Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom dic 04, 2022 11:04 pm

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Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2022 8:43 pm

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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2022 8:44 pm

18)
La paura della Russia non era e non è quella di essere aggredita dalla NATO ma di non poter più aggredire i confinanti più deboli, di non poter più esercitare la prepotenza su di loro per timore della difesa e delle ritorsioni NATO



Le demenzialità criminali di Putin

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 6159015433

Il Presidente russo #Putin:

"La Russia è vista in Occidente come un Paese di seconda classe che non ha alcun diritto di esistere. Non siamo pazzi, capiamo cosa sono le armi nucleari. Abbiamo questi mezzi in un modo più avanzato e moderno di qualsiasi altro Paese nucleare, questo è un fatto evidente".
La Russia è un Paese di seconda classe che non ha alcun diritto di esistere?
Non l'ho mai pensato, mi rivolgo all'intelligenza della "massa":
La Russia è un Paese di seconda classe che non ha alcun diritto di esistere?


Veneti Per l'Ucraina
Questo demente criminale confonde il sacrosanto diritto ad esistere rispettando il prossimo con il non diritto ad esistere non rispettando e aggredendo il prossimo. Non esiste il diritto alla prepotenza, alla sottomissione, alla egemonia violenta, alla riduzione in schiavitù degli altri.


I primati negativi della incivile e malvagia Russia di Putin
La incivile e malvagia Russia nazifascista di Putin, i suoi primati negativi e le sue azioni criminali
viewtopic.php?f=143&t=3010
https://www.facebook.com/alberto.pento/ ... 4000746683
La Russia di Putin non è un faro di civiltà per il mondo, non è certo un paradiso per i cristiani e non è nemmeno una patria felice e ideale per i russi e per le altre etnie di questa federazione imperiale a egemonia suprematista russa.


Ecco il discorso che l’oppositore russo Ilya Yashin ha tenuto alla fine del processo che lo vede imputato per aver usato la parola “guerra”. E’ stata proposta per lui una condanna a nove anni da trascorrere in una colonia penale.
Un discorso di altissimo livello morale.

(Pubblicato su “il Foglio”, 7/XI/2022)

Cari ascoltatori, sarete d’accordo che la frase “’ultima parola dell’imputato” suoni molto cupa. Come se dopo aver parlato in tribunale, la mia bocca venisse cucita e mi fosse proibito parlare per sempre. È proprio questo il punto: sarò isolato dalla società e tenuto in prigione perché vogliono che io stia zitto. Perché il nostro parlamento ha cessato di essere un luogo di discussione e ora tutta la Russia deve concordare silenziosamente con qualsiasi azione delle autorità. Ma prometto: finché sarò vivo, non lo sopporterò. La mia missione è dire la verità. L’ho pronunciata nelle piazze, negli studi televisivi, nelle tribune parlamentari. Non rinuncerò alla verità nemmeno dietro le sbarre. Dopotutto, citando un classico, “la menzogna è la religione degli schiavi, e solo la verità è il dio di un uomo libero”. All’inizio del mio intervento, vorrei rivolgermi alla corte. Vostro onore, apprezzo il modo in cui è stato gestito questo processo. Lei ha tenuto un processo pubblico, l’ha aperto alla stampa e agli ascoltatori, non ha impedito a me di parlare liberamente e ai miei avvocati di lavorare. E all’apparenza non ha fatto niente di speciale: è così che dovrebbero essere tenuti i processi in qualsiasi paese normale. Ma nel campo bruciato della giustizia russa, questo processo sembra qualcosa di vivo. E mi creda, lo apprezzo. Lo dico con franchezza, Oksana Ivanovna (nome della giudice ndr): lei mi ha trasmesso un’impressione insolita. Ho notato con quale interesse ascolta, come reagisce, come dubita e riflette. Per il potere, lei è soltanto un ingranaggio del sistema, che deve svolgere docilmente la sua funzione. Ma vedo davanti a me una persona viva che la sera si toglierà la toga e andrà a fare la spesa nello stesso negozio dove va mia madre. E non ho dubbi che lei e io siamo afflitti dagli stessi problemi. Sono sicuro che anche lei, come me, è scioccata da questa guerra e prega che l’incubo finisca presto. Sa, Oksana Ivanovna, ho un principio che seguo da molti anni: fai ciò che devi, qualunque cosa accada. Quando è iniziata la guerra, non ho dubitato per un secondo su cosa avrei dovuto fare: rimanere in Russia, dire la verità ad alta voce e fermare lo spargimento di sangue con tutte le mie forze. Mi fa male fisicamente rendermi conto di quante persone sono morte in questa guerra, quanti destini sono stati storpiati e quante famiglie hanno perso la casa. Questo non può essere tollerato. E giuro che non mi pento: è meglio trascorrere 10 anni dietro le sbarre, da uomo onesto, che bruciare silenziosamente di vergogna per il sangue che versa il tuo governo. Naturalmente, Vostro onore, non mi aspetto un miracolo qui. Lei sa che non sono colpevole e io so quanto questo sistema la mette sotto pressione. È ovvio che dovrò ottenere un verdetto di colpevolezza. Ma non le porto rancore e non le auguro niente di male. Tuttavia, cerchi di fare tutto ciò che è in suo potere per prevenire l’ingiustizia. Ricordi che non solo il mio destino personale dipende dalla sua decisione, ma rappresenta una condanna per quella parte della nostra società che vuole vivere pacificamente e civilmente. Quella parte della società, a cui, forse, appartiene anche lei, Oksana Ivanovna.
Usando questa tribuna, vorrei anche rivolgermi al presidente russo Vladimir Putin. All’uomo responsabile di questa strage, che ha firmato la legge sulla “censura militare” e per volontà del quale sono in carcere. Vladimir Vladimirovich, guardando le conseguenze di questa mostruosa guerra, probabilmente ha già capito quale grave errore abbia commesso il 24 febbraio. Il nostro esercito non è stato accolto con fiori. Siamo chiamati giustizieri e occupanti. Le parole “morte” e “distruzione” ora sono fortemente associate al suo nome. Ha portato terribili disgrazie al popolo ucraino, che probabilmente non ci perdonerà mai. Ma lei è in guerra non solo con gli ucraini, ma anche con i suoi compatrioti. Manda centinaia di migliaia di russi nell’inferno della battaglia, molti non torneranno mai più a casa, essendosi trasformati in polvere. Molti rimarranno paralizzati e impazziranno per ciò che hanno visto e vissuto. Per lei, queste sono solo statistiche sulle perdite, numeri in colonna. Per molte famiglie invece è il dolore insopportabile di perdere mariti, padri e figli. Sta privando i russi della loro casa. Centinaia di migliaia di nostri concittadini hanno lasciato la loro patria perché non vogliono uccidere ed essere uccisi. La gente sta scappando da lei, signor presidente. Non se ne accorge? Ha minato le basi della nostra sicurezza economica e trasferendo l’industria sul campo militare sta riportando indietro il nostro paese. Carri armati e pistole sono di nuovo prioritari e le nostre realtà sono di nuovo povertà e mancanza di diritti. Ha forse dimenticato che una tale politica ha già portato al collasso il nostro paese? Lasci pure che le mie parole suonino come una voce che grida nel deserto, ma la esorto, Vladimir Vladimirovich, a fermare immediatamente questa follia. E’ necessario riconoscere la politica nei confronti dell’Ucraina come errata, ritirare le truppe dal suo territorio e passare a una soluzione diplomatica del conflitto. Ricordi che ogni nuovo giorno di guerra significa nuove vittime. Basta.
Infine, voglio rivolgermi alle persone che hanno seguito questo processo, mi hanno sostenuto in tutti questi mesi e attendono con ansia il verdetto: gli amici! Qualunque decisione prenda il tribunale, non importa quanto severa sia la sentenza, questo non dovrebbe spezzarvi. Capisco quanto sia difficile per voi adesso, quanto siete tormentati dalla sensazione di impotenza e disperazione. Ma non dovete arrendervi. Per favore, non cadete nella disperazione e non dimenticate che questo è il nostro paese. Merita che per lui si combatta. Siate coraggiosi, non tiratevi indietro davanti al male e resistete. Difendete la vostra strada, le vostre città. E, soprattutto, difendetevi a vicenda. Siamo molti di più di quanto sembri, e io e voi siamo una forza enorme.
Beh, non preoccupatevi per me. Prometto che sopporterò tutte le prove, non mi lamenterò e percorrerò questo percorso con dignità. E voi, per favore, promettetemi che rimarrete ottimisti e non dimenticherete mai di sorridere. Perché vinceranno loro proprio nel momento in cui noi perderemo la capacità di goderci la vita.
Credetemi, la Russia sarà libera e felice.
Insisto nella mia convinzione: i russi liberi esistono. Forse non saranno molti, ma ci sono. Sono dalla parte giusta, e meritano anche loro sostegno perché anche loro come gli ucraini sono europei, ne hanno bisogno e lo meritano per il loro coraggio. Ma oltre a tutto, sostenerli conviene anche a noi, perché è meglio confinare con la Cina sull'Amur che non nel Donbass.


Riprendiamo dalla TASS (agenzia di stampa ufficiale russa) l'ultima dichiarazione di Putin.
7 dicembre 2022

https://www.facebook.com/mark.syenin/po ... HTkdv5qLSl

«Per quanto riguarda i risultati dell'operazione militare speciale, alcuni di essi potrebbero manifestarsi solo dopo molto tempo. Sono apparsi nuovi territori. Questo è un risultato significativo per la Russia. Si tratta di questioni serie. Prendiamo il Mare d'Azov, che è diventato il mare interno della Russia. È una cosa molto seria", ha detto.
Putin ha ricordato che anche Pietro il Grande, ai suoi tempi, aveva combattuto per l'accesso al Mare d'Azov. La cosa più importante, però, è la gente che vive in tutti questi territori, ha detto».
Putin ha anche lamentato che "l'Occidente tratta la Russia come un Paese di seconda classe senza diritto di esistere".
Queste affermazioni fanno cadere, da una parte, tutto il castello di menzogne sulle ragioni della guerra di aggressione che la Federazione Russa ha scatenato contro l'Ucraina. Si tratta, stando alle parole di Putin, di una guerra per la conquista di territori, per il controllo del mare di Azov, e per l'acquisizione di popolazione necessaria a combattere la grave crisi demografica russa.
Dall'altra parte mostrano, in modo persino grottesco, le premesse psicologiche su cui è basata l'aggressività di Mosca. Il vittimismo, la paranoia, il complesso di persecuzione che è un tratto costante della politica russa da molti decenni.
Forse è anche a causa dell'età, ma l'impressione è che Putin con il passare del tempo stia perdendo ogni ritegno e svelando, oltre il volto feroce del criminale di guerra, quello di un attore di serie B buono per recitare una sceneggiata napoletana, non certo per guidare un paese che vorrebbe essere considerato "di prima classe".


L'OSSESSIONE CHE SPINGE LA RUSSIA
di Ernesto Galli della Loggia, Il Corriere della Sera
11 dicembre 2022

https://www.facebook.com/pino.pietroluc ... wFYuTHaW9l

La storia può essere una mirabile galleria di precedenti: il 31 ottobre 1939, in una sessione straordinaria del Soviet Supremo, Molotov, presidente del Consiglio dei ministri e ministro degli esteri dell’Unione sovietica, dopo aver definito la Polonia appena annientata dalle armate naziste «una mostruosa creatura generata dal Trattato di Versailles tenuta in vita a spese dell’oppressione delle nazionalità non polacche», e della quale perciò era impensabile una futura restaurazione, annunciò l’accoglimento della richiesta da parte delle locali Assemblee del popolo di far entrare l’Ucraina e la Bielorussia occidentali (fino a due mesi prima territori a tutti gli effetti polacchi) nell’Urss.
Più o meno insomma — sia pure senza l’ipocrita modalità del finto referendum — si trattò della medesima tecnica di annessione messa in opera qualche mese fa da Vladimir Putin ai danni della regione ucraina del Donbass: «Sono loro che vogliono essere annessi, noi non facciamo altro che acconsentire». All’annessione dei territori polacchi fece poi seguito da parte di Mosca l’occupazione militare nonché la brutale quanto rapida sovietizzazione anche di Estonia, Lettonia e Lituania culminata nel giugno del ’40 nell’ incorporazione anche dei tre Stati baltici nell’Unione sovietica. Solo con la Finlandia l’operazione non riuscì perché Helsinki decise di resistere con le armi.
Quello appena ricordato è l’esempio più clamoroso (dirò poi perché) di due caratteri costitutivi della storia russa da cui con tutta evidenza Putin è suggestionato fin quasi all’ossessione: l’annessionismo e la ricerca di una sfera d’influenza.

Tra il XVII e il XIX secolo una particolarissima condizione geografica consentì alla Moscovia, il cuore dello Stato russo, di divenire, prima grazie alla conquista della sterminata Siberia e all’annessione di gran parte della Polonia-Lituania, dell’Ucraina e della Crimea, e poi grazie all’occupazione coloniale dei confinanti altrettanto immensi territori dell’Asia centrale, l’unico Stato transcontinentale del pianeta: da Varsavia all’Alaska (russa fino a metà ’800), dall’Artico alle vette dell’Hindu-Kush. Ciò che peraltro non impedì alla medesima Russia zarista di aspirare costantemente anche a una sfera d’influenza nei Balcani e a uscire dal Mar Nero verso il Mediterraneo.
La Russia sovietica fu la degna erede di questa storia. A causa della Prima guerra mondiale e della rivoluzione essa dovette rinunciare agli Stati Baltici, alla Polonia e alla Finlandia, ma nonostante i proclami iniziali si guardò bene dal concedere l’indipendenza all’Asia islamica che anzi in pratica incorporò. Anche nei dirigenti comunisti, insomma, rimase la medesima ossessione spaziale dei loro predecessori: se possibile ancor più acuita dal perenne timore paranoico della «reazione in agguato», del nemico esterno, dal quale quindi cautelarsi allontanandolo alla maggiore distanza possibile.
Ma non è questa esattamente la medesima ossessione che si legge oggi dietro i discorsi e le azioni di Vladimir Putin, dietro la sua decisione di aggredire l’Ucraina? Non è forse anche all’odierno padrone del Cremlino che l’espansione, la ricerca di sempre maggior spazio, la bulimia di influenza territoriale, appaiono il solo modo di esorcizzare l’insicurezza profonda di cui il suo potere, così come da secoli ogni potere russo a torto o a ragione, si sente sempre minacciato? Non sembra forse anche lui convinto che qualunque venir meno di un «grande spazio» metta in discussione la stessa identità dello Stato russo (quasi, viene da pensare, che come i suoi predecessori pure lui non sia sicuro di dove inizi e dove finisca la Russia stessa)?
Ma finito il tempo degli zar dal 1917 Mosca ha un problema cruciale: cercare di nascondere o contraffare di fronte al mondo il carattere reazionario e le brutali conseguenze imperialistiche del suo drammatico e irrisolto rapporto con lo spazio.
Ed è precisamente da questo punto di vista che appare davvero esemplare, simbolicamente esemplare, il comportamento tenuto dal potere russo rispetto al documento-chiave, all’atto in un certo senso fondativo, della sua vertiginosa crescita territoriale e di potere geo-politico in coincidenza con la Seconda guerra mondiale. Comportamento sul quale oggi possiamo dire di sapere tutto grazie a un importante libro appena uscito di Antonella Salomoni (Il protocollo segreto. Il patto Molotov-Ribbentrop e la falsificazione della storia, il Mulino) che ne ha ricostruito tutte le tappe.
Si tratta del protocollo firmato dall’Urss e dalla Germania nazista contemporaneamente al Patto di non aggressione del 23 agosto ’39 — che entrambe le parti s’impegnarono a tenere segreto — con il quale non solo in pratica i due Paesi si spartirono la Polonia ma si dividevano altresì in due grandi sfere d’influenza tutta l’area dalla Finlandia alla Moldavia (dove come ho già detto, la Russia si affrettò subito a fare man bassa in attesa di completare l’opera dopo il 1945). Un protocollo segreto che cambiava completamente la vera natura e il significato del patto. Il fine sbandierato della «non aggressione», diveniva infatti la maschera di tutt’altro: della piena partecipazione dell’Urss ai frutti dell’aggressione hitleriana alla Polonia, atto d’inizio della guerra europea. Era cioè il consenso sovietico a quell’aggressione in cambio di un enorme ampliamento territoriale sul Baltico e della creazione di una potenziale sfera d’influenza nei Balcani sudorientali.
Da parte russa, dunque, era non già un modo per guadagnare tempo e cercare di ritardare l’attacco della Germania considerato prima o poi inevitabile — come l’ Unione sovietica si sforzò da subito e poi sempre in seguito di presentare l’accordo — bensì si trattava di una vera e propria alleanza in cui Berlino metteva le armi e Mosca il suo placet (oltre che una vera e propria valanga di materie prime per la macchina bellica tedesca, con un’altra intesa): ovviamente comune, pertanto, la divisione degli utili. Come avrebbe ammesso il presidente della Commissione d’indagine russa nominata un anno prima del crollo del comunismo, il protocollo «inficiava lo status ufficiale dell’Urss come neutrale»: insomma ne faceva virtualmente un’alleata del Terzo Reich e perciò suo complice nello scatenamento della guerra. L’intero senso del secondo conflitto mondiale ne usciva profondamente cambiato rispetto alla versione corrente: era dunque davvero necessario che il protocollo restasse segreto.
Ciò che fu possibile perché la sola altra copia esistente, quella presso il ministero degli esteri tedesco, era andata distrutta sotto le bombe. Sicché il mondo potè venire a conoscenza dell’accordo unicamente perché subito dopo la guerra uno stretto collaboratore di Ribbentrop ne cedette una copia microfilmata agli americani in cambio della libertà. Copia che naturalmente i sovietici sostennero sempre essere un volgarissimo falso.
Per mezzo secolo Mosca negò sempre, ostinatamente, l’esistenza del protocollo e lo stesso documento cartaceo originale con il testo del medesimo e le relative firme fu trasferito dall’archivio del ministero degli esteri per venire sepolto, con la classificazione più segreta, nell’archivio del Dipartimento generale del Comitato centrale del Pcus, una specie di camera blindata degli arcana imperii del comunismo russo. Un documento circondato da un valore politico-simbolico così dirompente che — ci dice Salomoni — della sua vera esistenza furono sempre a conoscenza pochissimi e che quando nel luglio 1987 Gorbaciov chiese che gli fosse mostrato, dopo averlo studiato decise di non condividerne il contenuto nemmeno con i membri del Politburo ordinando: «Non bisogna mostrarlo a nessuno. Sarò io stesso a dire con chi occorre farlo».
L’ora della verità sarebbe così venuta solo alla vigilia del crollo dell’Unione sovietica. Alla vigilia della «più grande catastrofe geopolitica della storia», come tante volte l’ha definita con rammarico Putin: dimentico però che prima di quella geopolitica c’era stata una gigantesca catastrofe morale e che nella storia talvolta capita che tra le due cose ci sia qualche rapporto.


