediato dalla Russia tra Siria e Israele è certamente possibile perché in un contesto come questo gli attori non si fidano più solo dei propri alleati, ma anche e soprattutto degli attori competenti.
La Russia può essere vista o meno come un alleato ma non può non essere vista come un attore credibile, efficace, competente. Questo lo hanno capito non solo la Siria e l’Iran, ma anche Israele e l’Arabia
Scoppia il caso Israele, ormai in rotta di collisione con l'IranStefano Cagelli
16 aprile 2018
https://www.democratica.com/focus/caso- ... erra-siria Un funzionario di Tel Aviv conferma il raid aereo in territorio siriano che ha provocato la morte di sette “consiglieri militari” di Teheran. Cresce il rischio di una resa dei conti
Un salto di qualità nella contrapposizione storica tra Israele e Iran. Potrebbero essere queste le (catastrofiche) “conseguenze regionali” di quanto accaduto negli ultimi giorni in Siria. Come abbiamo già avuto di scrivere all’indomani dell’azione militare coordinata da Stati Uniti, Francia e Regno Unito nei confronti di Damasco – rappresaglia per l’attacco chimico di Douma – e della dura reazione russo-iraniana, il vero rischio in questo momento è la resa dei conti tra lo Stato Ebraico e la Repubblica Islamica.
Una tesi supportata dalle rivelazioni di un funzionario israeliano al New York Times, che, per la prima volta, ha confermato che il raid aereo verso la base T-4, nell’area di Homs in Siria, che ha provocato la morte di almeno sette “consiglieri militari” iraniani, porta la firma dell’esercito con la Stella di David. “Abbiamo attaccato obiettivi iraniani, comprese strutture militari e soldati, in Siria”. Una risposta all’azione di Teheran che, nel mese di febbraio, aveva lanciato un drone carico di esplosivo nello spazio aereo israeliano. “Dopo quell’attacco – ha detto ancora il funzionario al quotidiano newyorchese – si è aperta una nuova era nello scontro tra Israele e Iran”. La mattanza chimica di Assad e la risposta occidentale non hanno fatto altro che accelerare questo processo.
Per Tel Aviv, l’attacco americano, francese e britannico è stato “un importante messaggio contro l’asse del male rappresentato da Iran, Siria e Hezbollah”. Per l’ayatollah Ali Khamenei, storico alleato di Assad, “Trump, Macron e May sono dei criminali” e l’attacco chimico di Douma “un complotto occidentale”.
Quella tra Israele e Iran è la riproposizione su scala regionale del conflitto in corso tra Stati Uniti e Russia, con l’aggravante dello scontro religioso e ideologico. E della contiguità territoriale. A differenza di un anno fa, quando 59 missili americani piovvero dal cielo siriano senza uomini iraniani sul terreno, oggi i pasdaran sono presenti in forze nelle zone di Damasco (che dista solo poche decine di chilometri dalle alture del Golan) e di Aleppo e questo è già di per sé motivo di grande allarme per Israele.
E le parole pronunciate da Bahram Qassemi, portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, secondo il quale “Israele prima o poi la pagherà, perché non può pensare di fare un’azione del genere (l’attacco alla base T-4) e restare impunito”, suonano come un lugubre campanello d’allarme. E’ anche per questo che il ministro della Difesa israeliano, Avidgor Lieberman, intervistato dal sito Walla, ha detto chiaramente che “non permetteremo il consolidamento iraniano in Siria e neppure che la Striscia di Gaza diventi un fronte iraniano”.
Intanto, molto faticosamente, le diplomazie internazionali si muovono per evitare un’escalation del conflitto. Mosca ribatte colpo su colpo alle accuse di Washington, Londra e Parigi ma si dice “pronta al dialogo”. Stati Uniti e Gran Bretagna sostengono però queste parole non siano seguite dai fatti. “Il regime siriano e la Russia non permettono agli ispettori dell’Opac di raggiungere Douma per chiarire quanto accaduto il 7 aprile”, ha denunciato la rappresentanza britannica. “Sono bloccati a causa dell’attacco condotto sabato scorso”, ha risposto il vice ministro degli Esteri russo, Sergei Ryabkov. L’ambasciatore statunitense all’Opac, Kenneth D. Ward, si è detto “preoccupato che la Russia abbia manomesso il sito” dell’attacco e che Mosca “sia stata coinvolta” dal regime. Ieri Washington ha annunciato nuove sanzioni contro la Russia proprio per aver appoggiato il regime di Damasco.
Da Lussemburgo, terminato il Consiglio degli Affari esteri europeo, l’Ue fa sapere di essere “unita nel sostegno al divieto totale” e ribadisce che “l’uso di armi chimiche è inaccettabile”. La Lega Araba condanna sempre l’uso delle armi chimiche ma chiede anche “un’indagine indipendente per ottenere delle prove” senza dunque accusare direttamente il regime di Bashar al-Assad che può contare sempre più sul sostegno iraniano.