"Guerra sarà lunga". E Putin torna ad agitare lo spauracchio nucleare
Federico Giuliani
11 dicembre 2022

https://www.ilgiornale.it/news/cronaca- ... 93141.html

La Russia continuerà a lottare costantemente per i suoi interessi nazionali in diversi modi. L’operazione militare speciale in Ucraina potrebbe diventare "un processo a lungo termine". Mosca, inoltre, si concentra sui "mezzi pacifici", ma "se non resta altro" è pronta a "difendersi con tutti i mezzi a disposizione". Vladimir Putin, tra le altre cose, ha lanciato un chiaro avvertimento indiretto all’Occidente parlando della situazione militare sul territorio ucraino. Il leader russo, inoltre, ha affermato che la minaccia di una guerra nucleare "sta aumentando"


Le parole di Putin

Procediamo con ordine. I due temi principali toccati da Putin sono coincisi con la guerra in Ucraina e con le organizzazioni occidentali per i diritti umani. Ebbene, alcune organizzazioni sono state "create come strumento di influenza sulla politica interna della Russia e soprattutto di altri Paesi dell'ex Unione Sovietica", ha tuonato il presidente russo, citato da Ria Novosti.

Nel corso di un incontro con il Consiglio russo per i diritti umani, Putin ha quindi sparato a zero, in videoconferenza, contro le organizzazioni per i diritti umani occidentali, la maggior parte delle quali considererebbero la Russia un Paese di seconda classe che non avrebbe alcun diritto di esistere.


Le organizzazioni per i diritti umani

Come ha spiegato il capo del Cremlino, da parte della Russia ci può essere solo una risposta, ossia "una lotta coerente" per i suoi "interessi nazionali". "Lo faremo con ogni mezzo. Prima di tutto, ovviamente, ci concentreremo su mezzi pacifici, ma se non rimane nient'altro, ci proteggeremo con tutti i mezzi a nostra disposizione", ha ribadito Putin.

"La dottrina internazionale dei diritti umani è utilizzata per giustificare il dominio ideologico dell'Occidente", ha rincarato la dose Putin. "Sì, ci sono diverse organizzazioni per i diritti umani in Occidente, ovviamente, ma sono state create principalmente per questi scopi", ha affermato. "E per sembrare neutrali, di tanto in tanto hanno menzionato casualmente le questioni relative ai diritti umani nei loro Paesi, ma è più come un'eccezione. Erano principalmente impegnati a lavorare professionalmente sulla pista russa e post-sovietica", ha concluso il capo del Cremlino.


La guerra in Ucraina

Parlando dell’Ucraina, il leader russo ha sottolineato che la missione di Mosca potrà durare ancora a lungo, senza tuttavia fornire ulteriori dettagli in merito. In merito all’eventualità che la Federazione Russa possa avallare un’ulteriore mobilitazione, questa non sarebbe nient’altro che un’indiscrezione senza senso. Il motivo è semplice: per Putin "parlare di un'ulteriore mobilitazione in Russia non ha senso, non è necessaria". Dei 300.000 mobilitati in Russia, 150.000 sono stati schierati nella zona dell'operazione militare in Ucraina, e di questi 77.000 si trovano nelle unità di combattimento.

"Per quanto riguarda i risultati dell'operazione" militare russa in Ucraina, "potrebbe essere un processo lungo ma sono comparsi nuovi territori: questo è un risultato così significativo per la Russia", ha proseguito Putin riferendosi ai territori ucraini conquistati dalle truppe del Cremlino. "Il mare di Azov è diventato un mare interno della Federazione Russa, queste sono cose serie", ha detto ancora Putin. "Soprattutto", ha continuato, "le persone che vivono in quei territori sono con noi e sono milioni, e questo è il risultato più importante".
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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2022 8:44 pm

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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2022 8:44 pm

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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2022 8:46 pm

19)
Zelensky sarà ricordato come il Padre dell'Ucraina finalmente divenuta stato-nazione indipendendente, un uomo pulito e senza macchia



DISCORSO IN OCCASIONE DEL CONFERIMENTO DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE.
forzaucraina.it
rsdpoSeotn7i1fh921cifcihf1gc9325i67hah8129uu8ut82m795 uc4830 ·

https://www.facebook.com/forzaucraina.i ... n2SYfV9q7l

È ora di assumersi le proprie responsabilità
Vostra Maestà, Vostre Altezze Reali, cari membri del Comitato norvegese per il Nobel, cittadini dell'Ucraina e cittadini del mondo.
Quest'anno, l'intera nazione ucraina stava aspettando l'annuncio dei vincitori del premio Nobel per la pace. Consideriamo questo premio un riconoscimento degli sforzi del popolo ucraino, che si è coraggiosamente opposto ai tentativi di distruggere lo sviluppo pacifico dell'Europa, nonché una celebrazione del lavoro svolto dagli attivisti per i diritti umani al fine di prevenire la minaccia militare per il mondo intero. Siamo orgogliosi di aver ascoltato, per la prima volta nella storia, la lingua ucraina durante la cerimonia ufficiale.
Stiamo ricevendo il premio Nobel per la pace durante la guerra iniziata dalla Federazione Russa. Questa guerra va avanti da otto anni, 9 mesi e 21 giorni. Per milioni di persone, parole come bombardamenti, torture, deportazioni, campi di filtraggio sono diventate all'ordine del giorno. Ma non ci sono parole che possano esprimere il dolore di una madre che ha perso il figlio appena nato in un bombardamento del reparto maternità. Un momento fa, stava accarezzando il suo bambino, chiamandolo per nome, allattandolo al seno, sentendone l’odore – e un attimo dopo un missile russo ha distrutto il suo intero universo. E ora il suo amato e tanto desiderato bambino giace nella bara più piccola del mondo.
Non ci sono soluzioni disponibili per le sfide che noi e il mondo intero stiamo affrontando ora. Anche altre persone di diversi Paesi stanno lottando per i propri diritti e libertà in circostanze estremamente difficili. Quindi, oggi cercherò di porre almeno le domande giuste in modo da poter iniziare a cercare queste soluzioni.
Primo. Come possiamo ridare significato ai diritti umani?
I sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale non ci sono più. E le nuove generazioni hanno cominciato a dare per scontati i diritti e le libertà. Anche nelle democrazie sviluppate sono in aumento forze che mettono in discussione i principi della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. I diritti umani non possono essere difesi una volta sola. I valori della civiltà moderna devono essere protetti.
Pace, progresso e diritti umani sono indissolubilmente legati. Uno stato che uccide giornalisti, imprigiona attivisti o disperde manifestazioni pacifiche rappresenta una minaccia non solo per i suoi cittadini. Uno tato del genere rappresenta una minaccia per l'intera regione e per la pace nel mondo nel suo insieme. Pertanto, il mondo deve rispondere adeguatamente alle violazioni sistemiche. Nel processo decisionale politico, i diritti umani devono essere importanti quanto i benefici economici o la sicurezza. Questo approccio dovrebbe essere applicato anche in politica estera.
La Federazione Russa, che ha costantemente distrutto la propria società civile, lo illustra molto bene. Ma i Paesi del mondo democratico hanno da tempo chiuso gli occhi su questo. Hanno continuato a stringere la mano alla leadership russa, a costruire gasdotti e a condurre affari come al solito. Per decenni, le truppe russe hanno commesso crimini in diversi Paesi. Ma sono sempre riusciti a farla franca. Il mondo non ha nemmeno risposto adeguatamente all'atto di aggressione e all'annessione della Crimea, che sono stati i primi casi del genere in Europa dalla Seconda guerra mondiale. La Russia credeva di poter fare quello che voleva.
Ora la Federazione Russa sta deliberatamente danneggiando i civili con l'obiettivo di fermare la nostra resistenza e occupare l'Ucraina. Le truppe russe distruggono intenzionalmente edifici residenziali, chiese, scuole, ospedali, corridoi di evacuazione, trattengono le persone nei campi di filtraggio, effettuano deportazioni forzate, rapiscono, torturano e uccidono persone nei territori occupati.
Il popolo russo sarà responsabile di questa vergognosa pagina della sua storia e del suo desiderio di restaurare con la forza il vecchio impero.
Secondo. Come iniziare a chiamare le cose con il proprio nome?
Il popolo ucraino vuole la pace più di chiunque altro al mondo. Ma la pace non può essere raggiunta da un Paese sotto attacco che depone le armi. Questa non sarebbe pace, ma occupazione. Dopo la liberazione di Bucha, abbiamo trovato molti civili assassinati nelle strade e nei cortili delle loro case. Queste persone erano disarmate.
Dobbiamo smettere di fingere che le minacce militari siano "compromessi politici". Il mondo democratico si è abituato a fare concessioni alle dittature. Ed è per questo che la volontà del popolo ucraino di resistere all'imperialismo russo è così importante. Non lasceremo che le persone nei territori occupati vengano uccise e torturate. La vita delle persone non può essere un “compromesso politico”. Lottare per la pace non significa cedere alle pressioni dell'aggressore, significa proteggere le persone dalla sua crudeltà.
In questa guerra, stiamo combattendo per la libertà nel vero significato della parola. E per questo stiamo pagando il prezzo più alto possibile. Noi, cittadini ucraini di tutte le nazionalità, non dovremmo discutere del nostro diritto a uno stato ucraino sovrano e indipendente e allo sviluppo della lingua e della cultura ucraine. In quanto esseri umani, non abbiamo bisogno di un'approvazione del nostro diritto di determinare la nostra identità e fare le nostre scelte democratiche. I tatari di Crimea, come altre popolazioni autoctone, non dovrebbero rinunciare al loro diritto di vivere liberamente nella loro terra natale, in Crimea.
La nostra lotta di oggi è fondamentale: dà forma al futuro dell'Ucraina. Vogliamo che il nostro paese del dopoguerra ci permetta di costruire istituzioni democratiche stabili, non strutture traballanti. I nostri valori contano di più non quando è facile incarnarli, ma quando è davvero difficile. Non dobbiamo diventare uno specchio dello stato aggressore.
Questa non è una guerra tra due stati, è una guerra tra due sistemi: autoritarismo e democrazia. Lottiamo per l'opportunità di costruire uno stato in cui i diritti di tutti siano protetti, con autorità responsabili, tribunali indipendenti e dove la polizia non zittisca e manifestazioni studentesche nella piazza centrale della capitale.
Sulla via verso la famiglia europea, dobbiamo superare il trauma della guerra e i rischi che ne derivano, e affermare la scelta del popolo ucraino determinata dalla Rivoluzione della Dignità.
Terzo. Come garantire la pace alle persone di tutto il mondo?
Il sistema internazionale di pace e sicurezza non funziona più. Un tartaro di Crimea, Server Mustafayev, come molti altri è stato messo nelle carceri russe a causa del suo lavoro per i diritti umani. Per molto tempo abbiamo usato la legge per proteggere i diritti umani, ma ora non abbiamo alcun meccanismo legale per fermare le atrocità russe. Così, tanti attivisti per i diritti umani sono stati costretti a difendere ciò in cui credono con le armi in mano. Ad esempio, il mio amico Maksym Butkevych, che ora è prigioniero dei russi. Lui e altri prigionieri di guerra ucraini, così come tutti i civili detenuti, devono essere rilasciati.
Il sistema delle Nazioni Unite, creato dopo la Seconda guerra mondiale dai vincitori, prevede alcune indulgenze ingiustificate per i singoli paesi. Se non vogliamo vivere in un mondo in cui le regole sono stabilite dagli Stati con maggiori capacità militari, tutto questo deve essere cambiato.
Dobbiamo iniziare a riformare un sistema internazionale per proteggere le persone dalle guerre e dai regimi autoritari. Abbiamo bisogno di garanzie effettive di sicurezza e rispetto dei diritti umani per i cittadini di tutti gli Stati, indipendentemente dalla loro partecipazione ad alleanze militari, capacità militari o potere economico. Questo nuovo sistema dovrebbe avere al centro i diritti umani.
E la responsabilità di questo non è solo dei politici. I politici provano ad evitare di cercare strategie complesse, che richiedono molto tempo. Spesso si comportano come se le sfide globali dovessero scomparire da sole. Ma la verità è che così peggiorano soltanto. Noi, gente che vuole vivere in pace, dovremmo dire ai politici che abbiamo bisogno di una nuova architettura dell'ordine mondiale.
Potremmo non avere strumenti politici, ma abbiamo ancora le nostre parole e la nostra posizione. Le persone comuni hanno molta più influenza di quanto pensino di avere. Le voci di milioni di persone, provenienti da diversi Paesi, possono cambiare la storia del mondo più velocemente degli interventi delle Nazioni Unite.
Quarto. Come garantire giustizia alle persone colpite dalla guerra?
I dittatori hanno paura che prevalga l'idea di libertà. Ecco perché la Federazione Russa sta cercando di convincere il mondo intero che lo stato di diritto, i diritti umani e la democrazia sono valori fasulli. Perché non proteggono nessuno in questa guerra.
Sì, in questo momento la legge non sta funzionando. Ma non pensiamo che sia per sempre. Dobbiamo rompere questo ciclo di impunità e cambiare l'approccio alla giustizia per i crimini di guerra. Una pace duratura che dia libertà dalla paura e speranza per un futuro migliore è impossibile senza giustizia.
Vediamo ancora il mondo attraverso la lente del Tribunale di Norimberga, dove i criminali di guerra sono stati condannati solo dopo la caduta del regime nazista. Ma la giustizia non dovrebbe dipendere dalla resilienza dei regimi autoritari. Dopo tutto, viviamo in un nuovo secolo. La giustizia non può aspettare.
Dobbiamo colmare il divario delle responsabilità e rendere possibile la giustizia per tutte le persone colpite. Quando il sistema nazionale è sovraccarico di crimini di guerra, quando la Corte penale internazionale può processare solo pochi casi selezionati o non ha alcuna giurisdizione.
La guerra trasforma le persone in numeri. Dobbiamo reclamare i nomi di tutte le vittime di crimini di guerra. Indipendentemente da chi sono, dal loro status sociale, dal tipo di crimine che hanno subito e dall'interesse dei media e della società nei loro casi. Perché la vita di chiunque non ha prezzo.
Il diritto è una materia viva, in continua evoluzione. Dobbiamo istituire un tribunale internazionale e assicurare alla giustizia Putin, Lukashenko e altri criminali di guerra. Sì, questo è un passo coraggioso. Ma dobbiamo dimostrare che lo stato di diritto funziona e che la giustizia esiste, anche se in ritardo.
Quinto. Come può la solidarietà globale diventare la nostra passione?
Il nostro mondo è diventato molto complesso e interconnesso. In questo momento, le persone in Iran stanno combattendo per la loro libertà. Le persone in Cina stanno resistendo alla dittatura digitale. La gente in Somalia sta riportando i bambini soldato a una vita pacifica. Sanno meglio di chiunque altro cosa significa essere umani e difendere la dignità umana. Il nostro futuro dipende dal loro successo. Siamo responsabili di tutto ciò che accade nel mondo.
I diritti umani richiedono una certa mentalità, una specifica percezione del mondo che determina il nostro pensiero e il nostro comportamento. I diritti umani diventano meno rilevanti se la loro tutela è lasciata solo ad avvocati e diplomatici. Quindi, non è sufficiente approvare leggi giuste o creare istituzioni formali. I valori sociali prevarranno sempre.
Questo significa che abbiamo bisogno di un nuovo movimento umanista che lavori con i significati, istruisca le persone, costruisca un sostegno di base e coinvolga le persone nella protezione dei diritti e delle libertà. Questo movimento dovrebbe unire intellettuali e attivisti di diversi Paesi, perché le idee di libertà e diritti umani sono universali e non hanno confini statali.
Questo ci consentirà di creare una domanda di soluzioni e di superare insieme le sfide globali: guerre, disuguaglianze, attacchi alla privacy, crescente autoritarismo, cambiamenti climatici, ecc. In questo modo possiamo rendere questo mondo un posto più sicuro.
Non vogliamo che i nostri figli attraversino guerre e sofferenze. Quindi, come genitori, dobbiamo assumerci la responsabilità e agire, non scaricarla sui nostri figli. L'umanità ha la possibilità di superare le crisi globali e costruire una nuova filosofia di vita.
È tempo di assumersi la responsabilità. Non sappiamo quanto tempo abbiamo ancora.
E poiché questa cerimonia del premio Nobel per la pace si svolge durante la guerra, mi permetterò di raggiungere le persone di tutto il mondo e chiedere solidarietà. Non dovete essere ucraini per sostenere l'Ucraina. Basta essere umani.
Oleksandra Matviichuk, Center for Civil Liberties (l'organizzazione ucraina è stata uno dei tre vincitori del premio Nobel per la pace 2022, insieme all'attivista bielorusso Ales Bialiatski e all'organizzazione russa per i diritti umani Memorial.)



Il sanguinario leader ceceno nella guerra ha svolto i compiti più brutali
Kadyrov, il pitbull al servizio del padrone Putin "Lo Zar gli aveva chiesto di uccidere Zelensky"
Andrea Cuomo
18 Dicembre 2022

https://www.ilgiornale.it/news/politica ... 96897.html

Lo sgherro di Putin è un dittatore con la faccia da kalashnikov che non si può dire abbia il senso del ridicolo. Altrimenti non si farebbe riprendere mentre corre in mimetica, lui che è atletico come uno scaldabagno, e un mitra in mano, attorniato da una flotta di Suv pure mimetici che gli fanno da corpo di ballo, in uno spot che si vorrebbe dello spirito guerriero per cui la Cecenia è sinistramente famosa e invece sembra quello di un dopobarba anni Ottanta.

Ramzan Kadyrov è un signore della guerra dalla fisiognomica non proprio da raffinato intellettuale ma che ha ben chiaro il senso dell'onore e del rispetto. In patria, nella Cecenia che è una piccola repubblica caucasica della Federazione russa che lui ha contribuito a mantenere sotto il tallone di Mosca dopo le violente pulsioni autonomistiche che furono sedate in due guerre a cavallo dei millenni, è un barbaro tiranno che stermina ogni persona in odore di dissidenza e vive con fastidio qualsiasi riferimento ai diritti umani e civili. Nei suoi rapporti con Vladimir Putin è un devoto pitbull che azzanna la caviglia indicata dal padrone. Dall'inizio dell'invasione dell'Ucraina Putin ha tolto la museruola al suo cagnaccio utilizzandolo per i lavori più sporchi. Pare che nei primi giorni del conflitto i compiti di Kadyrov fossero ben chiari: avrebbe dovuto occupare la sede del governo di Kiev e assassinare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Secondo il Wall Street Journal, che riporta informazioni rivelate da funzionari dell'intelligence e della sicurezza ucraini, Kadyrov fu convocato al Cremlino dal suo mentore tre settimane prima dell'invasione per «studiare una strategia» per utilizzare il suo talento da tagliagole e affidargli le peggiori efferatezze del conflitto. Uno scherzo per un uomo il cui nickname è il «macellaio di Grozny» ed è accusato di avere torturato, stuprato, ucciso, rapito i suoi nemici e i suoi oppositori. A lui nel corso della guerra sarebbe stato richiesto anche di trasmettere il fuoco sacro del suo esercito indomabile alle forze imborghesite e fiaccate di Mosca.

Kadyrov ha 46 anni ed è un sanguinario che si crede uno statista. Il padre, Akhmat, fu il primo presidente della Repubblica autonoma di Cecenia nata al termine della seconda guerra cecena, già lui fedelissimo russo dopo un'iniziale adesione alle istanze delle forze secessioniste. Durò in carica pochi mesi, dal 5 ottobre 2003 al 9 maggio 2004, quando fu ucciso in un attentato allo stadio di Grozny, circostanza che non impedì al figlio, una volta preso il suo posto, di organizzare periodicamente partite di calcio con ex grandi calciatori, nelle quali ha il vezzo di schierarsi e di assicurarsi di finire sul tabellino in qualità di goleador o almeno di assistman. Kadyrov junior salì al potere in Cecenia nel 2006 dapprima come primo ministro, poi come presidente ad interim e infine come presidente nominato dallo stesso Putin, il 5 aprile 2007, l'inizio di un quindicennio di potere incontrastato, gestito con le armi del nepotismo, della propaganda, del terrore. Un uomo rozzo e belluino, che crede di vivere in un perenne western caucasico: spara o sembra perennemente in procinto di farlo, risolve qualunque discussione in un duello a senso unico, se non riesce a eliminare un avversario mette generose taglie a vantaggio di chi dovesse riuscirci, è protetto da una milizia privata a cui ha dato il nome con cui i suoi militanti sono sbeffeggiati (kadyrovtsy). Come tutti i tiranni vive le elezioni come un noioso pedaggio da pagare alla scenografia di una democrazia, che ama vincere con percentuali del 99,7 per cento, pure pochino per uno che ha spesso vaticinato per il suo partito Russia Unita un bottino elettorale del «115-120 per cento». Di lui si sospetta che si sia occupato dell'eliminazione di Boris Nemtsov l'ex primo ministro russo e delfino di Boris Eltsin ucciso a due passi dal Cremlino il 27 febbraio 2015. Di certo ha eliminato le immagini dei supereroi della Marvel (Capitan America? Puah!) visti una volta in una scuola e ritenuti diseducativi. Via tutti. Sventurata la terra che ha bisogno di un eroe. A meno che non sia lui, naturalmente.





Zelensky negli USA

Il discorso di Zelensky al Congresso americano
Gianluca Mercuri
22 dicembre 2022

https://www.corriere.it/esteri/22_dicem ... a1b1.shtml

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha tenuto un discorso al Congresso degli Stati Uniti nel corso del suo viaggio a Washington

Mercoledì notte (ora italiana) il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha tenuto un discorso al Congresso degli Stati Uniti. Zelensky è a Washington per la sua prima visita ufficiale all’estero dall’inizio della guerra in Ucraina.

Cosa ha detto, in 25 minuti, per punti.

• Non è carità «Il vostro denaro non è beneficenza. È un investimento nella sicurezza globale e nella democrazia, che gestiamo nel modo più responsabile». Si trattava di convincere la parte più recalcitrante dei repubblicani, che da gennaio controlleranno la Camera, a non tagliare i fondi al Paese aggredito. Una risposta orgogliosa a chi parla di «assegni in bianco» non più reiterabili: altro che assegni in bianco, combattiamo nel vostro interesse. I congressmen più scettici, però, non si sono uniti agli applausi. In ballo c’è un altro pacchetto di aiuti da 45 miliardi, che porterebbe il totale a 100. «Questa battaglia non può essere congelata o rinviata. Non può essere ignorata, sperando che l’oceano o qualcos’altro ci garantisca protezione». E ancora: «Dagli Stati Uniti alla Cina - ha aggiunto - dall’Europa all’America Latina, e da ogni angolo dell’Australia, il mondo è troppo interconnesso e indipendente per permettere a qualcuno di mettersi da parte e allo stesso tempo di sentirsi al sicuro quando una battaglia del genere continua». Zelensky ha poi sottolineato i valori condivisi tra Stati Uniti e Ucraina. «Le nostre nazioni sono alleate in questa battaglia. E il prossimo anno diventerà un punto di svolta, il punto in cui il coraggio ucraino e la determinazione americana dovranno garantire il futuro della nostra comune libertà. La libertà del popolo che difende i propri valori».

• Alive and kicking Vivi e vegeti, siamo vivi e vegeti, e sembrava di sentire le note dei Simple Minds, anni ’80, quando Zelensky era bambino e l’Ucraina ancora sovietica. Ora l’Ucraina non è e non vuole essere russa, e non si arrenderà mai, ha ribadito il suo leader tra standing ovation continue: «L’Ucraina non si arrenderà mai» e otterrà «una vittoria assoluta». I russi «usano tutto» contro le città ucraine come Bakhmut, dove Zelensky si è recato nelle scorse ore, ma l’Ucraina «mantiene le sue linee e non si arrenderà mai». Zelenksy ha poi ricordato che «l’anno scorso a Bakhmut vivevano 70.000 persone. Ora rimangono solo pochi civili. Ogni centimetro di quella terra è intriso di sangue. Il Donbass è passato di mano più volte in aspri combattimenti. Ma gli ucraini, il Donbass è in piedi», ha detto.

• Buon Natale e Buon anno «Molti ucraini celebreranno il Natale a lume di candela, ma non ci sarà nulla di romantico. Anche se non c’è elettricità, la luce della nostra fiducia in noi stessi non si spegnerà», ha sottolineato sorridendo. Un modo per ricordare il continuo attacco russo «alle nostre infrastrutture». Ma il discorso l’ha chiuso con un «Buon anno vittorioso». E qui arriva l’interrogativo più importante.

Il viaggio di Zelensky a Washington ha avvicinato la pace?

Risposta in una parola: no. Risposta, più analitica, di Giuseppe Sarcina: «La prima uscita di Zelensky dal Paese dopo 300 giorni nel bunker o sui campi di battaglia è stata piena di calore, anche emozionante. Ma, purtroppo, non ha alimentato la speranza che sia alle viste un negoziato». Vediamo perché.

• Un indizio vago È quello offerto dal leader di Kiev ai legislatori americani che pendevano dalle sue labbra. Ha detto che l’Ucraina «ha già fatto delle proposte». Non ha detto quali: solo che le ha discusse con Biden, che il presidente Usa le appoggia e che includono 10 punti per «la nostra sicurezza comune».

• Cosa vuol dire? Per capirlo, sono più indicative le parole dette da Zelensky poco prima, nella conferenza stampa seguita all’incontro con Biden alla Casa Bianca, rispondendo a un giornalista (qui la cronaca di Viviana Mazza): «Non so cosa sia la pace giusta. Per me, come presidente, significa: nessun compromesso sulla libertà, la sovranità e l’integrità territoriale del mio Paese».

• E dunque? E dunque, l’impressione è che se, come è certo, uno degli scopi del viaggio era sondare la disponibilità ucraina a una exit strategy meno rigida — per esempio: rinunciare una volta per tutte alla Crimea —, lo scopo resta lontano. Il fatto che Biden abbia sottolineato che «gli europei non vogliono la guerra con la Russia» sembra rimarcare le difficoltà del presidente americano, che una via d’uscita la vorrebbe pure ma non può sembrare quello che la cerca con più insistenza. Non certo mentre l’uomo dell’anno è lì accanto.

• E allora i Patriot E allora l’America si decide a dare agli ucraini l’arma che non aveva mai voluto concedere, nel timore che la usassero non solo a scopi difensivi: una batteria di missili anti-missili, per respingere gli attacchi indiscriminati dei russi.

• E Putin che dice? Putin fa la vittima e chiama i suoi all’ennesimo allineamento: «Quello che sta accadendo è una tragedia, ma la colpa non è nostra, e sono sicuro che tutti voi siete d’accordo con quanto ho appena detto». Indovinate se qualcuno dei generali che ieri lo ascoltavano si è detto in disaccordo. Il leader di Mosca ha ribadito la visione russa della questione: «Nella dichiarazione di indipendenza seguita alla dissoluzione dell’Urss, era scritto che Kiev sarebbe rimasta neutrale».

Questa analisi è stata pubblicata per la prima volta su Rassegna Stampa, la newsletter che il Corriere riserva ai suoi abbonati. Per riceverla occorre iscriversi a Il Punto, di cui Rassegna Stampa è uno degli appuntamenti: lo si può fare qui



Il discorso del presidente Zelensky al Congresso USA credo che rimarrà nella storia dell'epoca contemporanea.
22 dicembre 2022

https://www.facebook.com/ruslana.shupar ... &ref=notif

Perchè non è il discorso di un esponente politico, è il discorso di un Capo delle Forze Armate, come è giusto che sia in una Repubblica Presidenziale invasa da un nemico terrorista e criminale.
Da soldato, mi aspetto che il Capo delle Forze Armate, in tempo di guerra, sia una guida degna e di esempio concreto.
Essere costantemente sulla linea del fuoco, in mezzo ai propri soldati, fa del Comandante un modello positivo, non una macchietta.
Essere disposto a sacrificare l'immagine pubblica e le comodità del politico, fa del Comandante un Uomo come i suoi soldati.
Le parole di Zelensky sono un vero manifesto per la Democrazia e per la Libertà.
In questo momento della storia, dove si straparla di Libertà anche per pagare un caffè o per allacciare una cintura di sicurezza, noi tutti, cittadini liberi, lo ricordo, che vivono in una democrazia che non è a rischio di missili e droni quando portano i figli all'asilo o gli anziani in ospedale, dobbiamo prendere esempio dall'unico popolo europeo che sta davvero rischiando la propria di Libertà per consentire a noi di vivere la nostra........vilipesa ed abusata dalle parole di pochi stolti seguiti da molti ignoranti.
Una bandiera di poco prezzo e piegata a mano, firmata con il pennarello da padri di famiglia e ragazzi che fino a poco fa facevano altri mestieri ed ora difendono le proprie case da mostri sanguinari, esibita al Congresso e contraccambiata con quella, contenuta in una scatola ben più lussuosa, in mogano del Maine, che contiene quella che sventolava al cimitero di Arlington, issata alla fine della Seconda Guerra Mondiale, a memoria dei Caduti per la Libertà del Mondo, è un simbolo enorme.
Io, da soldato, e NON ucraino, mi sono commosso, perchè quel gesto rappresenta tutto il rispetto verso chi combatte davvero per una causa giusta.
Da ucraino, mi sentirei pieno di orgoglio e di amore di Patria.
Da soldato ucraino, mi sentirei, dopo queste parole, in grado di respingere anche a mani nude l'invasore, certo di girarmi e vedere alle mie spalle un'intera nazione in armi pronta a seguirmi.
Dobbiamo imparare.
Dobbiamo chinare il capo e imparare
Dobbiamo salutare e comprendere il senso di quella bandiera
E dobbiamo insegnarlo ai nostri figli.


Il discorso di Zelensky al Congresso americano - Il Post
Ha ringraziato gli Stati Uniti per gli aiuti e ha ricordato che non sono «carità», ma un «investimento» per la sicurezza globale e la democrazia
giovedì 22 Dicembre 2022

https://www.ilpost.it/2022/12/22/zelens ... a-ucraina/

Mercoledì sera (in Italia era notte) il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ha tenuto un discorso al Congresso degli Stati Uniti nell’ambito del proprio breve viaggio a Washington, la sua prima visita ufficiale all’estero dall’inizio della guerra in Ucraina. Ha ringraziato il presidente statunitense Joe Biden e in generale il paese per l’aiuto fornito finora per resistere agli attacchi della Russia, ricordando che gli ingenti aiuti non sono una forma di «carità», ma un «investimento» per la sicurezza globale e la democrazia. Zelensky ha parlato al Congresso poco dopo un lungo e cordiale incontro con Biden alla Casa Bianca, anticipato dall’annuncio di una attesa fornitura di missili Patriot per rendere più efficienti le linee di difesa ucraine.

Durante il proprio discorso, Zelensky ha ricordato l’offensiva delle Ardenne, uno dei punti di svolta contro la Germania nazista nella Seconda guerra mondiale, e la battaglia di Saratoga durante la Guerra d’indipendenza americana, che favorì l’ingresso nel conflitto della Francia per aiutare gli Stati Uniti ad affermare la propria indipendenza. Entrambi i riferimenti sono stati utilizzati da Zelensky per segnalare l’importanza degli aiuti statunitensi e in generale dell’Occidente per fermare l’esercito russo.

Tra i numerosi applausi ricevuti nel corso del proprio intervento, Zelensky ha poi detto che il prossimo anno sarà «un punto di svolta» nella guerra: «Il coraggio degli ucraini e la risolutezza degli americani devono garantire il futuro della nostra comune libertà, la libertà dei popoli che difendono i propri valori».

Nel proprio discorso Zelensky ha detto che l’Ucraina «non si arrenderà mai» e che dall’esito della guerra non dipende solamente il futuro del suo paese, ma della democrazia in tutto il mondo: «Questa battaglia non può essere ignorata, sperando che l’oceano o qualcos’altro offrano protezione».

Zelensky ha inoltre offerto al Congresso una bandiera dell’Ucraina firmata da alcuni soldati che si trovano al fronte nell’area del Donetsk. La bandiera è stata mostrata all’aula dalla vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, e dalla presidente della Camera, Nancy Pelosi. In seguito Pelosi ha offerto a Zelensky una bandiera degli Stati Uniti che poche ore prima era stata issata sul Campidoglio.

Nell’incontro organizzato nelle ore precedenti con Biden, Zelensky aveva espresso la necessità di continuare a ricevere armi e aiuti dagli Stati Uniti per difendersi nella guerra, ringraziando per la fornitura dei Patriot e aggiungendo che una volta che il sistema sarà approntato «manderemo qualche segnale al presidente Biden per fargli capire che vorremmo qualche Patriot in più». Zelensky ha poi aggiunto con un sorriso, ricambiato da una risata di Biden, che «siamo in guerra, mi spiace, mi spiace veramente». Poco prima dell’arrivo del presidente ucraino, gli Stati Uniti avevano annunciato un nuovo fondo di aiuti militari da 1,8 miliardi di dollari. Il Congresso sta intanto discutendo una nuova serie di aiuti per gestire la crisi ucraina, con risorse stimate intorno ai 45 miliardi di dollari.

Poco dopo il discorso al Congresso, Zelensky è ripartito verso l’Ucraina concludendo una visita negli Stati Uniti durata all’incirca dieci ore.


Il Discorso storico del Presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Congresso degli Stati Uniti d’America
21 dicembre 2022

https://www.facebook.com/kostantin.zavi ... 5571998538

Durata 28 minuti.
Volevo fare qualche ritaglio per estrapolare le parti più salienti, i numerosi applausi, le standing ovation, lo scambio di saluti come “Slàva Ukraìni!” / “Geròyam Slàva!” tra il Presidente ucraino e i rappresentanti del Congresso Usa, ma il discorso è tutto un discorso saliente e i momenti di applauso e di standing ovation sono praticamente ogni 2/3 minuti.
Quindi questo discorso va ascoltato per intero. Esso entrerà nella storia e avrà un enorme impatto sul futuro corso degli eventi del nostro mondo!