Il pressing di Israele per convincere gli alleati: "Il vero nemico è l'Iran"COME SEMPRE LA GRANDE FIAMMA NIERENSTEIN
https://www.facebook.com/adriano.marche ... 4291580790 Il possibile, non confermato, attacco israeliano alla base iraniana a gestione Hezbollah, Jabal Azzan nella zona di Aleppo, è stato un "bum" quasi in sordina rispetto alla gran confusione trumpiana. Invece è il botto che potrebbe disegnare più di ogni altro il futuro bellico dopo l'attacco americano alle strutture chimiche di Assad. Sabato notte una grossa, forse la maggiore base armata delle forze straniere in Siria, il sito di rifornimento degli amici di Assad, è diventata cenere, e ci sono anche un paio di decine di morti. Un'esplosione casuale? È stata Israele? Non si sa nulla. Anche gli Hezbollah dicono "se c'ero dormivo": troppa confusione in giro. Tutti preferiscono protestare, e fra loro i peggiori violatori di ogni regola di civiltà, per l' "effrazione delle norme internazionali" per l'attacco della coalizione. E così ha seguitato a fare anche ieri il ministro degli Esteri Mohammad Javad Zarif e persino Hassan Nasrallah, il capo degli Hezbollah.
Netanyahu ieri durante la riunione di gabinetto, mentre commentava l'intervento, però ha detto: "L'elemento di sostanziale sovversione, più di ogni altro, è l'Iran. Quando Assad permette a Iran e amici di stabilire una base militare, mette a rischio la Siria e la stabilità di tutto il Medio Oriente". Ovvero, la breve guerra appena conclusasi non ha risolto nessun problema, ma ha contribuito a segnalare la pericolosità di una situazione che esplode ogni momento. È impensabile che Israele consenta al suo nemico genocida, al governo degli ayatollah il cui primo passo nell'obbligo teologico del potere islamico in Terra è la distruzione di Israele, di avanzare il proprio confine irto di missili e strutture venefiche fino quasi a Gerusalemme. E non glielo lascerà fare. L'ha detto e ridetto, ed è vero. Un'altra Shoah non ci sarà.
Il retroterra attuale: ci sono decisioni fatali in vista. Il 12 di maggio l'Europa dovrebbe prendere le sue decisioni su come si potrebbe modificare, perché sia accettabile, il pessimo accordo nucleare con l'Iran. Anche sulla sua base, Trump deciderà cosa fare il 15 di maggio, quando dovrà pronunciarsi sulla sua cancellazione o modifica. L'Iran teme quella data, ma si sente forte del sostegno della Russia che ha basato la sua presa sulla Siria e lo sbocco sul Mediterraneo sul supporto a Assad delle Guardie Rivoluzionarie guidate in persona da Qassem Suleimani, il generale stratega dell'imperialismo iraniano. Suleimani nel 2015 (già dal 2011 l'Iran si aggirava per la Siria) rinvigorì il patto con Putin. Servì anche a rafforzarlo agli occhi di Rouhani, che non è convinto che la forza Quds in Siria sia un'idea vincente. Stare bocca a bocca con Israele non è un giuoco che si vince facilmente, anzi, quasi sempre si perde.
Dopo le centinaia di attacchi ai convogli di armi iraniane agli Hezbollah, sempre riusciti, è un svolta l'attacco alla base T4 dieci giorni fa, in cui sono stati fatti 14 morti, fra cui 7 iraniani, ma soprattutto è stata distrutta la base tecnologica dei droni iraniani, molto avanzati. Israele ci ha messo tanto impegno, fino a perdere uno dei suoi F15 nell'attacco, perche il drone iraniano entrato nel suo cielo il 10 febbraio, adesso si sa, trasportava esplosivo. È stato colpito pochi secondi dopo essere entrato nello spazio aereo israeliano, ma l'intenzione era agghiacciante: l'Iran ha compiuto un atto di guerra diretto. Dopo i sette morti, si aspetta la prossima mossa di Soleimani: probabilmente eviterà una guerra sul confine siriano.
Troppo rumore, troppo fumo da quelle parti. Ma potrebbe sparare un missile Kornet, farlo azionare dagli Hezbollah, o attaccare un'ambasciata o una struttura all'estero, come ha già fatto varie volte, ammazzando centinaia di ebrei nel mondo. Netanyahu ha lungamente, con molti incontri e conversazioni con Putin, cercato di spiegare che Israele non ha intenzione di litigare con la Russia, né la Russia vede qualche vantaggio nello scontro con Israele. Certo, adesso pondera se fornire il sistema antimissilistico S300 ai siriani, e questo impedirebbe le operazioni israeliane contro le armi iraniane. Lo sa anche Putin, per cui non è comodo avere l'Iran sempre nel mezzo, con i guerrieri fanatici Hezbollah, che a loro volte considerano la Russia un impiccio momentaneo rispetto alla guerra santa. Putin forse lo comincia a capire.
Aleppo è un pesante segnale che la guerra non è finita, anzi, è appena cominciata. Quanto a Trump, anche se il suo obiettivo dichiarato sono solo le armi chimiche, ormai Pandora ha rotto il vaso. L'Iran è come le armi chimiche: una violazione esplosiva delle norme di convivenza. Ma può l'America consentire che il Medio Oriente esploda?