A TUTELA DELLA CRESCITA DEI FIORI
Niram Ferretti
22 dicembre 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 8214172286

È stato interminabile l'applauso che ha accolto Volodymyr Zelenskyy al Congresso degli Stati Uniti.
Al di là di ogni retorica l'applauso a Zelensky è un applauso a ciò in cui l'Occidente crede e in virtù del quale è Occidente: democrazia, libertà, pluralismo, stato di diritto.
Il caloroso applauso a Zelensky è questo, ed è, ovviamente, il riconoscimento di un leader e di un paese che da dieci mesi combatte contro un aggressore feroce e implacabile.
E' un applauso che fa da spartiacque tra il mondo che vogliono Putin, Xi Jinping, Alì Khamenei, Kim Jong un e quello che vogliamo noi.
Va tenuto bene a mente, ed è stato detto fin dal principio, la difesa dell'Ucraina, l'aiuto all'Ucraina è una difesa all'Occidente e per l'Occidente.
Che questa difesa abbia come sede maggiormente rappresentativa il Congresso degli Stati Uniti, è inevitabile.
Senza gli USA l'Ucraina pur con tutta la forza e la determinazione che la contraddistinguono non potrebbe farcela.
La democrazia e i valori che essa incarna, e questo la UE dovrebbe capirlo una buona volta, non si difendono contro chi vuole farne strame, con parole alate, ma con gli eserciti.
Per settantacinque ci si è cullati, qui in Europa, nel sogno che il mondo post Seconda guerra mondiale sarebbe stato un mondo più pacifico, in cui i tiranni e gli autocrati si sarebbero progressivamente ammorbiditi, moderando la loro aggressività e i loro sogni di dominio.
Non è stato così, non sarà mai così.
Il mondo dei fiori nei cannoni resta un'utopia infantile. Per avere i fiori bisogna che ci siano sempre i cannoni che ne salvaguardino la crescita.


FIGLIO DI PUTTANA DELL'OCCIDENTE
Niram Ferretti
24 dicembre 2022

https://www.facebook.com/niram.ferretti ... 9700799804

Essere insulatati da un personaggio come Maria Zakharova, uno dei megafoni più sguaiati di Putin, e forse il più grottesco, è certamente un titolo di merito. La cosa non deve avere turbato molto Zelensky e in realtà non turba nessuno, ci consente solo, ulteriormente, di vedere evidenziato lo spartiacque tra Noi e Loro. E Noi siamo l'Occidente appunto e Loro non lo sono, non lo sono mai stati realmente, e questo lo sapeva benissimo Napoleone, il quale, nel 1802, poteva dire che c'erano solo due nazioni nel mondo, la Russia e l'Occidente.
L'idea imperiale che Putin persegue sta tutta in questa contrapposizione e Zelensky, ucraino, e tutti gli ucraini che guardano all'Occidente e non al cesarismo asiatico russo come modello, sono indiscriminatamente figli di puttana perché non vogliono essere ciò che Putin vorrebbe che fossero, dei russi, o meglio dei russi in sottordine, sottomessi al patronato del Cremlino.
La Madre Russia non è certo una baldracca, è la vera madre, quella che secondo Putin e i suoi accoliti l'Ucraina dovrebbe avere. Natali puri, non bastardi.
Ah, questo Occidente malefico e perverso, sentina di tutti i mali, al quale un gangster clepotocratico e la cricca etnonazionalista hanno dichiarato guerra.



Bravo Zelensky, difendi il tuo paese da questi demenziali cristiani filorussi.
Zelensky sospende la cittadinanza a 13 sacerdoti 'filorussi'
Agenzia ANSA
7 gennaio 2022

https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/ ... 6399c.html

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sospeso la cittadinanza a 13 sacerdoti della Chiesa ortodossa ucraina del Patriarcato di Mosca. Lo riporta Unian che cita il decreto firmato dal capo dello Stato ucraino, non pubblicato, spiegano i media ucraini, perché contiene informazioni personali.
L'intelligence ucraina ha condotto perquisizioni in alcune chiese a seguito delle quali sono stati trovati sacerdoti con passaporti russi, contanti, materiale propagandistico russo e molto altro.
La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova ha definito su Telegram "satanismo" la decisione di Zelensky di sospendere la cittadinanza di 13 sacerdoti della Chiesa canonica ortodossa ucraina.

Lo riporta Ria Novosti.

CONFERENZA SUI CRIMINI DI GUERRA

I ministri della Giustizia di molti Paesi si riuniranno a Londra a marzo per una conferenza a sostegno della Corte penale internazionale (Cpi) che indaga su presunti crimini di guerra in Ucraina. Lo ha annunciato il governo britannico. L'incontro, co-organizzato da Regno Unito ed Olanda, si terrà a Lancaster House e sarà presieduto dal vicepremier britannico Dominic Raab e dal ministro per la Giustizia e la Sicurezza olandese Dilan Yeşilgöz-Zegerius. Mira ad aumentare il sostegno finanziario e pratico globale offerto alla Cpi e coordinare gli sforzi per garantire i mezzi per svolgere indagini e perseguire i responsabili.

L'incontro - si legge sul sito del governo di Londra - arriva mentre la Russia intensifica la sua campagna di terrore contro l'Ucraina, colpendo infrastrutture energetiche cruciali e immergendo le persone nel freddo oscuro e gelido dell'inverno. Nelle aree liberate dell'Ucraina, i pubblici ministeri continuano a raccogliere prove di atrocità e violenze sessuali.

Il vice Primo Ministro e Segretario di Stato per la Giustizia, Dominic Raab, ha dichiarato che "le forze russe dovrebbero sapere che non possono agire impunemente e sosterremo l'Ucraina finché non sarà fatta giustizia. A quasi un anno dall'invasione illegale, la comunità internazionale deve dare il suo più forte sostegno alla CPI in modo che i criminali di guerra possano essere ritenuti responsabili delle atrocità a cui stiamo assistendo. L'incontro consentirà ai paesi di determinare come fornire ulteriore assistenza alla Corte. Ciò include un sostegno pratico come aiutare a raccogliere informazioni e condividere le prove delle atrocità commesse sul terreno. I ministri discuteranno anche su come aiutare le vittime e i testimoni a fornire testimonianze senza causare loro ulteriori sofferenze".

Insieme agli Stati Uniti e all'Ue il Regno Unito ha già istituito l'Atrocity Crimes Advisory Group per sostenere le indagini e ha finanziato un programma di formazione per i giudici ucraini destinati a condurre processi per crimini di guerra. Vi stanno già partecipando 30 giudici e un programma di formazione simile per i pubblici ministeri in Ucraina, guidato dalla Procura reale britannica, dovrebbe iniziare entro la fine dell'anno.

MOSCA: 'OSSERVIAMO LA TREGUA NONOSTANTE LE VIOLAZIONI UCRAINE'

La Russia continua ad osservare la tregua per il Natale ortodosso in Ucraina, malgrado "gli attacchi" da parte di Kiev in violazione di essa, secondo quanto afferma il ministero della Difesa russo, citato dalla Tass. Secondo il portavoce della Difesa, Igor Konashenkov "l'insieme delle truppe russe nell'area dell'operazione speciale (così Mosca chiama l'invasione ucraina, ndr) dalle 12:00 del 6 gennaio osserva il cessate il fuoco lungo l'intera linea di contatto", mentre "il regime di Kiev ha continuato a bombardare gli insediamenti e le posizioni russe il giorno precedente", scrive la Tass.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2022 8:46 pm

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Re: Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom dic 25, 2022 8:46 pm

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Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom feb 19, 2023 8:40 pm

20)
L'andamento della guerra



LA TRAPPOLA DI VULHEDAR: UCCISI MILLE MARINES DI PUTIN, DISTRUTTI DECINE DI TANK
di Lorenzo Cremonesi, Il Corriere della Sera
17 febbraio 2023

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

KURAKHOVE (Donbass) La mattina dell’11 febbraio le unità corazzate russe muovono dal villaggio di Pavlivka verso quello di Vuhledar, a tre o quattro chilometri di distanza. Ma le forze speciali ucraine sono in allerta. È dal 3 febbraio che vedono crescere la concentrazione delle truppe nemiche qui, nella regione del Donetsk meridionale dove il Donbass si allunga verso Mariupol e s’incunea nella zona di Zaporizhzhia. Una regione strategica: chi la domina può aspirare a controllare l’Ucraina meridionale. «La nostra intelligence aveva avvisato che l’attacco era imminente, così la notte precedente avevano mandato i commando nei campi attorno ai villaggi e avevano deposto migliaia di mine su quelle che avevano stimato potessero essere le direttive dell’avanzata. All’alba avevano visto il fumo di centinaia di motori diesel appena accesi: era la conferma. Hanno lasciato che le colonne entrassero nel profondo dei campi minati, quindi, con le prime deflagrazioni che mettevano fuori uso i cingoli dei carri di testa, sono entrate in azione le artiglierie, assieme a droni armati, mortai e pattuglie dotate di missili terra aria Javelin e Nlaw», ci raccontano nelle sale comando delle unità ucraine nella cittadina di Kurakhove, a una decina di chilometri dal luogo del massacro.
Perché di massacro si tratta, di uomini e mezzi. Gli ucraini mostrano i video dei carri armati ripresi dai droni che saltano sulle mine, bloccano quelli appena dietro che poi vengono presi di mira dai razzi. I filmati zoomano su decine di soldati che cercano riparo dietro i mezzi in fiamme e nei crateri delle bombe. È il caos della battaglia, alcuni carri cercano la fuga e schiacciano i loro soldati, sulle torrette hanno preso fuoco le borse contenenti sacchi a pelo, vettovaglie e zaini. «In 48 ore, tra l’11 e 12 febbraio perdono la vita oltre 1.000 uomini della 40esima e 150esima brigata dei marines russi, le due unità sono decimate e non più in grado di combattere. Secondo lo Stato maggiore russo i loro morti sono 500, ma noi valutiamo siano almeno il doppio, compresa la distruzione di 120 mezzi, di cui 65 tank T-72B e T-80, che sono il meglio della tecnologia bellica russa», ci dicono ancora mostrando le mappe della zona.
«Ancora una volta a Vuhledar abbiamo visto scontarsi due filosofie della guerra opposte. Quella russa, che è ferma alle tattiche e strategie della Seconda guerra mondiale e invece quella ucraina proiettata nella tecnologia della futura Terza guerra mondiale. I russi hanno una concezione del comando verticistica, dove i generali a Mosca decidono i piani e i comandanti sul campo devono seguirli alla lettera, costi quello che costi. La nostra invece segue quella che in ucraino chiamiamo “Sergiansky Sostav”, l’autonomia del sergente: in poche parole, i sergenti e comandanti minori sul terreno hanno l’autorità per mutare e adattare i piani originari e reagire veloci all’evolversi della situazione», spiega un ufficiale dell’intelligence.
La conseguenza più immediata è che comunque i russi sembrano ancora bloccati sulle posizioni di partenza. E, se si va a guadare bene sulle mappe geografiche, non è difficile notare che, dopo decine di migliaia di morti, sofferenze e distruzioni immani, nel Donbass centro-settentrionale i russi si ritrovano a combattere solo a pochi chilometri dalle linee che occupavano dalla guerra del 2014. L’attacco su Vuhledar doveva essere la prova generale della tanto attesa «offensiva di primavera» e una sorta di regalo a Vladimir Putin in vista del suo discorso alla nazione previsto per il 21 febbraio, tre giorni prima l’anniversario del primo anno di guerra. Ma tutto lascia credere che ancora una volta sarà costretto ad attendere. Come del resto anche le aspettative di Mosca per la cattura di Bakhmut, un centinaio di chilometri a nord di Vuhledar, restano per ora deluse. Ai primi di ottobre era stato lo stesso padre-padrone della milizia mercenaria Wagner, Yevgeny Prigozhin, a promettere a Putin che i suoi uomini l’avrebbero presa velocemente. Ma ieri ancora lui ha annunciato che ciò «non potrà avvenire prima di marzo o aprile». In poche parole: l’assedio continua, Putin avrà ben poco di concreto da festeggiare e intanto la Wagner si sta dissanguando a Bakhmut. In mancanza d’altro, i comandi russi continuano i bombardamenti di missili sulle città ucraine. Ieri sembra ne abbiano tirati almeno 36, di cui 16 abbattuti dalla contraerea. Pare che l’obbiettivo più importante sia stata la raffineria di Kremenchuk, oltre alla zona di Dnipro e Zaporizhzhia.





"Invieremo altre armi...". I grandi del mondo avvertono Putin
Federico Giuliani
18 fenbbraio 2023

https://www.ilgiornale.it/news/guerra/d ... 17820.html

Continuare a sostenere l’Ucraina in tutti i modi, anche mediante l’assistenza militare. Chiedere alla Russia di ritirare le sue truppe dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia e di aumentare il ritmo delle ispezioni e delle operazioni per soddisfare la domanda globale. Far sì, infine, che non ci sia alcuna impunità per i crimini commessi in guerra. Ecco i principali punti contenuti nel documento finale elaborato al termine della riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi del G7 alla Conferenza di Monaco, la prima sotto presidenza giapponese. Alla quale, per altro, ha partecipato anche il ministro di Kiev, Dmytro Kuleba.

Il sostegno all’Ucraina
È ormai passato quasi un anno dall’inizio della guerra in Ucraina. I membri del G7, rappresentati dai ministri degli Esteri dei vari membri del gruppo, si sono riuniti a Monaco per ribadire quale traiettoria da seguire. Innanzitutto è stata condannata con la massima fermezza "la brutale e non provocata guerra di aggressione del governo russo contro l'Ucraina".
I membri del G7 hanno quindi esortato la Russia a ritirare "immediatamente e senza condizioni tutte le forze e l'equipaggiamento dall'Ucraina" e a "rispettarne l'indipendenza, la sovranità e l'integrità territoriale all'interno delle sue frontiere internazionalmente riconosciute".
Nel frattempo, continuerà ad esser garantito il massimo impegno per una "continua solidarietà nei confronti dell'Ucraina" e "per tutto il tempo necessario".

Le richieste del G7 alla Russia
Il documento finale del G7 ha evidenziato anche "gli sforzi concertati dei partner del G7 nel fornire assistenza energetica per mitigare gli effetti dei brutali attacchi della Russia ai civili e alle infrastrutture critiche".
Oltre al ritiro e alla cessazione delle ostilità, è stato chiesto a Mosca di ritirare le sue truppe da Zaporizhzhia. "La retorica nucleare irresponsabile della Russia è inaccettabile e qualsiasi uso di armi chimiche, biologiche o nucleari o di materiali correlati avrebbe gravi conseguenze", ha fatto presente la dichiarazione congiunta dei ministri.
Gli stessi ministri "hanno condannano il sequestro e la militarizzazione da parte della Russia della centrale nucleare di Zaporizhzhia e hanno chiesto il ritiro immediato delle forze e del personale russi", ribadendo "il loro pieno sostegno agli sforzi dell'Aiea volti ad affrontare le preoccupazioni in materia di sicurezza nucleare in Ucraina".

I corridoi del grano e le sanzioni contro Mosca
Non è finita qui perché, accanto alle tematiche prettamente militari e strategiche, i Paesi del G7 hanno ribadito l'importanza fondamentale di continuare ed espandere l'Iniziativa per i cereali del Mar Nero e sottolineato "la necessità per le autorità russe di aumentare il ritmo delle ispezioni e delle operazioni per soddisfare la domanda globale".
Come se non bastasse è stato denunciato inoltre "il continuo uso da parte della Russia della manipolazione delle informazioni e delle campagne di disinformazione a livello globale".
Sul fronte delle sanzioni, infine, il Gruppo dei 7 resterà impegnato a "mantenere e intensificare le sanzioni contro la Russia" allo scopo di limitare il suo sforzo bellico, "e contro quegli stati che forniscono sostegno materiale alla guerra illegale della Russia contro l'Ucraina".
I governi del G7 hanno spiegato di aspettarsi che Paesi terzi non eludano e indeboliscano queste misure, invitando terze parti "a mettere fine all'assistenza all'esercito russo e alle sue forze affiliate". In caso contrario, dovranno pagare un prezzo altissimo.




Biden a sorpresa in Ucraina
FINO IN FONDO
Niram Ferretti
20 febbraio 2023

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Il significato concreto e simbolico della visita a sorpresa di Joe Biden in Ucraina, a ormai un anno dall'aggressione russa, non può essere sottostimato nelle sue implicazioni e conseguenze.
È la terza volta che un presidente americano si reca in visita in un paese che sostiene militarmente mentre la guerra è ancora in corso. Avvenne già con Bush in Iraq e Obama in Afghanistan.
Al di là dei nuovi impegni degli Stati Uniti nei confronti dell'Ucraina: razzi a più lungo raggio per il sistema Himars, mezzi corazzati e batterie di missili Patriot per intercettare i missili lanciati dalla Russia, gli Stati Uniti, a pochi giorni dai raduni di piazza annunciati a Mosca, anticipano Putin, confermando il pieno e incondizionato sostegno a Kiev.
«Grazie per aver combattuto in modo stupefacente, per aver ricordato al mondo intero cos’è il coraggio, per aver ricordato a tutti noi che la libertà non ha prezzo. Putin voleva cancellare l’Ucraina dalla carta geografica. Voi avete dimostrato che ha sbagliato i suoi calcoli e noi saremo al vostro fianco fino in fondo».
Il messaggio è netto, senza tentennamenti. Ci siamo e continueremo a esserci, fino a che l'aggressore dovrà rendersi definitivamente conto di non potere prevalere in alcun modo.


LA PARTITA SISTEMICA
Niram Ferretti
20 febbraio 2023

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Come ricorda Eric Voegelin, nelle sue "Riflessioni autobiografiche", quando l'Austria venne occupata dalla Germania, in lui montò una furia estrema per "l'idiozia criminale" delle democrazie occidentali che restarono a guardare senza muovere un dito.
"L'occupazione tedesca dell'Austria avrebbe creato una situazione strategica che avrebbe reso possibile la conquista della Cecoslovacchia e quest'ultima avrebbe consolidato a sua volta una posizione centroeuropea, che avrebbe reso potenzialmente vittoriosa una guerra con le potenze occidentali. Fu per me una grande sorpresa che queste stesse potenze non facessero niente".
La situazione non si è ripetuta a proposito dell'aggressione russa dell'Ucraina, della quale, tra quattro giorni, ricorrerà il primo anniversario.
Dopo l'uscita di scena disastrosa degli Stati Uniti dall'Afghanistan, e convinto che sotto il ricatto energetico russo, l'Europa avrebbe reagito in modo disunito, nonché rassicurato che il governo di Kiev si sarebbe sfaldato rapidamente, Putin ordinò l'attacco.
Il precedente dell'aggressione della Georgia (2008) e dell'annessione della Crimea (2014), senza che i due avvenimenti provocassero gravi e durature conseguenza per la Russia, costituivano una ulteriore garanzia che, anche in questo caso, la reazione all'invasione di uno Stato sovrano, non avrebbe generato reazioni dirompenti.
Fortunatamente per l'Ucraina, le cose non sono andate come auspicava Putin, e le potenze democratiche occidentali, in testa a tutte gli Stati Uniti, non hanno reagito come quando Hitler procalmò l'Anschluss.
Il disegno della grande Germania, disegno aggressivo e imperialista, il cui collante era l'etnonazionalismo, o suprematismo germanico, trova il suo esatto parallelo nel progetto neo-imperiale della grande Russia che Putin vorrebbe portare a compimento.
Quando si creano paralleli storici tra personaggi del presente e del passato, non si intende puerilmente affermare che essi sono uguali, ma, mostrare comparativamente le analogie che li apparentano tra di loro.
La logica putiniana è, in merito alla geopolitica analoga a quella hitleriana, di allargare i confini della Russia, potenziandola e ridisegnando completamente l'architettura geopolitica emersa dopo il crollo dell'URSS, costringendo, come conseguenza di ciò le potenze democratiche occidentali a riconoscerle una posizione di potere accresciuta con la quale fare i conti.
Sotto questa prospettiva, tutti coloro che sono ostili o apertamente antagonisti all'ordinamento liberale occidentale e all'egemonia americana su di esso, si trovano a tifare per la Russia, nella speranza che essa sia in grado di disarticolarlo.
Dunque, la partita che si gioca in Ucraina, è, di fatto, una partita fondamentale per il futuro dell'assetto globale e dei rispettivi ruoli delle potenze coinvolte direttamente e indirettamente. Si tratta, infatti, di una partita sistemica, il cui esito avrà ripercussioni enormi nel presente e nel futuro.



DENTRO LA REALTA'
Due discorsi contrapposti. Putin, a Mosca parla alla platea dell'Assemblea Federale Russa, Biden, in Polonia al Castello Reale di Varsavia.
Niram Ferretti
21 febbraio 2023

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Due mondi opposti, due visioni del mondo incompatibili. Come durante la Guerra Fredda, come negli anni '40.
«Un anno fa i principi di pace e sicurezza che avevano garantito la stabilità in Europa per 75 anni rischiavano di andare in pezzi. Come alleati siamo rimasti forti e uniti. Lo abbiamo fatto anche per il diritto a vivere liberi dall’aggressione; siamo rimasti al fianco degli ucraini per questi valori. La posta in gioco è la libertà e la democrazia. Le democrazie oggi sono più forti e gli autocrati indeboliti. Loro capiscono solo una parola: “no, no e no”. Non vi prenderete il nostro Paese, non vi prenderete la nostra libertà».
L'Ucraina rappresenta oggi per l'Europa quello che la Polonia, non a caso il paese dell'est Europa più vicino a Kiev, più frontalmente avverso ai disegni egemonici russi, rappresentò nel '39.
Quando Hitler la invase, si prese atto che una linea invalicabile era stata superata. Si era aspettato troppo. Si era accettato l'Anschluss senza muovere un muscolo, gli era stata data la possibilità di prendersi la Cecoslovacchia confidando che la sua fame si sarebbe saziata, ma poi arrivò il momento, per le potenze democratiche, di doverlo arginare.
Quando Putin intrervenne in Georgia nel 2008 lo si lasciò fare, e nulla di rilevante accadde quando si annesse la Crimea nel 2014, nè ci furono impedimenti nel permettergli di insediarsi in Siria nel 2013.
Si guardò, si pensò che sarebbero bastate delle sanzioni, che alla Russia fecerò il solletico. Si è dovuto aspettare il 2022 e l'invasione dell'Ucraina per capire che, se non si fosse intervenuti, sarebbe stata la catastrofe.
I presupposti della Terza guerra mondiale, non fingiamo di non vederlo, ci sono già tutti, e sono tutti in circolazione dal 24 febbraio dell'anno scorso. La sua deflagrazione oltre i confini dell'Ucraina è semplicemente congelata a causa della consapevole devastazione senza pari che verrebbe causata dall'uso delle atomiche, ma di fatto, la sua fisionomia è chiara, e si è fatta ancora più plasticamente chiara oggi con i due interventi parallelli del presidente russo e di quello degli Stati Uniti.
Non ci saranno negoziati. Non possono esserci. La nuova minaccia per l'Occidente, per i suoi interessi, i suoi valori, la sua architettura geo-politica, è, al momento, la Russia, anche se la Cina è dietro l'angolo.
Si è creduto per molto tempo, dalla caduta dell'Unione Sovietica, che il mondo, l'Europa in primis, si avviasse progressivamente, con le dovute eccezioni, verso la stabilità e la pace, che l'irenismo kantiano avrebbe trionfato.
L'Europa erbivora sonnecchiava, aspettava di cogliere i frutti maturi delle proprie convinzioni. Ma, come insegna la storia, la pace non è mai perpetua, e quello di Kant resta un sogno, una escatologia intramondana irrealizzabile.
Thomas Hobbes vedeva l'inevitabilità dei conflitti e la necessità di di costruire le modalità per contrastarli. Per lui non era la razionalità a guidare l'uomo, ma erano le passioni, in primis la libido dominandi, così perfettamente definita dalla filosofia cristiana.
Si è dovuto sconfiggere miltarmente la Germania, metterla in ginocchio, per sopire la sua libido dominandi, la si è democratizzata, ma alla Russia non è successo nulla del genere. Dopo il crollo del regime sovietico, e la breve parentesi di caos e velleità riformiste, essa ha di nuovo rigenerato dal suo ventre la propria fame di dominio e di espansionismo, che, nel corso della sua lunga storia, non è mai venuta meno.
Con la guerra scatenata in Ucraina ne vediamo in atto un'ulteriore tappa.




VERTICI STRATOSFERICI
La solita pantomima. Il discorso di Putin all'Assemblea Federale Russa, ne rappresenta un condensato.
Niram Ferretti
21 febbraio 2023

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Noi volevamo la pace, loro la guerra, l'Occidente vuole eliminarci, noi andremo avanti, ecc. con l'aggiunta che l'Ucraina si voleva dotare di testate nucleari, omettendo che con il Memorandum di Budapest del 1994, l'Ucraina cedette alla Russia le 2000 testate nucleari di fabbricazione sovietica che si trovavano sul proprio territorio, in cambio della garanzia di salvaguardia delle sue frontiere.
Con 2000 testate nucleari sul territorio ucraino, l'invasione russa non avrebbe mai avuto luogo.
Una delle meraviglie del discorso però è questa:
«Noi non lottiamo contro il popolo ucraino, il popolo ucraino è ostaggio del regime dell’Occidente, che per decenni ha saccheggiato le sue risorse e portato il popolo alla povertà. L’Occidente usa l’Ucraina come una piazza d’armi, come un poligono contro la Russia. Più verranno forniti sistemi a lungo raggio all’Ucraina più saremo costretti a tenere lontana la minaccia dai nostri confini. L’Occidente vuole portare un conflitto locale a una dimensione globale, e noi reagiremo».
Sublime. L'Ucraina depredata dall'Occidente quando fino a poco tempo fa la guidava un pupazzo russo, Yanukovych. Invadono un paese sovrano che si difende e poi lo accusano di volere minacciare i confini dello Stato invasore. Generano una guerra in Europa, e pretendono che l'Occidente, in testa gli Stati Uniti, resti a guardare mentre la Russia si incorpora l'Ucraina così come la Germania si incorporò l'Austria e poi la Cecoslovacchia (entrambe con la connivenza delle potenze occidentali) e poi la Polonia.
Quest'uomo, gli va dato merito, ha superato Joseph Goebbels nel elevare la menzogna e la surrealità della propaganda a vertici stratosferici.



TUTTI ASCOLTERANNO LE PAROLE DI PUTIN DI OGGI. VISTO CHE SONO LA SOLITA SEQUENZA DI PROPAGANDA E MENZOGNE, CONSIGLIO DI LEGGERE LE PAROLE DELL'ALTRA RUSSIA. QUELLA PACIFICA E DEMOCRATICA DI NAVALNY CHE DAL CARCERE CI DICE CHE UN'ALTRA RUSSIA E' POSSIBILE: DOVE I RUSSI NON SIANO IN GUERRA COL MONDO E DOVE NON VENGANO OBBLIGATI A MORIRE PER LE MANIE DI GRANDEZZA DELLO ZAR. E SOPRATTUTTO DOVE SI POSSA USARE UN LINGUAGGIO DI VERITA' SULLA GUERRA. A PARTIRE DAL CHIAMARLA CON IL PROPRIO NOME
Davide Riccardo Romano
21 febbraio 2023

https://www.facebook.com/davide.romano. ... 0055849961

Il dissidente russo Aleksei Navalny ha pubblicato, dal carcere in cui sconta una condanna a più di nove anni, un manifesto in 15 punti per la pace e, soprattutto, il futuro della Russia in cui prevede l'impiego dei proventi dell'export di gas e petrolio per risarcire l'Ucraina dai danni della guerra, la convocazione di elezioni generali libere, l'istituzione di un'assemblea costituente, ma soprattutto, che la Russia intraprenda la strada dell'Europa, la sua unica scelta. Il documento è stato pubblicato in coincidenza con l'anniversario dell'inizio dell'invasione dell'Ucraina da parte delle forze russe.
"Il Presidente russo Putin ha dato inizio a una guerra di aggressione ingiusta contro l'Ucraina, con pretesti ridicoli. Sta disperatamente cercando di renderla una guerra popolare, trasformando tutti i russi in suoi complici, ma i suoi tentativi stanno fallendo. Non ci sono quasi volontari per questa guerra e le forze militari devono fare affidamento sui detenuti e sulle persone costrette a mobilitarsi", sottolinea l'oppositore in carcere in Russia dal gennaio del 2021.
"Le ragioni reali di questa guerra sono questioni politiche ed economiche interne alla Russia, il desiderio di Putin di mantenere il potere a tutti i costi e la sua ossessione con il suo lascito storico. Vuole passare alla storia come 'lo zar conquistatore' e 'colui che conquista terre su terre'". Per questo, "decine di migliaia di ucraini innocenti sono stati uccisi e dolori e sofferenze sono precipitati su milioni di altri. Sono stati commessi crimini di guerra. Le città e le infrastrutture ucraine sono state distrutte".
"La Russia sta subendo una sconfitta militare. Averlo realizzato ha fatto cambiare la retorica delle autorità, che sono passate dal dire 'Kiev cadrà in tre giorni' a minacciare in modo isterico l'uso di armi nucleari nel caso in cui la Russia sarà sconfitta. Le vite di decine di migliaia di soldati russi sono state rovinate senza motivo. La sconfitta potrà essere rimandata al costo delle vite di centinaia di migliaia di altri soldati mobilitati, ma sarà inevitabile. La combinazione di una guerra aggressiva, corruzione, generali inetti, economia debole, eroismo e motivazioni elevata delle forze che si difendono può solo risultare in una sconfitta", aggiunge Navalny.
"Quali sono i confini dell'Ucraina? Sono simili a quelli della Russia: sono confini riconosciuti a livello internazionale nel 1991. Anche la Russia li ha riconosciuti allora e deve riconoscergli anche oggi. Qui non c'è nulla da discutere. Quasi tutti i confini del mondo sono più o meno accidentali e causa dello scontento di alcuni. Ma nel ventunesimo secolo, non possiamo dare inizio a guerre per ridefinirli, il mondo precipiterebbe nel caos".
"La Russia deve lasciare l'Ucraina per conto suo e consentirle di svilupparsi nel modo in cui vogliono gli ucraini. Porre fine all'aggressione, alla guerra e ritirare tutti suoi militari dall'Ucraina. Il proseguimento di questa guerra è solo un capriccio causato dall'impotenza e porre fine al conflitto sarebbe un gesto forte". "Insieme all'Ucraina, Usa, Ue e Gb devono cercare modi accettabili per compensare i danni fatti all'Ucraina". "Un modo per farlo sarebbe quello di sollevare le restrizioni imposte sul petrolio e il gas russo, e reindirizzare parte dei proventi ricevuti dalle esportazioni di idrocarburi ai risarcimenti. Questo potrebbe essere fatto solo dopo un cambio di potere in Russia e alla fine della guerra". "I crimini di guerra commessi durante la guerra devono essere perseguiti in cooperazione con le istituzioni internazionali".
"Dire che tutti i russi sono intrinsecamente imperialisti è privo di senso. Anche la Bielorussia per esempio è coinvolta in questa guerra. Ma questo non vuole dire che i bielorussi lo siano. Hanno solo un dittatore al potere. Ci sarà sempre qualcuno con opinioni imperialistiche in Russia. Così come in ogni altro Paese con le precondizioni storiche perché questo avvenga, ma sono tutt'altro che la maggioranza. Non c'è ragione per lamentarsi di questo. Queste persone devono essere sconfitte in elezioni, così come i radicali di destra e di sinistra vengono sconfitti nei Paesi democratici".
"La Russia è un Paese enorme con una popolazione che diminuisce e sparisce nelle zone rurali. L'imperialismo e la necessità di appropriarsi di territori sono la cose più dannosa e distruttiva per il Paese. Una volta ancora, il governo russo sta distruggendo il nostro futuro con le sue mani solo per far sembrare il Paese più grande sulle cartine. Ma la Russia è grande abbastanza come è. Il nostro obiettivo deve essere quello di mantenere le nostre persone e sviluppare quello che abbiamo in abbondanza".
"Per la Russia, il lascito di questa guerra sarà una serie di problemi complessi e, a priva vista, quasi insolubili. E' importante stabilire da soli che vogliamo risolverli e iniziare a farlo in modo onesto e aperto. La chiave del successo è nel capire che porre fine alla guerra il prima possibile non sarà solo positivo per la Russia e i russi ma anche molto conveniente. E' l'unico modo per iniziare ad andare verso la rimozione delle sanzioni, il rientro di chi ha lasciato il Paese, il ripristino della fiducia nel mondo degli affari e della crescita economica. Lasciatemi sottolineare che dopo la guerra, dovremo rimborsare l'Ucraina per tutti i danni provocati dall'invasione russa. Ma il ripristino delle normali relazioni economiche con il mondo civile e della crescita economica ci consentiranno di farlo senza interferire con lo sviluppo del Paese".
"Dobbiamo smantellare il regime di Putin e la sua dittatura. Idealmente, con elezioni generali libere e convocando una Assemblea costituente. Abbiamo bisogno di istituire una Repubblica parlamentare basata sull'alternanza di poteri attraverso elezioni libere, tribunali indipendenti, federalismo, auto governance locale, libertà economiche complete e giustizia sociale". "Riconoscendo la nostra storia e le nostre tradizioni, dobbiamo essere parte dell'Europa e seguire il percorso di sviluppo europeo. Non abbiamo altra scelta e non abbiamo bisogno di averne altre".



Il capo della Wagner Prigozhin ammette le difficoltà: «Abbiamo centinaia di morti al giorno»
Fabrizio Dragosei
22 febbraio 2023

https://www.corriere.it/esteri/23_febbr ... e67e.shtml

Il «cuoco di Putin», fondatore e capo del gruppo armato Wagner, si scaglia contro i vertici dell’Esercito: «Stanno cercando di distruggerci, sono come traditori»

Nel suo discorso Putin non ha parlato della situazione militare, ma a dare notizie che non sembrano certo confortanti per la Russia è stato il fedelissimo Evgenij Prigozhin, ex ristoratore, fondatore e capo del gruppo armato Wagner. Tra la sua organizzazione e i vertici militari, compreso il ministro della Difesa, ci sono scontri continui.

Ai suoi uomini e a tante altre unità al fronte non arrivano rifornimenti e munizioni, altra conferma del fatto che l’Armata ha enormi problemi logistici. Inoltre, per la prima volta qualcuno dalla parte russa ammette che l’attacco disperato contro Bakhmut sta costando «centinaia di morti al giorno». Questo a fronte delle dichiarazioni ufficiali degli alti vertici militari ferme a cinque mesi fa, quando in un comunicato venne riconosciuta la perdita di 5.937 uomini. Poi più nulla. Organizzazioni umanitarie in Russia hanno documentato la morte di quasi 15 mila uomini fino a metà febbraio. Ma secondo le stime degli ucraini e degli occidentali, le perdite sarebbero molto più alte. Kiev parla addirittura di 150 mila morti, mentre ipotesi più prudenti superano comunque i cinquantamila.

A Bakhmut tutte le testimonianze raccontano di attacchi russi scriteriati, con reclute ed ex carcerati mandati a ondate contro le mitragliatrici ucraine, come avveniva nei folli attacchi della Prima guerra mondiale. Ora le parole dello stesso Prigozhin sembrano confermare questa strategia: «Centinaia di morti ogni giorno».

Prigozhin ha fatto rilasciare un suo documento sonoro nel quale accusa senza mezzi termini e con un tono particolarmente concitato lo Stato Maggiore e il ministro della Difesa in persona. «Impartiscono a destra e a manca ordini per dire che alla Compagnia Wagner non si devono dare munizioni e non la si deve aiutare con il trasporto aereo». Secondo l’uomo, conosciuto come il «cuoco di Putin» per la sua attività di ristoratore (con la quale ha fatto soldi a palate), «ora sono state cancellate perfino le forniture di pale per scavare le trincee». Per Prigozhin, è in corso «un tentativo di distruggere la Wagner che può essere equiparato al tradimento della Patria». Accuse pesantissime che erano state avanzate anche nel recente passato, sia pure non in termini così espliciti. Lui gode della protezione di Putin, ma fino a un certo punto. Tanto che l’11 gennaio il presidente ha invece riconfermato la sua fiducia nel Capo di Stato Maggiore Gerasimov facendolo nominare anche responsabile diretto dell’Operazione militare speciale.

In più, nel discorso alle Camere riunite, il capo dello Stato ha lodato le Forze Armate, gli «eroici combattenti», ma non ha mai citato la Wagner. Prigozhin afferma che i suoi non ricevono rifornimenti e anche che «altre unità accusano una costante carenza di munizioni». Quella del «cuoco» è una denuncia disperata. Gli alti papaveri dell’Esercito, secondo lui, chiamano poi in continuazione i responsabili dei canali Telegram e di altri media chiedendo di non mostrare sue immagini o di mettere in giro voci false sul suo conto. La conclusione è amara: «Non ne posso più di scrivere lettere che tanto non legge nessuno».



Slava Ukraini! | Secondo Meloni la resistenza ucraina è come il Risorgimento italiano
22 febbraio 2023

https://www.linkiesta.it/2023/02/ucrain ... ra-russia/

La resistenza ucraina contro l’invasione russa è come il Risorgimento italiano. Un momento storico in cui è l’azione militare a definire l’identità della nazione. Giorgia Meloni ha scelto la metafora più patriottica possibile per far capire agli italiani e al resto del mondo che il nostro paese continuerà a sostenere militarmente l’Ucraina, fino alla vittoria. Un messaggio forte a chi ha «sottovalutato l’eroica reazione di un popolo disposto a fare tutto ciò che va fatto per difendere la sua libertà, la sua sovranità e la sua identità».

Durante la conferenza stampa congiunta col presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kyjiv la presidente del Consiglio ha confermato «una pace giusta e duratura non può esserci con una resa dell’Ucraina, una vittoria della Russia non sarebbe pace ma una invasione» e ha assicurato che «l’Italia non intende tentennare e non lo farà. Darà ogni possibile assistenza perché si creino le condizioni di un negoziato, ma fino ad allora darà ogni genere di supporto militare, finanziario, civile. Quando c’è un aggredito tutte le armi sono difensive».

Meloni è rimasta vaga sul possibile invio di aerei da combattimento ed elicotteri, che l’Ucraina chiede da tempo, «è una decisione da prendere con i partner internazionali, ci siamo concentrati su sistemi di difesa antiaerea. La priorità è difendere infrastrutture e cittadini», ma assicura che il sostegno non mancherà, nonostante le dichiarazioni ambigue dei suoi alleati di governo: Matteo Salvini e Silvio Berlusconi: «C’è un programma chiaramente schierato, è sempre stato rispettato da tutti e confido che sarà ancora così. Al di là di alcune dichiarazioni, nei fatti la maggioranza è sempre stata compatta».

Meno diplomatico il presidente Zelensky che ha attaccato il leader di Forza Italia per le sue critiche sulla guerra: «La casa di Berlusconi non è mai stata bombardata, né sono arrivati con i carri armati nel suo giardino, nessuno ha ammazzato i suoi parenti, non ha mai dovuto fare la valigia alle tre di notte per scappare e tutto questo grazie all’amore fraterno della Russia». L’attacco di Zelensky è in realtà un messaggio alla nostra opinione pubblica: «Auguro pace a tutte le famiglie italiane, anche a chi non ci sostiene, ma la nostra è una grande tragedia che va capita. Voglio che vengano qui a vedere con i propri occhi la scia di sangue che hanno lasciato».

Zelensky ha ringraziato Meloni per l’ottenimento di «sistemi di difesa antiaerea importantissimi», e ha affermato di non aver sentito il discorso di Vladimir Putin perché «stavamo pensando a difendere il nostro cielo. In quel momento stavano bombardando Kherson, dove ci sono stati sei morti».

La presidente del Consiglio che in giornata è stata anche in due luoghi simbolo della guerra, Bucha e Irpin, ha annunciato che il governo italiano sta lavorando a una conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina che dovrebbe tenersi ad aprile: «Abbiamo parlato molto del tema della ricostruzione, non solo al termine della guerra, ricostruire ora un palazzo distrutto è un segno di speranza, vuol dire scommettere sull’Ucraina. Qui non è in gioco la teoria o numeri astratti ma la vita e la morte delle persone, è impossibile girarsi dall’altra parte e sarebbe stupido farlo: gli interessi dell’Ucraina coincidono con quelli dell’Europa».



L’Unione fa la differenza | Proteggere l’Ucraina oggi significa proteggere l’Europa di domani, dice Pina Picierno - Linkiesta.it
Vincenzo Genovese
22 febbraio 2023

https://www.linkiesta.it/2023/02/proteg ... ntervista/

A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, «l’Unione europea c’è e sta facendo la differenza» nel consentire la resistenza di Kyjiv. Così la pensa Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, che ha da poco visto da vicino il presidente Volodymyr Zelensky. E che il 24 febbraio, nell’anniversario dell’inizio della guerra, parteciperà all’evento organizzato a Milano da Linkiesta e dall’ufficio di Milano del Parlamento europeo per celebrare l’assegnazione del premio Sakharov al coraggioso popolo ucraino.

In questa occasione, quale sarà la cosa più importante da ricordare in Italia?
Che guerra contro l’Ucraina è una guerra contro il nostro sistema valoriale e democratico. Le guerre nel ventunesimo secolo sono ibride e tendono al sovvertimento delle democrazie liberali. Per questo il nostro supporto non può venir meno: proteggere l’Ucraina oggi significa proteggere l’Europa di domani.

Finora la risposta dell’Unione europea è stata all’altezza?
Sento troppo spesso dire che «l’Europa deve fare di più per fermare il conflitto» o che «dovrebbe lavorare di più per la pace». Sono affermazioni che lasciano il tempo che trovano, perché gli sforzi della nostra diplomazia sono sempre stati incentrati sulla costruzione di una pace giusta e duratura. L’Unione europea c’è e sta facendo la differenza: i nostri sforzi sono stati molteplici e progressivi, ma in una guerra del genere bisogna essere elastici e mobilitarsi per comprendere quale possa essere il supporto ulteriore che il conflitto richiede.

In questa risposta, che ruolo ha giocato il Parlamento europeo?
Il Parlamento europeo è stata la prima istituzione a sostenere con fermezza il governo ucraino e il Presidente Zelensky contro l’aggressione russa. In questi dodici mesi di conflitto non abbiamo offerto una vicinanza teorica ma pratica. La visita di Zelensky è stata un momento molto importante, perché la nostra assemblea ha dimostrato ancora una volta di essere la casa della democrazia e dello Stato di diritto.

Eppure, proprio tra i membri dell’Eurocamera ci sono voci critiche, pur minoritarie, sulla posizione europea di sostegno all’Ucraina e le sanzioni alla Russia. Perché?
Il nostro continente è stato esposto per lungo tempo a un bombardamento di propaganda da parte del Cremlino, propaganda che continua anche tempo di guerra e che confonde i piani tra aggrediti e aggressori. Ancora oggi, un anno dopo l’inizio della guerra, assistiamo spesso non al consapevole esercizio del ragionamento, ma alla volontaria mistificazione della realtà.

Il Qatargate è probabilmente lo scandalo più grande nella storia del Parlamento europeo. Quali ripercussioni può avere?
Le istituzioni europee si sono dimostrate forti e compatte: nonostante i tentativi di ingerenza, la politica europea non ha modificato il suo corso. Così come la Presidente Roberta Metsola ha detto più volte, occorre implementare le regole di trasparenza che mettano al riparo il nostro continente da ingerenze dei Paesi terzi. Sono sicura che questa sfida verrà vinta.

Intanto il presidente del Partito popolare europeo Manfred Weber ha bollato il Qatargate come «scandalo dei socialisti» e in effetti i deputati coinvolti appartengono tutti al vostro gruppo, S&D. C’è un motivo particolare o poteva capitare anche in altre famiglie politiche?
La discussione non è individuare le responsabilità di un gruppo politico, ma tutelare la credibilità delle istituzioni. La storia ci ha insegnato che nessun partito è immune dalla corruzione. La questione morale non si affronta per stabilire chi è più morale dell’altro, ma per fare avanzare le istituzioni, nazionali o europee che siano, nella propria autonomia e onorabilità.

Come cambierebbe il Partito democratico se venisse eletta vicesegretaria alle primarie?
Innanzitutto significherebbe avere Stefano Bonaccini segretario del Pd, e mi sembra già una novità strutturale importante. Il nostro sarebbe un Pd che avrebbe nell’Europa non un orizzonte elettoralistico ma un approdo politico. Oggi la politica estera si sovrappone con quella interna e dobbiamo saper sfruttare l’occasione di metterla al centro della nostra azione. Non è più tempo di essere europeisti a parole, le sfide attuali non ci lasciano alternative.

Il Pd di Bonaccini-Picierno guarderebbe più al Terzo Polo, al Movimento Cinque Stelle o all’alleanza Europa Verde/Sinistra Italiana?
Il dibattito sulle alleanze per me viene dopo. Ora vogliamo ridare al Partito democratico quella vocazione maggioritaria che col tempo ha smarrito. E che può metterci su una strada in cui le alleanze non sono esperimenti di laboratorio, ma puntelli per rafforzare una proposta di Paese.


PUTIN PUÒ CADERE? E LA RUSSIA PUÒ SGRETOLARSI?
di Paolo Valentino, Il Corriere della Sera
Niram Ferretti
22 febbraio 2023

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4575318063

Nel lanciare un anno fa la sua sciagurata «Operazione Speciale» contro l’Ucraina, Vladimir Putin ha sostanzialmente commesso tre cruciali errori di valutazione: si è illuso sulla forza militare della Russia, ha sottovalutato la determinazione e la capacità di resistenza del popolo ucraino, non ha previsto l’unità e la tenuta dell’Occidente nel sostenere Kiev e imporre sanzioni contundenti contro Mosca.
Dodici mesi dopo, nessuno degli obiettivi che lo Zar si era prefissato è stato raggiunto. Anzi, dopo i primi successi, pagati a caro prezzo in termini di vite umane e risorse militari, la Russia ha subito perdite devastanti, è stata costretta a ritirarsi da buona parte del territorio guadagnato nei primi mesi di guerra e si è vista costretta in una guerra di logoramento, il cui esito rimane aperto perfino a una sconfitta definitiva.
Il potere dello Zar appare ancora saldo. Putin ha rafforzato la verticale del potere, completato la trasformazione totalitaria e neostalinista del sistema russo, intensificato la repressione, chiuso il Paese al mondo esterno come ai tempi dell’Urss e avviato la riconversione verso un’economia di guerra autarchica, dove l’intera società è subordinata ai bisogni del complesso militare. Di più, la distribuzione del potere all’interno del Cremlino è tale da escludere alcuna alternativa valida a Putin. Priva di una linea di successione o di un delfino designato, concepita in modo da incoraggiare il conflitto tra le diverse cricche, è stato lui stesso a volerla così, nel segno di una logica imperiale in tutto e per tutto tranne che nel titolo formale.
Eppure, il destino di Putin non è scritto nel marmo. L’incerto finale della partita ucraina, con la possibilità di una storica sconfitta per il Cremlino, lascia infatti aperti molti scenari, alcuni dei quali considerati estremi ma non per questo impossibili o relegabili nel novero delle pure speculazioni. Non solo. Perché il futuro personale dello Zar si intreccia in modo indissolubile a quello della Russia in quanto Stato, che lui ha costruito a propria immagine. Domandarsi quindi se Putin possa cadere e se la Federazione Russa sia a rischio di collasso, non è soltanto un esercizio intellettuale o arbitrario.
A renderlo plausibile è in primo luogo la Storia, che non si ripete, ma spesso fa rima. E quella della Russia è costellata di sconfitte in guerra che hanno condotto a un’implosione del regime: successe nel 1598 al Regno di Moscovia dopo la sconfitta contro la Svezia nella Prima Guerra del Nord. Successe di nuovo nel 1917 quando il tracollo delle forze russe nella I Guerra Mondiale innescò la Rivoluzione bolscevica, la guerra civile e la fine del secolare impero zarista. E più di recente, successe nel 1991, con il collasso dell’Unione Sovietica seguito alla sconfitta nella Guerra Fredda. E se poi non vogliamo limitarci soltanto alla Russia, è utile ricordare che nel 1918, altri tre grandi imperi — Ottomano, Austro-Ungarico e Reich guglielmino tedesco — non sopravvissero alla sconfitta militare.
Ma nel caso della Russia, a renderne dubbia la sopravvivenza nel caso di una sconfitta in Ucraina ci sono altre due buone ragioni. La prima è la stessa che oggi rende saldo il potere di Putin, cioè la mancanza di alternative: se Putin uscisse di scena, in seguito a una congiura di palazzo o magari con un colpo a sorpresa sotto la sua regia alla vigilia delle elezioni del 2024 cercando di guidare la propria successione, è infatti più probabile che si scateni una feroce lotta di potere tra gli ultranazionalisti che vogliono continuare lo sforzo di guerra e distruggere l’attuale gerarchia e la fazione autoritaria, disposta a finire la guerra pur di salvare il regime e i propri privilegi. Come sempre nelle vicende russe, un fattore importante in questa equazione è l’incerta salute dello Zar, che ne mina il culto della personalità e l’immagine macho, ormai un lontano ricordo. Un Putin indebolito dalla malattia potrebbe essere costretto a cedere lo scettro.
La seconda ragione sono le tensioni etniche, che la guerra in Ucraina ha esacerbato. Sono state finora le minoranze povere cecene, daghestane, ingusce e così via a pagare il più alto tributo di sangue delle perdite militari di Mosca. Anche la mobilitazione di 300 mila nuovi coscritti è stata fatta lungo linee etniche, per tenere il più possibile fuori i giovani di Mosca e San Pietroburgo dove la guerra deve rimanere un fenomeno astratto e lontano. Detto altrimenti, le etnie non russe sono state usate come carne da cannone. E questo ha fatto crescere in periferia risentimento e rabbia verso il centro, creando un potenziale esplosivo di rivolte ed eventuali secessioni.
Lo scenario di un collasso innescato dalle tensioni etniche evoca quello che portò alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, quando furono le proclamazioni d’indipendenza delle varie Repubbliche (i Baltici, l’Ucraina, la Bielorussia, l’Asia centrale sovietica) a mostrare nudo il potere moscovita e condannare Gorbaciov all’impotenza. In questo caso, il centro di gravità potrebbe essere il Caucaso del Nord. In Cecenia, il sanguinario Ramzan Khadyrov potrebbe approfittare dell’uscita di scena di Putin, che finora ha sostenuto, per rilanciare la battaglia per una totale indipendenza da Mosca, dopo quelle represse nel sangue del 1994-96 e del 1999-2009. Intanto è già in piena fibrillazione il Daghestan, dove le manifestazioni contro la campagna di mobilitazione del Cremlino hanno prodotto scontri violenti con la polizia. Altri candidati potenziali alla secessione sono Tatarstan, Inguscezia e Bashkortostan, che potrebbero cercare di avvicinarsi a Turchia e Kazakhstan. Nell’estremo oriente della Federazione, potrebbero seguire Sakhalin, Primorskiy , Khabarovsk, Kamchatka e Jacuzia, grandi depositi di petrolio, gas naturale, diamanti e oro.
Nelle attuali condizioni, una sconfitta in Ucraina potrebbe fare da detonatore. Non è scontato naturalmente. Un osservatore autorevole come l’ex premier svedese Carl Bildt ritiene improbabile lo scenario di una dissoluzione ed è convinto che «le élite russe stiano già discretamente sondando le possibilità offerte dal dopo-Putin». Per Bildt il collasso della Russia non è negli obiettivi dell’Occidente, che tuttavia dovrebbe lavorare e cercare modi «per creare condizioni e incentivi che facciano emergere e prevalere forze più democratiche».
Ma se così non fosse? Se invece l’implosione della Federazione russa prendesse rapidamente il volo, in che modo avverrebbe? Sarebbe relativamente pacifica, come successe nel caso dell’Unione Sovietica? Ovvero sarebbe destabilizzante e violenta, compreso il rischio di una guerra civile?
Henry Kissinger è convinto di questa seconda ipotesi: «La dissoluzione della Russia o la distruzione della sua capacità di fare politica strategica ne trasformerebbe il territorio, che si estende per 11 fusi orari, in uno spazio contestato», dice l’ex segretario di Stato americano. Gruppi russi potrebbero dar vita a una lotta violenta e senza esclusione di colpi, mentre potenze esterne potrebbero usare la forza per raggiungere i propri obiettivi: «Tutti questi pericoli — continua Kissinger — sarebbero amplificati dalla presenza di migliaia di armi nucleari». Ecco perché il vecchio statista, profeta della Realpolitik, consiglia all’Occidente come migliore linea d’azione di «non rendere impotente la Russia attraverso la guerra» e invece di «includerla in un processo di pace», i cui dettagli e la cui applicabilità al momento rimangono però ancora nebulosi. Ancor più pessimista è la storica Marlene Laruelle, direttrice dell’Istituto per gli studi europei, eurasiatici e russi della George Washington University, secondo la quale un collasso della Russia «produrrebbe diverse guerre civili, con piccoli staterelli in guerra fra di loro per i confini e le risorse economiche» e un centro moscovita che «reagirebbe con violenza a ogni secessione».
Anche senza scenari così estremi, una Russia frammentata metterebbe però a rischio la sicurezza regionale e globale. Poiché, a differenza di quanto avvenne nel 1991 con l’Urss, quando tre dei quattro nuovi Stati che possedevano armi nucleari (Bielorussia, Kazakhstan e in modo più riluttante Ucraina) accettarono di cederle alla Russia e metterle in sicurezza grazie all’aiuto degli americani, oggi anche una secessione localizzata creerebbe una o più entità statali pronte a rivendicare il diritto di tenersi le armi nucleari presenti sul loro territorio.
L’ipotesi più realistica e verosimile è comunque la sopravvivenza del regime. Con o senza Putin, probabilmente sarà ancora una Russia autoritaria, repressiva, militarizzata e chiusa verso l’esterno. Il corollario è che, quando arriverà, la fine della guerra in Ucraina assomiglierebbe tanto a quella della Guerra di Corea: un armistizio senza pace, con l’Ucraina che grazie agli aiuti per la ricostruzione potrebbe seguire lo stesso percorso della Corea del Sud, integrandosi nella comunità occidentale via l’adesione all’Ue e alla Nato. Mentre la Russia diventerebbe una gigantesca Corea del Nord, armi nucleari, economia decrepita e pochi amici nel mondo, di fatto un protettorato cinese. Ma anche in questo scenario, il Cremlino dovrebbe misurarsi con problemi drammatici ed eccezionali: il ritorno a casa delle truppe, le tensioni etniche, la ricostruzione economica in condizioni di autarchia e di introiti ridotti dalle esportazioni di materie prime, non ultima l’ennesima umiliazione agli occhi del mondo. Ci vorranno decenni, ammesso che ci riesca, perché la Russia appaia di nuovo un Paese quasi normale. Nel frattempo, la sua stessa esistenza rimarrà ancora precaria.
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Il bene che si difende dal male, il caso Ucraina

Messaggioda Berto » dom feb 19, 2023 8:40 pm

Le falsità dette dal criminale del Cremlino


Ucraina, Putin: "Faremo di tutto per vincere, abbiamo armi più potenti Occidente"

21 febbraio 2023

https://www.adnkronos.com/ucraina-putin ... b9oo5d0o8n

"Voglio ripeterlo, loro hanno iniziato la guerra e noi abbiamo usato la forza per fermarla". Vladimir Putin presenta così la sua narrativa sull'attacco all'Ucraina del 24 febbraio scorso nel discorso sullo stato della nazione che sta pronunciando di fronte all'assemblea federale. "Faremo di tutto per la vittoria", ha quindi aggiunto, affermando che la Russia ha progetti di armi "che superano come caratteristiche quelle dell'Occidente". "Ora dobbiamo iniziare la loro produzione in serie nelle nostre fabbriche", ha affermato.

"Non avevamo dubbi", ha proseguito, sul fatto che nel febbraio dello scorso anno "tutto era pronto per un'azione punitiva di Kiev in Donbass". "Tutto questo era completamente contrario ai documenti accettati dal consiglio di Sicurezza nazionale", ha detto ancora Putin il quale ha aperto il suo discorso parlando di "un periodo complicato per il nostro Paese in un momento di drastici cambiamenti nel nostro mondo". "Eventi storici determineranno il futuro del nostro Paese e ciascuno di noi ha un'enorme responsabilità", ha affermato.

"Abbiamo fatto questa mossa un anno fa per difendere le persone che abitavano le nostre terre da sempre che erano sotto minaccia di un regime neonazista ucraino dopo il golpe del 2014", ha sottolineato Putin aggiungendo che, in quella che continua a chiamare "l'operazione speciale" in Ucraina, "passo passo cercheremo di risolvere i problemi, raggiungere gli obiettivi".

"Ucraina e Donbass sono diventati simbolo di menzogne totali", ha dichiarato ancora Putin accusando quindi l'Occidente di tradire "accordi fondamentali" e di fare "dichiarazioni ipocrite". "A partire dal 2014 il Donbass ha difeso il suo diritto di vivere sulla propria terra, parlare la propria lingua,non si è arreso nella situazione di assedio di odio da parte del regime di Kiev: il Donbass aspettava l'aiuto della Russia", ha sottolineato il presidente russo sostenendo che la Russia prima dell'inizio della guerra "ha cercato di fare il possibile per risolvere il problema pacificamente, negoziando una via pacifica per uscire da questo conflitto, ma dietro le nostre spalle è stato preparato uno scenario molto diverso".

"Dobbiamo difendere i nostri figli, i nostri bambini dal degrado dell'Occidente che cercherà di distruggere la nostra società", ha detto ancora Putin che ha puntato il dito contro la "catastrofe spirituale dell'Occidente" dove "persino la pedofilia viene considerata una cosa normale".

Il presidente russo ha affrontato poi la questione dei matrimoni gay: "Questo va bene, si tratta di adulti, noi siamo tolleranti su questo in Russia", ha detto rivendicando però che "la famiglia è l'unione tra un uomo ed una donna", come viene sancito "dai testi sacri di ogni religione"."

Ma l'Occidente mette in dubbio i testi sacri", ha aggiunto scagliandosi contro la nuove decisioni della chiesa anglicana sulla possibilità di considerare Dio di genere neutro. "Dobbiamo proteggere i nostri bambini da degrado e degenerazione e lo faremo", ha concluso.

"Vorrei esprimere una speciale gratitudine ai cittadini delle regioni di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia. Voi stessi avete determinato il vostro futuro. Avete fatto la vostra scelta nonostante le minacce terroristiche dei nazisti. Accanto a voi erano in corso azioni militari e avete fatto la scelta di stare insieme alla Russia. Per stare insieme alla vostra patria", ha dichiarato ancora annunciando che "la Russia sospende la sua partecipazione dallo Start", il trattato sul controllo delle armi nucleari tra Washington e Mosca.

L'Occidente ha punito se stesso con le sanzioni alla Russia secondo Putin: "Ha dato il via a un'aggressione non solo militare e di informazione, ma anche economica" nei confronti della Russia. "I promotori delle sanzioni stanno punendo se stessi", ha aggiunto. "Hanno provocato un aumento dei prezzi nei loro stessi paesi, la chiusura di fabbriche, il collasso del settore energetico e dicono ai loro cittadini che sono i russi quelli da biasimare".

"La Russia risponderà a ogni sfida - ha concluso - perché siamo un unico Paese, un popolo unito. Siamo fiduciosi nella nostra potenza, la verità è con noi".

Il discorso sullo stato della nazione del presidente russo è durato 1 ora e 45 minuti. L'ultima volta che Putin aveva tenuto il discorso presidenziale sullo stato della Federazione è stato nel mese di aprile 2021, ricorda la Tass. Il format dell'evento di oggi non prevede la presenza di ospiti stranieri ed è rivolto al pubblico nazionale. Tra il migliaio di invitati, legislatori e senatori, membri del governo, alti funzionari dell'amministrazione presidenziale, capi dell'ufficio del procuratore generale, membri di corti costituzionali e supreme, capi di regioni, esponenti religiosi. Quest'anno, anche partecipanti all'"operazione militare speciale", si legge. Per quanto riguarda i media, il Cremlino ha deciso di invitare "solo giornalisti russi e giornalisti di paesi amici".



Vi svelo tutte le balle sulla guerra russa all'Ucraina. L'analisi di Jean
Formiche.net
Carlo Jean
13/02/2023

https://formiche.net/2023/02/disinforma ... a-ucraina/

È una “balla” che l’aggressione russa sia stata provocata dal massacro dei russofoni del Donbass deciso da Zelensky, così come è una stoltezza pensare che, cedendo il Donbass, anche per intero, Putin si accontenterebbe e cesserebbe la sua aggressione. Un approfondimento della realtà sarebbe necessario, anche per evitare brutte figure. Il commento del generale Carlo Jean

Molti vorrebbero annacquare le responsabilità del Cremlino nell’aggressione all’Ucraina. Hanno usato vari argomenti per sostenere le loro tesi. Il primo è stato che l’Occidente avrebbe tradito Mosca, promettendole che la Nato non si sarebbe allargata ad Est. Gorbaciov ha fatto cadere nel ridicolo, affermando che nessuna promessa era stata fatta. La seconda scusa era che l’Ucraina costituisse una minaccia per la Russia, per la possibilità di entrare nell’Alleanza. In realtà, era impossibile che vi accedesse, dati gli stretti legami esistenti fra l’Europa e la Russia. Kiev voleva invece far parte dell’Ue. La rivolta Maidan del 2014, che cacciò il filorusso presidente Janukovyč, fu dovuta al fatto che egli avesse accettato di non firmare il patto di ammissione all’Ue, in cambio di un prestito di 15 mld $ da parte di Putin. L’europeizzazione dell’Ucraina avrebbe vanificato i suoi sogni imperiali e forse, soprattutto, avrebbe avuto un effetto di destabilizzazione del suo cleptocratico regime.

Oggi sta prendendo piede l’affermazione che l’intervento russo sia stato motivato dalla volontà di salvaguardare la minoranza russa del Donbass, specie delle due “repubbliche del popolo di Luhansk e di Donetsk”, nate dalla rivolta anti-Kiev scoppiata nel 2014 a seguito della caduta del regime di Janukovyč. In altre parole, l’Ucraina, con i suoi tentativi di riprendere con la forza il controllo delle province secessioniste, se la “sarebbe voluta”, sabotando anche gli accordi Minsk-2, conclusi frettolosamente nel febbraio 2015 soprattutto per pressione del cancelliere tedesco Angela Merkel, preoccupata per la possibilità di un conflitto fra la Russia e l’Ucraina.

A parte il fatto che non si può negare che la Russia abbia aggredito l’Ucraina il 24 febbraio del 2022 e che l’annessione dell’intera Ucraina fosse stata prevista da Putin nel suo saggio del luglio 2021 sull’identità dei popoli russo e ucraino e confermata nella riunione pubblica del Consiglio di Sicurezza russo del 21 febbraio 2022, la veridicità dell’affermazione sulle responsabilità dello scoppio della rivolta secessionista nel Donbass andrebbe verificata in modo analitico sulla base di vari fatti.

Primo: il contenuto di Minsk-2 e i motivi del fallimento del negoziato.

Secondo: se la rivolta del Donbass del 2014-15, continuata sotto forma di conflitto congelato fino al febbraio 2022, sia imputabile prevalentemente a forze locali, oppure se sia stata provocata – e non solo sostenuta e armata – dalla Russia, in contemporaneità con l’annessione della Crimea, nonché l’andamento delle operazioni sul terreno.

Terzo: l’entità delle perdite civili e militari del conflitto fra il governo ucraino e le province secessioniste, tenendo beninteso conto della loro distribuzione temporale. Per ognuno dei punti ricordati occorre che gli analisti riportino anche le fonti da cui hanno tratto le loro considerazioni e, soprattutto, i dati che le sostengono. Senza essi ogni analisi politico-strategica è priva di valore. Tutt’al più può giustificare il “bacione” tanto entusiasticamente inviato da Vauro a Berlusconi in “Non è l’Arena” del 12 febbraio.

Per il primo punto – quello dei negoziati Minsk-2 – rimando alla migliore analisi a parer mio disponibile: quella di Chatham House del 25 maggio 2020 “The Minsk Conundrum – The Western Policy and Russia’s War in Eastern Ukraine”. Essa pone in rilievo come il fallimento del negoziato sia derivato dall’irriconciliabilità del concetto di sovranità limitata ucraina, sostenuto da Mosca, e la richiesta di piena sovranità in politica estera pretesa da Kiev.

Per il secondo punto, la rivolta del Donbass è stata non solo provocata, ma dovuta al sostegno di Mosca. Lo confermano le parole del presidente della “Repubblica del Popolo” di Donetsk, che ringraziando il Cremlino del sostegno dato alla rivolta della minoranza russofona, afferma che 50.000 soldati russi l’hanno fatta nascere e difesa.

Il terzo punto – quello delle perdite civili e militari – insorti, esercito ucraino, forze russe e volontari stranieri e la loro distribuzione temporale – è il più significativo per analizzare la credibilità di chi afferma che l’aggressione del 24 febbraio sia stata motivata dalla volontà di difendere la popolazione russofona del Donbass contro presunti massacri ucraina. La fonte più autorevole di dati al riguardo è il rapporto dell’Ufficio di Kiev dell’Alto Commissario dell’Onu per i Diritti Umani del 27 gennaio 2022 “Conflict Related Casualties in Ukraine – April 2014 – December 2021”. Nell’intero periodo i morti sarebbero ammontati a 14.000-14.400, di cui 3.400 civili (non sono contati i 298 morti dell’abbattimento dell’aereo MH-17 nel luglio 2014), 4.400 soldati ucraini, 6.500 miliziani e volontari stranieri. A essi va aggiunto un numero di caduti russi, variabile a seconda delle fonti, da 500 a un paio di migliaia. Per inciso, i morti per l’occupazione della Crimea furono solo 8. I morti civili sono concentrati nel 2014 (2.084), per poi scendere a 955 nel 2015, a poco più di un centinaio nei due anni successivi e a qualche decina annualmente – in prevalenza per scoppio di mine e proietti inesplosi – dal 2018 al 2021.

In sostanza, è una “balla” che l’aggressione russa sia stata provocata dal massacro dei russofoni del Donbass deciso da Zelemsky, così come è una stoltezza pensare che, cedendo il Donbass, anche per intero, Putin si accontenterebbe e cesserebbe la sua aggressione. Un approfondimento della realtà sarebbe necessario, anche per evitare brutte figure.



L'ITALIA NON SI STA ESPONENDO TROPPO A FIANCO DELL'UCRAINA?

Roberto Weitnauer
22 febbraio 2023

https://www.facebook.com/permalink.php? ... 4682253605

Già perché c'è un livello di esposizione ottimale, vero? Quello che ci permette di non fare brutta figura tra gli altri e, nel contempo, di non fare arrabbiare troppo i russi. Eh, sì, il solito "ni" italiano, le solite mezze misure, il solito voltafaccia. L'importante è schierarsi col vincitore. Si può essere pacifisti, anche sparando qualche colpetto. Giusto?
Eh, no. Non funziona.
Iniziamo a dire che finora l'Italia si è "esposta" troppo poco; rispetto al suo Pil ha supportato Kiev ben al di sotto della media delle altre nazioni europee. Era ora che si svegliasse dal letargo del pacifismo di convenienza. L'Italia è pur sempre una nazione di peso nell'UE. E deve concorrere a difendere l'Unione, difendendo nel contempo sé stessa da un pericolo manifesto. Guai a sfilacciarsi in questo momento storico. L'UE non è mai stata così unita come in questa fase storica. Putin, facendo pessimamente i suoi calcoli, l'ha unita. Non molto intelligente.
Se Dio vuole, non c'è l'avvocato Conte a parlare confusamente di armi e pace. Mi sembra che Giorgia Meloni abbia le idee chiare e che si stia comportando piuttosto bene nell'attuale contesto geopolitico. L'Italia è salda nella NATO e il suo governo appare unito e determinato, malgrado le affermazioni totalmente fuori luogo di un Berlusconi e l'inconsistenza politica di un Salvini. Due politici inutili, a mio modo di vedere. Vedremo se alle parole seguiranno davvero i fatti in termini di assistenza militare. Credo che il Paese si giochi un bel po' della sua reputazione. Ha l'opportunità di non finire tra i paria.
C'è al Cremlino un leader che da tempo non ha tutte le rotelle a posto e che ora, malmesso, appare ancora più mentalmente squilibrato; un dittatore noto per le sue purghe e che invade una nazione che non ha mai minacciato nessuno; un essere spregevole che colpisce scientemente le catene umanitarie, gli ospedali, le scuole e i civili di ogni età; un macellaio che manda i suoi stessi soldati a morire a centinaia ogni giorno; un invasato che promette rappresaglie nucleari contro il decadente mondo occidentale; uno spostato che si paragona a Pietro il Grande e che, dichiaratamente, vuole lasciare la Russia ancora più grande di come l'ha trovata.
Di fronte a questo criminale, che con la sua propaganda triviale incanta solo gli ipodotati di acume, l'Italia dovrebbe stare attenta a "non esporsi troppo" a fianco dell'Ucraina? Sembra una barzelletta. È un po' come la storia di quella ragazza che era "un po' incinta". Insomma, o sei incinta oppure no; o sei schierato o non lo sei. Mica è un balletto. C'è una guerra e tutta l'UE è da tempo nel mirino di Mosca. A cominciare dai paesi dell'ex Patto di Varsavia. Si riesce a capire?
Al tiranno è andata decisamente male fino a questo punto. Ma non per questo si tratta di una guerra a noi estranea. C'è forse qualche sommo ingenuo che pensa ancora che con un accordo Putin si fermerebbe al Donbas e poi rispetterebbe i patti? Voglio sperare di no. Forse qualche italiano residuale dovrebbe parlare con i polacchi o i cechi o i lituani, giusto per farsi un'idea, invece di seguire le ciance di Santoro o Travaglio o di qualche esperto in astrazioni che fa la felicità di ogni pragmatico filorusso.
La minaccia russa incombe massiccia su tutti noi, dal Mediterraneo, dal confine est dell'UE, dal Baltico. Gli italiani sono a due ore e mezza di volo dall'Ucraina. Non è il caso di giocare al "pacifintismo". Non frenare l'avanzata del delinquente russo significa farsi fagocitare da una classe di reggenti politici oligarchici e tirannici. La democrazia e la libertà vanno meritate e quindi occorre difenderle strenuamente come beni preziosi. A meno che non si voglia chinare la testa e perdere tutto, compresa la nostra identità culturale.
Chiedersi se l'Italia sia "troppo esposta" significa non avere le idee chiare di quanto sta succedendo. E questo oggi è pericolosissimo. Ed è anche colpevole. Forse qualche illuso spera che si possa trattare con Mosca. No, non si può farlo. Non almeno finché la Russia stessa non risulti sufficientemente indebolita. Tutti siamo pacifisti, chi mai vuole la guerra? Ma per la pace occorrono delle garanzie che ora non ci sono. Per provare a stabilirle occorre inevitabilmente un contrasto militare, occorre aiutare Kiev con degli armamenti, al fine di logorare la Russia. Tra l'altro, finora ha funzionato. Ma bisogna perseverare, perché Mosca è ancora forte e continua a bombardare. Oggi si appresta a nuove offensive, forse con l'aviazione.
L'uso di armi nucleari? Certo, è un rischio, considerando le reazioni che possono albergare nella testa malata di Putin. Io non credo però che i comandanti russi, per quanto obnubilati, siano così idioti. Ma il punto non è questo; il punto è che questo rischio, comunque lo si voglia quantificare, non verrebbe eliminato nemmeno se si concedesse tutta l'Ucraina alla Russia. Se può, Mosca avanza, sempre e comunque. Ormai, il dado è tratto. Putin ci pensava da lunghi anni. Il problema della minaccia nucleare ce lo ritroveremmo immodificato davanti al naso tra un paio di anni.
Altro che esporsi troppo. Il rischio reale è ben il contrario: non contribuire abbastanza, portando prima o poi i soldati russi davanti alle postazioni Nato nella Polonia.
A qualcuno non piace il mondo occidentale in cui vive: troppa decadenza e ingiustizia, troppo poca meritocrazia, troppa importanza al denaro, troppe cose futili, troppi sprechi e troppo stress da competizione. Sì, va bene. Non è un paradiso. Ma oggi è arrivato il momento di decidere da che parte stare. Per farlo ci si "espone", ci si schiera. Chi non è felice può sempre fare i bagagli e chiedere ospitalità nella Federazione. Magari, si può anche trovare bene. Magari.



La mossa di Mosca
Putin revoca decreto sulla sovranità della Moldavia, il Paese (che teme un golpe russo) di nuovo nel mirino del Cremlino - Il Riformista
Carmine Di Niro
22 Febbraio 2023
Putin revoca decreto sulla sovranità della Moldavia, il Paese (che teme un golpe russo) di nuovo nel mirino del Cremlino

https://osservatorerepubblicano.com/202 ... bart-news/

La Moldavia torna nel mirino del Cremlino. Il presidente russo Vladimir Putin ha infatti revocato un decreto del 2012 che in parte sosteneva la sovranità della Moldavia nell’ambito delle politiche sul futuro della Transnistria, la regione separatista sostenuta da Mosca che confina con l’Ucraina e dove la Russia da anni ha stanziato circa 1500 soldati.

A riportare la notizia è il quotidiano britannico Guardian. Il decreto, che comprendeva una componente moldava, delineava la politica estera russa di 11 anni fa che presupponeva relazioni più strette con Ue e Usa. La revoca è stata pubblicata sul sito del Cremlino e afferma che la decisione è stata presa per “garantire gli interessi russi in relazione ai cambiamenti nelle relazioni internazionali”.

Gl interessi russi sulla Moldavia sono ‘storici’ per l’appoggio di Mosca alla Transnistria e dopo l’invasione dell’Ucraina il timore era di una manovra “a tenaglia” su Kiev sfruttando proprio l’appoggio della regione separatista, circostanza che fortunatamente non si è verificata.

Ma la tensione nel Paese all’estrema periferia orientale dell’Europa resta alta, ancor di più ora dopo la mossa del Cremlino della revoca del decreto sulla sovranità del Paese.

Soltanto lo scorso 13 febbraio la presidente moldava Maia Sandu aveva denunciato pubblicamente l’esistenza di un piano russo per sovvertire dall’interno, con agenti stranieri sotto copertura, l’attuale governo.

Il 10 febbraio, pochi giorni prima l’allarme lanciato da Sandu, la prima ministra Natalia Gavrilita si era dimessa dopo 18 mesi di governo ed era quasi immediatamente stata sostituita, su indicazioni della presidente Sandu, da Dorin Recean, segretario del Consiglio di sicurezza del paese e in passato ministro dell’Interno, come l’ex premier dalle solide posizioni europeiste e filo-occidentali, ma con maggiore esperienza proprio su temi legati alla sicurezza nazionale.

La pressione russa sul Paese è aumentata dal 2020, quando alla guida della Moldavia sono andati governi filo-occidentali. Il Paese, con soli due milioni e mezzo di abitanti e col Pil pro capite più basso in Europa, fino al 1991 aveva fatto parte dell’Unione Sovietica e per due decenni è rimasto stabilmente nell’orbita russa, ‘subendo’ anche la ‘scissione’ dell’autoproclamata Repubblica della Transnistria.

Proprio la sorprendente vittoria di Sandu alle scorse presidenziali avevano provocato l’immediata reazione del Cremlino, che si è ‘vendicato’ aumentando i prezzi delle forniture di gas, da cui era dipendente al 100 per cento, e bloccando le importazioni del vino moldavo, il principale prodotto del settore agroalimentare della Moldavia.

Tornando al piano per un colpo di stato nel Paese, la sua esistenza era stata confermata anche dai servizi segreti di Chișinău, che aveva sottolineato come si trattasse di un programma di sabotaggio ad opera di cittadini stranieri (in particolari russi, serbi e bielorussi) e di formazioni paramilitari che avrebbero attuato “azioni violente, attacchi a edifici pubblici, rapimenti e assalti con coinvolgimento di ostaggi” con l’obiettivo di instaurare un governo fantoccio ‘teleguidato’ dal Cremlino.

Mosca ha ovviamente negato di voler destabilizzare il governo moldavo, con la portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova che aveva definito la denuncia di Sandu “un modo per distrarre i moldavi dai gravi problemi di politica interna” e il piano “un’invenzione dell’Ucraina per coinvolgere la Moldavia nella guerra”.


Veneti Per l'Ucraina
La Moldavia chieda l'intrevento dei paesi europei a sua difesa e che questi mandino le loro truppe in Moldavia e in Transinistria a difesa della sovranità moldava.



Le ridicole proposte di pace cinesi, specialmente i punti 10 e 11

PIANO DI PACE CINESE IN DODICI PUNTI A UN ANNO ESATTO DELL’ ATTACCO RUSSO
25 febbraio 2023

1) Rispettare la sovranità di tutti i paesi. Il diritto internazionale universalmente riconosciuto, compresi gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite, deve essere rigorosamente osservato. La sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i paesi devono essere efficacemente sostenute. Tutti i paesi, grandi o piccoli, forti o deboli, ricchi o poveri, sono membri uguali della comunità internazionale. Tutte le parti devono sostenere congiuntamente le norme fondamentali che regolano le relazioni internazionali e difendere l’equità e la giustizia internazionali. Dovrebbe essere promossa un’applicazione paritaria e uniforme del diritto internazionale, mentre i doppi standard devono essere respinti.

2) Abbandonare la mentalità della guerra fredda. La sicurezza di un paese non dovrebbe essere perseguita a spese di altri. La sicurezza di una regione non dovrebbe essere raggiunta rafforzando o espandendo i blocchi militari. I legittimi interessi e preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi devono essere presi sul serio e affrontati adeguatamente. Non esiste una soluzione semplice a un problema complesso. Tutte le parti dovrebbero, seguendo la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile e tenendo presente la pace e la stabilità a lungo termine del mondo, contribuire a creare un’architettura di sicurezza europea equilibrata, efficace e sostenibile. Tutte le parti dovrebbero opporsi al perseguimento della propria sicurezza a scapito della sicurezza altrui, prevenire il confronto tra blocchi e lavorare insieme per la pace e la stabilità nel continente eurasiatico.

3) Cessare le ostilità. Il conflitto e la guerra non giovano a nessuno. Tutte le parti devono rimanere razionali ed esercitare moderazione, evitare di alimentare il fuoco e aggravare le tensioni e impedire che la crisi si deteriori ulteriormente o addirittura sfugga al controllo. Tutte le parti dovrebbero sostenere la Russia e l’Ucraina nel lavorare nella stessa direzione e riprendere il dialogo diretto il più rapidamente possibile, in modo da ridurre gradualmente la situazione e raggiungere infine un cessate il fuoco globale.

4) Riprendere i colloqui di pace. Dialogo e negoziazione sono l’unica soluzione praticabile alla crisi ucraina. Tutti gli sforzi volti a una soluzione pacifica della crisi devono essere incoraggiati e sostenuti. La comunità internazionale dovrebbe rimanere impegnata nel giusto approccio per promuovere i colloqui per la pace, aiutare le parti in conflitto ad aprire la porta a una soluzione politica il prima possibile e creare le condizioni e le piattaforme per la ripresa dei negoziati. La Cina continuerà a svolgere un ruolo costruttivo in questo senso.

5) Risolvere la crisi umanitaria. Tutte le misure atte ad alleviare la crisi umanitaria devono essere incoraggiate e sostenute. Le operazioni umanitarie dovrebbero seguire i principi di neutralità e imparzialità e le questioni umanitarie non dovrebbero essere politicizzate. La sicurezza dei civili deve essere efficacemente tutelata e devono essere istituiti corridoi umanitari per l’evacuazione dei civili dalle zone di conflitto. Sono necessari sforzi per aumentare l’assistenza umanitaria nelle aree interessate, migliorare le condizioni umanitarie e fornire un accesso umanitario rapido, sicuro e senza ostacoli, al fine di prevenire una crisi umanitaria su scala più ampia. Le Nazioni Unite dovrebbero essere sostenute nel svolgere un ruolo di coordinamento nell’incanalare gli aiuti umanitari nelle zone di conflitto.

6) Protezione dei civili e dei prigionieri di guerra. Le parti in conflitto devono rispettare rigorosamente il diritto internazionale umanitario, evitare di attaccare civili o strutture civili, proteggere donne, bambini e altre vittime del conflitto e rispettare i diritti fondamentali dei prigionieri di guerra. La Cina sostiene lo scambio di prigionieri di guerra tra Russia e Ucraina e invita tutte le parti a creare condizioni più favorevoli a tale scopo.

7) Mantenere sicure le centrali nucleari. La Cina si oppone agli attacchi armati contro le centrali nucleari o altri impianti nucleari pacifici e invita tutte le parti a rispettare il diritto internazionale, inclusa la Convenzione sulla sicurezza nucleare (CNS), e a evitare risolutamente incidenti nucleari provocati dall’uomo. La Cina sostiene l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) nello svolgere un ruolo costruttivo nella promozione della sicurezza e della protezione degli impianti nucleari pacifici.
8 ) Riduzione dei rischi strategici. Le armi nucleari non devono essere utilizzate e le guerre nucleari non devono essere combattute. La minaccia o l’uso di armi nucleari dovrebbe essere contrastata. La proliferazione nucleare deve essere prevenuta e la crisi nucleare evitata. La Cina si oppone alla ricerca, allo sviluppo e all’uso di armi chimiche e biologiche da parte di qualsiasi paese e in qualsiasi circostanza.

9) Facilitare le esportazioni di grano. Tutte le parti devono attuare pienamente ed efficacemente, in modo equilibrato, l’iniziativa per i cereali del Mar Nero firmata da Russia, Turchia, Ucraina e Nazioni Unite e sostenere le Nazioni Unite affinché svolgano un ruolo importante in tal senso. L’iniziativa di cooperazione sulla sicurezza alimentare globale proposta dalla Cina fornisce una soluzione fattibile alla crisi alimentare globale.

10) Stop alle sanzioni unilaterali. Sanzioni unilaterali e massima pressione non possono risolvere la questione; creano solo nuovi problemi. La Cina si oppone alle sanzioni unilaterali non autorizzate dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. I paesi interessati dovrebbero smettere di abusare delle sanzioni unilaterali e della “giurisdizione a braccio lungo” contro altri paesi, in modo da fare la loro parte per ridurre la crisi ucraina e creare le condizioni affinché i paesi in via di sviluppo possano far crescere le loro economie e migliorare la vita della loro gente.

11) Mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento. Tutte le parti dovrebbero mantenere seriamente l’attuale sistema economico mondiale e opporsi all’uso dell’economia mondiale come strumento o arma per scopi politici. Sono necessari sforzi congiunti per mitigare le ricadute della crisi e impedire che interrompa la cooperazione internazionale nei settori dell’energia, della finanza, del commercio alimentare e dei trasporti e comprometta la ripresa economica globale.

12) Promuovere la ricostruzione postbellica. La comunità internazionale deve adottare misure per sostenere la ricostruzione postbellica nelle zone di conflitto. La Cina è pronta a fornire assistenza e svolgere un ruolo costruttivo in questo sforzo.


Aiutare con le armi l'Ucraina è un dovere e una necessità civile e politica ed è previsto e consentito dalla Costituzione

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Niram Ferretti
Guido G Vigano sono contento che lei sia filoamericano e altrettanto contento che lei non sia stupido. Apprezzo anche la sua fermezza. Purtroppo però lei, come diversi altri che intervengono a sproposito su argomenti al di sopra della loro portata dice una castroneria. L'Articolo 11 non afferma affatto che non si possono inviare armi. Questa è una falsità. Forse lei è più competente del nostro maggiore costituzionalista, Sabino Cassese, il quale ha affermato molto chiaramente: "L’intervento italiano ha il suo fondamento nella legge del 2000 che regola le gravi crisi internazionali e stabilisce le azioni dello Stato italiano in quanto appartenente ad organizzazioni internazionali. L’intervento specifico è legittimato dal decreto legge 14 del 2022, convertito in legge dal Parlamento. Non bisogna dimenticare le norme del 1990 e del 2016, che prevedono la partecipazione a missioni internazionali e l’invio di “assetti militari”. Se si legge tutto l’articolo 11 della Costituzione, ci si rende conto che la partecipazione a organizzazioni internazionali che mirano ad assicurare la pace richiede allo Stato italiano di non astenersi, ma di partecipare alle operazioni militari, che possono essere di vario tipo: basta pensare a quelle di “peace-keeping”, di “peace-building” e di “peace-enforcing”. I precedenti sono quelli relativi alla prima guerra del Golfo del 1990, all’intervento in Afghanistan nel 2001 e in Libia del 2011. Ci si deve rammaricare della cessazione della missione Osce, cioè dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea, iniziata nel 2014 e finita il 31 Marzo del 2022, perché i Paesi parte dell’Osce non si sono messi d’accordo sulla prosecuzione della missione che sarebbe stata importante come osservatorio sul terreno". Lei non sarà stupido ma non sa di cosa parla. Buona serata.




Zelensky, cresce la fronda interna. «Si è illuso di una pace facile da raggiungere». Punti di forza (e debolezze) del presidente ucraino
1 marzo 2023

https://www.ilmessaggero.it/mondo/zelen ... refresh_ce

Un leader capace di rendere forte e unito il suo Paese in tempo di guerra, anche grazie alle sue formidabili doti di comunicatore. Che dovrà però fare i conti con una realtà più complessa e una società più divisa quando verranno i tempi della pace. Sono queste le caratteristiche principali del presidente ucraino Volodymyr Zelensky secondo il giornale statunitense “Politico” che ha fatto un'analisi dettagliata dei punti di forza e di debolezza del leader ucraino. E ha fatto sapere che in Ucraina sta crescendo la fronda interna contro il leader. «Si è illuso in una pace facile da raggiungere» dicono gli oppositori.

Zelensky, la fronda interna a Kiev

Politico ricorda che anche i critici interni di Zelensky gli hanno riconosciuto tra i punti di forza le sue capacità di eccellente comunicatore: i suoi discorsi quotidiani hanno dato stabilità agli ucraini, hanno fornito indicazioni importanti e sollevato il morale della popolazione, anche nei momenti di maggiore difficoltà. I suoi critici, quindi, riconoscono che probabilmente ha salvato il Paese quando ha rifiutato l'offerta degli Stati Uniti di essere portato via da Kiev nelle prime ore dell'invasione russa. «È diventato un leader avvincente», ha affermato Adrian Karatnycky, membro anziano del Consiglio Atlantico. Secondo Karatnycky, i punti di forza di Zelensky come comunicatore rispondono alle esigenze dei nostri tempi. «È bravo a canalizzare l'opinione pubblica. E ora è molto efficace perché il Paese è più unito e sicuro della sua identità, dei suoi interessi e dei suoi obiettivi. È sempre lo stesso ragazzo che era - attore e interprete - ma questo lo rende un leader di guerra ideale perché è in grado di capire quel che pensa la gente», ha aggiunto.

Il futuro del presidente ucraino

Il problema, secondo l'analisi di Politico, è che quando il Paese entrerà in una fase di normalità uscendo fuori dall'emergenza, quando gli ucraini non saranno uniti come ora a causa della guerra, Zelensky non avrà più la stessa efficacia. «Quando lo scopo pubblico è chiaro, lui ha una grande forza. Ma quando la carrozza si trasformerà di nuovo in una zucca, dovrà affrontare un mondo molto diverso», ha concluso Karatnycky. Nel frattempo, fa sapere Politico, nella Verkhovna Rada, il parlamento del Paese, sta crescendo lo scontento delle opposizioni: i parlamentari si lamentano di essere poco ascoltati dal governo che ha incontrato i massimi leader dell'opposizione solo una volta da quando la Russia ha invaso l'Ucraina. «La routine dei ministri ascoltati dalla Rada è stata abbandonata», ha affermato la deputata dell'opposizione Ivanna Klympush-Tsintsadze, ex vice primo ministro nel precedente governo dell'ex presidente Petro Poroshenko. «In tempo di guerra bisogna prendere decisioni rapide e urgenti con procedure abbreviate. E quindi è abbastanza comprensibile», ha detto. «Ma stiamo assistendo a decisioni sempre più centralizzate».

«Pensava che la pace sarebbe stata facile da raggiungere perché tutto ciò che bisognava fare era guardare negli occhi Putin e parlargli sinceramente», ha detto il parlamentare Mykola Kniazhytskyi: «Riteneva che gestire uno Stato fosse abbastanza semplice: prendi decisioni e queste devono essere implementate». Ma secondo Kniazhytskyi, non bisogna neppure dimenticare che la società civile ucraina si è fortemente sviluppata, che l'autogoverno locale si è rafforzato grazie al volontariato e all'assistenza reciproca in tempo di guerra, così come si sono rafforzati alcuni organi statali, dalle ferrovie al settore energetico. Tutto questo, ha detto Kniazhytskyi a Politico, insieme a un forte senso di appartenenza nazionale forgiato dal conflitto, servirà a mettere le fondamenta di una Ucraina più forte nel dopoguerra.

Alberto Pento
Che articolo un po' insulso, Zelensy non è un dittatore a vita come Putin, assomiglia a Cincinnato e quando avrà finito di fare il suo dovere lascierà tranquillamente il posto di comando, non è certo uno che ambisce a farsi incoronare re.
Verrà ricordato per sempre come uno dei padri fondatori dell'Ucraina libera, l'eroico Presidente che ha salvato l'Ucraina. Noi abbiamo avuto la fortuna di vedere all'opera un eroe di buona volontà, non capita spesso.
Il gentile Davide contro il mostruoso Golia.
Prima l'uomo poi caso mai anche gli idoli e solo quelli che favoriscono la vita e non la morte; Dio invece è un'altra cosa sia dall'uomo che dai suoi idoli.
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